Più carcere, più reati di Carmelo Musumeci Ristretti Orizzonti, 20 marzo 2015 "Alcuni politici pur di vincere le elezioni vorrebbero non solo imprigionare i nostri corpi, ma anche i nostri cuori e il cielo se fosse sulla terra". (Diario di un ergastolano: carmelomusumeci.com). Nei più importanti quotidiani nazionali leggo in questi giorni: "Giustizia: pene più severe per ladri e rapinatori, emendamento in riforma processo penale". "Giustizia: allarme-sicurezza, il Governo raddoppia le pene per i furti negli appartamenti". "Da due a sei anni per chi svaligia gli appartamenti, da quattro a dieci per gli assalti armati. Tra gli obiettivi c'è il blocco dei benefici a chi viene condannato". E mi viene da ridere, per non piangere, pensando a come sono "ingenui" alcuni politici se pensano che aumentando le pene diminuiscano i reati. Poveri illusi. Vorrebbero chiudere i criminali buttando via le chiavi, ma possibile che non si rendano conto che prima o poi molti di loro usciranno? E poi alcuni quando saranno fuori si vendicheranno di essere diventati in carcere più cattivi di quando sono entrati, perché le persone per la maggior parte non sono malvagie almeno quando entrano in carcere, lo diventano dopo perché la galera non fa altro che affermare il criminale in carriera. Possibile che questi politici non sappiano che le nostre Patrie Galere sono spesso fabbriche di odio sociale e che è difficile migliorare le persone con la sofferenza e l'odio? Probabilmente lo sanno ma a loro interessa solo cavalcare le paure della gente per vincere le elezioni. Sono fortemente convinto che le pene lunghe, solo detentive, creano "tossicodipendenza carceraria". Ed in tutti i casi la pena di per sé non può migliorare chi la subisce, ma lo può fare l'ambiente in cui la pena si sconta. Pochi lo sanno, ma la pena detentiva da scontare in carcere è un'invenzione moderna di circa 300 anni. La schiavitù, la pena di morte, la vendetta, la tortura fanno parte della cultura di ogni società, sia antica che moderna, invece l'usanza di punire tenendo chiusa una persona in una cella per anni e anni, e a volte per tutta la vita, è un fatto relativamente nuovo. Per usare le parole di Beccaria, non più "il terribile ma passeggero spettacolo della morte di uno scellerato, ma il lungo e stentato esempio di un uomo privo di libertà". A mio parere il carcere in Italia spesso non serve a niente, è solo una vendetta, e le sofferenze delle prigioni non migliorano le persone. Sono convinto che il carcere migliore è quello che non verrà mai costruito. Lo so, molti penseranno che scrivo queste cose perché sono un detenuto e sono pure un ergastolano, ma non sono sicuro di essere peggiore di quei politici che usano le paure della gente ed il carcere per cercare consensi elettorali. Ed in tutti i casi non serve a nulla aumentare le pene perché chi va a rubare (o commette qualsiasi reato) non ci va con il codice in mano. E non pensa quasi mai a quanti anni di carcere lo possono condannare, pensa solo a non farsi prendere, un po' come fanno alcuni politici quando si lasciano corrompere e intascano una tangente. Credo che per fare diminuire i reati dovrebbero abbassare le pene ed il carcere dovrebbe essere l'estremo rimedio. Buon carcere a tutti. Dopo la chiusura degli Opg: che ne sarà di Montelupo Fiorentino? di Antonella Tuoni (direttore dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo Fiorentino) Ristretti Orizzonti, 20 marzo 2015 Ma il carcere non fa parte della comunità? È opinione del sindaco di Montelupo Fiorentino che "una struttura carceraria sia incompatibile con il recupero di un pezzo importante di città". Da direttore di carcere e da cittadina, non capisco perché Articolo 3 della Costituzione secondo comma: "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese". Questa potrebbe essere la giusta insegna da apporre all'ingresso di ogni istituto penitenziario così come nelle aule di giustizia leggiamo "tutti i cittadini sono eguali dinanzi alla legge". Faccio il direttore di carcere dal 1993. Dal 2011 dirigo l'OPG di Montelupo Fiorentino e, nel corso di tutti questi anni passati nelle carceri toscane, ho maturato la convinzione che l' essenza del lavoro che faccio, per certi aspetti ingrato e logorante ma d'altro canto colmo di emozioni e vita, sia racchiusa tutta in quella luminosa stella polare che è, ancora, per me, l' articolo 3 della Costituzione, piuttosto che nel successivo articolo 27. L'opportunità concreta di migliorare la vita delle persone ed il privilegio di sostituire, al sostantivo "Repubblica" del secondo capoverso di quell'articolo 3, il mio nome. Un quotidiano sforzo per rimuovere gli ostacoli (emarginazione sociale, deprivazione affettiva, malattia mentale, tossicodipendenza,…) che costringono le persone a cadere ed approdare in carcere; è vero, non sempre è così, ma lo è per la maggior parte dei detenuti ospitati nella carceri italiane. Se non avessi avuto l'opportunità di studiare ed una rete di affetti in mio sostegno, anche io potrei essere ora dietro quelle sbarre e quale carcere vorrei che mi accogliesse? Un luogo dove il tempo non ha più un prima ed un dopo o un luogo dal quale ripartire e ricostruire un futuro? Un luogo dove la dignità sociale è un'espressione vacua o un luogo dove disegnare una diversa identità sociale? Un luogo dove chi ha l'altissimo compito di tutelare la vita umana finisce risucchiato nel gorgo di una quotidianità impregnata di violenza e stress o un luogo dove l'ascolto non rischi di essere frainteso come colpevole prossimità col "delinquente"? Quanti, al di qua di quelle sbarre, si fanno queste domande? Il carcere è per la maggior parte delle persone qualcosa che non le riguarda e nemmeno lontanamente viene identificato come un possibile luogo che possa incrociare i loro destini. È altrove, distante dalle prospettive della "gente per bene". Se gli Opg sono diventati "luoghi orrendi, non degni di un paese appena civile" non è solo per colpa di chi ne ha condiviso la bruttura con gli internati, ma piuttosto perché il paese appena civile, per comodità, se ne è completamente dimenticato, finché qualcuno non ha urlato "il re è nudo". E come non luogo c'è chi continua a trattarlo. Un territorio oltre la "società civile" o presunta tale che abbiamo costruito o che altri stanno costruendo per noi. "In quanto sindaco di Montelupo Fiorentino desidero difendere gli interessi della città e della comunità che amministro nella consapevolezza che la presenza sul territorio di una struttura carceraria sia incompatibile con il recupero di un pezzo importante di città". Il carcere non fa parte della comunità. Pare che la, per certi versi famigerata e per alcuni oggetto del desiderio, Villa Ambrogiana verrà definitivamente chiusa e come dirigente pubblico non posso che arretrare rispetto a tale decisione, ma non la comprendo. Non comprendo perché "una struttura carceraria sia incompatibile con il recupero di un pezzo importante di città". Non comprendo perché sia così difficile seguire la preveggenza di Michelucci quando progettò Il giardino degli incontri nel carcere di Sollicciano: l'arte in un luogo di pena. Non comprendo come mai si debba chiudere un istituto perfettamente ristrutturato che potrebbe da domani accogliere 160 persone decongestionando gli altri carceri toscani e migliorandone così le condizioni di vita. Non comprendo perché non potrebbe essere attivata la convenzione siglata dall'ANCI e dall' Amministrazione Penitenziaria per l'impiego di persone detenute in lavori di pubblica utilità, come hanno già fatto molti sindaci toscani. Non comprendo perché debba essere mortificato l'impegno di chi ha lavorato sodo per rendere la struttura decorosa e direi accogliente sia per le persone recluse che per chi ci lavora. Non comprendo perché i sette milioni e mezzo, più che opportunamente spesi in questi anni, oltreché per rendere vivibile la porzione della villa destinata ad uso penitenziario anche ai fini della riconversione della struttura in istituto a custodia attenuata, secondo una precisa progettualità che prevedeva la chiusura di Empoli ed il suo assorbimento nell'istituto di Montelupo, debbano essere buttati alle ortiche. Non comprendo perché non si possa fare la manutenzione della villa medicea e sfruttarne la potenzialità quale polo museale, espositivo e convegnistico, impiegando manodopera detenuta e ricorrendo alle ingenti risorse della cassa delle ammende. Non comprendo perché il Ministero della Giustizia e gli Enti Locali non si possano alleare per restaurare l'edificio intercettando i finanziamenti strutturali europei in una prospettiva di tutela del bene, come vuole l'articolo 9 della Costituzione, piuttosto che di un progetto di valorizzazione caratterizzato da un "mix di funzioni pubbliche e private". Non comprendo perché più di cento lavoratori debbano essere messi in mobilità. Non comprendo tutto ciò e mi farebbe piacere che qualcuno, magari meno ingenuo di me, spiegasse pubblicamente quello che per me è un non senso e che demolisce il significato della vita professionale di chi, come me, lavora in carcere e azzera le legittime aspettative di chi, detenuto, confida in uno dei principi fondamentali della nostra Repubblica. Ma a chi appartiene la Bellezza? di Ornella Favero (direttore responsabile di Ristretti Orizzonti) Ristretti Orizzonti, 20 marzo 2015 La Bellezza è rappresentata dalla Villa Ambrogiana di Montelupo Fiorentino, ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario, c'è chi vuole darla solo ai "buoni" cittadini, e chi pensa che anche i "cattivi" fanno parte della società, e possono diventare una risorsa e confrontarsi e condividere anche loro quella "Bellezza" Da vent'anni ormai faccio informazione dal carcere, sono direttore responsabile di Ristretti Orizzonti, un giornale realizzato da detenuti e volontari, e da anni curo un progetto sulla legalità con le scuole, tantissime scuole del Veneto e migliaia di studenti che entrano in carcere per confrontarsi con le persone detenute. È però un progetto un po' "anomalo" perché il confronto non significa per i detenuti lamentarsi di quanto male si vive in carcere, ma piuttosto ragionare sui reati, su come è facile a volte scivolare in comportamenti a rischio e poi nell'illegalità. A giudicare da quello che ci dicono gli insegnanti, non c'è progetto che abbia inciso nelle vite dei ragazzi più di questo, perché gli permette di "toccare con mano" il male, ma imparare anche a difendersene, a capire ma non a giustificare, ad "allenarsi a pensarci prima", perché non è affatto vero che è sempre così facile essere persone razionali e fare le scelte giuste. Faccio questo esempio per spiegare quanto "i buoni" e "i cattivi" non siano poi così distanti, e quanto facile sia "passare dall'altra parte". Poi leggo una lettera del sindaco di Montelupo e mi dico che vorrei sfidarlo a conoscere la realtà del carcere in modo diverso da come la conosce ora. Sul suo territorio c'è la splendida Villa Ambrogiana che ha ospitato per anni l'Ospedale Psichiatrico Giudiziario, che ora sta chiudendo, ma quella Villa è stata già in parte ristrutturata dal Ministero della Giustizia, e potrebbe ospitare un carcere "leggero", a custodia attenuata. Una ipotesi che sembra la più giusta ad Antonella Tuoni, direttrice dell'Ospedale Psichiatrico, che suggerisce anche di impiegare persone detenute per tante attività utili al territorio, e di "sfruttare la potenzialità della villa medicea quale polo museale, espositivo e convegnistico, impiegando manodopera detenuta". Scrive però il sindaco: "In quanto sindaco di Montelupo Fiorentino desidero difendere gli interessi della città e della comunità che amministro, nella consapevolezza che la presenza sul territorio di una struttura carceraria sia incompatibile con il recupero di un pezzo importante di città". Io invece penso che quella struttura carceraria e chi la abita siano loro stessi un pezzo della città di Montelupo, e possano contribuire alla sua vita così come a Padova i detenuti contribuiscono, raccontandosi e offrendo la testimonianza delle loro esperienze pesantemente negative, a rendere tanti giovani studenti più attenti e più consapevoli di quanto dalla piccola trasgressione si possa arrivare quasi senza accorgersene al reato. Il sindaco dice di voler portare nel complesso di Villa Ambrogiana" un mix di funzioni sia pubbliche che private tali da valorizzare tutta l'area". Ma perché non valorizzare la Villa in modo nuovo, facendo capire che anche chi nella vita ha sbagliato può essere una risorsa? Perché non ricordare ai suoi concittadini che non esistono "i totalmente buoni e gli assolutamente cattivi", e che tutti dovrebbero riflettere come fa Antonella Tuoni, lei che di autori di reati ne ha conosciuti tanti nella sua carriera di direttrice, e ora ammette molto onestamente che "se nonavessi avuto l'opportunità di studiare ed una rete di affetti in mio sostegno, anche io potrei essere ora dietro quelle sbarre"? Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari sono stati spesso luoghi di esclusione e di segregazione, a fine marzo devono chiudere, sarebbe importante che una struttura bella come quella di Montelupo diventasse luogo di confronto e di scambio per tutta la società, senza perdere la memoria di quello che è stata nel suo passato. Lettera del sindaco di Montelupo Fiorentino Il percorso per il superamento degli Opg parte da lontano: dal 2008. A seguito di un incontro organizzato proprio a Montelupo Fiorentino è stato promulgato il Dpcm del 1 aprile 2008 che ha aperto la strada per il superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e che con anni di ritardo ha portato alla decisione di chiudere la struttura di Montelupo entro la Primavera del 2015. In prima istanza, anche grazie all'impegno del Forum per la salute in carcere e della Regione Toscana, è stata posta particolare attenzione alla situazione degli internati e alla salvaguardia della loro dignità e dei loro diritti. Un aspetto, questo, balzato prepotentemente agli onori della cronaca in due diversi momenti: quando il sindaco Rossana Mori, a seguito di un sopralluogo della Asl, emise un'ordinanza (poi annullata dal Tar) che imponeva importanti interventi di adeguamento della struttura che in diverse zone risultava essere fatiscente e del tutto inadeguata alla funzione; a seguito di un ulteriore sopralluogo da parte della Commissione guidata dall'allora senatore Marino che constatò il degrado della struttura e impose, con ordinanza ministeriale, la realizzazione di alcuni interventi di riqualificazione. A seguito di questo sono stati attuati lavori non solo volti a garantire una tutela dei detenuti, ma di un'entità tale da prefigurare un futuro carcerario delle ex - scuderie. Nelle ultime settimane si è parlato molto di soldi spesi per il restauro della parte destinata a funzione carceraria. Soldi spesi non opportunamente quando già si profilava all'orizzonte l'ipotesi della chiusura, poi concretizzata nel 2012, o di una ristrutturazione di tipo sanitario. Mi stupisce che la riflessione non abbia riguardato minimamente la situazione di un bene che è unanimemente riconosciuto come un patrimonio culturale della collettività e che non è stato inserito fra i beni tutelati dall'Unesco proprio perché non fruibile a causa della sua difficile accessibilità e delle condizioni strutturali. In tanti anni, infatti, l'edificio è andato progressivamente deteriorandosi al punto tale che è stato necessario interrompere anche le visite guidate straordinarie ed è stato interdetto l'accesso alla grotta sull'Arno, un luogo unico e potenzialmente di rara bellezza. In quanto sindaco di Montelupo Fiorentino desidero difendere gli interessi della città e della comunità che amministro nella consapevolezza che la presenza sul territorio di una struttura carceraria sia incompatibile con il recupero di un pezzo importante di città. A breve sarà proposta un'intesa istituzionale fra Agenzia del Demanio, Ministero della Giustizia e comune di Montelupo Fiorentino per l'attuazione di un programma di valorizzazione e razionalizzazione degli immobili di proprietà dello stato che rientrano nel complesso della Villa Ambrogiana. Nel documento l'Amministrazione comunale esprime l'interesse a valutare i termini della fattibilità di un'operazione che possa garantire la realizzazione di dotazioni territoriali nel complesso Villa Ambrogiana caratterizzate da un mix di funzioni sia pubbliche che private tali da valorizzare tutta l'area. Alla luce di questi sviluppi comprendo le ovvie perplessità del personale dell'Amministrazione Penitenziaria e del personale Sanitario. Questione affrontata proprio ieri sera nel corso di una seduta congiunta delle commissioni "Lavoro e Sviluppo Economico" e "Villa Medicea", per la cui iniziativa ringrazio i due presidenti, Paolo Grasso e Francesco Desii. In quella sede i rappresentanti dei dipendenti hanno chiesto al Comune di sostenere l'ipotesi di un futuro carcerario per alcuni degli edifici dell'Ambrogiana. Per quanto nelle mie competenze mi farò carico nelle sedi opportune di sollecitare una particolare attenzione che garantisca la dignità dei lavoratori che con grande professionalità hanno operato, spesso in condizioni di disagio e difficoltà, nell'Opg. Tuttavia non può essere solo questo un elemento di valutazione che impedisca il ritorno di tutto il complesso ad un uso civile a favore della collettività di Montelupo e non solo. Sono decenni che si parla di chiusura dell'ospedale psichiatrico giudiziario e della conseguente valorizzazione del complesso mediceo, ora che siamo ad un passo dal raggiungimento di questo obiettivo ho tutte le intenzioni di lavorare affinché divenga realtà". Paolo Masetti, Sindaco di Montelupo Fiorentino Giustizia: Istat; nel 2013 -4.8% detenuti, 61.5% in carcere per una condanna definitiva La Presse, 20 marzo 2015 Al 31 dicembre 2013 risultavano detenute nelle carceri italiane 62.536 persone, il 4,8% in meno rispetto al 2012 (-8% sul 2010). Sono circa 10 milioni i detenuti nel mondo, condannati nella maggior parte dei casi. Il tasso di detenzione per 100.000 abitanti è pari a 103,8 in Italia, a 128,9 in Europa, a 145 nel mondo. Lo comunicano l'Istat e il Dipartimento per l'Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia che hanno condotto un'indagine congiunta sulla situazione dei detenuti nelle carceri: quanti sono, la loro posizione giuridica e le motivazioni della detenzione, l'aspettativa di permanenza, le attività mirate alla loro reintegrazione sociale. Il numero di detenuti presenti in Italia è di gran lunga superiore alla capienza regolamentare, fissata a 47.709 posti, ma il tasso di sovraffollamento è in costante diminuzione grazie ai recenti provvedimenti normativi e pari a 131,1 detenuti su 100 posti disponibili per il 2013, a 110,4 a novembre 2014 (151 nel 2010). Il 61,5% dei detenuti ha una condanna definitiva, il 36,6% è in attesa di un giudizio definitivo e l'1,9% è sottoposto a misure di sicurezza. Dei 38.471 condannati detenuti in carcere, circa la metà (il 46,6%) deve scontare una pena inferiore a cinque anni. Le persone che entrano in carcere ogni anno sono diminuite del 30% rispetto agli anni 2000. La maggior parte dei detenuti entrati nelle carceri (59.330 nel 2013) è in attesa di giudizio (85%), mentre il 14,3% ha una condanna definitiva. Il 15,9% dei reclusi che entra in carcere dallo stato della libertà esce dalla struttura nel giro di una settimana. Oltre ai condannati detenuti (38.471), sono 29.741 nel 2013 i condannati che fruiscono di misura penale esterna al carcere, con un aumento del 70% rispetto al 2000. Per il 74,4% si tratta di misure alternative (affidamento in prova ai servizi, detenzione domiciliare e semilibertà), il 14,8% dei soggetti è coinvolto nei lavori di pubblica utilità e il 10,8% in altre misure come la libertà vigilata, la libertà controllata, la semidetenzione. Le violazioni della normativa sugli stupefacenti rappresentano la tipologia più diffusa di reati per i detenuti presenti, con 24.273 casi (il 38,8%). Seguono i reati di rapina (18.064 casi, pari al 28,9%), e furto (13.531, il .21,6%). Il 95,7% dei detenuti è di sesso maschile, una quota stabile nel corso del tempo. Le detenute con prole al seguito sono ospitate in sezioni maggiormente idonee ai bambini. Al 31.12.2013 sono 40 e quasi tutte hanno un solo figlio con sé, mentre sono 17 le donne in gravidanza. Non mancano le forme di protesta: lo sciopero della fame è la più diffusa, 7.851 casi nel 2013, seguono il rifiuto del vitto (1.548 casi) e il danneggiamento degli oggetti (736 casi). Inoltre nel corso del 2013 sono stati registrati 42 casi di suicidio tra i soli maschi (pari a 0,7 su 1.000 detenuti maschi mediamente presenti) e 1.067 di tentato suicidio, mentre gli atti di autolesionismo sono stati 6.902. Il 64% dei detenuti è nato in Italia. I detenuti stranieri, pari al 34,9%, provengono per la maggior parte dall'Africa (46,3%), in particolare da Marocco e Tunisia (rispettivamente 18,6 e 12%), e dall'Europa (41,6%). Il 54,4% dei detenuti ha meno di quarant'anni. Una quota minoritaria (il 19,2%) ha più di 50 anni e il 5,7% più di 60. Nel 38,9% dei casi le persone detenute sono celibi o nubili. I corsi scolatici attivati nel 2012-2013 sono stati 991: li ha frequentati il 24,7% della popolazione penitenziaria; quattro frequentanti su dieci sono stati i promossi. I corsi di avviamento professionale sono stati invece 318. Risulta occupato in attività lavorative il 23,3% dei detenuti in carcere, in aumento del 13,6% rispetto al 2000. Giustizia: il "disagio" dell'Anm. Mattarella concorda: smorzare le polemiche di Donatella Stasio Il Sole 24 Ore, 20 marzo 2015 È stato un incontro breve. L'Associazione nazionale magistrati, per bocca del suo presidente Rodolfo Sabelli, ha parlato al Capo dello Stato Sergio Mattarella del "disagio" delle toghe: per riforme approvate "senza alcuna interlocuzione" (ferie, prepensionamenti), per il "clima" creato con "facili slogan" che finiscono per "delegittimare" la magistratura (come "chi sbaglia, paga" a proposito della responsabilità civile), per la "consapevolezza" dello scarto esistente tra "l'impegno individuale e collettivo e i risultati del servizio giustizia, che non è come meritano i cittadini". Ma ha anche ribadito il sentimento dei magistrati di "superare le polemiche", come aveva detto il giorno prima a proposito dello scontro con il premier Renzi, tanto più a fronte di "problemi seri, come la spaventosa strage di Tunisi e la crisi economica che colpisce tanti cittadini. Tutto questo deve spingere tutti a superare ogni motivo di contrasto". E su questo ha concordato, invitando a smorzare i toni e a concentrarsi sul funzionamento della giustizia, ribadendo peraltro il sostegno alla magistratura già espresso nei suoi discorsi, al Parlamento dopo l'elezione al Quirinale, al Csm, alla Scuola della magistratura, ai tirocinanti. Il faccia a faccia cade per pura coincidenza nel pieno delle polemiche tra magistrati e governo. Ultima, in ordine cronologico, quella sulla corruzione e sulla portata della riforma che il Senato si accinge a votare la prossima settimana in concomitanza con quella sulla prescrizione, in agenda martedì, alla Camera. Due riforme a lungo attese (siamo ancora alla prima lettura) ma rilanciate dal governo in occasione dell'inchiesta di Firenze e criticate dall'Anm. "Per carità, ben venga tutto quello che si fa sul fronte corruzione - spiega Sabelli - ma sono riforme parziali. Semmai c'è da chiedersi perché non si riesca mai a fare una riforma organica affrontando il problema in modo più serio e radicale". Sulla prescrizione, Sabelli fa notare anzitutto che il "raddoppio" dei termini solo per tre reati (corruzione propria, impropria e in atti giudiziari) è "uno scegliere fior da fiore che può creare squilibri nel sistema, visto che lascia fuori reati gravi come l'induzione". In ogni caso, l'aumento dei termini non è che "l'adeguamento di quanto ci chiede da anni il Consiglio d'Europa, ma "non è la soluzione". "Perché non si approva lo stop della prescrizione dopo il primo grado, per tutti i reati?" chiede. E sulla corruzione: "Le Convenzioni internazionali ci dicono di rivedere corruzione privata e traffico di influenze illecite", ma nella riforma neanche se ne parla. "Non vorrei - conclude - che, fatti questi interventi, corruzione e prescrizione vengano considerati temi già risolti e accantonati". Giustizia: beffa per le vittime, sentenza di proscioglimento inutilizzabile per l'indennizzo di Antonio Ciccia Italia Oggi, 20 marzo 2015 La vittima da reato depenalizzato ha diritto di essere avvisata. Ma non può bloccare il proscioglimento dell'autore del reato. Lo prevede il testo definitivo del decreto legislativo n. 28/2015 sulla non punibilità dei reati di particolarità tenuità frutto di una condotta abituale (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 64 del 18 marzo 2015 e in vigore dal 2 aprile 2015). Il provvedimento contiene, però, un pasticcio nella norma sull'utilizzabilità da parte della vittima della sentenza di proscioglimento nel giudizio civile di danni: il nuovo articolo 651 bis del codice di procedura penale la prevede, ma contro il condannato, che in realtà non c'è (perché il colpevole di un fatto tenue, in realtà viene prosciolto e non condannato). Tornado al diritto di informazione, nella prima versione il decreto legislativo prevedeva l'avviso alla persona offesa solo se quest'ultima lo chiedeva espressamente. Nella versione definitiva, invece, il pubblico ministero ha l'obbligo di mandare l'avviso a chi è rimasto vittima di un reato punito fi no a cinque anni. Attenzione però la vittima non può impedire, con la sua sola volontà, che il procedimento termini con la dichiarazione di non punibilità. Questo anche quando i reati sono procedibili a querela di parte. Vediamo dunque quali diritti residuali rimangono alla persona offesa. Partiamo proprio dal diritto di essere avvisati. Le modifiche riguardano l'articolo 411 del codice di procedura penale. In particolare se il pm chiede l'archiviazione per particolare tenuità del fatto, il pubblico ministero deve darne avviso alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa. Nell'avviso il pubblico ministero deve spiegare che nel termine di dieci giorni, la persona offesa, può prendere visione degli atti e presentare opposizione. La persona offesa (che può anche essere un'impresa o un professionista o una pubblica amministrazione) non può limitarsi a opporsi, ma deve spiegare, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta. La vittima del reato dovrà cercare di convincere il giudice che il fatto non è lieve e/o che il comportamento è abituale. Se non ci riesce, il risultato sarà comunque la non punibilità. La conseguenza indiretta di questa situazione è che probabilmente ci si penserà due volte a presentare querela, dal momento che il querelante ha le armi spuntate. Anche se fa querela e anche se il fatto è un reato accertato, non è certo che si arrivi al processo. Si deve, infatti, ricordare che il decreto legislativo in commento riguarda fatti di reato, i quali non sono ritenuti meritevoli di protezione. Se la via penale è preclusa, alla persona offesa rimane solo la via civile per avere una qualche soddisfazione. Certo non potrà più ottenere la condanna penale del suo aggressore, ma per lo meno potrà chiedergli il risarcimento del danno. E qui si deve registrare un'altra novità della versione definitiva del provvedimento. Viene, infatti, aggiunto l'articolo 651 bis del codice di procedura penale sulla efficacia della sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto nel giudizio civile o amministrativo di danno. Ci si chiede se la persona offesa possa utilizzare a suo vantaggio tale sentenza. Il citato articolo 651 bis prevede che la sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso. L'articolo prosegue dicendo che la sentenza vale come giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno contro condannato e del responsabile civile. Certo è chiaro l'obiettivo (dare uno strumento alla persona offesa perché possa chiedere i danni partendo da un fatto già assodato e senza doverlo provare nel separato giudizio civile. Ma non si capisce perché la norma parli di giudizio civile contro il condannato, dal momento che se il responsabile viene prosciolto (per tenuità del fatto), in realtà non c'è un condannato. La prassi dirà se si tratta di una svista legislativa che si può correggere con l'interpretazione del giudice. Altrimenti tutto diventa una beffa per la vittima, che assiste al proscioglimento del colpevole e avrà tutti gli oneri probatori a suo carico nel giudizio civile (sempreché lo inizi). Giustizia: il ddl sul reato di tortura in Aula alla Camera, arrivato l'ok dalla Commissione Italia Oggi, 20 marzo 2015 Via libera in commissione giustizia alla camera alla pdl che introduce il reato di tortura nell'ordinamento italiano. Il testo sarà in aula lunedì prossimo per la discussione generale. Il reato di tortura, in pratica, resta reato comune (punito con la reclusione da 4 a 10 anni), ma aggravato con pene da 5 a 12 anni se commesso dal pubblico ufficiale: "Abbiamo seguito le raccomandazioni del comitato Onu contro la tortura e quanto emerso nel corso delle audizioni, da un lato", spiega la presidente della commissione giustizia Donatella Ferranti, "marcando in maniera specifica gli elementi determinanti per il reato commesso dal pubblico ufficiale e dall'altro individuando con più puntualità gli elementi oggettivi e soggettivi della condotta al fi ne di evitare improprie sovrapposizioni con altri delitti già puniti dal codice penale". Potrà essere incriminato del reato di tortura chi, con violenza o minaccia ovvero con violazione dei propri obblighi di protezione, cura o assistenza, cagiona intenzionalmente a una persona a lui affidata o sottoposta alla sua autorità acute sofferenze fi siche o psichiche al fi ne di ottenere informazioni o dichiarazioni o infliggere una punizione o vincere una resistenza o ancora in ragione dell'appartenenza etnica, dell'orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose. Giustizia: la legge anticorruzione in Aula al Senato dopo due anni di scontri di Dino Martirano Il Corriere della Sera, 20 marzo 2015 Con un deciso scatto di reni, alla fine governo e maggioranza riescono a incardinare in aula al Senato il disegno di legge anticorruzione con il giro di vite sul falso in bilancio, che, a questo punto, verrà approvato la prossima settimana per poi passare alla Camera. E sempre alla vigilia delle annunciate dimissioni del ministro Maurizio Lupi per i favori chiesti a un indagato, si ricuce in parte lo strappo provocato due giorni fa dall'Associazione nazionale magistrati con il premier Renzi ("Il governo accarezza i corrotti e schiaffeggia i giudici"): "A Mattarella abbiamo manifestato il disagio delle toghe ma ora bisogna superare i contrasti" ha detto il presidente dell'Anm Rodolfo Sabelli dopo l'incontro di ieri con il capo dello Stato. Il caso Lupi - innescato dalle intercettazioni telefoniche chieste della Procura di Firenze - ha accelerato le delicate partite aperte in materia di giustizia. Con molta tenacia, il capogruppo del Pd al Senato, Luigi Zanda, è dunque riuscito a ottenere che il ddl anticorruzione fosse incardinato in Aula nella giornata di ieri dopo lo svarione del governo che mercoledì aveva un po' pasticciato con la data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di una norma di riferimento (la tenuità del fatto) per la nuova disciplina del falso in bilancio. Soddisfatto per l'accelerazione anche il presidente del Senato Pietro Grasso che ha molto a cuore il provvedimento perché fu lui, da semplice senatore, a rompere il ghiaccio in materia di anticorruzione il 15 marzo del 2013 con il suo disegno di legge. E sono passati ben 724 giorni. E così, alla fine, anche il presidente della commissione Giustizia, Francesco Nitto Palma (Forza Italia), ha dovuto cedere il passo alle fortissime pressioni (maggioranza, governo, presidenza del Senato) e consentire, senza ulteriori rinvii, che il testo approdasse in Aula nel pomeriggio di ieri. "Alleluia, Alleluia" aveva detto Grasso lunedì nel momento in cui il governo tirava fuori dal cassetto l'emendamento sul falso in bilancio. "Evviva, evviva" ha replicato, non senza perfida ironia, Nitto Palma quando ha appreso (convocato dalla capigruppo) che il provvedimento sarebbe andato subito in Aula. "Che sia un alleluia o un evviva non fa differenza. Il disegno di legge è arrivato in Aula: era ora. Un passo importante per un cammino ancora lungo" ha chiuso il match il presidente Grasso. E quanto sia delicata la materia trattata lo ha spiegato con autorevolezza il relatore Nico D'Ascola del Ncd (avvocato, autore di pubblicazioni sul falso in bilancio). Dopo la sostanziale depenalizzazione del 2001 (governo Berlusconi), si torna dunque alla pena da 3 a 8 anni nel caso delle società quotate. Ma sarà reato di pericolo anche per le società non quotate (pena da 1 a 5 anni), salvo, però, i casi in cui il giudice riconosce i fatti di lieve entità (1-3 anni) e quelli in cui scatta la particolare tenuità del fatto e dunque la non punibilità. La prossima settimana, ricorda la presidente della commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti (Pd), "siamo pronti all'"uno-due": falso in bilancio al Senato, allungamento dei tempi di prescrizione alla Camera". Il non detto del pacchetto giustizia però, ora più che mai riguarda il nodo della riforma delle intercettazioni telefoniche, che il caso Lupi ha riportato tra i dossier all'attenzione del governo. E qualcosa di concreto si muove anche sul fronte del processo civile: il ministro Andrea Orlando ha annunciato che verranno spesi 10 milioni di euro per incentivare la conciliazione e altre procedure alternative al processo attingendo personale dalle graduatorie dell'Ice. Tutto rinviato per l'elezione dei due giudici costituzionali mancanti. Ancora fumata nera e tutto lascia pensare che la partita della Consulta si concluderà solo a luglio quando scade anche il mandato del giudice Paolo Maria Napolitano. Allora ci saranno tre giudici da eleggere dal Parlamento diviso in tre blocchi (Pd, FI, M5S). Giustizia: il ddl corruzione dopo due anni arriva in Aula, ecco come cambiano le pene Public Policy, 20 marzo 2015 Dopo quasi due anni dall'assegnazione del disegno di legge a firma Pietro Grasso in commissione Giustizia al Senato, le nuove norme Anticorruzione approdano in aula. Oggi alle 17,30, infatti, si svolgerà la relazione del relatore, Nico D'Ascola (Ap). Successivamente il provvedimento dovrà passare alla Camera per la seconda lettura. La commissione ha approvato nel pomeriggio il testo che, tra le altre cose, contiene le nuove norme sul falso in bilancio prevedendo l'aumento delle pene - per società quotate e non - e senza le soglie di punibilità. Durante il passaggio in commissione, però, sono state aumentate le pene anche per alcuni reati di corruzione: in atti giudiziari, per induzione, peculato e corruzione propria. Ma non solo, perché con un emendamento del governo è stato aumentato - fino a un massimo di 26 - il carcere perché chi commette il reato di associazione mafiosa. Salgono pene per corruzione propria. Salgono a sei e dieci anni le pene (minima e massima) per i pubblici ufficiali che compiono il reato di corruzione propria. Dunque aumenta il carcere per il reato previsto dall'articolo 319 del codice penale: "Il pubblico ufficiale - si legge nella norma così come modificata - che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa" è punito con la reclusione da sei a dieci anni (invece che 4 e 8). Se in atti giudiziari max 12 anni. Aumenta la pena per la corruzione in atti giudiziari: dunque passa da 4 a 10 anni di reclusione a 6 e 12 anni. Inoltre, l'emendamento prevede che se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di qualcuno alla reclusione non superiore a 5 anni, la pena prevista va da un minimo di 6 a un massimo di 14 anni di carcere (e non più da 5 a 12); se deriva l'ingiusta condanna superiore a 5 anni o all'ergastolo, la pena della reclusione sarà da 8 a 20 anni (e non più da 5 a 20). Se per induzione max 10 anni e 6 mesi. Cambia il reato di corruzione per induzione. La modifica prevede che la pena minima sia di 6 anni e la massima di 10 anni e 6 mesi. Il testo originario del Codice penale prevede invece una reclusione da tre a otto anni. Cambiano pene associazione mafiosa. Come detto, è stato approvato un emendamento del governo che prevede pene più severe per chi commette il reato di associazione di tipo mafioso, aumentando la pena massima fino a 26 anni. La modifica approvata a maggioranza prevede per coloro che fanno parte di un'associazione mafiosa la reclusione da 10 a 15 anni, invece che 7 e 12. Per coloro, invece, che "promuovono, dirigono o organizzano l'associazione" la pena prevista è da 12 a 18 anni (invece che 9 e 14). Se l'associazione è armata si applica la pena della reclusione da 12 a 20 anni (e non più da 9 a 15 anni); per i boss delle associazioni mafiose armate da 15 a 26 anni (invece che da 12 a 20). Abuso d'ufficio. La pena per l'abuso d'ufficio viene innalzata da uno a 5 anni (rispetto all'attuale previsione da uno a 4). Aumento carcere per peculato. pena max 6 mesi in più. Aumenta anche la pena massima per il reato di peculato, che passa da 10 anni a 10 anni e sei mesi. Traffico influenze illecite. Con il ddl salgono anche le pene per il traffico di influenze illecite, innalzando da uno a 5 anni (rispetto all'attuale previsione da uno a tre anni) il carcere per chi sfrutta relazioni con un pubblico ufficiale, promettendo denaro o favori, come prezzo della propria mediazione illecita. Esteso reato di concussione. Esteso all'incaricato di un pubblico servizio la pena della reclusione da 6 a 12 anni prevista per il pubblico ufficiale che abusa della sua "qualità" e dei suoi poteri, costringendo a promesse indebite. Per pubblici ufficiali pena a 6 anni. sì intercettazioni. La commissione Giustizia ha approvato anche un emendamento M5S che aumenta la pena massima - da 5 a 6 anni - per il reato di cui all'articolo 318 del codice penale: corruzione per l'esercizio della funzione. Il reato riguarda il pubblico ufficiale che, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa. La pena minima rimane l'arresto di un anno. Con l'aumento della pena massima a 6 anni sarà dunque possibile per il giudice autorizzare le intercettazioni del pubblico ufficiale interessato e viene, invece, esclusa la tenuità del fatto. No appalti pubblici per 5 anni se condannati. Chi commette reati di corruzione non potrà "contrarre" con la pubblica amministrazione per 5 anni (e non più per 3). In altre parole non potrà sottoscrivere contratti con le Pa come nel caso di appalto pubblico. E ancora: le condanne non inferiori a 2 anni comportano l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego con le Pa e società partecipate. Prescrizione. Aumento della metà dei tempi entro cui la prescrizione agisce sui reati di corruzione. In particolare, la prescrizione si allunga della metà (rispetto alla pena massima) per i reati di peculato, concussione, corruzione propria, in atti giudiziari, doveri d'ufficio, induzione indebita e istigazione. Patteggiamento? solo con restituzione soldi. Stretta per i reati di concussione, corruzione per l'esercizio della funzione, in atti giudiziari, induzione indebita e peculato: il patteggiamento sarà condizionato alla restituzione del prezzo del profitto del reato. Pm informerà Anac su avvio indagini. Il Pubblico ufficiale quando esercita l'azione penale per i reati di concussione, corruzione (propria, nell'esercizio della funzione, in atti giudiziari e istigazione), traffico di influenze illecite, turbata libertà dell'asta pubblica dovrà informare il presidente dell'Authority Anticorruzione. Ad Anac controllo su contratti appalti segretati. Incremento dei poteri dell'Autorità nazionale anticorruzione. L'Anac dunque potrà "esercita la vigilanza e il controllo sui contratti degli appalti" segretati "al fine - si legge nel testo - di prevenire fenomeni corruttivi i dati dei medesimi contratti sono altresì trasmessi annualmente all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici". Giustizia: chiusura Opg: la Liguria pagherà la Lombardia per inviare malati in sue Rems Adnkronos, 20 marzo 2015 Massimo 10 pazienti e tariffe da almeno 300 euro al giorno, in ogni caso rimborso minimo annuo di 547 mila euro. "E i pazienti liguri in Opg, con la chiusura, andranno nelle Rems in un ex Opg lombardo". Lo scrive in un tweet il segretario nazionale Fp Cgil Medici (e psichiatra), Massimo Cozza. E lo aveva anticipato il vice presidente e assessore alla Salute della Regione Lombardia, Mario Mantovani, quando il 9 marzo scorso è stato ascoltato a Milano da una delegazione della Commissione Sanità del Senato. Ora l'accordo si è concretizzato. La Lombardia ha inserito lo schema dell'intesa in una delibera varata il 16 marzo, in cui si spiega che "gli uffici della Regione Liguria hanno valutato che la realizzazione in loco di una struttura sanitaria extra ospedaliera per il superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari con i requisiti previsti dal Decreto del ministero della Salute del 1 ottobre 2012 sarebbe difficilmente sostenibile sotto il profilo organizzativo ed economico entro i tempi previsti dalla normativa". Da qui la decisione di mandare i pazienti nelle Rems (Residenze per l'esecuzione della misura di sicurezza sanitaria) della Lombardia che, come spiegato da Mantovani, in attesa dei fondi promessi dallo Stato ha optato per la soluzione provvisoria di realizzare tutte e 8 le strutture pianificate dentro l'Opg di Castiglione delle Stiviere (Mantova). La convenzione, valida fino a fine 2016, prevede che la Lombardia accolga un massimo di 10 pazienti liguri "ricevendo il rimborso dei costi". Previsto innanzitutto "un rimborso spese su base giornaliera pro-capite pari alla tariffa massima complessiva sostenuta attualmente dalla Regione Lombardia per i singoli casi complessi, e comunque non inferiore a 300 euro". Oltre a queste cifre da erogare direttamente in base alle giornate di presenza, a carico della Liguria "restano eventuali costi straordinari". E "in ogni caso", prevede ancora l'intesa, la Liguria riconoscerà alla Lombardia "un rimborso spese minimo su base annua, indipendentemente dalle presenze registrate, corrispondente al 50% del rimborso spese complessivo per la saturazione dei posti": 547.500 euro. L'accordo scatterà dall'1 aprile, il giorno dopo la scadenza dell'ultima proroga concessa alle Regioni per la chiusura degli Opg. I sindacati e le associazioni si dicono consapevoli "dei ritardi" e del fatto che "si farà fatica all'inizio, perché è un'operazione storica". Stefano Cecconi (Cgil) del Comitato Stop Opg fa notare all'Adnkronos Salute che "alcune Regioni sono pronte, anche con funzioni provvisorie, altre no. Chi non riesce a prendersi i suoi pazienti dovrà essere commissariato". Un rischio già paventato dalla presidente della Commissione Sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi. La Liguria, commenta Cecconi, "dimostra di non aver mai affrontato seriamente la questione Opg. Non si è organizzata" con le Rems "pur avendo pochi pazienti e spero recuperi un ritardo che le non fa onore". Come altre amministrazioni, precisa, "è arrivata impreparata a una scadenza nota da tempo". Quanto alla logica delle soluzioni transitorie, Cecconi l'ammette "se serve per chiudere la parentesi Opg". Certo "è incredibile essere arrivati all'appuntamento" del 31 marzo "in queste condizioni". Opzioni come quella ligure "non sono buone, ma concedere un'ulteriore proroga sarebbe peggio". L'auspicio è che "si chiuda in fretta la partita provvisoria e ogni Regione garantisca assistenza ai suoi pazienti. Si dovrà affrontare - conclude - il problema di costruire risposte di qualità, evitando anche che rinascano realtà manicomiali sotto mentite spoglie". Giustizia: Presidente nega la grazia a un malato. Imbarazzo del Ministero "diteci se è vivo" di Damiano Aliprandi Il Sole 24 Ore, 20 marzo 2015 Chiede la grazia perché presenta una grave situazione clinica, ma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella gliela nega. Il detenuto è talmente malato che il ministero della Giustizia ha dovuto emanare un comunicato alquanto imbarazzante dove si chiedeva di verificare che sia ancora in vita prima di notificargli il responso. Dopo che il presidente della Repubblica ha respinto la domanda di grazia presentata da un detenuto, che aveva chiesto di concludere anticipatamente la propria detenzione per motivi di salute, il ministero della Giustizia, come da prassi in questi casi, ha notificato la decisione presa al magistrato di sorveglianza, al procuratore generale della Corte d'Appello ed anche al Penitenziario di Bologna presso il quale il domandante stava scontando la sua pena. E fin qui rientra tutto nella norma. La singolarità sta in una richiesta fatta dal ministero della Giustizia ai tre destinatari della sua missiva; prima di notificare la domanda rifiutata, infatti, si suggeriva di verificare che il detenuto fosse ancora in vita: "Si comunica - si legge nella richiesta - che il presidente della Repubblica non ha concesso la grazia. Si prega di dare notizia del disposto rigetto assicurando con sollecitudine questo ministero. Al riguardo al fine di corrispondere a conforme richiesta della stessa presidenza della Repubblica, si prega di voler istruire il personale procedente affinché quest'ultimo provveda ad assicurarsi, anche nelle vie brevi, circa l'esistenza in vita del condannato". Una richiesta del ministero che è servita per evitare situazioni di imbarazzo, magari notificando alla famiglia la grazia negata dopo la morte del loro caro: "previamente alla formale notifica del rigetto, onde prevenire il verificarsi di evidenti situazioni di imbarazzo". A rendere pubblico questo documento scottante è stata l'agenzia di stampa Dire che ovviamente non ha rivelato la sua fonte. L'agenzia ha anche potuto appurare che il detenuto in questione sia ancora in vita e stia ancora scontando la sua pena nel carcere bolognese de "La Dozza". Ma l'imbarazzo è doppio. C'è da chiedersi per quale motivo il presidente Mattarella abbia respinto la grazia ad un detenuto che, con tutta evidenza, tanto da allarmare il ministero della giustizia, è in una stato di salute gravissimo. Forse l'entusiasmo per il presidente Mattarella è stato troppo prematuro. E se scavassimo nel suo passato, scopriremo che non era affatto "sobrio" e tenero come è stato dipinto. Per Sergio Mattarella, gli ex presentatori televisivi come Mike Bongiorno, Alberto Castagna e Raimondo Vianello sarebbero finiti in galera insieme a Silvio Berlusconi. L'ex democristiano salito al Colle , nel 1991 propose una legge che prevedeva l'arresto per chi faceva propaganda elettorale in tv e il ritiro della concessione a trasmettere per chi contravveniva. Mezza Fininvest, se fosse passata, sarebbe finita in galera. Chi ha a cuore i problemi del sistema penitenziario e intraprende da sempre le battaglie come l'amnistia, probabilmente rimpiangerà l'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Giustizia: da Manconi (Pd) interrogazione su caso farmacista suicida dopo interrogatorio Dire, 20 marzo 2015 Il Pd chiede al Governo di inviare gli ispettori a Bologna per verificare il comportamento del procuratore aggiunto Valter Giovannini e degli inquirenti della squadra mobile nel caso di Vera Guidetti, la farmacista di 62 anni che una settimana fa si è suicidata, due giorni dopo essere stata interrogata nell'ambito di un'indagine su un furto. L'interrogazione, agli atti del Senato di ieri, è stata presentata da Luigi Manconi, senatore del Pd, membro delle commissioni Difesa di Palazzo Madama e presidente della Commissione straordinaria bicamerale per la tutela dei diritti umani. Manconi, rivolgendosi ai ministri della Giustizia e dell'Interno, Orlando e Alfano, chiede loro "se non ritengano opportuno attivare i poteri ispettivi presso la Procura e la squadra mobile di Bologna". Questo perché, è convinto il senatore, ci sarebbero delle cose che non quadrano nel modo in cui è stata gestita la posizione della 62enne, che prima di togliersi la vita ha lasciato un biglietto con il nome del procuratore aggiunto Giovannini, dicendo di essere stata da lui "trattata come una criminale" e non creduta. In questa vicenda, la prima cosa che non convince Manconi è il fatto che "l'escussione testimoniale della signora Guidetti, evidentemente interessata da chiari indizi di colpevolezza, si sarebbe svolta senza alcuna garanzia difensiva e con discutibili modalità per un tempo assai prolungato". Ma non è solo questo il punto. Manconi segnala anche il fatto che "della permanenza della signora Guidetti negli uffici della Questura non sarebbe stato informato il pubblico ministero di turno". A suscitare perplessità è anche un altro passaggio: "Il giorno 11 marzo, ossia al momento della scoperta del corpo della Guidetti e del suo biglietto di accusa- scrive Manconi nell'interrogazione- il procuratore aggiunto Giovannini si recava nell'abitazione della donna, anticipando il pubblico ministero di turno e continuando a condurre le indagini sul decesso della Guidetti, nonostante il suo coinvolgimento nella vicenda in quanto indicato (a torto o a ragione) dalla farmacista deceduta come responsabile di comportamenti ostili nei propri confronti". Per Manconi, ce n'è a sufficienza per chiedere un intervento degli ispettori ministeriali affinché verifichino se le indagini si siano svolte correttamente. Interpellato dalla Dire, il senatore afferma: "Questa vicenda a Bologna e in Emilia-Romagna ha suscitato clamore, e siccome c'è qualche motivo di perplessità, ho presentato un'interrogazione per chiedere a chi può di diradare i dubbi dando le giuste informazioni". Ci sono perlomeno "un paio di elementi" su cui serve chiarezza, osserva Manconi. Primo: il fatto che l'audizione della donna in Questura "non ha un suo status ben definito e una forma inequivocabile tra il ruolo del testimone e il ruolo dell'indagato". E poi: "Se fosse vero, e lo ripeto tre volte, se fosse vero che su quel biglietto c'è il nome del procuratore aggiunto, anche solo per questione di opportunità e sensibilità umana, penso che quel magistrato dovesse astenersi dalle indagini". Nell'interrogazione, oltre ai dubbi sull'operato degli inquirenti, il senatore ricostruisce la vicenda per come raccontata dalla stampa, partendo dall'11 marzo, quando "la farmacista Vera Guidetti, cittadina incensurata, veniva rinvenuta cadavere nella propria abitazione bolognese con accanto l'anziana madre ancora agonizzante". Si ricorda poi il giorno dell'audizione, il 9 marzo, "allorché Vera Guidetti veniva convocata negli uffici della squadra mobile di Bologna, dove giungeva alle 8. Lì "veniva trattenuta presso quegli uffici fino alle ore 19.30 circa, venendo ascoltata nell'ambito di un'inchiesta per ricettazione di opere d'arte". Su questo, Manconi scrive che la donna "veniva escussa a sommarie informazioni testimoniali per un tempo estremamente prolungato dallo stesso procuratore aggiunto senza che venisse valutata l'opportunità di farla assistere da un legale di sua fiducia". Il senatore ricorda poi il collegamento con il pregiudicato Ivan Bonora (ricordando che è stato scarcerato il 12 marzo dal gip Letizio Magliaro), il sopralluogo della Polizia a casa della donna, i quadri e altri oggetti di valore ritrovati (compreso il sacchetto in cui c'erano anche due anelli rubati nel furto da cui l'indagine aveva preso avvio) e il fatto che la farmacista abbia spiegato dei tanti quadri ricevuti in custodia da Bonora in passato. Secondo Manconi il quadro probatorio "veniva ritenuto sufficiente a integrare precise ipotesi di reato tanto che Bonora, assistito da un legale, veniva sottoposto a fermo di polizia". Guidetti, invece, "con modalità del tutto anomala, veniva escussa a sommarie informazioni testimoniali per un tempo estremamente prolungato senza che venisse valutata l'opportunità di farla assistere da un legale di sua fiducia". Lettere: attenti a privatizzare gli Opg, il disagio non è una "merce" di Massimo Lensi (Radicali Italiani) Il Garantista, 20 marzo 2015 Una delle "Rems" toscane (Residenze per l'emissione delle misure di sicurezza), le strutture previste dalla legge 81/2014 per il superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari, sarà nella clinica Villanova, di proprietà di Unipol. Questa struttura privata nella colline sopra Careggi, a Firenze, dovrebbe accogliere gli internati più difficili, i cosiddetti "non dimissibili" (secondo il rapporto di Antigone, in Italia sono 476 gli internati dimissibili, 315 i non dimissibili e 36 i non valutabili), provenienti dall'Opg di Montelupo. Una scelta, quella della regione Toscana, seguita anche in altre regioni, che pone più di un dubbio e solleva qualche timore. L'affidamento al privato-sociale (o addirittura al privato mercantile) modifica non poco l'impianto culturale che sottende il superamento delle strutture giudiziarie per i malati di mente autori di reato. Cambia il luogo di reclusione, certo, le strutture saranno meno fatiscenti e più specializzate, ma allo stesso tempo con la gestione affidata al privato-sociale il rischio di andare incontro a fenomeni di allungamento della degenza per mantenere i finanziamenti, con una presa in carico vitalizia a opera dei servizi psichiatrici, è alta. Non nutriamo dubbi sull'efficienza di una struttura come quella individuata dalla Regione Toscana, ed è vero che l'incertezza che cova dietro a queste Rems in affidamento sia tutta da provare, però va anche detto che si sta correndo un rischio concreto: quello di andare incontro alla creazione di veri e propri mini-Opg privati. La legge 81/2014 con la misura di affidamento ai servizi sociali costituisce un passo in avanti nella riduzione delle misure reclusive totalizzanti, ma, mantenendo inalterato il concetto di pericolosità sociale, non modifica l'essenza della modalità di risoluzione della questione. Ancora quel salto culturale, necessario nella società, per condividere in pieno l'importante novità del superamento degli Opg, non c'è stato. La società, e con essa il legislatore, non è realisticamente pronta. Se nel tempo l'attenzione politica e legislativa si è spostata dalla malattia al malato, dalla pericolosità al disagio, e dalla punizione alla rieducazione, nella società i corpi degli psichiatrizzati e dei carcerati sono rimasti comunque esclusi e imprigionati. Auspichiamo, quindi, per superare concretamente il metodo Opg, la nascita nelle Rems di un forte sistema di cogestione tra il privato-sociale, l'azienda sanitaria e i servizi sociali, dei fondi provenienti dal sistema socio-sanitario, in modo che tutto venga coordinato e deciso collettivamente a misura di paziente. E che sia soprattutto aperto al controllo di una società in evoluzione. Piemonte: Garante; detenuto suicida era in condizioni psicofisiche incompatibili con 41bis www.targatocn.it, 20 marzo 2015 "Il 41bis e l'isolamento diurno non possono non aver inciso sul suicidio dell'ergastolano del Cerialdo di Cuneo". Lo scrive in una nota inviata in redazione il Garante Regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Bruno Mellano a margine della morte di Palmerino Gargiulo. L'avvocato Alessandro Ricci del foro di Perugia, difensore dell'ergastolano Palmerino Gargiulo, il 53enne detenuto presso il carcere del Cerialdo di Cuneo e morto suicida nella propria cella, dove trascorreva le sue ore in solitudine essendo sottoposto a regime di 41bis da tempo, aveva "segnalato le criticità psico-fisiche in cui si trovava e che, a nostro inascoltato avviso, lo rendevano incompatibile con il regime 41-bis. Ma tant'è". Lo scrive in una nota inviata in redazione il Garante Regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Bruno Mellano. "Personalmente - scrive Mellano - non ho avuto segnalazioni dirette o indirette sulla situazione specifica del signor Gargiulo: ho visitato la Casa Circondariale di Cuneo l'11 agosto, il 16 e il 23 dicembre 2014, il 27 febbraio 2015 e sono in contatto con il Direttore Claudio Mazzeo a cui ho già da tempo preannunciato una nuova specifica visita ispettiva che tenga conto dell'interpretazione restrittiva data dal Ministero in merito alla possibilità di effettuare colloqui riservati personali da parte del Garante con i detenuti del 41-bis. Interpretazione che - come coordinamento nazionale dei Garanti - abbiamo contestato direttamente con il Ministro Orlando perché non corrispondente al senso e al ruolo di una figura terza di garanzia, come quella promessa dall'Italia alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. I detenuti possono comunque scrivere missive riservate indirizzate all'Ufficio del Garante. Da Cuneo ho ricevuto la scorsa settimana una decina di telegrammi di detenuti 41bis con richiesta di colloquio che però non potrò effettuare (nelle visite ispettive posso fare una ricognizione della struttura e della situazione logistica senza soffermarmi sulle specifiche situazioni giuridiche) per l'interpretazione restrittiva di una circolare ministeriale che il Direttore è chiamato ad applicare". Il regime del 41bis e tutto quanto compete ai detenuti di questo particolare "carcere nel carcere", supera la competenza territoriale del Provveditorato Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria e della stessa Direzione dell'Istituto che ospita i reclusi. Tutto è deciso a Roma, direttamente dal Dipartimento centrale dell'Amministrazione Penitenziaria, persino la custodia in carcere è assicurata dai Gruppi Operativi Speciali. Palmerino Gargiulo dopo anni di detenzione nel carcere de L'Aquila aveva ottenuto dal Magistrato di Sorveglianza di riferimento la revoca dell'ulteriore aggravio di pena corrispondente all'isolamento diurno. Con il trasferimento a Cuneo, nonostante le richieste in tal senso degli avvocati, era tornato alla condizione dell'isolamento anche diurno, e questo - sostiene il Garante - "indubbiamente non può non aver inciso sulla situazione psico-fisica del detenuto". In Piemonte i detenuti in regime di 41-bis sono 90 a Cuneo e 90 a Novara, ma da tempo si parla di un possibile, probabile spostamento delle due sezioni nelle nuove strutture speciali aperte in Sardegna, in particolare a Cagliari - Uva e a Sassari. "Un suicidio - conclude Mellano - fa sempre, comunque riflettere: una persona che si toglie la vita nel momento in cui si trova "ospite" di una struttura totale come il carcere e in più è sottoposto ad un particolare regime di capillare controllo e limitazione della propria libertà non può che far pensare al fallimento del mandato costituzionale per cui la detenzione è volta al recupero e alla rieducazione del condannato". Lazio: il Garante; con il progetto "L'orto e il viva-Io" si sconfigge la cultura dell'illegalità Il Velino, 20 marzo 2015 Grazie all'innovativo progetto "L'orto e il vivaIo" il Comune di Valmontone (Rm) si appresta a formare e ad avviare al lavoro, nel settore agricolo e florovivaistico, cinque ex detenuti, che si occuperanno della produzione di piantine da orto e piante ornamentali da utilizzare per gli arredi a verde e nei giardini pubblici. L'iniziativa è stata presentata questa mattina nel corso di una conferenza stampa cui hanno partecipato il Presidente del Consiglio Regionale del Lazio Daniele Leodori, il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni, il Sindaco di Valmontone Alberto Latini, il vice Sindaco Eleonora Mattia (delegata alle Politiche Sociali) e l'assessore all'Ambiente Veronica Bernabei. Il progetto "L'orto e il vivaIo" beneficerà di un finanziamento di 50mile euro della Regione Lazio del bando "Innova Tu". L'iniziativa - incentrata sul reinserimento sociale e lavorativo di soggetti a fine detenzione - è stata realizzata insieme alla Cooperativa Sociale Gestcom, alla Cooperativa La Sonnina e all'associazione L'umana Dimora, in sinergia con il carcere di Rebibbia. Su un terreno agricolo comunale sarà realizzata una serra dove i lavoranti, dopo la formazione curata da due tecnici agronomi, produrranno piante da orto ed ornamentali. L'Amministrazione comunale sosterrà il progetto creando un circolo virtuoso che, attraverso la filiera corta, permetterà di creare un mercato per i prodotti del vivaio. Al progetto partecipano anche l'Università Agraria di Valmontone, che fornirà altri terreni, e la Coldiretti Roma, per promuovere con la rete dei Farmer's Market di Campagna Amica i prodotti del vivaio. "Regione Lazio e Comune di Valmontone hanno fatto una scelta coraggiosa - ha detto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni: investire sul recupero degli ex detenuti. Secondo i dati del Dap, a fine 2014, in Italia i detenuti lavoranti erano 14.450 su 54.500 reclusi. L'84% di questi, 12.226 detenuti, lavoravano alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria. Anche se il Lazio è la seconda regione per numero di detenuti lavoranti (1518) dietro la Lombardia (2327) e davanti a Campania (1491) e Sicilia (1189), giudico questi numeri incoraggianti ma insoddisfacenti. Istruzione e lavoro sono le migliori armi a nostra disposizione per sconfiggere la cultura della illegalità e per avviare, in carcere, il percorso di recupero dei detenuti stabilito dall'articolo 27 della Costituzione. Su istruzione e lavoro il Garante ha investito molto: basti pensare che il nostro "Modello Lazio" ha consentito di incrementare, in dieci anni, del 600% il numero di detenuti iscritti all'Università e di avviare al lavoro, tramite le coop sociali oltre mille ex reclusi". "Questo progetto - commenta Eleonora Mattia, vice sindaco e assessore alle politiche sociali - nasce dalla volontà di essere vicini alle situazioni di disagio non con il semplice assistenzialismo bensì creando i presupposti per un recupero reale degli ex detenuti che conduca ad un reinserimento concreto nel mondo del lavoro. L'auspicio è che il vivaio diventi presto autonomo e sia un punto di riferimento per rendere più bella e vivibile Valmontone. e, ancora una volta, l'Amministrazione regionale si è mostrata molto sensibile". "È il nostro modo di interpretare le politiche sociali - sottolinea il sindaco Alberto Latini - ai 5 posti per ex detenuti se ne aggiungono ulteriori 5 con l'altro progetto, anch'esso con la Regione Lazio, per l'inclusione sociale e lavorativa di disabili psichici e fisici di lieve entità che, attraverso i cosiddetti "buoni voucher", potranno prendersi cura della città, sistemando e accudendo parchi e giardini. Un grazie speciale a coloro, professionisti e istituzioni, che ci sono vicini e hanno reso possibile tutto questo". "Con iniziative come questa - conclude l'assessore all'ambiente Veronica Bernabei - riusciamo a coniugare due importanti priorità: il recupero e la valorizzazione delle aree verdi e dei parchi pubblici di questo territorio e, in sinergia con le Politiche Sociali, l'investimento su formazione e occupazione nell'ambito dell'agricoltura e della botanica, aspetti fondamentali nell'economia di una città come la nostra, visto il grande patrimonio di terreni a disposizione". Toscana: il Garante Corleone; a Pistoia convento garantirebbe spazi per la semilibertà Adnkronos, 20 marzo 2015 "Fino ad un paio di anni fa il carcere di Pistoia era quello con il tasso di sovraffollamento più alto, fino a 180 detenuti per una capienza di 64. Oggi siamo scesi a 85 presenze di cui 7 detenuti in semilibertà e 7 ammessi al lavoro esterno". Così interviene il garante regionale dei diritti dei detenuti, Franco Corleone, al termine del sopralluogo di questa mattina. L'istituto penitenziario, costruito negli anni 30, consiste in 4 reparti destinati alla media sicurezza, alla semilibertà, al transito-isolamento ed alla custodia attenuata. Corleone ha sottolineato le migliorie effettuate alla struttura e l'ottimo rapporto che il carcere ha con il Comune, "è stato siglato un protocollo - ha detto il garante - per l'impiego di due detenuti in lavori di pubblica utilità". Il garante ha parlato della ristrutturazione dell'area esterna per i colloqui, un "piccolo giardino degli incontri" e dello spostamento dei locali adibiti alla scuola per dare più spazio all'attività teatrale che "qui - ha detto Corleone - è molto partecipata e seguita dal regista Pedullà". Tra le criticità segnalate, le celle che non sono a misura d'uomo, "troppo piccole, anche con due letti a castello oppure troppo grandi, anche con 9 detenuti". "L'istituto penitenziario farebbe un salto di qualità - ha concluso Corleone - se il Comune gli concedesse in comodato gratuito il convento che si trova vicino al carcere, da utilizzare per le forme di semilibertà, di detenzione alternativa o per progetti di accoglienza". Nel pomeriggio di ieri Corleone ha visitato il carcere di Grosseto, "una microstruttura dalla capienza di 15 detenuti - ha detto - che ne ospita 20, dei quali due in semilibertà". Il garante ha parlato di un progetto del ministero della Difesa, che "sta valutando l'ex caserma Parco Artiglieria di Grosseto dismessa, da destinare a struttura carceraria per 600 posti". "Questa ipotesi - ha detto Corleone - potrebbe rappresentare una soluzione a livello regionale per una redistribuzione delle presenze carcerarie". Sicilia: solo 2 detenuti su 5 lavorano, il Garante dei diritti manca da due anni di Chiara Borzì Quotidiano di Sicilia, 20 marzo 2015 In 266 su una popolazione di 5.932 risultano iscritti ai 28 corsi professionali, in Campania sono 1.278. L'Isola è comunque la quarta regione d'Italia per numero di carcerati lavoranti. La condizione delle carceri siciliane è certamente da considerare tra le più critiche in Italia. I numeri che contraddistinguono il nostro sistema penitenziario sono tra i più alti nel Paese ed è al limite il rapporto tra numero di detenuti ospitati e possibilità di capienza. Con 23 istituti presenti sul territorio la Sicilia ha il numero più alto di carceri in Italia. Continua a pesare in questo contesto l'assenza di un Garante dei Diritti dei Detenuti, una figura assente da quasi due anni. Il Quotidiano di Sicilia lo ha ricordato recentemente, ma già nel mese di gennaio scorso la polemica è tornata ad incalzare con un attacco al presidente della Regione Rosario Crocetta, colpevole di non aver ancora provveduto a nominare un successore all'ultimo garante. All'Ars sono stati alcuni deputati della Lista Musumeci a far notare come: "Tale figura, prevista dalla legge regionale n. 5 del maggio 2005 oggi è importantissima per la riabilitazione sociale del detenuto" considerato che tra i compiti del garante "rientrano la promozione e la agevolazione dell'inserimento lavorativo, il recupero culturale e sociale, la formazione scolastica e universitaria, il sostegno alla famiglia e ai figli minorenni, la vigilanza sull'esercizio dei diritti fondamentali dei detenuti e dei loro familiari". Nel passaggio tra il 2012 e il 2013, grazie all'utilizzo più frequente delle misure alternative alla detenzione, anche all'interno delle carceri siciliane si è registrata una diminuzione delle presenze - tuttavia - questa possibilità non ha costituito una panacea all'interno di un contesto "senza diritti" come quello isolano. Proprio il tema dell'inserimento occupazionale dei detenuti è particolarmente scottante in Regione. Secondo le ultime stime fornite dal Ministero della Giustizia, nelle carceri isolane sono appena 1.097 i detenuti lavoranti su 5.932 presenti. 878 lavorano in servizi d'istituto, nessuno in colonie agricole, 88 nelle cosiddette lavorazioni, 74 nella manutenzione ordinaria dei fabbricati, 57 in servizi extra-murari (ex art.21 L 354/75). Sulla totalità dei detenuti citati, il numero di definiti come "lavoranti" in Sicilia è il quarto più alto in Italia. Il maggior numero di detenuti lavoranti si trova in Lombardia (1.656), poi nel Lazio (1.322), infine in Campania (1.289). Inferiore, invece, il numero di detenuti siciliani iscritti a corsi professionali. Secondo i dati diffusi ancora dal Ministero della Giustizia (secondo semestre del 2014), sono solo 266 gli iscritti ai 28 corsi attivati nelle carceri regionali. Di questi 266, 44 sono composti da detenuti stranieri. A Sud la Campania fa (a differenza della Sicilia) un ottimo utilizzo della possibilità di attivare corsi professionali nelle carceri. Nel secondo semestre dello scorso anno sono stati 97 i corsi attivati e ben 1.278 gli iscritti, di cui 91 stranieri. Come anticipato, ulteriore problema siciliano è l'affollamento delle carceri. All'interno del sistema nazionale sono le carceri del Centro-Nord a dover sostenere una situazione molto critica. In Lombardia sono 7.858 i detenuti presenti per una capienza di 6.057 persone, in Emilia-Romagna i detenuti sono 2.940 per una capienza di 2.793, nel Lazio 5.743 per una capienza di 5.270. Gravi problemi di affollamento si registrano a Sud, in particolare in Campania, dove nelle carceri sono ospiti 7.278 detenuti per una capienza di 6.079. Simile problema si registra in Puglia, regione in cui sono presenti 3.358 detenuti per una capienza regolamentare di 2.376. Da questo contesto la Sicilia è apparentemente esclusa: sono presenti 5.873 detenuti su un totale di 5.932 posti disponibili. Come ha dichiarato in una recente intervista al QdS l'ex Garante dei detenuti per la Sicilia, Salvo Fleres, "la favola della capienza regolamentare e della capienza effettiva è nota da tempo e ormai non ci crede neppure chi la racconta. Il Dap fornisce dati ‘accomodatì che spesso non tengono conto di reparti chiusi o inagibili. E poi, il problema del sovraffollamento è solo uno dei tanti, forse persino il meno grave". Il sovraffollamento è ancora una realtà per alcuni istituti Andando ad analizzare i dati diffusi dal Ministero della Giustizia relativamente alla presenza e la capienza delle carceri provinciali siciliane, si scopre immediatamente come si viva una realtà di reale sovraffollamento. Gli istituti delle grandi città sono tutti soggetti alla problematica. Se nel calcolo complessivo il nostro sistema carcerario non risulta sovraffollato, a livello provinciale si concretizzano singole realtà di grave e gravissimo sovraffollamento. I dati parlano chiaro, su 23 carceri presenti 16 sono in condizione di sovraffollamento. La condizione più grave si registra ad Augusta dove sono presenti 372 posti occupati da 481 detenuti; a Siracusa i presenti sono 435 per 330 posti; al "Pagliarelli" di Palermo 1.212 presenti sono ospitati in 1.182 posti. Nella provincia di Catania entrambi i carceri presenti, "Bicocca" e "Piazza Lanza", sono sovraffollati. Nel primo istituto sono presenti 233 detenuti per soli 138 posti, nel secondo 356 per 313 posti. Termini imerese e Ragusa sono, infine, altri istituti dove il sovraffollamento è una realtà. Secondo quanto ancora diffuso dal Ministero, nel primo carcere sono presenti 110 detenuti per 84 posti, nel carcere ibleo 165 per 139 posti. Milano: suicidio in carcere "non prevedibile", assolte psichiatra e psicologa di Mario Consani Il Giorno, 20 marzo 2015 Non era prevedibile "un rischio suicidario imminente". E solo "un controllo continuo, senza lenzuola, nell'arco di 24 ore" avrebbe forse potuto evitarlo. Ma nemmeno la pubblica accusa ha pensato a un presidio del genere. Non era prevedibile "un rischio suicidario imminente". E solo "un controllo continuo, senza lenzuola, nell'arco di 24 ore" avrebbe forse potuto evitarlo. Ma nemmeno la pubblica accusa ha potuto arrivare ad immaginare un "presidio" del genere, per quel ragazzo. La psicologa e la psichiatra del carcere di San Vittore, del resto, "si erano poste il problema, impegnandosi nella elaborazione di un progetto che rispondesse alle peculiari esigenze del paziente, visto anzitutto come tale, utilizzando le risorse di cui disponevano". Ecco perché entrambe le professioniste sono state assolte tre mesi fa, dalla corte d'appello, dall'accusa di concorso nell'omicidio colposo del giovane Luca Campanale, detenuto a San Vittore ma con gravi problemi psichici, che si tolse la vita nel 2009. Per la Corte, né la psicologa Roberta De Simone, che in primo grado era stata condannata a otto mesi di reclusione, né la psichiatra Maria Marasco, già assolta dal tribunale, avrebbero insomma potuto fare qualcosa di diverso per evitare il suicidio. Per il pm Silvia Perrucci, che sostenne l'accusa nel primo processo, le due professioniste invece non avrebbero fatto nulla di concreto per scongiurare il gesto disperato di quel ragazzo da curare. Però il sostituto procuratore generale Gianni Griguolo, che rappresentava l'accusa in appello, aveva chiesto l'assoluzione di entrambe le imputate. E i giudici - presidente Antonio Nova - hanno dato ragione a quest'ultimo. Nelle motivazioni della sentenza, appena depositate, la Corte valuta che il rischio "connaturato ai limitatissimi margini di libertà lasciati al paziente, derivanti dalla mancata attivazione di un presidio totale" rientrasse nella categoria del "rischio inevitabile". Quella inflitta a suo tempo alla psicologa era stata la prima condanna di un tribunale per un caso di suicidio dietro le sbarre. E pure il ministero della Giustizia era stato condannato a un risarcimento di 500 mila euro alla famiglia di Luca, assistita dall'avvocato Andrea Del Corno. Campobasso: detenuto di 34 anni trovato morto in cella, sarebbe uscito tra pochi mesi Ansa, 20 marzo 2015 Il campobassano Alessandro Ianni è stato ritrovato senza vita dai compagni di cella: scontava una pena per furto ed era stato arrestato dai carabinieri a fine febbraio. Il ragazzo avrebbe avuto un infarto: è probabile che il magistrato disponga l'autopsia per escludere qualunque ipotesi Era stato arrestato dai carabinieri per furto a fine febbraio: un'esecuzione di pena da scontare nel carcere di via Cavour. Pochi mesi e poi Alessandro Ianni, campobassano di 34 anni, sarebbe tornato libero. Purtroppo quella cella è stata l'ultima cosa che ha visto: intorno alle 15 di oggi il ragazzo è deceduto. A dare l'allarme i compagni che hanno chiamato subito gli agenti della polizia penitenziaria e un medico. Morte naturale: sarebbe stato un infarto a stroncare la vita del giovane detenuto per il quale il magistrato potrebbe disporre l'autopsia nel caso in cui una prima ispezione esterna evidenziasse qualche anomalia sul corpo di Ianni. Volterra (Pi): la città si candida ad ospitare detenuti psichiatrici dalla Regione e da fuori Il Tirreno, 20 marzo 2015 La proposta in una lettera del sindaco Buselli a Stefania Saccardi. "Se ce ne fosse bisogno attraverso un accordo tra enti siamo disposti. È la vocazione del nostro territorio". La città dell'alabastro si candida ad ospitare detenuti con disturbi psichici anche da altre regioni d'Italia. A dare questa disponibilità è il sindaco Marco Buselli in una lettera alla vicepresidente della Regione Toscana Stefania Saccardi, in virtù anche dell'idoneità, riconosciuta al territorio da Regione e Asl 5, ad ospitare il modulo residenziale sperimentale (12 posti) ad alta intensità assistenziale per pazienti con disturbi psichici autori di reato. "Dal momento che sembrano solo dieci le Regioni pronte a fare fronte alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari entro il termine del 31 marzo - scrive il primo cittadino - avendo individuato le strutture alternative operative dal primo aprile, sono ad offrire la disponibilità del Comune di Volterra a valutare eventuali esigenze si dovessero presentare in relazione agli adempimenti previsti dalla legge, in Toscana, ma, se la Regione lo dovesse ritenere possibile, anche attraverso accordi con altre Regioni, al momento inadempienti e a rischio commissariamento". "Volterra ha una vocazione all'accoglienza e all'assistenza del paziente psichiatrico - aggiunge nella lettera il sindaco Buselli - consolidata anche in seguito al superamento degli ospedali psichiatrici. L'urgenza, ricordataci anche dall'ex presidente della Repubblica, che ha parlato degli Opg come "luoghi indegni per un Paese appena civile", è dettata anche dal fatto che la data per la chiusura degli Opg si avvicina e che - conclude il primo cittadino - per essere sicuri che venga rispettata, è diventato ormai necessario portare a compimento la riforma studiata dal Governo". L'Asl darà una casa agli ospiti che lasciano l'Opg Gli internati dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo saranno trasferiti a Volterra dove l'Asl 5, con un progetto-lampo redatto il 2 marzo e deliberato nella giornata di ieri, ha dato il via ad un nuovo modulo "residenziale sperimentale ad alta intensità assistenziale per pazienti con disturbi psichiatrici autori di reato". Ci sono già i luoghi e gli spazi: i pazienti saranno ospitati nell'ex padiglione Morel in Borgo San Lazzero, in una porzione inutilizzata che si trova al piano terra. Stiamo parlando di 450 mq dove sono già presenti ambienti per la degenza, ad uso medico e i necessari locali accessori. La nuova struttura, che nei prossimi giorni attende il via libera dalla Regione Toscana, andrà a sostituirsi all'ex Opg soppresso, a partire dal 31 marzo, con la legge 81 del 30 maggio 2014. Volterra diventerà il punto di riferimento per l'intera Area vasta (quella del nord-ovest). I numeri. I lavori di adeguamento del padiglione Morel sono stati già quantificati: serviranno circa 65mila euro per sistemare i locali (si tratta di metterli a norma per poter ospitare autori di reati). Una volta completato l'intervento in Borgo San Lazzero potranno arrivare al massimo fino a 12 pazienti psichiatrici. Altri 800mila euro all'anno invece l'Asl li dovrà spendere per il personale. Ricadute occupazionali. Questo è il punto più interessante. Perché grazie alla riqualificazione del Morel entreranno in servizi nuove figure professionali. Il progetto prevede l'assunzione di sei educatori professionali e tecnici della riabilitazione psichiatrica, uno psicologo clinico, sei infermieri, uno psichiatra a tempo pieno e un part time più altri sei operatori socio sanitari. Insomma, una bella boccata d'ossigeno per la sanità volterrana che a più riprese vive e ha vissuto con lo spetto delle chiusure e dei ridimensionamenti. La presenza del personale (dopo un percorso di formazione) dovrà essere garantita durante tutte le ventiquattro ore. Il cronoprogramma. Il cronoprogramma per l'attivazione della struttura prevede l'adeguamento dei locali entro il 20 marzo; l'assunzione e la formazione del personale entro il 31 marzo; la pianificazione del percorso e la predisposizione delle procedure e dei protocolli entro il 31 marzo; l'avvio del progetto residenziale invece dovrà essere, per forza di cose, l'1 aprile. Infatti, a quella data i pazienti di Montelupo dovranno aver lasciato l'ospedale psichiatrico giudiziale di Montelupo. Gli altri pazienti. Il progetto prevede anche che il padiglione Morel possa ospitare i pazienti dimissibili dalla Rems (Residenza per Esecuzione di misure di sicurezza) per cui è venuta meno la necessità della misura detentiva pur permanendo l'applicazione di misure di sicurezza ma anche i pazienti autori di reato provenienti dal territorio per i quali l'Autorità Giudiziaria dispone l'invio in struttura per trattamenti riabilitativi con misure di libertà vigilata attenuata ma non di tipo detentivo in alternativa al carcere o alla misura detentiva nella Rems. Le aree di intervento. Le aree di intervento su cui il personale dovrà lavorare riguardano l'area clinica e psichiatrica (monitoraggio delle condizioni psicopatologiche), l'area psicologica (interventi psicologici e psicoeducativi), l'area riabilitativa (che prevede interventi strutturati sia individuali che di gruppo. La durata massima del programma di riabilitazione non dovrà essere superiore ai 18 mesi prorogabile di sei mesi con motivazione scritta e concordata con il Centro di salute mentale di riferimento. Sì a detenuti anche fuori Toscana Volterra è disponibile ad ospitare detenuti con disturbi psichici provenienti anche da altre regioni italiane. È la disponibilità offerta dal sindaco della città etrusca, Marco Buselli, in una lettera inviata alla vicepresidente della Regione Toscana, Stefania Saccardi, in virtù anche dell'idoneità, riconosciuta al territorio volterrano da Regione e Asl 5, a ospitare il modulo residenziale sperimentale (12 posti) ad alta intensità assistenziale per pazienti con disturbi psichici autori di reato. "Dal momento che sembrano solo dieci le Regioni pronte a fare fronte alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari entro il termine del 31 marzo - scrive il primo cittadino - avendo individuato le strutture alternative operative dal primo aprile, offro la disponibilità del Comune di Volterra a valutare eventuali esigenze si dovessero presentare in relazione agli adempimenti previsti dalla legge, in Toscana, ma, se la Regione lo dovesse ritenere possibile, anche attraverso accordi con altre Regioni, al momento inadempienti e a rischio commissariamento. Volterra ha una vocazione all'accoglienza e all'assistenza del paziente psichiatrico consolidata anche in seguito al superamento degli Ospedali Psichiatrici. L'urgenza, ricordataci anche dall'ex presidente della Repubblica, che ha parlato degli Opg come "luoghi indegni per un Paese appena civile", è dettata anche dal fatto che la data per la chiusura degli Opg si avvicina e che è diventato ormai necessario portare a compimento la riforma studiata dal Governo". Busto Arsizio: tenta il suicidio e picchia gli agenti, trasferito lo sparatore della caserma www.varesenews.it, 20 marzo 2015 La denuncia del sindacato autonomo di polizia penitenziaria: "Marchese ha ferito diversi agenti e ha tentato di togliersi la vita in cella". Per il direttore Sorrentini si sarebbe trattato di una simulazione. Salvatore Marchese, l'uomo arrestato per aver sparato a tre carabinieri all'interno della caserma di Gallarate, torna ad essere protagonista della cronaca. Fino a ieri detenuto all'interno del carcere di Busto Arsizio, dopo la convalida dell'arresto da parte del giudice per le indagini preliminari Nicoletta Guerrero, da oggi è stato trasferito nel carcere di San Vittore dopo che ha tentato di suicidarsi con un lenzuolo e ha aggredito gli agenti di Polizia Penitenziaria intervenuti. La notizia è stata diffusa dal segretario del Sappe Donato Capece: "Marchese ha aggredito in più occasioni alcuni poliziotti penitenziari (uno dei quali necessita di intervento chirurgico) e poi ha tentato in suicidio in cella". Capece sottolinea che il fatto è accaduto in questi ultimi giorni, anche se "fin dal primo ingresso in carcere l'uomo è apparso da subito agitato e scontroso. Domenica ha prima colpito con un pugno al volto l'Agente di servizio sul piano detentivo, senza alcuna ragione: poi si è rifiutato di entrare in cella dopo la doccia ed i passeggi. Ieri, mercoledì, prima ha tentato il suicidio impiccandosi e poi, una volta fermato in tempo dai poliziotti, ha picchiato un ispettore che lo stava accompagnando in infermeria e tre agenti, uno dei quali deve ora essere operato", spiega Capece, che plaude "alla professionalità dei poliziotti che hanno impedito conseguenze più gravi" ed esprime loro "solidarietà e vicinanza". Il direttore del carcere bustocco Orazio Sorrentini ha confermato la circostanza ma anche sottolineato che "il tentativo di suicidio è stata una simulazione e che non vi era la reale intenzione di togliersi la vita". Il Sindacato autonomo denuncia che "il carcere di Busto Arsizio risulta sulla carta coperto da servizio psichiatrico, ma a febbraio si è dimesso il medico psichiatra ed il servizio non è pertanto assicurato". E mette in evidenza "la professionalità, la competenza e l'umanità che ogni giorno contraddistingue l'operato delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria con tutti i detenuti per garantire una carcerazione umana ed attenta pur in presenza ormai da anni di oggettive difficoltà operative, le gravi carenze di organico di poliziotti, le strutture spesso inadeguate. Attenti e sensibili, noi poliziotti penitenziari, alle difficoltà di tutti i detenuti, indipendentemente dalle condizioni sociali o dalla gravità del reato commesso. Per questo le aggressioni che subiamo, come quelle di Busto Arsizio, sono gravissime, inaccettabili e vergognose". Genova: carcere Pontedecimo, comandante e poliziotti aggrediti con pugnale artigianale www.genova24.it, 20 marzo 2015 "È accaduto intorno alle ore 13 di ieri nel carcere di Pontedecimo, quando un detenuto magrebino non nuovo a questi episodi, si è prima barricato in cella, poi in bagno, tanto che è intervenuto il Comandante del Reparto, che prima ha cercato, invano, di riportare alla calma il detenuto, poi con l'ausilio dei suoi uomini è riuscito ad entrare in camera. All'improvviso, però, il comandante è stato aggredito con un attrezzo rudimentale, tipo pugnale, ricavato dai suppellettili della cella. Solo grazie all'intervento dei Poliziotti Penitenziari, presenti sul posto si è potuto evitare il peggio". La denuncia parte da Fabio Pagani, segretario Regionale della Uil Penitenziati. "Non solo esprimiamo la nostra totale vicinanza al Comandante e ai Poliziotti Penitenziari rimasti feriti, che trasportati al Pronto Soccorso hanno riportato prognosi guaribili in 5 giorni, ma ribadiamo che nel 2014 gli episodi di aggressione ammontano a 389 per un totale di circa 420 operatori feriti, di cui circa 130 hanno riportato prognosi superiori ai 7 giorni". Pagani calcola un costo pari a circa 180 mila euro per le 1500 giornate di malattia di agenti penitenziari diagnosticate a seguito delle lesioni riportate a causa delle aggressioni. "Ogni aggressione subita da un poliziotto penitenziario nelle prime linee delle frontiere penitenziarie è da considerarsi una aggressione allo Stato - conclude. Chiediamo al Dap che nei confronti dei detenuti violenti si adottino misure esemplari che, nel pieno rispetto della legge e di ogni garanzia, rendano più stringente il regime detentivo a cui devono essere sottoposti". Firenze: Opg, conto alla rovescia per la chiusura di Montelupo di Laura Montanari La Repubblica, 20 marzo 2015 Dove andranno i pazienti, cosa ne sarà della struttura che ha ospitato il più vecchio ospedale psichiatrico giudiziario d'Italia. Non sarà facile dimenticare quei corridoi con le pareti sudice e le grida, il rumore delle ciabatte trascinate lungo i pavimenti, le pance, i pigiami abbottonati male. Non sarà facile credere che l'Opg di Montelupo che nel 2010 aveva scandalizzato l'allora presidente della commissione sanità in Parlamento Ignazio Marino dal 31 marzo sarà davvero vuoto. Disabitato come un capitolo finito, una storia che ci buttiamo alle spalle. "Va chiuso, c'è un sovraffollamento disumano - disse quattro anni fa Marino. In una cella c'erano fino a nove pazienti con uno spazio di tre metri quadrati a testa". Dal 2010 a oggi diverse cose sono cambiate: "Finalmente lo chiudono" dice il consigliere regionale del Pd Enzo Brogi, uno che ha fatto numerose battaglie su questo fronte assieme al presidente della Regione Enrico Rossi. "Non cura e non guarisce - attacca Brogi - È di fatto ancora qualcosa che ricorda il manicomio e i manicomi dovevano essere aboliti da un pezzo" attacca Brogi. Oggi a Montelupo, primo manicomio criminale della storia d'Italia, ci sono ancora 113 pazienti, dagli uxoricidi ai matricidi ad altri che hanno disturbi psichiatrici gravi, sdoppiamenti della personalità e altro. Di quei 113 poco meno di una cinquantina sono i toscani, gli altri torneranno nelle regioni di provenienza come prevede la normativa. Ma cosa sostituirà l'Opg di Montelupo in Toscana? Diverse strutture: "La Regione - spiega l'assessore alla sanità Luigi Marroni - ha già individuato dove realizzare i centri intermedi, quelli in cui la sorveglianza è attenuata ed è prevalente la presenza del personale psichiatrico e medico in generale". 12 posti letto a Volterra (Pisa), 4 a Badia San Salvatore (Siena), 4 ad Arezzo. La vera incognita però è un'altra e si chiama Rems, ovvero le residenze per l'esecuzione della misura di sicurezza sanitaria. "Decidiamo a giorni dove aprirle in Toscana - riprende l'assessore Marroni - ma abbiamo avuto difficoltà perché sul territorio sono accolte mal volentieri". Perché tutti a parole dicono che questi pazienti-detenuti devono uscire dagli Opg, ma poi quando si tratta di aprire la porta di casa, il sospetto, la paura, se non qualche volta una vera e propria ostilità della gente consiglia agli amministratori linee di prudenza. "È così dovunque in Italia" precisa l'assessore. Vero, ma colpisce che sia così anche in Toscana. "Le Rems sono residenze che non hanno nulla a che fare con il vecchio Opg a cominciare dal fatto che sono alle dipendenze del ministero della sanità e non più di quello della giustizia - osserva ancora Enzo Brogi, non hanno guardie armate e al massimo posso ospitare fino a venti pazienti". Niente a che vedere con l'assembramento degli ospedali psichiatrici giudiziari. Degli ospiti dell'Opg a Montelupo 5 o 6 andranno in carcere, gli altri divisi fra Rems e strutture intermedie. Si apre anche un'altra partita, cosa fare di villa l'Ambrogiana costruita a fine Cinquecento da Ferdinando I dei Medici? era la sua preferita tra ville di campagna della famiglia: era residenza di caccia, un avamposto militare, una fortezza dall'aspetto severo e per certi versi sinistro. Nel XVII secolo Ferdinando II l'ampliò e vi fece aggiungere un bel giardino all'italiana che tuttora esiste. La villa è diventata manicomio criminale nel 1866, il primo del Regno d'Italia e dal 1975 ospedale psichiatrico giudiziario:,40 anni dopo cosa diventerà? Un resort? Un hotel, un museo o altro? Il futuro per ora è una serie di ipotesi senza strade segnate. Aversa (Ce): Opg, chiusura fra dieci giorni, un piano per la destinazione dei 19 internati di Nicola Rosselli Il Mattino, 20 marzo 2015 Stop all'ospedale Psichiatrico Filippo Saporito di Aversa. La struttura aversana, così come tutti gli altri cinque Opg sparsi sul territorio nazionale, a far data dal prossimo31 marzo, salvo l'ennesimo ripensamento in extremis, come già avvenuto negli ultimi due anni alle relative scadenze, chiuderà. Intanto, nel complesso, la cui imponente mole è stata dimezzata con la sottrazione del Castello Aragonese, che ospita dal settembre del 2013 il nuovo tribunale di Napoli Nord, si lavora in vi sta della data del turn off. In questo senso deve essere letta anche la visita di una delegazione della commissione igiene e sanità del Senato, guidata dal senatore aversano Lucio Romano, presso l'Opg di Aversa per lunedì 23 marzo prossimo, praticamente ad una settimana dalla chiusura. Una delegazione di tre senatori, accompagnati da un funzionario di palazzo Madama e da due carabinieri dei Nas che collaborano con la commissione, sarà, infatti, ad Aversa per effettuare un sopralluogo alla struttura e per incontrare in audizione sul posto: Tommaso Contestabile, Provveditore regionale amministrazione penitenziaria; Gaetano Danzi, Commissario Asl Caserta; Antonio Di Matteo, Magistrato di Sorveglianza, Tribunale di Sorveglianza di Napoli; Fedele Marnano, Direttore Dipartimento Salute Mentale - Asl Napoli 1 centro; Giuseppe Nese, direttore Uoc tutela della salute in carcere presso Asl di Caserta e rappresentante Regione Campania in organismo di coordinamento su Opg. Proprio il commissario dell'Asl di Caserta Danzi, interpellato in merito alla stato dell'arte in vista della oramai imminente scadenza, ha dichiarato: "Credo che la nostra Asl si tra le migliori per quanto riguarda l'allestimento delle strutture che andranno ad ospitare gli internati dell'ospedale psichiatrico Saporito di Aversa di nostra competenza". Internati che, al momento, come ancora Danzi rende noto, sono diciannove. Le strutture disponibili a partire dal prossimo primo aprile ed in via provvisoria sono state già predisposte nel territorio del comune di Roccaromana, località Stangliano con una disponibilità di venti posti. Una seconda struttura è presente a Mondragone e prevede otto posti. "Come si vede - ha continuato Danzi - si tratta di posti in più rispetto al fabbisogno della nostra Asl che saranno messi a disposizione di degenti di altre Asl della Regione Campania" La sistemazione definitiva con la disponibilità di una residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) si avrà entro il prossimo 31 agosto con l'apertura della struttura di Calvi Risorta che prevede la possibilità di ospitare venti degenti. Tra questi vi sarà certamente, perché per lui non si prevede una dimissione in tempi brevi, il famigerato mostro di Posillipo, al secolo Andrea Rea, 59 anni, di Napoli, oggi certamente il detenuto più noto presente nel Saporito. Al suo attivo una escalation di violenze tra cui stupri e omicidi. Firenze: Opg Montelupo; internato ingoia batterie, dà fuoco alla cella e picchia compagni www.firenzetoday.it, 20 marzo 2015 "Sono stati momenti di alta tensione, gestiti al meglio dal personale di Polizia Penitenziaria che con grande professionalità ha impedito conseguenze più gravi all'interno dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario". Prima ha ingoiato delle batterie, poi ha dato fuoco alla cella e infine ha aggredito due compagni di detenzione. L'episodio si è verificato martedì scorso nell'Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino. A darne notizia è Donato Capece, segretario generale Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. "Sono stati momenti di alta tensione, gestiti al meglio dal personale di Polizia Penitenziaria che con grande professionalità ha impedito conseguenze più gravi all'interno dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario. Ma questo aiuta a capire quali soggetti finiranno sul territorio con la chiusura degli Opg", commenta il leader del Sappe. Che sul tema della chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari rileva come sia "assurdo che si sia perso così tanto tempo e vi siano ancora tante incertezze sul dove e come saranno successivamente custoditi i malati di mente che sono oggi detenuti nelle varie strutture. E l'Amministrazione Penitenziaria è colpevolmente silente su questo tema e si guarda bene dall'informare i Sindacati anche sul futuro lavorativo dei poliziotti impegnati negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari". Imperia: dopo divieto di visitare il carcere, esposto del Sappe al Ministero della Giustizia www.sanremonews.it, 20 marzo 2015 Il Segretario Generale Donato Capece: "Auspichiamo che il Ministero della Giustizia adotti gli opportuni provvedimenti contro l'intimidazione da noi subìta" È giunto sul tavolo del Vice Ministro della Giustizia, Enrico Costa, che detiene la delega sugli atti relativi al Corpo di Polizia Penitenziaria, l'esposto del SAPPE dopo che lunedì pomeriggio è stato vietato a una delegazione del Sindacato dei Baschi Azzurri di visitare il carcere di Imperia unitamente al Consigliere Regionale Marco Scajola (Fi). "È inutile che il direttore plenipotenziario delle carceri di Sanremo e Imperia tenti di scaricare le colpe di quel che è successo sul Provveditorato regionale. La responsabilità di quel che è successo è solo ed esclusivamente sua e per questo auspichiamo che il Ministero della Giustizia adotti gli opportuni provvedimenti contro l'intimidazione subìta dal sappe", tuona da Roma il Segretario Generale Sappe Donato Capece. "I Consiglieri Regionali, come i parlamentari, non hanno bisogno di alcuna autorizzazione per entrare in carcere. E non entrano solamente per vedere i detenuti, come ha sostenuto sui giornali Frontirrè, ma tutti, poliziotti compresi. La delegazione sindacale del Sappe era in possesso di regolare autorizzazione, ma è stata fatta attendere fuori dal carcere evidentemente per ostacolarne l'attività. Lo conferma lo stesso Frontirrè, quando dice che "c'era un ispettore a disposizione per accompagnare la delegazione". Ma quale ispettore? Dev'essere il direttore del carcere a ricevere ed accompagnare qualsiasi delegazione sindacale che va a visitare il penitenziario: le disposizioni dell'Amministrazione penitenziaria sono chiare per tutti. Forse non per Frontirrè, che evidentemente è assuefatto da più di 25 anni sempre e solo in servizio a Sanremo e Imperia". Nel documento al vice Ministro Costa, il Sappe riconduce il grave episodio in una palese ostilità verso il primo Sindacato dei Baschi Azzurri "che ha contestato e contesterà i metodi gestionali della direzione dei predetti istituti, poggiati solo su personalismo, privi di dialettica e di confronto sindacale: un'ostilità già evidenziata in precorsa corrispondenza. Evidentemente l'occasione dell'annunciata ma negata visita del Sappe nel carcere di Imperia si è dimostrata propizia per evidenziare la massima ostilità nei nostri confronti". Il Sappe ha già dato mandato allo Studio legale per un esposto anche al Giudice del Lavoro per la repressione della condotta antisindacale di Frontirrè, secondo quanto previsto dallo Statuto dei lavoratori. Imperia: Sappe; in carcere ascensori rotti, i detenuti fanno passare cibo attraverso le scale www.sanremonews.it, 20 marzo 2015 "Come Sappe gridiamo allo scandalo... e aggiungiamo che la sicurezza è anche quella intesa come salvaguardia e tutela fisica di chi è chiamato ad espiare una pena" - ha detto Michele Balestra. "Avendo raccolto lamentele sia del personale in divisa che di quello dell'area sanitaria attiva nel penitenziario dobbiamo segnalare che, la struttura è molto sporca e oltre a questo elemento si è aggiunta la rottura da circa due mesi degli ascensori colleganti i reparti detentivi con maggiore portata numerica di detenuti". La denuncia arriva da Michele Balestra, segretario provinciale del Sappe in merito alle condizioni in cui verserebbe il carcere di Sanremo. "Si registra in pratica che il cibo e i medicinali devono fare transito attraverso le trombe delle scale con passaggio manuale e a mezzo di forza delle braccia di qualche detenuto di turno - afferma. Ultimamente il passaggio dei medicinali per il giro della terapia serale e mattutino, senza badare alla sicurezza interna, avviene attraverso l'aiuto di qualche detenuto di buona volontà che in orario extra regolamentare viene aperto dalla propria camera per consentire di trasportare le medicine presso i reparti ordinari e dei piani alti". "Come Sappe riteniamo troppo scarsa l'attenzione da parte della Direzione che da due mesi è a conoscenza della grave problematica e nulla fa per risistemare il funzionamento degli ascensori, ma noi siamo fortemente preoccupati di questo vistoso lassismo. Come se non bastasse, ci chiediamo a tal proposito: in caso di emergenza e di tempestività al soccorso di qualche soggetto detenuto ed allocato ai piani superiori, come potrebbe mai essere garantita la tempestività di intervento a favore di questi? Come Sappe gridiamo allo scandalo... e aggiungiamo che la sicurezza è anche quella intesa come salvaguardia e tutela fisica di chi è chiamato ad espiare una pena". Napoli: a Poggioreale, maccheroni al forno e arrosto per pranzo del Papa con i detenuti Adnkronos, 20 marzo 2015 È grande l'attesa nel carcere di Poggioreale per la visita di Papa Francesco. Bergoglio sarà sabato a Napoli e pranzerà con i detenuti, che cucineranno per lui maccheroni al forno e arrosto. "C'è un clima di gioia, fermento e grande trepidazione perché la visita del Papa è una festa" dice all'Adnkronos Antonio Fullone, direttore del carcere di Poggioreale. Emblematiche di questa attesa "che si tocca con mano, sono le parole di una persona che ha commentato: sabato sarò contento di essere detenuto qui a Poggioreale". Questo - sottolinea il direttore del carcere - è un po' la sintesi del sentimento e dello stato d'animo con cui si attende questo momento". "Abbiamo già provveduto ad allestire all'interno della nostra chiesa la tavolata che ospiterà il pranzo con il Papa, al quale prenderanno parte circa 120 detenuti - dice Fullone - Il pranzo sarà preparato qui in istituto da detenuti che già lavorano presso le nostre cucine. Saranno questi detenuti a cucinare sotto la guida di una persona esterna che sta facendo un corso con loro". Ci sarà anche "una rappresentanza di detenuti di Secondigliano, dell'Opg di Napoli e dell'istituto per minori di Nisida - dice Fullone - Qui a Poggioreale i detenuti sono stati scelti per sorteggio tra coloro che all'interno del carcere frequentano i corsi di catechesi. Le persone che partecipano ai corsi sono infatti di più rispetto ai posti disponibili. Questo è un istituto che al momento conta 1900 detenuti". È prevista inoltre "la presenza di 200-300 detenuti all'esterno della chiesa proprio per allargare la platea di persone con cui il Papa potrà avere un contatto". Poi l'anticipazione sul menù, che comprenderà "maccheroni al forno e arrosto con patate e broccoli, ma sui contorni c'è ancora qualche dubbio. Per concludere un ricco buffet di dolci napoletani". Ferrara: lo sport in carcere per tornare liberi progetto di risocializzazione ideato dal Coni www.estense.com, 20 marzo 2015 "Tutti sbagliamo, ho sempre pensato che il vero campione si vede nella sconfitta, quando impara dagli errori e ritorna a vincere". Alessandro Duran, uno che può vantare due titoli mondiali Wbu, tre titoli europei e cinque italiani nella boxe (pesi welter) ha scelto le parole giuste per parlare del progetto sportivo creato dal Coni e dall'amministrazione della Casa circondariale di Ferrara a favore dei detenuti. Un progetto per aiutare a ritrovare la strada a chi, almeno una volta, ha subito una bella batosta dalla vita, ha commesso almeno un errore da cui imparare e, appunto, rimettersi in gioco. Non è un caso che durante la presentazione del progetto tenutasi all'Arginone giovedì mattina, che prevede l'apertura di una nuova palestra per i detenuti e diversi corsi (dalle boxe alla pallamano, passando per il la difesa personale e il ju-jitsu), le parole migliori siano quelle di due sportivi, due campioni come i fratelli Duran. "Dove c'è sport c'è anche un concetto di vita sana e con delle regole - spiega Massimiliano, campione del mondo dei pesi massimi-leggeri dal 27 luglio 1990 al 20 luglio 1991. È giusto dare un'opportunità e un aiuto ai detenuti, soprattutto in una società come quella odierna dove l'integrazione è sempre più difficile". "Noi crediamo nell'umanizzazione e nella rieducazione dei detenuti, la pena deve tendere a questo", afferma Paolo Malato, direttore della Casa Circondariale, verso il quale non mancano i ringraziamenti e i complimenti da parte del provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria Pietro Buffa: "Ho visto davvero tanto entusiasmo, Malato mi ha accolto come un ragazzino pieno di entusiasmo e quello che inauguriamo oggi è molto importante affinché il carcere diventi più dignitoso e più umano. Ferrara - sottolinea Buffa - è un esempio di sforzo per aumentare l'umanizzazione del carcere e posso garantire che non è facile". "È solo un tassello di un discorso che vorremmo si protraesse nel tempo", afferma Luciana Boschetti Pareschi, delegato provinciale del Coni Point di Ferrara. All'interno della Casa Circondariale, tramite operatori incaricati dal Coni Ferrara saranno strutturati svariati interventi attraverso corsi di ginnastica, di avviamento al gioco della pallamano, un torneo di boxe e collaborazioni per il reinserimento sociale. Alle nuove attività sportive parteciperà circa l'80% dei detenuti comuni - sono esclusi, per ovvie ragioni, i collaboratori di giustizia, i terroristi o quelli sottoposti a regimi di detenzione particolare - e, sottolinea il commissario del reparto di polizia penitenziaria Paolo Teducci, "il progetto ha calamitato l'attenzione e l'apprezzamento da parte del personale di polizia penitenziaria, ovvero le persone che stanno ogni giorno al fianco dei detenuti". La mattinata si è conclusa con l'esibizione di boxe, davanti a una nutrita platea di detenuti, di Alessandro Caccia (neo campione internazionale latino Wbc e Mattia Musacchi (pugile neo professionista). Benevento: oggi la Giornata mondiale del teatro alla Casa circondariale www.ottopagine.it, 20 marzo 2015 Venerdì dalle 10 alle 13, presso l'Istituto Penitenziario di Benevento, in occasione della "Giornata mondiale del teatro", l'associazione culturale Motus e la Solot Compagnia Stabile di Benevento, in collaborazione con la Casa Circondariale di Benevento, propongono una open class sul teatro sociale. Tale iniziativa s'inserisce nell'ambito delle attività previste dal progetto "Limiti", finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale, tra i vincitori dell'avviso pubblico "Giovani per il sociale". Teatro per comprendere i limiti, questo il leit motiv della giornata, che vedrà protagonisti i detenuti attori e gli operatori culturali impegnati all'interno della Casa Circondariale di Benevento, già dal mese di gennaio, nel progetto "Limiti". Dalla tradizione del circo il cui spettacolo si svolge sulla cosiddetta "pista" e del teatro di strada che dà vita al "cerchio", l'idea è quella di vedere da vicino, superando la tradizionale barriera tra spettatore e attante, i giovani detenuti attori alle prese con le "prove" di uno spettacolo che porteranno in scena il prossimo giugno. A questo si aggiungeranno piccole esibizioni e giochi teatrali che vedranno coinvolti, accanto ai detenuti, gli operatori della Motus e della Solot, nonché il pubblico presente. Riflettere sul concetto di "limite" attraverso la pratica teatrale; provare a mettere in scena uno spettacolo; seguire ciò che avviene attraverso l'occhio attento di una telecamera; trarre dalle immagini raccolte un docufilm e dalle parole sussurrate, a volte rubate o dette esplicitamente, un diario di bordo; confrontarsi pian piano con il pubblico esterno attraverso una serie di incontri diretti, questo sì, ma anche e soprattutto attraverso la creazione e gestione del portale "Senza Cravatta", una piattaforma culturale web, che verrà resa attiva ufficialmente, proprio in occasione della Giornata del 27 marzo. Curatore del portale sarà Simone Pacini, già creatore del blog fattiditeatro e collaboratore del festival Volterra Teatro. SenzaCravatta è un blog in cui teatro, socialità e cultura convivono: è un network per l'informazione e la formazione sullo spettacolo dal vivo attraverso il racconto e la lettura. È una piattaforma che permette di conoscere e condividere i processi e i cambiamenti del settore. È rivolto a operatori e fruitori del mondo dello spettacolo dal vivo e più nello specifico del teatro. Ha come obiettivo quello di promuovere e monitorare l'evoluzione del patrimonio teatrale e dello spettacolo dal vivo; quindi agevolarne la sua fruizione, diffusione, conservazione, tutela e valorizzazione e di conseguenza creare la prima "community dello spettacolo dal vivo in Italia". Il primo progetto sostenuto e curato dal portale sarà quindi #LimitiBN: l'obiettivo è quello di far partecipare, da protagonisti, tutti coloro che sono coinvolti o che semplicemente sono interessati alle tematiche affrontate dal progetto, narrando la propria esperienza; un "vettore" di collegamento ideale e materiale fra tutti coloro i quali lavorano e sono interessati direttamente e indirettamente come operatori, ex detenuti, famiglie dei detenuti, docenti, studenti. Il sito web sarà utile per monitorare il percorso di ogni detenuto e degli operatori teatrali coinvolti. Le attività svolte verranno costantemente archiviate nel sito. Ogni detenuto e ogni operatore sarà conosciuto e ci porterà a scoprire dall'interno il suo lavoro e il suo percorso nel laboratorio raccontando il tutto dal suo punto di vista. #LimitiBN rientra all'interno della categoria "Senza Cravatta Sociale" nella quale si aggiungeranno tutti i progetti di coloro che avranno voglia di raccontare e condividere la propria esperienza di teatro sociale. Ravenna: per la prima volata la Festa del papà arriva all'interno della Casa circondariale www.ravennanotizie.it, 20 marzo 2015 Ieri per la prima volta si è svolta all'interno della Casa Circondariale la Festa del Papà che si inserisce nelle iniziative promosse dall'Amministrazione Penitenziaria in favore della popolazione detenuta, volte ad alleviare la condizione restrittiva e a facilitare il rapporto tra genitori detenuti e famiglie. L'evento, organizzato presso la sala colloqui dell'Istituto, attrezzata per l'occasione, è stato reso possibile grazie alla collaborazione del Comune-Asp di Ravenna, del Club Arti e Mestieri, dei Clubs Lions di Ravenna e Cervia, dell'Associazione Nazionale Pizzaioli e Ristoratori, della Caritas, Comitato Cittadino Antidroga, Magicamente Clown, Comitato Pro Detenuti e Famiglie, del Consorzio Coop. Solco e del Cappellano dell'Istituto. "Grazie, infatti, alla loro opera - fa sapere Carla de Lorenzo, direttrice del penitenziario ravennate - si è riusciti a realizzare un brunch, consentendo ai detenuti di consumare un pasto con le proprie famiglie preparato interamente da altri detenuti che frequentano i corsi di pizza e piadina. Da tempo infatti è possibile proseguire con l'attività formativa di pizzaiolo grazie all'attenzione verso i ristretti da parte dei Clubs Lions Ravenna e Cervia che finanziano l'iniziativa per l'intero anno. La giornata è stata altresi animata, in un clima di grande emozione, dalla partecipazione di clown, truccatori per bimbi e burattini. Al termine della giornata è stato regalato ad ogni bimbo un uovo di Pasqua ed ad ogni mamma un mazzolino di fiori". Bologna: la Garante promuove un incontro tra Don Luigi Ciotti e i detenuti della Dozza Ristretti Orizzonti, 20 marzo 2015 Nell'ambito delle iniziative previste per la "20° Giornata dell'Impegno e della Memoria in ricordo delle vittime delle mafie" promossa da Libera, mercoledì 18 marzo si è tenuto a Bologna un incontro tra Don Luigi Ciotti e i detenuti della Casa Circondariale "Dozza". L'iniziativa è stata promossa da Elisabetta Laganà, Garante per i diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna. L'incontro ha avuto per temi la legalità, il rispetto dei diritti, il carcere come extrema ratio e il diritto/bisogno della persona di avere una possibilità di riparazione all'errore commesso. Il messaggio di Don Ciotti è sempre nuovo e non è mai settoriale: che si rivolga alle vittime di reato o agli autori, che parli al singolo o alla società, rimarca costantemente il senso di responsabilità individuale che non deve cedere il passo né all'impotenza né alla rassegnazione. L'iniziativa, che si è svolta attraverso un dialogo diretto con i detenuti, ha permesso di confrontare reciprocamente parti di vita vissuta, nell'ottica della disamina dell'errore che può verificarsi in ciascuna vita ma nella necessità che vi sia una possibilità di riscatto. Il tema della dignità della vita e della necessità di una carcerazione rispettosa dei diritti è stato quindi articolato nelle sue varie espressioni, ed ha toccato tutte le parti coinvolte: le persone detenute, gli operatori, il volontariato. La Direttrice della Casa Circondariale Dott.ssa Claudia Clementi e tutto lo staff, hanno aderito sin da subito alla possibilità di realizzare l'iniziativa. Se il carcere è, come è, una delle parti del tessuto sociale cittadino, è importante che gli eventi e le iniziative realizzati in città possano vedere coinvolgimento e partecipazione anche da parte delle persone detenute. Caserta: il 27 marzo si terrà un concerto per celebrare la "chiusura" dell'Opg di Aversa Ansa, 20 marzo 2015 Un concerto per celebrare la "chiusura" dell'Opg di Aversa (Caserta), uno dei sei rimasti in Italia insieme a quello di Napoli. La legge pone il 31 marzo prossimo come data ultima per porre fine all'esperienza degli ospedali psichiatrici giudiziari con il trasferimento degli internati in Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) che nel Casertano però non sono ancora operative. L'evento è in programma per il 27 marzo (ore 17.30) alla presenza del vescovo di Aversa, Angelo Spinillo, che officerà prima il Precetto Pasquale. La manifestazione, organizzata all'Associazione Casmu, ha ottenuto il patrocinio dell'Amministrazione comunale di Aversa guidata dal Sindaco Giuseppe Sagliocco, che nei mesi scorsi, ha dato vita ad un progetto che ha coinvolto alcuni dei quasi 100 internati della struttura che sono stati impiegati in lavori di pubblica utilità; in particolare hanno tinteggiato le pareti delle sale dell'ex macello e della stazione dei Carabinieri di Aversa. India: ministro Pinotti su caso marò "stop a presenza militari italiani su navi mercantili" Corriere della Sera, 20 marzo 2015 Il ministro annuncia anche la fine della partecipazione italiana alla missione antipirateria della Nato. Gentiloni: "Per Latorre e Girone sollecitato intervento dell'Onu". Mai più casi come quelli dei Marò: "Abbiamo deciso di terminare nei prossimi mesi le attività dei nuclei militari di protezione imbarcati su navi mercantili italiane" per il contrasto della pirateria, ha detto il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, informando che è stato deciso anche di terminare "la nostra partecipazione alla operazione antipirateria Nato". La fine di queste missioni, che risponde anche a richieste da diverse parti politiche, è dovuta anche alla "significativa diminuzione degli attacchi, e al ricorso sempre più esteso a compagnie private di sicurezza" da parte delle compagnie di navigazione, ha spiegato il ministro Pinotti. Il caso marò, da tre anni protagonisti di un'odissea giudiziaria di cui non si vede la fine. è solo uno dei milioni in attesa di giustizia dal tortuoso sistema indiano. Secondo dati presentati in Parlamento nel 2013, sono 30 milioni i processi in attesa di giudizio nei vari tribunali indiani. L'ultimo rinvio ha spostato l'udienza al primo luglio. Giovedì il ministro Gentiloni ha spiegato in commissione che per il caso marò "continuano i contatti tra i due governi per cercare una soluzione concordata", ma il "protrarsi della vicenda è inaccettabile" e una soluzione va trovata "a breve". Il ministro degli Esteri ha spiegato che il governo italiano ha di nuovo "sollecitato" un intervento di Ban Ki-moon nella vicenda e che il segretario generale dell'Onu "si è riservato di farlo nelle prossime settimane". Pakistan: pena di morte; eseguite altre 4 condanne, 52 esecuzioni da fine moratoria Aki, 20 marzo 2015 In Pakistan sono state eseguite altre quattro condanne a morte dopo che il 10 marzo le autorità di Islamabad hanno deciso la revoca totale della moratoria sulla pena di morte per tutti i reati per i quali è prevista. Le quattro condanne sono state eseguite in diverse prigioni del Punjab, nel Pakistan centrale, come confermato da una fonte del ministero dell'Interno coperta da anonimato, citata dall'agenzia di stampa Dpa. Solo negli ultimi tre giorni nel Paese sono state eseguite almeno 25 condanne, mentre dalla revoca della moratoria sono stati impiccati 52 detenuti. Secondo le stesse fonti è stata invece rinviata di 72 ore l'esecuzione della condanna comminata a un detenuto che, stando alla famiglia del prigioniero, aveva 14 anni all'epoca dei fatti. Shafqat Hussain è accusato di aver sequestrato e ucciso un bambino nel 2004. In Pakistan non è prevista l'applicazione della pena di morte nei confronti dei minori. Secondo le autorità carcerarie, nel 2004 Hussain aveva 23 anni, mentre da un certificato presentato dalla famiglia emerge che il giovane era minorenne all'epoca dei fatti. La sua condanna potrebbe essere commutata in ergastolo. Stati Uniti: in carcere innocente per 39 anni, un milione di dollari di indennizzo Reuters, 20 marzo 2015 Lo Stato americano dell'Ohio risarcirà con un milione di dollari un 57enne afroamericano che ha trascorso 39 anni dietro le sbarre per un omicidio che non ha mai commesso. Richy Jackson, a cui è stata restituita la libertà lo scorso 21 novembre, è stato il detenuto innocente che ha trascorso più tempo in un carcere americano. L'uomo fu inchiodato dalle bugie di un ragazzinio e rischiò anche la pena i morte, a cui sfuggì per un soffio grazie a un errore formale. Jackson era stato condannato insieme ai due fratelli Bridgeman, Wiley e Kwame Ajamu, per l'omicidio di Harold Franks, nel 1975: a incastrarlo la testimonianza di un 12enne, E.V., che anni più tardi ritrattò e confessò di non essere mai stato testimone del crimine. Non c'era alcuna altro elemento che collegasse all'omicidio Jackson, che all'epoca era adolescente e - secondo varie fonti - a scuola al momento dell'accaduto. Nel 2002 e nel 2003 erano stati rimessi in libertà anche i due fratelli Bridgeman. Incredulo Jackson, che ha appreso la notizie del risarcimento dai giornalisti: "Wow, non so che dire... è fantastico. Significherà moltissimo per me".