Giustizia: Pannella compie 85 anni; con i Radicali 60 anni di Referendum e Satyagraha Adnkronos, 2 maggio 2015 Nel 1955 fu tra i fondatori del Partito radicale, di cui Giacinto "detto Marco" è dominus indiscusso. Mai una comparsa. Sempre un protagonista. Giacinto, detto Marco, Pannella compie oggi 85 anni, di cui sessanta con un ruolo unico, irripetibile sul palcoscenico della politica italiana. Il partito radicale, la sua creatura politica, ne ha fatta di strada da quando, nel 1955, Pannella lo ha fondato, insieme a personaggi del calibro di Leo Valiani ed Eugenio Scalfari. "Un partito nuovo per una politica nuova", lo slogan scelto per il battesimo di un partito nato, paradossalmente, per combattere proprio la partitocrazia, come ripeterà instancabilmente Pannella nel corso dei decenni. Nel 1963 Pannella assume la segreteria del Partito. Di fatto, se ne "impossessa", ne diventa il dominus indiscusso, anche se negli anni successivi alla guida della formazione, che poi nel 1989 prenderà il nome di Partito radicale transnazionale scegliendo di svolgere attività politico-culturale e di non partecipare a competizioni elettorali in favore della Lista Pannella-Riformatori, si alterneranno altri leader, tutti comunque ‘cresciuti' dal fondatore. Nel 1965 Pannella inizia la campagna divorzista, d'intesa con il socialista Loris Fortuna. Sarà uno dei suoi tanti successi politici. Anni dopo verrà anche la vittoria sull'aborto. Pannella, intanto, sviluppa un intenso dialogo con Aldo Capitini, iniziatore del Movimento nonviolento in Italia e fondatore della marcia Perugia-Assisi. La lotta nonviolenta sarà la cifra di tutta l'azione politica di Pannella e dei Radicali: non si contano gli scioperi della fame e della sete, le clamorose proteste, sempre non violente, di disobbedienza civile, i sit-in. Tutte iniziative che si richiamano ai metodi resi celebri in ogni angolo del mondo dal Mahatma Gandhi e da Martin Luther King. Tutto, secondo la concezione pannelliana, per affermare la legalità, il "diritto alla vita e la vita al diritto". Il primo digiuno nel 1961, contro la guerra d'Algeria. la prima volta in Italia nel 1968, per il ritiro dei sovietici da Praga. Lunghissima la sua esperienza politica: nel 1976 viene eletto per la prima volta alla Camera. Ci tornerà nel 1979, nel 1983 e nel 1987. È stato europarlamentare con la Lista Bonino, ma anche presidente della XIII circoscrizione del Comune di Roma (Ostia), consigliere comunale a Trieste, Catania, Napoli, Teramo, Roma e l'Aquila, oltre che consigliere regionale del Lazio e dell'Abruzzo. Innumerevoli le sue campagne e le iniziative referendarie: dall'abolizione della pena di morte alla fame nel mondo, dalla legge elettorale alla giustizia, alla drammatica situazione delle carceri italiane: nel corso di tre decenni, sotto la guida di Pannella, i radicali hanno raccolto quasi cinquanta milioni di firme, un record che difficilmente potrà essere battuto in Italia. Celebre il duello a distanza ingaggiato con Bettino Craxi nel 1991 con la consultazione referendario sulla preferenza unica per la Camera: nonostante l'invito del leader socialista ad "andare al mare", il 9 giugno il 62,5% degli italiani andò a votare per il sì. Molti anche i Coup de theatre a proposito di candidature nelle liste radicali: celeberrima e indimenticata quella della biondissima pornostar Ilona Staller, in arte Cicciolina, eletta deputata nel 1987 con 20mila preferenze, seconda, nelle liste del Partito Radicale, solo allo stesso Pannella. Tre anni prima viene eletto eurodeputato con i Radicali Enzo Tortora, prima condannato per fatti di droga e poi assolto con formula piena. Nel 1983 era stato eletto alla Camera Toni Negri, ex leader di Autonomia Operaia, con 13mila preferenze. Nel 1979 Pannella era riuscito a portare a Montecitorio Leonardo Sciascia, che vi sarebbe rimasto, come deputato radicale, fino al 1983. Pannella ha sempre "attaccato lo spazio", come si direbbe in gergo calcistico, usando l'arma della provocazione. Clamorosa, solo per citare un esempio, la protesta messa in atto nel 1978, quando, insieme ai compagni di partito Bonino, Mellini e Spadaccia, si presentò negli studi Rai imbavagliato per partecipare (in silenzio) a una tribuna sui referendum (legge Reale, aborto e finanziamento pubblico ai partiti) per protestare contro quella che a suo giudizio era la disinformazione della tv di Stato. Nel 1995 si è fatto arrestare, insieme ad altri esponenti radicali, per "spaccio" di droga. Davanti alle telecamere opportunamente convocate, per dare il più ampio risalto possibile alla sua campagna per la liberalizzazione delle droghe leggere. Nello stesso anno, nel corso della trasmissione televisiva "L'Italia in diretta" di Alda D'Eusanio, si è presentato in studio per "regalare" hashish. Unico anche nella vita privata: in una intervista all'Adnkronos in occasione dei suoi 80 anni, Pannella ha confessato di avere avuto 400 "amori". "Ho avuto anche tre o quattro uomini", ha ammesso in un'altra intervista. Poi, nel febbraio di quest'anno, un'altra "confessione": "Ho avuto un figlio, forse due". Grande fumatore (due o tre pacchetti di gauloises senza filtro al giorno), Pannella non si è fermato neanche dinanzi al tumore: l'anno scorso gliene hanno diagnosticato uno al polmone con metastasi epatica. Ma questo, per Giacinto, detto Marco, non è un ostacolo. Furio Colombo si iscrive al Partito radicale. Il giornalista Furio Colombo si iscrive per la prima volta al Partito Radicale nonviolento transnazionale transpartito. Lo ha annunciato oggi lo stesso Colombo, a poche ore dal genetliaco del leader radicale. Giustizia: Expo; a San Vittore uno "Speciale Padiglione Italia" con produzioni carcerarie Adnkronos, 2 maggio 2015 San Vittore apre le porte ad Expo. Poche ore dopo la cerimonia d'inaugurazione dell'Esposizione Universale a Rho Pero, in centro a Milano, lo storico penitenziario cittadino ha mostrato uno "Speciale Padiglione Italia" con, in bella mostra, tutte le attività produttive legate al cibo e all'ambiente che le cooperative del privato sociale realizzano nelle strutture penitenziarie italiane. Tra detenuti emozionati, agenti attenti, e responsabili di coop e scuole speciali emozionati, il primo raggio del carcere si è trasformato in un'esposizione particolare tra i profumi di teglie di sarde in saor, polenta bianca e linguine di pesce sfornate dalla cooperativa sociale Il Cerchio di Venezia, le borse, i gadget e addirittura le toghe cucite dalle detenute della cooperativa Alice, ceste di fiori rigogliosi ed erbe aromatiche, e poi tantissimi dolci di tutte le forme e di tutti i generi, di cioccolato, pan di spagna, in sacchetti, sfusi, molti con il logo Expo come i "Dolci sapori liberi". E poi vassoi di ravioli giganti tricolori con tofu seitan e pasta vegana, pani titpici, pizze e focacce, salumi in un trionfo di profumi e sapori che presto ha avvolto decine e decine di persone entrate per ‘curiosarè, toccare, assaggiare. Sono arrivati in tanti, anche imprenditori, ristoratori, commercianti che hanno potuto avviare trattative per singoli eventi o per collaborazioni. Colpisce, tra i tanti banchetti che si fronteggiano lungo il braccio del carcere, la toga realizzata dalla cooperativa Alice, la classica divisa di magistrati e avvocati "che sta riscuotendo tanto successo, soprattutto tra i civilisti - raccontano allo stand - non solo perché costa qualche euro in meno rispetto ai prezzi del mercato normale ma perché i professionisti sono spinti a prenderla dalla cooperativa proprio perché realizzata in carcere". "Il tema di questa giornata è il lavoro, e poi il cibo e l'ambiente, in linea con Expo", spiega all'Adnkronos Marina De Berti, della "Libera scuola di cucina" che si distingue da altre iniziative per l'organizzazione di eventi didattici che coinvolgono la comunità esterna e che, in linea con la tradizione, ha promosso anche aperitivi didattici da maggio ad ottobre, in onore di Expo. E che ha già conquistato una targa al merito dal Capo dello Stato Sergio Mattarella. Una giornata come oggi, vetrine nel mondo per Expo "era l'occasione perfetta - dice ancora Marina De Berti - per parlare di carcere e delle attività che vi si svolgono perché dare un senso al tempo della detenzione è fondamentale per attrezzare i detenuti di nuovi obiettivi da vivere nella legalità". Pomeriggio intenso al primo raggio. Giustizia: "Bambinisenzasbarre Onlus", per i figli dei detenuti arriva il Telefono Giallo di Roberta Falasca Corriere della Sera, 2 maggio 2015 Il progetto è ambizioso. Di quelli che vale la pena tentare con tutte le forze, per raggiungere l'obiettivo. Il traguardo, in questo caso, è un telefono, il Telefono Giallo. Un progetto firmato dall'associazione Bambinisenzasbarre Onlus, la quale ha lanciato una campagna di raccolta fondi per la realizzazione di una app dedicata a coloro che hanno a che fare con il mondo della detenzione. Telefono Giallo potrà essere utilizzato da 100 mila bambini, dalle loro famiglie e da chi lavora per il sistema giudiziario italiano, quindi da oltre 1 milione di persone, per avere risposte a tutte le domande e per vedere soddisfatte le esigenze legate al sistema penitenziario. Telefono Giallo risponde direttamente ai bambini che hanno tante domande da fare, che non sanno a chi rivolgere. "Come faccio a dire ai miei compagni che mio papà è in carcere? E se viene a saperlo la maestra? Se non c'è nessuno che mi accompagna a trovare la mia mamma in carcere, come posso fare? Posso telefonare direttamente al mio papà? In carcere c'è una sala per bambini?". Telefono Giallo sarà una nuova app per tutti i tipi di cellulari, tablet e computer, e fornirà le informazioni utili per entrare in tutte le carceri italiane: gli orari, quali autorizzazioni servono, cosa si può portare, quali cibi, oggetti e vestiti e in più indica come raggiungere le sedi. Per le donazioni, è possibile utilizzare la piattaforma di crowdfunding oppure il sistema tradizionale del bonifico. Finora sono stati raccolti 7mila 177 euro ma per la realizzazione del progetto ne servono 28mila e rimangono solo 68 giorni di tempo per raccoglierne altri. Il diritto dei minorenni alla continuità del legame affettivo con il genitore detenuto e il diritto alla genitorialità, è riconosciuto dalla Carta dell'Onu e, dallo scorso anno, anche in Italia, grazie proprio a Bambinisenzasbarre onlus che ha firmato, insieme al ministro della Giustizia e al Garante dell'infanzia e dell'adolescenza, la Carta dei figli dei genitori detenuti, memorandum unico in Italia e in Europa. Il progetto Yet (Yellow Telephone o Telefono Giallo) è la naturale continuazione del servizio Spazio Giallo, un luogo dove i bambini possono sentirsi a casa, giocare e colloquiare con il genitore, seguiti da operatori professionisti. Gli Spazi Gialli sono stati creati da Bambinisenzasbarre onlus e sono presenti in diverse carceri italiane. Giustizia: Cassazione; incidenti stradali mortali, per dolo eventuale occorrono prove certe di Maurizio Caprino Il Sole 24 Ore, 2 maggio 2015 Corte di Cassazione - Sentenza 30 aprile 2015 n. 18220. Nel caso di un incidente stradale mortale, configurare il dolo eventuale è praticamente impossibile: la Cassazione, nella sentenza 18220/2015 depositata ieri, fissa paletti da apparire proibitivi: secondo i giudici della Prima sezione penale, non basta né ricostruire la personalità dell'imputato né dimostrare che la sua condotta è stata particolarmente temeraria. Occorrerebbero invece elementi che leghino in maniera diretta e inequivocabile la condotta con l'accettazione del rischio di uccidere qualcuno. Prove che normalmente non si riesce ad acquisire nell'indagine su un incidente stradale, per cui l'unico modo per arrivare a pene più severe per i comportamenti più pericolosi è istituire il reato specifico di omicidio stradale (si veda anche Il Sole 24 Ore del 13 marzo), ora in discussione al Senato. Questa conclusione è giustificata dal fatto che la sentenza di ieri era riferita a un caso su cui le indagini erano state molto approfondite, anche per il risalto che ha avuto nelle cronache: si trattava di quattro ragazzi francesi uccisi da un imprenditore, Ilir Beti, che guidava ubriaco e contromano sull'A26. A Beti era stato attribuito il dolo eventuale sia in primo sia in secondo grado, ma il vaglio della Cassazione è molto rigoroso sul punto che differenzia questa figura giurisprudenziale rispetto a quella della colpa cosciente (contigua al dolo eventuale perché ha in comune la previsione di un possibile esito mortale): l'accettazione del rischio di uccidere. La Prima sezione insiste particolarmente sulla necessità di dimostrare in modo diretto ed inequivocabile che, se in partenza avesse avuto certezza delle conseguenze della propria condotta, l'imputato avrebbe scelto di agire lo stesso nel modo in cui ha poi effettivamente agito (principio noto come "formula di Frank"). Secondo la Cassazione, invece, la sentenza di appello si limitava ad affermare "in modo assertivo" che l'imputato aveva "precisa coscienza e volontà di procedere contromano": non è stato ritenuto sufficiente che il contromano sia durato almeno 11 minuti, come dimostrato dalle indagini. Né è bastato ricostruire lo stato di animo di un Beti desideroso di rivalsa dopo essere stato allontanato da una discoteca sotto gli occhi della ragazza che lo accompagnava e quindi disposto a tutto: la Cassazione non trova un nesso, perché al momento dell'incidente la ragazza era sì a bordo, ma dormiva. In appello lo stato d'animo di Beti era stato legato anche all'esibizionismo, per voler mostrare la propria abilità di guida schivando all'ultimo momento i veicoli che si trovava di fronte; ma per la Cassazione l'unica cosa certa è che le indagini hanno dimostrato che Beti a un certo punto aveva ripreso l'autostrada contromano, non hanno detto (né potevano ragionevolmente farlo, in assenza di testimoni o di registrazioni audio o video nell'abitacolo, ndr) che cosa avesse in testa in quel momento. Dunque, c'è un'analisi "meramente congetturale del suo comportamento". Ma non è ancora tutto: la difesa di Beti aveva sollevato anche l'altro problema tipico di questi casi, cioè lo stato di ebbrezza. Che incide sulla volontà del guidatore, rendendo ancora più difficile configurarla come volta ad accettare il rischio di uccidere. Ma questo problema non è stato affrontato nella sentenza di appello. La Cassazione, quindi, non vi trova la "residua, anche se sfocata rispetto a quella netta del dolo diretto, presenza dell'elemento volitivo", che distingue il dolo eventuale dalla colpa cosciente. Campania: chiusura degli Opg, è diventata operativa l'articolazione Rems di Mondragone di Giuseppe Ortano (Direttore Uosm 23 Asl Caserta) Ristretti Orizzonti, 2 maggio 2015 Con la sottoscrizione, avvenuta il 28 aprile scorso, dell'accordo che definisce le modalità operative di collaborazione tra il personale sanitario delle Rems casertane e le Forze dell'Ordine, così come richiesto dal decreto del Ministero della salute del 01.10.2012 e l'avvenuto trasferimento di operatori sanitari appartenenti a varie qualifiche, è diventata operativa l'articolazione Rems di Mondragone. Le funzioni saranno svolte presso la struttura residenziale della Uosm 23 e saranno caratterizzate da un forte integrazione con le attività di tutele della salute mentale che già hanno qui sede. Massima attenzione sarà rivolta a mantenere viva l'attenzione su pratiche di deistituzionalizzazione, così come già sperimentato nella chiusura degli ospedali psichiatrici civili (absit jniuria verbis) avvenuta ormai da circa 20 anni. Al centro delle pratiche nell'ottica basagliana è il paziente, non la malattia. La scommessa è nella riuscita di una integrazione vera, mirata all'abbattimento dello stigma legato alla figura del folle reo, che troppo spesso è proprio appannaggio degli operatori stessi, anch'essi i vittime di una più o meno lungo processo di istituzionalizzazione. Solo così sarà davvero possibile assicurare gli interventi di cura e di riabilitazione che rappresentano il reale superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e aggiungere un ulteriore tassello verso il completamento della riforma psichiatrica varata con la legge 180 del 1978. Ulteriore e ben più difficile compito dovrà necessariamente essere la riforma del codice penale in vigore (Codice Rocco di epoca fascista), in particolare nella parte inerente la controversa definizione di imputabilità. Ma questa è un'altra storia. Sicurezza dei pazienti nelle strutture Asl, accordo in Prefettura (www.casertanews.it) Il Prefetto di Caserta, dott.ssa Carmela Pagano, il Commissario Straordinario della Asl di Caserta, dott. Gaetano Danzi e il Coordinatore regionale per il superamento degli Opg, dott. Giuseppe Nese, hanno sottoscritto alle ore 10 di ieri mattina presso la Prefettura di Caserta l'Accordo che definisce le modalità operative di collaborazione tra il personale sanitario delle Rems casertane e le Forze dell'Ordine, richiesto dal decreto del Ministro della salute del 1° ottobre 2012. Per le strutture di Mondragone e di Roccaromana - che saranno attive entro pochi giorni, per poi essere sostituite dalla Rems definitiva di Calvi Risorta - diventano così disponibili dettagliate procedure che, con riferimento ad eventuali situazioni a potenziale rischio per la sicurezza dei pazienti, degli operatori sanitari e della popolazione, potranno garantire con efficienza gli opportuni interventi di prevenzione e di gestione. La sottoscrizione dell'Accordo realizza, così, quel contesto di sicurezza nel cui ambito sarà possibile assicurare gli interventi sanitari, di cura e di riabilitazione, che rappresentano l'essenza del superamento degli Opg, completamento della fondamentale riforma dell'assistenza psichiatrica avviata con la chiusura degli ospedali psichiatrici civili. Sicilia: chiusura degli Opg, la situazione nella Regione in un'intervista a Lucia Borsellino di Angela Ganci Quotidiano di Sicilia, 2 maggio 2015 La Rems di Naso è operativa dall'1 aprile, quella di Caltagirone ha aperto ieri. Intervista all'assessore regionale alla Salute Lucia Borsellino Buone notizie a circa un mese dalla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, il 31 Marzo scorso. Funzionalità ed efficienza in Emilia-Romagna all'avvio delle prime Rems, le nuove strutture terapeutico-riabilitative chiamate a sostituire i vecchi Opg: come riporta Mila Ferri, Responsabile del servizio di salute mentale e salute nelle carceri della Regione, la Rems di Bologna ospita già nove persone, ed è in corso il trasferimento degli internati nella struttura di Parma. Le eccellenze stavolta non si fermano al Settentrione: la Sicilia è infatti tra le prime Regioni a essersi attivata, con due Rems provvisorie, una a Naso e una a Caltagirone (Aziende sanitarie provinciali di Messina e Catania). "La Rems di Naso è operativa dal 1 Aprile, mentre quella di Caltagirone, in località Santo Pietro, ha aperto ufficialmente ieri", riferisce Lucia Borsellino, assessore regionale alla Salute. "Saranno 40 i posti disponibili per le necessità di assistenza delegate ai Dipartimenti di Salute mentale delle Asp, attraverso i quali le Regioni predispongono, con le Direzioni degli Opg, i programmi riabilitativi". Esigenze di cura e di inclusione sociale che vedono una Sicilia attrezzata, e già da tempo. "All'interno del SSR opera un'articolata rete di servizi afferenti ai Dsm in grado di assicurare una capillare risposta assistenziale: 42 Centri di Salute Mentale, 172 ambulatori Distrettuali, 50 Comunità Terapeutiche Assistite, 37 Centri Diurni Psichiatrici", sottolinea l'assessore. E per quanto riguarda i "costi della salute", a fronte dei circa 16 milioni di euro necessari a livello nazionale per la realizzazione delle Rems, e dei circa 6 milioni per il personale addetto all'assistenza, la Sicilia non ha badato a spese. "Il nostro SSR sta anticipando le risorse sia per il costo e l'adeguamento delle Rems provvisorie che per il reclutamento degli operatori - precisa la Borsellino. Si attende quindi il trasferimento delle risorse nazionali, come da D.A. 1733/13 del 18/9/13 (strutture di accoglienza degli internati) e 27/14 del 10/2/14 (utilizzo delle quote di parte corrente per gli anni 2012 e 2013 assegnate per le assunzioni di personale)". Un investimento nato dalla convinzione che "non può esserci salute senza una salute mentale", coniugata alla necessità di garantire la sicurezza, da attuarsi con "la piena sinergia tra il Ssr, nella sua nuova funzione sociosanitaria, e le forze dell'ordine competenti in tema di sicurezza". E se le Rems costituiscono un indubbio passo in avanti nel rispetto della dignità dell'autore di reato, di cui non si ignora la pericolosità sociale, possibili nuovi orizzonti si delineano per gli addetti ai lavori e i destinatari delle cure. "L'impegno della Regione non potrà che crescere nella considerazione che, anche per i soggetti oggi inseriti nelle Rems provvisorie, i Dsm, dovranno essere in grado di definire proposte operative alternative al ricovero in Rems". Trapani: sopralluogo Uil-Pa Penitenziari in carcere "calcinacci, muffa, sovraffollamento" www.tp24.it, 2 maggio 2015 Cade a pezzi, c'è tanta muffa, locali insalubri, e carenza di personale. È questa la situazione del carcere di Trapani denunciata dalla Uil-Pa Penitenziari dopo un sopralluogo nell'istituto San Giuliano. A visitare la casa circondariale di San Giuliano Gioacchino Veneziano, segretario generale Uil-Pa Trapani e coordinatore regionale Uil-Pa Penitenziari, Antonino Simone, coordinatore aggiunto Uil-Pa Penitenziari Trapani, e il componente la segreteria provinciale Uil-Pa Penitenziari Peppe Scaduto. "Il quadro è critico", scrive il sindacato, già dall'ingresso. Con cancelli automatici e portoni non funzionanti, ruggine, e le telecamere esterne a circuito chiuso guaste da un pezzo. "I locali adibiti a rilascio colloqui e buca pranzi sono ricavati i spazi assolutamente insalubri, poco areati. Giunti nel cortile interno si può facilmente notare come i mezzi dell'Amministrazione non abbiano alcun ricovero e siano lasciati in balia delle intemperie e della salinità. Gli ampi tetti dei magazzini pare siano di Eternit". Il sindacato sottolinea alcune, rare, note positive, come la cucina per i detenuti, da poco ristrutturata. Per il resto sono inadeguati, per la Uil-Pa Penitenziari, sono i box per ospitare il personale di Polizia addetto al controllo. Al momento del sopralluogo al San Giuliano di Trapani c'erano 420 detenuti, a fronte di una capacità massima di 358. La sezione femminile per il sindacato è "uno dei reparti da chiudere immediatamente, e intraprendere urgentissime azioni di ripristino delle condizioni di sicurezza per il personale di Polizia che vi opera". Ci sono pezzi di soffitto divelti, con l'armatura del cemento completamente arrugginito. Alcune celle inagibili per il distacco di pezzi di intonaco dal soffitto che "hanno colpito anche delle detenute". Anche la Sezione Tirreno (sex offender) per Uilpa è uno dei reparti da chiudere immediatamente. "Dire che manca l'aria da respirare è riferirsi ad una verità appena accennata. Mancano le minime e basilari condizioni di salubrità e di igiene. Le docce sono insufficienti a soddisfare i bisogni e presentano evidenti criticità dal punto di vista igienico-sanitario". La Sezione Mediterraneo (detenuti comuni) logisticamente non è perfetto. Il personale deve fare un gran via vai per controllare i detenuti, visto che la sezione è disposta su tre piani. "Il frastuono, la commistione di lingue, le grida, gli odori, i rumori fanno somigliare il Reparto Mediterraneo ad una vero e proprio piazza del mercato, ancor più in ragione dell'apertura delle celle per 8 ore, in attuazione della cosiddetta sentenza Torreggiani. La Sezione Blu (Transito/isolamento) poi necessita di manutenzione straordinaria poiché ci sono crepe all'esterno, e le porte blindate risultano arrugginite. L'agente preposto al controllo passeggi non ha alcun riparo ed è direttamente esposto agli agenti atmosferici. Anche la Sezione Ionio (detenuti A.S.), ristrutturata meno di 10 anni fa, presenta criticità di rilievo. "Ci sono infiltrazioni di acqua in quasi tutti i luoghi, determinando che la muffa sta prendendo il sopravvento. Inoltre un paio di celle sono state dichiarate inagibili per la caduta di interi pezzi di tetti, determinando lo spostamento dei detenuti in altre camere di pernottamento, generando condizioni di sovraffollamento con i rischi per il personale di Polizia che espleta le operazioni pertinenti (perquisizioni, conta notturna, battitura delle inferriate)". Per la Uil-Pa Penitenziari la situazione al carcere San Giuliano di Trapani la situazione è grave. La precarietà della struttura emerge anche davanti al fatto che ancora non è stato attuato il passaggio dalla sanità penitenziaria a quella regionale. A San Giuliano insistono solamente i laboratori di oculista, dentista, dermatologo, ciò ha avuto una diretta, immediata ricaduta "sull'implementazione all'inverosimile dei ricoveri e/o visite ambulatoriale esterne". Per la Uil-Pa inoltre occorre aumentare il personale penitenziario alla casa circondariale, una struttura "ormai in decadenza totale, con muffa, ruggine, e mancanza di sicurezza, e sembra pure una poca attenzione della dirigenza a porre in essere le migliori energie a tutela di luoghi di lavoro". L'età media del personale è superiore ai 45 anni, con una fortissima percentuale di operatori di polizia ultracinquantenni, che determina un forte stress fisico Il dato sull'organico del personale di Polizia Penitenziaria è negativo, precisamente dovrebbero essere presenti; 4 Funzionari; 34 Ispettori; 35 Sovrintendenti; 238 Agenti. Invece alla data del 28 febbraio risultavano in servizio effettivo; 3 Funzionari;14 Ispettori;12 Sovrintendenti;238 Agenti, definendo una carenza di ben 56 unità di Polizia Penitenziaria. Sulla situazione del carcere di Trapani è intervenuto anche Vincenzo Santangelo, senatore del Movimento 5 Stelle, con un'interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia "per sapere, se sia a conoscenza in merito a quanto segnalato e se intenda intervenire presso la casa circondariale di Trapani, per effettuare dei controlli tecnici con personale qualificato, al fine di verificare lo stato dei luoghi della struttura ormai datata dal punto di vista costruttivo. Ma soprattutto, per garantire, la funzionalità di tutte le parti tecnologiche che servono per la sicurezza operativa del corpo di Polizia Penitenziaria, nelle varie sezioni della casa circondariale". Torino: il Sen. Buemi (Psi) in visita al carcere con Provveditore e Garante dei detenuti Ristretti Orizzonti, 2 maggio 2015 Ieri mattina, il senatore Enrico Buemi, Capogruppo Psi in commissione Giustizia, ha fatto visita alla Casa Circondariale di Torino, "Lorusso e Cotugno", accompagnando, nella sua tradizionale visita del 1° maggio, il Provveditore Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria del Piemonte e Valle d'Aosta, dottor Enrico Sbriglia. Nel corso della visita congiunta, alla quale ha pure partecipato il Garante Regionale delle Persone Detenute, On. Bruno Mellano, il Sen. Buemi ha ribadito la propria convinzione su come sia strategico il sistema detentivo nella lotta ad ogni forma di criminalità, oggi più che nel passato. Secondo il senatore socialista "occorre preoccuparsi maggiormente del sistema dell'esecuzione penale, fornendo all'amministrazione penitenziaria risorse umane e strumentali adeguate, ma anche un quadro normativo progredito, non esclusivamente impostato sulla sanzione detentiva". "Solo se interverrà puntando sul miglioramento delle condizioni di lavoro degli operatori penitenziari - ha sottolineato Buemi - si potrà favorire un'azione statuale capace di evitare il rischio che le carceri diventino una operosa fucina di nuovi patti di criminalità, mescolando disagio sociale ed emarginazione con delinquenza organizzata e terroristica. In questo quadro si colloca anche l'iniziativa legislativa del senatore socialista, presentata oggi al Senato, riguardante una delega al Governo per un riordino, riforma e accorpamento dei corpi di polizia (Delega al Governo per il riordino delle funzioni di polizia e dei corpi di polizia dello Stato)". Perciò che riguarda il sistema detentivo torinese, nel carcere Lorusso e Cotugno, da circa un anno, opera un nuovo direttore penitenziario, Domenico Minervini, anche lui presente alla visita e che ha illustrato gli aspetti peculiari dell'istituto, il quale organizza molteplici ed importanti iniziative rieducative. Esiste perfino un polo universitario che consente alle persone detenute di potersi laureare e numerose attività trattamentali oltre a una squadra di Rugby che milita in campionato. Purtroppo permangono gli appelli dagli operatori penitenziari i quali lamentano la scarsità degli organici, sia di polizia penitenziaria che dei ruoli specialistici amministrativi (dirigenti, educatori, assistenti sociali, personale amministrativo-contabile). Firenze: il 6 maggio l'Osservatorio Carcere della Camera Penale in visita a Sollicciano www.camerepenali.it, 2 maggio 2015 Mercoledì 6 maggio p.v., una delegazione dell'Osservatorio carcere della Camera Penale di Firenze si recherà in visita presso la Casa Circondariale Sollicciano di Firenze Mercoledì 6 maggio p.v., una delegazione dell'Osservatorio e della Camera Penale di Firenze si recherà in visita presso la Casa Circondariale Sollicciano di Firenze, il più popoloso carcere toscano, con i suoi 711 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 494 (statistiche ministeriali aggiornate al 15/03/2015), dove nelle ultime settimane si sono registrati episodi di tensione (suicidi, aggressioni al personale di Polizia Penitenziaria, un incendio doloso, un'evasione). La delegazione dell'Osservatorio sarà composta dal responsabile, Avv. Riccardo Polidoro, e dall'Avv. Gabriele Terranova; quella della Camera Penale di Firenze dal Presidente, Avv. Eriberto Rosso, dal referente territoriale dell'Osservatorio, Avv. Luca Maggiora, e dagli Avv.ti Michele Luzzetti e Rosa Todisco. Frosinone: la Fns-Cisl in visita al carcere; non c'è sovraffollamento, ma manca personale Agenparl, 2 maggio 2015 Ieri mattina è stato effettuato una visita sui luoghi del lavoro c/o il carcere di Frosinone questa la situazione trovata: pianta organica DM/2014 n.266 attualmente, presenti n.238 Commissari previsti n. 3, attuali 1; Ispettori previsti n. 29, attuali 18; Sovrintendenti previsti n.31, attuali 16 Detenuti presenti 534 di cui 150 Alta Sicurezza Pianta organica Ruolo Agenti / Assistenti inadeguata alle reali esigenze operative. Da segnalare, quindi, la carenza di personale in special modo ruolo agenti / sovrintendenti, / ispettori e commissari. Nel vecchio istituto le condizioni di fatiscenza dei locali, ed in particolare dei servizi igienici e delle docce, del carcere di Frosinone, realizzano quella condizione disumana che viola i diritti fondamentali della persona. Nel vecchio reparto la condizione in cui lavora anche personale di Polizia Penitenzioria è insalubre, basti vedere le foto allegate per capire il perché. Nel nuovo padiglione, invece, aperto solo una settimana fa non vi è alcun presidio sanitario di primo intervento. Tale mancanza creerà situazioni di pericolosità per la salvaguardia della salute dei detenuti, poiché i tempi di primo intervento subiranno inevitabilmente un notevole ritardo nei soccorsi, considerata l'ubicazione del "vecchio" presidio che dovrà sopperire alla mancanza di quello nuovo. La Fns Cisl ha attenzionato agli uffici preposti delle Asl la problematica e al Provveditorato dell'Amministrazione Penitenziaria del Lazio affinché sia tutelata la salute dei detenuti ma al contempo sia garantita a tutto il personale di Polizia Penitenziaria la possibilità di mantenere un livello di ordine e sicurezza all'interno dell'Istituto senza alcuna ripercussione, visto già l'enorme e specifico carico di lavoro a cui è sottoposto detto personale. A breve e a seguito della nostra segnalazione si provvederà alla costruzione del presidio di pronto soccorso ma restano alcune criticità quali mancanza di almeno un medico di guardia e due unità di infermieri. I nuovi ambienti si presentano adeguati ad ospitare i detenuti ma presentano evidenti criticità relative al sistema tecnologico degli accessi. Il sovraffollamento, dopo l'apertura del nuovo padiglione, allo stato attuale non risulta esserci. Carente risulta, altresì, visto il numero elevato di detenuti di Alta Sicurezza, in numero di automezzi del Nucleo Traduzione e Piantonamenti insufficienti alle reali esigenze. Vicenza: detenuti salgono sul tetto del carcere, una protesta che è durata 24 ore di Claudia Milani Vicenzi Giornale di Vicenza, 2 maggio 2015 Scattate le sanzioni disciplinari e i trasferimenti in altri istituti Poco prima due agenti erano stati aggrediti da altri reclusi. Sono saliti in 4 mercoledì alle 13: due sono scesi dopo alcune ore mentre gli altri hanno resistito un giorno. Una protesta durata un giorno. Pioggia, freddo e fame non li hanno spaventati: due detenuti sono riusciti a resistere 24 ore sul tetto del carcere. Solo ieri, alle 13, hanno finalmente deciso di scendere. È iniziato tutto mercoledì. Hanno approfittato della solita ora d'aria nei cortili interni: in quattro, all'improvviso, si sono arrampicati sul muro alto quattro metri. Dopo qualche ora il primo ha deciso di scendere. Il secondo, ormai stremato, ha abbandonato l'impresa alle due di notte. Gli ultimi due carcerati, invece, fino alle 13 di ieri non si sono mossi. Hanno trascorso la notte illuminati dai fari portati in emergenza dai vigili del fuoco per tenerli sotto controllo. Ma in realtà la giornata movimentata al San Pio X è iniziata poco prima delle 13, quando un altro detenuto ha aggredito, dopo una discussione, un agente della polizia penitenziaria e ha ferito lievemente anche l'altra guardia che tentava di immobilizzarlo. Poi come ogni giorno i detenuti sono stati portati all'esterno per la passeggiata. È stato allora che quattro giovani di origine nordafricana, detenuti per spaccio di droga, a sorpresa si sono arrampicati sul muro, tenendosi fuori dalla portata delle guardie. È iniziata così la lunga trattativa con gli agenti e con il direttore del San Pio X Fabrizio Cacciabue. Difficile capire quali fossero, esattamente, i motivi del loro gesto. Sembra che, in qualche modo, volessero essere solidali con il recluso che, poco prima, aveva picchiato le guardie e che volessero dar vita a una protesta spettacolare. Un modo per attirare l'attenzione che è costato caro: sono stati allontanati per motivi di sicurezza dall'istituto berico, trasferiti altrove e saranno sottoposti a sanzione disciplinare grave. "La situazione per gli operatori di polizia penitenziaria è critica - ha considerato Luigi Bono, segretario provinciale del Sappe. Non solo per i continui tagli del personale. La tanto decantata sorveglianza dinamica si è rivelata un flop. Si è preferito lasciare aperte le porte delle celle e far girare nei corridoi, a non far nulla, i detenuti. Si è creato così un regime aperto che ha acuito l'ozio e favorito le tensioni". Verbania: nasce cooperativa per gestione dei boschi, occuperà ex detenuti e disoccupati www.verbanonews.it, 2 maggio 2015 Si costituirà formalmente entro maggio la cooperativa sociale che gestirà il patrimonio boschivo pubblico del Monte Rosso, 170 ettari nel solo territorio del comune di Verbania, e che impiegherà inizialmente una decina di persone tra ex-detenuti della casa circondariale di pena di Verbania e disoccupati, selezionati in collaborazione con il Consorzio servizi sociali del Verbano. "La prima fase prevede la formazione del personale, poi partiremo con la gestione dei boschi sul Monte Rosso, sul versante in territorio di Gravellona Toce del Mottarone e nei boschi attorno a Premeno i cui comuni hanno aderito all'iniziativa", ha spiegato alla presentazione ai media dell'iniziativa uno dei promotori, Francesco Priolo. L'idea, l'aveva preceduto il parroco di San Leonardo don Roberto Salsa, "è nata all'interno del gruppo Famiglia della parrocchia di cui fanno parte Priolo e Igino Maletti (sindacalista Cisl, ndr). È stato Francesco a raccogliere l'appello che avevo lanciato (il giorno della festa di San Leonardo, ndr) in qualità di cappellano del carcere, che è uno degli incarichi a me affidati. Avevo sottolineato la difficoltà, a fine pena, per un detenuto di reinserirsi nel mondo del lavoro. Difficoltà che, spesso, porta le persone a tornare a delinquere. Francesco, durante una riunione del gruppo Famiglia, m'ha sottoposto l'idea, Maletti che nel suo lavoro di sindacalista si trova spesso a fare i conti con la crescente difficoltà a trovare lavoro l'ha appoggiata e noi l'abbiamo sottoposta al comune". "Da quando ci siamo insediati - aveva aperto l'incontro con i media locali il sindaco, Silvia Marchionini - veniamo sollecitati sul tema del lavoro. Abbiamo colto l'occasione di tradurre in azioni concrete le parole che, anche stamattina (alla manifestazione sindacale del Primo Maggio, ndr) abbiamo ascoltato. Ci siamo documentati e abbiamo scoperto l'esperienza della filiera del legno realizzata in Liguria, nel comune di Ormea, dall'Università di Torino con la quale noi e gli altri comuni ci siamo convenzionati. Sulla superficie di Monte Rosso di Verbania, il progetto può già partire. Il prof. Angelo Caimi (esperto di Scienze forestali dell'Università degli studi di Tornio, ndr) ha già ultimato lo studio che consentirà alla cooperativa, una volta costituita e formato il personale di partire". "Il progetto realizzato in val di Tanaro, nel comune di Ormea, coinvolge anche partner privati e consente una gestione del territorio in grado di prevenire disastri come quello che avete subito a pochi chilometri da qui, a Cannero", ha spiegato Ermanno Zanini, docente di Agraria a Torino, coordinatore del pool interdipartimentale convenzionato con Verbania e con gli altri comuni che, predisporrà via via i progetti di gestione delle aree boscate. "Oggi la manutenzione dei boschi, oltre ad essere funzionale allo sviluppo di attività economiche legate alla produzione energetica, consente una gestione del territorio in grado di evitare i costi di ripristino una volta che i disastri si sono verificati, come ricordava il prof. Zanini", ha integrato Caimi."Come assessore alle Politiche sociali, volontaria in carcere e, a mia volta, dipendente di cooperative non posso che essere favorevole e complimentarmi con don Roberto, Priolo e tutti coloro che ci hanno sottoposto l'idea", ha commentato il vicesindaco Franzetti. "Non vogliamo far concorrenza alle imprese che già lavorano nella forestazione, per questo in una prima fase venderemo la legna e il pellet a prezzi di favore soltanto a coloro che sottoscriveranno quote associative. Utilizzeremo il legname di scarto per alimentare la nostra caldaia: ci costerà 3 mila euro al mese anziché gli 8 mila che costerebbe una caldaia a gas. Con 5 mila euro io ci pago un dipendente. Con il tempo contiamo di generare una vera e propria filiera del legno dando lavoro ad altre imprese già sul mercato, o a cooperative sociali", s'è preoccupato di precisare Priolo. Il nome della cooperativa? "Al 99 per cento è già deciso ma lo manterremo riservato fino alla costituzione per ragioni scaramantiche", ha concluso Priolo. Sulmona (Aq): il 30 giugno scadono i contratti di infermieri e medici del supercarcere di Chiara Buccini Il Centro, 2 maggio 2015 Allarme del direttore sanitario Federico: "Sarebbe un dramma, D'Alfonso deve dare risposte". Preoccupazione tra il personale sanitario e allarme tra i detenuti. Il 30 giugno scadono i contratti di infermieri e medici del supercarcere di via Lamaccio. Finora l'unico provvedimento emesso dal commissario ad acta Luciano D'Alfonso è quello che prevede il nuovo assetto del personale. La Asl ha assicurato la proroga per i medici. Per 5 dei 9 infermieri, invece, non ci sono garanzie. Entro la fine di giugno, chi rischia il posto di lavoro dovrà usufruire delle ferie 2015 e di eventuali giorni residui del 2014. "Il rischio" afferma Fabio Federico, direttore sanitario del carcere "è che a giugno, con il personale in ferie, non avrò infermieri per organizzare i turni di lavoro e somministrare le terapie ai detenuti. Il problema è grave: non si potranno garantire i servizi sanitari e, inoltre, va sottolineato che medici e infermieri, con esperienza nel sistema sanitario del carcere, perderanno il posto di lavoro". Dopo circa cinque anni di rinnovi dei contratti a tempo determinato, l'intenzione di Regione e Asl è di attingere dalle graduatorie nuovo personale sanitario da inserire nel carcere. "Finora" sottolinea "non c'è alcuna certezza, lotterò insieme ai medici e agli infermieri affinché siano rispettati i loro diritti e continuino a lavorare. Purtroppo a emettere decreti sul riassetto del sistema sanitario in carcere è chi non vive questa realtà, con il risultato tangibile di produrre soltanto confusione e, tra i detenuti, la confusione, in particolare nel settore sanitario, può sfociare in dramma". "Dopo la chiusura del punto nascita" conclude Federico "il taglio dei fondi Fas in Valle Peligna e questa situazione in carcere invito il presidente D'Alfonso a non occuparsi più del territorio se ciò si traduce solo in penalizzazioni". Como: caldaia rotta e docce fredde per detenuti e agenti, monta la protesta al Bassone Corriere di Como, 2 maggio 2015 Docce fredde per detenuti e agenti della Polizia penitenziaria del Bassone. Da alcuni giorni, un bollitore è fuori uso per un guasto e l'acqua calda è insufficiente per garantire le esigenze della popolazione carceraria. In alcune celle è stata avviata la protesta della "battitura" delle sbarre e sono scattati pure alcuni provvedimenti disciplinari. Attualmente, nel penitenziario di Como sono rinchiusi circa 350 detenuti, ai quali si aggiungono gli oltre 100 agenti della polizia penitenziaria che alloggiano nella caserma collegata al carcere. Il problema si trascina da tre giorni e, stando alle prime valutazioni, per la soluzione del guasto servirà almeno un'ulteriore settimana. Tra i detenuti, alcuni hanno iniziato la protesta della battitura delle sbarre. Rimini: il permesso al detenuto arriva troppo tardi "mia madre è morta senza di me" di Lorenza Lavosi Il Resto del Carlino, 2 maggio 2015 Luca, 25 anni riccionese, fa lo sciopero della fame e della sete. "Sono un detenuto e non ho potuto abbracciare mia madre negli ultimi istanti della sua vita nonostante lo avessi chiesto disperatamente al magistrato di sorveglianza. Alla mia mamma ero legato da un rapporto profondissimo, era l'unica mia ragione di vita e il genitore che mi era rimasto. Da alcuni giorni ho iniziato lo sciopero della fame e della sete e continuerò a farlo, nonostante lei non ci sia più". Queste parole sono di Luca, 25 anni riccionese, condannato a 2 anni e 4 mesi per rapina, che ieri mattina alle 8 40 ha perso la mamma, morta all'ospedale di Riccione. Aveva 60 anni e un tumore terribile l'ha portata via in poco tempo. Il suo difensore l'avvocato Elena Fabbri, spiega che: "il permesso per andare da lei è arrivato al carcere dei Casetti, dove si trova rinchiuso Luca da un anno e 5 mesi, ieri mattina alle 10.57. Il magistrato di sorveglianza Franco Raffa gli ha concesso 5 giorni, ma due ore prima avevo inviato una mail alla presidenza del Tribunale di sorveglianza per comunicare il decesso della donna". "Mi sento profondamente ferito - aggiunge Luca nella lettera che ha affidato al suo avvocato - ed ingiustamente punito, oltre al dolore che provo per la perdita della mia mamma e per la sofferenza che mia madre ha dovuto provare per la mia assenza, in quel momento così drammatico". L'avvocato spiega che c'era stato un altro momento molto critico per le condizioni della donna e il 25 aprile, sabato scorso, di fronte all'istanza avanzata dal figlio recluso, il presidente del Tribunale di Sorveglianza, Francesco Maisto aveva immediatamente concesso, con un provvedimento d'urgenza, 48 ore di permesso. Luca aveva così potuto abbracciare la madre in ospedale, poi lunedì era regolarmente rientrato ai Casetti, ma contemporaneamente aveva presentato una nuova domanda di poter stare accanto alla madre perché i certificati medici assicuravano che stava morendo. L'istanza è stata presa in esame dal magistrato di sorveglianza Franco Raffa che è anche venuto al carcere riminese. Purtroppo però il permesso è arrivato troppo tardi. "Io ho sbagliato e sto pagando per i miei errori, ma credevo di avere il diritto - scrive ancora Luca - di stare accanto a mia mamma che stava morendo e che è sempre stata una brava persona, non si meritava tutto questo". Anche la fidanzata di Luca, Alice vuole aggiungere qualche parola: "Ho assistito la sua mamma, specialmente in questi ultimi giorni di ricovero le sono rimasta accanto. Lei chiedeva in continuazione di Luca, finché è stata cosciente e con un filo di voce". Infine l'avvocato vuole ringraziare "il presidente Maisto, che in un giorno di festa ha tempestivamente applicato la legge e concesso un permesso al mio assistito, così come vorrei ringraziare tutto il personale della casa circondariale di Rimini che ha profuso tutte le proprie energie per perorare la causa del mio cliente. Per quanto riguarda l'accaduto, ritengo che i fatti parlino da soli". Pavia: sommossa per la sostituzione dei televisori, detenuto finisce processo per minacce di Maria Grazia Piccaluga La Provincia Pavese, 2 maggio 2015 Il carcere è una cittadella, dove i pochi privilegi - le sigarette, un pacchetto di biscotti ma anche una brandina nuova - possono scatenare invidie, tensioni, rancori tra detenuti. Nel novembre del 2013 era in corso nella casa circondariale di Torre del Gallo la sostituzione dei televisori in alcune celle. Gli apparecchi vecchi e malfunzionanti venivano rimpiazzati con i modelli nuovi a schermo piatto. Ma il ricambio, per motivi organizzativi, non sarebbe potuto avvenire e nell'arco della stessa giornata per tutti. Così alcuni detenuti di origine nordafricana hanno ritenuto di essere stati discriminati, nelle operazioni di distribuzione dei televisori, rispetto ai detenuti italiani e albanesi. In questa guerra tra poveri gli animi si erano surriscaldati in fretta. Alcuni detenuti avevano dato origine a una protesta, con il consueto metodo della percussione delle grate di ferro che provocano rumore e disturbo. Durante la sommossa per i televisori il marocchino Adel El Hamdani, 35 anni, ha avuto uno scontro con due agenti della polizia penitenziaria addetti alla sua sezione. Era il 12 novembre del 2013. Ora l'uomo si trova a processo per resistenza a pubblico ufficiale davanti al giudice del Tribunale di Pavia Pasquale Villani. Ieri El Hamdani è stato scortato in aula, dove era assistito dal suo difensore, l'avvocato Fabrizio Aronica. Ma ha dovuto far rientro in carcere neppure un paio di ore più tardi perché il processo è stato rinviato al 12 novembre. Nella prossima udienza saranno chiamati a deporre i testimoni citati dal pubblico ministero, le due parti offese e alcuni agenti di polizia penitenziaria che erano in servizio quel giorno. Secondo l'accusa El Hamdani - che è attualmente detenuto perché è stato ritenuto responsabile della rapina messa a segno nel 2012, insieme a un complice, ai danni del titolare del bar Portichetto in piazza Vittoria - avrebbe colpito i cancelli di ferro durante l'ora d'aria causando grande confusione tra i detenuti. Gli agenti in servizio in quella sezione avrebbero chiesto l'intervento dell'ispettore di sorveglianza e avrebbero ottenuto il permesso di riportare nella propria cella chi era all'esterno. Per ripristinare l'ordine due agenti avrebbero trasferito anche El Hamdani in un altro luogo ma durante quel tragitto l'uomo avrebbe opposto resistenza minacciando gli agenti che, una volta uscito di prigione, si sarebbe vendicato del trattamento ricevuto. El Hamdani è a giudizio per resistenza a pubblico ufficiale ma a sua volta ha denunciato i due agenti che, a suo dire, l'avrebbero maltrattato e malmenato. Il procedimento però è ancora pendente. Verona: un altro incendio appiccato nel carcere di Montorio, infermeria evacuata www.veronasera.it, 2 maggio 2015 È stato un altro detenuto ad appiccare il rogo che ha costretto il personale di Polizia penitenziaria ad evacuare una sezione della casa circondariale veronese. Nella serata di ieri, un altro incendio si è sviluppato all'interno del carcere di Montorio, sempre ad opera di un detenuto. Il rogo questa volta è stato appiccato in infermeria e ha costretto gli agenti ad evacuare la sezione. Fortunatamente non stati registrati intossicati ne tra i secondini né tra i secondini né tra i carcerati. Questo è il secondo episodio del genere che si verifica nel giro di un mese: la volta scorsa infatti una dozzina di poliziotti finirono in ospedale. Lo stato di agitazione del personale della polizia penitenziaria è in crescita costante da allora, con gli agenti che non si sono più presentati in mensa e che mercoledì hanno chiesto un incontro con il prefetto e la direzione generale: in caso contrario sono pronti a scendere in piazza. Un primo incontro con l'amministratore veneto è già avvenuto, ma secondo il parere degli agenti ha tergiversato troppo e di tempo oramai non ce né più. Stando a quanto riportato da L'Arena, si tratta di richieste molto tecniche come le ferie del personale e nuovo assetto organizzativo del frazionamento delle unità operative interne e interessi legittimi stabiliti dalle graduatorie. Genova: Sappe; detenuto aggredisce agenti penitenziari nel Reparto Psichiatria Ospedale Ansa, 2 maggio 2015 Due agenti della Polizia penitenziaria sono stati aggrediti a calci e pugni ieri all' interno del reparto psichiatrico dell'ospedale San Martino di Genova da un detenuto del carcere di Marassi. A darne notizia è il Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, che sottolinea come l'amministrazione "non faccia distinzione tra i normali detenuti e quelli con problemi psichiatrici con grave rischio per il personale operante". I due agenti, addirittura, secondo quanto denuncia il Sappe, nonostante fossero stati feriti nell'aggressione, "non hanno potuto farsi medicare in quanto non potevano lasciare solo il detenuto all'interno del reparto ospedaliera". "Quanto accaduto - spiega Michele Lorenzo, segretario regionale del Sappe - è un episodio gravissimo che riaccende la necessità di evitare l'ingresso in carcere dei soggetti non compatibili con il regime penitenziario e che potrebbero, come in questo caso, creare turbamento sociale". Il sindacato denuncia anche la mancata informazione al personale operante. "Nessun corso di preparazione riservato al personale per la gestione di casi limiti" continua il Sappe. Novara: "timbrava e poi andava a fare la spesa", indagata una guardia penitenziaria di Marco Benvenuti La Stampa, 2 maggio 2015 In quattro mesi le uscite "illecite" dall'ufficio sarebbero state circa 150: sono state rintracciate con la carta-fedeltà del supermercato. Pur avendo timbrato in ufficio, usciva e andava a fare la spesa nel vicino supermercato. Non una o due volte. Secondo quanto oggi si contesta alla donna, il suo comportamento era sistematico: nel giro di quattro mesi le uscite "illecite" sarebbero state circa 150. Sotto accusa in tribunale R.N., 63 anni, trecatese assistente della polizia penitenziaria contro cui alcuni colleghi, nell'estate del 2012, avevano presentato un esposto. Tutto era partito da lì. Il via vai della donna dall'Uepe, ufficio esecuzione penale esterna (in sostanza quello che si occupa della gestione dei detenuti ammessi al lavoro fuori dal carcere), non era stato gradito. Di qui la segnalazione in Procura. Assieme a lei era stata indagata anche la responsabile dell'ufficio, già assolta in udienza preliminare con rito abbreviato. Ieri in aula il carabiniere che ha svolto le indagini ha spiegato il motivo che ha portato alla denuncia per truffa: "Quando la donna andava a fare la spesa al Carrefour utilizzata una fidelity card a lei intestata, che lasciava una traccia ogni qual volta passava alle casse. Ebbene, incrociando i tabulati riferiti alla carta, è stato verificato che gli orari della spesa rientravano in un lasso di tempo in cui lei avrebbe dovuto essere in ufficio, perché aveva timbrato solo in entrata". Sulla vicenda erano state sentite diverse persone e acquisite delle immagini. L'imputata nega gli addebiti. Sostiene che la carta fedeltà è stata utilizzata da altre persone, come ad esempio i familiari. Nei supermercati, infatti, chiunque può esibirla pur non essendone l'intestatario. Parte offesa del processo è il Ministero della Giustizia, dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Mantova: convenzione tra l'Associazione Polriva e il Ministero per lavoro ai detenuti Gazzetta di Mantova, 2 maggio 2015 Nei giorni scorsi è stata siglata una convenzione tra l'Associazione Polriva e il Ministero della Giustizia, relativa alla possibilità data a determinati imputati, di espiare, su loro richiesta, la pena inflitta, con lavori di pubblica utilità presso l'associazione. Si tratta di una sanzione penale consistente nella prestazione di un'attività non retribuita a favore della collettività da svolgere presso organizzazioni volontariato. La prestazione di lavoro, ai sensi di legge, viene svolta a favore di persone affette da Hiv, portatori di handicap, malati, anziani, minori, ex detenuti o extracomunitari; oppure nel settore della protezione civile, della tutela del patrimonio pubblico e ambientale o in altre attività pertinenti alla specifica professionalità del condannato. Originariamente, la sanzione era prevista nei procedimenti di competenza del giudice di pace, poi lo spettro di applicazione della sanzione è stato successivamente allargato a numerose e diverse fattispecie penali, che hanno configurato il lavoro di pubblica utilità come una modalità di riparazione del danno collegata all'esecuzione di diverse sanzioni e misure penali, che vengono eseguite nella comunità. Attualmente trova applicazione anche nei casi di violazione del Codice della strada, nei casi di violazione della legge sugli stupefacenti, come obbligo dell'imputato in stato di sospensione del processo e messa alla prova, congiuntamente alla pena dell'arresto o della reclusione domiciliare, come obbligo del condannato ammesso alla sospensione condizionale della pena. Firenze: vi presentiamo Pantagruel, Associazione per i diritti dei detenuti www.gonews.it, 2 maggio 2015 Pantagruel è un'associazione Onlus che da anni opera nel carcere di Sollicciano e promuove e gestisce progetti all'interno e all'esterno del carcere per il reinserimento delle detenute e dei detenuti nella società. La realtà carceraria che i volontari dell'associazione vedono ogni giorno è spesso percepita dal "mondo esterno" come qualcosa di lontano e che non ci riguarda. Quotidianamente i volontari costatano la negazione dei diritti umani e di cittadinanza: in carcere manca tutto, manca lo spazio minimo di sopravvivenza, mancano le condizioni igieniche elementari, manca il diritto alla salute, solo una minima parte dei detenuti lavora e solo una minima parte va a scuola. La maggior parte dei detenuti e delle detenute sono rinchiusi in cella 22 ore su 24. Manca l'acqua calda, manca il riscaldamento, mancano le lampadine nelle celle, manca la carta igienica, mancano gli asciugamani, manca il dentifricio. I volontari di Pantagruel, che hanno seguito un corso di formazione, instaurano con i detenuti e con le detenute un rapporto che va dagli aiuti materiali (soldi per telefonare a casa o per qualche genere alimentare, vestiti, francobolli, occhiali da vista - la vista è la prima cosa che si perde in carcere); all'informazione sui loro diritti; alla richiesta di contatti con gli avvocati; alle telefonate con i parenti spesso lontani, molto lontani da Firenze e dall'Italia; all'ascolto della loro quotidiana sofferenza, dei loro sbagli , della loro volontà di riscatto, dei racconti di amori perduti e di amori che nascono. Pantagruel promuove inoltre importanti progetti volti al reinserimento e alla creazione di un ponte con l'esterno, nel tentativo di avvicinare la città al carcere: - La poesia delle bambole, www.lapoesiadellebambole.it: due laboratori, uno interno a Sollicciano ed uno esterno che coinvolgono circa 25 donne. Si creano bellissime bambole e oggetti di stoffa che vengono esposti nella sede dell'associazione in via di Mezzo 39R, alle fiere e agli eventi che si svolgono in città. - Educare con gli asini: un'asineria all'interno del carcere femminile. Le detenute, seguite da formatori esperti, allevano e addestrano due asinelle. Il progetto oltre alla formazione delle detenute si propone di creare animazione durante i colloqui con i figli e le famiglie dei detenuti e costruire ponti con l'esterno nella prospettiva di incontrare asili, scuole elementari e feste locali. - Progetto Bruno Borghi: per la formazione dei volontari e la creazione di borse lavoro per ex detenuti. - Voci da dentro: progetto volto ad avvicinare la città al carcere promuovendo incontri nelle scuole, convegni e informazione. Sul sito di Pantagruel (www.asspantagruel.org) si dà voce ai detenuti e alle detenute pubblicando i loro racconti, le poesie e le lettere. - Articolo 32 "informazione e salute in carcere": servizio di informazione sui temi relativi alla prevenzione e tutela della salute e sui servizi sanitari accessibili nel carcere di Sollicciano, e di facilitazione tra popolazione detenuta e area sanitaria. Il servizio, viene svolto da persone detenute appositamente formate, in coordinamento con le autorità sanitarie competenti ed il personale penitenziario. - Laboratori al fresco: progetto che propone 15 attività culturali a Sollicciano e al Gozzini, tra laboratori, corsi e gruppi di studio: teatro, cinema, scrittura, cucito, ceramica, informatica, scultura, cucina, musica, danza, ecc. svolti insieme alle associazioni partner del progetto: Ciao, Il Muretto, Informatica Solidale. Ogni laboratorio è guidato da operatori specializzati, che lavorano nell'ottica del trasferimento delle competenze, coadiuvati da uno o più co-operatori volontari. Milano: "Prova a sollevarti dal suolo", al via un Festival di teatro nel carcere di Opera di Oriana Davini www.milanoweekend.it, 2 maggio 2015 Con "Prova a sollevarti dal suolo" apre le porte al pubblico il Teatro Stabile in Opera, sala teatrale da 350 posti all'interno della casa di reclusione di Opera - Milano (via Camporgnago 40). Di cosa si tratta? Della terza edizione del festival di teatro coordinato e promosso dalla Direzione della I Casa di Reclusione Milano - Opera e dall'Associazione Opera Liquida, la compagnia teatrale residente presso lo Stabile in Opera. Ogni giovedì, a partire dal 7 maggio e fino al 18 giugno, andrà in scena uno spettacolo comico di impegno sociale, da gustare come pubblico insieme ai detenuti del carcere. Luca Klobas, Alberto Patrucco, Rita Pelusio e Claudio Batta, questi gli artisti che si alterneranno sul palco del Teatro del Carcere di Opera ogni quindici giorni. Il cartellone di Prova a sollevarti dal suolo: Giovedì 7 maggio, h 21 (prenotazioni entro lunedì 4 maggio) - Visti da est - Luca Klobas (di Federico Andreotti e Luca Klobas, regia Federico Andreotti) - Vizi e virtù della nostra penisola, sotto la lente d'ingrandimento della satira e del paradosso, visti attraverso gli occhi di uno straniero proveniente dall'est Europa e di un veneziano trasferitosi nella metropoli milanese in cerca d'impiego. Giovedì 21 maggio, h 21 (prenotazioni entro lunedì 18 maggio) - Vedo buio! - Alberto Patrucco - Una panoramica al vetriolo sui tempi che stiamo vivendo, intrisa di comicità vera, sostanza ed argomenti. Lo spettacolo attinge dalla cronaca, ma si alimenta anche di più ampi scenari storici con, sullo sfondo, le tante vicende che segnano il nostro attuale stile di vita. Giovedì 4 giugno, h 21 (prenotazioni entro lunedì 1 giugno) - Eva-diario di una costola - Rita Pelusio (di Rita Pelusio, Alessandra Faiella, Riccardo Piferi, Marianna Stefanucci, regia Marco Rampoldi) - Quante sono le regole con cui ogni donna deve fare i conti oggi? Rita Pelusio ne incarna una serie: dall'adolescente che deve ribellarsi per trovare la propria identità, all'anziana innamorata; dalla futura madre di un figlio maschio, alla manager multitasking, alla suora in crisi mistica. Giovedì 18 giugno, h 21 (prenotazioni entro lunedì 15 giugno) - Da quando ho famiglia sono single - Claudio Batta (di Riccardo Piferi, Claudio Batta, regia Riccardo Piferi) - Cosa c'è di più bello che avere un figlio? La grande gioia del nuovo arrivo, piano piano, si stempera col crescere delle responsabilità educative. Lo spettacolo è ricco di umorismo raffinato alternato ad una comicità irresistibile. Si ride molto ma si prova anche una grande tenerezza nei confronti di una generazione (la nostra) che è ancora in bilico tra l'essere figlio e diventare genitore. I biglietti costano da 10 a 15 euro, ma per assistere agli spettacoli è necessario scaricare il form di prenotazioni dal sito di Opera Liquida e inviarlo, dopo averlo compilato con i dati anagrafici e quelli del proprio documento d'identità, all'indirizzo prenotazionistabileinopera@gmail.com. L'ingresso in sala può avvenire sino a 20 minuti prima dell'orario di inizio dello spettacolo: gli spettatori devono presentarsi all'ingresso principale mezz'ora prima per ritirare il pass di ingresso. Nuoro: undici detenuti in pellegrinaggio, ultima tappa a San Francesco di Lula di Stefania Vatieri La Nuova Sardegna, 2 maggio 2015 In marcia per oltre 140 chilometri tra i boschi e le vallate del Nuorese Per undici reclusi di Badu e Carros e Mamone un'esperienza indimenticabile. Undici detenuti di Badu e Carros e Mamone in cammino lungo i sentieri spirituali della Barbagia. Un pellegrinaggio durato sei giorni,140 i chilometri percorsi a piedi, tra i boschi e le vallate del Nuorese lungo la via dei santuari. Niente guardie e nessuna sorveglianza, ad accompagnarli solo esperti "confratelli". Sono partiti il 26 aprile dalla Madonna dei Martiri, a Fonni, per giungere poi al Santuario della Madonna di Sa Itria, a Gavoi, e di Nostra Signora di Gonare, a Sarule, fino alla chiesa di Santa Maria della Neve, a Nuoro. Ieri notte hanno concluso l'ultima tappa insieme a centinaia di fedeli in marcia verso San Francesco di Lula. Il viaggio dei detenuti pellegrini termina qui. Il progetto prende le mosse dalle precedenti esperienze portate avanti dalla Confraternita di San Jacopo di Compostela a partire dal 2011, quando 30 detenuti provenienti da diversi penitenziari del Lazio, hanno effettuato un pellegrinaggio devozionale lungo la via Francigena. L'iniziativa, unica in Sardegna, nasce dalla collaborazione tra la Confraternita, che ha promosso e organizzato il pellegrinaggio, e le Autorità di Giustizia, nell'ambito di un lavoro da tempo intrapreso dalle istituzioni, orientate a realizzare iniziative che possano favorire il processo di revisione e reinserimento dei detenuti. "Noi da Badu e Carros abbiamo accolto a braccia aperte l'iniziativa, perché il male si combatte con il bene" spiega Carla Ciavarella, direttrice del carcere nuorese. Il cammino si è svolto seguendo lo spirito di Santiago. Zaino in spalla con il necessario, scarpe da trekking e una media di 20 chilometri al giorno, per poi riposarsi nelle "cumbessias", nelle case parrocchiali o in altre strutture di accoglienza, condividendo ogni aspetto del pellegrinaggio. "La cosa più bella di questa avventura è stato capire che abbiamo ricevuto come confratelli, molto di più di quanto abbiamo dato noi a loro, detenuti", racconta il priore della confraternita Antonio Porcheddu, durante la penultima tappa nella chiesa di S. Maria della Neve a Nuoro. Un'esperienza profonda e indimenticabile per gli undici detenuti di nazionalità e culture diverse, dal sapore inconfondibile di libertà, in un viaggio che unisce fede, voglia di riscatto e speranza. Hanno camminato, pensato, riso e a volte anche pianto. Hanno respirato a pieni polmoni un'aria che profumava di libertà e carichi di speranza sono ritornati dentro le loro celle per affrontare passo dopo passo il loro personale cammino verso il riscatto. L'esperienza è raccontata nel blog del giornalista Luca Fiori sul sito lanuovasardegna.it, attraverso foto, video e racconti. Ottiene la libertà durante il cammino, la gioia di uno dei detenuti "I'm a free man, sono un uomo libero". A metà mattina un urlo di gioia squarcia il silenzio e la quiete delle valli tra Nuoro e Lula. Poche ore dopo la partenza della quarta tappa del Cammino della Visitazione, il pellegrinaggio organizzato dal capitolo sardo della Confraternita di San Jacopo di Compostella in collaborazione con la diocesi di Nuoro e l'amministrazione penitenziaria, gli undici detenuti diventano dieci: uno di loro ha appena ottenuto uno sconto di pena dal Tribunale di Nuoro e improvvisamente - con uno zaino sulle spalle e i piedi gonfi dalla fatica - può assaporare il gusto dolce della libertà. La notizia arriva da Nuoro per telefono e quando il priore della Confraternita Antonio Porcheddu raduna la comitiva e comunica a tutti che Joshua è un uomo libero in pochi riescono a trattenere le lacrime. "Sono un uomo libero - urla Joshua - ma voglio finire il Cammino con i miei amici". Dopo gli abbracci e la commozione l'ex detenuto viene fatto salire sulla macchina di un volontario che segue la comitiva e accompagnato nel carcere di Mamone. Il tempo di firmare qualche documento, prendere le sue cose, salutare i compagni di cella e la porta dell'istituto di pena si chiude definitivamente alle sue spalle. Un paio d'ore dopo Joshua riprende lo zaino e raggiunge gli altri pellegrini in Cammino sotto il sole verso Lula. "La mia vita ricomincia adesso - dice raggiante di felicità - oggi è un grande giorno. Il Cammino mi ha portato la libertà - aggiunge - e Dio ha fatto un gran bel lavoro. Spero che i miei amici che sono ancora in carcere - conclude Joshua - possano provare presto la stessa gioia che sto provando io". La notizia della scarcerazione di Joshua ha reso meno ardua la tappa di 34 chilometri che i pellegrini hanno percorso sotto un sole a tratti cocente. La comitiva ha lasciato la casa diocesana di Solotti (Nuoro) alle 9 del mattino ed è arrivata a San Francesco di Lula solo alle 17.30 dopo una camminata di otto ore e mezza. Droghe: Cannabis Social Club e coltivazione marijuana come atto di disobbedienza civile www.radicali.it, 2 maggio 2015 Intervista chiesta e non pubblicata da Stefano Armanasco per Freeweed, alla segretaria di Radicali Italiani Rita Bernardini sui Cannabis Social Club e sulla coltivazione della marijuana come atto di disobbedienza civile. Rita Bernardini, cosa ti spinge a coltivare cannabis sul tuo terrazzo? Questa è una nuova fase della mia ventennale "radicale" disobbedienza civile per la legalizzazione dei derivati della cannabis. Questa è la quarta coltivazione della nuova fase espressamente dedicata alla marijuana terapeutica: il primo raccolto l'ho distribuito in Piazza Montecitorio (2012), il secondo a Foggia ai malati dell'associazione LapianTiamo (2014), il terzo al Congresso di Radicali Italiani (2014), il prossimo (oltre 50 piante) sempre ai malati che non riescono ad accedere ai farmaci cannabinoidi, nonostante la legge lo preveda da 8 anni. La persona che mi ha mosso, potrei meglio dire commosso, è Andrea Trisciuoglio che è arrivato dritto al mio cuore facendomi riprendere quelle disobbedienze che avevo sospeso da alcuni anni. Ho una bella carriera criminale, sa? E ho per complici un altro delinquente incallito come Marco Pannella e una splendida signora, Laura Arconti, che fra pochi giorni compirà novant'anni, radicale fin dentro il midollo e di una lucidità sorprendente. Mi viene spesso in mente l'immagine di una famiglia serena distrutta da uno stato criminale sol perché il capofamiglia, Aldo Bianzino, coltivava nella sua campagna sull'appennino vicino Città di Castello marijuana per il suo uso privato. Scaraventato nelle patrie galere ne è uscito "morto ammazzato" dopo poche ore, lasciando nella disperazione la madre, la moglie e il giovane Rudra che continua a lottare nonostante sia rimasto praticamente solo perché dopo la morte del padre, morirono di dolore a poca distanza di tempo sia sua madre che sua nonna. Le vittime, in questo come in altre decine di migliaia di casi, non le ha provocate la marijuana ma il proibizionismo su di essa. Secondo te per quale motivo non viene perseguita penalmente, rendendo vana la sua disobbedienza civile? Non lo fanno con Pannella e non lo fanno con me che sono stata deputata e attualmente Segretaria di un partito. Preferiscono, vigliaccamente, accanirsi contro i coltivatori domestici di poche piante in vaso: se è ancora vigente quel principio costituzionale (peraltro assurdo) dell'obbligatorietà dell'azione penale, dovrebbero precipitarsi a schiaffarci in galera e avrebbero dovuto farlo da qualche decennio a questa parte, ma preferiscono violare loro la legge pur di non destare clamore e aprire il dibattito in un paese pronto a sostenere l'opzione antiproibizionista. Per le precedenti disobbedienze civili nessuna tv italiana mi ha intervistata mentre la Cnn ha realizzato un magnifico servizio. Già perché i "vigliacchi di regime" non sono pochi, se la quasi unanimità dei media è arrivata persino a censurare la Direzione Nazionale Antimafia nel momento in cui si è espressa, all'inizio di quest'anno, chiarissimamente per la legalizzazione dei derivati della cannabis…. Hai mai pensato di prendere in carico le denunce che quotidianamente vengono ricevute dai cittadini che coltivano per uso personale? Ho consigliato a tutti, nel momento in cui vengono "pizzicati" per una modesta coltivazione domestica, di dire alle Forze dell'ordine che hanno preso esempio dai radicali, da Rita Bernardini, e che anche loro partecipano alla disobbedienza civile. Ha mai pensato di spostare il luogo di coltivazione al di fuori della sua abitazione e prendere in carico la denuncia che ne seguirebbe? Non comprendo il senso della domanda: dove dovrei coltivarla, nel terreno altrui facendo passare i guai all'ignaro proprietario? O in un terreno demaniale? Il significato nonviolento della disobbedienza civile è altro, mi perdoni: ci si assume la responsabilità di ciò che si mette in atto per denunciare leggi irragionevoli come quelle proibizioniste. Ultimamente si sente molto parlare di Csc, ossia Cannabis Social Club, puoi spiegarci cosa sono i Csc per Rita Bernardini? Andiamo al sodo :-) Tu sei Presidente dell'Ass. LaPiantiamo che nel proprio nome utilizza la parola Csc, ma sviluppa una politica dedicata esclusivamente ai malati. Puoi spiegare il perché di questa scelta e perché non utilizzare un nome che rispecchi il vostro reale obiettivo? Io sono stata nominata Presidente d'Onore dell'associazione LapianTiamo e ne sono orgogliosa. Non sono "ancora" malata (meglio precisare), ma trovo doveroso, oltre che piacevole, dare una mano a queste persone (per lo più giovani) che, curandosi con la cannabis, hanno ritrovato il sorriso e una qualità della vita decisamente migliore. Però mi sfugge il senso della sua domanda: c'è qualche legge che vieti l'utilizzo dell'acronimo Csc se il club prevede che a consumare la marijuana siano malati che la usino per curarsi? Poi che io, da radicale, sia antiproibizionista a tutto campo, non credo che si possa mettere in dubbio non solo per il mio curriculum "criminale" ma anche perché sto per riprendere il mio sciopero della fame per richiedere, oltre all'amnistia e all'indulto tradizionali, anche un'amnistia speciale per i reati legati alle sostanze stupefacenti leggere. Lo scorso anno l'associazione LaPiantiamo ha fondato la Esile srl, con l'intento di produrre e vendere cannabis per i pazienti che la necessitino, obiettivo che si discosta anch'esso dal significato intrinseco nella parola Csc. Puoi spiegarci la motivazione che vi ha spinto a questa scelta e se la ritieni coerente con le politiche di distribuzione no profit dei reali Csc? L'associazione LapianTiamo è riuscita a far approvare dalla Regione Puglia una legge straordinaria sulla cannabis terapeutica che prevede la produzione regionale anziché l'importazione dall'estero o la produzione "statale" come oggi avviene con l'Istituto Farmaceutico Militare di Firenze. Cosa c'è di male a promuovere una S.r.l. che contribuisca alla produzione regionale sotto il diretto controllo dei malati e con la collaborazione di medici e scienziati che promuovano anche la ricerca nel settore? Mi chiedo se a qualcuno non dia fastidio il fatto che il progetto-pilota preveda costi accessibilissimi: 1,55 euro al grammo per le infiorescenze! La srl è cosa "altra" dal Csc LapianTiamo. Non credi che usare un nome che non rispecchi le reali intenzioni di una associazione possa creare ulteriore confusione nelle persone? Soprattutto andando a vanificare il lavoro delle associazioni che ogni giorno lottano per fare passare l'informazione corretta su ciò che sono i Csc? Soffro a constatare che ci si divide quando gli obiettivi sono comuni, e quando si fa di tutto per polemizzare e limitare le potenzialità degli altri. In cosa vanificherebbe il vostro impegno l'opera di LapianTiamo? In niente! Guardiamoci bene intorno: i nemici sono altrove e se tardiamo a rendercene conto quei nemici faranno passare ancora molto tempo prima di arrivare alla strada - ormai obbligata - della legalizzazione. Stati Uniti: a Baltimora per la morte di Freddie Gray incriminati sei agenti Corriere della Sera, 2 maggio 2015 Tutti e sei i poliziotti sono stati arrestati, ma in serata sono stati rimessi in libertà perché il loro sindacato ha pagato la cauzione: da 250 a 350 mila dollari. Tre bianchi e tre neri: sono sei i poliziotti di Baltimora incriminati con l'accusa di omicidio per la morte di un ragazzo afroamericano, Freddie Gray, che era stato arrestato senza motivo. L'annuncio a sorpresa l'ha dato ieri Marylin Mosby, la giovanissima (35 anni) procuratrice dello Stato del Maryland. Un passato di avvocato delle compagnie assicurative, la Mosby, eletta l'anno scorso "State Attorney" ed entrata in carica meno di quattro mesi fa, con questa decisione audace e presa a tempo di record (24 ore dalla consegna del rapporto della polizia e dell'esito dell'autopsia) è diventata la protagonista assoluta del caso che da una settimana scuote la città a maggioranza nera della "East Coast", tuttora in stato d'emergenza e soggetta a coprifuoco notturno. Tra i sei agenti incriminati - tutti quelli che hanno partecipato all'arresto di Gray - c'è anche una donna: Alicia White, una poliziotta di colore appena nominata sergente. È accusata, come altri quattro, di omicidio colposo oltre che di omesso soccorso e violazione delle regole di condotta della polizia perché l'arresto era immotivato e le grida di dolore di Gray sono state ignorate. L'imputazione più grave, omicidio di secondo grado, è per Caesar Goodson, l'agente che era alla guida del furgone che ha trasportato il detenuto. Tutti e sei i poliziotti sono stati arrestati, ma in serata sono stati rimessi in libertà perché il loro sindacato ha pagato la cauzione (da 250 a 350 mila dollari per ciascuno di loro). Le "union" degli agenti hanno sostenuto che la procuratrice ha preso una decisione frettolosa con un intento politico e l'hanno accusata di essere in conflitto d'interessi: il marito è un consigliere comunale che rappresenta il quartiere nel quale Freddie viveva ed è stato arrestato. Inoltre durante la campagna elettorale lei ha ricevuto grossi contributi da un avvocato, Billy Murphy, che è poi diventato il legale della famiglia Gray. Secondo gli agenti la Mosby avrebbe dovuto lasciare la decisione a un "Grand Jury", come hanno fatto i procuratori di altre città Usa. Ma la Mosby, una donna di colore figlia e nipote di poliziotti, è andata avanti come un treno respingendo tutte le accuse (tra l'altro anche il sindacato di polizia aveva finanziato la sua campagna elettorale) e ha dato la massima pubblicità al suo annuncio fatto a fine mattinata sulla scalinata del War Memorial Buiding. La rapidità della sua azione ha stupito tutti, anche chi chiedeva "giustizia subito": a Baltimora sono cominciate subito le manifestazioni di giubilo della popolazione nera della città davanti a cordoni di poliziotti chiaramente scossi. La città ora è divisa. La maggioranza degli abitanti è felice per l'incriminazione che segna una svolta rispetto a un passato di indagini sulle violenze commesse dalla polizia in molte parti d'America condotte in modo reticente, trascinate per mesi, con gli agenti, alla fine, quasi sempre assolti. Un gesto, quello della Mosby, che dovrebbe disinnescare le proteste - quelle civili e quelle violente - che scuotono da settimane questa metropoli a due passi da Washington. Dove Barack Obama non ha voluto commentare le decisioni dello "State Attorney", limitandosi a sottolineare che la gente, a Baltimora come nel resto d'America, si aspetta chiarezza su quello che è successo. Evidentemente la procuratrice ha giudicato i due rapporti ricevuti - quello degli investigatori e quello dei medici legali - sufficienti ad incriminare i poliziotti. L'autopsia, a quanto si sa, ipotizza esplicitamente l'omicidio, mentre l'indagine della polizia, pur citando la testimonianza di un altro detenuto che viaggiava sullo stesso cellulare secondo il quale Gray si sarebbe fatto male da solo, ferendosi volontariamente, certifica le gravi omissioni degli agenti: hanno ammanettato Freddie dietro la schiena e gli hanno legato le caviglie, ma non gli hanno messo la cintura di sicurezza. Il ragazzo è stato quindi sballottato durante la corsa del furgone che ha fatto quattro soste (e non tre come era stato dichiarato all'inizio). Il ragazzo rotolava sul pavimento e chiedeva aiuto, diceva di non riuscire più a respirare, ma nessuno ha chiamato un medico fino a quando il mezzo della polizia non è arrivato al commissariato. A quel punto Freddie era in arresto cardiaco. Morirà una settimana dopo, senza mai uscire dal coma. La procuratrice è certa della fondatezza giuridica delle sue decisioni, ma nel modo in cui si è mossa c'è anche l'intento politico di calmare la piazza e dare alla comunità nera un segnale di svolta. La stessa Mosby ha detto ieri di aver promesso alla famiglia di Gray di fare giustizia aggiungendo che la polizia dovrà rispondere dei suoi atti: "In questa città nessuno è sopra la legge". Una sortita che, in una città amministrata soprattutto da neri (di colore il capo della polizia, il procuratore e anche il sindaco, una donna) provoca eccitazione ma anche nervosismo: ieri alcuni manifestanti scesi in piazza agitavano cartelli nei quali si invocava la Mosby come primo cittadino di Baltimora al posto della Rawlings-Blake. Turchia: arrestati due giudici, secondo l'accusa ordinavano rilascio dei rivali di Erdogan Askanews, 2 maggio 2015 Le autorità turche hanno spiccato due mandati di arresto per i giudici che avevano disposto il rilascio di 75 detenuti coinvolti in un presunto complotto per rovesciare l'allora premier, oggi presidente turco, Recep Tayyip Erdogan. I giudici in questione hanno emesso un provvedimento di scarcerazione per 74 ex poliziotti e per il direttore dell'emittente Samanyolu TV, Hidayet Karaca. Tutti sono accusati di essere alleati con il nemico giurato di Erdogan, il predicatore Fethullah Gulen auto-esiliatosi negli Stati Uniti, e di lavorare con lui in uno stato parallelo con l'obiettivo di rovesciare il governo. La loro decisione è stata però bloccata da un tribunale di grado superiore e gli stessi giudici sono stati sospesi dall'Hsyk, l'equivalente turco del Consiglio superiore della magistratura. Una corte di Istanbul ha spiccato oggi i mandati di arresto per i giudici Metin Ozcelik e Mustafa Baser, sospettati di far parte di un'organizzazione illegale. Lo ha riferito l'agenzia di stampa Anatolia. Ozcelik è stato già arrestato, mentre Baser è al momento ricercato: lo hanno riportato il quotidiano Hurriyet e l'emittente televisiva Ntv. Russia: pilota ucraina detenuta trasferita in ospedale, ha interrotto sciopero della fame Askanews, 2 maggio 2015 Nadia Savchenko, la pilota militare ucraina agli arresti in Russia, ha interrotto lo sciopero della fame ed è stata trasferita in ospedale. Lo scrive l'agenzia di stampa Interfax, secondo quanto riferisca la portavoce del servizio penitenziario russo Kristina Belousova. "La detenuta Savchenko è stata trasferita all'Ospedale cittadino n. 20 oggi, dove sarà ulteriormente sotto osservazione e dove sono state preparate per lei delle terapie", ha detto Belousova, secondo la quale le condizioni della donna sono soddisfacenti. "Ha ripreso ad accettare - ha continuato - ieri di nuovo il cibo". Ieri un legale della pilota - sospettata di aver preso parte all'uccisione di due giornalisti russi nell'Ucraina orientale e di aver attraversato illegalmente il confine - aveva espresso preoccupazioni sullo stato di salute della donna. Savchenko, che in patria è considerata un'eroina, è stata eletta parlamentare a Kiev. Maldive: migliaia di persone in piazza chiedono libertà per l'ex presidente Nasheed Ansa, 2 maggio 2015 Migliaia di persone sono scese in piazza oggi a Male, capital delle Maldive, per protestare contro il "governo dittatoriale" del president Yameen Abdul Gayoom e chiedere "la immediate liberazione dell'ex presidente Mohamed Nasheed, condannato settimane fa a 13 anni di carcere da un tribunal antiterrorismo. Alla manifestazione ed al corteo convocati dal Partito Adhaalath, sono intervenute almeno 7.000 persone provenienti dagli atolli maldiviani e appartenenti a tutte le forze politiche dell'opposizione. Nonostante gli appelli alla calma lanciati dagli organizzatori, vi sono stati vari momenti di tensione, scaramucce fra dimostranti e polizia ed alcuni feriti. Da parte sua Ali Waheed, presidente del Partito democratico maldiviano (Mdp) di cui era leader Nasheed, ha rivolto un appello alla popolazione ricordando che "quello che scendono in piazza il Primo Maggio sono patrioti. Il mio consiglio è: non abbiate paura. Il mondo intero ci sta guardando".