Buon anno senza anno 2015 di Carmelo Musumeci Ristretti Orizzonti, 1 gennaio 2015 "La libertà non la si può perdere o imprigionare perché è dentro di noi. Io fuori non conoscevo la libertà, solo quando l'ho persa ho incominciato a scoprirla e solo dopo averla scoperta ho incominciato a sentirmi libero". (Diario di un ergastolano www.carmelomusumeci.com). Buon Anno a Papa Francesco che ha avuto il coraggio di dire che esiste la "Pena di Morte Nascosta". E agli Amanti che giocano all'amore, alle rondini che stanno scomparendo, a quelli che ridono al pigiar di un bottone, ai prigionieri che sono anche prigionieri di se stessi. Buon Anno al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, con la speranza che prima di dimettersi tramuti la "Pena di Morte Viva" in "Pena di Morte Morta" per tutti gli uomini ombra (come si chiamano fra loro gli ergastolani ostativi senza nessuna possibilità un giorno di uscire vivi dal carcere). E alle donne che ci seguono inconsolabili, irremovibili, irrinunciabili, ai sognatori di ogni età, ai nostri bimbi, a tutti i bimbi, a loro con il sorriso nostro. Buon Anno al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, con la speranza che decida di fare "Gli Stati Generali" sul carcere a Padova fra i prigionieri nella redazione di "Ristretti Orizzonti". E a quelli che ci vogliono legati, imbavagliati, zitti, sordi e cecati, agli occhi non distratti che ci guardano, ci spogliano, ci irradiano, ci consumano, ci privano, ci offendono, ci ridono e a volte ci uccidono, non una volta sola, ma un po' tutti i giorni e tutte le notti. Buon Anno al Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottor Santi Consolo con la speranza che prima che prenda qualsiasi decisione venga ad ascoltare e sentire i prigionieri e veda le nostre tombe che l'ordinamento penitenziario chiama stanze. Buon Anno al Capo del Governo, Matteo Renzi, che vuole riformare tutto ma non parla abbastanza di umanizzare e portare la legalità nelle nostre Patrie Galere. E agli onesti, ai balordi, ai malvagi, a quelli che non ci sono più, ma che sono sempre nei nostri cuori, ai potenti del mondo che pensano di poter vivere in eterno, a quegli uomini e donne che tanti ritengono inutili, ma che sono l'essenza della vita stessa. Buon Anno a tutti i parlamentari con la speranza che facciano presto una legge che conceda ai detenuti colloqui per potere scambiare un bacio una carezza con i propri familiari. E a quelli che uccidono i sogni ma che non sanno di essere già morti, a quelli che sono vivi ma non ci sono mai, alle stelle, al cielo, alle cose belle che non ci fanno dimenticare che abbiamo gli occhi, ma anche alle cose brutte, meschine, deplorevoli, anguste, limitate, miserevoli, che ci permettono di migliorare, a quelli che nel mondo migrano, lasciandosi alle spalle la storia, pensando di costruirne un'altra. Buon Anno a quelli che scrivono in continuazione cazzate come me così tanto per passar il tempo, a quelli che non sanno scrivere perché il cielo gli è crollato addosso, a quei cantanti e poeti, musicisti e pittori che ci hanno raccontato di ubriaconi e puttane, di drogati e ladri di eroi e pusillanimi, a quelli che ci sentono anche essendo lontani, a quelli che leggono libri e giornali, a quelli che non leggono mai, ai Comici, che quando ridono ci osservano, che quando noi ridiamo li osserviamo, che sono con noi, contro di noi, dentro di noi. Buon Anno a Dio con la speranza che mandi sulla terra un altro suo figlio per migliorare il cuore dei cattivi ma soprattutto quello di quei buoni, che condannano una persona ad essere cattivo, maledetto e colpevole per sempre. Un uomo ombra scrive a Milena Gabanelli di "Report" di Carmelo Musumeci Ristretti Orizzonti, 1 gennaio 2015 "Se continueremo a non fare nulla, se continueremo in questo modo invecchieremo e moriremo in carcere per niente perché è terribilmente sbagliato sprecare il carcere solo per espiare la pena. Lo so! I buoni vogliono che rimaniamo cattivi per strumentalizzarci e usarci per poi dimostrare che loro sono migliori di noi". (Diario di un ergastolano www.carmelomusumeci.com). Milena, sono uomo ombra (così si chiamano gli ergastolani ostativi fra loro) prigioniero nell'Assassino dei Sogni di Padova (così i prigionieri chiamano il carcere) condannato alla "Pena di Morte Viva" (così è chiamato l'ergastolo ostativo che ti esclude qualsiasi possibilità di morire un giorno da uomo libero) chiamata da Papa Francesco la "Pena di Morte Nascosta". Se vuoi sapere qualcosa di più dell'ergastolo ostativo ti puoi inserire nel sito www.carmelomusumeci.com e in quello www.ristretti.org. Ho sempre apprezzato il tuo programma e le tue inchieste che hanno spesso messo sotto i riflettori la politica corrotta, i poteri forti e gli affari sporchi, ma sinceramente la puntata di "Report" sul lavoro in carcere non mi è per nulla piaciuta per la sua mancanza di approfondimento. Ti confido che fino all'ultimo sono stato indeciso se scriverti pubblicamente perché non credo che una lettera ti possa fare cambiare idea. E allora ho pensato di scriverti invitandoti a venire nel carcere di Padova a parlare e a confrontarti con i detenuti della redazione di "Ristretti Orizzonti" per scoprire l'inferno che tanti nostri politici hanno contribuito a creare e mal governano nelle nostre Patrie Galere. Milena, si vuole che i detenuti prendano coscienza, si vuole che i prigionieri siano più responsabili, ma di fatto quasi sempre viene negata ogni responsabilità occupando i detenuti in lavori dequalificati. Ci si vuole costruttivi e positivi ma si crea in realtà un ambiente statico. Noi pensiamo che bisognerebbe riconoscere ai detenuti un ruolo attivo, non da semplice frequentatore delle patrie galere, per educarsi ed educare. Invece spesso ci sentiamo parcheggiati nel limbo in una situazione incerta e indefinibile per mancanza di risposte e di atti concreti. Milena, il lavoro in carcere dovrebbe essere ciò che è per tutti i cittadini liberi, cioè un diritto, un mezzo di sussistenza e uno strumento di integrazione sociale. Solo il lavoro remunerato potrebbe diventare un buon strumento di sviluppo dell'autonomia personale e del reinserimento. Solo in questo modo il lavoro in carcere darebbe al detenuto le risorse economiche da usare al momento dell'uscita (per non tornare subito a delinquere), per mantenere una eventuale famiglia all'esterno e, soprattutto, per far fronte ai bisogni propri del prigioniero nel periodo di detenzione. Milena, in prigione tutto costa, prodotti per l'igiene, generi alimentari per migliorare gli scarsi pasti quotidiani, mandare qualcosa a casa, comprare libri per studiare e tante altre cose. Sono fortemente contrario a fare lavorare i detenuti in lavori socialmente utili senza uno stipendio decoroso, perché una paga decente aiuta molto a fare calare la recidiva, ma serve anche una crescita interiore come quella che riescono a raggiungere alcuni di noi frequentando "Ristretti Orizzonti". E incontrando migliaia di studenti durante l'anno che ci "puniscono" molto di più di tanti inutili anni di carcere senza fare nulla. Milena, non è vero chi lavora in carcere ha meno probabilità di tornare a commettere reati, a meno che non percepisca uno stipendio dignitoso e non abbini il lavoro con altre attività sociali di confronto e di crescita. Se puoi e se vuoi scambiare due chiacchiere con i criminali e i mafiosi, che però hanno imparato la responsabilità e il confronto, vieni a trovarci in redazione, forse scoprirai che in carcere c'è solo carne da cannone sfruttata dai media e dai politici. Un sorriso fra le sbarre. Giustizia: Legnini (Csm); sto con Pignatone, la corretta informazione non è protagonismo di Donatella Stasio Il Sole 24 Ore, 1 gennaio 2015 Il vice del Csm Giovanni Legnini parla del "protagonismo" delle toghe, dei rapporti con la politica, dei casi Milano e Palermo e della comunicazione "cruciale per la credibilità della giustizia". Non ci sta a generalizzare l'accusa di "protagonismo" perché i magistrati "hanno diritto di esprimere le loro opinioni fatto salvo il dovere di riservatezza sui procedimenti assegnati" e perché "la corretta comunicazione di iniziative e decisioni giudiziarie è cruciale per il recupero di credibilità e il prestigio della giustizia". Perciò "sbaglia" chi accusa di "protagonismo" il Procuratore di Roma Giuseppe Pignatone che, parlando di Mafia-Capitale, ha fatto invece "corretta informazione". Il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini - 56 anni, eletto dal Parlamento (in quota Pd) dopo essere stato sottosegretario all'Editoria con il governo Letta e all'Economia con il governo Renzi - affronta in questa intervista i nodi più spinosi di questi primi tre mesi di consiliatura: dal presunto appiattimento del Csm sulla politica al caso Milano, dalla nomina del Procuratore di Palermo alle frizioni tra Renzi e le toghe. Presidente, si fa un gran dire che il conflitto politica-magistratura è alle spalle, che occorre reciproco rispetto, che sulle riforme bisogna cercare ampia convergenza...? e poi il premier, di fronte alle critiche delle toghe, risponde che "l'Anm sarebbe più apprezzata dagli italiani se parlasse con le sentenze, come il 99% dei magistrati", negando che sia un interlocutore (pur rappresentando il 99% dei magistrati). Ma così non si ripropone surrettiziamente la "delegittimazione" delle toghe di berlusconiana memoria? Fin dall'inizio del mio mandato ho detto che avrei fatto in modo che nei fatti si evidenziasse il ruolo ben distinto di Anm e Csm. Io posso parlare per il Consiglio mentre non posso dire nulla sul vivace scambio di vedute tra Anm e premier. Il Csm ha tra i suoi compiti istituzionali quello di parlare con il governo attraverso pareri e proposte. Lo abbiamo già fatto, sul dl sul civile e sul ddl sulla responsabilità civile dei magistrati, e continueremo a farlo con determinazione e appropriatezza. Devo dire che lo stesso ministro della Giustizia, nel plenum dell'11 novembre, ha sollecitato un rafforzamento di questa nostra prerogativa attraverso la presentazione anche di proposte. Perciò abbiamo deciso di riproporre, dopo 4 anni, la relazione al Parlamento, il cui iter è cominciato il 22 dicembre, che avrà due temi principali: l'organizzazione e le riforme. Quanto alla delegittimazione, ove iniziative legislative fossero lesive delle prerogative dei magistrati, e quindi delegittimanti, noi reagiremmo, perché compito del Csm è anche tutelare il loro prestigio e autorevolezza, beni preziosi per la giustizia e la democrazia. Le critiche argomentate alle scelte del governo non dovrebbero essere considerate una patologia. Eppure la politica continua a rappresentarle come usurpazione di potere e fa pressione per silenziarle o attenuarne i toni, anche con questo Csm. Ma così non si svilisce, tra l'altro, la dialettica istituzionale? Rivendico il diritto-dovere del Csm di esprimere pareri, perché lo prevede la legge. Ritengo che la polemica sulla "terza Camera" sia datata e archiviata. Va da sé che quando si dà un parere si esprime un consenso o un dissenso. Se c'è stata qualche mia mediazione è stata solo per concentrare le critiche sull'adeguatezza del testo rispetto alle sue finalità e al suo impatto, evitando invasioni sulle diverse opzioni di politica giudiziaria. Se ci manteniamo nel perimetro delle nostre prerogative è probabile che la voce del Csm si riveli più forte e autorevole. Governo e Parlamento potranno non tenerne conto, ma noi vogliamo svolgere questo compito fino in fondo. Quindi: nessun atteggiamento rinunciatario ma volontà di dare un contributo a buone riforme, come quella sulla tenuità del fatto. I rapporti tra Csm e politica sembrano cambiati e tra i laici di centrodestra e centrosinistra prevale un inedito unanimismo. C'è chi parla di appiattimento sulle posizioni di governo. Tra gli "indizi" spicca la singolare maggioranza che ha eletto Francesco Lo Voi Procuratore di Palermo a dispetto dei criteri più volte richiamati nella scelta dei dirigenti (capacità organizzativa in primis). Tutti i laici hanno fatto quadrato, a prescindere da quei criteri, sul candidato di Magistratura indipendente, il cui leader - Cosimo Ferri - è sottosegretario alla giustizia. Più che di condizionamenti correntizi, forse si tratta di condizionamenti politici? Assolutamente no. Escludo categoricamente qualunque ingerenza, mio tramite o tramite altri laici, del governo e delle parti politiche sulle scelte fatte e future. Altra cosa è il ruolo dei laici eletti dal Parlamento. Sì, noi stiamo favorendo un punto di vista dialettico e autonomo dei laici anche per corrispondere di più all'ispirazione costituzionale sulla composizione del Csm e perché questa autonomia di pensiero e di proposta della componente laica può costituire il lievito per superare le pratiche deteriori del correntismo. La dimostrazione è proprio il caso-Palermo: dissi con chiarezza che qualora non fosse maturata una larga intesa sul capo della Procura - e non è un mistero che io abbia lavorato in modo trasparente per una soluzione largamente condivisa - di fronte alla persistente divisione delle tre componenti togate il punto di vista dei laici sarebbe risultato decisivo. E così è andata e io rivendico di aver garantito la correttezza del confronto e del voto su questa importante scelta. Resta il fatto che Lo Voi, senza nulla togliere al suo curriculum ineccepibile, non ha mai ricoperto un incarico direttivo né semidirettivo, ha fatto il Pm solo per 7 anni su 30 di carriera, non fa indagini da 17 anni, svolgeva un'esperienza fuori ruolo in Eurojust (nominato dallo stesso governo che ha voluto Ferri sottosegretario), non ha un'esperienza antimafia paragonabile a quella di Sergio Lari e Antonio Lo Forte, la cui storia professionale meritava forse maggiore riconoscimento. Sembra che tutte le regole siano saltate alla prima nomina politicamente sensibile. Segnalo che la valutazione sulle elevate qualità dei tre candidati ha accomunato l'intero Csm, che in commissione li ha selezionati. Se ci fosse stata una preclusione regolamentare su Lo Voi, bisognava rilevarla prima di portare la sua candidatura in plenum. Poiché io non sono lo sponsor né di Lo Voi né degli altri candidati, posso dire che trovo singolare, a proposito della valutazione curriculare e del rispetto delle regole, che non si valuti o si valuti in modo riduttivo che Lo Voi abbia rappresentato l'Italia nell'organismo europeo di cooperazione giudiziaria e coordinamento investigativo di gran lunga più importante che c'è, anche nella lotta alla criminalità organizzata. E trovo singolare che nel momento in cui le mafie si globalizzano, si dica che il candidato con maggiore comprovata esperienza internazionale sulla lotta alla criminalità organizzata non sia adeguato. Il confronto non è stato tra chi ha avuto un'importantissima esperienza sul campo nelle indagini antimafia - cosa di cui siamo grati a Lo Forte e a Lari - e un candidato che non ha fatto nulla in materia. Ma è stato tra i due suddetti candidati e un magistrato che ha acquisito quella caratura internazionale di cui dicevo prima. In sostanza: vale di più aver svolto la funzione di capo di un'importante Procura o quella di membro di Eurojust? Si possono avere opinioni opposte ma non si può dire che la comparazione è con il niente. Sono esperienze diverse che legittimavano tutte le candidature. Lo ha detto prima: lei ha mediato affinché il prescelto avesse un ampio consenso. Non è andata così. La considera una sua personale sconfitta? Inoltre, se i togati di Area avessero votato Lo Forte, com'erano disposti a fare, si sarebbe andati in parità e il suo voto sarebbe stato decisivo: per chi avrebbe votato tra Lo Forte e Lo Voi? La convergenza di Area sul candidato di Unicost - Lo Forte - si è verificata solo con la seconda dichiarazione di voto, quando gli orientamenti erano già definiti. In secondo luogo, ove il mio voto fosse risultato decisivo, lo avrei espresso assumendomi una responsabilità importante, ma non le dirò chi avrei votato. Infine, non ritengo affatto un insuccesso il tentativo di mediazione, che anzi, pur essendo stato infruttuoso, ha finito per rafforzare la scelta che il Csm, in piena libertà, ha compiuto nominando un Procuratore con la maggioranza assoluta dei voti e all'esito di un confronto serrato e appassionante. Oggi (ieri, ndr) Lo Voi si è insediato - a lui e a tutta la Procura di Palermo faccio gli auguri - e questo è un successo del Csm perché c'era bisogno di una decisione tempestiva e trasparente. Il caso-Palermo ripropone il conflitto di interessi di chi è insieme magistrato leader di un gruppo (in questo caso, Mi) e membro del governo. Il caso-Ferri, che qualche mese fa - stando alle dichiarazioni del premier e del guardasigilli - sembrava dovesse risolversi con il "licenziamento" del sottosegretario e che ha avuto grande risonanza mediatica, è ancora lì, irrisolto, nell'indifferenza generale. Le sembra politicamente coerente? Sarebbe davvero eccessivo, a proposito della distinzione tra poteri, che io mi esprimessi sull'asserito conflitto di interessi del sottosegretario Ferri. Non posso e non voglio farlo. Posso solo dire che quando si tratta di acquisire la volontà del gruppo di Mi, mi confronto esclusivamente con i togati di Mi e con il loro portavoce Claudio Galoppi, non con il sottosegretario Ferri. Il Capo dello Stato ha ricordato che è la legge ad aver accentuato il ruolo gerarchico del Procuratore della Repubblica, cui spetta il potere-dovere di organizzazione della struttura, di assegnazione degli affari nonché di uniforme esercizio dell'azione penale. Ruolo che però il Csm fatica a riconoscere, con ricadute anche paradossali, come nello scontro Bruti-Robledo a Milano. Non crede che questa "resistenza" abbia contribuito a gettare discredito sulla Procura e chi la guida? Anzitutto condivido il punto di vista del Capo dello Stato, al quale va la mia gratitudine per i suoi preziosi contributi. Nel merito, poiché la "resistenza" c'è, abbiamo deciso di aprire una pratica su questa delicata e importante questione per definire un orientamento interpretativo e regolamentare. Spero che nelle prossime settimane la commissione incaricata produca le sue conclusioni da sottoporre al plenum. Poi, certo, c'è il versante di una possibile modifica legislativa e anche su questo ci faremo carico di formulare proposte. Il tema non è banale perché l'assetto verticistico delle Procure è una scelta legislativa acclarata ma l'autonomia interna dei Procuratori spesso produce un'effettiva tensione con il Procuratore capo. Se il Pm ha totale autonomia investigativa, esterna e interna, come si concilia questa autonomia con i poteri organizzativi penetranti del capo dell'ufficio? È dentro questo conflitto funzionale che si posizionano i diversi punti di vista che proveremo a comporre. Caso-Milano: lei ha tentato una mediazione con Bruti e Robledo. Come pensava di risolvere bonariamente il caso? Anzitutto la mediazione è ancora in corso. La prima commissione è infatti convocata il 12 gennaio per decidere se avviare la procedura di trasferimento d'ufficio, per uno o per entrambi. Va da sé che ove il mio tentativo dovesse avere esito positivo, la procedura si arresterebbe. Avrà letto le motivazioni con cui la Procura generale della Cassazione ha archiviato le incolpazioni contro Bruti sul caso-Ruby, escludendo gli addebiti che, indirettamente, gli muoveva il Csm. Su quella base, com'è pensabile un trasferimento d'ufficio di Bruti? I profili disciplinari di questa vicenda sono stati, per una parte consistente, definiti con l'archiviazione. Per un'altra parte sono ancora all'esame del Pg, che deve decidere se promuovere l'azione disciplinare nei confronti di uno o di entrambi. Dopodiché, ove in ipotesi ci fosse il rinvio a giudizio in sede disciplinare, per questo o quel fatto contestato, il procedimento di trasferimento d'ufficio potrebbe fermarsi. Staremo a vedere. Il "protagonismo" dei magistrati sembra una piaga della magistratura, a giudicare dalla frequenza con cui viene evocato e dal risalto mediatico. È un'accusa pesante, che forse andrebbe circostanziata, con nomi e cognomi, per non generalizzare ed evitare che diventi una sorta di anatema preventivo, e al tempo stesso un alibi, quando invece sarebbe importante, persino doveroso, comunicare meglio il proprio lavoro, senza violare doveri di riservatezza o di indagine. Il problema di una comunicazione della giustizia più trasparente, veloce e comprensibile per i cittadini è reale, ma non rischia di essere archiviato "grazie" all'anatema/alibi del "protagonismo"? Il rapporto tra giustizia e comunicazione, ovvero la corretta comunicazione delle iniziative e delle decisioni giudiziarie, è cruciale per il recupero di credibilità e il prestigio della funzione giurisdizionale. L'intero Csm condivide la necessità di affrontarlo e di pervenire a una qualche autoregolamentazione per definire modalità comunicative corrette e tempestive. I recenti casi eclatanti di processi di fortissimo impatto mediatico e sull'opinione pubblica - Eternit, Cucchi, L'Aquila, Bussi - ne sono una dimostrazione evidente. Sono stati scritti centinaia di articoli e commenti senza che a tutt'oggi si conoscano le motivazioni delle decisioni. Il che costituisce una patologia nel rapporto tra l'esito dei processi e il diritto/dovere dell'informazione. Detto questo, sul protagonismo condivido che generalizzare è un errore, anche se casi di protagonismo eccessivo si sono verificati e sono deprecabili. I magistrati hanno diritto, al pari di altri cittadini, di esprimere le loro opinioni ma devono osservare il principio di riservatezza sui procedimenti loro assegnati, almeno fino alla decisione definitiva. Il Procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, anche in una lunga intervista al Sole 24 Ore, ha spiegato i contenuti, anche tecnici, dell'inchiesta mafia-capitale: secondo lei ha peccato di protagonismo, come dice qualcuno? Assolutamente no. Ho letto e molto apprezzato l'intervista in cui il Procuratore Pignatone ha fornito corrette informazioni sugli atti del procedimento, che sono ampiamente pubblici, nel senso che sono nella disponibilità delle parti e che voi giornalisti avete potuto leggere per intero. Il Procuratore Pignatone ha fatto una corretta informazione, che è cosa molto diversa dal protagonismo. Il giudice Esposito - presidente del collegio della Cassazione che ha condannato Berlusconi nel processo Mediaset - è stato prosciolto dalla Sezione disciplinare dall'accusa di aver violato il dovere di riserbo. Senza anticipare la motivazione, si può dire che il Csm ha riconosciuto l'esigenza di comunicazione di cui si era fatto carico Esposito per spiegare alla stampa una decisione che stava suscitando letture distorte? Se rispondessi prima del deposito della sentenza, avendo presieduto la Sezione disciplinare, incorrerei nell'errore del giudice Esposito. Che però è stato prosciolto… Vero. Ma non c'è dubbio che Esposito abbia commesso un errore, al di là dell'esito del procedimento, nel quale abbiamo approfondito molto il tema della comunicazione dell'ufficio giudicante dopo la lettura del dispositivo e prima del deposito della motivazione. La Cassazione ha da tempo trovato una modalità di comunicazione interna, rappresentata dalla cosiddetta "informazione provvisoria", ovvero una motivazione sintetica che anticipa la motivazione. Ecco, un rafforzamento di tale modalità di esternazione delle sentenze potrà evitare, in futuro, il ripetersi di casi come quello di Esposito. Dopodiché abbiamo attentamente ascoltato le registrazioni del colloquio tra Esposito e il giornalista che lo ha intervistato, e con il deposito della sentenza si chiariranno le puntuali ragioni della decisione. Il ministro Orlando ha preso solennemente degli impegni davanti al Csm: assumere 1.000 cancellieri, visto che gli uffici giudiziari sono al collasso, garantire un'uscita graduale delle toghe prepensionate in funzione dei nuovi ingressi in magistratura. Ma il concorso dei cancellieri è di là da venire; quello per 300 nuovi giudici è alle primissime battute e di scaglionamento delle uscite non se ne parla. Non crede che di questi impegni un ministro debba rendere conto? Lei è disposto a chiedergliene conto? Abbiamo ascoltato e apprezzato gli impegni assunti dal guardasigilli. Il tema dell'organizzazione, che per larga parte spetta al ministro della Giustizia, lo consideriamo centrale, anche nell'attività del Csm. Vogliamo che la magistratura e il Csm siano parti attive nella diffusione delle "buone pratiche". La carenza di personale amministrativo è nota da tempo ed è grave. Ho informalmente fatto una proposta al governo e al ministro: si approvi una norma che favorisca la mobilità di 5mila dipendenti delle Province agli uffici giudiziari, prevedendo un'adeguata formazione anche per far decollare l'ufficio del processo e lo sviluppo del processo civile telematico. In questo modo risolveremmo una parte importante del necessario recupero di efficienza degli uffici visto che, com'è noto, molti Tribunali e Corti potrebbero tenere più udienze per smaltire l'arretrato ma non possono farlo per carenza di personale. E sullo scaglionamento delle uscite dei giudici prepensionati? Da una precisa ricognizione degli incarichi direttivi e semi direttivi da conferire nel prossimo anno e nel triennio successivo risulta che nel 2015 dovremo conferirne circa 500, quasi il triplo della media degli ultimi 8 anni. Abbiamo altresì sollecitato governo e Parlamento a farsi carico non già di rimettere in discussione l'abbassamento dell'età pensionabile ma di articolare il ricambio, il più esteso da sempre, non in uno ma in due anni. Sarebbe un atto di buona amministrazione. Giustizia: Pedica (Pd); attenzione a carceri tutto l'anno, no a passerelle di capodanno 9Colonne, 1 gennaio 2015 "Sulle carceri bisogna richiamare l'attenzione tutto l'anno e non solo a Capodanno o a Ferragosto. I problemi dei detenuti non devono diventare il pretesto per qualche passerella mediatica nei giorni di festa". È quanto afferma Stefano Pedica del Pd, che aggiunge: "I detenuti - sottolinea Pedica - non possono essere strumentalizzati per un po' di visibilità mediatica. La solidarietà si esprime tutto l'anno e non ha bisogno di telecamere. Ogni giorno bisogna pensare ai problemi di chi vive in carcere ma anche di chi vi lavora. È necessario verificare se le strutture sono a norma, se le condutture dell'acqua e i termosifoni funzionano e se la pulizia è sufficiente. Questo è il compito della politica. E invece, tra domani e dopodomani, assisteremo alla solita passerella a uso e consumo di tv e fotografi mentre dal 2 gennaio i detenuti torneranno a vivere con i loro problemi", conclude l'esponente Pd. Giustizia: la madre di Loris "Sono innocente": Attesa per udienza Riesame domani Agi, 1 gennaio 2015 C'è attesa per la decisione del Tribunale del Riesame di Catania riunitosi ieri e che ha aggiornato a domani l'udienza, alle 10.30, per pronunciarsi sulla richiesta di scarcerazione di Veronica Panarello. È un mesto capodanno in carcere per la donna accusata dalla procura di Ragusa di avere ucciso il figlio di otto anni, Loris Stival, a Santa Croce Camerina, lo scorso 29 novembre. "Sono innocente", continua a ripetere la giovane mamma che il legale Francesco Villardita descrive "serena e fermamente convinta a sostenere ancora la sua innocenza". L'ultima parola circa la richiesta di libertà spetta al presidente del collegio del Tribunale del Riesame, Maria Grazia Vagliasindi. Legale madre: parecchie criticità in quadro accusa "Ogni volta che si studia un processo si trova sempre qualche criticità e ritengo che di criticità in questa vicenda processuale ne abbiamo trovate parecchie e anche, devo dire, rilevanti. Ora sarà il tribunale a decidere". Lo ha detto l'avvocato Francesco Villardita, il legale di Veronica Panarello, in carcere con l'accusa di aver ucciso il figlio di otto anni a Santa Croce Camerina (Ragusa) e di averne occultato il cadavere, in attesa della sua assistita che parteciperà, a Catania, all'udienza del Tribunale della Libertà che deve decidere sul ricorso contro la scarcerazione. "La mia linea difensiva - ha aggiunto Villardita - punterà sulla confutazione di tutti gli elementi che sono stati ritenuti gravi indizi di colpevolezza da parte del giudice e sarà supportata, oltre che da argomentazioni logico, giuridiche e di carattere empirico, anche da consulenze di esperti". Salerno: detenuto morto per infarto, il pm archivia il caso, i Radicali chiedono l'indagine di Emilio D'Arco La Città di Salerno, 1 gennaio 2015 Era lo scorso ottobre quando alla vedova dell'ex detenuto Carmine Tedesco arrivò la notizia della richiesta di supplemento d'indagine firmata dal giudice per l'udienza preliminare, Renata Sessa. Delle indagini che servivano a far luce sui motivi che avevano portato al decesso, all'interno della Sezione detenuti del San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona, del 58enne originario di Montecorvino Rovella a causa di un infarto del miocardio. Aria per la vedova Anna Sammartino, che in più occasioni aveva dichiarato che non si sarebbe mai fermata fino a quando non avesse avuto giustizia. Il 3 dicembre la doccia fredda, con la richiesta, da parte del sostituto procuratore della Repubblica, Roberto Penna, di archiviazione del caso dopo nemmeno un mese di indagini. Indagini totalmente insufficienti, secondo l'avvocato difensore della famiglia Tedesco, Massimiliano Franco, che ieri ha definito assurde le motivazioni di questa seconda archiviazione, annunciando battaglia. "Secondo la richiesta d'archiviazione - spiega Franco - si sarebbe dovuto tenere conto della precaria logistica della Sezione detenuti dell'ospedale che non prevedeva la presenza continua di un medico, praticamente condannando a morte Tedesco. Ci è sembrato anche assurdo il modo nel quale il sostituto procuratore Penna abbia condotto le indagini a carico dei sei indagati, ovvero senza mai presentare una testimonianza delle persone presenti quella sera, nonostante un accurato rapporto non solo delle forze di polizia penitenziaria, ma anche degli infermieri di turno". Insieme all'avvocato Franco, all'avvocato Fiorinda Mirabile segretaria del circolo "Franco Fiore" e alla vedova Sammartino è stato Donato Salzano, segretario cittadino dei Radicali di Marco Pannella a fare delle precise richieste per far si che le indagini continuino: "Chiediamo tre incontri per far si che le istituzioni siano di nuovo garanti del diritto alla vita dei cittadini. Il primo con il sindaco di Salerno, affinché convochi il comitato per la sanità pubblica e verifichi lo stato d'assistenza nelle nostre carceri; il secondo con il vescovo Moretti; infine con il procuratore capo Corrado Lembo, per discutere sull'inadeguatezza delle indagini". Monza: in prigione 14 giorni da innocente, incubo per un collezionista d'arte di Gabriele Bassani Il Giorno, 1 gennaio 2015 Intercettazione mal interpretata, ora il collezionista Pasquale De Domenico si prepara a chiedere i danni. Una telefonata intercettata e male interpretata è costata due settimane di carcere e oltre due anni e mezzo di preoccupazioni ad un imprenditore cogliatese, incensurato. La vittima di questa vicenda sconcertante è Pasquale De Domenico, collezionista ed esperto d'arte, finito suo malgrado nell'inchiesta sul maxi furto alla gioielleria Scavia di via Della Spiga a Milano, avvenuto nel febbraio del 2011. Il 23 maggio del 2012, ironia della sorte o beffa del destino, giorno del suo compleanno, uomini della Polizia bussano alla casa cogliatese di De Domenico, in via Piave, prima dell'alba, con un mandato di arresto. Quello stesso giorno aveva un volo prenotato per tornare nella sua Sicilia, di cui è originario a dare sepoltura alla madre nella tomba di famiglia. Ma da quel momento la sua vita non è stata più la stessa. Gli agenti hanno perquisito le stanze dell'abitazione alla ricerca di "un oggetto a forma di palla" che non trovano, poi prelevano De Domenico e lo conducono in Questura a Milano per le formalità, quindi in carcere a Brescia. È accusato di avere venduto gioielli "di sicura provenienza delittuosa". Per gli inquirenti sarebbe uno dei ricettatori, in particolare di un oggetto "a forma di palla" di cui De Domenico ha parlato al telefono con uno tra i più noti antiquari di Milano, il cui apparecchio era sotto controllo. Ma l'oggetto della discussione era un vaso Gallè, che De Domenico aveva regolarmente acquistato alla Fiera antiquaria di Parma nel 2011, con tanto di fotografie, descrizione e fattura e che proprio nel maggio del 2012 ha lasciato in conto vendita all'antiquario milanese. Sarebbe bastato accertare questo, con tutti i documenti alla mano, nel giro di un paio d'ore, per evitare a De Domenico 14 giorni di carcere in una cella piccolissima, a Brescia, con altri 5 detenuti. Invece ci vogliono 2 giorni prima di poter parlare con il Gip, poi altri 10 giorni per incontrare il pubblico ministero a cui spiegare le sue ragioni, evidentemente convincenti, tanto che lo stesso Pm produce subito un'istanza di scarcerazione, che però ha bisogno di altri 2 giorni per essere visionata ed accolta. "Sono stato rilasciato l'8 giugno, un venerdì, alle 17, non ho potuto nemmeno riprendermi i 70 euro che avevo in tasca al momento dell'arresto, perché la cassa del carcere era già chiusa. Mi hanno dato un foglio per poter salire sul treno senza biglietto", racconta De Domenico. Ma per potersi sentire definitivamente "al sicuro", ha dovuto attendere altri due anni, fino a quando, finalmente, è entrato in possesso dell'atto di archiviazione della sua posizione. Poi ha aspettato altri 6 mesi perché l'archiviazione diventasse definitiva e solo ora ha potuto avviare la pratica per chiedere il risarcimento dei danni. "Ma non mi faccio illusioni", commenta. Foggia: blitz dei Radicali al carcere "strutture obsolete e detenuti in sovrannumero" www.foggiatoday.it, 1 gennaio 2015 Guardie penitenziarie insufficienti, condizioni generali di degrado scarsa assistenza medico-sanitaria: ecco l'impietosa "fotografia" degli attivisti dell'associazione Mariateresa Di Lascia. Detenuti in sovrannumero e guardie penitenziarie assolutamente insufficienti, condizioni generali di degrado scarsa assistenza medico-sanitaria. È questa l'impietosa fotografia che viene fuori dal blitz degli attivisti dell'associazione radicale Mariateresa Di Lascia che ieri mattina hanno fatto visita al carcere di Foggia. Una struttura che dovrebbe ospitare 270 detenuti, almeno per questo numero era stato progettato e costruito. In passato, nei momenti peggiori ne ha ospitati anche 800, oggi ce ne sono 520, a fronte di una cosiddetta "capienza tollerabile" di 540. "Cosa significano questi numeri? - spiegano - Una cosa molto semplice: nel carcere di Foggia i detenuti vivono male, in condizioni che possiamo tranquillamente definire degradanti e disumane, costretti a condividere piccoli e sporchi spazi per quasi tutte le ore del giorno e della notte". Nel carcere di Foggia le strutture sono obsolete, "ad esempio i detenuti hanno docce comuni fuori dalle celle, sporche e malandate, in cui spesso non c'è l'acqua calda. Nel carcere fa freddo. La differenza di temperatura tra esterno e interno non si avverte. I detenuti non svolgono in massima parte alcuna attività lavorativa. A parte pochissimi impegnati in cucina, o come scopini e quei fortunati, una decina forse, che svolgono attività all'esterno, tutti gli altri trascorrono, le ore, i giorni, le settimane, i mesi e gli anni della loro detenzione a non far nulla, se non litigare tra di loro, mangiare, giocare a carte, pochi, pochissimi a leggere". Gli stranieri sono 88, i "giovani-adulti" - come chiamano tecnicamente in carcere gli under 21 - sono 55, ben 136 sono seguiti dal presidio del Sert, e 12 di questi sono trattati con metadone o similari. Due persone sono in carrozzella, uno è in dialisi. Altri lamentano varie patologie e tutti i detenuti si lamentano dell'assistenza medica. Gli stessi operatori sanitari si lamentano delle condizioni in cui sono costretti a lavorare, per la carenza del personale e la mancanza di un servizio di reperibilità, che li costringe in pratica a non ammalarsi mai, loro i medici, poiché non potrebbero essere sostituiti. "Nel carcere di Foggia è possibile, ci hanno detto, effettuare visite specialistiche con l'infettivologo, l'ortopedico, il fisiatra, l'oculista, l'internista, il radiologo. Non c'è il ginecologo, benché vi sia un reparto femminile. È possibile fare esami radiologici, solo che, non si capisce perché, se si mettono in funzione le apparecchiature, "salta il contatore". Così come non si riescono a fare gli interventi odontoiatrici perché spesso i macchinari sono fuori uso. C'è poi il capitolo farmaci", spiegano. "La farmacia territoriale fornisce unicamente determinate tipologie di farmaci e non tutti quelli disponibili normalmente in commercio". Non c'è una infermeria con letti di degenza, il detenuto ammalato resta in cella. "Vi è poi il reparto femminile. Ci sono in questo momento 26 detenute, di cui 6 definitive, 3 ricorrenti, 16 in attesa di giudizio. I reati prevalenti sono legati all'uso di droghe e alla prostituzione, molte sono le straniere, che spesso parlano pochissimo l'italiano e sono quindi due volte prigioniere, del carcere e della incapacità di comunicare adeguatamente. Il reparto femminile è un "gioiello" rispetto agli altri reparti del carcere. Pulito, decoroso, anche se anche qui le detenute hanno le docce fuori dalle celle". "Nel reparto non ci sono bambini, non ce ne sono stati più dopo le denunce fatte due anni, a seguito di una nostra visita ispettiva in cui trovammo tre bimbi di cui uno di 20 giorni. Nelle carceri italiane i bimbi, purtroppo ci sono ancora. Questa minima battaglia di civiltà è ancora di là da essere vinta. La Polizia penitenziaria è drammaticamente sotto organico, ci vorrebbero il doppio degli agenti in servizio. Fanno turni massacranti in condizioni di grande disagio. Nei turni, ad ognuno di loro tocca un braccio con non meno di 60/70 detenuti. Sono generalmente stanchi e sfiduciati, alcuni di loro covano un profondo sentimento di rabbia". Catania: resoconto della visita di ieri dei Radicali al carcere di Piazza Lanza www.radicali.it, 1 gennaio 2015 Mercoledì 31 dicembre 2014, nell'ambito del "Satyagraha di Natale con Marco Pannella", una delegazione composta da Luigi Recupero (segretario dell'associazione Radicali Catania e membro del Comitato nazionale di Radicali Italiani), Gianmarco Ciccarelli (Comitato nazionale di Radicali Italiani), Patrizia Magnasco (direzione Radicali Catania) e Vito Pirrone (presidente dell'Associazione nazionale forense di Catania) ha effettuato una visita presso la casa circondariale di Catania Piazza Lanza. La delegazione è stata accompagnata nella visita dalla vicedirettrice dott.ssa Gruttadauria e dal comandante di polizia penitenziaria Tramontana. I detenuti attualmente presenti nel carcere di piazza Lanza sono 361 (di cui 342 uomini e 19 donne); come risulta dal sito del ministero della Giustizia, erano 341 alla data del 31 luglio 2014. La capienza regolamentare effettiva dichiarata dal ministero della Giustizia è di 238 posti: questo dato appare leggermente superiore alla reale capienza regolamentare effettiva del penitenziario catanese. Rispetto ad alcuni anni fa, quando sono state toccate punte di 600 detenuti, il tasso di affollamento nel carcere di piazza Lanza è notevolmente diminuito. Tuttavia permane una situazione di sovraffollamento: nelle celle dei reparti maschili "Amenano" e "Simeto", di circa 20 mq, sono ospitati cinque, sei e in alcuni casi sette detenuti, con uno spazio quasi sempre inferiore ai tre metri quadrati calpestabili per ciascun detenuto. In alcune sezioni è stato introdotto il regime delle "camere aperte", con possibilità per i detenuti di uscire dalle camere di pernottamento dalle ore 9 alle ore 17. Il reparto "Nicito" (isolamento) è stato recentemente interessato da una profonda ristrutturazione e oggi si presenta conforme alla normativa vigente; in questo reparto al momento della visita non era presente alcun detenuto. Con riferimento alla posizione giuridica, sono presenti 241 imputati in attesa di primo giudizio, 74 appellanti, 11 ricorrenti in Cassazione e 35 condannati in via definitiva. Circa un terzo della popolazione detenuta è composta da stranieri; si segnala, a tal proposito, l'assenza all'interno della struttura dei mediatori linguistici. Accanto al sovraffollamento persiste una carenza di agenti di polizia penitenziaria: la pianta organica prevede 440 unità, gli agenti assegnati sono 334 e quelli effettivamente in servizio sono 253; i turni di servizio degli agenti sono della durata di otto ore e si articolano su tre quadranti orari nelle ventiquattrore, sebbene l'accordo quadro preveda turni di sei ore articolati su quattro quadranti orari. L'assistenza psicologica risulta inadeguata: soltanto 36 ore mensili per l'attività di "osservazione e trattamento", mentre il presidio "nuovi giunti" può contare su una copertura mensile di 155 ore. Una delle criticità segnalate dalla vicedirettrice è legata alla circostanza che l'assistenza sanitaria dipende ancora dal ministero della Giustizia, poiché la Regione Siciliana non ha ancora effettuato il trasferimento in capo alle Asl. Un'altra grave criticità è rappresentata dalla carenza di attività trattamentali e dalla carenza di risorse destinate a tali attività. I detenuti che lavorano sono meno del 20% della popolazione detenuta, e soltanto le donne hanno la possibilità di lavorare con cooperative interne (pasticceria e lavorazione del feltro), mentre gli uomini possono effettuare lavori non professionalizzanti (scopino, porta vitto, etc.) alle dipendenze dell'Amministrazione penitenziaria. Il reparto femminile "Etna" si presenta in condizioni fatiscenti e nelle finestre delle celle, oltre alle sbarre, sono applicate reti a maglia stretta. Il personale riferisce che è quasi pronta la nuova sezione femminile appena ristrutturata e che nelle prossime settimane sarà avviato il trasloco. Gli ambienti detentivi del carcere di piazza Lanza sono privi di riscaldamento. Minano: Radicali davanti al Comune per richiamare attenzione su problema delle carceri Agi, 1 gennaio 2015 Presidio di fine anno davanti a Palazzo Marino per richiamare l'attenzione del sindaco Giuliano Pisapia sul problema delle carceri. Il radicale Lucio Bertè, già Consigliere regionale dal 2003 al 2005, è stato davanti alla sede del Comune dalle ore 18 di ieri fino alle prime ore del 2015, "nel nome di ogni Detenuto Ignoto, per ricordare al Sindaco il suo dovere di intervento". L'esponente radicale lo annuncia in una nota nella quale ricorda che "l'allarme lanciato dai medici penitenziari impone ai sindaci di intervenire come ufficiali del governo in materia di prevenzione sanitaria contro i rischi di epidemia per la popolazione generale". Intanto Bertè è impegnato a fianco di Marco Pannella nell'azione nonviolenta "Satyagraha di Natale" per far ristabilire subito, con amnistia e indulto, la legalità della Repubblica, come chiesto dal Presidente Napolitano, da Papa Francesco e dal Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria che a luglio ha ispezionato le nostre carceri. Con il presidio di oggi l'Associazione radicale ‘il detenuto ignoto', intende chiedere conto al sindaco della "mancata attuazione, da tre anni, della delibera per verificare le condizioni di salute dei detenuti e l'abitabilità delle singole celle nelle carceri milanesi". Dal marzo scorso, il Presidente della Società italiana di medicina e sanità penitenziaria (Simspe) ha lanciato l'allarme per il rischio di epidemie per la popolazione generale a partire dalle carceri e ha dichiarato: "i dati ufficiali sottostimano la situazione effettiva. È una vera e propria emergenza, perché la tutela della salute nelle carceri è un problema di salute pubblica, in quanto si traduce sull'intera collettività". La necessità di dati certi è confermata anche dal Cosp (Coordinamento Sindacale Penitenziario), mentre a dicembre 2014 il Si.Di.Pe. (Sindacato dei Direttori Penitenziari) - nonostante il criterio dei 3 mq netti/persona stabiliti dalla Cassazione penale nel febbraio 2014 - rammenta che il Dap considera i 9 mq/persona di tutti i regolamenti edilizi comunali, fissati sulla base di norme di igiene vincolate alla fisiologia umana. Comunque è violato il diritto di ciascun detenuto ad un "trattamento individualizzato" per conseguire gli obbiettivi educativi previsti dalla Costituzione. "I Sindaci sono avvisati - scrive Bertè - ed ora hanno il dovere di sventare il pericolo come Ufficiali del Governo, per non incorrere nel reato di omissione". Genova: i Radicali entrano nel carcere di Marassi "qui è ancora emergenza affollamento" di Giulia Destefanis La Repubblica, 1 gennaio 2015 Seicento sessantuno detenuti per 450 posti. "Ad oggi sono 100 in meno rispetto a un anno fa, ma il passo avanti non basta: resta il sovraffollamento, restano celle in cui 6 detenuti vivono stipati in 8 o 9 metri, e lamentano attese lunghissime per avere un lavoro, frequentare corsi o ricevere cure". Il racconto del "sottomondo" del carcere di Marassi, simbolicamente tra una festività e l'altra, arriva dalla segretaria dell'associazione Radicali Genova Marta Palazzi: lo ha visitato in occasione di Satyagraha di Natale con Marco Pannella, la campagna che sta portando i militanti radicali nei carceri di tutta Italia. "A Marassi abbiamo parlato con molti detenuti, e quasi tutti lamentano condizioni di disagio - spiega Palazzi, una dei 4 volontari che hanno percorso le 6 sezioni di Marassi guidati dalla vicedirettrice del carcere Cristina Marrè e dalla vicecomandante della Polizia penitenziaria Alessandra Arcuri - In effetti non sembrano rispettate le norme europee che vogliono almeno 3 metri quadri per ogni detenuto ". Ci sono rabbia e amarezza nelle sue parole. "L'altra criticità è il centro clinico, con malati anche da fuori Regione, anche anziani ". Alla fine, "c'è sì un giudizio positivo sul teatro, sul laboratorio interno di serigrafia e sulla scolarizzazione - conclude - Ma le attività riguardano pochi detenuti". Venezia: la Cassazione condanna il Ministero, il detenuto era in una cella troppo piccola di Gianluca Amadori Il Gazzettino, 1 gennaio 2015 Il detenuto ristretto in una cella con meno di tre metri quadrati a disposizione deve essere risarcito dallo Stato, in quanto obbligato a subire condizioni non dignitose. Lo sancisce la prima sezione della Corte di Cassazione nel provvedimento con cui ha rigettato il ricorso presentato dal ministero della Giustizia, confermando l'ordinanza emessa lo scorso febbraio dal Tribunale di sorveglianza di Venezia, il quale aveva riconosciuto uno sconto di pena di un giorno ogni 10 di detenzione subita in condizione di sovraffollamento, nonché il diritto ad un risarcimento da quantificarsi in sede civile. A vincere la battaglia contro lo Stato all'insegna del principio di umanità della detenzione è Doriano Vecchina, 45 anni, residente a Marghera, che sta scontando in carcere a Venezia una pena di 4 anni e 4 mesi di reclusione per una serie di rapine commesse nel 2013 tra le province di Venezia, Treviso e Padova. A presentare per lui il ricorso al Tribunale di Sorveglianza era stato il suo difensore, l'avvocato Florindo Ceccato, sulla base di alcuni pronunciamenti emessi dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, nei quali per la prima volta, nel 2013, è stato determinato lo spazio vitale minimo delle celle, al di sotto del quale è ravvisabile la violazione del divieto di infliggere trattamenti inumani o degradanti stabilito dall'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. L'avvocato Ceccato si è costituito anche di fronte alla Suprema Corte per difendere la decisione favorevole al suo assistito, e ha ottenuto la condanna del ministero al pagamento delle spese di giudizio. Ora che il provvedimento è definitivo, il legale ha annunciato che avvierà la causa davanti al Tribunale civile per ottenere il risarcimento dei danni sofferti da Vecchina. Il ministero della Giustizia aveva presentato ricorso contestando la modalità con cui i giudici della Sorveglianza avevano calcolato la superficie a disposizione del detenuto, escludendo dai 3 metri il mobilio presente nella cella. Secondo il Dipartimento penitenziario, infatti, anche i mobili vanno calcolati, come se il detenuto potesse muoversi arrampicandosi sopra l'armadio o il comodino. Sono già oltre un migliaio i ricorsi finora presentati da persone detenute nelle carceri del Veneto che lamentano di essere stati ristretti in condizioni non dignitose: tutti chiedono di poter usufruire dello sconto di pena o del risarcimento che, dallo scorso agosto, sono previsti anche in base al decreto 92 del 2014, meglio conosciuto come "svuota carceri". Livorno: il Comune scrive al Ministero "Non vendete gli animali dei detenuti di Gorgona" La Nazione, 1 gennaio 2015 Il sindaco al Governo: "Questo è un carcere modello, così fate morire il progetto di rieducazione". L'amministrazione comunale di Livorno ha inviato il 3 dicembre, una lettera indirizzata ai ministri Orlando e Galletti, e per conoscenza al Presidente del Consiglio Renzi, nella quale si chiedeva di bloccare da subito il procedimento di vendita dei 165 animali d'allevamento legati al progetto per la rieducazione dei 70 detenuti del carcere dell'isola di Gorgona. "Spero che il Governo receda da questa scelta", commenta il sindaco Filippo Nogarin. "Tale procedimento inevitabilmente condurrebbe alla fine del progetto e con esso questo carcere modello, molto apprezzato dal Ministero degli Interni, rischia seriamente la chiusura. Va da sé che la vendita di questi animali, che hanno consentito ai carcerati d'intraprendere un percorso virtuoso, porterà inevitabilmente alla soppressione degli stessi. Tutto questo in nome di una spending review nella quale non si tiene affatto conto che per i detenuti che hanno preso parte a progetti di questo tipo, una volta scontata la pena, la percentuale di recidiva è di un quarto rispetto alla media nazionale di chi esce da case circondariali che non prevedono tali percorsi lavorativi". Nella lettera veniva inoltre richiesta la convocazione di un tavolo di confronto tra amministrazione carceraria ed enti locali, allargato alle onlus che si battono per i diritti degli animali. Al 31 dicembre il Comune non ha ancora avuto nessuna risposta. Santa Maria Capua Vetere (Ce): Sappe; un altro agente aggredito, dateci spray per difesa Il Velino, 1 gennaio 2015 "Il 2014 si chiude, in un carcere italiano, con la notizia dell'ennesima aggressione di un detenuto ad un appartenente alla Polizia Penitenziaria. È avvenuto ieri, a S. Maria Capua Vetere". Lo rende noto il Sappe, Sindacato autonomo di Polizia penitenziaria, che torna a chiedere al Ministro della Giustizia Andrea Orlando ed al nuovo Capo dell'Amministrazione Penitenziaria Santi Consolo di dotare in via sperimentale anche le donne e gli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria, in analogia a quanto avviene per Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri, dello spray anti aggressione. "Ieri mattina - spiega il segretario generale del Sappe Donato Capece, un sovrintendente è stato aggredito da un detenuto ad Alta Sicurezza del carcere di S. Maria Capua Vetere, dopo il controllo detenuti del Reparto Tevere". "Decine - ricorda Capece - sono stati gli episodi di ferimenti e colluttazioni nel carcere campano in questi ultimi mesi, e molte centinaia sono, purtroppo, gli eventi critici analoghi accaduti nelle carceri italiane in questi dodici mesi del 2014. E il numero delle aggressioni ai Baschi Azzurri, che prestano servizio nelle sezioni detentive e in carcere assolutamente disarmati e senza alcuna forma di difesa personale, è costante, se non in crescita nell'ultimo periodo. I gravi fatti accaduti ieri e nello scorse settimane proprio a S. Maria lo confermano drammaticamente". Da qui la richiesta del primo Sindacato della Polizia Penitenziaria al Guardasigilli Orlando: "Sono anni che sollecitiamo di dotare le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria di strumenti di tutela efficaci, come puo' essere proprio lo spray anti aggressione recentemente assegnato - in fase sperimentale - a Polizia di Stato e Carabinieri. Mi auguro che il Ministro della Giustizia Andrea Orlando e il nuovo Capo Dap Santi Consolo valutino positivamente questa nostra proposta e, quindi, assumano i provvedimenti conseguenti", conclude il segretario generale Sappe Capece. Palermo: permesso in ritardo, detenuto a Pagliarelli non ha potuto vedere la madre morta Ansa, 1 gennaio 2015 La storia di un detenuto che avrebbe voluto dare l'ultimo saluto a suo madre. Le sbarre della burocrazia gliel'hanno impedito. L'avvocato Giulio Vulpitta, difensore di Alessio Minaudo, un trapanese detenuto nel carcere Pagliarelli di Palermo per un cumulo di pene definitive per furti ed evasioni, rende noto che, di fatto, al suo assistito è stato impedito di vedere per l'ultima volta la madre deceduta. La donna è morta il 23 dicembre scorso, mentre il permesso gli è stato concesso solo il 30 dicembre. "Ho provveduto ad inoltrare al magistrato di sorveglianza di Palermo idonea istanza urgente al fine di consentire al Minaudo di partecipare ai funerali della madre e a volgerle l'ultimo saluto. Sebbene i carabinieri abbiano provveduto immediatamente ad effettuare una breve istruttoria inviando il tutto al magistrato il giorno di Natale - dice il legale - il mio assistito è stato autorizzato ieri". Ma non è tutto: l'autorizzazione riguardava la traduzione presso la casa materna a Trapani. La salma, però, ieri era già sistemata presso la camera ardente del cimitero di Trapani. "E Minaudo - spiega l'avvocato Vulpitta - non era stato autorizzato a recarsi in quel luogo. È giustizia"? Caltanissetta: nel carcere il 29 dicembre concerto della corale polifonica "Don Milani" www.ilfattonisseno.it, 1 gennaio 2015 Il 29 dicembre scorso presso la Casa Circondariale di Caltanissetta si è tenuto un piacevole evento artistico. Oltre un centinaio di detenuti, alla presenza del Direttore Dr Angelo Belfiore, del personale amministrativo, degli educatori e di una rappresentanza della Polizia Penitenziaria, hanno assistito con grande partecipazione ad un Concerto di Natale (aperto a qualche brano folkloristico- popolare) diretto dal M° Rosario Randazzo. L'iniziativa, richiesta dagli Educatori ed assunta dall'Associazione Corale Polifonica "Don Milani", è stata patrocinata dal Comune di Caltanissetta e gestita dalla Pro- Loco, ma soprattutto è stata favorita dalla Direzione e dalla Segreteria della Casa Circondariale, ottenendo ampia soddisfazione dei detenuti, i veri destinatari dell'evento artistico-culturale. Una lodevole esperienza di attenzione e di promozione culturale rivolta ad uno specifico contesto di "emarginati". Caserta: gli internati dell'Opg di Aversa protagonisti di due eventi natalizi www.casertanews.it, 1 gennaio 2015 Una tombolata per brindare al nuovo anno; uno spettacolo di prosa e musica, ideato e magistralmente interpretato da Antonio Buonomo, l'ultimo artista vero della tradizione napoletana, per festeggiare l'Epifania e concludere il cartellone degli appuntamenti natalizi. In entrambi i casi i protagonisti sono gli internati dell'Ospedale Psichiatrico "F. Saporito" di Aversa ai quali sono rivolte le amorevoli attenzioni degli artisti, delle istituzione e del volontariato, in primis l'Associazione Casmu e PulciNellaMente, che non hanno lesinato energie pur di testimoniare una solidarietà concreta - piuttosto che evocata - a queste persone cui la vita purtroppo ha riservato sofferenza e disperazione. La tombolata si terrà sabato prossimo 3 gennaio 2015, a partire dalle ore 10, a Cesa presso il locale "Frizzi Party" (situato lungo la provinciale Aversa - Caivano) e prevede quali premi per i partecipanti dei manufatti in ceramica realizzati dagli ospiti dell'Opg normanno. Salvo difficoltà, è' prevista anche la partecipazione di una delegazione degli internati che, unitamente ai bambini e agli anziani presenti, verranno coinvolti in diverse attività di animazione. La mattinata sarà allietata da divertenti giochi e coinvolgenti balli ma anche emozionanti canzoni grazie alla gradita presenza degli artisti Davide Centanni e Sabrina Russo. In conclusione panettone e tanto spumante per brindare al nuovo anno 2015. Giovedì 8 gennaio 2015, alle ore 18, presso il teatro della struttura normanna dell'Amministrazione Penitenziaria, andrà in scena l'atteso spettacolo "Viviani …. e non solo". Un evento teatrale imperdibile per quanti amano l'attore teatrale, il compositore, il poeta e scrittore Raffaele Viviani. I protagonisti di questo spettacolo sono Antonio Buonomo e Patrizia Masiello, al pianoforte il M° Ciro Brancaccio, alle percussioni il M° Bruno Del Grosso, al sassofono il M° Vincenzo Savarese. Presenta la serata Cristina Del Grosso. Ancora una volta Antonio Buonomo, una grande personalità del teatro e della canzone napoletana, compie un gesto di grande vicinanza verso gli internati dell'Opg offrendo loro uno spettacolo in cui restituisce una nuova luce all'intramontabile canzone classica napoletana, protagonista dei suoi spettacoli di varietà e prosa, spaziando in particolare tra i capolavori tratti dalla vasta opera del grande Viviani. I due eventi, ancora una volta sono promossi grazie alla felice intesa tra l'Associazione Casmu, presieduta da Mario Guida, la Rassegna Nazionale di Teatro scuola PulciNellaMente, rappresentata dal direttore Elpidio Iorio, e i vertici dell'Opg aversano, ovvero la direttrice Elisabetta Palmieri e il comandante commissario Luigi Mosca. Si avvalgono, inoltre, del patrocinio del Comune di Aversa, che attraverso il sindaco Giuseppe Sagliocco ha voluto fortemente sostenere l'iniziativa per il suo alto significato solidale, e del Comune di Cesa. Sio Giordano coordinerà i services tecnici di audio e luci; Nicola Perfetto si occuperà di addobbi e fiori, il buffet sarà offerto dal Bar Crystal di Gricignano di Aversa mentre l'animazione sarà curata dall'agenzia "Frizzi Party" di Cesa. Vercelli: i volontari della Comunità di Sant'Egidio a Billiemme per incontrare i detenuti La Stampa, 1 gennaio 2015 La Comunità di Sant'Egidio, da anni presente nel carcere di Billiemme a Vercelli, ha voluto festeggiare il Natale con una serie d'incontri per lo scambio d'auguri con la sezione femminile e alcuni bracci del carcere vercellese. Domani i volontari della Comunità di Sant'Egidio, accoglieranno i detenuti delle sezioni ordinarie, insieme al direttore della Casa circondariale, Tullia Ardito, e al personale direttivo in servizio al penitenziario, per un pranzo preparato proprio dagli amici di Sant'Egidio. Per la prima volta, a tavola, con i detenuti, ci sarà anche l'arcivescovo, monsignor Marco Arnolfo. Al termine un allegro Babbo Natale offrirà a ciascuno un dono, accompagnando il tutto con un intrattenimento musicale. Il pranzo sarà replicato lunedì con i detenuti di altre due sezioni del carcere. Ferrara: applausi alla Cash per gli artisti ferraresi che hanno suonato per i detenuti La Nuova Ferrara, 1 gennaio 2015 Sulle orme del mitico concerto a Folsom, Veronesi, Nelli e War-k hanno suonato per i detenuti della Casa Circondariale. Appuntamento speciale quello di martedì 16 dicembre, nel primo pomeriggio, alla Casa Circondariale di via Arginone, con gli artisti dell'etichetta discografica ferrarese Jaywork (rappresentata da Luca Facchini) che unitamente alle istituzioni cittadine (Comune, Provincia e Casa Circondariale stessa) hanno organizzato per il secondo anno consecutivo il concerto di Natale "La Musica Dentro - Un Natale con Voi". Gli artisti di casa nostra Leonardo Veronesi, Frenk Nelli e War-k hanno portato la loro musica fra i detenuti riscuotendo grande successo. La sala adibita a spettacoli (lo scorso anno in restauro post terremoto) era piena di persone, pronte ad accogliere i musicisti con il grande desiderio di interagire e cantare con loro. E così è stato. L'apertura di Veronesi, con la sua consueta simpatia e giovialità, ha messo tutti a proprio agio, ha cancellato ogni distanza tra chi sedeva in platea e chi era sul palco, gli animi si sono scaldati ed il concerto è partito alla grande tra brani inediti, cover e brani richiesti dagli stessi detenuti, i quali hanno assistito all'ora e mezza abbondante di concerto con grande partecipazione emotiva e divertimento. È stato un viaggio (tecnico del suono Davide Viviani) tra il repertorio di Veronesi e tanti brani fondamentali della musica italiana e straniera. Sono piaciuti gli inediti cantati senza risparmio dai tre bravissimi artisti, accompagnati da cori dei detenuti e da battiti di mani continui. Come fece il mitico Johnny Cash in un live (At Folsom prison) che ha scritto letteralmente la storia della musica (e non solo). Al concerto erano presenti anche i dirigenti della Casa Circondariale, il garante dei detenuti ed il cappellano, anche loro perfettamente calati nella atmosfera coinvolgente che si era creata. Chiusura simbolica a tre voci con il brano Happy Xmas (War is Over) di John Lennon. Alla fine del concerto in via Arginone più importanti degli applausi sono stati i tanti ringraziamenti da parte dei detenuti: "Grazie per averci fatto liberare la mente", "Grazie per averci fatto sognare", "Grazie per averci fatto sentire fuori in un pub per qualche ora". Lecce: la Befana vola in carcere, Radio Maria dona centinaia di radioline ai detenuti www.leccenews24.it, 1 gennaio 2015 È festa per tutti. Istituzioni, lavoratori, disoccupati e via dicendo. Ognuno ha diritto di partecipare alle cerimonie in compagnia. In buona sostanza, nel periodo natalizio è vietato sentirsi soli. Viene da sé, dunque, porgere un pensiero a chi vive la solitudine in maniera particolare. Così, anche i detenuti leccesi di Borgo San Nicola, nel giorno dell'Epifania, si sentiranno meno afflitti grazie ad un regalo particolare. La direzione di Radio Maria, infatti, ha deciso di donare centinaia di radioline e coroncine su richiesta del Cappellano del carcere, Don Sandro, con il benestare dell'amministrazione dell'Istituto Penitenziario. Tali radioline, infatti, sono a forma di statuetta della Madonna, nonché realizzate a norma: senza fili o sporgenze e idonee a superare i controlli dovuti dagli agenti del posto. Radio Maria svolge da anni un'intensa missione di preghiera ed evangelizzazione. "La nostra presenza capillare sul territorio e la semplicità del mezzo radiofonico - spiega in una nota la Radio - ci mettono in grado di penetrare facilmente e familiarmente in tutti gli ambienti e gli spazi della vita individuale e comunitaria". Non a caso, un ambito potenzialmente privilegiato di ascolto, di riflessione, di consolazione e di conversione è proprio quello delle carceri. "Le nostre radioline sono studiate apposta per poter essere accettate nelle carceri - prosegue - infatti non sono di metallo, non hanno antenna esterna, sono fornite di auricolari, funzionano con 3 batterie mini stilo. Inoltre, cosa molto apprezzata, sono a forma di Madonnina…che è molto bella e invoglia a pregare. Questa Madonnina "stilizzata", bianca e azzurra, delle dimensioni di 10 cm. è ormai diventata un simbolo di Radio Maria". "I risultati positivi e la tanta fame dell'unica vera Parola di libertà e salvezza che riscontriamo, ci spingono a mettere sotto il manto della Madonna, Madre di Misericordia, il desiderio di intensificare la nostra presenza nelle carceri". Non solo. È nata pure una trasmissione mensile intitolata "Ero carcerato e siete venuti a trovarmi" condotta da Mons. Giacomo Martino, cappellano del carcere di Genova-Pontedecimo: si tratta di un vero e proprio apostolato di promozione sociale che intende portare a conoscenza e approfondire tutte le realtà carcerarie. Esperienze, proposte, testimonianze di tante persone che frequentano, a vario titolo, gli istituti di pena e risposta alle telefonate degli ascoltatori in diretta. Siria: centinaia di detenuti in sciopero della fame da quattro giorni nel carcere di Homs Nova, 1 gennaio 2015 Centinaia di detenuti siriani nel carcere centrale di Homs stanno portando avanti, per il quarto giorno consecutivo, uno sciopero della fame per protestare contro il proprio stato di detenzione nonostante la fine del periodo di pena, come ha riferito ieri l'Osservatorio siriano per i diritti umani citando uno dei detenuti, il quale in condizioni di anonimato ha dichiarato che "tutti i detenuti, più di mille persone, prendono parte allo sciopero della fame iniziato quattro giorni fa". Pakistan: impiccato terrorista, settima esecuzione dopo revoca moratoria pena di morte Adnkronos, 1 gennaio 2015 Le autorità del Pakistan hanno impiccato un uomo, Niaz Muhammed, condannato a morte da un tribunale militare nel 2006 per coinvolgimento in un tentato attacco suicida contro l'allora presidente pakistano Pervez Musharraf il 25 dicembre 2003 a Rawalpindi. L'impiccagione è avvenuta nel carcere centrale di Peshawar, nel Pakistan nord occidentale, come riferisce The Express Tribune. L'esecuzione segue la decisione del primo ministro pakistano Nawaz Sharif di togliere la moratoria sulla pena di morte in vigore in Pakistan dal 2008 dopo il massacro compiuto dai Talebani il 16 dicembre nella scuola pubblica dell'esercito a Peshawar costato la vita a oltre 140 persone, in gran parte bambini. Da allora, l'ex tecnico dell'aviazione pakistana Muhammed è la settima persona a essere stata impiccata. Il portavoce di Sharif ha anticipato che il governo intende giustiziare 500 miliziani accusati di attentati dinamitardi e omicidi di massa. Stati Uniti: Maryland commuta in ergastolo pena morte per gli ultimi 4 condannati Ansa, 1 gennaio 2015 Il governatore dello stato americano del Maryland, dove la pena di morte è stata abolita 20 mesi fa, ha annunciato che commuterà in ergastolo la pena capitale inflitta a 4 detenuti. "A mio giudizio, lasciare queste condanne a morte non serve il bene pubblico del popolo del Maryland, presente o futuro", ha detto Martin O'Malley che lascerà l'incarico a breve e potrebbe correre per la Casa Bianca nel 2016. I quattro detenuti - Heath Burch, Vernon Evans Jr., Anthony Grandison e Jody Lee Miles, gli ultimi 4 condannati a morte nel Maryland - sconteranno il carcere a vita, senza possibilità di chiedere la libertà vigilata. Dopo aver incontrato i familiari delle vittime dei quattro condannati, O'Malley si è augurato che la sua decisione possa permettere loro "di voltare pagina".