Giustizia: il ministro Orlando annuncia rinforzi "ma non ci sarà un Piano Marshall" di Antonio Di Costanzo La Repubblica, 13 febbraio 2015 Il ministro sottolinea anche l'impossibilità di "stabilizzare tremila tirocinanti" ma rivendica gli sforzi fatti: "Abbiamo rimesso al centro del dibattito il tema della riorganizzazione degli uffici. In ogni caso, sarà l'intervento più importante degli ultimi 25 anni sull'organico del settore della giustizia. È previsto il reclutamento di 2.250 unità e alla fine, tenendo conto dei pensionamenti, produrrà un saldo di 1.000 unità". Così parla Orlando, accompagnato dal capo di gabinetto Giovanni Melillo, durante la lunga visita in Tribunale. Ad accoglierlo magistrati, critici sulle riforme annunciate come quella sulla responsabilità civile, avvocati che sollecitano sui problemi legati al funzionamento del processo penale e civile, e il personale amministrativo sul piede di guerra per il blocco delle carriere e la mancata riqualificazione professionale. Nessuna contestazione, ma una civile dimostrazione messa in scena davanti alla biblioteca Girolamo Tartaglione con alcuni amministrativi che si schierano di nuovo con i cartellini rossi all'arrivo del ministro "perché la giustizia è in fuorigioco". Sono tante le note dolenti riferite all'esponente del governo Renzi. Il presidente della Corte d'appello Antonio Buonajuto, promotore dell'incontro, insieme con il presidente del consiglio dell'Ordine degli avvocati Francesco Caia, parla di "giustizia a rischio collasso". Orlando ascolta con attenzione le parole del procuratore capo Giovanni Colangelo che batte sul tasto dolente della durata dei processi e quindi del rischio prescrizioni, direttamente legato ai problemi del personale e delle risorse, e invoca "tempestività ed effettività delle sentenze". Monica Amirante, presidente della giunta dell'Anm, pone l'attenzione sulla difficoltà dell'ufficio esecuzione penale esterna, con i giudici di sorveglianza costretti a decidere sulle istanze dei detenuti facendo a meno "delle relazioni socio familiari". A Francesco Greco, capo della Procura Napoli Nord, che paventa il rischio che il Tribunale resti senza sorveglianza con la chiusura della scuola della polizia penitenziaria, Orlando assicura che la convenzione sarà rinnovata. Sulle carenze d'organico il ministro afferma che "c'è un bando per la mobilità di personale da altri comparti della pubblica amministrazione per mille unità e ce ne sarà un altro prima della fine dell'anno. Nel frattempo abbiamo utilizzato le graduatorie per gli idonei degli altri comparti". Come il personale delle ex Province. Il Guardasigilli assicura che "arriveranno 200 unità di personale amministrativo nel distretto che ha una scopertura d'organico del 9,86 per cento, di poco inferiore a quello dei distretti del Nord. A Busto Arsizio sono vicini al 50 per cento". Nell'immediato saranno assegnate 10 unità prelevate tra gli idonei degli altri rami della pubblica amministrazione. Il ministro ricorda che "nell'ultima legge di stabilità sono stati destinati 50 milioni aggiuntivi per questo capitolo che diventeranno 90 e 110 nei prossimi due anni". Durante l'incontro con l'esponente del Pd il Comitato lavoratori della giustizia ribadisce la richiesta di "procedere alla progressione in carriera dei dipendenti giudiziari" e chiede lo stop del bando di mobilità extra compartimentale perché così si "produrrebbe l'irrepa- rabile conseguenza di esautorare tutte le posizioni professionali alle quali legittimamente da 20 anni aspirano i dipendenti giudiziari di ruolo". A tracciare un bilancio della visita è Caia: "Il clima è cambiato, i problemi restano. La presenza del ministro qui è un dato importante visto che i suoi predecessori si erano negati al confronto. Ci sono state delle indicazioni positive, attendiamo che alle parole seguano i fatti. Noi vogliamo affrontare in concreto i problemi del distretto e siamo pronti a dare la nostra disponibilità, ma siamo convinti che serve un intervento serio e concreto. Speriamo di non rimanere delusi, come è capitato già tante volte". Orlando, infine, assicura che entro fine gennaio ci sarà la nuova legge anticorruzione e si sofferma anche sulla Terra dei fuochi smentendo una riduzione del numero dei militari presenti nei pattugliamenti. Giustizia: Consolo (Dap); recuperati 2.000 posti, più nessun detenuto in spazi sotto i 3 mq Ansa, 13 febbraio 2015 "Ieri sera abbiamo registrato un dato positivo che contiamo di stabilizzare: non abbiamo più nessun detenuto nei 202 istituti italiani ristretto in spazi di meno di tre metri quadri". È il dato riferito dal capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria, Santi Consolo. "Alla capienza complessiva - ha aggiunto il ministro della Giustizia Orlando - abbiamo aggiunto circa 2.000 posti, spazi recuperati grazie al lavoro nelle strutture degli stessi detenuti". "Il nostro obiettivo - ha sottolineato Consolo - è stabilizzare questo dato. Può accadere solo per passaggi di poche ore che qualcuno debba condividere la cella con altri detenuti scendendo sotto la soglia dei 3 metri quadri", spazio al di sotto del quale scatta il trattamento disumano e degradante censurato dalla Corte di Strasburgo. "Se riscontrassi situazioni non il linea, come ho spiegato ai direttori delle carceri, avvierò procedimenti disciplinari", ha aggiunto il capo del Dap, intervenuto con il ministro alla firma di un protocollo con la Regione Piemonte. "Tra i Paesi Ue - ha ricordato Orlando - siamo tra quelli che spendono di più, circa 3 miliardi l'anno, per l'esecuzione pena, ma anche tra quelli con il più alto tasso di recidiva". Lavoro e pene alternative rappresentano un deterrente: "Dobbiamo sviluppare un'esecuzione pene che non ruoti solo attorno al carcere - ha detto il ministro - e per questo, nella sua riorganizzazione, il ministero si doterà di un dipartimento che si occuperà solo di esecuzione penale esterna, senza che per questo venga meno il ruolo del Dap". In tema di lavoro per i detenuti, Orlando ha anche ricordato che "abbiamo attuato sgravi fiscali per le imprese che usano la manodopera del carcere". E con il lavoro interno degli stessi detenuti, in regime di ordinaria manutenzione, sono stati recuperati circa 2.000 posti nelle strutture carcerarie, utilizzando meglio la dotazione esistente, senza passare per la costruzione di nuovi istituti, hanno spiegato il ministro e il capo del Dap. "Per dare un'idea - ha detto Orlando - 2.000 posti sono il corrispettivo del carcere di Poggioreale a Napoli". Attualmente, ha aggiunto Consolo, "abbiamo una capienza sulla carta di 50.538 posti, di cui realmente disponibili 45.902, mentre 4.636 sono non disponibili". Giustizia: sovraffollamento delle carceri, emergenza finita? Per i Radicali non è vero di Errico Novi Il Garantista, 13 febbraio 2015 Il ministro Orlando e il Capo del Dap: non c'è più un solo detenuto con meno di tre metri quadri a disposizione. Bernardini: sul sito del ministero la tabella dice il contrario. Se c'è un terreno aperto come una prateria per la propaganda di Lega e Cinque Stelle è quello della sicurezza. A cui è strettamente legato il problema carceri. Perciò il ministro della Giustizia Andrea Orlando, a cui compete l'amministrazione penitenziaria, si dibatte tra emergenze da risolvere e contropiede da non regalare agli avversari. Così capita che il responsabile di Via Arenula enfatizzi con particolare cura i risultati ottenuti sul fronte del sovraffollamento. Sembrerebbe essere successo ieri, quando Orlando e il nuovo responsabile del Dap, Santi Consolo, hanno presentato gli ultimi dati sulla densità della popolazione carceraria. Molto confortanti, a quanto pare. "Da ieri sera nei 202 istituti italiani non abbiamo più nessun detenuto ristretto in spazi di meno di tre metri quadri: abbiamo aggiunto circa 2.000 posti, recuperati grazie al lavoro nelle strutture degli stessi detenuti". Sarebbe un fatto epocale. Proprio a causa delle condizioni inumane e degradanti dei nostri carcerati, e in particolare per il fatto di tenerli ammassati in buchi al di sotto dei 3 metri quadri a testa, ci siamo beccati la storica sentenza Torreggiani. Se dunque le cifre diffuse ieri a via Arenula corrispondessero al vero, l'Italia avrebbe definitivamente regolato i suoi conti con i giudici di Strasburgo. Ma l'annuncio di Orlando e Consolo è stato immediatamente contestato dalla segretaria di Radicali Italiani Rita Bernardini: "La moltiplicazione dei pani e dei pesci non è azione che appartiene agli umani, così come la moltiplicazione dei posti nelle infami carceri italiane non è nelle mani del Dap", attacca la leader radicale. Che aggiunge: "Non so se il capo del Dap abbia fatto i conti tenendo sottocchio le planimetrie degli istituti penitenziari, quello che è certo è che a tutt'oggi in Italia ci sono almeno 70 istituti che, secondo i dati dello stesso Dap, hanno un sovraffollamento che va dal 130% al 210%". Bernardini allega una tabella: è quella messa on line dallo stesso ministero della Giustizia. Può darsi che la tabella non sia stata aggiornata. O che Consolo e Orlando volessero in realtà intendere che ci sono 3 metri quadri per ogni detenuto secondo la media aritmetica, non in termini effettivi. Magari c'è chi sta più comodo e chi è ancora pigiato in condizioni da Terzo Mondo. Lo stesso Consolo fa capire di non poterlo escludere: "Se un direttore di un carcere non ha capito bene le cose e metterà un detenuto in una cella già occupata da 5 persone, 6 detenuti avranno meno di 3 metri quadri a disposizione. Si tratterà di un errore che subito sarà sanato. Se accadranno queste cose, avvierò procedimenti disciplinari". Buonissima intenzione. Come pure va rilevato quanto dice Orlando, cioè che i 2.000 posti in più sono arrivati "grazie alla migliore utilizzazione degli spazi disponibili anziché con la costruzione di nuovi spazi, per i quali avremmo speso decine di milioni di euro". Positivo anche questo. Ma ora a Consolo toccherà accogliere l'invito di Bernardini, che gli propone di visitare insieme qualche penitenziario di quelli sopra la media dei 3 metri quadri. E magari qualche direttore si beccherà davvero un'azione disciplinare. Giustizia: niente benefici penitenziari ai condannati per voto di scambio politico-mafioso di Simona D'Alessio Italia Oggi, 13 febbraio 2015 Il "giro di vite" sui benefici (penitenziari) ai condannati per voto di scambio politico-mafioso diventa legge. E cadono le chance che i detenuti possano accedere al lavoro esterno, ai permessi premio, nonché alla gamma di misure alternative alla reclusione previste dal nostro ordinamento. È la commissione giustizia di Montecitorio ad approvare ieri pomeriggio, all'unanimità, in sede legislativa, senza cioè il passaggio in Aula, la norma (C 2719), già varata dai senatori che esclude chi ha ricevuto una condanna in base all'articolo 416-ter del codice penale da qualunque vantaggio che possa alleviare la propria permanenza dietro le sbarre. Una volta entrato in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, pertanto, il provvedimento restringerà notevolmente il perimetro d'azione nei confronti di coloro che sono stati riconosciuti colpevoli del delitto di scambio elettorale politico-mafioso: non godranno di alcun vantaggio carcerario e, contestualmente, verranno attribuite alla Direzione distrettuale antimafia le funzioni di pubblico ministero nei relativi procedimenti penali. L'inasprimento del trattamento processuale e penitenziario, "applicando il sistema del cosiddetto doppio binario, già previsto dall'ordinamento per l'associazione mafiosa ed altri reati connessi di particolare gravità e allarme sociale", dichiara la presente della II commissione, Donatella Ferranti (Pd), arriva a completamento di un quadro di potenziamento della punibilità di tale crimine. È dell'aprile dello scorso anno, infatti, il via libera alla legge 62/2014, che ha ampliato l'ambito di applicazione, punendo chi accetta la promessa di procurare appoggi in cambio di denaro, e dando come contropartita "altra utilità", rendendosi disponibile a soddisfare interessi, o esigenze degli esponenti dell'organizzazione criminale; norma, però, finita nel mirino della Cassazione quattro mesi dopo, quando stabilì come le prove dovessero essere rafforzate, dovendo dimostrare che il candidato possa aver contato sul "concreto dispiegamento del potere di intimidazione proprio del sodalizio" malavitoso. D'ora in avanti, però, i condannati non potranno usufruire né di permessi premio, né di affidamento in prova, né di semi-libertà. Giustizia: il reato di negazionismo, i razzisti e il valore di una legge di Giorgio Israel Il Messaggero, 13 febbraio 2015 Nessuno può seriamente svalutare la generosa intenzione morale che ha animato l'approvazione in Senato di un Disegno di legge che introduce e punisce il reato di negazionismo. Questo atto manifesta i sentimenti di rigetto dell'antisemitismo e del razzismo della nostra classe politica - peraltro autorevolmente ribaditi nel discorso di insediamento del Presidente della Repubblica. Le perplessità nascono in relazione all'efficacia e ai negativi effetti collaterali di una legge del genere. Si dice che in tal modo l'Italia si allinea alla legislazione vigente in molti Paesi europei e recepisce una decisione quadro dell'Unione Europea. Il paradosso è che in molti di quei Paesi v'è assai più antisemitismo che non in Italia dove una simile legge finora non c'è stata. Il caso più clamoroso è quello della Francia, dove esistono strumenti giuridici pesanti per sanzionare il reato di negazionismo, il che non ha impedito il diffondersi di un antisemitismo tanto grave e diffuso da alimentare una crescente emigrazione ebraica verso lo Stato di Israele. In certi casi proibire non serve a nulla, o peggio. È meglio consentire la pubblicazione di edizioni critiche del Mein Kampf di Hitler o affidare la sua inevitabile diffusione a scandalose "edizioni" in rete con commenti non meno scandalosi, che magari compaiono quanto basta per essere scaricate da migliaia di persone? Ritengo che la risposta debba essere che la prima soluzione è la migliore. Occorre piuttosto chiedersi le ragioni del fallimento di queste leggi in quei Paesi, e della Giornata della memoria. La prima causa è dovuta al fatto che il canale principale di alimentazione dell'antisemitismo contemporaneo è l'antisionismo, il quale, a differenza del primo, è largamente tollerato e persino accanitamente difeso. Un'altra causa è legata al fatto che le manifestazioni per la Giornata della memoria sono cresciute a livelli esagerati, divenendo troppo spesso una passerella per autori che trovano così il modo di fare pubblicità al loro ultimo libro confezionato per l'occasione, tormentando una massa di giovani che -come hanno dimostrato recenti sondaggi - faticano a identificare la data della presa del potere di Hitler, se non a dire chi era costui. Difatti, il vero problema è il crollo di un'educazione storica seria sostituita sempre più, nel migliore dei casi, da analogie vaghe e nel peggiore da proclami retorici. Sarebbe assai più efficace far conoscere a fondo, nel contesto di un programma scolastico rigoroso, cosa abbia rappresentato il caso Dreyfus o le forme successive di antisemitismo in Germania e in Italia, piuttosto che far retorica e introdurre strumenti punitivi. Si osserva giustamente che l'assenza di leggi punitive ha consentito e consente ad alcuni "docenti" di tenere scandalose lezioni negazioniste. Ma il vero scandalo è che, quando questi docenti sono stati deferiti agli organi di controllo per aver violato elementari principi di deontologia, sono stati assolti. Il male è quindi più profondo, alberga nelle menti, è là che deve essere sradicato, con la cultura, la diffusione dello spirito critico e l'uso della ragione, e non basta reprimerne le manifestazioni visibili. Più voci hanno espresso il timore che si vada verso un regime in cui si stemperi il confine sottile tra libertà di opinione e di analisi storica critica. È un timore giustificato, perché proprio la sottigliezza di quel confine rischia di produrre conseguenze pericolose. Ma c'è ancor più da temere la grande ipocrisia che circola in Europa, consistente nel cavarsela di fronte ai problemi con editti improntati a una confusa e unilaterale ideologia "politicamente corretta" che ha il solo effetto di irreggimentare le espressioni entro un pensiero unico troppo ipocrita per essere credibile. Ad esempio, occorre chiedersi quale governo europeo abbia alzato la voce - non preso provvedimenti concreti, ma almeno protestato - nei confronti del governo iraniano per aver bandito un concorso per la miglior vignetta antisemita. Eppure questi sono i canali più potenti che alimentano l'antisemitismo, che non può essere combattuto efficacemente mettendo in prigione qualche untorello di secondo piano. Giustizia: reato di falso in bilancio, ci sarà uno sconto di pena per chi collabora di Francesco Grignetti La Stampa, 13 febbraio 2015 Sul reato del falso in bilancio "stiamo ancora mettendo a punto le ultime puntualizzazioni", parola del ministro della Giustizia Andrea Orlando. Il testo è ancora oggetto di limature e concretamente non se ne riparlerà prima della prossima settimana in commissione giustizia al Senato, nell'ambito del ddl Anticorruzione. Deciso che ogni falso in bilancio, anche il più lieve, merita la punibilità, si ragiona se lasciare delle soglie (il 3%?) per stabilire se un reato sia da punire da 1 a 4 anni oppure da 2 a 6. In generale, però, dopo la riunione di maggioranza dei giorni scorsi, si profila un serio inasprimento delle norme su tutto il versante dei reati contro la Pubblica amministrazione. È deciso che ci sarà uno sconto di pena per il pentito: il premio per chi denuncia un accordo corruttivo di cui è parte, oscillerà da un terzo a metà della pena. "Un premio fortissimo che ci permetterà, penso, un balzo in avanti nelle inchieste", spera il senatore Beppe Lumia, capogruppo Pd in commissione Giustizia. E noto che le denunce sono poche. Si mette anche fine a un anacronismo: oltre al pubblico ufficiale, anche l'incaricato di pubblico servizio (platea nel tempo divenuta larghissima) potrà essere imputato di concussione. Era un gap nella legislazione che i magistrati avevano evidenziato da tempo. Matteo Renzi aveva enunciato il seguente principio: il corrotto dovrà restituire il maltolto per accedere al patteggiamento, altrimenti si sarebbe perpetuato il malcostume italico di ladri che scontano pene minime e poi si godono i proventi del furto. Nel frattempo è intervenuto il reato di auto riciclaggio che limita fortemente il trucchetto. Con la restituzione obbligatoria, si scoraggeranno molti patteggiamenti di comodo. Non solo. Un emendamento su cui la maggioranza concorda riguarda anche l'esecuzione penale: il condannato non potrà avere la sospensione condizionale se, al pari del patteggiamento, non restituisce quanto rubato. Infine le sanzioni. Il dipendente pubblico che sia condannato per corruzione verrà licenziato anche con pene di 2 anni (attualmente, come previsto dalla legge Severino, il minimo di pena per rischiare il licenziamento erano 3 anni). Guai anche per il corruttore: se un imprenditore in affari con la pubblica amministrazione, caso tra i più frequenti, gli sarà impossibile stipulare appalti pubblici per 5 anni. Secondo la legge Severino, l'allontanamento dagli appalti era di 3 anni. Prevista una raffica di aumenti di pena per quasi tutti i reati contro pubblica amministrazione, con conseguenti allungamento dei tempi di prescrizione. Giustizia: cooperazione penale; protezione senza frontiere per le vittime dei reati di Marina Castellaneta Il Sole 24 Ore, 13 febbraio 2015 Con ritardo, rispetto alla tabella di marcia fissata dalla direttiva 2011/99/UE sull'ordine di protezione europeo, che imponeva il recepimento entro l'11 gennaio 2015, il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo per attuare l'atto Ue. La delega al Governo era stata già prevista nella legge di delegazione europea 2013. Con l'adozione del decreto legislativo, andrà a regime un nuovo strumento proprio della cooperazione giudiziaria penale, funzionale a rafforzare la protezione delle vittime nello spazio europeo. Grazie al mutuo riconoscimento, le misure protettive circoleranno oltre frontiera. Con maggiori tutele per le vittime di reati che potranno spostarsi senza timore del venir meno della protezione. Questo il meccanismo. L'autorità giurisdizionale nazionale, individuata nel testo di recepimento nel giudice competente a disporre le misure cautelari (articolo 282 bis del Cpp), adotterà l'ordine di protezione europeo utilizzando, nel segno della semplificazione, il modello incluso nell'allegato A, comune a tutti gli Stati membri. L'autorità centrale è il ministero della Giustizia, competente per la ricezione e la trasmissione degli atti. Per quanto riguarda il procedimento, l'autorità giudiziaria procede "senza ritardo" alla trasmissione dell'ordinanza al ministero della Giustizia affinché provveda, con qualsiasi strumento idoneo a provare l'autenticità del documento, a consegnarlo all'autorità competente dello Stato di esecuzione. L'Autorità centrale è tenuta a comunicare l'eventuale rifiuto del riconoscimento. Inserite alcune modifiche al codice di procedura penale tra le altre è previsto che la persona offesa sia informata della possibilità di chiedere l'ordine di protezione europeo e del rifiuto al riconoscimento opposto dalle autorità dello Stato di esecuzione. Nel caso in cui l'autorità giudiziaria si opponga all'emissione dell'ordine di protezione, il richiedente può presentare ricorso in Cassazione. Per quanto riguarda la disciplina prevista nel caso in cui l'Italia sia Stato di esecuzione, il testo attribuisce la competenza alla Corte di appello del luogo in cui la persona protetta ha dichiarato di soggiornare o risiedere (in linea con la disciplina della legge n. 69/2005 sul mandato di arresto europeo). Il sistema, però, si differenzia dal mandato di arresto proprio tenendo conto dell'urgenza nelle misure di protezione delle vittime. Di qui la scelta di pronunciarsi senza formalità e senza contraddittorio. La Corte di appello, su richiesta del Procuratore generale, può anche decidere una misura più afflittiva, che avrà una durata non superiore ai 30 giorni, se il destinatario del provvedimento non adempie agli obblighi fissati nell'ordine di protezione. Il rifiuto all'esecuzione sarà possibile solo nei casi in cui si verifichi una delle circostanze specificate dall'articolo 10 e, tra l'altro, nei casi in cui non venga rispettato il principio della doppia incriminazione sancito dalla stessa direttiva. Giustizia: detenuto e obblighi assistenza familiare, non c'è reato se manca consapevolezza di Francesca Maria Zanasi (Avvocato del Foro di Milano) www.quotidianogiuridico.it, 13 febbraio 2015 Secondo la sentenza n. 4960/2015 della Suprema Corte, per la configurazione del reato di cui all'art. 570 c.p. la responsabilità per omessa prestazione dei mezzi di sussistenza non è esclusa dall'indisponibilità dei mezzi necessari, quando questa sia dovuta per colpa dell'obbligato che ha posto in essere comportamenti contrari a norme penali. La detenzione del padre rappresenta una colpevole impossibilità ad adempiere e, come tale, non può avere valore esimente della responsabilità penale. Tuttavia può essere valutata ai fini della verifica sulla sussistenza dell'elemento soggettivo. E laddove non vi sia la consapevolezza di sottrarsi all'obbligo, la mancata contribuzione non costituisce reato. Giustizia: ha passato in carcere per 22 anni da innocente, ma lo Stato non vuole risarcirlo di Charlotte Matteini www.fanpage.it, 13 febbraio 2015 La storia di Giuseppe Gullotta condannato in seguito ad una testimonianza estorta con le torture dai Carabinieri siciliani sconta 22 anni di carcere da innocente. Lo stato oggi non vuole rimborsarli. 27 gennaio 1976. Ad Alcamo Marina due Carabinieri vengono uccisi in caserma. Giuseppe Gulotta viene arrestato e accusato di duplice omicidio insieme ad altri tre ragazzi. Ha 18 anni. Inizia così il suo calvario giudiziario, con una confessione estorta a suon di sevizie e torture dai carabinieri. Nove processi totali, dopo un'assoluzione in primo grado "per insufficienza di prove", le condanne in appello, fino alla sentenza definitiva di condanna all'ergastolo nel 1990. Ventidue anni di ingiusta detenzione, ventidue anni a cercare di proclamare a gran voce la sua innocenza dalla galera. Poi la piena assoluzione, nel febbraio 2012, arrivata grazie alla testimonianza di Renato Olino, un ex brigadiere dei Carabinieri , che pentito lo scagiona. Ma i problemi con la giustizia italiana sembrano non finire mai per Gulotta e l'Avvocatura di Stato, per conto del Ministero dell'Economia e delle Finanze, infatti, ha cercato di opporsi, ricorrendo in Appello per bloccare la liquidazione della provvisionale, adducendo una serie di motivazioni piuttosto precarie Nonostante le evidenze, provate dalla piena assoluzione intervenuta nel 2012, l'Avvocatura ha cercato di contestare le perizie prodotte dalla difesa in sede di Revisione non considerate prove perché di parte, ha richiesto la prescrizione per le accuse di tortura e frode processuale per decorrenza dei termini, sostenendo soprattutto l'infondatezza e inammissibilità della richiesta di risarcimento per la presunta condotta, dolosa o colposa, di Gulotta. Insomma, il calvario di Giuseppe non sarebbe un vero e proprio errore giudiziario perché si auto-accusò, secondo lo Stato Italiano. Nella memoria difensiva l'Avvocato Quattrone, legale per conto del MEF, chiede di "accertare le condizioni di ammissibilità e fondatezza della domanda avanzata dal ricorrente", asserendo che: "Occorre tener conto del fatto che nella condanna di Gulotta, come degli altri due coimputati sono stati determinanti due elementi: la chiamata in correità di Giuseppe Vesco […] e la confessione resa dal Gulotta, dallo stesso reiterata alla presenza dell'Avv. Eleonora Granozzi ed assunta a verbale alla presenza del predetto difensore, nonché alla presenza di de magistrati. La confessione verrà solo in un secondo tempo ritrattata, precisamente dopo il traferimento presso il carcere di Trapani". Insomma, per l'Avvocatura di Stato il risarcimento non andrebbe concesso perché "L'auto incolpazione per un delitto non commesso costituisce, secondo il costante insegnamento della S.C., in sé fatto doloso o comunque gravemente colposo, ostativo alla riparazione poiché determinante dell'errore giudiziario". E le torture reiterate affinché Gulotta confessasse un delitto mai commesso? Secondo l'avvocato Quattrone andrebbero provate, di nuovo. E infatti nella memoria difensiva chiede alla Corte di Reggio Calabria di verificare "ai fini dell'accertamento del "se" della riparazione, se nel processo di revisione sia stata effettivamente acquisita la prova di violenze usate nei confronti del Gulotta al fine di estorcergli la confessione […]. Insomma, non bastano ventidue anni di ingiusta detenzione, si cerca di mettere in dubbio il calvario vissuto da Giuseppe Gulotta. Si arriva a cercare di screditare un innocente. La storia ci racconta che a scagionare Gulotta da tutte le accuse è stato un ex carabiniere, che testimoniò la pratica delle sevizie perpetrata dai Carabinieri per arrivare a estorcere confessioni ai presunti colpevoli. Ma l'Avvocatura di Stato non ravvisa evidentemente questo dolo da parte di dipendenti della Pubblica Amministrazione e della Magistratura, adducendo a un concorso di colpa dell'ex detenuto, cercando di ridurre la gravità delle torture e delle percosse subite da Giuseppe Gulotta: "Ammesso che possa ritenersi acquisita nel giudizio di revisione la prova dell'uso anche sul Gulotta di mezzi coercitivi dell'autonomia del soggetto, si chiede che codesta corte valuti l'idoneità dei mezzi di cui nel processo di revisione possa ritenersi effettivamente acquisita la prova a comprimere concretamente, fino ad annullarla, la capacità di autodeterminazione del prevenuto, o se, la confessione possa ritenersi comunque a lui imputabile come condotta cosciente e volontaria e quindi, se non dolosa, comunque gravemente colposa e determinante dell'errore giudiziario". E i problemi psicologici e il tentativo di suicidio in carcere? Anch'essi vengono ridimensionati dall'Avvocato Quattrone: "In disparte dalla considerazione che la perizia, perché appunto di parte, non ha valore di prova, non può farsi a meno di evidenziare come si appalesi alquanto singolare una diagnosi di depressione con tendenze suicide desunta dal "riferito" del Gulotta, il quale (sic!) avrebbe, una volta, tentato il suicidio premendo la mano su una lattina, desistendo dal proposito suicida per il forte dolore. La circostanza, che denota quanto meno una tendenza del Gulotta a enfatizzare il proprio vissuto, non merita commenti ulteriori". Giudizi di merito che cercano di far apparire Gulotta come una persona avvezza a ingigantire i fatti, arrivando quasi a sostenere che decenni di ingiusta detenzione non lascino segni indelebili nella psiche di chi ha avuto la sfortuna di imbattersi in un simile calvario. Ma non è tutto. L'Avvocatura di Stato, contestando la cifra richiesta dai legali di Gulotta, chiede, qualora la Corte ravvisasse comunque la fondatezza della richiesta di risarcimento, di ricalcolare, per difetto ovviamente, la quantificazione del danno. Da 56 milioni di euro, cifra giudicata troppo esosa perché frutto di un cumulo di pretese inesaudibili. Per esempio? Gulotta nel 2005 ha perso la sua impresa individuale. Ebbene, l'Avvocatura sostiene sia una richiesta inattendibile perché "Il ricorrente deduce la perdita dell'impresa individuale. È assai singolare che il ricorrente deduca come danno da perdita dell'impresa quello di un'impresa che è stata cancellata nel 2005, cioè ben 15 anni dopo la sua incarcerazione[…]. Si chiede di verificare il nesso eziologico". Anche fosse dovuto un risarcimento per la perdita della capacità reddituale di Gulotta, questa, secondo l'Avvocato Quattrone, dovrebbe essere conteggiata al netto dei redditi prodotti lavorando durante il periodo di detenzione e al netto del presunto fatturato globale che avrebbe potuto produrre in quegli anni la sua impresa. Qualsiasi escamotage pur di diminuire la cifra richiesta dagli avvocati difensori di Giuseppe Gulotta vale la candela. Sembra non esserci traccia di umana pietas alcuna leggendo la memoria difensiva presentata dall'Avvocatura di Stato. Ciò che è davvero importante per lo Stato è ridurre il più possibile l'entità del risarcimento, se non addirittura stralciarlo per decorrenza di termini e per assenza di prove della tortura, come si legge scorrendo le richieste depositate. Insomma, ti estorcono la confessione a suon di torture, stai in galera 22 anni da innocente, alla fine ti assolvono con formula piena grazie alla testimonianza di un carabiniere pentito. E lo Stato che fa? Cerca di non indennizzare il danno e di minimizzare il tutto dando la colpa al torturato e incarcerato, reo di essersi auto-accusato. Secondo l'Avvocatura di Stato è tutto normale, l'importante è risparmiare e cercare di celare i propri errori. Oltre al danno, la beffa. Adesso la decisione spetta ai giudici della Corte d'Appello di Reggio Calabria, che oggi hanno disposto l'accertamento per la quantificazione del risarcimento spettante a Giuseppe Gulotta per i danni patrimoniali, morali, esistenziali e biologici entro 90 giorni, fissando la nuova udienza al 10 di giugno. E forse, finalmente, tra pochi mesi Giuseppe Gulotta potrà mettere fine al suo interminabile calvario giudiziario durato 36 anni. Sardegna: detenuti 41bis nelle carceri di Uta e Sassari, non appena strutture sono pronte Ansa, 13 febbraio 2015 Le carceri sarde di Uta (Cagliari) e Sassari sono moderne e super sicure e per questo, in conformità alla "disposizioni di sicurezza pubblica, è stato deciso lì il trasferimento di detenuti al 41 bis: trasferimento che avverrà non appena le strutture saranno pronte. È quanto afferma il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, "per esigenze di chiarezza e di verità storica dei fatti", a proposito del trasferimento in Sardegna di detenuti in regime di massima sicurezza di cui ha parlato ieri il nuovo capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Santi Consolo, ascoltato dalla Commissione parlamentare Antimafia. "I provvedimenti di trasferimento di detenuti ex art. 41 bis nelle sezioni delle carceri di Sassari e Uta - si legge in una nota del Dap - saranno adottati ai sensi delle "disposizioni in materia di sicurezza pubblica", varate con la legge 15 luglio 2009, n. 94 che... dispone: "I detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione devono essere ristretti all'interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree insulari, ovvero comunque all'interno di sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell'istituto e custoditi da reparti specializzati della polizia penitenziaria". Le due moderne strutture di Uta e di Sassari sono state realizzate in conformità alla legge 15 luglio 2009, n. 94 e assicurano i più elevati standard di sicurezza e di gestione". "Il trasferimento avverrà - prosegue il Dap - non appena saranno ultimati i lavori della sezione 41 bis del carcere di Uta e l'attivazione del sistema di multi videoconferenza nel carcere di Sassari. Le due sezioni hanno una ricettività di 92 posti ciascuna". Il Dipartimento precisa inoltre che "la titolarità esclusiva dei procedimenti relativi alla realizzazione dei due nuovi complessi penitenziari di Cagliari e di Sassari appartiene al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti-Provveditorato Interregionale alle Opere pubbliche per il Lazio, l'Abruzzo e la Sardegna. I costi complessivi, al netto del ribasso, sono pari a 18 milioni 600.000 euro per Uta e 16 milioni 350.000 per Sassari. I lavori per la realizzazione dei due reparti sono stati richiesti dal Dap nel mese di novembre 2009, in attuazione delle "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica". I detenuti attualmente sottoposti al regime di 41 bis sono 722, distribuiti in 12 istituti penitenziari su tutto il territorio nazionale. Pili (Unidos): bloccate folle progetto detenuti 41bis in Sardegna "Bloccate il progetto folle dei 41 bis in Sardegna e convocare Pigliaru nella commissione antimafia per il parere della Regione". Lo chiede il deputato sardo di Unidos, Mauro Pili. L'ex governatore, dopo avere denunciato l'arrivo nelle Carceri dell'Isola di capimafia e altri detenuti ristretti nel regime di massima sicurezza, ha inviato una lettera al presidente della commissione antimafia, Rosy Bindi, per convocare la bicamerale e acquisire il parere della Regione. "La commissione antimafia - afferma Pili - deve occuparsi immediatamente dello scellerato progetto del Dap di trasferire in Sardegna oltre 200 capimafia". Il parlamentare chiede che l'organismo bicamerale convochi al più presto il presidente della Sardegna, Francesco Pigliaru, "per acquisire il parere della Regione su questo demenziale progetto che rischia di attivare un processo di infiltrazione mafiosa senza precedenti in Sardegna". Pili definisce "intollerabile" e "scandaloso" il silenzio della Giunta regionale. Per l'ex governatore "il trasferimento dei 41 bis è una scelta in contrasto con le linee guida legate alla regionalizzazione della pena detentiva ma anche contro tutte le impostazioni sinora seguite di non concentrare capimafia. Un vero e proprio regalo alle cosche. Anche per questo motivo - conclude - il ministro dovrebbe revocare i massicci trasferimenti di detenuti in Sardegna. E se non lo farà la reazione sarà durissima". Emilia Romagna: 170 Associazioni, Cooperative e Parrocchie lavorano a recupero detenuti Ansa, 13 febbraio 2015 Sono 170, in Emilia-Romagna, i soggetti "no profit" che, quotidianamente, operano al recupero di persone detenute o ex detenute: nel dettaglio 60 associazioni, 80 cooperative sociali e 30 parrocchie. È quanto emerge - si legge in una nota - dal censimento su "Terzo settore e carceri" presentato dall'Ufficio del Garante regionale delle persone private della libertà personale. Lo studio, promosso in collaborazione con il Dipartimento di Scienze giuridiche dell'Università di Bologna, ha analizzato le attività realizzate da questi soggetti, le risorse messe in campo da volontariato, associazionismo e cooperazione sociale, cercando di valutare i risultati finora raggiunti. Nel dettaglio, le 170 realtà censite (cui si aggiungono le aziende che effettuano inserimenti lavorativi di persone provenienti dal circuito penale) sono state raggruppate a seconda della provincia in cui operano: "di ognuna - si legge ancora nella nota - è stata data descrizione, spesso ricorrendo alle fonti reperite online che costituiscono una miniera preziosa di informazioni e in molti casi restituiscono il senso dello stile perseguito nelle attività realizzate". Dalla ricerca presentata dall'Ufficio del Garante dei detenuti, infine, "emerge la convinzione che un maggiore ricorso alle misure alternative, sostenute da azioni e da reti adeguate, possa garantire un più elevato grado di successo statistico. E che - chiosa la nota - fino a quando l'accesso a tali misure sarà consentito solo a una "clientela selezionata", i dati relativi alla loro efficacia risulteranno inevitabilmente falsati". Toscana: per Garante dei detenuti settimana di sopralluoghi nelle strutture penitenziarie Adnkronos, 13 febbraio 2015 Settimana di sopralluoghi nelle strutture penitenziarie della Toscana per il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Franco Corleone. Lunedì 16 febbraio alle ore 10.30 prima tappa alla casa circondariale di Arezzo, dove Corleone sarà accompagnato dal direttore della struttura Paolo Basco. "La crisi del carcere, esplosa con il sovraffollamento, si è ridimensionata sia a livello nazionale che regionale - ha commentato Corleone -. Nelle strutture toscane abbiamo quasi raggiunto la parità tra posti disponibili e presenza di detenuti anche se Sollicciano e Prato soffrono ancora per la presenza alta di carcerati". "Con questi sopralluoghi - ha detto Corleone - vogliamo verificare il passaggio dalla quantità alla qualità; vedere, se sconfitto il problema del sovraffollamento, la qualità di vita sta migliorando". Corleone ha precisato che queste visite vogliono essere un "momento di verifica dello stato dei lavori di ristrutturazione e del superamento di alcune criticità come le condizioni igienico-sanitarie precarie". I sopralluoghi continueranno mercoledì 18 febbraio al carcere di Prato; giovedì 19 febbraio alla struttura penitenziaria di Lucca dove ad accogliere Corleone ci sarà il direttore Francesco Ruello e venerdì 20 al carcere di Pisa, dove ad accompagnare il Garante ci sarà il direttore del Don Bosco Fabio Prestopino. Piemonte: la Regione vuole svuotare carceri dai tossicodipendenti con misure alternative www.agoramagazine.it, 13 febbraio 2015 Ricorso alle misure alternative alla detenzione, per favorire il reinserimento lavorativo e la socializzazione dei detenuti. Il presidente Sergio Chiamparino ha firmato il 12 febbraio a Roma un protocollo operativo tra Ministero della Giustizia, Regione Piemonte, Anci Piemonte, Tribunale di Sorveglianza di Torino e Garante regionale dei detenuti finalizzato al recupero e al reinserimento di carcerati con problemi legati alla tossicodipendenza. Numerosi gli impegni previsti dal documento: favorire la collaborazione fra i propri servizi e quelli del territorio deputati all'accoglienza dei soggetti sottoposti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria, per la predisposizione di percorsi finalizzati al reinserimento sociale; considerare come presi in carico i soggetti attualmente presenti in Piemonte anche se con residenza diversa, con l'obiettivo di ridurre il fenomeno del sovraffollamento negli istituti penitenziari piemontesi; predisporre un piano di azione per favorire l'applicazione delle misure alternative e consentire l'attivazione di percorsi terapeutici; supportare l'adozione di misure alternative alla detenzione attraverso azioni orientate al reinserimento dei detenuti nel tessuto socio-economico esterno, con particolare riguardo a coloro che sono privi di risorse economiche e familiari. In particolare la Regione si impegna ad individuare, in accordo con gli enti locali, comunità residenziali anche di tipo terapeutico idonee all'accoglimento di persone sottoposte agli arresti domiciliari o a pene alternative alla detenzione. "Questo protocollo - ha dichiarato Chiamparino - è utile sia perché migliora la situazione delle carceri, aumentando il ricorso alle misure alternative alla detenzione, sia perché, favorendo il reinserimento lavorativo e la socializzazione dei detenuti, riduce il rischio recidive, che è uno dei motivi di crescita dei reati, e migliora quindi le condizioni di sicurezza generale della nostra comunità. Già quand'ero sindaco di Torino ho visitato molte volte il carcere delle Vallette e ho constatato che spesso la detenzione peggiora la situazione di dipendenza". Chiamparino ha quindi annunciato che per l'Ostensione della Sindone si sta lavorando all'ipotesi di impiegare assieme ai volontari un'ottantina di detenuti del carcere di Torino:"Un esempio di come si può offrire la possibilità di uno spiraglio nel muro che separa il carcere dal resto della comunità". Siglato protocollo intesa Regione-Ministero Firmato oggi al ministero della Giustizia un protocollo d'intesa sulle carceri con la Regione Piemonte: presenti tra gli altri il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il presidente della Regione Sergio Chiamparino, il capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria Santi Consolo. Con quella di oggi, salgono a 13 le intese tra ministero e Regioni e in dirittura d'arrivo c'è anche quella con la Basilicata. Il protocollo coinvolge anche Anci Piemonte, Tribunale di Sorveglianza di Torino e, per la prima volta rispetto alle precedenti, anche il Garante regionale dei detenuti. Il protocollo riserva una particolare attenzione ai soggetti che, a causa della loro condizione di tossicodipendenti, necessitano di speciali percorsi riabilitativi, rieducativi e di reinserimento sociale e lavorativo. E punta tra le altre cose a predisporre un piano di azione regionale per favorire l'applicazione delle misure alternative e consentire l'attivazione di percorsi terapeutici rivolti ai detenuti con problematiche correlate alle dipendenze patologiche. Verranno perciò adottate misure per potenziare le capacità recettive delle comunità residenziali anche di tipo terapeutico idonee ad ospitare agli arresti domiciliari o in misura alternativa alla detenzione soggetti in esecuzione penale. E si prevedono forme di lavoro volontario relativo a progetti di pubblica utilità. Nelle carceri piemontesi sono detenute 3.600 persone e 2.600 sono i soggetti in esecuzione penale esterna. Sicilia: a breve assunzione dei "testimoni di giustizia" presso la Pubblica Amministrazione Ansa, 13 febbraio 2015 La Commissione Centrale ha concluso la fase istruttoria relativamente al procedimento legislativo che, a breve, porterà all'assunzione dei testimoni di giustizia presso la pubblica amministrazione della Regione Sicilia. Si tratta di un provvedimento necessario, a quanto si apprende, per consentire alla regione siciliana di procedere alle assunzioni. Soddisfazione è stata espressa dall'Associazione nazionale dei testimoni di giustizia presieduta da Ignazio Cutrò che nei giorni scorsi aveva espresso al presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosi Bindi, e al deputato Pd Davide Mattiello, coordinatore del quinto comitato della Commissione antimafia sui testimoni, rammarico e indignazione sulla lentezza di questo percorso. "Ci sentiamo in obbligo di ringraziare uno per uno - afferma Cutrò - tutti coloro che, con la loro presenza umana e con la sincera e onesta passione parlamentare, pensiamo al senatore Giuseppe Lumia, hanno reso possibile raggiungere questo traguardo. Non è però meno doveroso il ringraziamento al Servizio centrale di protezione la cui generosità non è mai venuta a mancare. Ai nostri familiari incluso il personale delle forze di polizia che ci hanno accompagnato e protetto in questi anni, ci sentiamo di dire che giustizia è fatta". Bindi e Mattiello: contratti subito "Questo risultato è un grande sollievo per tutti": a sottolinearlo sono la presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, e il coordinatore del V Comitato della Commissione Antimafia, Davide Mattiello, dopo che la Commissione Centrale presso il Viminale presieduta dal vice Ministro Filippo Bubbico ha definito la documentazione necessaria per l'assunzione nella Pubblica Amministrazione dei testimoni di giustizia siciliani, nell'ambito della più ampia regolamentazione nazionale. "Ora si tratta di procedere. Auspichiamo che i contratti con la Regione Sicilia vengano firmati entro la prossima settimana e che la ricognizione dei posti disponibili su base nazionale per i testimoni non siciliani, venga conclusa al più presto dal Servizio Centrale", aggiungono Bindi e Mattiello. "Da parte della Commissione Antimafia l'impegno è quello di presentare al più presto la proposta di legge di riforma complessiva della materia, alla quale stiamo lavorando da settimane, sulla scorta della relazione approvata all'unanimità in ottobre". Ascoli Piceno: detenuto tenta il suicidio nel carcere… in tasca una lettera per il giudice Ansa, 13 febbraio 2015 Un detenuto ascolano di 35 anni ha tentato il suicidio la notte fra il 9 e il 10 febbraio scorsi nel carcere di Ascoli Piceno, dove è rinchiuso per una condanna per furto. La notizia si è appresa oggi. L'uomo, che ha cercato di impiccarsi con un lenzuolo alle sbarre della cella, è stato salvato dagli agenti di polizia penitenziaria, chiamati dagli altri detenuti. In tasca aveva una lettera indirizzata ad un giudice del Tribunale di Ascoli: chiedeva di essere scarcerato in attesa di entrare il prossimo primo marzo in una comunità per il recupero di tossicodipendenti. Il giudice aveva però respinto la richiesta visto che l'uomo è già evaso due volte dagli arresti domiciliari, commettendo altri furti. Parma: blackout in carcere, chiesta procedura d'urgenza per risolvere la questione Gazzetta di Parma, 13 febbraio 2015 "Effettivamente al carcere di Parma ci sono state delle difficoltà di tipo tecnico che hanno creato interruzioni di corrente in passato. Ieri ho incontrato il Provveditore competente, dottor Buffa, abbiamo affrontato il problema e le attività sono in corso per risolvere del tutto la questione". Lo ha detto il capo del Dap, Santi Consolo, parlando del carcere di Parma, dove è detenuto tra gli altri Massimo Carminati (Mafia Capitale), in cui ci sono stati problemi al sistema di videosorveglianza e videoregistrazione a rischio blackout. "Al momento - ha proseguito il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Santi Consolo - non ci sono a Parma le carenze tecniche registrate in passato. Stiamo lavorando per risolvere i problemi. Sono cose che possono succedere, dispiace che avvengano dove sono reclusi soggetti detenuti in regime di carcere duro". Consolo ha ricordato di aver sollecitato l'apertura di due istituti di pena in Sardegna, a Sassari e a Cagliari, "costati moltissimi soldi pubblici e che possono ospitare in totale quasi 200 detenuti in regime di 41 bis con strutture che garantiscono il totale isolamento rispetto agli altri detenuti. Quello di Sassari non può essere aperto perché non è stato attivato il sistema di multi conferenze - ha detto Consolo davanti alla Commissione Antimafia presieduta da Rosy Bindi - ed ho fatto solleciti per l'attivazione. Quello di Cagliari è di pronta ultimazione, vanno accelerati i lavori". I detenuti sottoposti al regime di carcere duro sono 720 in Italia e le carceri che li ospitano sono 12. "Se si decongestionano questi siti portando quasi 200 detenuti in Sardegna, riusciamo a risolvere molti problemi e recuperare spazi per la detenzione comune". Infine, ai giornalisti che gli chiedevano se anche Carminati potrebbe essere spostato in un penitenziario in Sardegna, in un prossimo futuro, il capo del Dap ha risposto che "questo dipenderà da quel che decideranno le autorità giudiziarie competenti". Infine, sul comportamento di Carminati in carcere a Parma, Consolo, rispondendo ai giornalisti, ha detto che bisogna chiedere al direttore del penitenziario, che bisogna considerare che talvolta "ci sono motivi di giustizia per cui una presenza in altro loco potrebbe essere difficoltosa" e che comunque "nella condizione in cui Carminati è l'unico beneficio è la liberazione anticipata, non potrebbe averne altri anche se si comportasse bene". Bollate (Mi): detenuti al lavoro esterno impegnati nel progetto "Rinnoviamo la scuola" www.mi-lorenteggio.com, 13 febbraio 2015 I genitori, l'Amministrazione comunale, alcuni detenuti del carcere di Baranzate che godono del permesso di uscita e gli ex detenuti della cooperativa Estia lo scorso weekend hanno ripreso il lavoro iniziato nelle vacanze di Natale da un gruppo di genitori. Decolla il progetto "Rinnoviamo la scuola" per rendere più accogliente l'Istituto Leonardo da Vinci in via Fratellanza. L'iniziativa, realizzata grazie all'aiuto e al sostegno di molte persone, dimostra la volontà d'intervenire, di credere nella scuola pubblica e di volerla rendere ancor più adatta ad essere quel luogo formativo in cui i ragazzi apprendono gli insegnamenti che li renderanno uomini. I genitori, l'Amministrazione comunale, alcuni detenuti del carcere di Baranzate che godono del permesso di uscita ( Articolo 21) e gli ex detenuti della cooperativa Estia lo scorso weekend hanno ripreso il lavoro iniziato nelle vacanze di Natale da un gruppo di genitori. Venerdì pomeriggio, sabato e domenica, la scuola Leonardo da Vinci ha visto all'opera un folto gruppo di persone e l'operazione ha dato risultati straordinari: aule colorate, luminose e accoglienti, plafoni rinfrescati, porte e armadi ridipinti che mettono meglio in risalto i disegni realizzati sulle pareti dei corridoi dagli alunni nell'ambito del progetto "Colore e Skyline - Aspettando Expo 2015". Sono state giornate di lavoro intense e appaganti, ma non sono mancati momenti di socialità come il pranzo comunitario di sabato: tutti insieme, intorno ad una tavolata apparecchiata per rifocillarsi ma anche per conoscersi meglio. Quest'esperienza ha catalizzato l'impegno e la generosità di molte persone che hanno messo a disposizione tempo, lavoro e attrezzature e ha dimostrato che insieme si possono raggiungere grandi risultati e superare le difficoltà che si possono incontrare in momenti di crisi come quello attuale. "Un grazie particolare - dicono gli amministratori che hanno partecipato attivamente all'iniziativa - va a Roberto per aver sapientemente riparato le ante rotte degli armadi e per aver regalato il materiale che presto si trasformerà nei nuovi paracolpi delle aule, ad Arturo per aver messo a disposizione dei genitori la lavapavimenti industriale per pulire le aule, a Dario che con la sega circolare professionale domenica mattina a tagliato a misura (in quantità industriale) i nuovi paracolpi delle aule. E grazie anche ad Alberto che ha preparato la pasta". Il progetto verrà realizzato quasi a costo zero, un grazie dunque a chi l'ha ideato, voluto e sopratutto a coloro che hanno creduto che potesse funzionare davvero. Un ringraziamento a Banca UniCredit che ha sponsorizzato l'acquisto del materiale occorrente, a Leroy Merlen di Baranzate - in particolare a Claudio- che, a condizioni vantaggiosissime, ha fornito l'occorrente : oltre 100 latte di pittura lavabile, 30 confezioni di smalto, pigmenti coloranti, nastro adesivo, cartone protettivo, stucco, carta abrasiva, rulli e pennelli. "Il progetto Rinnoviamo la scuola insieme - spiega il sindaco Stefania Lorusso - come le precedenti esperienze (nelle scuole Iqbal Masik e Aurora di Cassina Nuova e nella scuola dell'infanzia Gesù Bambino a Cascina del Sole), si propone di sensibilizzare rispetto alle difficoltà che gli Istituti scolastici e gli Enti locali incontrano per garantire interventi di manutenzione, anche minimi, negli edifici pubblici, ma contemporaneamente indica il desiderio di trovare soluzioni nuove e coraggiose ai problemi (ricordiamo che la nostra Amministrazione è l'unica nel nord Italia ad aver firmato un protocollo di intesa con un carcere per permettere ai detenuti l'esecuzione di lavori socialmente utili sul territorio)". "Questa iniziativa - dice l'assessore ai Servizi alla Persona Marinella Mastrosanti dimostra che in città c'è molta energia positiva, ci sono molti cittadini disposti a giocarsi in prima persona, hanno voglia di dare una mano perché la scuola appartiene al territorio, è un bene comune da proteggere e tenere con "cura" perché accolga più adeguatamente ragazzi e docenti per il tempo che vi trascorrono". "La scuola media Leonardo da Vinci di via Fratellanza - spiega il vice sindaco Cesare Doniselli - è uno delle più vecchie. Più volte si è parlato della sua dismissione e del suo possibile ricollocamento, ma finora non è stato possibile. In attesa di poter avere una nuova scuola, la dirigenza scolastica, i genitori e l'Amministrazione Comunale hanno deciso d'intervenire, scendendo direttamente in campo e realizzando questo progetto che si concretizzerà entro il mese di marzo 2015. Uno straordinario esempio di collaborazione, i cui risultati mi rendono fiero d'essere Bollatese". Presente, in veste di imbianchino, anche l'assessore alla Mobilità Carlo Vaghi. Il prossimo intervento è previsto per venerdì 27, sabato 28 febbraio e domenica 01 marzo. Proseguirà poi per altri 4 fine settimana. Per altre informazioni consultate il sito del comune della città di Bollate e il sito dell'istituto scolastico, dove si potranno trovare le fotografie prima e dopo l'intervento. Torino: il nuovo Centro di accoglienza per le mamme detenute? costruito dai carcerati La Repubblica, 13 febbraio 2015 Inaugurato alle Vallette il progetto sostenuto da Saint Gobain e da una serie di fondazioni. E Chiamparino firma un accordo con il ministero. Nuovo centro di accoglienza per madri detenute e nuovo teatro all'interno del carcere Lorusso e Cutugno di Torino. I lavori di riqualificazione sono stati realizzati dagli stessi detenuti nell'ambito dei progetti promossi da Saint-Gobain Italia, Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri Onlus e Compagnia di San Paolo con il Patrocinio della Regione Piemonte. Quaranta i reclusi impegnati in un corso di 600 ore, tra formazione teorica e pratica, che vi hanno partecipato. L'inaugurazione è avvenuta nel giorno in cui al ministero della Giustizia è stato firmato un protocollo d'intesa sulle carceri con la Regione Piemonte: presenti tra gli altri il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il presidente della Regione Sergio Chiamparino, il capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria Santi Consolo. Salgono così a 13 le intese tra ministero e Regioni e in dirittura d'arrivo c'è anche quella con la Basilicata. Il protocollo coinvolge anche Anci Piemonte, Tribunale di Sorveglianza di Torino e, per la prima volta rispetto alle precedenti, anche il Garante regionale dei detenuti. Il protocollo riserva una particolare attenzione ai soggetti che, a causa della loro condizione di tossicodipendenti, necessitano di speciali percorsi riabilitativi, rieducativi e di reinserimento sociale e lavorativo. E punta tra le altre cose a predisporre un piano di azione regionale per favorire l'applicazione delle misure alternative e consentire l'attivazione di percorsi terapeutici rivolti ai detenuti con problematiche correlate alle dipendenze patologiche. Torino: "Liberi bimbi" e "Liberiamo le competenze": interventi riqualificazione carcere www.obiettivonews.it, 13 febbraio 2015 Presentati ieri i progetti sostenuti e fortemente voluti da Saint-Gobain Italia, dalla Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri Onlus e dalla Compagnia di San Paolo, che hanno coinvolto quaranta detenuti nella riqualificazione e ristrutturazione di alcuni edifici nella Casa Circondariale "Lorusso e Cutugno" di Torino tra i quali il nuovo Centro di accoglienza detenute madri e il teatro. I detenuti sono stati impegnati per 600 ore di formazione teorica e pratica, di cui 200 impartite da formatori di Saint-Gobain Italia, volte a far imparare un antico mestiere con materiali e tecniche innovative, un "saper fare" vero, concreto, in campo edile, rivolto alla riqualificazione energetica sia di edifici nuovi, sia nella ristrutturazione. La formazione ha un ruolo fondamentale per la riabilitazione dei detenuti: riduce infatti significativamente il rischio di recidiva ed è essenziale per agevolare il reinserimento in società, proprio come la stessa costituzione italiana sancisce, affermando che il carcere deve avere uno scopo rieducativo, per offrire un percorso di riabilitazione con importanti ricadute per la collettività. Per questo la Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri Onlus, Saint-Gobain Italia e la Compagnia di San Paolo hanno promosso e implementato negli ultimi quattro anni questi progetti all'interno del carcere di Torino. La riduzione dei costi di gestione delle strutture pubbliche è un altro obiettivo centrale delle iniziative. Questi interventi di riqualificazione energetica favoriscono un risparmio economico per i contribuenti, grazie alla riduzione dei costi di gestione della struttura stessa e hanno prodotto ottimi risultati anche in termini di fabbisogno energetico, grazie all'utilizzo di materiali naturali e sostenibili, messi a disposizione dal gruppo Saint-Gobain. Tale impegno, proseguito senza interruzioni dal 2010, si è concretizzato nell'attività di formazione svolta da Saint-Gobain Italia anche per la posa in opera dei materiali, coordinata e sviluppata dalla Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri di Torino e sostenuta dalla Regione Piemonte e dalla Provincia di Torino. Il progetto Liberi Bimbi sostenuto dalla Fondazione Saint-Gobain Initiatives Grazie a Liberi Bimbi, è nato il nuovo centro di accoglienza dedicato alle madri incarcerate, grazie al lavoro di 16 detenuti. L'iniziativa promossa e sostenuta attivamente dalla Fondazione Saint-Gobain Initiatives prende avvio dall'obbligo in capo agli Istituti di pena detentiva, di riservare uno spazio - Icam - dedicato ai detenuti con bambini. Tale spazio è stato individuato nella palazzina attualmente utilizzata dai detenuti semiliberi: le persone che al mattino escono dal carcere per lavorare e ritornano alla sera. Mantenendo l'impegno di fare formazione in ambiti concreti e che siano richiesti nel lavoro in edilizia, all'interno di questo progetto più complesso, sono state impartite dai formatori di Saint-Gobain Italia 90 ore di lezioni teoriche e pratiche. Tale contributo ha reso possibile la realizzazione dei lavori di riqualificazione energetica delle pareti perimetrali - con l'insufflaggio di lana di vetro nelle casse vuote tra i muri - e di un controsoffitto isolato termicamente e acusticamente e finito con lastra in gesso rivestito. L'impegno di Saint-Gobain Italia si è esteso anche all'erogazione di borse lavoro che hanno coinvolto alcuni detenuti, per agevolare il loro reinserimento nel tessuto sociale. Oltre a Liberi Bimbi, la Fondazione Saint-Gobain Initiatives è impegnata nello sviluppo del progetto Linguetta, nel quale Saint-Gobain sostiene la Lega del Filodoro, nella costruzione di un centro altamente specializzato per l'assistenza ai bambini sordociechi e delle loro famiglie. Liberiamo le competenze Li.Co. - Liberiamo le competenze e arrestiamo gli sprechi - ha permesso la riqualificazione energetica di alcuni edifici della Casa Circondariale di Torino. Dal 2010 ha coinvolto 60 detenuti che hanno ricevuto formazione sull'isolamento termico e acustico e successivamente hanno eseguito lavori di riqualificazione della copertura piana della palazzina uffici, circa 1.200 metri quadrati, imparando a impermeabilizzare e isolare termicamente e acusticamente il tetto. In seguito ne hanno isolato le pareti perimetrali con l'applicazione di un cappotto esterno, un solaio dell'archivio sempre con la tecnica del cappotto orizzontale, infine, come prova d'esame, hanno realizzato una contro-parete interna isolata termicamente e acusticamente e finita con lastre in gesso rivestito. La collaborazione con Compagnia di San Paolo Grazie al sostegno della Compagnia di San Paolo e la collaborazione di Saint-Gobain Italia è stato finalizzato un intervento che ha riguardato la riqualificazione energetica e l'impermeabilizzazione della copertura piana del teatro della Casa Circondariale di Torino. A questo si sono poi aggiunte altre coperture sempre nella zona detentiva del carcere per un totale di 2.000 metri quadrati riqualificati. "Per noi "formazione professionale" significa non solo apprendimento di competenze tecniche, ma occasione e strumento per lo sviluppo integrale della persona, sul piano culturale, umano, sociale", spiega Attilio Bondone, Presidente della Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri. "Per questo da oltre trent'anni il nostro ente è impegnato nella formazione all'interno delle carceri: perché riteniamo che la pena detentiva perda di significato se non accompagnata da proposte concrete, che diano alle persone coinvolte la possibilità di vivere il tempo della condanna in modo "costruttivo", preparando il proprio reinserimento nella comunità dal punto di vista occupazionale e sociale. Il lavoro è il fattore chiave per il recupero della persona sotto entrambi i profili". E sottolinea: "Tutto ciò non reca vantaggio solo ai soggetti detenuti, ma a tutta la comunità, poiché si traduce in una riduzione della recidiva e quindi in un aumento della sicurezza. Questo impegno è reso possibile grazie al sostegno degli attori pubblici e privati che credono in queste iniziative. "Da anni siamo impegnati nell'offrire percorsi di formazione professionale utili ai detenuti per agevolarne il reinserimento nella società dopo la scarcerazione", spiega Domenico Minervini, Direttore della Casa Circondariale "Lorusso e Cutugno" di Torino. "Due sono tuttavia i punti che intendo sottolineare a consuntivo dei progetti appena conclusi: l'eccellente sinergia tra il carcere, le istituzioni pubbliche e il mondo del privato, quale miglior esempio della partecipazione attiva della società civile nella valorizzazione dei programmi di esecuzione penale; l'orgoglio dei detenuti nell'aver dato un contributo concreto e duraturo nella bonifica dei luoghi di detenzione in cui sono costretti a permanere, tema attuale alla luce dei richiami sempre più forti della Corte di Strasburgo ad una maggiore umanizzazione proprio di tali luoghi." "Siamo orgogliosi di essere uno dei sostenitori di un'iniziativa di così grande valore a cui abbiamo creduto sin dall'inizio del primo progetto nel 2010", dichiara Bruno Rossetti, Direttore Marketing Strategico e Comunicazione Construction Products Saint-Gobain Italia. "Quando pubblico e privato lavorano insieme con un obiettivo comune i risultati ottenuti sono sempre di altissimo livello e questo ne è un esempio concreto. Noi di Saint-Gobain, che operiamo nel settore dell'edilizia sostenibile abbiamo messo a disposizione non solo le nostre competenze e i nostri migliori tecnici per la formazione e per la consulenza nel progetto, ma abbiamo anche voluto dare un contributo nell'erogazione di borse lavoro ad alcuni detenuti per agevolare il loro reinserimento nel tessuto sociale". "I progetti promossi e sostenuti da Saint-Gobain Italia, dalla Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri e dalla Compagnia di San Paolo e che hanno coinvolto molti detenuti della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino in una formazione teorica e pratica rappresentano un passo importante per il loro reinserimento nella società", commenta l'Assessore alle Politiche Sociali Augusto Ferrari. "La nostra Costituzione prevede che le pene debbano tendere alla rieducazione del condannato e credo che sia fondamentale che il carcere assuma uno scopo rieducativo ed offra ai detenuti una seconda possibilità di potersi riabilitare, di poter seguire corsi scolastici, formativi e di addestramento professionale. Credo che Istituzioni, Associazioni e Fondazioni debbano continuare a collaborare, fornendo insieme risposte concrete ad una società che ha cambiato volto". "La Compagnia di San Paolo da molti anni si impegna al sostegno economico, progettuale e operativo in ambito carcerario, con l'obiettivo di favorire l'inserimento sociale e lavorativo dei detenuti, l'educazione al lavoro e il miglioramento della qualità della vita in carcere". Aggiunge Paola Assom Area Politiche Sociali Compagnia di San Paolo. "Per questo è nato "Progetto Libero", il nome delle Linee guida in ambito carcerario della Compagnia di San Paolo. Dal 2011 a oggi, sono complessivamente quasi 6 i milioni euro investiti dalla Compagnia in questo ambito. Non a caso è stato attribuito alle Linee il nome di "Progetto Libero": non è un paradosso, ma una visione programmatica. Non si può cancellare il crimine, ma si deve contribuire a offrire alle persone detenute dignità, autostima, motivazioni di riscatto per avviarle verso una libertà che è innanzitutto interiore. Non è solo una azione meritoria ma anche un impegno verso la società e un dovere costituzionale". Massa Carrara: irregolarità negli appalti in carcere, in ventidue vanno davanti al giudice di Anna Pucci La Nazione, 13 febbraio 2015 Chiesto il rinvio a giudizio dell'ex direttore Iodice e di altri funzionari pubblici ed imprenditori per la seconda tranche di "Do ut des". Prosegue davanti al giudice dell'udienza preliminare Alessandro Trinci il processo per la seconda tranche dell'inchiesta "Do ut des", ribattezzata "Appaltopoli" per i lavori all'interno delle carceri di Massa e Pontremoli tra il 2005 e il 2009, quando era direttore Salvatore Iodice, già e condannato per fatti che gli erano stati contestati nell'ambito della prima tranche dell'inchiesta. A sostenere la richiesta di rinvio a giudizio dello stesso Iodice e di altre 21 persone coinvolte a vario titolo, tra funzionari pubblici e imprenditori, è ancora il pm Rossella Soffio. L'udienza di ieri è servita al Gup per valutare le eccezioni presentate dagli avvocati della difesa, che sono state rigettate. La prossima udienza è stata fissata per il 7 maggio alle ore 11. Iodice, ieri presente in aula, è difeso dagli avvocati Feliciani e Antonini. Al centro sempre gli appalti per lavori dentro la casa di reclusione. Gli altri indagati sono Salvatore Cantone (già contabile del carcere), Prospero Santacroce (imprenditore), Carlo Bernardini (funzionario pubblico), Stefano Capitanini (imprenditore), Alessandro Giusti, Rosanna Azzolina, Alessandro Gravellu, Luciano Bassi, Ezio Lazzoni, Giorgio Barsotti, Nicola Barsotti, Domenico Arduini, Tommaso Desi, Salvatore Vetere, Massimo Antonelli, Mario Rotella, Roberto Mazzoni, Enzo Margheriti, Mario Margheriti, Giuseppe Capozzolo e Massimiliano Gasperini. Iodice ha pendente in appello il ricorso (seguito dall'avvocato Balatri) contro la sentenza di primo grado per la prima tranche dell'inchiesta che lo aveva visto condannare, nell'aprile dello scorso anno, a 6 anni di reclusione e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici. In quel processo erano stati condannati anche Stefano Tendola, ex geometra del provveditorato opere pubbliche, a 2 anni di reclusione con sospensione condizionale della pena, e Salvatore Cantone, ex contabile del carcere a un anno e sei mesi con sospensione condizionale. L'imprenditore Stefano Santacroce aveva optati per il rito abbreviato ed era stato processato da solo per primo: fu condannato a 2 anni e 2 mesi, pena salita in appello a 3 anni, 4 mesi e 20 giorni. Sempre nell'ambito della prima tranche avevano patteggiato altri imputati. Bologna: Sappe; ritrovata dell'eroina nell'infermeria del carcere, servono unità cinofili Ansa, 13 febbraio 2015 "Nei giorni scorsi nel carcere bolognese della Dozza, in una stanza del reparto infermeria, la polizia penitenziaria, durante una perquisizione, ha rinvenuto un piccolo quantitativo di eroina". Lo riferiscono Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria) e Francesco Campobasso, segretario regionale. "Si ripropone ciclicamente il problema della droga in carcere - viene spiegato dal Sappe - e l'amministrazione penitenziaria continua a dimenticare, colpevolmente, la necessità di istituire, in tutte le regioni, le unità cinofili, per un più frequente ed efficace controllo nelle carceri, dove i tossicodipendenti sono sempre tanti. L'Emilia Romagna è una delle regioni dove le unità cinofili non sono state ancora istituite, nonostante siano previste come specializzazione della polizia penitenziaria dal 1995". Ivrea (To): detenuto egiziano si rifiuta di rientrare in cella e manda un agente in ospedale Ansa, 13 febbraio 2015 Un agente di Polizia penitenziaria è ricoverato all'ospedale di Ivrea (Torino) dopo essere stato picchiato, nel carcere eporediese, da un detenuto egiziano di 33 anni che si è rifiutato di rientrare in cella. Ne dà notizia il segretario generale dell'Osapp, Leo Beneduci: "Purtroppo - dice il dirigente sindacale, in quel carcere l'assenza di strutture idonee per l'esecuzione della vigilanza dinamica ha aggravato le condizioni lavorative e di stress della polizia penitenziaria e ha aumentato di gran lunga il rischio a cui è sottoposto giornalmente. Chiediamo un intervento del ministro della giustizia affinché siano ripristinate con urgenza le precedenti regole detentive". Imperia: detenuto rientra da un permesso premio con 15 ovuli di droga nell'intestino di Maurizio Vezzaro La Stampa, 13 febbraio 2015 Tornava da un permesso premio e tra tre giorni sarebbe dovuto uscire dal carcere dopo aver scontato per intero la pena, legata a una condanna per droga. Ma Roberto Mazza, 54 anni, di Savona, detenuto a Imperia, è ricascato nel solito vizio ed è stato arrestato dagli agenti della penitenziaria dopo un controllo al suo rientro in cella. Usando uno degli stratagemmi in uso nelle prigioni della Guyana francese e reso celebre dal suo detenuto più famoso, Henry Chàrrier, detto Papillon, ha nascosto nel retto la droga che cercava di introdurre in carcere forse per venderla ai compagni di detenzione. In Guyana a dir la verità nel retto ci nascondevano il denaro, con il quale si potevano corrompere le guardie. Tornando a Mazza: quando si è rifiutato di sottoporsi alle analisi, obbligatorie per chi rientra in carcere da un permesso, gli agenti della speciale squadra di polizia giudiziaria alle dirette dipendenze del comandante Lucrezia Nicolò si sono insospettiti e hanno deciso di far sottoporre il detenuto a una radiografia. Occultati dentro di sé, si è così scoperto, aveva ben 15 ovuli, contenti in tutto 57 grammi tra cocaina ed eroina. Immediato l'arresto con l'accusa di spaccio. Un'accusa che gli costerà altro carcere. Infatti, sottoposto a interrogatorio di convalida, il giudice del Tribunale di Imperia Domenico Varalli ha confermato la custodia cautelare. Difeso dall'avvocato savonese Alfonso Ferrara, Mazza dovrà essere giudicato per direttissima il prossimo 12 marzo. Porto Azzurro (Li): lunedì 23 la conferenza di un ergastolano neo laureato in diritto di Luigi Cignoni Il Tirreno, 13 febbraio 2015 Il pianeta carcere, con le sue implicazioni di ordine giuridico ma anche religioso, sarà il tema di una conferenza pubblica che si terrà nella sala consiliare di Portoferraio, lunedì 23 febbraio, alle 16. Relatori saranno un neo laureato, ospite dalla casa di reclusione di Porto Azzurro e l'educatore in servizio presso lo stesso istituto di forte San Giacomo, Paolo Maddoni. L'iniziativa è promossa dall'associazione di volontariato Dialogo che si distingue per il suo costante interesse verso il mondo carcerario, soprattutto di Porto Azzurro, e promuove attività di carattere sociale, in stretta collaborazione con la Fondazione Livorno e l'amministrazione comunale. Il detenuto si è recentemente laureato in diritto applicato, presso la facoltà di giurisprudenza dell'università di Pisa, discutendo la tesi con il professor Conforti (anche lui presente all'incontro) dal titolo "Esperienza religiosa all'interno dell'Istituto penitenziario di Porto Azzurro". E il suo intervento sarà centrato proprio su questo argomento; mentre l'educatore esporrà una relazione che è frutto di un master recentemente effettuato relativo al diritto penitenziario e costituzionale. Alla conferenza è aperta al pubblico e a tutti coloro a cui l'argomento interessa. Intanto sono tre gli ospiti del reclusorio elbano che, durante il loro periodo d'espiazione della colpa, si dedicano allo studio e riescono a laurearsi. L'ultimo, in ordine di tempo è il conferenziere che parteciperà all'incontro del 23 febbraio. "È un segno anche distintivo - dicono alcuni volontari dell'associazione Dialogo - della bontà del progetto "Universo azzurro, Università in carcere" che si sta tenendo all'interno di forte San Giacomo. Non solo. Ma è anche la dimostrazione di quanto sia importante in determinate situazioni lo studio e come la permanenza forzata all'interno della cittadella carceraria possa servire come un'occasione per migliorarsi ulteriormente e prendersi un titolo da vendere nel cosiddetto mondo civile, una volta terminato il periodo detentivo". Una forma di riscatto sociale, la laurea che riabilita l'individuo. Da anni funziona la sezione distaccate del liceo scientifico Foresi, oltre naturalmente ai corsi che si tengono per il conseguimento della licenza media e il diploma di scuola superiore. È da proprio dallo scientifico che vengono i tre laureati di San Giacomo. "La cultura - aggiungono quelli della Dialogo - è l'unica attività che è rimasta in piedi all'interno del carcere. L'unica occasione delle molte che esistevano, tipo falegnameria, tipografia, officina meccanica, panetteria. Noi ci impegniamo - concludono - perché non muoia e non faccia la fine delle altre". Saluzzo (Cn): con "Nuovo cinema Morandi" detenuti e studenti al cineforum insieme www.targatocn.it, 13 febbraio 2015 Parte il progetto che coinvolge i detenuti del carcere di Saluzzo e studenti delle superiori di Saluzzo e Verzuolo. Sei incontri fino ad aprile con film e dibattito. Il progetto presentato al liceo Bodoni. "Nuovo cinema Morandi": parte il cineforum Scuole-Carcere che coinvolge i detenuti dei circuiti di alta e media sicurezza del carcere di Saluzzo e insegnanti e studenti delle scuole superiori: il liceo Bodoni, la sezione carceraria dell'Artistico Soleri Bertoni, gli istituti Denina-Pellico-Rivoira e l'Ipa di Verzuolo, oltre a volontari penitenziari di LiberiDentro Onlus. Sei gli incontri programmati, il mercoledì pomeriggio dal 18 febbraio al 22 aprile in orario extrascolastico, nell'aula multimediale della casa di reclusione Morandi. Detenuti e studenti, in gruppi misti di 20 /25 per ciascuno, vedranno la pellicola insieme facendone poi oggetto di dibattito e confronto dai diversi punti di vista. Il progetto è stato presentato martedì nell'aula magna del Bodoni agli studenti coinvolti. I temi centrali sono stati illustrati da Giuseppina Bonardi presidente di LiberiDentro, associazione che ha il coordinamento generale dell'iniziativa, già sperimentata negli anni tra carcere e scuole del Saluzzese. Per il cineforum, illustra la referente, è stato scelto il cortometraggio anziché il film classico per problemi di tempo e per la scelta dei titoli si è contato sul supporto scientifico del Circolo cinematografico Méliès di Busca. Le tematiche proposte e sviluppate attraverso la visione, saranno la relazione, la scelta, il cambiamento, ha illustrato Maria Barrera, psicologa dello sportello di ascolto e consulenza al liceo Bodoni, referente dell'iniziativa cineforum che ha inoltre il patrocino della Consulta per le Pari Opportunità del Comune, rappresentata da Flavio Costamagna e del Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Bruno Mellano, intervenuto all'incontro. Il garante, come il direttore del Morandi Giorgio Leggieri, dopo una fotografia della realtà carceraria nazionale e saluzzese, ha sottolineato l'importanza del progetto per l'occasione di opportunità e cambiamento, parlando della necessità di investire in percorsi di recupero e formazione "perché la comunità del carcere è una comunità del territorio e il carcere è in relazione al nostro grado di civiltà nella misura in cui siamo riusciti a rendere utile la detenzione. Se vogliamo che il carcere, diventi una risorsa utile dobbiamo investire in per evitare, che chi ha scontato la pena diventi recidivo una volta fuori. I dati dimostrano che solo una o due persone su 10 inserite in un percorso di formazione e lavoro tornano a delinquere". Nuovo cinema Morandi, nasce per creare un contatto fra il mondo dell'istruzione e la casa di reclusione, favorire l'integrazione fra carcere e territorio e per il superamento di pregiudizi negativi nei confronti dei reclusi in generale. Vuole creare occasione di confronto e conoscenza informale tra detenuti e studenti, stimolare la riflessione comune e la crescita personale, mettendo in rete le varie realtà di operatori culturali e volontari presenti nelle case di detenzione (volontari LiberiDentro, insegnanti, psicologi, educatori) hanno sottolineato nei loro interventi Giuseppina Bonardi, Lorenzo Rubini dirigente del del liceo Bodoni e Giorgio Borge da 30 anni assistente volontario in carcere dell'associazione LiberiDentro. Croazia: carceri meno affollate, in tre anni il numero dei detenuti è sceso da 5.200 a 3.663 www.globalist.it, 13 febbraio 2015 Il ministro della Giustizia croato ha garantito che negli ultimi tre anni la situazione negli istituti penitenziari del Paese è significativamente migliorata. Negli ultimi tre anni la situazione carceraria in Croazia ha conosciuto un deciso e repentino miglioramento, grazie specialmente alle recenti modifiche apportate al codice penale per arginare il problema del sovraffollamento. Lo ha assicurato martedì il ministro della Giustizia croato Orsat Miljenic nel corso di una visita effettuata al penitenziario di Lepoglava assieme al difensore civico dei diritti umani Lora Vidovic. "Dal 2011 al 2013 il numero dei detenuti è sceso da 5.200 a 3.663 - ha garantito il ministro, mentre la capienza delle carceri croate è stata potenziata notevolmente, dato che al momento possono contenere circa 3.900 detenuti. È pur vero che restano tuttora problemi di sovraffollamento in alcuni penitenziari, ma stiamo mettendo a punto le misure necessarie per aumentare la capienza di determinati reparti. Ad ogni modo, siamo riusciti ad ottenere simili risultati grazie agli emendamenti presentati dal governo e adottati dal Parlamento per introdurre diverse modifiche al codice penale. Inoltre, negli ultimi tre anni, un numero sempre maggiore di detenuti soddisfa i criteri necessari per poter accedere alle strutture di minima sicurezza. Peraltro il livello di sicurezza riscontrato negli istituti detentivi croati è del tutto soddisfacente". "Le celle dei penitenziari croati sono di quattro metri quadrati - ha osservato la Vidovic - e di una decina di metri cubi: un buon standard rispetto alla media mondiale. Ritengo però che il sistema di monitoraggio della qualità dei servizi sanitari presenti nelle carceri vada separato dal comparto giudiziario e accorpato alla Sanità pubblica". "Attualmente nel penitenziario di Lepoglava ci sono 587 detenuti - ha spiegato il direttore del carcere Mladen Posavec, di cui 150 devono scontare una pena di 15 anni, mentre 80 una pena superiore. L'istituto può contare su 410 dipendenti, tra cui 240 guardie carcerarie". Egitto: tribunale scarcera due giornalisti accusati di aver sostenuto i Fratelli Musulmani Il Velino, 13 febbraio 2015 Applauso dell'aula alla lettura della sentenza. I due imprigionati perché accusati di aver sostenuto i Fratelli Musulmani. Un tribunale in Egitto ha ordinato il rilascio su cauzione di due giornalisti di Al Jazeera detenuti con l'accusa di favoreggiamento del movimento dei Fratelli Musulmani. Mohamed Fahmy e Baher Mohamed sono stati imprigionati nel mese di giugno insieme al collega australiano, Peter Greste. Ma le loro condanne per diffusione di notizie false tese ad aiutare il gruppo terroristico sono state riviste in appello il mese scorso. Greste è stato liberato la scorsa settimana grazie a una legge che consente l'espulsione di cittadini stranieri nei loro paesi d'origine. I giornalisti hanno strenuamente negato la collaborazione con i Fratelli Musulmani dopo il rovesciamento da parte dei militari del presidente Mohammed Morsi nel 2013. I due reporter sostengono di essere stati incarcerati solo per aver segnalato la notizia. Fahmy e Mohamed hanno assistito al processo da una gabbia di vetro insonorizzata - che consente ai giudici di limitare la capacità degli imputati di protestare o interrompere un procedimento - presso il Tribunale penale del Cairo giovedì mattina. Dopo una breve pausa, il giudice Hassan Farid ha rinviato il procedimento al 23 febbraio e ha ordinato che i due uomini siano liberati. È stata fissata una cauzione per Fahmy a 250 mila sterline egiziane, mentre Mohamed è stato liberato senza cauzione. L'aula è scoppiata in un applauso quando il giudice ha letto la sentenza. Poco dopo, Mohamed di "cinguettato" su Twitter: "Sono libero". Ucraina: 340 detenuti sono fuggiti dal penitenziario di Chornukhine, in zona di guerra Ansa, 13 febbraio 2015 Fuga di massa da un carcere nel sud-est ucraino: 340 detenuti sono fuggiti dal penitenziario 23 di Chornukhine, nella regione di Lugansk, nel primo pomeriggio di ieri dopo "un'attività militare pesante nella zona". Lo fa sapere la missione speciale dell'Osce, che cita a sua volta fonti delle forze armate ucraine e russe del Jccc (Joint Center for Coordination and Control) a Lugansk. Una trentina di detenuti sono invece rimasti in carcere. Fuga di massa da un carcere nel sud-est ucraino: 340 detenuti sono fuggiti dal penitenziario 23 di Chornukhine, nella regione di Lugansk, nel primo pomeriggio di ieri dopo "una attività militare pesante nella zona". Lo fa sapere la missione speciale dell'Osce, che cita a sua volta fonti delle forze armate ucraine e russe del Jccc (Joint Center for Coordination and Control) a Lugansk. Una trentina di detenuti sono invece rimasti in carcere. Arabia Saudita: decapitato un pakistano per narcotraffico, già 29 le esecuzioni nel 2015 Aki, 13 febbraio 2015 Un cittadino pakistano condannato a morte per traffico di droga è stato decapitato a Riad, portando così a 29 il numero delle pene capitali eseguite in Arabia Saudita dall'inizio dell'anno. Babir Isaac, questo il nome del detenuto, era stato condannato per aver introdotto nel regno del Golfo eroina in capsule, si legge in una nota del ministero dell'Interno saudita. Stupro, omicidio, apostasia, rapina a mano armata e traffico di droga sono reati punibili con la morte in Arabia Saudita, dove è in vigore una versione rigida della sharia. Arabia Saudita: liberate due militanti diritti donne, 2 mesi carcere per aver guidato auto Askanews, 13 febbraio 2015 Due militanti saudite per i diritti delle donne sono state rilasciate al termine di due mesi in prigione. Una delle due aveva violato il divieto di guida per le donne in Arabia Saudita. "Loujain è libera", ha fatto sapere un'amica di Loujain Hathloul alla sua uscita dal carcere. "Ha semplicemente detto che è stata liberata e che è contenta". È stata liberata anche Maysaa Alamoudi, arrestata contemporaneamente a Hathloul. Lo ha fatto sapere la famiglia della militante. Le due donne erano in prigione dall'1 dicembre, dopo che Hathloul aveva tentato di entrare in Arabia Saudita al volante della sua auto proveniente dagli Emirati arabi. Alamoudi, giornalista saudita con base negli Emirati, era stata arrestata dopo essersi recata alla frontiera per sostenere la sua concittadina. Loujain Hathloul, seguita da 232.000 follower su Twitter, aveva twittato in diretta le 24 ore trascorse in attesa di attraversare in auto la frontiera con l'Arabia saudita, prima di essere arrestata. Maysaa Alamoudi è seguita da 136.000 persone ed è anche l'animatrice di un programma su YouTube sul divieto di guida alle donne.