Stati Generali sul carcere fra le sbarre di Carmelo Musumeci Ristretti Orizzonti, 11 febbraio 2015 "Oggi, durante il progetto Scuola-Carcere, ad una domanda di una studentessa ho risposto che in carcere è difficile crescere e migliorare da soli, è più facile quando si comunica e ci si confronta". (Diario di un ergastolano www.carmelomusumeci.com). Il Ministro della Giustizia Orlando tempo fa, forse condizionato dalle numerose condanne della Corte europea dei diritti dell'uomo inflitte al nostro Bel Paese sulle condizioni disumane e degradanti delle nostre patrie galere, aveva dichiarato che avrebbe convocato gli Stati Generali sul carcere e sulla pena. La redazione di "Ristretti Orizzonti" del carcere di Padova s'era resa subito disponibile per dare una mano per ospitare l'importante evento. Nel frattempo per merito di qualche provvedimento legislativo le carceri si sono un po' svuotate di qualche migliaio di detenuti e da qualche mese, a parte noi di Ristretti Orizzonti, Rita Bernardini dei radicali e Desi Bruno in rappresentanza dei garanti dei diritti dei detenuti, nessuno aveva più parlato degli Stati Generali. Fin quando, nello scorso fine settimana, il ministro Orlando durante il maxi convegno organizzato dalle Camere penali a Palermo c'è ritornato sopra dichiarando: "Nel mese di aprile faremo una riflessione complessiva, a cui abbiamo dato il nome di Stati generali della pena, non solo con gli addetti ai lavori, ma anche con chi c'è dentro le carceri". (Fonte: Il Garantista, 10 febbraio 2015). Questo annuncio è d'importanza epocale e rivoluzionaria perché per la prima volta i prigionieri, molti di noi senza diritti civili e politici, avranno parte attiva in un dibattito istituzionale che li riguarda. Per non arrivare all'importante evento impreparati ho preso subito carta e penna ed ho iniziato a scrivere al alcuni detenuti in tante carceri d'Italia per comunicare la notizia. Cari compagni, abbiamo l'occasione di uscire dalla penombra carceraria. E tentare di convincere i nostri governanti e l'opinione pubblica che il carcere così com'è non funziona, perché la sola disperazione e la sofferenza non possono migliorare nessuno. Potremmo spiegare che il carcere in Italia come è oggi contrasta con i fini della pena, scritti in Costituzione, di riabilitazione e reinserimento sociale del condannato. E che le legittime ragioni delle vittime non possono trasformare il diritto penale in vendetta sociale aggiungendo male ad altro male, perché la pena dovrebbe soprattutto servire ad aprire un dialogo con la società. Cari compagni, io credo che per migliorare il carcere bisogna iniziare anche da noi. E bisogna farlo con cuore, forza ed intelligenza a partire da questa occasione degli Stati generali. Prendiamo coscienza, rompiamo le nostre catene mentali e aiutiamo tutti gli addetti ai lavori penitenziari a portare la democrazia e la legalità nelle nostre gabbie. Questa importante iniziativa istituzionale ci può essere utile per uscire dall'apatia e disperazione di cui da tempo siamo prigionieri e stimolare un dialogo con l'opinione pubblica. La redazione di Ristretti Orizzonti è disponibile a fare da "segreteria" a tutti i detenuti, quindi proponeteci iniziative, idee, critiche, consigli perché se i lavori degli Stati Generali si svolgeranno qui a Padova, cercheremo di essere la voce di tutti i detenuti. Siamo anche disponibili ad ospitare i vostri scritti in un'apposita sezione del sito www.ristretti.org. Cari compagni prendete carta e penna e scrivete, ci penserà "Ristretti Orizzonti" a far leggere i vostri testi. Un sorriso fra le sbarre. Stati Generali sul carcere: i messaggi dei nostri lettori al Ministro della Giustizia Ristretti Orizzonti, 11 febbraio 2015 Gentile Ministro, con la presente intendo sostenere l'appello della Redazione di Ristretti Orizzonti "sugli stati generali del carcere". Apprezzo da tempo il prezioso lavoro della redazione, in particolare quello di sensibilizzazione degli studenti, e ho avuto modo di apprezzare la qualità dei convegni organizzati nella casa di reclusione di Padova. Credo che rispondere positivamente alla loro richiesta rappresenterebbe un'importante opportunità per riflettere sullo stato dell'arte e progettare qualcosa di nuovo sulla pena in Italia, in attuazione della Costituzione italiana e importante per la democrazia del nostro paese. Un cordiale saluto. Antonella Valer Gentile Ministro Orlando, mi unisco e sostengo l'appello della redazione di Ristretti Orizzonti, la rivista realizzata da detenuti e volontari nella Casa di reclusione di Padova, affinché venga ascoltata la loro proposta: "quella di organizzare gli Stati Generali sulle pene e sul carcere" nella Casa di reclusione di Padova. La situazione vergognosa delle carceri italiane, le condizioni dei detenuti e dei familiari dei detenuti non sono degne di un paese che dovrebbe e vorrebbe essere considerato civile. Il suo intervento è urgente e necessario e questa proposta dalla redazione di Ristretti Orizzonti è un passo concreto ed efficace perché si inizi un importante e non più rimandabile processo di cambiamento. In fede. Claudia Di Paolo Sono una docente e da tre anni insegno dentro (le carceri - ndr). Mi sento di contribuire con questa mail, goccia nell'oceano, affinché la giustizia in Italia possa iniziare ad essere gestita in modo meno afflittivo e più vantaggioso per tutti i cittadini: scommettere su una reale rieducazione dei detenuti significa credere nell'uomo e nella possibilità/necessità che chi devia si possa curare e reintegrare, piuttosto che punire e basta. Abbattere le recidive sono sicura sia possibile, a partire da un sistema più umano. Scegliere di riunirsi a Padova sarebbe dunque segno di un'autentica volontà dialogica, oltreché dell'umiltà necessaria a governare. Mi scuso per la piccola tirata, non voglio rubare il mestiere a nessuno, ma esprimere piuttosto fiducia nella possibilità di un forte miglioramento dell'intero circuito, a partire da un punto di vista degno del carico di civiltà di cui dovremmo essere depositari. Grazie per l'ascolto, buon lavoro. Claudia Cianca Gentile Ministro Orlando, mi unisco a questo appello della rivista Ristretti Orizzonti di organizzare nel carcere Due Palazzi di Padova gli Stati Generali sul carcere. Ho visitato in varie occasioni la redazione della rivista, ho apprezzato i ricchissimi convegni annuali organizzati dalla formidabile direttrice Ornella Favero. Ho anche avuto il privilegio di partecipare ad alcune delle iniziative cha in modo davvero lungimirante e Ornella e il suo gruppo di lavoro del carcere Due Palazzi portano avanti con le scuole medie e superiori della provincia di Padova. Non riesco a immaginare luogo più adatto di questo per cominciare a pensare e ad agire sulla vita penitenziaria, e rendere la situazione delle nostre carceri finalmente degna di una società che si vuole civile. In fede. Francesca Melandri Illustre Ministro, sostengo la proposta della Redazione di "Ristretti Orizzonti" di ospitare l'iniziativa meritoria del Ministro Orlando di aprire un confronto sui temi della pena e del carcere. La redazione di "Ristretti Orizzonti" è il luogo, forse unico, dove si pratica davvero la volontà di un cambiamento delle persone, dove un'informazione rigorosa e rispettosa di tutte le posizioni è riuscita a creare momenti di approfondimento e di incontro (penso quello tra vittime e autori di reati anche gravi) e soprattutto di ascolto degli altri, chiunque essi siano. Abbiamo sempre colto elementi di riflessione nuovi e profondi. La presenza costante dei detenuti, e la possibilità di ascoltare le loro storie e quella dei loro familiari, rende le iniziative reali, e permette l'interazione tra la pratica e la riflessione teorica. Cambiare il carcere vuol dire anche creare nuove forme di comunicazione ed incontro. La redazione di "Ristretti Orizzonti", il cui lavoro è riconosciuto da tutte le componenti penitenziarie per la serietà e completezza della informazione, ha l'esperienza per organizzare gli "Stati generali" nel carcere di Padova, garantendo la partecipazione anche dei diretti interessati. Distinti saluti. Paola Lobina Stati Generali sulle pene e sul carcere con i detenuti di Stefano Anastasia (Presidente onorario di Antigone) www.osservatorioantigone.it, 11 febbraio 2015 Il Ministro Orlando ha giustamente risposto in senso affermativo alla richiesta che gli è venuta da più parti, e principalmente dalla redazione di Ristretti orizzonti, di fare degli annunciati Stati generali sulle pene e sul carcere un'occasione di confronto anche con i diretti interessati, i condannati e le condannate, i detenuti e le detenute che vivono direttamente tale condizione e che possono offrire un punto di vista non solo "diverso", ma essenziale, anzi - meglio - imprescindibile alla comprensione dei problemi e dei limiti del nostro sistema penitenziario. Ciò detto, vorrei spezzare una lancia anche a favore della interlocuzione diretta con una realtà come quella di Ristretti. Non perché nella casa di reclusione di Padova "convivono, per forza malamente, due realtà, quella di una detenzione che dà un senso alla pena attraverso lo studio, la cultura, il lavoro, l'apertura e il confronto con il mondo esterno, e quella di un carcere in cui le persone sono costrette ad "ammazzare il tempo" per mancanza di spazi e attività per tutti, e quindi accumulano solo rabbia e rancore" (questa è infatti di una condizione abbastanza diffusa nei penitenziari italiani), ma perché a Padova - anche grazie ai volontari che collaborano alle attività di Ristretti - è attiva una "soggettività" dei detenuti, che parla in prima persona, spesso usando il plurale. Quel che serve, infatti, non è una generica interlocuzione con i detenuti, e men che meno, l'intervento (o gli interventi: magari distinti per generi, classificazioni e attività trattamentali seguite) dei detenuti. Quel che serve è un contributo di merito che nasca da una esperienza collettiva e da una elaborazione comune sulla condizione detentiva e sulla possibilità di cambiare l'esecuzione penale. Gli amici padovani sarebbero in grado di farlo. Altri, in altri istituti, pure. Spero che il Ministro saprà individuare la sede giusta per questi Stati generali, una sede in cui i detenuti possano essere parte attiva e propositiva nella discussione con gli altri interlocutori del mondo penitenziario. Agli Stati Generali della pena anche i carcerati Vita, 11 febbraio 2015 Lo ha deciso il ministro Andrea Orlando. La redazione del giornale penitenziario Ristretti Orizzonti: "L'evento? Facciamolo qui a Padova, sarebbe un segnale importante". "Nel mese di aprile faremo una riflessione complessiva, a cui abbiamo dato il nome di Stati generali della pena, non solo con gli addetti ai lavori, ma anche con chi c'è dentro le carceri". Ad annunciarlo è stato il ministro della Giustizia Andrea Orlando in occasione del convegno organizzato dalle Camere penali a Palermo nello scorso fine settimana. Il responsabile di via Arenula ha così assecondato la richiesta che la redazione di Ristretti Orizzonti (la testata dei detenuti del carcere di Padova Due Palazzi) gli aveva recapito nei giorni scorsi attraverso una lettera aperta, proponendo fra l'altro proprio il penitenziario veneto come sede del meeting. Di seguito il testo integrale della lettera aperta: "Gentile Ministro Orlando, siamo la redazione di Ristretti Orizzonti, la rivista realizzata da detenuti e volontari nella Casa di reclusione di Padova. Vorremmo avanzarle una proposta molto concreta: quella di organizzare gli Stati Generali sulle pene e sul carcere qui, in questa Casa di reclusione. Lei forse sa che ogni anno noi organizziamo un Convegno, a cui partecipano circa seicento persone dall'esterno, e 150 persone detenute. Non pensa che portare gli "addetti ai lavori" a confrontarsi con le persone detenute sul senso che dovrebbero avere le pene avrebbe un valore davvero fortemente educativo per tutti, per chi deve essere protagonista di un percorso di rientro nella società, e per chi deve aiutare a costruire quel percorso? Ci sono tante buone ragioni per cui riterremmo utile fare qui nella Casa di reclusione di Padova gli Stati Generali sulle pene e sul carcere, prima fra tutte che in tal modo si eviterebbe di trasformarli in un lungo elenco di interventi di "esperti" senza nessun confronto con chi le pene e il carcere li vive direttamente come parte della sua vita. Abbiamo cercato di immaginare per un attimo una cosa inimmaginabile: di essere noi il ministro della Giustizia in questo difficilissimo periodo per le carceri, con l'Europa che ci sta addosso perché il nostro Paese sta gestendo il sistema della Giustizia in modo ancora pesantemente illegale. La prima cosa che faremmo allora è di provare ad aprire un dialogo con i diretti interessati, quelli che hanno sì commesso reati, ma a loro volta ora subiscono ogni giorno l'illegalità del sistema. Ecco, se gli Stati Generali si organizzassero nella Casa di reclusione di Padova, ci sarebbe l'occasione per confrontarsi non con il singolo detenuto che porta la sua testimonianza sulla sua condizione personale, né esclusivamente con operatori ed esperti, perché il confronto avverrebbe con una redazione di detenuti che da anni lavora per cambiare le condizioni di vita in carcere, ma anche per ridare un senso alle pene. Forse è paradossale che a fare questo siano i detenuti stessi, ma in fondo non è neppure così assurdo, perché proprio vivendo pene insensate tante volte le persone hanno accumulato altri anni di carcere e hanno ulteriormente rovinato la loro vita e non vogliono più farlo; gli addetti ai lavori potrebbero sentir raccontare nei particolari più crudi anche quello che patiscono le famiglie da un sistema, che dimostra spesso scarsissima attenzione nei confronti dei famigliari dei detenuti. Ormai non c'è paese al mondo dove non si discuta di rendere più umane le condizioni delle visite dei famigliari. E noi, con tutta la nostra democrazia, continuiamo a permettere in tutto sei ore al mese di colloquio con controllo visivo, l'equivalente cioè di tre giorni all'anno, e una telefonata di dieci miserabili minuti a settimana; gli addetti ai lavori potrebbero sentir parlare di come è possibile comunicare in modo efficace con la società e informare sulla realtà delle pene e del carcere, senza suscitare la rabbia dei cittadini: glielo diciamo con assoluta certezza, perché noi incontriamo ogni anno in carcere più di seimila studenti, e le assicuriamo che attraverso le testimonianze delle persone detenute, che parlano dei loro reati per assumersene la responsabilità e per fare prevenzione rispetto ai comportamenti a rischio delle giovani generazioni, le persone cominciano a farsi una idea diversa delle pene e del carcere. Forse, se in tanti comunicassero con l'onestà e la consapevolezza con cui lo facciamo noi, non si perderebbero neppure voti a parlare del carcere, perché i cittadini capirebbero che pene più umane sono garanzia di maggiore sicurezza; le persone detenute, chiamate a partecipare da interlocutori alla pari a un confronto sulla propria condizione, vedrebbero riconosciuta alla propria voce dignità, e questo è un passo importante per imparare ad aprirsi all'ascolto dell'altro e al dialogo; da ultimo, sarebbe significativo fare gli Stati Generali in un carcere come quello di Padova, descritto dai mass media ora come un carcere modello, ora come un luogo violento e fuori legge: in realtà, non è né l'uno né l'altro, è un carcere che sarebbe dignitoso, con esperienze anche innovative, se non contenesse ancora il doppio dei detenuti che dovrebbero esserci. A Padova convivono, per forza malamente, due realtà, quella di una detenzione che dà un senso alla pena attraverso lo studio, la cultura, il lavoro, l'apertura e il confronto con il mondo esterno, e quella di un carcere in cui le persone sono costrette ad "ammazzare il tempo" per mancanza di spazi e attività per tutti, e quindi accumulano solo rabbia e rancore. Nella speranza di essere stati convincenti, le porgiamo i nostri saluti e ci auguriamo di poter ospitare gli Stati Generali sulle pene e sul carcere nella Casa di reclusione di Padova. E, per prepararli seriamente, speriamo anche che lei possa al più presto essere ospite della nostra redazione". Giustizia: ridurre i rischi di contagio dell'Hiv in carcere? l'Italia è ultima di Cinzia Brentari (Criminologa, Care Project Expert) Il Manifesto, 11 febbraio 2015 I risultati dello studio Pride, una ricerca realizzata in 5 paesi europei, confermano la scarsa attenzione agli interventi fondamentali per assicurare la salute dei detenuti, soprattutto di categorie a rischio come i tossicodipendenti. Si tratta delle misure di riduzione del danno, una serie di interventi di salute pubblica destinati a ridurre i rischi correlati all'assunzione di sostanze. Lo studio Pride fa parte del più ampio progetto "Care - Quality and continuity of care for drug users in prisons", coordinato dalla Facoltà di Scienze Applicate dell'Università di Francoforte, in partnership con amministrazioni penitenziarie, istituti di ricerca e terzo settore, che ha coinvolto nove paesi europei. L'obiettivo del progetto Care, conclusosi di recente, era di produrre, raccogliere e diffondere informazione ed evidenze scientifiche sul consumo di sostanze stupefacenti tra carcerati, sui trattamenti e sugli interventi di riduzione del danno in carcere, nonché di sostegno all'uscita del carcere. La salute in carcere è questione di salute pubblica, soprattutto per un luogo dove la concentrazione di problemi sanitari è significativa, con tassi di Hiv e epatiti sostanzialmente più alti che nella popolazione generale. Sono diffusi anche i disturbi mentali e il consumo problematico di sostanze stupefacenti. Lo studio Pride ha investigato il punto di vista del personale sanitario nelle carceri di Austria, Belgio, Danimarca e Italia nel corso del 2013-2014, applicando una metodologia di ricerca già testata in Francia nel 2010: si tratta di un questionario, rivolto al personale sanitario delle carceri, per conoscere quanto sia applicata la riduzione del danno. Le misure di riduzione del danno investigate sono quelle elencate nelle linee guida delle Nazioni Unite (il progetto ha fatto riferimento in particolare alle linee guida del 2007 dell'Oms "Effectiveness of interventions to address Hiv in prisons", e del 2012 di Unodc "Hiv prevention, treatment and care in prisons and other closed settings: a comprehensive package of interventions", e cioè: disponibilità di materiale ed attività di informazione ed educazione ai detenuti circa i rischi collegati al consumo di sostanze ed altre attività a rischio per le infezioni quali HIV e epatiti, la disponibilità di test per le infezioni e di "counselling", disponibilità di preservativi e lubrificanti, trattamenti farmacologici sostitutivi per gli oppiacei, presenza di candeggina o altri disinfettanti, vaccinazioni per l'epatite B, profilassi post-esposizione per l'Hiv, programmi di scambio di siringhe, trattamenti farmacologici per Hiv/Aids, prevenzione delle infezioni legate alle pratiche di tatuaggi e piercing. Un punteggio da 0 a 12 misura il livello di aderenza delle diverse nazioni agli standard delle linee guida internazionali. I risultati dello studio mostrano una scarsa aderenza alle raccomandazioni in tutti i paesi, ma con notevoli variazioni tra i cinque analizzati. Il paese con più alto indice di osservanza è l'Austria, mentre l'Italia ha il punteggio più basso. In generale, le misure più applicate sono i trattamenti con antiretrovirali per l'Hiv e il trattamento farmacologico con metadone per le persone dipendenti da oppiacei. La misura più negletta è lo scambio di siringhe, che non esiste in carcere in nessuno dei paesi oggetto di studio, ma è bassa anche l'implementazione della disponibilità di preservativi. Da ricordare che, tra i cinque paesi partecipanti allo studio, l'Italia è l'unico in cui i preservativi non sono forniti in nessun carcere. Giustizia: Opg, chiusura sempre annunciata. Governo: la legge si applica, lo stop a marzo di Maria Pirro Il mattino, 11 febbraio 2015 La riforma a meta Conto alla rovescia scattato per l'ennesima volta Sei le strutture presenti in Italia, è già percorso a ostacoli pur di scongiurare la terza proroga È conto alla rovescia è scattato per l'ennesima volta: 31 marzo 2015, questa la data fissata per la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari, motivo di "orrore" già nel 2011 per il capo dello Stato. Sei le strutture presenti in Italia; "Inconcepibili m qualsiasi Paese appena civile", il suo monito. Dismissione rinviata di anno in anno, si profila ora un percorso a ostacoli. Solo in Campania sono internati m 198:87 a Secondigliano, 111 ad Aversa. Ecco i passi avanti fatti in questa lunga attesa e le numerose incognite rimaste a distanza di 47 giorni dalla scadenza indicata per legge. D piano dai tempi sballati Si parte con la legge 9/2012 stabilisce che gli Opg devono chiudere: dal31 marzo 2013, data originaria, le persone internate devono essere ricoverate esclusivamente all'interno di nuove strutture residenziali sanitarie, cosiddette Rems, che però non ancora attrezzate dalle Regioni. Impossibile rispettare tempi tanto strettì. Così scatta la prima proroga, e poi la seconda. Per scongiurarne una terza, sono inseriti correttivi normativi (con la legge 81/2014) ed è istituito un organismo di coordinamento presieduto dal sottosegretario Vito De Filippo, deciso a rispettare il cronoprogramma. A Roma le riunioni con i referenti regionali proseguono ogni giovedì. Nuovi ingressi in Opg: il numero complessivo di internati diminuisce nel corso degli anni, ma gli ingressi non sono bloccati. Anzi, continuano. Un esempio? Cento campani sono entrati in Opg soltanto nel 2014: più di quanti, 99 in totale, risultano presenti oggi. Il paradosso è certificato dal database regionale, un "cervellone" chiamato Smop, unico in Italia, che consente di monitorare la situazione in tempo reale. Ma il problema riguarda tutta Italia. Il piano di dismissione degli Opg passa anche attraverso il ritorno in carcere degli internati già condannati o "giudicabili", afflitti da disturbi mentali dopo aver commesso un reato. I trasferimenti, però, non sono ancora cominciati, nonostante riguardino solo 15 campani in base alle pratiche già presentate a luglio scorso. "La Regione è avanti rispetto ad altre nella realizzazione delle strutture di psichiatria: una, con 20 posti, è nella casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, un'altra, con 4 posti, a Pozzuoli. Funzionano per la prevenzione" spiega Giuseppe Nese, coordinatore del gruppo per il superamento degli Opg. Altre 4 strutture sono in fase di realizzazione a Secondigliano, Salerno, Sant'Angelo dei Lombardi e Benevento: "Operative entro il 31 marzo" assicuralo psichiatra. Cambio di passo per le Rems. In Campania avrebbero dovuto esserne realizzate 8, con 160 posti letto, ma il piano originario è stato modificato perché sovradimensionato. Il numero delle strutture è sceso a due, con 40 posti: entrambi gli edifici individuati sono da ristrutturare. Una a San Nicola Baronia, in Irpinia; l'altro a Calvi Risorta, in provincia di Caserta. Definiti i progetti: dal via, i lavori potrebbero essere completati ³ïÇÎ giorni. Alle Asila Regione ha chiesto di monitorare il procedimento e valutare possibili alternative provvisorie. Sulla fattibilità di soluzioni-ponte sono stati, però, avanzati "dubbi in Toscana - secondo la segnalazione di Psichiatria democratica, ma anche il Veneto sembra essere in ritardo e in Emilia Romagna l'attivazione delle Rems provvisorie sembra incontrare difficoltà, specie con i familiari dei pazienti che dovrebbero lasciare il posto agli ex internati". Contestata, invece, quale ritorno al passato, "la decisione della Sicilia di attivare la Rems nell'area del vecchio Opg di Barcellona Pozzo di Gotto. Come pure non è accettabile la soluzione in Lombardia che prevede più moduli accorpati, anche qui, nell'Opg di Castiglione delle Stiviere". Politiche di inclusione da rafforzare Psichiatria democratica, con il segretario nazionale Emilio Lupo, chiede che "vengano commissariate le Regioni che non rispetteranno le normative previste dalla legge sulla chiusura degli Opg". E ribadisce l'importanza di puntare su "progetti personalizzati" con risorse e tempi certi, potenziando i servizi territoriali e promuovendo occasioni di lavoro. Contro i ritardi, la richiesta di commissariare le Regioni inadempienti è stata avanzata anche dal comitato Stop Opg nell'incontro con De Filippo, il 5 febbraio. Un'altra riunione è annunciata per fine mese e, dal primo al 31 marzo, "La staffetta del digiuno": mobilitazione per arrivare al traguardo "senza proroghe e senza trucchi". Giustizia: Corte dei conti "è allarme corruzione, devasta la crescita, pericolo assuefazione" di Valeria Pacelli Il Fatto Quotidiano, 11 febbraio 2015 Un'illegalità con effetti devastanti sulla crescita, interventi legislativi con alcune criticità e il problema delle spese regionali. La relazione della Corte dei Conti, all'apertura dell'anno giudiziario 2015, fornisce un quadro dell'Italia poco rassicurante, tanto più che l'organico dei giudici contabili è diminuito del 30 per cento. In prima fila il presidente della Repubblica Sergio Matterella, il ministro della Difesa, Roberta Pinotti e quello per la Pubblica Amministrazione Marianna Madia. Molti avvocati, magistrati, giornalisti, tutti a recepire quello l'ennesimo monito dei magistrati contabili: "Crisi economica e corruzione procedono di pari passo, in un circolo vizioso, nel quale l'una è causa ed effetto dell'altra", ha detto ieri nel suo discorso inaugurale il presidente della Corte dei Conti, Raffaele Squitieri. Una corruzione che in Italia è dovuta al "perdurare a lungo di condizioni di bassa crescita" che "predispone un terreno favorevole a fenomeni di mala gestione e di corruzione". "Il pericolo più serio per la collettività - continua Squitieri - è una rassegnata assuefazione al malaffare". Così rivolgendosi anche al presidente della Repubblica, Squitieri aggiunge: "Non possiamo permettere che questo accada". Per cui è "prioritario riorganizzare le strutture dello Stato", soprattutto a livello regionale, dove impazzano le spese irregolari. Circa 2/3 delle spese finite sotto la lente dei magistrati contabili fanno infatti riferimento agli enti territoriali, e in particolari alle Regioni del Sud che da sole arrivano al 60,4% delle irregolarità rilevate. Nell'ambito dei Fondi strutturali, il Fesr è quello per il quale sono individuabili i più alti importi di spesa irregolare, pari a 17,8 milioni di euro. In questo ambito, il primato è detenuto dalla Calabria (7,7 milioni), seguita da Campania (3,3 milioni) Toscana (2,4 milioni). L'intervento del procuratore Generale Salvatore Nottola punta invece il dito contro le assunzioni illegittime e i danni erariali che ne conseguono: "La mala gestione - afferma Nottola - arriva a manifestarsi anche con assunzioni illegittime, prive di requisiti ovvero della procedura concorsuale". Il riferimento è agli atti di citazione della Procura regionale per il Lazio nei confronti di Atac e Ama, le due municipalizzate romane. Nel primo caso, è stato quantificato un danno erariale di 15milioni di euro; nel secondo di 8 circa per l'assunzione illegittima di 550 operatori ecologici. Le sentenze sono state emesse anche a livello territoriale: l'importo più consistente, di 41,1 milioni di euro, nei confronti dei responsabili della Casa di Cura San Raffaele di Cassino, quella della famiglia Angelucci. Non sono da meno le situazioni di altre Asl. Giustizia: varato da Cdm ddl delega per l'efficienza del processo civile, spinta a riforma di Beatrice Migliorini Italia Oggi, 11 febbraio 2015 Riforma della giustizia al giro di boa. E si riparte dal rafforzamento del Tribunale delle imprese, dall'istituzione del tribunale della famiglia e dei diritti delle persone e dalla tipizzazione dei motivi di ricorso in Appello e in Cassazione. Ieri, infatti, il Consiglio dei ministri ha approvato il ddl delega per l'efficienza del processo civile, un testo che va a completare il quadro dei provvedimenti legislativi di riforma della giustizia presentati dal governo il 29 agosto scorso per un totale di sei ddl e un dl. Il testo approvato integra il dl sull'arretrato civile, già approvato dal parlamento, arricchisce le norme contenute nella disciplina sulla responsabilità civile dei magistrati, al vaglio della camera per il voto finale e si inserisce nel quadro della riforma organica della magistratura onoraria (al senato). Tribunale delle imprese. Valorizzazione dei risultati positivi raggiunti dalle sezioni specializzate in materia di impresa. Questo uno degli obiettivi che il governo punta a raggiungere con l'approvazione del ddl. "La delega, infatti", ha spiegato il guardasigilli Andrea Orlando, "mantiene inalterato il loro numero, ne cambia la denominazione in sezioni specializzate per l'impresa e il mercato e, soprattutto, amplia l'ambito di loro competenza alle controversie in materia di concorrenza sleale, anche se non interferenti con l'esercizio dei diritti di proprietà industriale e intellettuale, a quelle in materia di pubblicità ingannevole, alle azioni di classe a tutela dei consumatori prevista dal codice del consumo". Saranno, inoltre, competenti anche relativamente alle controversie per accordi di collaborazione nella produzione e nello scambio di beni o servizi e relativi a società interamente possedute dai partecipanti all'accordo. Senza contare, poi, le controversie societarie relative a società di persone, a quelle in materia di contratti pubblici di lavori, servizi o forniture, rientranti nella giurisdizione del giudice ordinario. Tribunale della famiglia e dei diritti delle persone. Iniziano a delinearsi i confini entro cui si muoverà la sezione specializzata per la famiglia. "La sezione", ha sottolineato il Guardasigilli, "avrà competenza su tutti gli affari relativi alla famiglia, anche non fondata sul matrimonio, e su tutti i procedimenti attualmente non rientranti nella competenza del Tribunale per i minorenni in materia civile". In tal modo, il vigente assetto di competenza del Tribunale per i minorenni viene integrato dalle competenze specializzate del tribunale ordinario in materia di famiglia e della persona. Riforma processo civile. Riduzione dei tempi processuali in primo grado, in appello ed in Cassazione, in modo da fare della durata del processo e della sentenza esiti assolutamente naturali e prevedibili. "Per quanto riguarda i processi di primo grado, la riforma prevede una revisione della fase di trattazione e discussione, anticipando gli scambi di memorie per consentire di avere il quadro completo della lite alla prima udienza. Viene, poi", ha chiarito Orlando, "fissato un principio di delega per razionalizzare i termini processuali e semplificare i riti processuali mediante la omogeneizzazione dei termini degli atti introduttivi. In merito al processo d'appello, invece, sarà potenziato il carattere impugnatorio anche attraverso l'assestamento normativo e la stabilizzazione dei recenti orientamenti giurisprudenziali e tramite una maggiore chiusura per le nuove domande, le eccezioni e prove. Previsti, inoltre, interventi sul rito davanti alla Corte di cassazione, nel segno di un uso più diffuso del rito camerale e nella prospettiva, possibile, di una riforma costituzionale che veda inseriti in un organo giudiziario supremo giudici oggi appartenenti ad altre magistrature, ovvero che veda attribuire ad una corte riformata controversie oggi regolate sulla base della doppia giurisdizione. In tale prospettiva, si potrebbe individuare un modello pressoché unico di processo civile supremo. Con la delega vengono, infine, introdotti il principio di sinteticità degli atti di parte e del giudice e il criterio di adeguamento delle norme processuali al processo civile telematico "con cui", ha concluso il numero uno di via Arenula, "abbiamo già risparmiato 44 milioni di euro grazie all'invio in formato elettronico di 12 milioni e 615 mila comunicazioni e grazie al quale si è verificato un miglioramento significativo dei tempi per i decreti ingiuntivi, una tendenza di meno 60% a Roma, di meno 43% a Milano e sostanzialmente analoga in tutta Italia". Giustizia: il Cdm vara il "pacchetto antiterrorismo", carcere per chi si arruola con l'Isis Il Manifesto, 11 febbraio 2015 Sarà possibili oscurare i siti che inneggiano al terrore. Carcere per chi decide di andare a combattere nelle file dell'Is, ma anche per chi arruola i jihadisti e per i lupi solitari, i terroristi isolati che si addestrano da soli. 1.800 soldati in più destinati all'operazione Strade sicure con i compito di sorvegliare obiettivi sensibili. E ancora: verrà stilata una black list dei siti web che inneggiano al terrorismo internazionale e che potranno essere oscurati dall'autorità giudiziaria, mentre per i prefetti sarà più facile espellere coloro che sono ritenuti possibili terroristi. Infine ritiro del passaporto e dei documenti validi per l'espatrio a quanti sono sospettati di volersi recare all'estero per combattere insieme ai jihadisti. Infine non ci sarà nessuna procura nazionale antiterrorismo, ma come già annunciato le competenze spetteranno alla procura nazionale antimafia diretta dal procuratore Franco Roberti. Dopo averlo più volte annunciato ma poi sempre rimandato, ieri sera il consiglio dei ministri ha approvato il nuovo pacchetto di misure contro il terrorismo internazionale. Si tratta di provvedimenti "studiati per rendere l'Italia un posto sicuro e sereno dove vivere", ha detto il ministro degli Interni Angelino Alfano presentando le nuove misure. "Abbiamo anche previsto l'arresto per coloro i quali detengono materiale esplosivo che serve a preparare le armi o per quelli che omettono di denunciare il furto di questi stessi materiali", ha proseguito Alfano. In particolare il pacchetto prevede l'istituzione di un nuovo reato per quanti decidono di recarsi a combattere in uno dei teatri di guerra in cui opera l'Is. Per questi è prevista la reclusione da tre a sei anni, stessa pena per chi supporta i foreign fighters e da 5 a 10 anni per i lupi solitari. Prevista un'aggravante di pena per chi si addestra su web. Nel pacchetto sono inserite anche misure per i nostri 007. "Abbiamo previsto - ha spiegato Alfano - norme che riguardano al possibilità per il personale dei servizi di poter deporre nei processi mantenendo segreta la reale identità personale. E sarà loro consentito con autorizzazione dell'autorità giudiziaria, di effettuare fino a gennaio 2016 colloqui con soggetti detenuti o internati". Ultima novità è l'introduzione di un coordinamento centrale presso la Procura nazionale antimafia per le inchieste che riguardano il terrorismo. "Un risultato molto importante - ha detto il ministro della Giustizia Andrea Orlando, con un soggetto in grado di avere un quadro complessivo di tutto ciò che si muove in quest'ambito. Era atteso da anni da chi indaga su questo fronte". Giustizia: caso Yara; no alla scarcerazione per Bossetti. Il Gip "Indizi più gravi di prima" Corriere della Sera, 11 febbraio 2015 Nel giro di 24 ore il gip di Bergamo Ezia Maccora ha detto no alla nuova richiesta dell'avvocato Salvagni, che puntava sui dubbi emersi dal Dna. Il giudice delle indagini preliminari Ezia Maccora ha bocciato oggi, nel giro di 24 ore, la nuova istanza di scarcerazione presentata dall'avvocato di Massimo Bossetti, Claudio Salvagni. Il legale, presentandosi lunedì mattina in tribunale, aveva depositato l'istanza puntando dritto contro il pilastro dell'inchiesta, il Dna, riferendosi alla relazione di Carlo Previderè, il consulente del pm Letizia Ruggeri. È stato Previderè a trovare la corrispondenza tra il Dna (nucleare) di Ignoto 1 e quello di Bossetti, che ha fatto scattare le manette lo scorso 16 giugno. Il consulente Previderè ha anche indicato, però, un'anomalia: il Dna mitocondriale è di difficile interpretazione, quindi non si può dire che sia di Bossetti. Un elemento decisivo, utile per chiedere nuovamente la scarcerazione (già bocciata), secondo l'avvocato Salvagni. Un elemento che invece non sposta una virgola, secondo la Procura della Repubblica di Bergamo, che si è opposta alla scarcerazione. Anche il gip non ha avuto dubbi. Anzi, rispondendo all'avvocato Claudio Salvagni, spiega che "si è ampliata la gravità indiziaria nei confronti dell'indagato", alla luce del materiale depositato dal pubblico ministero Letizia Ruggeri per opporsi alla scarcerazione. Toscana: Cordone (Lega); no a chiusura Opg senza alternative, c'è assassino di mio padre di Giorgio Galimberti www.gonews.it, 11 febbraio 2015 È prevista il 31 marzo la chiusura dell'ospedale psichiatrico di Montelupo Fiorentino. Dopo che la scadenza era stata rimandati di due anni, la struttura sarà svestita del suo ruolo per tornare a disposizione della collettività e dei cittadini montelupini. Non è d'accordo però Marco Cordone, vice-segretario regionale della Lega Nord, ma anche figlio di una vittima di un assassino detenuto proprio nella struttura di detenzione: "Mio padre, Antonio, è stato ucciso a Firenze nel 1989 da un colpo di pistola sparato da Sergio Cosimini. Adesso questo serial killer, colpevole anche della morte di due carabinieri che lo avevano fermato per un semplice controllo, sta scontando la sua pena proprio nell'Opg di Montelupo". Cordone nel 1998 ha anche fondato un comitato dal nome ‘Dalla parte di Abelè, proprio in favore dei familiari delle vittime degli assassini detenuti nell'ospedale psichiatrico e proprio secondo lui nel progetto di chiusura delle strutture c'è stato un errore: "Gli ospedali psichiatrici non dovevano essere affidati alle Regioni che non hanno competenza in ambito giudiziario. Dopo anni di rinvii ho il sospetto, e voglio essere smentito, che il presidente Rossi abbia approvato il documento in vista delle elezioni. Da anni studio le leggi penali e, probabilmente, in questa materia ne so qualcosa in più di chi ci amministra". Se l'Opg chiudesse i battenti i detenuti dovrebbero essere trasferiti nelle Rems, ma secondo il consigliere comunale di Gambassi Terme, Marco Cordone non è la soluzione giusta: "Nel progetto le Rems sono solamente un'ipotesi teorica e, a differenza dell'ospedale psichiatrico, sono strutture che non garantiscono un adeguato livello di sicurezza per quelli che sono a tutti gli effetti dei criminali. Non si è nemmeno discusso della sorte dei circa 100 agenti della polizia penitenziaria che operano nell'ospedale psichiatrico". Infine Cordone lancia un appello: "Chiedo al presidente Renzi, al ministro della giustizia Orlando, a Enrico Rossi e al sindaco di Montelupo Paolo Masetti, di non chiudere l'Opg senza una valida alternativa. Anche io sarei felice se la struttura potesse tornare alla comunità però bisogna pensare anche ai familiari delle vittime di quei criminali che non chiedono vendetta, ma solo giustizia". Toscana: Opg, il 23 febbraio convegno sul paziente autore di reato in misura di sicurezza www.gonews.it, 11 febbraio 2015 Lunedì 23 febbraio prossimo, a partire dalle ore 9, si svolgerà il convegno "Il paziente autore di reato in misura di sicurezza: caratteristiche cliniche e prospettive" nell'aula magna "Alessandro Reggiani" dell'Agenzia per la formazione, in via Oberdan a Sovigliana di Vinci. Nel corso del convegno verranno presentati i risultati ottenuti nell'ambito del progetto "Valutazione dei pazienti ricoverati negli Opg" coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità con tutti gli Opg del territorio nazionale. Inoltre, l'evento è finalizzato a fare il punto sullo stato del processo di superamento degli Opg e sull'allestimento delle strutture previste dalla legge, nonché a illustrare le esperienze e buone prassi in uso in altri Paesi europei. Il convegno è rivolto a medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali e educatori professionali dei dipartimenti salute mentale della Regione Toscana. Per iscriversi è necessario compilare on line, entro il 19 febbraio prossimo, la scheda di iscrizione reperibile sul sito www.usl11.toscana.it, nello spazio dedicato all'Agenzia per la Formazione, alla pagina "Eventi". Per ulteriori informazioni: segreteria organizzativa dell'Agenzia per la formazione dell'Asl 11 tel. 0571 704326, fax 0571.704339, mail: g.baronti@usl11.toscana.it. Firenze: detenuto 50enne muore a Careggi, era malato. Garanti: aveva chiesto domiciliari La Repubblica, 11 febbraio 2015 Un uomo di 50 anni, detenuto nell'istituto Gozzini (Solliccianino), è morto lunedì notte a Careggi, dopo si trovava per una crisi respiratoria. La morte sarebbe stata provocata da alcune complicazioni legate a una forma di cirrosi epatica. Per chiarire le cause sono stati disposti ulteriori accertamenti. "Si tratta di una persona che da tempo aveva chiesto di essere spostata ai domiciliari, per i suoi problemi di salute - commenta il garante dei detenuti di Firenze, Eros Cruccolini. Quando ci sono patologie così gravi serve maggiore flessibilità. Il problema era stato infatti segnalato da tempo". "Le persone malate non possono stare in carcere - aggiunge il garante dei detenuti della Toscana, Franco Corleone - questo stillicidio deve essere fermato". Napoli: 53enne internato da trent'anni in Opg, ora dovrebbe uscire ma nessuno lo vuole di Claudia Procentese Il Mattino, 11 febbraio 2015 Il dramma di un uomo che ha scontato la pena nell'Opg di Secondigliano Internato per 30 anni, nessuno lo vuole M. faceva il fotografo, poi la confusione mentale lo ha gettato in un ospedale psichiatrico giudiziario. A 23 anni finisce all'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, M. si macchia di un delitto che gli varrà il soprannome di "cava occhi": tenta di estirpare i bulbi oculari ad un altro internato. Poi uccide il suo compagno di cella. La condanna a trent'anni vissuti in totale isolamento, scelto perché M. non vuole più avere contatti con il mondo di fuori e subito per la paura di tutti di stargli accanto. Trasferito nell'86 nell'Opg di Reggio Emilia, vi resta fino al 2008 quando ritorna in Campania, in quello di Secondigliano. M. il mese prossimo è un cittadino libero. Dopo trent'anni da recluso vivo, gran parte trascorsi nei due ospedali psichiatrici giudiziari della Campania, potrà riacquistare la libertà. Fine pena. Ma per lui, la libertà sarà l'anticamera di una nuova sofferenza: una volta uscito dall'Opg, non troverà nessuno ad accoglierlo. Libero sì, ma senza méta di vita. M. ora ha cinquantatré anni, è recluso dal 1985 e solo da qualche anno dorme su un materasso. Prima lo strappava per infilarsi dentro, spesso senza vestiti, come in una sorta di guscio protettivo. Faceva il fotografo M., e, giovanissimo, filtrava la realtà attraverso il vetro sottile dell'obiettivo fino a quando, un giorno del marzo di trent'anni fa, tentò di uccidere a colpi di forbici un amico. Gli occhi per scoprire il mondo da quel momento furono la vista sull'inferno dell'ospedale psichiatrico giudiziario. Divenne, cosi, un "mostro", con un'etichetta appiccicata ad un destino che non ci si può scrollare più di dosso. La storia di M. inizia dove nasce, in un paese all'estremo sud della Campania, a pochi chilometri dalla Basilicata, al confine con la Calabria. È qui che, dopo il servizio militare, lavora nel ristorante di famiglia con i genitori ed altri sei fratelli. Si appassiona alla fotografia, quasi con il desiderio spasmodico di conservare emozioni e pensieri nel ripostiglio di una memoria artificiale, quella che, lui sa, non lo tradisce. Ha 21 anni quando si manifestano i primi segni di un disturbo psichico e per questo viene seguito dal Centro di salute mentale di zona, nelle sue prime organizzazioni sul territorio. Due anni dopo, il ragazzo si scaglia contro un amico del padre, colpendolo alla testa con un paio di forbici. Viene arrestato dai carabinieri e, nell'atto di ribellarsi, aggredisce uno di loro. Lesioni personali, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale le accuse. Finisce dritto nell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Aversa, un lager che in quegli anni si regge sulla logica del letto di contenzione per arginare il disagio mentale, e dove Massimo si macchia di un ulteriore delitto che gli varrà il soprannome di "cava occhi". Passano, infatti, solo sei mesi e tenta di estirpare i bulbi oculari ad un altro internato. Non gli riesce, ritenta un anno dopo. È febbraio del 1986, sono quasi le otto di mattina, nella mente di M. arriva di nuovo la notte. Uccide a sangue freddo il suo compagno di cella. In nessuna cartella si dice come, ma nasce il "mito criminale" di M. che a mani nude, con una manovra impensabile anche a qualsiasi chirurgo, cava gli occhi a chi gli sta vicino. Gli occhi, le foto, un filo conduttore che tiene insieme i suoi deliri, diranno gli psichiatri. Si narra che addirittura, anni dopo, un regista americano si sia interessato al caso per farne un film. Ma è solo la leggenda che alimenta se stessa. Scatta la condanna a trent'anni vissuti in totale isolamento. M. non vuole più avere contatti con il mondo di fuori, scatta la paura di tutti di stargli accanto, è la pena senza la possibilità di un punto e a capo. È nel suo mondo di dentro che M. si rifugia, in quell'ergastolo bianco vissuto nel sistema degli Opg. Nessun perdono umano, nessuna assoluzione terrena, nessun indulto o amnistia. M. viene trasferito nel 1986 nell'Opg di Reggio Emilia, vi resta fino al 2008 quando ritorna in Campania, in quello di Secondigliano. Un riavvicinamento dettato da motivi pratici di reinserimento nel luogo d'origine, visto che M. dal mese prossimo è un cittadino libero. È "arrivato al massimo edittale", si dice in gergo giudiziario, ha pagato il suo debito con uno Stato che ora lo dimentica. La chiusura dei sei Opg a livello nazionale è dietro l'angolo, come previsto dalla legge numero 81 del 30 maggio 2014. Ï ministro della Giustizia Orlando è stato categorico: nessuna proroga, ultima scadenza 31 marzo 2015. Al loro posto a Rems, articolazioni sanitarie in carcere e Dipartimenti della salute mentale potenziati. Questo sulla carta. Ma le Rems di Caserta ed Avellino non so no ancora in funzione, forte è il ritardo da parte dei Dipartimenti di Salute Mentale nei programmi individuali per la presa in carico dei loro pazienti, e spesso assenza di strutture territoriali idonee e disponibili ad accoglierli. Chi si prenderà adesso cura di M.? La legge prevede che M. venga preso in carico dell'Asl di appartenenza, quella di Salerno, che sconterebbe ritardi rispetto alla tabella di marcia prevista dalla legge. La famiglia non rivuole più questo 53 anni di cui ha ormai paura. "Noi siamo pronti - dichiara Antonella Guida, direttrice sanitaria dell'Asl Napoli 1 Centro - Stiamo mettendo m campo le risorse di personale che servono per i progetti riabilitativi individuali destinati ai nostri 18 pazienti. Non abbiamo grosse difficoltà, resta però il problema di tenere m gestione pazienti che non sono della nostra Asl, tutto graverà su di noi a meno che l'amministrazione penitenziaria non voglia assumere decisioni diverse, ad esempio con trasferimenti verso altri opg ancora non in dismissione. Finché avremo persone da assistere faremo il nostro dovere, anche se non ci toccherebbe". Libero M. ma non dal suo disagio. Farfuglia qualche parola incomprensibile, vive come in una tana, non socializza, non chiede più nemmeno le sigarette, non è più aggressivo, non è capace di badare a se stesso, si affida ai medici e agli operatori che lo assistono perché ha imparato a conoscerli. "Io l'ho incontrato almeno tre volte in un lungo arco di tempo, oltre dieci anni, nelle visite realizzate negli Opg di Aversa e Napoli, - racconta Dario Stefano Dell'Aquila, autore di ricerche e inchieste sui manicomi e componente dell'Osservatorio nazionale sulla detenzione - L'ho sempre trovato in una cella liscia, priva di suppellettili, senza arredi, tavolo o televisione. Il suo caso dimostra come il manicomio produce violenza e rende violente le persone, quando sono trattate come animali. Lo stigma con cui è stato marchiato ha impedito qualunque ipotesi di intervento sociale e di reinserimento. Il rifiuto a farsene carico, anche a pena scontata, conferma l'incapacità, non di un singolo operatore, ma di un intero sistema pubblico a farsi carico dei sofferenti psichici, specie di quelli per i quali gli ospedali psichiatrici giudiziari sono stati un luogo in cui essere parcheggiati e dimenticati". Solo di recente ha balbettato la parola "mare". Voleva vedere il mare, come quello del suo paese natale. E i medici che lo seguono l'hanno portato a Mergellina. Una pizza sugli scogli fissando la distesa d'acqua oltre il molo, senza lasciare trasparire alcuna emozione all'esterno, a quel mondo che lo ha lasciato solo. Frosinone: lettera di un detenuto "sono a pezzi, non ci vedo, ma qui mi danno solo pillole" Il Garantista, 11 febbraio 2015 Il blog "Urla dal silenzio" che da anni pubblica regolarmente le lettere dei detenuti, ci ha gentilmente segnalalo questa lettera di denuncia che noi pubblichiamo integralmente. La lettera è di Vincenzo Longobardi, detenuto al carcere di Frosinone. Soffre di varie problematiche di salute - alcune particolarmente drammatiche come il danneggiamento della colonna vertebrale - che non vengono curate. Inoltre denuncia l'enorme abuso di psicofarmaci e il ruolo del dentista che non cura i denti, ma fa solo ricette. "Il sottoscritto Longobardi Vincenzo, nato a Napoli il 4 gennaio 1970, attualmente sono detenuto in questo carcere (Frosinone) dal 05.12.2008. So ed ho vissuto fatti e misfatti che succedono da anni. Ho varie patologie ed avrei bisogno di cure di un centro clinico. Ve ne cito alcune. Tali patologie sono tutte scritte nel diario clinico. Soffro di apnea notturna; ho bisogno di un intervento all'occhio sinistro che non ci vedo; tale patologia mi sta danneggiando anche quello destro; ho problemi alla colonna vertebrale, dicono da anni che ho bisogno di un intervento. Sono seguito da psicologi e psichiatra che raccontano le solite cose aumentandomi solo di psicofarmaci. In concreto mi stanno rovinando solo di più. Per i dolori che mi comportano le patologie mi somministrano solo iniezioni di anti dolorifici, toradol. Ho problemi anche d'udito. Veniamo al reparto infermeria. Il dirigente sanitario, prima di tale mansione, svolgeva da dentista con studio anche all'esterno. Preso il posto di dirigente, viene un bravo dentista figlio di un'infermiera che lavora qui. Questo viene mandato via, non si conoscono le vere ragioni ma le cose si sentono. Chi viene come dentista? Colui che lavorava nello stesso studio del dirigente sanitario (si vociferava tra gli addetti soci). Non cura un dente, fa solo ricette a gogò, firmate dal dirigente fa solo estrazioni se ti va bene per rifare un'altra ricetta alla prossima visita. L'infermeria è come se fosse un mercatino rionale. Nel mentre parli col dirigente nemmeno ti sente perché sta giocando con qualche guardia dì altre cose. Basta che ti fa quel sorriso di venditore di mercato che sei forte come un leone, ma tale razza non sta finendo in via di estinzione? Eppure c'è chi li sta proteggendo; a noi detenuti, chi ci protegge? Fogli di cartelle cliniche che scompaiono, altre che trovi nella tua che nemmeno sai. Mi domando e chiedo: chi controlla tutto questo? Non ti danno copie della propria patologia, anche se c'è l'autorizzazione del magistrato, perché tutto questo? Siamo anche noi esseri umani, anche se abbiamo sbagliato. I medicinali non ci sono, chi è più fortunato riesce a comprarseli, molte volte te le devi far comprare da qualche compagno. C'è qualche dottare che ha bisogno di essere curato perché è in servizio? Forse per la pensione? Gli infermieri, se gli chiedi una bustina di aulin, ti rispondono "domani vai dal dirigente sanitario". Il dolore ce l'ho stasera, viene domani il sanitario che dirige! Adesso andiamo alla parte del funzionamento dell'istituto. Se chiedi una posizione giuridica non ripeterlo la seconda volta, molti del personale penitenziario sono arroganti, chi fa il proprio dovere viene chiamato accamosciato. Tutti sono capi, ma il commissario e il direttore sanno queste cose? Se fai un'istanza alla sorveglianza (giudice intendo) le risposte forse te le danno quando sei fuori. No di testa, libero. Questo carcere ha un padiglione nuovo e finito, non va in funzione perché sta sotto inchiesta. Prego i signori cui sto scrivendo che mettano a conoscenza i radicali, il garante dei detenuti, le procure di competenza, il Dap, i media. Non è possibile, aiutateci. Il ministero sa tutto questo, sta a pochi chilometri da qui". Pisa: interrogazione del Sen. Manconi "ci ha rimesso un braccio, ma deve marcire in cella" di Damiano Aliprandi Il Garantista, 11 febbraio 2015 La direzione sanitaria del penitenziario di Pisa non ha mai avviato la riabilitazione né previsto un'operazione: perché? C'è un detenuto gravemente malato al carcere di Pisa e il senatore Luigi Manconi porta il caso in parlamento. Si chiama Federico Berlioz, 53 anni di Latina, ed è stato condannato per un omicidio commesso nel 1995 ai danni di Cabassi, un giovane naziskin detto El Tiger. Berlioz nel frattempo era diventato un collaboratore di giustizia e lanciò pesanti accuse nei confronti della malavita di Latina, ma il processo si chiuse con tante assoluzioni e scarse condanne, mentre Berlioz è stato con condannato all'ergastolo. Sono passati più di vent'anni da quando ha varcato la soglia del carcere e la sua salute si aggrava sempre di più. A descrivere il suo stato fisico ci ha pensato Luigi Manconi nell'interrogazione parlamentare a risposta scritta. Dice testualmente che "il signor Berlioz presenta un quadro clinico molto complesso, in quanto soffre di differenti patologie, tutte molto gravi; in particolare, soffre di crisi ipertensive e di una marcata ipotrofia e deficit sensitivo motorio dell'arto superiore sinistro, oltre ad essere soggetto mono rene e celiaco dalla nascita". Manconi poi denuncia che "nonostante le numerosissime istanze e richieste avanzate negli ultimi 3 anni alla direzione sanitaria del carcere, il signor B. lamenta di non essere mai stato sottoposto alle cure di cui necessita tanto da aver perso quasi completamente l'utilizzo del braccio sinistro; in passato (2004-2011), a causa della gravità di questa patologia, il signor B. ha avuto la possibilità di curare il braccio grazie al beneficio della detenzione domiciliare". E aggiunge che "il percorso di cure intrapreso è stato poi interrotto, nonostante lo specialista avesse sottolineato la necessità "che il livello metabolico e strutturale dell'intera muscolatura dell'arto superiore sinistro venga ripristinato presso la struttura dell'Usl 5 di Pisa (...) per non inficiare il buon livello di recupero raggiunto, in seguito agli interventi cui ho sottoposto il sig. B. in questi anni". Manconi, sempre nella sua interrogazione parlamentare, quindi denuncia che "dall'anno 2011 ad oggi, pertanto, nonostante queste prescrizioni siano state confermate anche dal personale medico del carcere, nessuno degli interventi necessari per non vanificare il recupero raggiunto sarebbe stato realizzato; la direzione sanitaria del carcere, infatti, non avrebbe mai avviato un trattamento riabilitativo specifico per il recupero funzionale del braccio sinistro, non avrebbe attivato la procedura per un nuovo intervento chirurgico, né tantomeno si sarebbe adoperata nella maniera adeguata, al fine di far indossare al signor B. un tutore di tipo "omo-train". Il senatore Manconi rivela che queste omissioni sono state rivelate anche dalla stessa magistratura di sorveglianza che "con decreto n. 68 del 10 gennaio 2014 del magistrato di sorveglianza di Pisa e con decreto n. 2856 del 13 febbraio 2013 del magistrato di Milano ove è evidenziato che la terapia riabilitativa al braccio sinistro costituisce "l'aspetto di maggiore criticità", ordinando alla direzione del carcere di "inviare il soggetto presso un centro specializzato, al fine di non precludere la possibilità di recupero funzionale"; con ordinanza n. 1269 del 13 marzo 2014 del Tribunale di sorveglianza di Firenze ove è evidenziato che "le cure trattamentali e fisioterapiche apprestate e apprestabili presso la Casa Circondariale di Pisa (...) e gli eventuali interventi chirurgici autorizzabili presso centri sanitari esterni, assicurano la tutela delle condizioni di salute del condannato". Manconi denuncia che attualmente il detenuto riversa in condizioni fisiche inaccettabili. Risulta infatti che "soffre di gravi crisi ipertensive, accompagnate talvolta da forti cefalee e conati di vomito, come risulta dal diario clinico degli ultimi 3 anni, da cui si evince che lo stesso raggiunge spesso elevati picchi di ipertensione (240/140 e 180/120), che lo espongono in molti casi a un serio rischio di infarto del miocardio o di ischemia cerebrale; a causa di questa patologia, il signor B. dovrebbe essere seguito costantemente da un medico cardiologo e seguire un trattamento farmacologico specifico, così come anche confermato in più occasioni dai medici del carcere e dal medico di fiducia". E aggiunge che c'è stato un grave atto di omissione perché " alla relazione medica del 20 marzo 2013, risulta che lo schema terapeutico somministrato è "incongruente" e che non è stata prescritta la terapia a base di acido folico per contrastare l'iperomocisteinemia". Luigi Manconi, conclude la sua interrogazione esortando il Governo nel prendere degli immediati provvedimenti, affinché sia pienamente tutelato il diritto alla salute del signor Berlioz. Napoli: Gabriele (Psi); a Poggioreale detenuto con tumore è "curato" con gli antidolorifici Corriere della Sera, 11 febbraio 2015 Con una lettera al ministro della giustizia Orlando e al direttore dell'Asl Na1 si chiede un'indagine. C'è già una denuncia per omissione in atti di ufficio e lesioni colpose. "In una delle mie tante visite al carcere di Poggioreale ho conosciuto Elio Femiano, napoletano di 34 anni, sposato, con una figlia, detenuto dal 12 maggio 2014, in attesa di giudizio. Il detenuto lamentava forti dolori all'addome, e aveva inscenato uno sciopero della fame per ottenere un semplice esame ecografico all'addome, peraltro più volte sollecitato dai medici in servizio a Poggioreale. Dalla competente struttura Asl 1, però, da cui dipendono le sorti della salute dei detenuti, non arriva la autorizzazione all'ecografia, gli hanno invece solo somministrato soltanto medicinali antidolorifici e antispastici". Lo denuncia il consigliere regionale Corrado Gabriele, capogruppo socialista in Campania. Spiega ancora Gabriele: "Solo a distanza di sei mesi, il 24 dicembre scorso, viene ricoverato d'urgenza per una perdita di sangue e alla visita al Pronto soccorso gli riscontrano una grande massa tumorale rene e una metastasi estesa al fegato ed altri organi vitali, a seguito del ricovero riesce ad ottenere dal Tribunale di Sorveglianza la commutazione della pena detentiva in obbligo di dimora per potersi sottoporre a cura chemioterapica". In una lettera al ministro di Giustizia Andrea Orlando e al direttore generale dell'Asl Na 1 Ernesto Esposito il capogruppo del Psi Corrado Gabriele chiede di avviare una indagine interna per conoscere le cause di tale grave condotta omissiva, mentre il legale di Elio Femiano, avvocato Carmela Perone, ha presentato una denuncia per omissione in atti di ufficio e lesioni colpose gravissime. Catania: Ucpi; condizioni del carcere di Piazza Lanza migliorate ma ancora molto da fare Ansa, 11 febbraio 2015 "L'Osservatorio Carceri Unione Camere Penali era stato a Piazza Lanza nel luglio del 2012 e la situazione all'epoca era drammatica e ingestibile. Oggi invece abbiamo trovato sicuramente molti miglioramenti ma c'è ancora molto da fare". Lo ha detto a Catania il responsabile dell'Osservatorio Carceri dell'Unione delle Camere Penali Riccardo Polidoro incontrando i giornalisti dal termine di una visita effettuata nel carcere di Piazza Lanza insieme con il procuratore della Repubblica a Catania Giovanni Salvi e ad una delegazione della Camera Penale, presieduta dall'avvocato Enrico Trantino. "Ci sono dei reparti completamente rimodernati - ha proseguito Polidoro - le celle hanno una stanza a parte per i servizi igienici, ci sono le docce in tutte le celle, mentre questo prima non c'era. Prima c'erano celle con il wc a vista, dove si cucinava in un unico locale. Questo è senz'altro un elemento importante anche perché tra le altre cose è diminuito il sovraffollamento quindi i detenuti possono muoversi in maniera più agevole". "Certo - ha osservato Polidoro - restano ancora molte criticità, per esempio la mancanza di riscaldamento, soprattutto se si pensa che c'è l'impianto ma che non ci sono le risorse per aggiustarlo e per pagare le bollette. Allora forse l'amministrazione penitenziaria dovrebbe spendere meno da qualche parte e spendere di più per il riscaldamento dei detenuti". "Abbiamo trovato un buon clima - ha concluso il responsabile dell'Osservatorio - e soprattutto mi ha colpito la presenza del Procuratore della Repubblica di Catania Giovanni Salvi al nostro incontro perché per me che mi occupo di Carceri da oltre 20 anni è la prima volta che un Procuratore della Repubblica è presente e soprattutto mostri tanto interessamento rispetto all'istituto di pena". Pescara: per i detenuti arrivano i lavori di pubblica utilità nei Comuni della provincia www.abruzzo24ore.tv, 11 febbraio 2015 Per i detenuti del carcere di Pescara si annuncia la possibilità di svolgere lavori di pubblica utilità nei comuni della provincia, ad esempio lavori sul verde pubblico, con un piccolo compenso mensile. Il progetto, che sta per essere avviato dal Comune di Pescara e dal Comune di Montesilvano, potrebbe essere esteso anche alle altre amministrazioni civiche come annunciato stamani nel corso di un incontro promosso dalla Provincia di Pescara con il provveditore interregionale dell'amministrazione penitenziaria Claudia Di Paolo e con il direttore del carcere di Pescara Franco Pettinelli. A promuovere la riunione è stato il presidente della Provincia, Antonio Di Marco, che ha chiamato a raccolta i sindaci dei 46 comuni (hanno aderito una trentina) proprio negli spazi dell'amministrazione penitenziaria, in via Talento, per poi effettuare una visita all'interno della casa circondariale dove vengono già promosse attività formative e lavorative per i detenuti ai fini del reinserimento sociale degli stessi. Pettinelli ha spiegato che i detenuti da ammettere al progetto sarebbero quelli interessati "a pene definitive e che si avvicinano verso il fine pena" e lavorando avrebbero la possibilità di riparare il danno sociale a favore del Comune e nello stesso tempo si raggiungerebbe l'obiettivo della "giustizia riparativa per il recupero del soggetto". Di Marco ha spiegato che "la Provincia vuole essere sempre più un ente di prossimità, una Provincia vicina" e se si vuole lanciare "un segnale positivo" si deve "promuovere un percorso nuovo". Il presidente della Provincia ha anche annunciato che la prossima iniziativa che vedrà il coinvolgimento dei sindaci sarà a favore della Caritas per mettersi "a servizio" di questa realtà. Soddisfazione è stata espressa da Di Paolo la quale ha fatto notare che i detenuti non devono stare "in ozio" ma devono svolgere "attività lavorativa fuori e dentro il carcere" e ha messo in evidenza "la grandissima responsabilità civica di questa iniziativa che coglie il vero senso della reintegrazione, intesa come questione di cui deve occuparsi l'intera società". Vercelli: avvisi per Garanti comunali di Infanzia e Detenuti, candidature entro 19 febbraio Adnkronos, 11 febbraio 2015 Il 19 febbraio scadenza presentazione domande per entrambi L'Amministrazione ha pubblicato i due avvisi per le candidature, rispettivamente, a Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza e Garante della persone private della libertà personale. Gli avvisi, la modulistica e le modalità di presentazione delle domande - che dovranno arrivare al Comune entro giovedì 19 febbraio - sono disponibili sul sito del Comune www.comune.vercelli.it (in home page e alla voce concorsi) e all' Ufficio Relazioni con il Pubblico di Piazza del Municipio 5. Entrambe le funzioni sono a titolo gratuito. Tra i compiti del Garante per l'Infanzia, quelli di: vigilare, con la collaborazione degli operatori preposti, sulla applicazione su tutto il territorio cittadino della Convenzione Onu del 20 novembre 1989 nonché alla Carta Europea di Strasburgo del 25 gennaio 1996; promuovere, in accordo con gli enti e le istituzioni che se ne occupano, iniziative per la diffusione di una cultura per l'infanzia e per l'adolescenza, finalizzata al riconoscimento delle fasce di età minorili come soggetti titolari di diritti; promuovere, in accordo con la Presidenza del Consiglio Comunale e con tutti gli altri soggetti competenti, iniziative per la celebrazione della giornata italiana per l'infanzia; promuovere e sostenere forme di ascolto e di partecipazione dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze alla vita della Comunità. Tra i compiti del Garante per i Detenuti, quelli di: promuovere l'esercizio dei diritti e delle opportunità di partecipazione alla vita civile e di utilizzo dei servizi comunali delle persone private della libertà personale ovvero limitate nella libertà di movimento domiciliate, residenti, dimoranti nel territorio del Comune di Vercelli, con particolare riferimento ai diritti fondamentali; promuovere iniziative di sensibilizzazione pubblica sul tema dei diritti umani delle persone private della libertà personale e della umanizzazione della pena detentiva; promuovere iniziative congiunte ovvero coordinate con altri soggetti pubblici competenti nel settore; promuovere con le Amministrazioni interessate protocolli di intesa utili a poter espletare le sue funzioni anche attraverso visite ai luoghi di detenzione in accordo con gli organi preposti alla vigilanza penitenziaria. Roma: progetto "L'arte dentro", i detenuti di Rebibbia visiteranno i Musei Capitolini La Presse, 11 febbraio 2015 Il prossimo 14 febbraio i detenuti del carcere romano di Rebibbia che prendono parte al progetto "L'arte dentro" usciranno dall'istituto penale per visitare la mostra "L'età dell'angoscia", ospitata dai Musei Capitolini di Roma. La visita nel più antico museo pubblico al mondo sarà possibile grazie all'articolo 21 dell'ordinamento penitenziario, che dà ai detenuti, in alcuni circostanze, la possibilità di svolgere attività al di fuori del carcere. In questo caso, i corsisti potranno finalmente visitare e interagire con i siti museali studiati e conosciuti fino a quel momento solo sulla carta. "L'Arte dentro" è un progetto nato sette anni fa, promosso da Roma Capitale - Assessorato alla Cultura e turismo, sovrintendenza capitolina ai Beni culturali, in collaborazione con Zètema Progetto cultura. Ogni anno, ad ogni sessione di studio, cambia il tema del corso, frequentato dagli ospiti della Casa di reclusione due ore a settimana, in un percorso di studio affiancati da un'archeologa e un botanico. A volte, con il permesso della direzione, sono presenti in aula anche artisti, autori, docenti universitari, personaggi pubblici. Il tema affrontato quest'anno, da ottobre 2014 a luglio 2015, è "L'archeologia e le origini della cosmesi": i detenuti stanno studiando i profumi di Afrodite, i segreti degli oli, le schiave cosmetae, le terme, gli orti medicali, le piante officinali, Galeno di Pergamo medico di corte di Marco Aurelio, tinture, lozioni, infusione e triturazione. Forlì: con "Incontri in Biblioteca" le parole varcano le sbarre e arrivano ai detenuti www.forlitoday.it, 11 febbraio 2015 Sabato 31 gennaio, con la collaborazione di Fara Editore e Davide e Guido Insieme Fc Trust Onlus è stato proposto ai detenuti il duo "La Minima Parte" formata da Massimiliano Bardotti (poeta/attore) e Giacomo Lazzeri (chitarrista) e cui si aggiunge la sensibilità di Sara Giomi (chitarrista). Un lavoro incessante e che si prefigge un obiettivo in continuo divenire. "Incontri in Biblioteca" è infatti da diversi mesi attivo presso la Casa Circondariale di Forlì che, in collaborazione con alcune associazioni di volontariato del territorio, hanno cercato di trovare un motore in grado di generare riflessioni e pensieri nuovi, capaci di trasformare l'infertile, in fertile, ossia le azioni distruttive commesse da chi è ristretto, in azioni fruttuose per se e per gli altri cosa che l'arte è da sempre promotore. Sabato 31 gennaio, con la collaborazione di Fara Editore e Davide e Guido Insieme Fc Trust Onlus è stato proposto ai detenuti il duo "La Minima Parte" formata da Massimiliano Bardotti (poeta/attore) e Giacomo Lazzeri (chitarrista) e cui si aggiunge la sensibilità di Sara Giomi (chitarrista). La scelta per l'occasione è caduta su una silloge ancora inedita che ha catturato l'attenzione dei detenuti e portato a uno scambio culturale reciproco di notevole caratura. Dopo l'evento "La Minima Parte" è stata intervistata e dalle parole dei 3 autori toscani si evince una grande emozione. Bardotti afferma: "Sono felicissimo di tutto questo, è stata un'esperienza meravigliosa, una delle più ricche e toccanti della mia vita. Mi sembra di conoscere questi detenuti benissimo, tutti e tutte e ho avuto questa sensazione anche quando sono entrati nella biblioteca. Come se ci fossimo già incontrati. Io dico sempre che gli spettacoli si fanno insieme. Perché è un'energia che circola. Oggi abbiamo ricevuto tantissimo. Spero di aver lasciato in tutti i miei fratelli e le mie sorelle, un briciolo di pace e serenità, di speranza e di voglia di essere migliori, perché è questo che cerco di portare, perché è quello di cui anche io sono in cerca". Lazzeri racconta: "Era la mia prima volta in un carcere ed è stato bellissimo rompere in un attimo tutti i pregiudizi che mi erano stati inculcati fin da piccolo. C'è tutto il mondo in quelle persone, volti stranamente familiari come se ci conoscessimo da chissà quanto tempo. Sono stato investito da un'energia enorme, come se la primavera fosse tutta lì imbrigliata sotto terra prontissima a sbocciare a rompere a uscire con tutti i colori e la forza. E questo è stato il loro dono per me, io da parte mia ho provato ad essere il più puro e semplice possibile. Per questo io ho ricevuto un dono per la vita, e sono davvero grato a tutti per questo, non vedo l'ora di ripetere". Giomi conclude: "Difficile parlare per ultima, c'è poco da aggiungere se non dire che c'era una bellissima energia. Leggera. Mi sono sentita accolta. L'ascolto e la partecipazione sono stati i doni più belli, forse proprio perché per niente scontati. Sento di aver ricevuto più di quanto non sia riuscita a dare. È stata un'esperienza meravigliosa". L'incontro è stato mediato da un operatrice dell'Area Pedagogica del carcere, come forma di amplificazione dei contenuti critici dell'evento. Televisione: Federico Vespa (figlio di Bruno)… speciale di "Porta a Porta" per i detenuti di Riccardo Polidoro (Responsabile Osservatorio Carcere dell'Ucpi) Il Garantista, 11 febbraio 2015 Quando nasce un giornale è sempre una buona notizia, ottima se avviene in un istituto di pena. Apprendiamo, dunque, con entusiasmo che a Rebibbia si è dato vita al periodico "Dietro il cancello", che, stampato in 3.000 copie, sarà distribuito in tutte le realtà del mondo carcerario. Il giornale, curato dai detenuti, darà loro la possibilità di comunicare con l'esterno e di apprendere il lavoro di giornalista. Se non la vera libertà, almeno (ci auguriamo) quella di espressione. L'entusiasmo è aumentato quando leggiamo che a dirigerlo è Federico Vespa, figlio del famoso Bruno che, da circa 20 anni, conduce la trasmissione "Porta a Porta" su RaiUno. Quel cognome darà una marcia in più al mensile e questo è un dettaglio importante, perché se la carta viene stampata, deve essere diffusa e letta e, pertanto, ben venga qualsiasi elemento che possa giovare alla causa. Il 6 febbraio, alla presentazione del mensile, nella struttura penitenziaria, sono intervenuti, tra gli altri, il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri, il giudice Ferdinando Imposimato e lo stesso Bruno Vespa. Le dichiarazioni rilasciate nell'occasione dal conduttore televisivo fanno raggiungere al nostro entusiasmo un picco stellare. È un vero e proprio mea culpa: "Noi giornalisti abbiamo una grave responsabilità. Il carcere si racconta sempre male. Sono sempre stato dell'idea che il 41 bis vada abolito, perché una cosa è la sicurezza e un'altra è il rispetto dei diritti umani. Stessa posizione la mia sull'ergastolo, che deve essere immediatamente cancellato dal codice penale". Era davvero inimmaginabile che, nello stesso giorno in cui, nel corso dell'Inaugurazione dell'Anno Giudiziario, l'Osservatorio Carcere dell'Unione Camere penali lancia il progetto "Vale la pena, la pena vale", con lo scopo di promuovere una corretta informazione sull'esecuzione della pena, il presentatore della più seguita trasmissione televisiva di approfondimento politico e attualità rilasci dichiarazioni così vicine alle battaglie che l'Ucpi conduce da anni. Inimmaginabile perché gli Avvocati sono in sintonia con quanto affermato da Ferdinando Imposimato, alla medesima presentazione del periodico: "Il processo televisivo è un danno enorme, perché si condanna una persona appena indagata, o appena all'atto della denuncia. E questa prassi non è propria di uno Stato civile". Cosa avrà pensato Vespa nel sentire queste parole? Avrà temuto per i suoi plastici del luogo del delitto, per i suoi consueti ospiti - addetti ai lavori che si avventurano in giudizi affrettati di colpevolezza o d'innocenza - per la possibilità che non vi siano più conferenze stampa delle Procure che rendono pubblici gli atti delle indagini? Crediamo di no. Purtroppo la deriva nazional-popolare in cui sta sprofondando il nostro Paese non finirà, anzi in nome dell'audience e della vanità di molti, la nostra cultura giuridica scomparirà. Un appello allora va fatto a Vespa, che ha dimostrato sensibilità per la condizione carceraria: prima che chiudano i Tribunali e i processi vengano celebrati esclusivamente in tv, con canali a loro dedicati, con il giudizio di colpevolezza o d'innocenza espresso con il televoto da casa, ci auguriamo che vi sarà un "Porta a Porta" sulla tortura di Stato del 41 bis e sulla pena di morte dell'ergastolo ostativo. Immigrazione: c'è una foiba che si chiama Mediterraneo di Piero Sansonetti Il Garantista, 11 febbraio 2015 Ieri in Italia si è ricordato l'eccidio delle Foibe. Diecimila persone, Nella Venezia Giulia e in Dalmazia, tra il 1943 e il 1945, gettate dentro i crepacci, profondi venti o trenta metri, e lasciate morire. Oppure uccise in altri luoghi, o morte di stenti nei campi di concentramento, e poi buttate dentro questi inghiottitoi, per farle sparire. I responsabili di questo orrore sono stati i partigiani jugoslavi, che volevano vendicarsi delle atrocità subite dalla popolazione della Croazia e della Slovenia durante l'occupazione fascista. Le vittime erano militari e civili, fascisti o non fascisti, militanti, operai, preti o gente del popolo. Diecimila persone - secondo le stime più attendibili - sterminate in modo atroce. E poi dimenticate. Perché dopo la guerra, in Italia - e anche all'estero - per ragioni di realpolitik, varie e diverse realpolitik incrociate tra loro - si preferì gettare un velo e non parlarne più. I comunisti non volevano che un sospetto di orrore sfiorasse la Resistenza, anche se i responsabili della foibe non erano i partigiani italiani. I democristiani erano al governo, e non intendevano litigare con la Jugoslavia, che si era riunita ed era guidata da Joseph Tito, cioè proprio dal capo dei partigiani slavi autori dello sterminio. E anche i governi europei, e quello americano, avevano ottime ragioni per non tirare fango su Tito, che nel 1948 aveva avuto il coraggio di rompere con Stalin sfidandolo all'invasione militare (che però non avvenne). E così anche gli storici si adeguarono, e delle Foibe non si parlò per decenni. Sì, c'erano i fascisti che cercavano di rivendicare il loro sacrificio, ma in quegli anni i fascisti contavano davvero pochino, sia in politica sia nel campo dell'informazione, e nessuno gli dava retta. Ci sono voluti molti decenni perché crollasse la congiura del silenzio, e si decidesse di stabilire questa giornata di commemorazione, tutti gli anni, il 10 febbraio. Nel 2007 il presidente della Repubblica, ex comunista, Giorgio Napolitano, stigmatizzò l'omertà della politica sulle foibe. E ieri il nuovo presidente della Repubblica, e insieme a lui la presidente della Camera, si sono impegnati in prima persona nelle celebrazioni. È un bene. Perché la memoria storica ha un ruolo grandissimo nella crescita della civiltà e della comunità. E spesso questa memoria è sbiadita o è molto faziosa. Per tutte le vicende che riguardano la guerra, e anche la furiosa battaglia tra partigiani e fascisti che travolse il nostro paese nel biennio tra il 1943 e il 1945, e in parte proseguì per alcuni anni anche dopo la Liberazione, il ricordo è sempre stato un po' unilaterale, scritto dai vincitori. È ora di scavare meglio, di far venire a galla anche tante vicende sconosciute. Non perché serva un "ricordo condiviso" ma perché serve la verità. E se la verità racconta di bestialità, che noi vogliamo considerare sempre lontane da noi, dal nostro modo di pensare, dai nostri amici, bisogna che ne prendiamo atto. Noi europei in quegli anni compimmo atrocità di fronte alle quali l'Isis impallidisce. E oggi… beh, scusate la brutalità del paragone, ma è solo un paragone logico. Gli storici del prossimo secolo scriveranno delle decine di migliaia di profughi affogati nel Mediterraneo a cavallo tra il ventesimo e il ventunesimo secolo. E racconteranno che i governi europei, e anche il governo italiano, decisero a tavolino che lasciare che quella gente affogasse era una buona misura per rallentare l'immigrazione e dunque per sostenere una politica conveniente per gli interessi europei. Anche i partigiani jugoslavi pensavano che sterminare 10 mila persone fosse conveniente per gli interessi del loro paese del mitico socialismo. Il Mediterraneo è diventata una foiba. I giornali cattolici ieri lo hanno scritto: la strage dell'altro giorno - della quale si ignora il numero dei morti, probabilmente molte molte decine - era evitabile. Bastava che i gommoni fossero soccorsi prima e fossero soccorsi con mezzi adeguati. Invece recentemente l'Europa - e il governo Italiano - hanno deciso di sostituire la missione Mare Nostrum con la missione Triton. E cioè di sospendere i soccorsi in mare e di usare le navi solo per respingere i migranti. Le regole di ingaggio prevedono che sia possibile soccorrere solo in casi estremi, quando si tratta di raccogliere dei moribondi. L'altro giorno è successo così: li hanno raccolti solo quando erano allo stremo, e li hanno issati su navi che non erano attrezzate. E lì, 29 persone sono morte di freddo. Uccise dalla normativa europea. E altre centinaia sono morte affogate. Anche loro uccise. Sono delitti di Stato. Delitti. Che avvengono con il consenso generale. Non solo della Lega. Immigrazione: Cerutti (Piemonte); non c'è nessun jihadista al Cie di Torino, ma va chiuso Ansa, 11 febbraio 2015 "Al Cie di Torino non ci sono jihadisti, ma il centro è uno spreco di soldi e va chiuso": è quanto afferma l'assessore di Diritti e all'Immigrazione del Piemonte, Monica Cerutti, che ha visitato il Centro di Identificazione ed Espulsione di Torino oggi, insieme al garante regionale dei detenuti, Bruno Mellano. "Sono sempre più convinta - dice Cerutti - dell'inutilità di quella struttura e dello spreco di risorse pubbliche che rappresenta. I soldi che verranno spesi da parte del Ministero per la ristrutturazione del centro potrebbero essere utilizzati per vere politiche di integrazione". "Il Consiglio regionale del Piemonte - aggiunge - mi ha dato mandato di operare per la chiusura del Cie e per questo lavorerò, ma è anche mio interesse verificare che le condizioni degli ospiti siano il più dignitose possibili. Ho potuto riscontrare una continuità tra la gestione della Cri e la nuova gestione privata di Gepsa-Acuarinto, un dato che ci rassicura". Attualmente gli ospiti della struttura sono 21, di cui circa il 50% è richiedente asilo, e tutti hanno precedenti penali. La capienza attuale è di 21 posti, ma sono quasi finiti i lavori di ristrutturazione che la faranno salire a 70. Però la capienza massima potenziale è di 180 posti, ed è su questi numeri che è stata lanciata la gara d'appalto. La nuova gestione potrà quindi chiedere al Ministero di pagare lo stesso il servizio offerto fino a 90 posti. "La Croce Rossa non ha mai chiesto il pagamento di questa differenza - rimarca Cerutti - ma siamo consapevoli che è nell'interesse di un privato farlo. Il Ministero si trova davanti a due vie, o pagare la differenza, aumentare la capienza e riempire la struttura, oppure chiudere. E io sono convinta che si debba chiudere". Gran Bretagna: la Corte di Strasburgo condanna Londra, deve far votare i detenuti La Presse, 11 febbraio 2015 I diritti umani di oltre un migliaio di detenuti nelle carceri britanniche sono stati violati dal governo che ha impedito loro di votare nelle consultazioni elettorali. È quanto ha stabilito la Corte europea dei Diritti umani affermando che il divieto di fare esercitare il diritto di voto ai detenuti viola la Convenzione europea dei diritti umani che garantisce ai cittadini dell'Unione europea di partecipare alle elezioni. La Corte di Strasburgo ha però respinto le richieste di risarcimento dei danni e delle spese legali avanzate dai 1.015 detenuti che si erano rivolti alla Corte perché non era stato loro consentito di votare in varie consultazioni svoltesi tra il 2009 e il 2011. Come ricorda la stampa britannica, quella odierna è la quarta sentenza di condanna della Corte di Strasburgo su questo argomento nei confronti di Londra. Sia il precedente governo laburista che l'attuale governo di coalizione tra conservatori e liberal democratici non hanno prodotto provvedimenti legislativi in linea con le richieste della Corte europea. Un portavoce del ministero della Giustizia britannico ha ribadito che la questione è di competenza del governo britannico, esprimendo però soddisfazione per la decisione della Corte di respingere le richieste di risarcimento avanzate dai detenuti. Stati Uniti: ragazzina di 11 anni finisce in carcere con l'accusa di omicidio www.globalist.it, 11 febbraio 2015 È successo in Ohio, la ragazzina avrebbe picchiato a morte una bimba di due mesi, figlia di amici di famiglia. È la storia di una ragazzina dell'Ohio colpevole di aver picchiato a morte una bimba di due mesi. La tragedia si è consumata alla periferia di Cleveland. La bambina, la cui identità non è stata rivelata, era in casa con la madre che stava facendo da babysitter alla figlia di un'amica. Sia madre che figlia erano sul divano nel soggiorno. Ad un certo punto la donna si è addormentata nel cuore della notte per poi essere svegliata dalla figlia che teneva in braccio la piccola ferita. Dopo poco si è accorta che la bimba sanguinava e aveva la testa gonfia. Immediatamente ha chiamato soccorsi ma la neonata è morta poco dopo in ospedale. La polizia del posto si è trovata ad avere a che fare con un caso del genere, vista la giovane età della sospettata. Secondo il tribunale dello stato l'età minima per essere detenuti in un riformatorio è di 13 anni. Tuttavia pare che episodi del genere non sono una cosa del tutto inconsueta negli Stati Uniti. Secondo i dati dell'Fbi, infatti, nel 2012 ci sono stati 20 casi di bambini al di sotto dei 12 anni ad essere accusati di omicidio. La ragazzina al momento non può essere neanche processata come un adulto perché secondo la legge dell'Ohio bisogna avere 14 anni. Pare inoltre che non si sia resa conto della gravità di ciò che ha fatto, perché secondo gli agenti non mostra alcun segno di rimorso. Stati Uniti: da carceri a musei e hotel di lusso, successo per il turismo dietro le sbarre www.tgitalia.com, 11 febbraio 2015 Certo, la proposta sembra un po' cruenta, ma sicuramente l'esperienza può essere unica, e se si decide di trascorrere una notte in carcere, non ci sarà bisogno di colpi di testa o bravate. Infatti, sembrano essere sempre più numerosi nel mondo, secondo Repubblica, gli istituti detentivi trasformati per accogliere turisti ed amanti dei romanzi del crimine. Si può così partecipare a speciali tour alla scoperta di celle leggendarie, come quelle dell'Eastern State Penitentiary di Philadelphia o di Alcatraz, dove per esempio trascorse numerosi anni Al Capone, della Prigione Pawiac di Varsavia o del Gedenkstätte Berlin-Hohenshönhausen di Berlino, dove la polizia segreta soleva sottoporre ad estenuanti interrogatori i detenuti. Restando nei confini nazionali, invece, si può visitare il carcere Le Nuove di Torino, dove è possibile scoprire le storie dei prigionieri politici e visitare le celle e il tenebroso bunker sotterraneo. Ma chi ha voglia di una vacanza alternativa può optare, addirittura, di trascorrere alcuni giorni "tra le sbarre". È il caso per esempio del Carcere della Corona di Stoccolma, trasformato in albergo di lusso nel 1975, prendendo il nome di Hotel Langolmen, dove si può scegliere di soggiornare in celle singole o doppie, oltre ad avere la possibilità di visitare il museo. Altri casi analoghi si hanno anche in Svizzera con il Jailhotel Löwengraben, o nel Regno Unito, dove la struttura di detenzione di Oxford è stata trasformata nel lussuoso Malmaison.