Oltre il carcere: giustizia non vendetta di Agnese Moro argomenti2000.it, 26 dicembre 2015 Molti pensano che la giustizia ricevuta dalle persone offese - soprattutto se da delitti di sangue - sia direttamente proporzionale al numero di anni di prigione che i colpevoli devono scontare. Personalmente mi sento più vicina all’idea di giustizia indicata, con molta sobrietà, dalla nostra Costituzione all’articolo 27, lì dove si legge che "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Ci viene, cioè, suggerito che sia proprio il cambiamento delle persone che hanno sbagliato, il loro ravvedersi, il comprendere e il dispiacersi per il male compiuto a dare alle loro vittime quel tanto di giustizia che è possibile ottenere. E alla società la possibilità di riavere pienamente attivi tutti i suoi membri, persone che devono, tutte, concorrere alla realizzazione del bene comune. Accettando per un momento questa ipotesi di giustizia - che si contrappone decisamente alla più arida e improduttiva idea di vendetta aperta o mascherata (sempre più anni di carcere, prigioni più brutte e incivili possibile, murare vive delle persone e scordarsi delle loro vite e dei loro affetti) - dobbiamo chiederci: è davvero la prigione il luogo più adatto a favorire questo processo di cambiamento e di reinserimento nella vita sociale? Non si tratta qui ovviamente di eliminare l’idea della pena, o sottovalutare la necessità, nel momento di emergenza, di bloccare le persone coinvolte e impedire loro di nuocere ancora. Si tratta, piuttosto, di capire come quella pena possa essere scontata nel modo più utile alla persona e a noi, e quale possa essere il percorso più efficace per un ritorno pieno nella casa comune. Ne hanno discusso negli ultimi sei mesi, con un ampio coinvolgimento di tutti i soggetti, e affrontando 18 filoni tematici, gli Stati generali della esecuzione penale voluti dal ministro della Giustizia Andrea Orlando per mettere a punto politiche più efficaci, anche in vista della possibile delega che il Parlamento dovrebbe dare - speriamo in tempi brevi - al Governo per varare un nuovo modo di far vivere la pena, più aderente all’umanità, all’efficacia e al dettato della nostra bella Costituzione (per saperne di più: www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_19.wp). Rimane ancora fuori da ogni programma il dialogo con quella società - con tutti noi - che deve sostenere con convinzione e partecipazione un diverso modo di pensare la pena e coloro che la devono scontare. Rimane un muro fisico, quello del carcere, e un muro culturale, quello della non conoscenza e del pregiudizio, sui quali bisogna tutti insieme lavorare. La posta in gioco è alta: le vite di coloro che hanno sbagliato e vogliono cambiare; quelle delle loro famiglie e dei loro amici; e l’idea stessa - fondante della nostra democrazia repubblicana - che nessuno, neanche una sola persona, neanche la più cattiva, può essere buttata via. Perché per noi ogni essere umano è, in quanto tale, titolare di dignità e di diritti; anche se in uno o più momenti della vita ha scelto il male, se è profugo, povero, violento, barbone, straniero, disabile, tossicodipendente, malato, giovane e ribelle. La nostra Repubblica nasce dal rifiuto di ogni totalitarismo per il quale - di destra o di sinistra che sia - le persone non sono niente. Per noi, invece, sono tutto. Ad ognuno di noi, noi che siamo la Repubblica, la responsabilità di non lasciare indietro nessuno. Riforma della giustizia penale, meglio il carcere o percorsi di perdono? di Luigi Crimella agensir.it, 26 dicembre 2015 Su 1.000 detenuti che vengono scarcerati, 750 tornano a delinquere e presto verranno di nuovo reclusi. Inoltre lo Stato sopporta costi molto alti: fino a 75mila euro l’anno per ciascun recluso (200 euro al giorno), mentre se li affidasse a comunità esterne di recupero il costo calerebbe a 30 euro al giorno. Le tesi del prof. Eusebi sulla "giustizia riparativa” e l’esperienza della Comunità Papa Giovanni XXIII Davanti all’efferatezza e all’estrema crudeltà di fazioni in guerra, ad esempio dei terroristi islamici dell’Isis, è facile concepire desideri di vendetta e invocare lo sterminio dei criminali e dei loro mandanti. I raid aerei della coalizione in queste ultime settimane sulle località rette dal Califfato vanno in questa direzione. Ma c’è anche chi, in tempi così difficili, riflette su un altro tipo di giustizia, non "vendicativa”, bensì "riparativa”. Lo spunto è certamente l’invito alla "misericordia” di Papa Francesco, pensiero portante del Giubileo che si è aperto nelle scorse settimane. Si tratta di una discreta corrente di pensiero giuridico che, guardando alla pesantezza del sistema penale italiano e alla difficoltà concreta di portare i carcerati alla redenzione e al recupero personale, pur all’interno di un sentiero di punizione della colpa commessa, auspica un stile nuovo e più efficace di recupero del condannato. Ad esempio la pensa così Luciano Eusebi, docente di diritto penale all’Università Cattolica di Milano, che ha dato alle stampe un volume dal titolo "Una giustizia diversa. Il modello riparativo e la questione penale” (Ed. Vita e Pensiero). No alla ritorsione del carcere, sì alla ricostruzione della persona. Questa è la tesi centrale del libro del prof. Eusebi, secondo il quale "la giustizia riparativa non è una giustizia superficiale. Essa sa bene che di fronte a una estrema pericolosità c’è una esigenza di difesa. Ma sa anche che nulla rafforza più radicalmente l’autorevolezza della norma violata che il cercare di portare la persona che ha ritenuto di compiere determinati gesti a riconoscerne l’ingiustizia e ad attuare un serio, comprovato, talvolta anche rischioso cambiamento di vita”. Secondo Eusebi, ci sono diversi percorsi alternativi che potrebbero essere inseriti fruttuosamente in una riforma penitenziaria e del diritto penale nel nostro paese. Cita ad esempio la introduzione di pene pecuniarie al posto della carcerazione, "sanzioni interdittive” specie per i reati contro la cosa pubblica, "sanzioni prescrittive” (imponendo azioni riparatorie e percorsi formativi invece del carcere) e soprattutto "la mediazione penale, sulla scorta di quanto avvenuto ad esempio in Sudafrica con Mandela e i suoi ‘cammini di verità e riconciliazionè”. Per Eusebi lo slogan dovrebbe essere "no alla ritorsione del carcere, sì alla ricostruzione della persona”. Per ogni carcerato 6mila euro al mese di costo. Ma cosa ne pensa il mondo della politica e della cultura di questa prospettiva di recupero attivo della persona? Nella associazione "Argomenti2000”, da tempo attiva su questi temi, l’on. Ernesto Preziosi sottolinea un aspetto: "La realtà delle carceri italiane è molto difficile come conferma il recente richiamo della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha sanzionato il nostro paese per i maltrattamenti inflitti ad alcuni detenuti. Anch’essi, infatti, sono e rimangono cittadini, con la dignità della condizione umana. Per loro la società dovrebbe investire perché avvenga quanto prima un reinserimento sociale, tra l’altro come prevede la Costituzione”. Secondo Giorgio Pieri, responsabile di una delle realtà di accoglienza di carcerati della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi, il problema va visto anche da un punto di vista funzionale oltre che morale: "Mentre spendiamo cifre assurde per il nostro sistema carcerario, 200 euro al giorno per ciascun recluso, cioè 6mila euro al mese, caricando ogni contribuente italiano di 500 euro l’anno per mantenere aperte e funzionanti le carceri, vediamo che su 1.000 detenuti che vengono rilasciati, circa 750 di loro torneranno a delinquere e presto li ritroveremo in cella. Possiamo accettare una cosa del genere?”. "Nelle nostre case - prosegue - si attua un progetto esigente e impegnativo, cercando di rimuovere alla radice le cause dei comportamenti delinquenziali. Si coinvolgono le famiglie di origine, viene proposto il lavoro che misura anche il grado di pentimento della persona, in quanto non è remunerato nelle sue fasi iniziali”. Il vero segreto della "Papa Giovanni XXIII” si trova però nei "percorsi di perdono e riconciliazione basati sul dialogo e il recupero dei motivi profondi per i quali una persona inizia a delinquere, fino all’incontro, quando possibile, con le vittime”. "Da noi la recidiva - afferma Pieri - è crollata fino all’8 per cento circa, per coloro che hanno fatto il percorso di recupero per intero”. Durante il Giubileo affidare alle comunità 10 o 20 mila prigionieri. Tra le proposte che vengono dal mondo dell’associazionismo e del volontariato carcerario, in questo "Giubileo della Misericordia”, c’è quella di affidare un numero consistente di carcerati a percorsi di riabilitazione esterni. "Rispetto ai 200 euro di spesa statale giornaliera per ogni detenuto, alle circa 300 comunità di accoglienza del terzo settore disponibili ad accogliere basterebbe una retta di 30 euro al giorno - ha spiegato Pieri. Si potrebbe ipotizzare di far uscire sulla parola 10 mila condannati e lo stato risparmierebbe 210 milioni annui, creando un collaterale di 1.500 nuovi posti di lavoro. Se la politica ci desse una mano, nell’anno del Giubileo della Misericordia si potrebbe tentare di far uscire dal carcere anche fino a 20mila persone. Non è l’amnistia la soluzione a cui pensiamo, ma appunto dei luoghi dove ci sono persone che si spendono per recuperare e salvare coloro che hanno sbagliato”. Il Papa: "fermare la pena di morte e considerare la possibilità di un’amnistia” Agi, 26 dicembre 2015 Viviamo "in un mondo che troppe volte è duro con il peccatore e molle con il peccato”. Lo ha denunciato Papa Francesco nell’omelia della "messa di mezzanotte” celebrata in San Pietro. Come è noto, il Pontefice in occasione del Giubileo ha chiesto ai governi, nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, di "fermare la pena di morte e di considerare la possibilità di un’amnistia”, ricordando nella lettera dello scorso settembre "che è tradizione nei Giubilei”. E nella Notte Santa ha affermato: "c’è bisogno di coltivare un forte senso della giustizia, del ricercare e mettere in pratica la volontà di Dio”. Virgilio Balducchi (Capo Cappellani delle carceri): "i detenuti non perdano la speranza” Adnkronos, 26 dicembre 2015 Il Natale porta, con la voglia di ricongiungersi ai propri familiari, anche la malinconia di chi per un motivo o per l’altro è costretto dentro una cella. "il mio augurio è che le persone che sono in carcere possano vivere più serenamente possibile questi giorni di festa”, dice l’Ispettore generale dei cappellani delle carceri, don Virgilio Balducchi. "Auspico che chi è detenuto e ha una famiglia e dei figli possa in quest’occasione incontrarli, ma il mio pensiero va anche a coloro che non hanno nessuno: non perdano, nonostante le difficoltà, la speranza per il futuro”, è l’esortazione di don Balducchi. Il religioso, in occasione del Natale, si augura anche "che nel prossimo anno ci sia un cambiamento nel sistema della giustizia in tutto il mondo, abolendo, come ha chiesto il Papa, la pena di morte”. Tra le associazioni impegnate all’interno delle carceri c’è anche "A Roma Insieme”, dedicata alle mamme detenute nel penitenziario di Rebibbia. "Abbiamo festeggiato domenica scorsa. Poiché sono molte le attività che si svolgono sotto le feste natalizie all’interno di Rebibbia, abbiamo trovato un giorno utile la scorsa settimana per regalare ai bambini e alle mamme cose speciali e utili. Giocattoli, vestiti e scarpe, cose che ci vengono donate per loro e che i nostri volontari hanno portato in questa occasione”, spiega Valentina Gnesutta, coordinatrice delle attività dell’associazione. Ferri: (Sottosegretario Giustizia): "umanizzazione della detenzione avviata dal governo” Italpress, 26 dicembre 2015 "L’apertura della Porta Santa anche nelle strutture di detenzione, ed oggi presso l’istituto penitenziario di Massa, rappresenta un’importante occasione di riflessione e di presa di coscienza di ciò che si è fatto. Il messaggio di Papa Francesco è un punto di partenza straordinariamente importante perché stimola tutti noi a costruire le condizioni più favorevoli e stimolanti per i detenuti, affinché questi maturino in loro stessi un sincero pentimento per le loro condotte illecite e siano ancora più spronati a procedere sul solco di un percorso rieducativo e di risocializzazione”. Lo ha dichiarato il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri a margine della cerimonia di apertura della Porta Santa da parte del vescovo monsignor Giovanni Santucci all’interno della Casa di Reclusione di Massa. "Il Governo e il Ministero hanno avviato una rivoluzione culturale e sociale basata sulla maggiore umanizzazione della detenzione, finalizzata non solo ad eliminare il problema del sovraffollamento ma anche a costruire un concetto diverso di pena in linea con la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo. La situazione è migliorata sensibilmente e i dati dimostrano una tendenza verso la normalizzazione per i prossimi mesi - ha aggiunto -, anche grazie agli ultimi interventi normativi in tema di misure cautelari, di ammissione alle pene alternative, di messa alla prova. Sono state inoltre potenziate le attività culturali, sportive, sociali e ricreative all’interno delle strutture detentive, sono stati portati avanti progetti di affettività con il coinvolgimento delle famiglie e stimolate le attività lavorative per i detenuti, al fine di garantire che la privazione della libertà non diventi una condizione di noia e ozio, ma sia un’opportunità di riflessione, di ripensamento e di pentimento”. "È stata data una risposta efficace e duratura nel tempo, che permetterà di garantire la certezza della pena e al tempo stesso di semplificare il percorso riabilitativo e rieducativo dei detenuti e di ridurre così l’incidenza della recidiva. Tutto questo non produrrà solamente un vantaggio per la collettività e per i soggetti coinvolti, ma garantirà anche un forte risparmio economico per lo Stato - ha sottolineato Ferri. Con gli Stati generali delle Carceri il Ministero della Giustizia vuole intensificare il percorso rieducativo e creare un ponte tra realtà carceraria e società civile” Desidero infine ringraziare tutto il personale della casa di reclusione di Massa, tutti gli operatori, il mondo del volontariato e tutti coloro che quotidianamente garantiscono la sicurezza ma anche quel percorso di umanizzazione della pena che diventa il punto di partenza per una seria rieducazione. Infine un grazie particolare al vescovo Santucci per averci dedicato questa importante mattinata”. Partito Radicale nelle carceri con Pannella e Bernardini in visita ai detenuti agenziaradicale.com, 26 dicembre 2015 Natale e Capodanno in carcere per Marco Pannella, Rita Bernardini, dirigenti e militanti radicali, in visita alle persone detenute negli istituti penitenziari italiani e al personale, in una fitta agenda a partire dal 24 dicembre fino all’11 gennaio 2016. Il calendario delle visite organizzate dal Partito Radicale nell’ "anno giubilare dei carcerati” di Papa Francesco e autorizzate dal Capo del DAP Santi Consolo, prevede, in particolare, la presenza di Marco Pannella e di Rita Bernardini mercoledì 25 dicembre 2015 a Sollicciano (FI). Giovedì 31 dicembre 2015 Marco Pannella e Rita Bernardini, insieme al vicepresidente della Camera Roberto Giachetti e una delegazione radicale saranno in visita notturna al carcere romano di Rebibbia e venerdì 1 gennaio 2016, ore 10.00 - in occasione della XLIX Giornata Mondiale della Pace - in visita al carcere di Regina Coeli. Inoltre Radicali Italiani e l’Associazione Radicale "Per la Grande Napoli” hanno organizzato una visita ispettiva alla Casa Circondariale "Giuseppe Salvia” di Poggioreale per la giornata di venerdì 25 dicembre a partire dalle ore 9. La delegazione guidata dall’on. Leonardo Impegno (Pd) e dalla consigliera regionale Antonella Ciaramella (Pd) e composta da Luigi Mazzotta (membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani e presidente dell’Associazione "Per La Grande Napoli”), Angela Pascale (ingegnere bio-medico e componente dell’assemblea regionale campana del Pd) e da Peppe Nardini (medico psichiatra e militante Radicale) visiterà in particolare il centro clinico San Paolo, riservato ai ricoveri sanitari, e il padiglione Roma che accoglie i detenuti transessuali e i tossicodipendenti in trattamento metadonico. Tra gli obiettivi dell’iniziativa vi è la tutela del diritto alla salute dei cittadini detenuti, identica per legge a quella dei cittadini in stato di libertà, e l’affermazione della legalità nell’amministrazione della giustizia in Italia per rimuovere quelle cause strutturali che fanno delle nostre carceri, come ci ricordano le condanne della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, luoghi di "trattamenti inumani e degradanti”. Il calendario delle visite organizzate dal Partito Radicale nell’anno giubilare dei carcerati di Papa Francesco e autorizzate dal Capo del DAP Santi Consolo, prevede, in particolare, la presenza di Marco Pannella e di Rita Bernardini Mercoledì 25 dicembre 2015 a Sollicciano (FI). Giovedì 31 dicembre 2015 Marco Pannella e Rita Bernardini, insieme al vicepresidente della Camera Roberto Giachetti e una delegazione radicale saranno in visita notturna al carcere romano di Rebibbia e Venerdì 1 gennaio 2016, ore 10.00 - in occasione della XLIX Giornata Mondiale della Pace - in visita al carcere di Regina Coeli. 24-dic-15 09:00 CC CASTROVILLARI Giuseppe Candido, Rocco Ruffa, Ernesto Biondi, Claudio Giuseppe Scaldaferri, Emilio Enzo Quintieri, Gaetano Massenzo 25-dic-15 12:00 CC SOLLICCIANO (FI) Marco Pannella, Rita Bernardini, Maurizio Buzzegoli, Massimo Lensi, Grazia Galli, Livia Federici, Giovanni, Guido Calosi, Gianmarco Ciccarelli, Michele Migliori, Maurizio Morganti, Carlo Da Prato, Alessandra Impallazzo, Stefano Marrella 26-dic-15 09:00 CC PALMI Giuseppe Candido, Rocco Ruffa, Giampaolo Catanzariti 26-dic-15 14:30 CC VIBO VALENTIA Giuseppe Candido, Rocco Ruffa, 27-dic-15 09:00 REGGIO CALABRIA (Panzera) Giuseppe Candido, Rocco Ruffa, Giampaolo Catanzariti, Giuseppe Mazza, Fernando Marasco, Santo Cambareri 27-dic-15 14:30 REGGIO CALABRIA (Arghillà) Giuseppe Candido, Rocco Ruffa, Giampaolo Catanzariti, Giuseppe Mazza, Gernando Marasco, Santo Cambareri 29-dic-15 09:00 C.C. CATANZARO - UGO CARIDI Giuseppe Candido, Rocco Ruffa, Antonio Giglio, Emilio Enzo Quintieri 30-dic-15 08:30 UCCIARDONE (Palermo) Donatella Corleo, Gaetana Gallina, Giannandrea Dagnino, Francesco Greco 30-dic-15 09:00 C.C. CROTONE Giuseppe Candido, nato a Catanzaro il 5/4/1968 Rocco Ruffa, nato a Vibo Valentia il 28/09/1977 30-dic-15 10:00 C.C. SASSARI (Giovanni Bacchiddu) Irene Testa Maria Isabella Puggion, 30-dic-15 09:00 C.C. CREMONA Sergio Ravelli, Gino Ruggeri 31-dic-15 08:30 PAGLIARELLI (Palermo) Donatella Corleo, Gaetana Gallina, Giannandrea Dagnino, Francesco Greco 31-dic-15 21:00 REBIBBIA NUOVO COMPLESSO Marco Pannella, Rita Bernardini, Alessio Fransoni, Ilari Valbonesi, Alessandra Impallazzo, Paola Di Folco, Bachisio Maureddu, sarà presente anche on. Roberto Giachetti 01-gen-16 10:00 C.C. REGINA COELI Marco Pannella, Rita Bernardini, Alessio Fransoni, Ilari Valbonesi, Alessandra Impallazzo, Paola Di Folco, Bachisio Maureddu sarà presente anche l’on. Roberto Giachetti 01-gen-16 09:00 C.R. ROSSANO C.C. (ROSSANO NC) Giuseppe Candido, Rocco Ruffa, Emilio Enzo Quintieri, Gaetano Massenzo 02-gen-16 09:00 C.C. LOCRI Giuseppe Candido, Rocco Ruffa, , Caterina Anna Siclari, Giampaolo Catanzariti 03-gen-16 09:00 C.C. PAOLA Giuseppe Candido, Rocco Ruffa, , Ernesto Biondi, Claudio Giuseppe Scaldaferri, Emilio Enzo Quintieri, Carmine Curatolo, Sabrina Mannarino. Progetto di legge sulla legittima difesa alla camera, le proposte di Ap, Lega e Fi Public Policy, 26 dicembre 2015 Il 2016 sarà l’anno in cui si metterà mano alla normativa sulla legittima difesa? Difficile da dire. Intanto, però, sulla scia dei fatti dei numerosi cronaca, si moltiplicano le proposte di legge in commissione Giustizia alla Camera sull’argomento. Al momento se ne contano tre: a quella della Lega Nord, si sono aggiunte quella di Ap e di Forza Italia. Questi i contenuti principali. La pdl leghista: basta casi Stacchio. Prevedere sempre la presunzione di legittima difesa per chi protegge la propria abitazione o negozio dai ladri. È quanto prevede una proposta di legge, a prima firma Nicola Molteni (Lega Nord) che ne è anche relatore. Un solo articolo, poche righe, per modificare l’art.52 del Codice penale, quello appunto sulla legittima difesa. In che modo? "Allargando le maglie” della fattispecie, aveva spiegato Molteni a Public Policy nei giorni della presentazione della legge. In sostanza, infatti, all’attuale contenuto dell’articolo si aggiunge: "si presume, altresì, che abbia agito per difesa legittima colui che compie un atto per respingere l’ingresso, mediante effrazione o contro la volontà del proprietario, con violenza o minaccia di uso di armi da parte di persona travisata o di più persone riunite, in un’abitazione privata, o in ogni altro luogo ove sia esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”. Insomma, "la presunzione di legittima difesa” per chi si ritrova i ladri in casa "esiste sempre”, aveva sintetizzato Molteni. Quella sulla legittima difesa è diventata una vera e propria battaglia del Carroccio che ha fatto propria la bandiera degli ultimi pratagonisti di vicende di cronaca. A diventarne simbolo Graziano Stacchio, il benzinaio veneto che lo scorso febbraio ha sparato, uccidendolo, a un rapinatore di una gioielleria vicino al suo distributore. Il leader della Lega, Matteo Salvini, si è fatto fotografare sia con Stacchio che una maglietta che ne prendeva le parti: io sto con Stacchio, si leggeva. Ma il benzinaio non è l’unico. Il fatto più recente ha interessato Francesco Sicignano che il 20 ottobre a Vaprio d’Adda (Milano) ha ucciso un ragazzo (in circostanze ancora tutte da accertare) durante un tentativo di furto. Ora il dibattito (che per molte ore ha interessato i salotti tv) si sposta in commissione Giustizia a Montecitorio. La proposta Ap: rivedere proporzionalità. Area popolare chiede di intervenire in merito al rapporto di proporzione tra difesa e offesa. Una pdl a prima firma di Antonio Marotta, infatti, chiede di esplicitare che in tale rapporto previsto dalla disciplina vigente, che ritiene che non sia punibile chi si avvale della necessità di difendersi in modo ‘proporzionatò, non si debba tener conto "nei casi in cui l’offesa sia in concreto imprevedibile o sia arrecata approfittando di condizioni di minorata difesa”. Come spiega anche la relazione illustrativa alla proposta di legge l’intenzione è quella di "chiarire i limiti di esigibilità, in concreto, del principio della proporzionalità della difesa all’offesa ingiusta”. E l’idea di Fi: ok armi, ma puntare a parti non vitali. Far rientrare l’uso delle armi nella casistica della legittima difesa. La pdl di Forza Italia prevede due fattispecie che, "nel contrasto di una violazione di domicilio finalizzata allo scopo di commettere altri reati” si configurano "in ogni caso” come legittima difesa: "la condotta di chi vedendo minacciata la propria o l’altrui incolumità, usa un’arma legalmente detenuta o qualsiasi altro mezzo idoneo per dissuadere o per rendere sicuramente inoffensivo l’aggressore; la condotta di chi vedendo minacciati i propri o altrui beni e constatata l’inefficacia di ogni invito a desistere dall’azione criminosa, per bloccarla usa qualsiasi mezzo idoneo o un’arma legittimamente detenuta, mirando alle parti non vitali di chi persiste nella minaccia”. "Bisogna riconoscere che l’attuale disciplina del diritto alla legittima difesa appare a dir poco punitiva nei confronti del cittadino che cerchi di mettere al riparo la vita propria e dei propri cari nonché i propri beni da attacchi criminali”, si legge nella relazione. "L’attuale formulazione” dell’articolo 52 del Codice penale sulla legittima difesa, "si è rivelata inidonea a garantire una piena ed efficace copertura dell’esercizio del diritto di legittima difesa, come dimostra, per l’appunto, il perdurare degli episodi di criminalizzazione dei cittadini costretti a difendere se stessi, i propri cari e i propri beni”, si legge ancora. La pdl è a unica firma Gregorio Fontana. Sicilia: un carcere su due "soffre” il sovraffollamento di Fabio Russello Giornale di Sicilia, 26 dicembre 2015 La parola magica è quella che chiamano vigilanza dinamica. Il detenuto - a meno di particolari condizioni - sta sì in carcere ma pochissimo in cella. Un’ora d’aria che insomma si dilata a diverse ore. Se poi a questo si aggiungono i risultati dello svuota carceri del 2010 c’è una parziale risposta al perché la questione del sovraffollamento degli istituti penitenziari siciliani sia - almeno nelle cifre complessive - pressoché un ricordo. E i numeri del ministero della Giustizia dicono in effetti che, al 30 novembre scorso, nei 23 istituti siciliani (tra case circondariali e case di reclusione) vi siano reclusi in tutto 5745 detenuti, mentre la capienza complessiva è di 5833 posti. Ma la cifra su base regionale non dà l’esatta situazione di sovraffollamento che è invece presente in quasi la metà, 11 su 23, degli istituti penitenziari siciliani: ad Agrigento (dove ci sono 359 detenuti mentre i posti sono 276), a Caltanissetta (246 detenuti per 181 posti), Gela (75 anziché 48), Catania Bicocca (254 anziché 138), Giarre (66 invece che 58), Piazza Armerina (68 detenuti per 45 posti), Termini Imerese (98 anziché 84), Ragusa (164 anziché 139), Augusta (474 detenuti per 372 posti), Siracusa (456 anziché 330) e Trapani (dove ci sono 372 detenuti in un struttura che ne dovrebbe contenere 358). E inoltre il dato complessivo regionale è "influenzato” dal conteggio dei 424 posti dell’ex ospedale psichiatrico giudiziario di BarcelloL na che al 30 novembre aveva però solo 183 detenuti. E va anche considerato che tra i 5745 detenuti rinchiusi nelle carceri siciliane vi sono compresi anche 1203 stranieri (e 120 donne). Ma di contro vi sono istituti che non scoppiano: a San Cataldo vi sono 76 detenuti mentre la capienza è di 113, all’Ucciardone a Palermo vi sono 344 detenuti mentre i posti sono 572 e a Noto dove il carcere ha 182 posti ma vi sono solo 149 detenuti e a Messina i detenuti sono 194 e i posti 302. "Ma le statistiche del ministero - ha spiegato il segretario regionale del Sappe, il sindaco autonomo di Polizia penitenziaria Calogero Navarra - sono una cosa mentre la situazione sul campo è un’altra”. E infatti il problema non è solo il sovraffollamento ma anche la carenza di personale. "A Bicocca - spiega Navarra - sulla carta ci sono 220 unità assegnate, ma 120 sono state distaccate al nucleo traduzioni e piantonamenti. In Sicilia dovrebbero esserci 4300 agenti di polizia penitenziaria ma siamo in tutto circa 3500 compresi quelli distaccati per fare altre servizi e quindi all’interno delle carceri siamo molto meno di 3500”. La svolta è arrivata dopo il richiamo dell’Ue sulla situazione delle carceri in Italia. "E infatti anche per ovviare a quel richiamo - spiega Navarra - c’è la vigilanza dinamica dove praticamente, per capirci, l’ora d’aria dura anche 15 ore. Ma questo crea problemi di altro genere. Sono ad esempio in aumento anche le aggressioni al personale, oltre che la piaga dei suicidi (l’ultimo al Pagliarelli domenica scorsa, ndr) e pure le evasioni (l’ultima a Trapani, ndr)”. E al di là dei numeri complessivi, che sulla carta danno una situazione non più di emergenza (basta pensare che i detenuti nel febbraio del 2013 erano 7111, mentre il 31 maggio del 2010 erano 8138) vi è la questione strutturale. "Ad Agrigento - spiega Navarra - hanno appena chiuso un reparto, dove c’erano i detenuti in isolamento, perché ci sono infiltrazioni e bisognava mettere stracci e così il magistrato di sorveglianza l’ha fatto chiudere. Senza contare che in qualche istituto c’è stato anche un allarme salmonella”. Avellino: malore fulminante, detenuto di 58 anni muore d’infarto Ansa, 26 dicembre 2015 Benito sarebbe uscito dal carcere tra poco meno di due anni ma ieri, nella notte di Natale, è morto stroncato da un infarto fulminante nel carcere di Bellizzi Irpino. Aveva 58 anni Benito S. originario di Pagani in Provincia di Salerno. Domani saranno celebrati i funerali nel suo paese di origine. I soccorsi al detenuto da parte della Polizia Penitenziaria sono stati immediati ma purtroppo inutili. "Una morte che induce a riflettere sulla necessità di accendere nuovi fari di luce e attenzioni su come si vive e si lavora in carcere. Proprio parlando di assistenza serve attenzione - spiega il segretario nazionale Sappe responsabile regione Campania, Emilio Fattorello”. Brindisi: detenuto in permesso muore dopo essere stato ferito ad una gamba dal cognato brindisireport.it, 26 dicembre 2015 È morto poco più di un’ora dopo il suo arrivo all’ospedale Perrino di Brindisi, in condizioni gravissime a causa di un’emorragia, il 30enne Giancarlo Zaccaria, detenuto in permesso premio, ferito da un colpo di pistola a una gamba. Il feritore, ed ora anche omicida, Patrizio Laveneziana, è un cognato, già in stato di arresto presso la stazione dei carabinieri di Ceglie Messapica. È morto poco più di un’ora dopo il suo arrivo all’ospedale Perrino di Brindisi, in condizioni gravissime a causa di un’emorragia, il 30enne Giancarlo Zaccaria, detenuto in permesso premio, ferito da un colpo di pistola a una gamba. Il feritore, ed ora anche omicida, è un cognato, già in stato di arresto presso la stazione dei carabinieri di Ceglie Messapica, città dove si sono svolti i fatti. Il feritore si è costituito. Giancarlo Zaccaria era stato arrestato nell’agosto del 2010 per detenzione ai fini di spaccio di 10 grammi di cocaina e di 150 grammi di marijuana. Giancarlo ZaccariaZaccaria è stato trasferito d’urgenza al Perrino da un’ambulanza del 118. I carabinieri della stazione di Ceglie Messapica e del Norm della compagnia di San Vito dei Normanni, con il capitano Diego Ruocco, stanno ricostruendo ogni dettaglio della vicenda, anche sulla scorta delle dichiarazioni effettuate dallo sparatore. Sarebbe stata recuperata anche l’arma con cui l’uomo ha sparato al parente, sembra nel corso di una lite legata a questioni familiari. La casa dove è avvenuto l’omicidio-2Per formulare il reato a carico della persona che si è costituita, e cioè lesioni aggravate o tentato omicidio, si attendevano sia l’esito dell’interrogatorio che l’evoluzione delle condizioni del ferito che, come già detto, al momento dell’arrico al pronto soccorso di Brindisi apparivano gravi. Ora non ci sono più molti dubbi: è omicidio, restava da stabilire se volontario o preterintenzionale, e alla fine la denuncia in stato di arresto è per omicidio preterintenzionale. La persona che si è costituita, ed ora si trova in stato di arresto per omicidio a disposizione del pm di turno alla procura di Brindisi, è Patrizio Laveneziana. Secondo le prime notizie ufficiose la lite culminata nel tragico ferimento, seguito dalla morte di Zaccaria poco dopo il ricovero a Brindisi, è avvenuta per ragioni familiari. La pistola con cui Laveneziana, che ha 45 anni, ha sparato è una semiautomatica legalmente detenuta. Il cognato della vittima ha mirato alle gambe, ma la pallottola ha fatalmente reciso l’arteria femorale provocando una emorragia gravissima cui non si è riusciti a porre riparo. Patrizio Laveneziana 2-2Domani mattina il sostituto procuratore che si sta occupando del caso, Valeria Farina Valaori, conferirà al medico legale Antonio Carusi l’incarico per l’esame autoptico della salma. Giancarlo Zaccaria era in permesso premio di tre giorni. Tra lui e il cognato Patrizio Laveneziana, un bracciante dipendente di un’azienda agricola di Ceglie Messapica, non correva buon sangue da tempo. Il dramma si è svolto in casa della sorella della vittima, nella zona 167 della cittadina collinare, in via Foggia. Secondo le prime ricostruzioni dei carabinieri, Zaccaria si è recato a casa della sorella per affrontare il cognato, marito della stessa. La donna ha cercato di evitare che i due si incontrassero temendo il peggio. Sembra abbia detto al fratello che il marito era fuori a caccia. Ma Zaccaria ha insistito e alla fine è entrato in casa spingendo l’uscio. Intanto Laveneziana si era munito della pistola semiautomatica che detiene in un armadietto blindato assieme alle armi da caccia. Quando l’alterco è giunto al culmine, il detenuto ha schiaffeggiato il cognato, e questi ha sparato. In casa sembra ci fossero anche i quattro figli minorenni della coppia. Sassari: Uil-Pa Penitenziari; detenuto aggredisce agenti con pugni e morsi Ansa, 26 dicembre 2015 Un detenuto straniero ha dato in escandescenze ed ha aggredito gli agenti con pugni e morsi. Nel giorni di Natale l’uomo, ristretto nell’istituto sassarese, ha inizialmente creato scompiglio nella sezione detentiva di appartenenza, ed all’intervento del personale ha posto resistenza aggredendo un agente e colpendolo con un pugno al volto che gli ha fatto perdere i sensi. Per bloccare l’uomo, di corporatura particolarmente robusta, sono dovuti intervenire vari agenti che hanno subito lesioni e morsi in varie parti del corpo prima di bloccarlo. A render noto il fatto il coordinatore regionale della Uil PA Penitenziari, Michele Cireddu. "Da una prima ricostruzione pare che l’episodio sia avvenuto in maniera improvvisa, la violenza messa in atto ha costretto gli agenti intervenuti a recarsi al pronto soccorso dell’ospedale dove sono stati diagnosticati dai cinque ai sette giorni di cure. Un altro agente intervenuto è stato trattenuto per accertamenti per una sospetta frattura. Si tratta della seconda aggressione - ha sottolineato il sindacalista - subita dal personale della Polizia penitenziaria del distretto Sardegna dopo quella recente nel carcere per Minorenni di Quartucciu dove un ragazzo ha dato un pugno in faccia ad un agente. In varie occasioni la Uil ha denunciato l’inadeguatezza e la distribuzione irrazionale dell’organico in Sardegna”. Cagliari: detenuto greco liberato dopo nove anni di odissea giudiziaria La Nuova Sardegna, 26 dicembre 2015 Un tecnico navale fu arrestato a Napoli nel 2006 per traffico di droga, il suo fascicolo venne smarrito e l’uomo sballottato da un istituto di pena all’altro fino all’arrivo in Sardegna dove grazie all’impegno di un’avvocatessa il suo caso è stato risolto. C’è un fascicolo giudiziario smarrito in tribunale, forse a Napoli, all’origine dell’odissea giudiziaria di un tecnico navale greco arrestato in Olanda per traffico internazionale di droga e scarcerato in Sardegna la vigilia di Natale, grazie all’impegno di un’avvocatessa del foro di Cagliari. L’uomo, che lavorava con un’impresa che effettua lavori e trasporti navali con il Gabon, si era sempre dichiarato innocente, tanto da protestare in carcere con uno sciopero della fame mentre era detenuto a Rotterdam. Era stato comunque condannato in contumacia a 7 anni e 6 mesi. A riferire la storia di Christos Spyrulpoulos, per il quale era intervenuto anche il console onorario di Grecia in Sardegna, è l’associazione "Socialismo, diritti e riforme”, da anni impegnata a Cagliari nella tutela delle persone private della libertà. Il tecnico greco era stato arrestato per la prima volta a Napoli nel 2006 con l’accusa di complicità in un traffico internazionale di droga, anche se non era stato trovato in possesso di stupefacenti. "Trasferito in carcere a Roma, dopo 6 mesi di detenzione, Spyropoulos era stato rimesso in libertà dal Tribunale del Riesame e aveva ripreso il lavoro”, racconta la presidente di Sdr, l’ex consigliera regionale socialista Maria Grazia Caligaris, che ha raccolto la storia del detenuto. "L’azione legale, tuttavia, non si era conclusa: a sua insaputa era stato nel frattempo condannato a 7 anni e 6 mesi di reclusione in contumacia. Mentre si trovava in Olanda, a Rotterdam, è stato arrestato nel 2011 su mandato di cattura internazionale. Certo della sua innocenza e deciso a dimostrarla, il detenuto ha attuato un durissimo sciopero della fame per essere estradato in Italia”. Ottenuto il trasferimento a Lecce, il tecnico ha incontrato difficoltà nel farsi capire e nessuno disposto a credergli, anche perché il suo fascicolo - forse rimasto a Napoli - è risultato introvabile. "Nel frattempo aveva perso i contatti coi familiari e le sue condizioni erano diventate precarie”, spiega Caligaris. Nel marzo del 2015 il detenuto è stato trasferito nel carcere di Cagliari, dove ha cominciato a manifestare pacificamente il suo disagio. Nei colloqui con alcuni volontari il tecnico ha raccontato la sua vicenda, di cui è stato informato il console onorario di Grecia e alla quale si è interessata l’avvocato di Cagliari Rossana Palmas che ha ottenuto per lui il trasferimento nella colonia penale di Isili. "Avendo tenuto sempre un comportamento corretto”, spiega Caligaris, "il detenuto ha poi avuto accesso al massimo per la liberazione anticipata e all’indulto di tre anni, prerogativa che gli ha aperto le porte del carcere. Non sapremo mai se era effettivamente innocente, ma è sconcertante che il fascicolo di un cittadino privato della libertà possa andare perduto”. Lucca: delegazione Pd al carcere San Giorgio "sovraffollamento diminuito” gonews.it, 26 dicembre 2015 "Il sovraffollamento del carcere di Lucca, per effetto delle misure alternative, è diminuito. I detenuti sono oggi 115 (di cui 58 stranieri) mentre in passato hanno raggiunto punte di 220. Anche lo spazio delle celle è aumentato, tra i 3 e 4 metri a disposizione, più vicino alle normative europee. Possiamo dire che la situazione è migliorata”. Lo ha verificato la delegazione del Pd, composta dai parlamentari Andrea Marcucci, Manuela Granaiola e Raffaella Mariani, che insieme ai consiglieri regionali Stefano Baccelli ed Ilaria Giovannetti il 24 dicembre ha fatto una visita ispettiva all’Istituto circondariale San Giorgio di Lucca, incontrando il direttore Francesco Ruello, i detenuti, e gli agenti della polizia penitenziaria. "Un altro sensibile miglioramento - hanno detto gli esponenti dem - è il restauro della sala colloqui che partirà il 7 gennaio con l’abbattimento della barriera divisoria e il ripristino delle docce nelle sezioni. C’è un impegno lodevole anche nei servizi educativi e ricreativi, con molti corsi partecipati dai detenuti”. Secondo la delegazione Pd "restano dubbi sulla vetustà della struttura che non consente interventi di rifacimento radicale”. All’incontro ha partecipato anche il nuovo garante dei detenuti Angela Pisano. "L’istituzione della figura del garante - hanno spiegato Marcucci, Granaiola e Mariani - che avevamo ripetutamente chiesto negli anni scorsi, servirà a garantire un migliore rapporto con le istituzioni della provincia di Lucca e a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle emergenze e sulle necessità del carcere”. Roma: Marazziti al pranzo della Comunità di Sant’Egidio con 200 detenuti Askanews, 26 dicembre 2015 Il presidente della commissione affari sociali della Camera, Mario Marazziti, sarà a pranzo dopo mezzogiorno con la Comunità di Sant’Egidio con circa 200 detenuti nel carcere romano di Regina Coeli, come ogni anno. "All’inizio dell’Anno della Misericordia è un privilegio e una responsabilità per me poter vivere con chi è in carcere una festa radicata nei problemi, si, ma anche una occasione per. immaginare con chi è recluso, il personale e i responsabili, come essere e cosa fare”. Marazziti poi aggiunge: "Abbiamo migliorato negli ultimi due anni la vivibilità di condizioni carcerarie che erano diventate degradanti e disumane, controproducenti, per un sovraffollamento sanzionato anche dall’Europa. Adesso bisogna avere il coraggio di invertire con forza la tendenza per fare diventare il carcere un percorso di riabilitazione e non la parentesi tra una detenzione e l’altra”. Siracusa: il Cardinale Pappalardo con i detenuti "siamo con chi ha bisogno” di Gaspare Urso Giornale di Sicilia, 26 dicembre 2015 Un Natale con i detenuti perché "il cuore della diocesi è con chi ne ha bisogno”. A pochi giorni dall’apertura della porta santa in Cattedrale per l’inizio del giubileo della Misericordia, l’arcivescovo Salvatore Pappalardo ha rivolto i propri occhi verso "chi è più debole”. Ed è per questa ragione che monsignor Pappalardo ha deciso di trascorrere il giorno di Natale nel carcere di Brucoli, insieme ai detenuti e al personale della struttura penitenziaria. "Il numero di persone che hanno bisogno -ha sottolineato l’ arcivescovo - si allarga ogni giorno di più e noi dobbiamo essere pronti a dare loro tutto il nostro sostegno e il nostro contributo per alleviare le sofferenze di tante persone. Mi preme ringraziare il direttore del carcere di Brucoli Antonio Gelardi e tutto il personale della struttura perché nonostante sia un giorno di festa mi daranno la possibilità di poter incontrare i detenuti”. Non è un caso che la Caritas diocesana, già impegnata in tanti progetti rivolti a un numero sempre più ampio di persone in grande difficoltà, stia lavorando proprio a un progetto rivolto ai detenuti perché "il nostro cuore diventano le persone più bisognose”. Monsignor Pappalardo che ha citato un lungo passo della bolla di indizione del giubileo scritta da Papa Francesco ha anche ricordato che "ogni cristiano nella propria quotidianità, nella propria vita e nella professione deve impegnarsi in opere di misericordia” perché c’ è "tanta umanità segnata dalla malattia non solo fisica ma anche spirituale”. Come già fatto nei giorni della festa di Santa Lucia, monsignor Pappalardo ha ricordato che "come la Patrona viene incontro a noi e si fa nostra compagna di viaggio per farci partecipi della luce e della grazia di cui gode nella gloria del Signore” così "ciascuno di noi deve andare incontro agli afflitti”. L’arcivescovo ha poi lanciato una esortazione per l’anno santo che si chiuderà a novembre del 2016. "In quest’ anno - ha detto l’ arcivescovo - dobbiamo impegnarci tutti a diventare testimoni del Vangelo e ad annunciare e portare la misericordia nei nostri rapporti quotidiani con gli altri. Noi veniamo raggiunti dalla misericordia di Dio e il nostro impegno deve essere quello di diventare operatori della misericordia”. Nel messaggio di Pappalardo anche una citazione di San Giovanni Paolo II che aveva spinto tutti "a dare luogo alla fantasia della carità”. "Ciascuno di noi, ogni cristiano - sono state le parole dell’ arcivescovo - può dare luogo a questa fantasia della carità perché la Chiesa vive con partecipazione le sofferenze di tante persone”. Una Chiesa che, come già ribadito nei giorni scorsi, "si fa prossima a tutti gli uomini, le donne del nostro tempo, e tra questi predilige i poveri, gli immigrati, i senza tetto, gli emarginati”. L’arcivescovo ha poi voluto chiudere il tradizionale incontro con gli operatori dell’ informazione con un augurio rivolto a tutta la città. "Spero - ha concluso monsignor Pappalardo - che ciascuno di noi possa vivere una nuova condizione, possa sentirsi più amato dagli altri e realizzato nella propria vita personale così come nella professione. Mi auguro anche che ciascuno di noi si impegni per diventare testimone della misericordia rivolge la propria attenzione a chi è più debole”. Iran: reporter Wp detenuto, per Natale permessa la visita della madre e della moglie Ansa, 26 dicembre 2015 Al corrispondente del Washington Post detenuto dal governo iraniano da oltre 500 giorni è stato permesso di ricevere la visita della moglie e della madre nel giorno di Natale. Lo ha reso noto la madre di Jason Rezaian, spiegando in una email al giornale che la visita di ieri è durata diverse ore. Maria Rezaian e la moglie del giornalista, Yeganeh Salehi, hanno ricevuto il permesso per la visita da un tribunale iraniano. Il reporter trentanovenne ha cittadinanza sia Usa che iraniana.