Giustizia: Orlando; no a decreti "calati dall’alto", riforma al via dai primi mesi del 2015 Tm News, 7 settembre 2014 "I primi provvedimenti della riforma della giustizia potrebbero prendere il via dai primi del prossimo anno". Lo ha detto il ministro della giustizia, Andrea Orlando, nel corso del suo intervento alla Festa Nazionale dell’Unità. Il guardasigilli ha spiegato che "una serie di altri interventi sulla responsabilità dei giudici od anche le retribuzioni dei magistrati" saranno definiti solo successivamente e comunque sempre per disegno legge. "Non facciamo decreti calandoli dall’alto", ha chiarito. Rispetto al clima che ha accolto la riforma il ministro Orlando ha spiegato di aver trovato "troppi fili si sono rotti nella società italiana, troppa gente che urla e pochi ascoltano". Per questo - ha detto ancora Orlando - "mi sono sforzato di ricostruire un rapporto con l’avvocatura, con i 240mila legali che rappresentano una parte importante". Il ministro Orlando rispondendo alla intervistatrice ha ribadito che non c’è "nessun intento punitivo" nella riforma per quanto riguarda ad esempio la responsabilità dei giudici. Con accanto il presidente della commissione giustizia Daniela Ferranti, il ministro ha aggiunto: "Il magistrato che sbaglia non deve essere intimidito da questioni che tratta, per questo abbiamo previsto tutta una serie di tutele e definiremo l’intervento solo quando sarà formato il nuovo Csm". Sulla responsabilità giudici è stata comunque superata la legge Vassallo e resa più automatica la rivalsa. "Ma discutere di giustizia non è mai una passeggiata - ha chiarito - perché tocca dei valori fondanti, non si scherza. Anche per questo non abbiamo previsto interventi per cui era necessario modificare la costituzione". L’emergenza è certamente quella del personale amministrativo, dei buchi nella pianta organica. "Abbiamo in programma una serie di investimenti. Abbiamo proceduto a delle assunzioni facendo riferimento a precedenti liste, ma dobbiamo andare avanti". Giustizia: Orlando; per arretrato civile, bonus fiscale a chi sceglie alternative al processo di G. Gu. Corriere della Sera, 7 settembre 2014 Ancora pochi mesi e si volta pagina. È la promessa di Andrea Orlando, che dalla Festa dell’Unità di Bologna è tornato a parlare della riforma della Giustizia, provvedimento al quale il governo Renzi attribuisce un valore cruciale per rimettere in cammino il Paese. La riforma, ricorda il ministro, "è attesa da vent’anni" ed è quindi difficile pensare "che si faccia in venti giorni", ma le prime leggi potrebbero entrare in vigore all’inizio del 2015, annuncia il Guardasigilli. E assicura che la "sua" riforma non è contro le toghe. "Mi rendo conto che c’è una spinta dei magistrati, o di una parte, a mantenere così le cose, ma non credo si possa parlare in nessun modo di una volontà punitiva" ha assicurato l’esponente del Pd durante il dibattito con Donatella Ferranti sul tema "Una giustizia più veloce e moderna". Le nuove norme non saranno contro qualcuno, garantisce Orlando, saranno per l’Italia e le sue istituzioni: "Lo Stato deve fare in parte da scudo non per difendere il magistrato, ma per difendere la magistratura". Il primo obbiettivo del capitolo sulla giustizia civile è velocizzare i processi, abbattendo almeno in parte la mostruosa montagna di cause in attesa. E qui sta la novità: un emendamento al decreto che consenta sgravi fiscali a quei cittadini che "alleggeriscono il sistema", scegliendo forme di giudizio alternative alle aule dei tribunali. Chi contribuisce a sgravare il numero dei processi potrà "recuperare parte delle spese sostenute" ha anticipato Orlando, spiegando che l’aiuto offerto dal cittadino allo Stato deve in qualche modo essere ricompensato. Davanti ai militanti del suo partito il ministro ha risposto alle critiche difendendo il provvedimento. "La vera privatizzazione della giustizia civile c’è oggi - ha affermato - nel momento in cui la giurisdizione non è in grado di dare dei tempi accettabili al processo e i più deboli soccombono, perché non sono in grado di aspettare". Per il Guardasigilli sbaglia chi pensi di "difendere un feticcio", che scava un solco tra chi può permettersi il "lusso" di attendere il giudizio e chi invece non può farlo. Quanto agli organici, per Orlando la scarsezza di personale è "la priorità delle priorità". Lo confermano i numeri: "Siamo a un punto di rottura, 9.000 vuoti di organico con un’età media sopra i 55 anni". Il che vuol dire, ha chiosato, che in alcune realtà "siamo al di sotto della soglia di sopravvivenza". Sul piano politico il tema che più tormenta i democratici è forse l’abbraccio con Berlusconi. E qui Orlando ha spiegato come non sia sua intenzione "fare una cosa a favore o contro di lui". Il governo parla con tutte le opposizioni e non cerca altre maggioranze, anche perché si è scelto di non modificare la Costituzione riguardo alla giustizia. E infine la controprova per rassicurare i militanti democrat: "Se le vicende di Berlusconi avessero un peso, allora non ci sarebbero state certe lamentele di Forza Italia su alcuni punti della riforma". Giustizia: Radicali; sulla responsabilità civile dei magistrati il Pd fa come Berlusconi www.radicali.it, 7 settembre 2014 Dichiarazione di Valerio Federico e Alessio Di Carlo, rispettivamente tesoriere e membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani: "La maggioranza, in commissione a Palazzo Madama, cancella con un colpo di spugna un intervento innovativo e utile, l’emendamento del deputato leghista Pini relativo alla responsabilità civile dei magistrati per dolo o colpa grave. Con questo obiettivo i Radicali hanno promosso quesiti referendari, vincendo il referendum del 1987, poi disatteso dal Parlamento, e riproponendolo nel 2013. Si conferma, ancora una volta, il potere di veto che la Magistratura organizzata esercita sul potere legislativo, sul Partito Democratico in primis. Sono esemplificative e si rivelano elusive rispetto alle vere riforme, le parole di Valeria Cardinali (Pd), che ha dichiarato che "il tema della responsabilità civile troverà spazio all’interno di più ampi provvedimenti in tema di giustizia". Fin dai tempi dei governi Berlusconi, il Premier invitava il Paese a non sostenere i referendum radicali appellandosi a fantomatiche riforme che sarebbero state realizzate successivamente in sede parlamentare, ma le sue parole non sono mai state seguite dai fatti. Quanto accaduto getta un’ombra sulla reale volontà e sulle capacità del Governo Renzi di riformare la giustizia italiana poiché, se ad interventi tampone e spesso di facciata non si accompagnano misure fondamentali quale quella di responsabilizzare i magistrati nei casi di comportamenti dolosi o gravemente colposi, qualsiasi velleità riformatrice sarà destinata a fallire". Giustizia: Pagano (Dap); teniamo guardia alta contro infiltrazioni jihadisti nelle carceri Adnkronos, 7 settembre 2014 "La guardia è sempre alta. L’obiettivo è evitare la possibilità di infiltrazione di jihadisti nelle carceri italiane. Il pericolo reclutamenti potrebbe esserci, e perciò da tempo abbiamo predisposto sezioni in cui sono reclusi detenuti che di sicuro appartengono a organizzazioni terroristiche". Lo dice all’Adnkronos Luigi Pagano, reggente del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria), che spiega: "anche nelle sezioni ordinarie, tuttavia, il personale di polizia penitenziaria è allertato per seguire ogni situazione". "Inoltre - sottolinea Pagano - da anni il Dipartimento ha avviato un monitoraggio centrale sul fenomeno, mettendo in campo mirate misure di prevenzione, in costante collaborazione con le altre forze di polizia e l’autorità giudiziaria". Il riferimento è anche a quanto riporta oggi "il Mattino di Padova", secondo cui ieri, nella Casa circondariale due Palazzi, nella cella di un detenuto trentacinquenne di origine marocchina, musulmano praticante, è stata sequestrata una foto con alcune scritte a mano in arabo, appesa alla parete con altri poster: un fermo immagine del video relativo all’uccisione del giornalista statunitense James Foley da parte del boia dell’Is. "Nessun allarme - spiega Pagano - nel caso di Padova mi sentirei di escludere si sia trattato di un tentativo di infiltrazione. Al detenuto è stato sequestrato un ritaglio di giornale appeso alla parete". "In ogni caso - assicura Pagano - tutto il materiale è stato prontamente consegnato all’autorità giudiziaria per le sue valutazioni. La vigilanza è alta, e lavoriamo anche su questo a 360 gradi". Giustizia: il pm Gratteri; per risparmiare aboliamo la Dia e il Dap, no ai tagli lineari di Giulia Zaccariello Il Fatto Quotidiano, 7 settembre 2014 Abolizione della Direzione Investigativa Antimafia e utilizzo degli investigatori nelle forze di polizia di provenienza. Chiusura del Dap, il cui direttore guadagna 20mila euro al mese. E ancora: riduzione delle Corti di appello e dei Tribunali, spostamento dei magistrati dalle sedi in soprannumero ("a Palermo il 35% di pm in più"). Tagli concreti e non lineari per riformare davvero la giustizia. Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri interviene alla Festa del Fatto Quotidiano e parla delle sue proposte che dal prossimo autunno arriveranno sul tavolo del presidente del Consiglio. "Lo sapete che io sono un ministro mancato". Comincia con una battuta il suo intervento, anche se nei fatti è la realtà. Dato per favorito come guardasigilli per il governo Renzi, è stato sostituito poco prima dell’annuncio dell’esecutivo. Oggi guida la commissione che deve redigere norme e procedure per combattere la criminalità organizzata e annuncia le proposte che verranno fatte nei prossimi mesi. "Io lo posso dire aboliamo la Dia", continua. Critica dirigenti, uffici e segreterie in soprannumero mentre gli stessi uomini potrebbero essere riportati sul territorio. Sono queste le propose che avrebbe fatto se fosse arrivato al dicastero della giustizia. "Nessuno ha il coraggio di farlo, i politici mi chiamano e mi dicono: "Se lo facciamo ci danno dei mafiosi". Allora lo dico io. Non possiamo pensare che non si possa chiudere un tribunale inutile. Non possiamo lasciare il 35 per cento di magistrati in più alla procura di Palermo. O si ha il coraggio di mandare a regime il ministero della giustizia oppure non cambierà mai nulla. Tra Marche, Abruzzo e Molise non ci possono essere tre corti d’appello. In Sicilia, ad esempio, non possono essercene quattro. In un distretto con meno di mille detenuti non possiamo avere il tribunale di sorveglianza. Non possiamo sperperare le energie". La critica è stata soprattutto agli interventi poco incisivi del passato: "Io sono d’accordo anche nel fare tagli, ma negli ultimi governi sono stati fatti solo quelli lineari del 5 per cento. Non si è avuto coraggio o la forza di entrare nel merito delle cose. Bisogna avere la forza di entrare nei ministeri e di chiudere le parti inutili. Vi parlo anche del sud e anche in zone di mafia. Non c’è giusta distribuzione delle forze. Io capisco le proteste della polizia per il blocco dei contratti. Ma vogliamo risparmiare davvero? Allora chiudiamo la Dia (Direzione investigativa antimafia). Parlo io: risparmiamo in dirigenti e segreterie e affitti e facciamoli tornare sul territorio. Aboliamo il Dap: sapete quanto guadagna un dirigente? 20mila euro". Ed è proprio lì dove, secondo Gratteri bisogna intervenire. Tra gli altri esempi concreti per evitare gli sprechi: inviare le notifiche attraverso indirizzi email di posta certificata e processi in videoconferenza non solo per i detenuti al 41bis. Poi ancora tablet con le ordinanze di custodia cautelare da far tenere al detenuto in carcere: quando esce i documenti potrebbero essere dati su una penna usb. "Tutte queste idee le presenteremo dal prossimo autunno e gireremo l’Italia per presentarle". Gratteri guida la commissione incaricata dal presidente del Consiglio per riscrivere le norme e le procedure per il contrasto alla criminalità organizzata. "Io ho accettato di lavorare per questo organo perché si trattava di un impegno gratuito. Ho lavorato tutta estate e in autunno presenteremo le nostre proposte. L’obiettivo è quello di introdurre tante modifiche di modo tale che non sia conveniente delinquere. Importante è pensare a modifiche normative senza preoccuparci di nulla. Siamo dei tecnici e parliamo con tutti i politici: quest’inverno mi vedrete dappertutto, sarò una soubrette, per spiegare le modifiche che noi pensiamo indispensabili per la riforma della giustizia". Ora prepara il codice antimafia: avvocati e boss in videoconferenza e aumento di pena per il 416 bis. Forte la critica naturalmente per la modifica del 416ter, così come stato fatta dal Parlamento nei mesi scorsi, che ha di fatto depenalizzato il voto di scambio. "Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fatto scuola - spiega Marco Lillo - quella relativa al caso Antinoro, un politici siciliano vicino a Totò Cuffaro, in cui c’era uno scambio conclamato, una busta di 5.000 euro in cambio di un pacchetto di 60 voti, un’intercettazione telefonica e un incontro a provare l’avvenuto scambio politico-mafioso. Con Antinoro condannato in primo secondo grado, la sentenza viene annullata in Cassazione con la motivazione che nel frattempo la legger era stata riformata, la nuova norma è favorevole al reo e quindi va applicata anche ai fatti precedenti. "Proprio su questo punto sono stato ascoltato dalla Commissione antimafia come consulente e ho gridato che non ero d’accordo con questa modifica - protesta Gratteri - e ai legislatori ho domandato: "Non riesco a capire per quale motivo proprio voi legislatori vi state proccupando di dare a questo reato una pena edittale più bassa: sembra che qualcuno abbia già paura dell’applicazione di questa norma. E poi il legislatore ha l’idea che il capomafia per essere ascoltato debba minacciare. Ma il mafioso, più mafioso è, più usa gentilezza e cortesia, fa l’inchino quando va al comune a chiedere un atto illecito. Non ha bisogno di minacciare". Il problema, per Gratteri, è che "c’è gente che ha il potere di legiferare e non si rende conto di quello che fa". Per questo - conclude il magistrato - noi dobbiamo cercare di tradurre questa minaccia in un atto normativo in modo che, la prossima volta che sarà chiamato a giudicare, il giudice di Cassazione non si trovi in questa difficoltà". Antonio Esposito: "Ci aspettavamo di più sulla prescrizione" Slide e proposte fumose. Ma anche urgenze, tagli e riduzione degli sprechi di un ministero "da non considerare intoccabile". La riforma della giustizia di Matteo Renzi ha ancora pochi punti fermi e molte intenzioni. A parlarne alla Festa del Fatto Quotidiano, ospiti del giornalista d’inchiesta Marco Lillo, sono stati gli addetti ai lavori: oltre al procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, il giudice della Corte di Cassazione Antonio Esposito e Bruno Tinti, ex magistrato, giornalista e scrittore. La riforma del governo Renzi tra i pochi punti certi ha quello della modifica della prescrizione. Ma cosa cambia concretamente? A spiegarlo è stato Antonio Esposito, giudice della Corte di Cassazione e presidente della sezione feriale che nel 2013 ha condannato in via definitiva Silvio Berlusconi per frode fiscale: "Per quanto riguarda il diritto penale è stata modificata la legge ex Cirielli. Devo dire che mentre gran parte delle norme della riforma sono efficaci, sulla prescrizione ci si aspettava molto di più. La modifica lascia in piedi il vecchio l’impianto". La legge fu fortemente criticata in passato e su questa si è espresso anche il Consiglio superiore della magistratura: sono 150mila i processi all’anno, tra cui quelli di frode fiscale, che si estinguono. "C’era una grossa attesa", ha continuato Esposito, "anche perché il termine non è sufficiente per fare il processo: l’attuale sistema processuale italiano è talmente ingolfato che non riesce a portare a termine questo carico di lavoro. C’erano delle aspettative che sono andate deluse. Il disegno di legge non aumenta i termini di prescrizione, ma si è intervenuti solo sulla sospensione: una volta che si è arrivati alla sentenza di condanna il termine rimane bloccato per due anni per l’appello e un anno per la cassazione. Ma non basta. Nel caso in cui ci sia una sentenza di appello di assoluzione: quel termine non vale più". Due i sistemi europei in proposito: da una parte in Spagna, Germania e Francia il termine di prescrizione è di 10 anni, dall’altra il sistema è quello auspicato da Esposito ovvero quello inglese di common law. "È più aderente alla prescrizione", ha detto Esposito, "è una norma di diritto sostanziale. Incide sull’azione non sull’estinzione del reato. Di prescrizione moderna si occupò per primo il codice francese: un termine per esercitare l’azione penale. Se tu Stato sei inerte o rinunci a perseguire allora dopo un po’ devi rinunciare, ma se lo persegui il termine non decorre mai più. In Inghilterra c’è questo sistema: in un termine di tempo che sia 3, 4, 5 anni la prescrizione non decorre. Sarà poi lo Stato a dover intervenire perché il processo abbia una durata ragionevole". Al termine del dibattito una domanda sul processo Berlusconi. "Si è pentito?", ha chiesto il giornalista Marco Lillo. "No. Era un processo come gli altri. Affronterò il procedimento disciplinare a breve. Ho solo chiesto di farlo con il prossimo Csm. Io non condivido di attribuire il giudizio ad una corte diversa, ma che la commissione disciplinare che sia fatta da membri che non facciano parte di altre commissioni giudicanti". Bruno Tinti: "Quando parliamo delle riforme del governo Renzi parliamo di niente" "Avete capito perché Gratteri non è diventato ministro?". Bruno Tinti, ex magistrato, scrittore ed editorialista del Fatto Quotidiano ha invece duramente criticato il governo Renzi in materia di giustizia. "Qualsiasi riforma oggi non avrà nessun esito. La riforma della giustizia è finta. Stiamo parlando di niente. Nessuno mai userà questi strumenti che ci presenta Matteo Renzi. Avrebbe dovuto intervenire in altro modo sul processo civile e su quello penale. Sta annunciando cose che sembrano vere, ma in realtà sono finte. Ad esempio le intercettazioni. Bisogna farle ma nessuno le deve conoscere? Questo prevede la riforma. Si tratta di uno scambio, un intervento influenzato dal patto con il pregiudicato: voto per la riforma del Senato in cambio di una tutela degli intercettati. Renzi sta parlando di nulla". Altro punto molto grave secondo Tinti è la riforma del Consiglio superiore della magistrature. "Se il Parlamento ha operato dei cortocircuiti tra costituzione e prassi. È ancora niente rispetto a quello che può fare nel Csm, perché è l’organo che si occupa dei giudici e se messo sotto il controllo della politica va a minacciare la loro indipendenza". Sassari: detenuto suicida nel carcere di Bancali, la Polizia penitenziaria rinnova l’allarme L’Unione Sarda, 7 settembre 2014 Un detenuto si è tolto la vita dopo il giro di controllo del poliziotto di turno. Ancora criticità presso la Casa Circondariale di Sassari "Bancali" e questa volta a nulla è servito l’intervento della Polizia penitenziaria. A dichiararlo è il Segretario Generale Aggiunto dell’Osapp - Domenico Nicotra - che rende note le modalità con cui un detenuto originario di Alghero si è suicidato nella serata di ieri. "Il detenuto in questione, continua Nicotra, un 34enne condannato per furto, dopo che l’Agente di Polizia Penitenziaria aveva effettuato il normale e previsto giro di controllo ha ricavato un cappio dalle lenzuola in suo possesso e si è impiccato nel bagno della stanza detentiva. Il corpo esamine del detenuto è stato ritrovato alcuni minuti dopo il giro di controllo effettuato dal Poliziotto penitenziario e questa volta a nulla sono valsi l’intervento della Polizia Penitenziaria, prima, e dei medici del 118 dopo. Purtroppo, conclude il sindacalista dell’Osapp, il sempre bistrattato Corpo di Polizia Penitenziaria benché sia ormai abituato a cercare di fare l’impossibile non è ancora attrezzato per fare "i miracoli". Sappe: suicidio in carcere a Sassari “È di ieri sera la triste notizia della morte per suicidio di un detenuto nella Casa Circondariale di Bancali a Sassari. Verso le ore 19 si è impiccato con delle lenzuola un detenuto di Alghero di 34 anni, S. R., ristretto per furto e con fine pena tra due anni circa. Nulla ha fatto presagire l’insano gesto del detenuto, anche in virtù del comportamento corretto dello stesso, sia nei confronti della restante popolazione detenuta che nei confronti del personale di Polizia Penitenziaria. Purtroppo, nonostante il prezioso e costante lavoro svolto dalla Polizia Penitenziaria, con le criticità che l’affliggono, non si è riusciti ad evitare tempestivamente ciò che il detenuto ha posto in essere nella propria cella”. Sdr: suicidio a bancali nuovo documento sconfitta stato “Un suicidio è un atto innaturale ma è sempre indice di un profondo disagio che un’istituzione come il carcere deve essere in grado di prevedere. Lo Stato deve rivedere l’organizzazione della condizione di chi è privato della libertà, altrimenti dovrà continuare a registrare sconfitte”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione Socialismo Diritti Riforme, sottolineando che “non sono sufficienti le nuove strutture penitenziarie per impedire un suicidio”. “Gli episodi di autolesionismo estremo nascono da bisogni primari profondi che - rileva Caligaris - non possono ricadere sulle spalle degli Agenti ma richiedono un impegno costante di tutti gli operatori. Investire sulla qualità della vita detentiva coincide con la valorizzazione degli educatori e degli psicologi, professionalità in numero inadeguato al pari di coloro che sono preposti all’incolumità dei ristretti. Così non c’è davvero giustizia”. Trento: il racconto di un’ex detenuta "in carcere a Spini mi pareva di impazzire" Il Trentino, 7 settembre 2014 Il racconto di un’ex detenuta che ha lasciato la struttura per essere ricoverata in ospedale. Secondo il ministero nella prigione ci sono 223 persone. "Era tutto bianco, freddo e impersonale. Sentivo di continuo le porte delle celle che venivano aperte e chiuse automaticamente e non si vedeva mai nessuno". Il racconto è quello di una detenuta che ha passato due mesi nel nuovo carcere di Spini di Gardolo e ne è uscita per essere ricoverata in ospedale in preda a una crisi psichiatrica. All’epoca, erano i primi mesi di vita della struttura, le celle venivano chiuse di giorno, mentre attualmente le celle vengono aperte su direttiva del Ministero di Grazia e Giustizia dopo che l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea per i diritti dell’uomo con la famosa sentenza Torregiani. Le tre morti in pochi mesi hanno acceso i riflettori sul carcere e sulle condizioni di vita al suo interno. Il racconto della donna ricorda carceri di altri tempi. "Lì dentro è tutto nuovo e impersonale. Quello che mi ricordo di più è il bianco e il vuoto. Non ci sono dettagli cui possa aggrappare la mia mente. Il periodo che ho passato lì dentro è stato tremendo. Alla fine ho avuto una crisi e sono stata ricoverata. Quello che ricordo in maniera più nitida è il rumore delle porte che si aprono e si chiudono. Ma la cosa che forse fa più male è il mancato contatto con le persone. Non ci sono contatti umani. Il primo periodo a Spini, sono stata in isolamento. Era da sola e non vedevo praticamente nessuno. Poi sono stata messa insieme a un’altra detenuta, ma la convivenza è stata pessima. Aveva dei problemi e sniffava anche il gas del fornello. Dopo questo secondo periodo sono stata ricoverata in ospedale. Mi sembrava di impazzire". Un’esperienza, quella raccontata dalla detenuta, che viene ricordata anche da altri detenuti che hanno avuto la disavventura di finire dietro le sbarre a Spini di Gardolo. Un carcere nuovo che però non trasmette calore, che è talmente freddo da risultare alienante. Secondo i dati pubblicati sul sito del Ministero della Giustizia i detenuti a Spini sono 223 a fronte di una capienza teorica di 418 posti. In realtà chi si occupa della questione carcere sostiene che i detenuti siano intorno ai 280 con un organico di circa 200 agenti penitenziari. Un organico che, secondo molti osservatori, non è adeguato alle dimensioni della struttura e neanche alla popolazione carceraria. Questo comporterebbe anche una serie di problemi pratici relativi alla sorveglianza. A queste condizioni pratiche, poi, si vanno ad aggiungere altre difficoltà. Il presidente dell’Ordine degli avvocati Patrizia Corona ha osservato come il Tribunale di Sorveglianza di Trento, competente nell’assegnare misure alternative alla detenzione e permessi, sia severo rispetto ad altre realtà italiane. Oristano: a Massama fondi dimezzati, così il carcere agonizza di Elia Sanna La Nuova Sardegna, 7 settembre 2014 Trapelano altri particolari sulle lacune della struttura inaugurata due anni fa Poche risorse per le manutenzioni: in questo modo si aggravano vecchie lacune. Tra pochi anni il carcere di Massama sarà già vecchio e con tanti problemi per la difficoltà di garantire adeguate manutenzioni. Pare infatti che il Ministero della Giustizia non stia rispettando gli accordi con il Provveditorato regionale sul trasferimento delle risorse. A fronte di 1,5 milioni di euro, secondo fondi ministeriali, per il 2014 verranno confermati solo 600 mila euro, a causa della spending review decisa proprio dal Governo Renzi. Viene quindi difficile garantire adeguati servizi e, soprattutto, le manutenzioni già programmate per una struttura che necessità di parecchi interventi a causa della sua complessità. Non solo, nel corso di questi mesi sarebbero stati accertati problemi strutturali e lavori non eseguiti secondo il capitolato d’appalto. Quanto denunciato solo due giorni fa dal deputato Mauro Pili, nel corso della sua visita ispettiva, trova ora molte conferme proprio nel delicato problema del trasferimento delle risorse. Viene difficile credere che con meno del 50 per cento dei fondi, circa 750 mila euro, si possa programmare una normale attività ed una gestione adeguata di un carcere di massima sicurezza. Da questi problemi nasce quindi anche la carenza di agenti che non possono esser chiamati in servizio per sostituire i loro colleghi in ferie ed in malattia. Secondo alcuni sindacati del settore dal carcere di Massama ci sarebbe anche un fuggi fuggi generale degli agenti, dovuto anche alla presenza di oltre 220 detenuti ad alta sorveglianza. Anche questo aspetto confermerebbe quanto segnalato dal parlamentare di Unidos quando all’interno dei bracci, nei turni notturni si contano pochi agenti per garantire la sorveglianza di centinaia di pericolosi boss. Come era stato evidenziato anche in passato, sarebbe emersi ulteriori problemi dovuti a lavori non eseguiti secondo il capitolato d’appalto. Tra le anomali riscontrate, sebbene passato al collaudo, ci sarebbe anche la collocazione del depuratore, realizzato a ridosso degli uffici della direzione. Una lunga serie di irregolarità e di anomalie, alcune scoperte solo di recente, sarebbe stata segnalata con una denuncia alla magistratura. Una sorta di atto d’accusa verso l’impresa che ha realizzato il nuovo carcere. Tra le anomalie ci sarebbero anche malfunzionamenti delle sofisticate attrezzature del sistema di allarme. Ma la carenza di risorse si ripercuote anche sul servizio sanitario per i detenuti e sulle attività sportive e culturali. Teramo: i detenuti di Castrogno impegnati a Martinsicuro, puliscono la pineta e i parchi Il Centro, 7 settembre 2014 Martinsicuro, le testimonianze dei reclusi: residenti e turisti li incoraggiano offrendo caffè e panini. Quattro detenuti del carcere teramano di Castrogno impegnati a Martinsicuro nella pulizia delle pinete. Un programma di reinserimento durato otto giorni e che ha portato i detenuti alla pulizia della pineta antistante la chiesa di San Gabriele a Villa Rosa ed alcuni parchi sul lungomare della frazione. "Abbiamo accolto la proposta avanzata dall’associazione "Il Germoglio" di San Benedetto del Tronto ed abbiamo finanziato il progetto", ha detto l’assessore comunale al sociale Giulio Eleuteri, "un impegno che a livello sociale ha dato soddisfazioni e per questo è nostra intenzione continuare questa strada anche nei prossimi anni". Il progetto si chiama "Ricominciamo dal Verde. "Speriamo che il Comune di Martinsicuro porti avanti questo progetto", sono le parole di Augusto, uno dei detenuti impegnati, dopo essere stato condannato per furto e ricettazione lascerà il carcere nel 2017, "sono stati momenti di libertà che abbiamo condiviso con la gente di cui abbiamo sentito la vicinanza e non abbiamo nascosto il nostro stato di reclusi. Ci hanno supportato e capito portandoci caffè e panini. Sono stati attimi in cui siamo tornati a vivere normalmente e per questo vogliamo ringraziare quanti ci hanno dato la possibilità di tornare a vivere". "Ho partecipato ad altri progetti che mi permetteranno di farmi una vita quando uscirò dal carcere", dice Umberto che tra sei mesi tornerà libero, "questi sono momenti importanti per potersi reinserire nel migliore dei modi in una vita che il carcere ha interrotto ma non ha stroncato. Sono sei anni che sono recluso ma la voglia di vivere non è mai venuta meno. Ho sbagliato ma voglio riscattarmi ed avere contatti con l’esterno, questo percorso di tornare a vivere normalmente aiuta molto". "Devo aspettare il 2022 per tornare libero e questi momenti di vita lontano dalle sbarre mi aiutano ad andare avanti", dice Catello che da nove anni è recluso tra Poggioreale e Castrogno , "ho partecipato ad altre iniziative dell’associazione come il pranzo di Natale per i senza tetto il dicembre scorso. Prima vedevo tutto nero, invece ora con questo programma vedo un futuro davanti a me. Ho sbagliato e sto pagando ma vedo un futuro insieme ad una famiglia che mi è stata sempre vicina". Un altro commento arriva da Angelo, altro detenuto impegnato nel progetto. "La vicinanza di residenti e turisti ci ha fatto apprezzare la gioia di vivere", dice, "è un programma di reinserimento che darà sicuramente i suoi frutti. Momenti di vita che fanno capire che la vita continua e gli sbagli che ci hanno portato in carcere debbono essere un momento di riflessione per continuare quando il conto con la giustizia sarà saldato". Bari: Sappe; uno "sciopero bianco" degli agenti penitenziari bloccherebbe il carcere di Francesco De Martino Quotidiano di Bari, 7 settembre 2014 Il mancato rinnovo del contratto scatena la rabbia degli agenti, parla il segretario Sappe Pilagatti. Il Governo pare proprio intenzionato a bloccare scatti di anzianità e stipendi ai dipendenti statali fino a tutto l’anno venturo e puntuale si prepara a scoppiare la loro rabbia con manifestazioni e scioperi generali. Ma ci sono categorie di lavoratori statali che non possono esternare la propria rabbia, visto che la legge Italiana vieta per gli appartenenti alle Forze dell’Ordine di poter scioperare, come fanno tutti gli altri lavoratori. Gli agenti penitenziari baresi lo sanno bene e hanno delegato uno dei loro rappresentanti, Federico Pilagatti (Sappe) spiegare cosa accadrebbe se bloccassero le attività con uno sciopero bianco. Sul fatto che non si può più scherzare, lo dimostra la rabbia delle migliaia di poliziotti penitenziari che in questi giorni si sono riuniti in assemblea con il nostro sindacato autonomo di polizia penitenziaria - attacca Pilagatti - manifestando il proprio malumore per come continuano ad essere trattati dall’Amministrazione Penitenziaria e dal Governo. Ormai con il contratto e gli assegni bloccati da sei anni non c’è la fanno più, considerato che ad un lavoro duro e massacrante, ora si sono aggiunte le difficoltà economiche che non consentono più di assicurare al proprio nucleo familiare una vita dignitosa. In un momento di crisi, le difficoltà investono milioni di lavoratori d’accordo, ma gli appartenenti al comparto sicurezza, dovrebbero avere una maggiore attenzione e tutela poiché assicurano, con lealtà, professionalità e dignità la sicurezza della popolazione ed il rispetto delle regole democratiche anche a costo della loro vita. Scusi segretario, cosa accadrebbe nei nostri istituti di pena se gli agenti decidessero di manifestare? Quello che potrebbero essere costretti a mettere in atto i poliziotti penitenziari della nazione è uno sciopero bianco che prevede, in ogni caso, la puntuale applicazione del regolamento carcerario e dei contratti di lavoro. Ormai la pentola a pressione della rabbia della Polizia Penitenziaria sta per saltare e ciò lo dimostrano le centinaia di assemblee tenute nelle carceri dal Sappe con i lavoratori. Sicuramente la Polizia penitenziaria con gli altri lavoratori del comparto sicurezza non può scioperare come tutti gli altri, però può mettere in atto forme di protesta molto forti che nei fatti bloccherebbe le carceri della nazione con effetti devastanti. Più volte è stato evocato, ma questa volta la possibilità di effettuare uno sciopero bianco si fa concreta. In concreto… Nei fatti, applicando alla regola le varie leggi e norme in vigore inerenti il regolamento penitenziario, i contratti di lavoro e senza fare più lavoro straordinario, si bloccherebbero i colloqui dei detenuti con i loro familiari, la possibilità di fruire delle ore all’aperto, delle traduzioni dei detenuti, della continuità dei servizi. Insomma, si bloccherebbe tutto. Ora ci aspettiamo che un volta per tutte il Governo presti attenzione per dei lavoratori che difendono la legalità e le istituzioni democratiche a tutela della sicurezza dei cittadini anche a rischio della propria vita. Non dimenticando che proprio nel comparto sicurezza, oltre ai casi di morte inerenti il servizio, si sono registrati i maggiori casi di suicidi o riformati dal lavoro per problemi psichiatrici dovuti proprio allo stress del lavoro. Più volte questa protesta è stata minacciata, ma mai applicata poiché ci rendiamo conto degli effetti devastanti che potrebbero esserci. Però ora diciamo basta chiedendo almeno il rispetto dei nostri sacrifici e della nostra dedizione, per un lavoro con il più alto indice di poliziotti suicidi e riformati per problemi psichici dovuti proprio al pericoloso e stressante lavoro. Salerno: precisazioni dell’Asl sulle presunte carenze nell’assistenza sanitaria ai detenuti comunicato Asl Salerno www.salernonotizie.it, 7 settembre 2014 In riferimento alla visita della Commissione consiliare della Regione Campania presso la Casa circondariale di Salerno, avvenuta nella prima metà di agosto e alle presunte carenze sanitarie riscontrate nell’assistenza ai detenuti questa Direzione ha provveduto a verificare presso le competenti strutture aziendali la veridicità di quanto comparso in alcune testate giornalistiche in data 19 agosto. Abbiamo ricevuto nota del referente aziendale della Medicina Penitenziaria dott. Adamo Maiese che allega la relazione in merito del dirigente medico responsabile della Casa circondariale di Salerno dott. Giovanni Di Cunzolo nella quale viene risposto punto per punto alle presunte carenze. Rispetto ai ritardati pagamenti ci viene specificato che il ritardo di 7 mesi non è relativo al personale della Casa Circondariale ma di altro Istituto penitenziario e che le retribuzioni del personale avvengono con la medesima regolarità di quando la Sanità penitenziaria veniva gestita dal Ministero di Grazia e Giustizia. I farmaci vengono "regolarmente" somministrati ai detenuti. Sia i problemi dei detenuti con problemi diabetici che cardiovascolari vengono gestiti con la dovuta attenzione da parte del personale medico e parasanitario. Il direttore generale Antonio Squillante in merito dichiara: "Nonostante la mole enorme di problemi che siamo costretti quotidianamente ad affrontare questa Direzione non lascia indietro nessuno e si occupa con la medesima attenzione di persone con problemi di salute che già vivono una condizione disagiata". Imperia: detenuto nascondeva mezzo chilo di eroina nelle scarpe, scoperto dagli agenti di Maurizio Vezzaro La Stampa, 7 settembre 2014 Era stato arrestato poco prima dai carabinieri a Ventimiglia perchè trovato con sette etti di droga nella cavigliere. A insospettire il Comandante del carcere di Imperia Lucrezia Nicolò sono state le pesanti scarpe da trekking, troppo calde appunto da indossare in estate, soprattutto per un somalo abituato a ben altre calzature. E difatti quando al detenuto Hamid Nabil, 26 anni, gli agenti penitenziari hanno ordinato di togliersi le scarp, quest’ultimo ha cominciato ad agitarsi. All’interno delle scarpe, grazie a una sorta di doppia suola, lo straniero, che era stato arrestato qualche ora prima dai carabinieri a Ventimiglia perché nascondeva 7 etti di eroina nelle cavigliere, aveva oltre mezzo chilo di stupefacente. Eroina purissima, stando alle analisi fatte eseguire dall’Arpal. È il più grosso quantitativo di eroina mai sequestrato all’interno di un penitenziario italiano, roba da far invidia anche alle super carceri Usa dove i controlli delle speciali squadre antinarcotici sono spietati. E così Hamid Nabil, sospettato di essere un corriere della droga che importa in Italia sostanza proibita destinata forse al mercato imperiese, ha ricevuto una seconda misura cautelare in carcere. Doppio arresto dunque, il che aggraverà la sua posizione. Stati Uniti: a New York risarcimento 41 mln $ per 5 accusati ingiustamente di stupro Adnkronos, 7 settembre 2014 Si è concluso con un mega risarcimento di 41 milioni di dollari il caso dei "Central Park five", i cinque ragazzi afroamericani e ispanici che furono ingiustamente condannati per il brutale stupro di una ragazza bianca che faceva jogging nel parco di New York la sera del 19 aprile 1989. I cinque furono scagionati nel 2002 dopo la confessione di uno stupratore seriale già in carcere, supportata dalla prova del Dna. L’ex sindaco di New York Michael Bloomberg si era sempre opposto al risarcimento, che è stato invece una delle promesse del suo successore, il democratico Bill De Blasio. L’accordo di risarcimento è stato sanzionato da un tribunale federale: Antron McCray, Kevin Richardson, Yusef Salaam e Raymond Santana riceveranno ciascuno 7,125 milioni di dollari e Kharey Wise ne otterrà 12,25. I primi quattro hanno trascorso fra i sei e sette anni in carcere, mentre Wise è stato detenuto per 13 anni. I cinque avevano fra i 14 e i 16 anni quando furono arrestati per lo stupro. Secondo il loro ricorso, furono costretti a rilasciare false confessioni dopo botte e minacce da parte della polizia, mentre la prova del Dna che li avrebbe scagionati fu deliberatamente ignorata. La vittima della violenza, una 28enne impiegata in una banca d’investimenti, fu trovata incosciente nel parco e rimase a lungo fra la vita e la morte, senza poi ricordare nulla di quanto era accaduto. Medio Oriente: sospettato strage museo ebraico Nemmouche è stato carceriere in Siria Nova, 7 settembre 2014 Il jihadista Mehdi Nemmouche, principale sospettato della strage al museo ebraico di Bruxelles lo scorso 24 maggio, è stato uno dei carcerieri degli ostaggi occidentali detenuti in Siria dai miliziani dello Stato islamico tra il luglio e il dicembre 2013. Lo riferisce il quotidiano "Jerusalem Post", citando una dichiarazione del giornalista francese, Nicholas Henin, rilasciato dai miliziani dello Stato islamico lo scorso aprile. Henin era uno dei quattro giornalisti francesi tenuti in ostaggio in Siria dal giugno del 2013 ed è stato ritrovato dai soldati turchi al confine con la Siria. Bahrein: altri 10 giorni di carcere per l’attivista per i diritti umani Maryam al-Khawaja La Presse, 7 settembre 2014 Il tribunale del Bahrein ha disposto altri dieci giorni di detenzione per l’attivista per i diritti umani Maryam al-Khawaja, mentre le autorità continuano a indagare sul suo caso. Lo ha annunciato il legale della donna, Mohammed al-Jishi. Maryam, che ha anche nazionalità danese, è stata arrestata il 30 agosto al suo arrivo all’aeroporto di Manama con l’accusa di aver aggredito un poliziotto. La donna era arrivata nel Paese per fare visita al padre, attivista e leader dell’ioppioszione sciita, in sciopero della fame per protesta contro la condanna all’ergastolo che gli era stata comminata per il suo ruolo durante le proteste antigovernative del 2011. Maryam nega ogni accusa. Svizzera: 2 giorni di carcere per un sacco di spazzatura deposto in strada fuori orario di Elmar Burchia Corriere della Sera, 7 settembre 2014 Deny Eggimann, allenatore della squadra di sci paralimpica elvetica, si è rifiutato di pagare la multa di 150 franchi. Che è stata convertita in giorni di galera Depositare un sacco di spazzatura sotto un albero vicino a casa ma fuori dall’orario di raccolta può costare due giorni di prigione. Dove? In Svizzera. Due anni fa Deny Eggimann, di Bienne (Cantone Berna), doveva partire per la località montana di Saas Fee dove avrebbe seguito gli sciatori non vedenti negli allenamenti del team paralimpico svizzero. Per non lasciare la spazzatura a marcire nell’appartamento, visto che sarebbe stato via per due settimane, la domenica sera ha lasciato un sacco dell’immondizia all’esterno di casa sua, sotto un albero. Il suo immobile, in centro città, non dispone di un bidone condominiale per la raccolta dei rifiuti. Ma le norme locali impongono di attendere almeno le 6 del mattino del giorno di raccolta (in questo caso, il martedì). Ai funzionari di Bienne non è sfuggito quel sacco della spazzatura: messo lì, fuori posto e fuori dall’orario consentito. È stato raccolto, aperto, esaminato. Nelle profondità di quel sacco (quello ufficiale da 17 litri della città), i funzionari hanno subito trovato il nome e l’indirizzo del trasgressore. Al suo ritorno, il 44enne ha quindi trovato una multa di 150 franchi (124 euro) nella cassetta delle lettere. Ciò nonostante, Eggimann quella sanzione non la voleva pagare. "È fuori questione, non sborso nemmeno un centesimo", ha raccontato al quotidiano Le Matin. Ha fatto ricorso. Purtroppo per lui, a causa del soggiorno in montagna, era già troppo tardi. Dopo un lungo tira e molla con le autorità, alla fine ogni suo tentativo è risultato essere vano. "Poteva arrangiarsi con un vicino", gli hanno risposto. La legge è legge, e non c’è nulla da fare. Alla fine, visto che il 44enne si ostinava a non pagare la multa, questa è stata convertita in due giorni di carcere, che l’uomo ha scontato settimana scorsa, al penitenziario regionale di Bienne. In una cella, racconta al quotidiano, "prevista per coloro che scontano le pene più pesanti (sembra che le altre fossero tutte occupate, ndr), con solo pane e acqua sporca per colazione. È stato un incubo", ha raccontato Eggimann. Alcuni detenuti gli avrebbero anche proposto cocaina ed eroina. La cosa buffa in tutta questa storia è forse un’altra: Eggimann dirige Sky-Zone-Attitude, una società che, tra l’altro, si occupa di sviluppare cestini della spazzatura. Il suo credo: il recupero. Il suo target: gli organizzatori di eventi. E le amministrazioni comunali.