Una battaglia per figli, mogli, genitori condannati senza colpe Il Mattino di Padova, 22 settembre 2014 Se pensate che sia giusto occuparsi anche delle famiglie più sfortunate, quelle che oltre al dolore di avere un proprio caro in carcere si portano dietro anche la vergogna di essere additate come colpevoli, "regalateci" la vostra firma nel sito www.ristretti.org. La nostra è una battaglia che ha pochi mezzi e la sola forza delle testimonianze che arrivano dalle carceri, e che raccontano il dolore di figli, di mogli, di genitori, è prima di tutto per loro che vogliamo combattere. Ho provato a immaginare come tu potessi vivere in un buco cosi piccolo Caro papà, è tua figlia che ti scrive e ho scelto di farlo qui su Facebook cosi tutti possono leggere queste mie parole. Papà non avere mai vergogna mai! Tu sei un uomo che sta scontando una pena molto pesante, e nessuno tranne te e tutte le persone condannate a questo regime può capire ciò che vivete ogni giorno. Quando ero più piccola mi mettevo in bagno, mi chiudevo in uno spazio di due metri per due e cercavo di immaginarmi come potessi tu vivere in un buco cosi piccolo, e al di fuori del mondo. Solo al pensiero ci sto malissimo perché deve essere davvero dura. Sono passati 15 lunghi anni, 15 sono i compleanni senza di te, 15 sono i natali e i capodanni senza di te, 15 sono gli anni che non sei più con noi, ed è peggiò di quando una persona è morta, perché quando una persona non c’è più ti consoli sulla sua tomba. Ma quando sai che tuo padre è vivo, e però è chiuso, e che non sei libera di vederlo e passarci del tempo come vorresti, è un dolore che ti distrugge, non solo tu sei condannato, ma lo siamo tutti noi, siamo condannati a vedere la tua vita spegnersi attraverso quelle sbarre. E noi non abbiamo nessun potere, solo possiamo sperare che un giorno tu ritorni tra di noi, anche se rimarrà un sogno io ci voglio credere. Ti amo papà. Rita Figli che telefonano con l’ansia dei minuti contati Mi chiamo Pasquale, sono in carcere dal 2005 e mi rimangono ancora da scontare parecchi anni, e le più grandi difficoltà le ho per poter comunicare con i miei figli e vederli: comunicare, perché la sola telefonata ordinaria di dieci minuti a settimana, per chi come me ha il problema di avere i figli in tenera età e con dei disturbi psicologici, balbuzie, ansia, dovuti alla mancanza della figura paterna, non può essere sufficiente, dieci minuti non possono certo rendere "normali" i rapporti tra padre e figli. L’adrenalina di un ragazzo con questo tipo di disturbi sale alle stelle in quei pochi minuti, nella foga di raccontare quello che ha fatto durante la settimana a scuola, o con i suoi compagni, magari una semplice partita a pallone, o la festa di compleanno di un amico, la normalità dei racconti diventa tensione e ansia di dover parlare così veloce perché ci sono tante cose da dire, cercando di non dimenticare niente, e sapendo di dover subito passare il telefono all’altro fratello, alla mamma, e poi c’è anche la nonna, il nonno e il resto della famiglia. Per questo ho provato qualche anno fa, con apposita documentazione specialistica, a chiedere alla direzione del carcere qualche telefonata straordinaria, e la mia richiesta è andata a buon fine. La documentazione poi l’ho inviata anche al magistrato di Sorveglianza competente, che mi ha concesso di usufruire ogni tanto di un permesso speciale, e così ho potuto guardare la felicità negli occhi dei miei figli e rassicurarli che oltre alla mamma ci sono anche io, e quindi possiamo essere una famiglia "normale", anche se per poche ore, nella casa di accoglienza Piccoli passi, e non tanto di frequente, visto che la mia famiglia vive in provincia di Reggio Calabria. Il disagio dovuto alla impossibilità di coltivare gli affetti, e di adempiere al ruolo di padre, si ripercuote soprattutto nella vita quotidiana dei miei figli con una sofferenza indescrivibile. Non poter scambiare una parola, dare un consiglio o quant’altro un genitore possa dare ad un figlio è veramente così doloroso, che chi non lo prova sulla propria pelle forse non può capire, ma tutto questo è la pura e semplice verità della condizione dei detenuti nelle carceri italiane. Carceri dove ci sono limiti pesanti per tutto, dalle semplici telefonate di quei dieci miseri minuti a settimana, ai colloqui di sole sei ore al mese, e oltretutto non ci sono locali adatti per poter fare un colloquio decente con la propria famiglia senza doversi sacrificare a stare seduti in salette comuni con altre dieci e più famiglie e sentire un rumore assordante di voci. Peccato però che non ci siano invece limiti nel far stare tre/quattro persone in celle che ne potrebbero ospitare una o due solamente. Sentiamo parlare spesso nei Tg dei diritti degli animali che non devono essere maltrattati dall’uomo padrone, e quindi vengono fatte delle leggi a loro tutela contro questi maltrattamenti, eppure tante volte abbiamo sentito anche di alcune razze di cani o altri animali che aggrediscono chi li accudisce, ma facciamo finta di niente cercando sempre di salvaguardarli. Se tali attenzioni fossero rivolte anche ai detenuti, la sofferenza dei figli, delle mogli o dei genitori si potrebbe ridurre, perché pagare per gli errori fatti non significa essere maltrattati e umiliati, né dover sopportare di vedere di continuo la sofferenza dei propri familiari senza poter fare qualcosa per renderla meno pesante. Pasquale C. Se si vuole bene alla propria compagna a volte si sceglie di dirle di farsi un’altra vita Di articoli sugli affetti delle persone detenute in questi anni ne abbiamo scritti tantissimi, ma credo che quando si tratta delle famiglie che hanno un loro caro in carcere non è mai abbastanza. In questi mesi stiamo cercando di affrontare una battaglia pacifica, che riguarda una cosa sacrosanta che ogni essere umano dovrebbe avere, cioè l’affetto dei propri famigliari. Basterebbe poter chiamare al telefono in maniera libera le persone che sono importanti per la nostra vita, e avere la possibilità di fare dei colloqui con un pò di intimità, cioè passare del tempo con i propri cari in una stanza, senza dover stare con venti o trenta persone che fanno il colloquio con te e gli agenti che ti controllano, e tu non puoi dare liberamente segni di affetto come vorresti alla tua famiglia. Purtroppo in questi anni su queste questioni si sono alzati polveroni: a proposito dei colloqui intimi in carcere qualche giornale ha parlato di "celle a luci rosse", e quando abbiamo chiesto che le telefonate fossero liberalizzate hanno cominciato a dire che "anche i mafiosi potrebbero telefonare a chi vogliono e magari far fare degli omicidi su commissione". Ora vi spiego un po’ come stanno davvero le cose. Per quel che riguarda i colloqui intimi, non si tratta affatto di spazi come case d’appuntamento, ma cose semplici come far fare i compiti ai propri figli, mangiare insieme come una famiglia normale, non traumatizzare i figli minori con l’allontanamento brusco del proprio genitore, e magari evitare tanti divorzi. Perché la fine del matrimonio è una cosa che succede tantissimo dentro le carceri, se si vuole bene alla propria compagna a volte si sceglie di dirle di farsi un’altra vita, perché non è giusto che una donna ti aspetti per anni senza avere il calore di un uomo che le stia vicino, o forse perché non stando vicino ad una persona si spegne qualcosa dentro, che con il carcere di mezzo non si potrà mai riaccendere, e questa è una cosa che segna sia te che la tua compagna. Invece a proposito della liberalizzazione delle telefonate, forse non si sa che tutte le telefonate sono registrate, però nessuno dice che i detenuti ristretti in regimi di alta sicurezza possono effettuare solo due telefonate al mese e chi è nel regime duro del 41 Bis può effettuare una sola telefonata al mese, e la famiglia è costretta a ricevere la telefonata del proprio caro nel carcere più vicino a casa, e queste mi sembrano altre piccole crudeltà aggiuntive. Questa nostra battaglia per gli affetti è genuina e non stiamo chiedendo nulla di impossibile, ma un diritto, che è quello di essere ancora degli esseri umani, e di essere presenti nella vita delle persone a cui teniamo. Per questo spero che anche chi legge questo articolo aderisca ad una battaglia che dà una speranza a chi con quella speranza ci vive, come le nostre famiglie e le persone che per anni non vedranno più la libertà. Luca Raimondo Giustizia: riforma Orlando; "sì" con riserve dall’avvocatura organizzata di Gabriele Ventura Italia Oggi, 22 settembre 2014 Le proposte di correzione che le associazioni forensi fanno al ministro sul pacchetto civile. Riforma della giustizia Orlando promossa con riserva. Servono incentivi fiscali per dare gas alla negoziazione, una task force ad hoc composta da avvocati per abbattere l’arretrato, un adeguato stanziamento di fondi per il completamento delle piante organiche. Sono queste, in sostanza, le richieste dell’avvocatura al ministro della giustizia, Andrea Orlando, affinché il pacchetto di riforma della giustizia possa effettivamente dare i suoi frutti. Già, perché secondo la categoria, che a Italia Oggi Sette - Affari Legali, ha dato i voti, punto per punto, alla riforma, le misure potranno effettivamente essere valutate solo alla luce dell’approvazione di tutti i provvedimenti messi in campo, decreto legge e deleghe. "Non mancano gli aspetti controversi", commenta Nicola Marino, presidente dell’Oua, "ma anche sono evidenti i frutti, seppur parziali, di un dialogo durato diversi mesi. Nel merito: la negoziazione può abbattere notevolmente i tempi di risoluzione delle controversie, senza comprimere i diritti, ma è solo un primo passo di un processo di cambiamento che deve prevedere anche lo stanziamento di risorse adeguate per il reclutamento di magistrati e personale e per la riorganizzazione degli uffici". "Necessario, però", puntualizza Marino, "introdurre incentivi fi scali, come per l’arbitrato per le cause pendenti, per favorire positivamente le soluzioni alternative stragiudiziali. Il ministro Orlando sembra aver già recepito queste nostre prime osservazioni". "Sul fronte dello smaltimento dell’enorme arretrato", continua il presidente Oua, "non bastano 400 ausiliari come preventivato e deciso dal ministero di Giustizia, serve una task force ad hoc, con avvocati con precisi limiti di età, che intervenga in modo straordinario su questo nodo irrisolto". "Infine", conclude il presidente Oua, "solo per citare alcuni altri spunti: auspicabile l’estensione della negoziazione assistita nel divorzio breve anche alle famiglie con minori. Giudichiamo sbagliata la previsione di un divorzio breve senza avvocati: un danno per i soggetti più deboli nel processo di separazione. Bene sulla responsabilità civile dei magistrati. No invece netto al pagamento delle spese per chi perde una causa: il cittadino ha già contribuito onerosamente per accedere alla giustizia e per vedere soddisfatto un diritto, questa sarebbe un’assurda, ulteriore penalizzazione". Giudizio positivo anche da parte del presidente dei giovani avvocati dell’Aiga, Nicoletta Giorgi. "Ogni iniziativa che vada nel segno del recupero di efficienza del servizio giustizia e dell’effettività della tutela dei diritti dei cittadini non può che essere apprezzata", afferma, "ci auguriamo che continui il confronto con l’avvocatura sul percorso di riforma e che questa non venga arrestata dai veti incrociati della politica. I margini di miglioramento di certe misure sono senz’altro significativi, mancando delle previsioni di raccordo con la normativa in essere e con la reale gestione del procedimento in Tribunale". "Inoltre", continua Giorgi, "sotto certi aspetti, ci si attendeva una prova di maggior coraggio dal Governo, specie nell’adozione di adeguate misure di incentivazione fi scale, in mancanza delle quali le improntate misure di degiurisdizionalizzazione rischiano di rimanere soltanto sulla carta. Attendiamo di leggere gli annunciati emendamenti in tal senso". "Sotto lo stesso profilo", conclude la presidente Aiga, "occorrerà continuare a pretendere il completamento delle piante organiche del personale giudiziario e l’adeguato stanziamento di fondi per le strutture e le dotazioni tecniche, per valorizzare e portare a risultato il percorso virtuoso che si è iniziato, ad esempio, con il processo civile telematico. La giovane avvocatura continuerà a dare il proprio contributo". A parere del segretario generale dell’Anf, Ester Perifano, per il settore giustizia servono investimenti. "Più magistrati, con retribuzioni ridimensionate, visto che percepiscono cifre ben più alte rispetto ai loro colleghi europei", afferma, "occorre bandire i concorsi per avere più personale di cancelleria, che sia dunque anche più giovane e più preparato alla gestione del processo telematico, e più fondi proprio per far funzionare bene il Pct, che nonostante il grande sostegno profuso dall’avvocatura, va avanti a stento in molte zone del paese". Giustizia: al congresso dei penalisti passa la linea più critica sul confronto con il governo di Sandra Fischetti Ansa, 22 settembre 2014 Dopo due giorni di dibattito, al congresso dei penalisti passa la linea più critica sul confronto con il governo sulla riforma della giustizia, con la scelta di Beniamino Migliucci come nuovo leader. Ma il neopresidente assicura subito che il dialogo con l’esecutivo continuerà e giudica fisiologiche le divisioni emerse: "non c’è una spaccatura, noi non abbiamo correnti; è stata invece un’ importante prova di democrazia e da domani lavoreremo tutti insieme". Anche i numeri della sua elezione confermano però che dentro l’Unione delle Camere penali ci sono sensibilità diverse sul tema caldo del rapporto con il governo: a Migliucci sono andati 195 voti, contro i 150 ottenuti dal suo diretto concorrente, Salvatore Scuto, presidente della Camera penale di Milano, che aveva posto come centrale il metodo del dialogo di fronte a uno scenario politico "nuovo" e invitato l’Ucpi a incoraggiare i primi "timidi tentativi di recuperare il primato della politica" nel dibattito sulla giustizia, rispetto al condizionamento dei giudici. E se è unanime il giudizio negativo sulla riforma del governo, soprattutto perché ha escluso interventi sull’assetto costituzionale della magistratura, tra i penalisti sono emerse differenze di valutazione sui primi risultati ottenuti dal confronto della giunta uscente con il ministro Orlando, consistite soprattutto nella cancellazione di alcune ipotesi di intervento su impugnazioni e prescrizione giudicate particolarmente preoccupanti. "Simpatico ma evasivo", aveva detto del Guardasigilli ieri Migliucci nel suo intervento al Congresso. Ma oggi, a elezione avvenuta e suggellata da un abbraccio con lo sconfitto Scuto, i toni sono diversi. Il neopresidente garantisce non solo che l’ interlocuzione con il ministro continuerà ma, evidenziando che "la politica deve trovare il coraggio per riaffermare il proprio ruolo" rispetto al condizionamento della magistratura - che rappresenta un "ostacolo" alla "vera riforma" della giustizia - si dice certo che "alle parole di Orlando e Renzi seguiranno i fatti". Tra le richieste al governo resta in cima la separazione delle carriere, con "un giudice terzo e non più collega del pm". E sul processo penale, Migliucci avverte: "al governo diciamo che la durata ragionevole non si raggiunge con le scorciatoie che possono comprimere le garanzie e che va cancellato il doppio binario: le regole devono essere uguali per tutti i processi". Mentre sulla questione carceri, oltre all’impegno immutato per l’amnistia e l’indulto, resta la richiesta di "cancellare le storture del 41 bis", per tutti quelli che vi sono sottoposti, anche per il boss Bernardo Provenzano, "perché il diritto è uguale per tutti". Migliucci: a governo chiediamo vera riforma "Una vera riforma della giustizia, con un giudice terzo e non più collega del pm nel processo". Appena eletto presidente, Beniamino Migliucci, conferma che questa resta la priorità dell’Unione delle Camere penali, la questione su cui intende continuare a incalzare il governo; e assicura che con l’esecutivo proseguirà il dialogo: "continuerà l’interlocuzione che c’è sempre stata con la politica e da ultimo con il ministro della Giustizia Orlando che ci ha onorato della sua presenza al nostro Congresso". Su questa strada "l’ostacolo è la magistratura", sottolinea, ribadendo che "la politica deve trovare il coraggio per riaffermare il proprio ruolo. Noi siamo convinti che alle parole di Orlando e Renzi seguiranno i fatti". Interventi costituzionali sulla giustizia, ma non solo: "al governo diciamo che la durata ragionevole dei processi non si raggiunge con le scorciatoie che possono comprimere le garanzie e che va cancellato il doppio binario: le regole devono essere uguali per tutti i processi". Mentre sulla questione carceri, oltre all’impegno per l’amnistia e l’indulto, resta la richiesta di "cancellare le storture del 41 bis". "il diritto è uguale per tutti", risponde a chi gli chiede se questo discorso valga anche per Bernardo Provenzano. Quagliariello: per riforma essenziale confronto con avvocatura "Nel giorno conclusivo del congresso dell’Unione delle Camere Penali desidero, a titolo personale e a nome del Nuovo centrodestra, rivolgere un ringraziamento non retorico a Valerio Spigarelli per il lavoro di questi anni, nei quali il dialogo mai subalterno e la critica mai distruttiva hanno consentito alla politica di focalizzare le istanze dell’avvocatura penale italiana e i diritti di difesa dei cittadini che essa rappresenta. A Beniamino Migliucci sinceri auguri di buon lavoro, con l’auspicio che questa stagione di riforme possa giovarsi di un proficuo confronto e di una costruttiva collaborazione con la nuova dirigenza e con l’avvocatura italiana". Lo dichiara Gaetano Quagliariello, coordinatore nazionale del Nuovo centrodestra. Giustizia: penalisti divisi su falso in bilancio e auto-riciclaggio, ok interventi sui magistrati di Gabriele Ventura Italia Oggi, 22 settembre 2014 Bocciati senza appello il ritorno del falso in bilancio, il nuovo reato di auto-riciclaggio e le modifiche al codice penale e di procedura penale. Le prime due sono norme "di bandiera, in realtà non necessarie", mentre le modifiche ai codici avranno l’unico effetto di aumentare i giudizi meno garantiti. È il parere dell’Unione delle camere penali sul disegno di legge recante "Contrasto a criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti", che fa parte del pacchetto di misure della riforma della giustizia messo a punto dal Guardasigilli, Andrea Orlando. Nel dettaglio, secondo l’Ucpi, il ritorno del falso in bilancio è una "norma inutile", mentre il reato di auto-riciclaggio è dannoso perché "crea un reato accessorio ma punito con pena molto più elevata rispetto al reato con cui si crea la provvista economica e, comunque, non commisurata al bene giuridico protetto dalla norma penale". "Inoltre", continuano i penalisti, "essendo punito solo il reimpiego in attività economiche e non quello in spese voluttuarie, la norma colpisce paradossalmente la condotta in astratto di maggior utilità sociale". Voto 3, da parte dell’Ucpi, anche alle modifiche al codice penale e di procedura penale, ovvero l’allargamento dei presupposti per la confisca, gli interventi in materia di corruzione e concussione, l’inasprimento delle pene per il reato di associazione a delinquere. "La valutazione è negativa in quanto si aumentano i casi di doppio binario, ossia di giudizi meno garantiti", affermano le Camere penali, "in particolare in tema di confisca e prevenzione si allargano i casi di procedure di grande afflittività associata al diritto di difesa ridotto all’osso. Quanto agli inasprimenti, non occorrono perché le pene sono già elevate: è il solito modo di fare demagogia spicciola". Giudizio positivo, da parte dell’Ucpi, invece, al disegno di legge sulla responsabilità dei magistrati, e in particolare all’ampliamento dell’area di responsabilità, superamento del filtro, certezza della rivalsa nei confronti del magistrato, coordinamento con la responsabilità disciplinare. "Colma le lacune di una legge che non ha funzionato", afferma l’Ucpi, "l’intervento non è punitivo, come l’Anm vuole far credere (è stata esclusa l’azione diretta contro il magistrato) ma si dovrà sorvegliare che in fase di stesura della legge non vengano inserite ad arte clausole che ostacolino l’accesso al giudizio civile". È positivo, invece, il parere dell’Organismo unitario dell’avvocatura riguardo alla reintroduzione del reato di falso in bilancio e al nuovo reato di auto-riciclaggio, mentre riguardo le modifiche al codice penale e di procedura penale "l’intervento è positivo ma necessita di ulteriore approfondimento". Promosso, dall’Oua, anche il ddl sulla responsabilità dei magistrati, mentre per la riforma organica della magistratura onoraria e le disposizioni sui giudici di pace "bisogna precisare i criteri di qualità e la valutazione di competenza". A parere dell’Aiga, invece, riguardo gli interventi in materia penale "il vizio genetico della riforma sta nel non avere inciso sui principali problemi del mancato funzionamento del processo" e "gli ultimi interventi normativi hanno continuamente inasprito le pene senza ottenere i risultati sperati". Positivo, invece, il giudizio sul ddl sulla responsabilità dei magistrati: "si va nella giusta direzione, l’auspicio è che la magistratura non si chiuda al confronto, dal quale la riforma potrà uscire migliorata". Positivo, secondo Aiga, anche il ddl che delega il governo alla riforma organica della magistratura onoraria, "per l’attenzione alla professionalità del servizio della magistratura onoraria per quanto riguarda accesso, formazione e trattamento economico". Anche Anf boccia gli interventi del ministro Orlando in materia penale: "la reintroduzione dei reati, così come formulati, è dannosa perché introduce sanzioni scollegate da una precisa analisi del disvalore del fatto. Esprimiamo anche giudizio negativo sulla modifica dell’istituto della prescrizione e in particolare sulla sua sospensione". Quanto al ddl sulla responsabilità dei magistrati, invece, Anf giudica l’intervento utile, "ma occorre contemperare con attenzione i diversi interessi in gioco, poiché una magistratura timorosa non è funzionale a un ordinato sviluppo socio economico della società". Invece, il ddl sulla riforma organica della magistratura onoraria è giudicato, da Anf, "largamente insufficiente. Si presenta confuso, ma soprattutto stabilizza indiscriminatamente fi gure che sono entrate senza alcun vaglio di competenze e qualità". Giustizia: Roberti (Procuratore Nazionale Antimafia); abolire appello e ridurre avvocati La Presse, 22 settembre 2014 "Una delle riforme fondamentali da fare ma non ne vedo traccia in quella attuale è quella del grado d’appello, che andrebbe abolito o ridotto, e quella del numero degli avvocati: ce ne sono troppi in Italia". Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, intervenendo all’anteprima, al Prix Italia della Rai, del documentario "Mafia: affari sporchi in Europa", in onda su Rai storia mercoledì 24 settembre alle 21 e 30, per il ciclo Diario civile. "Gli avvocati in Italia - ha spiegato il procuratore all’Auditorium Rai di Torino - ci sono oltre 250mila avvocati, cioè 84 per ogni giudice. Il numero dei legali concorre alla durata del contenzioso e dei processi, bisognerebbe avere il coraggio di prevedere il numero chiuso nelle facoltà universitarie e nelle procedure di accesso alle professioni". "Non voglio entrare - aveva premesso a proposito della riforma della giustizia del governo Renzi - in questo terreno, diventato luogo di polemica e non di confronto democratico. Le cose le dirò in commissione parlamentare e nella relazione antimafia di fine anno. Mi sono già espresso sulla prescrizione, sull’auto-riciclaggio e sul falso in bilancio. Bisogna poi vedere come si realizzano, ci sono da fare delle riforme necessarie, non conosco ancora i testi ma penso che occorra intervenire sui tempi del processo civile e penale". Giustizia: negoziazione assistita, una scommessa. Nuova procedura per evitare il tribunale di Francesca Barbieri e Valentina Melis Il Sole 24 Ore, 22 settembre 2014 Un bacino di almeno 640mila liti di lavoro l’anno, per altrettanti dossier che potrebbero passare dagli uffici del ministero del Lavoro agli studi degli avvocati, con l’obiettivo di cercare una soluzione attraverso la negoziazione assistita, la nuova procedura introdotta dal decreto legge di riforma della giustizia in vigore da sabato 13 settembre e in attesa di essere convertito in legge (Dl 132/2014, articolo 7). Sono state infatti 31.900 le nuove controversie approdate nelle direzioni provinciali del Lavoro nel primo semestre del 2014, per cercare una conciliazione, e se ne stimano 63.800 su tutto l’anno, in lieve calo rispetto alle 7omila del 2013. Peraltro, le conciliazioni nelle sedi ministeriali sono solo una fetta di tutti i tentativi di evitare il tribunale, che si svolgono anche sul territorio negli uffici sindacali o presso le commissioni di certificazione (ma in questi ultimi due casi, il dato nazionale è più difficile da ricostruire). In base alle statistiche disponibili, tra i settori in cui si litiga di più spiccano commercio e industria manifatturiera (entrambi con il 17% di controversie, tra quelle aperte nei primi sei mesi del 2014), ma anche il comparto delle attività di servizi, che rappresenta il "ring" di oltre una lite su tre. Le conciliazioni non sono sempre facili da raggiungere: a fine giugno restavano aperti quasi 23mila dossier, la maggior parte dei quali attivati da più di 60 giorni. Per accorciare i tempi, il Dl 132/2014 inserisce la "negoziazione assistita da un avvocato" tra le procedure di conciliazione per le quali è ammessa la rinuncia o la transazione sui diritti del lavoratore fissati da norme inderogabili. L’obiettivo è arrivare a un accordo sottoscritto dalle parti e dagli avvocati, che non sarà impugnabile, anzi sarà titolo esecutivo, senza la necessità di ulteriori adempimenti. Sul tavolo della trattativa fra legali potranno esserci tutte le materie su cui oggi è possibile conciliare nelle altre sedi davanti al giudice, alle direzioni del Lavoro, o negli uffici dei sindacati): dalla retribuzione all’indennità di preavviso, dalle ferie non pagate al licenziamento. A essere esclusi dalla negoziazione assistita, saranno solo i "diritti indisponibili", cioè quelli legati alla persona, che non si possono trattare neanche davanti al giudice: non sarà possibile, per esempio, raggiungere un accordo che imponga al lavoratore di rinunciare alla sua libertà personale o a quella di pensiero. La negoziazione assistita dagli avvocati non elimina nessuna delle forme di conciliazione che già esistono: sarà solo una carta in più per le parti coinvolte in una controversia di lavoro. La novità introdotta dal DI 132/2014, però, attira già diverse critiche: nell’iter per la conversione in legge del decreto (che parte dal Senato), la negoziazione sulle liti di lavoro rischia di trovare un percorso tutto in salita. La mancanza di un organo terzo nella procedura è laprinci-pale criticità registrata dai sindacati. "La nuova norma - sottolinea Luigi Sbarra, segretario confederale della Cisl - prefigurala conciliazione come un’intesa tra due professionisti, mentre oggi la conciliazione in sede sindacale si fa nominando un terzo super partes. Senza contare - prosegue - che all’avvocato il lavoratore dovrà pagare la parcella, mentre la conciliazione in sede sindacale comporta un esiguo contributo sulle spese". Sulla stessa linea d’onda la Cgil: "Siamo abbastanza contrari - dice Ivano Corraini, responsabile dell’ufficio giuridico e vertenze legali - perché si rischia di danneggiare la parte più debole della vertenza, cioè il lavoratore". E la Uil rincara la dose: "Il procedimento è talmente elaborato - spiega il segretario confederale Guglielmo Loy - che i tempi scoraggeranno, nei maggior numero dei casi, anche gli avvocati. La confusione aumenta, mentre sarebbe sufficiente applicare l’articolo 414 del Codice di procedura civile, con un primo atto ben documentato e la discussione in un’unica udienza". A evidenziare possibili difficoltà interpretative è anche il mondo delle imprese. "Mentre è chiaro che i procedimenti di lavoro sono esclusi dal campo di applicazione dell’articolo 1 del decreto 132 nella parte in cui si consente il trasferimento alla sede arbitrale dei procedimenti pendenti davanti al giudice - commentano da Confindustria - non altrettanto si dice con riferimento alla negoziazione assistita obbligatoria, che quindi sembra interessare anche i crediti lavorativi che non superano il tetto dei 50mila euro, come previsto dall’articolo 2". In più "si potrebbe creare confusione nel definire il perimetro delle liti a cui si può applicare la nuova procedura: spesso i diritti indisponibili (esclusi dal campo di applicazione della negoziazione assistita) nascono da norme inderogabili (su cui le transazioni sono invece ammesse). Si tratta così di individuare quali diritti sono disponibili e quali no, tracciando una linea di non facile demarcazione". "Non solo avvocati per gestire la novità" Includere i consulenti del lavoro tra i professionisti che possono tutelare le parti nella nuova negoziazione assistita per le liti sui diritti dei lavoratori. È la richiesta di Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine, che ha scritto una lettera ad hoc, il 9 settembre, al ministro della Giustizia Andrea Orlando. Presidente Calderone, nel Dl 132 c’è scritto che gli avvocati, nella negoziazione, certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. Potrebbero farlo anche i consulenti del lavoro? I consulenti del lavoro fanno quasi quotidianamente attività legate alla conciliazione tra aziende e lavoratori. Il legislatore ha sancito questo ruolo, nel tempo, trasferendolo in provvedimenti di legge. Ad esempio, sia i consulenti del lavoro, sia gli avvocati, possono rappresentare le parti nella conciliazione obbligatoria presso le direzioni territoriali del Lavoro prevista dalla legge 92/2012 sui licenziamenti per giustificato motivo oggettivo. Inoltre, il legislatore ha concesso solo al nostro Ordine di istituire le commissioni di certificazione e conciliazione delle controversie in materia di lavoro. Siamo quindi candidati, a pieno titolo, a svolgere la nuova negoziazione assistita nelle controversie di lavoro. La negoziazione assistita servirà a ridurre le liti in tribunale? Prima della legge 183/2010, la conciliazione era condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria. Visti i risultati modesti raggiunti, è diventata facoltativa e si sono moltiplicate le sedi presso cui poter conciliare. Ora si aggiunge un’ulteriore modalità. Questo dimostra forse che per diminuire il contenzioso non basta operare a valle, ma bisognerebbe incidere a monte, semplificando le normative. Giustizia: Servizi segreti nelle carceri, il "Protocollo farfalla" secondo Tamburino e Ardita Il Fatto Quotidiano, 22 settembre 2014 C’è il verbale dell’ex capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria Giovanni Tamburino, e quello super riservato del pentito Sergio Flamia, le intercettazioni in carcere di Totò Riina e Alberto Lorusso e la deposizione in aula dell’ex dirigente Dap Sebastiano Ardita. Tutti elementi raccolti nell’ambito dell’indagine sulla Trattativa Stato - mafia, e che adesso vanno a comporre un nuovo fascicolo: la procura di Palermo ha infatti un’inchiesta sul cosiddetto Protocollo Farfalla, l’accordo segreto stipulato tra i servizi segreti e l’amministrazione penitenziaria per gestire il flusso d’informazioni proveniente dai penitenziari di massima sicurezza. Nel 2004, quando a capo del Sisde c’era Mario Mori e ai vertici del Dap sedeva Gianni Tinebra, gli 007 avrebbero siglato un vero e proprio patto scritto coi vertici del Dap, per avere accesso esclusivo ai detenuti in regime di 41 bis. Rapporti borderline tra le barbe finte dell’intelligence e le carceri italiane, che sarebbero continuati anche dopo il 2007, quando, come documentato anche dalla Commissione Parlamentare Antimafia, vengono emanate nuove norme per meglio regolamentare quanto previsto dal Protocollo Farfalla. Il primo a farne cenno in un’aula di tribunale era stato il pm Sebastiano Ardita, deponendo come teste al processo di primo grado per la mancata cattura di Bernardo Provenzano. Ora sull’argomento è tornato anche Giovanni Tamburino, a capo del Dap fino al maggio scorso. Sentito dai pm Roberto Tartaglia, Nino Di Matteo e Vittorio Teresi, Tamburino ha raccontato di "non potere escludere" l’esistenza del protocollo, aggiungendo anche di aver ricevuto da parte dei servizi segreti la richiesta d’informazioni dettagliate su "due o tre detenuti". Uno di questi è Rosario Pio Cattafi, il boss di Barcellona Pozza di Gotto, che qualcuno chiamava "Sariddu dei Servizi Segreti", e autore di alcune dichiarazioni davanti ai pm inerenti all’inchiesta sul patto segreto tra mafia e istituzioni. Agli atti dell’inchiesta ci sono però anche i verbali di Sergio Flamia, il pentito di Bagheria, autore a fine 2013 di alcune dichiarazioni che alleggeriscono la credibilità di Luigi Ilardo, il boss che nel 1995 voleva portare i carabinieri nel casale di Mezzojuso dove si nascondeva Provenzano, poi assassinato poco prima di diventare formalmente un collaboratore di giustizia. Flamia, prima di mettere a verbale le dichiarazioni che screditano Ilardo, era stato intercettato mentre ripercorreva le fasi di una sua presunta collaborazione con i Servizi. È per questo che i pm sospettano un’infiltrazione dell’intelligence per manipolare le dichiarazioni di Flamia: il pentito bagherese, in alcuni verbali top secret, ha raccontato di aver ricevuto in carcere visite di alcuni agenti dei servizi anche dopo l’inizio della sua collaborazione coi magistrati. Dichiarazioni che saranno tutte depositate al processo d’appello contro Mario Mori e Mauro Obinu per la mancata cattura di Provenzano il prossimo 26 settembre, quando il procuratore generale Roberto Scarpinato chiederà la riapertura della fase dibattimentale. Il fascicolo aperto dalla procura raccoglie anche le intercettazioni carpite nell’ora d’aria in carcere a Totò Riina e Alberto Lorusso. Il 9 settembre 2013, le microspie della Dia registrano il detenuto pugliese, sempre informatissimo su argomenti di cronaca giudiziaria, mentre tira fuori l’argomento Protocollo Farfalla. "C’è uno scontro - dice - una guerra tra la Procura ed i servizi segreti e c’è questo, Protocollo Farfalla, una cosa segreta, per fare in modo che non escono le notizie perché vanno alla Procura. L’ha detto questo Alfano un mese fa quando affacciò alla televisione: il protocollo farfalla, quando si parlava dell’agenda rossa". Riina, risponde subito criptico. "I servizi segreti hanno spalle, ovunque, ne hanno avuto assai i servizi segreti informazioni. Perciò questo colloquio quando diciamo che lo facciamo… quando lo possiamo fare". Ed è sempre Lorusso che in un’altra occasione informa il capo dei capi di come alcuni pm della procura di Palermo avessero intenzione di presenziare in aula durante il processo sulla Trattativa per manifestare solidarietà al collega Di Matteo, condannato a morte da Riina. Un’informazione che era contenuta solo nella mailing list dei pm, tra l’altro mai messa in pratica: come fa dunque Lorusso, detenuto al 41 bis, a conoscere le e-mail riservate della procura? Quando i pm lo vanno a interrogare in carcere, chiedendogli di suoi possibili contatti con agenti dei servizi, l’uomo cimice risponderà serafico con un’alzata di spalle: "È inutile parlare di queste cose". Giustizia: intercettazioni; diminuisce la spesa per il ministero, 237 milioni nel 2013 Adnkronos, 22 settembre 2014 Nel 2013 il ministero della Giustizia ha speso 237 milioni di euro per le intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, accumulando un debito di circa 35 milioni rispetto ai 201.801.120 disponibili. È quanto si evince dalla relazione sullo stato delle spese di Giustizia trasmessa al Parlamento dal dicastero di via Arenula, aggiornata al secondo semestre dello scorso anno e al primo di quest’anno. A questa spesa vanno inoltre aggiunti 27.036.960 spesi nel 2013, ma serviti a sanare debiti che risultavano da saldare alla fine del 2012. Il trend della spesa continua comunque ad essere in diminuzione, visto che si è passati dai 300/280 milioni di euro rilevati, rispettivamente, negli anni 2009 e 2010, ai circa 260 milioni del 2011, ai circa 250 del 2012 fino appunto ai 237 dello scorso anno. Dati, spiega la relazione ministeriale, che fanno riferimento alla spesa per intercettazione liquidata dal magistrato, senza quindi registrare le fatture presentate dalle società operatrici ma non ancora liquidate. Nel primo quadrimestre del 2014 invece gli uffici giudiziari hanno sostenuto una spesa di circa 85 milioni di euro, a fronte di uno stanziamento di bilancio che per l’anno in corso è stato fissato in 189.801.120 euro, anche se si presume che alla fine la spesa arriverà circa 235 milioni. Una previsione, spiegano ancora a via Arenula, quantificata sulla base dei dati relativi ai primi quattro mesi di quest’anno, "tenendo altresì conto del trend in diminuzione della spesa osservato negli ultimi tre esercizi. Anche per le intercettazioni, come per la generalità delle spese di giustizia, si deve tener presente che non è possibile prevedere, con precisione, quella che potrà essere la spesa di un dato anno in quanto detta tipologia di spesa è fortemente condizionata da imprevedibili esigenze processuali, nonché dai tempi con cui gli uffici giudiziari procedono alla liquidazione delle fatture (che avviene con decreto del magistrato); attività questa che, tra l’altro, risente delle note carenze di personale che da anni affligge gli uffici giudiziari". In ogni caso la dotazione di bilancio per quest’anno è stata ridotta, in quanto con interventi normativi degli anni scorsi è stato stabilito che il ministero della giustizia "è tenuto ad adottare misure volte alla razionalizzazione dei costi dei servizi di intercettazione in modo da assicurare risparmi di spesa non inferiori a 40 milioni a decorrere dall’anno 2013". Inoltre la legge di stabilità del 2012 ha previsto risparmi di spesa per 10 milioni di euro da conseguire stabilendo un canone annuo forfettario per i costi sostenuti dagli operatori telefonici, "determinato anche in considerazione del numero e della tipologia delle prestazioni complessivamente effettuate nell’anno precedente". Il capo dipartimento dell’Organizzazione giudiziaria, ricorda ancora la relazione, ha quindi avviato un tavolo di lavoro interdipartimentale, con la partecipazione dei capi delle Procure più rappresentative (sul piano della spesa per intercettazioni) e che dovrebbe concludersi (a seguito di gara unica nazionale divisa in più lotti) con la scelta delle società di noleggio degli apparati cui affidare il servizio, in modo da conseguire "consistenti risparmi di spesa". "Tuttavia, il processo per addivenire alla individuazione dei soggetti cui affidare il servizio è particolarmente complesso e delicato, stante anche la necessità di soddisfare le esigenze investigative degli uffici giudiziari, di assicurare una elevata qualità del servizio ed evitare, nel contempo, la formazione di mercati di monopolio. Pertanto è plausibile che la riorganizzazione del servizio in atto potrà produrre gli effetti sperati soltanto a decorrere dal prossimo esercizio. Anche il processo con il quale si dovrà stabilire un canone annuo forfettario per il ristoro dei costi degli operatori telefonici potrà produrre gli effetti stimati, in termini di risparmi di spesa, a decorrere dal prossimo esercizio". Giustizia: Storace (La Destra); carcere per vilipendio? non chiedo benefici e vado in galera Ansa, 22 settembre 2014 "Tranne l’editoriale di oggi di Roberto Buonasorte sul Giornale d’Italia, tutto tace. Sembra quasi normale, in Italia, che per aver detto "indegno" - che è un giudizio e non una parolaccia - al capo dello Stato e nonostante una riappacificazione al Colle che spero sincera, si possa andare in galera. Fra un mese esatto, il 21 ottobre, rischio infatti il carcere". È quanto scrive il leader de La Destra, Francesco Storace, sulla sua pagina Facebook. Il reato è "offese al prestigio e all’onore del capo dello Stato, pena prevista da uno a cinque anni di reclusione. Se la pena è superiore ai due anni, grazie alla legge Severino - mi dicono alcuni esperti di diritto, ma non ho approfondito - potrebbe scattare la decadenza in regione e l’incandidabilità. Troppa grazia. Il procedimento fu aperto col benestare di Clemente Mastella, perché si tratta di un reato che si persegue con l’autorizzazione del ministro.... Orlando, il ministro di oggi, respinge le richieste sullo stesso argomento e per espressioni di ben più colorita gravità, diciamo. Basti pensare ai grillini o alla straordinaria penna di Travaglio. Quindi, a processo uno sì e tutti gli altri no. Anche Bossi, credo". "Tutto tace, tranne pochissimi. Gasparri, il più attivo di tutti, ha presentato un disegno di legge per abrogare il reato. Del resto, se il capo dello Stato si sente offeso, quereli direttamente come un comune cittadino, il primo della Repubblica. No, lo decide il ministro della giustizia. Poi, si sono mossi con solidarietà varie La Russa - pure lui con la proposta di legge - Giachetti del Pd, Smeriglio di Sel, Capezzone di Forza Italia, Cicchitto di Ncd e anche Gianfranco Fini. Spero nell’assoluzione. Ma se il giudice mi condanna, non voglio benefici di legge e mi presento al carcere. Se in questo paese si può andare in galera per una parola di contestazione a Napolitano, se ne devono accorgere tutti", conclude. Tempio Pausania: nel carcere di Nuchis si sperimenta la "giustizia riparativa" La Nuova Sardegna, 22 settembre 2014 Una comunità che accoglie la vittima, che include chi ha commesso il reato, che sana i conflitti piuttosto che esasperarli. Ciò che un carcere moderno dovrebbe essere, un’idea sulla quale è in corso uno studio da parte di un gruppo di lavoro che sta operando una sperimentazione partendo dalla Casa di Reclusione di Nuchis: la chiamano "giustizia riparativa" e mercoledì, con inizio alle 10 nella sala riunioni al primo piano del municipio, si svolgerà una conferenza sull’argomento. È la seconda, dopo quella del 18 giugno scorso, ed è organizzata dal dipartimento di scienze politiche, scienze della comunicazione e ingegneria dell’informazione dell’Università di Sassari, insieme alla direzione della casa di reclusione guidata da Carla Ciavarella. Il carcere di Nuchis, con questo tipo di iniziative, si avvia a diventare, primo in Italia, un laboratorio sociale di sperimentazione amministrativo-politico ad approccio riparativo-relazionale sul modello delle restorative city inglesi. Il progetto è finanziato con fondi della legge regionale per la promozione della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica in Sardegna. Il gruppo di lavoro diretto dalla professoressa Patrizia Patrizi, ordinario dell’Università di Sassari, ha deciso di sviluppare la ricerca partendo proprio dalla Gallura e intende procedere anche attraverso l’incontro ed il confronto con i rappresentanti delle istituzioni locali, le associazioni e i volontari che svolgono la loro opera al servizio degli altri (e non solo all’interno del penitenziario). Sono invitati i rappresentati delle istituzioni locali, i giudici, gli avvocati, le forze di polizia, la comunità ecclesiastica, il mondo della scuola, le associazioni di volontariato ed ovviamente la direzione del carcere, che parteciperà anche con una rappresentanza di detenuti. Alcuni mesi fa di giustizia riparativa si era parlato sempre nel carcere di Nuchis nel corso di una conferenza che aveva presentato i risultati del cosiddetto "Progetto Sicomoro", a carattere internazionale, capace di mettere a confronto per mesi, all’interno dell’istituto di pena, vittime e autori di delitti (protagonisti di vicende non collegate però direttamente fra loro). Fu uno dei momenti più belli ed esaltanti per la casa di reclusione non solo per ciò che riguarda la vita e l’attività carceraria ma anche per quanto concerne gli aspetti sociali e normativi del nostro Paese. Bolzano: Corleone; il primo penitenziario gestito da privati, ma non si sa con quali regole di Pierangelo Calegari Alto Adige, 22 settembre 2014 "Quello di Bolzano sarà il primo carcere privatizzato d’Italia. Bene. Paga la Provincia, lo gestirà un’impresa. Ma male tutto il resto. Chi controllerà le norme di convivenza, in che modo saranno garantiti i diritti? Qui hanno già deciso tutto ma non alla luce del sole. Ho l’impressione che l’abbiano fatto nascosti in un sottoscala". Franco Corleone è appena uscito da via Dante. Ha visto le celle, ha parlato con i detenuti, gli agenti. Ha visto don Bertoldi pagare di tasca sua le magliette di ricambio per chi non può permettersele. Ma il "garante delle carceri" (lo è ufficialmente della Toscana ma coordina gli altri garanti in Italia ed è stato sottosegretario alla Giustizia dal 1996 al 2001), guarda con attenzione all’oggi ma ancor più al domani. E il domani, per noi, è il nuovo carcere. Ora Bolzano ha 80 detenuti. Molti, moltissimi sono gli stranieri (54), 34 quelli con reati legati alla tossicodipendenza o a quella alcolica. "Nel nuovo ci sarà posto per 220 - dice. Che facciamo? Li andiamo a prendere in Tirolo per riempire le celle?". E dunque, forti perplessità sul progetto. E non solo in prospettiva. Già adesso. Perché guarda con preoccupazione alla nuova casa circondariale? "Innanzitutto perché è vicina all’aeroporto. Anche a Trento l’hanno fatta vicina all’autostrada. E dunque lontani dalla città. È un errore. Bisogna dialogare con queste strutture". Ma non è solo questo, no? "No, perché penso che il primo caso in Italia di privatizzazione di un carcere meriterebbe una discussione più approfondita. E invece è stato tutto deciso: progetto, bando. E senza che nessuno sappia quali criteri sono stati adottati per regolare il rapporto tra un gestore privato e i detenuti. Come sarà gestito il diritto alla privacy, all’affettività. Con quali supporti psicologici e tecnici." Ma le carceri statali non è che funzionino benissimo... "Alcune no. Spesso per mancanza di fondi. Ma lì almeno esistono le leggi". Ci sono rischi coi privati? "Faccio solo un esempio. A San Vito al Tagliamento hanno fatto il loro bell’appalto. Poi si è scoperto che i privati che l’avevano vinto erano gli stessi in galera per il Mose. È dagli anni Novanta che le "carceri d’oro" sono un problema". Forse qui siamo più virtuosi, o no? "Non c’entra la virtù. Nessuna discussione significa poche garanzie. Pensi alla libertà religiosa nelle celle, alle visite prolungate dei parenti. Dove sono le regole per Bolzano? Chi le ha scritte? Semmai siano state scritte". In Italia ci sono sempre meno detenuti... "È vero. La depenalizzazione dei reati legati alla Fini-Giovanardi e non solo, hanno fatto scendere il numero da 68mila a 45mila. E scenderà ancora. In Olanda hanno chiuso sette strutture. In sostanza va ripensata tutta la politica carceraria. Meno carceri ma più moderne, fatte meglio. Che puntino al reinserimento. Tutti questi temi sono stati pensati per Bolzano? Assolutamente no. C’è opacità sui criteri. Poca chiarezza sugli obblighi cui dovrebbe essere tenuto chi prenderà in gestione un’istituzione così sensibile. Spesso il carcere è rifugio dei deboli. Temi importanti. Perché la Provincia non apre un confronto? Sono qui e aspetto che lo facciano". Ivrea: oggi pomeriggio sarà presentata la Relazione del Garante dei detenuti Michelizza La Stampa, 22 settembre 2014 Sarà presentata oggi pomeriggio alle 17, presso la Sala Consiglio del Palazzo municipale la relazione sull’attività svolta dal Garante dei detenuti nel periodo marzo 2013 - maggio 2014. L’iniziativa è nata in collaborazione con la Presidenza del Consiglio comunale al fine di condividere i risultati della relazione dell’attività del Garante con i consiglieri comunali. Alla conferenza, alla quale è invitata a partecipare tutta la cittadinanza, sarà presente il Garante Armando Michelizza. Il Garante è stato nominato nel 2013 dal Consiglio comunale di Ivrea, con l’obiettivo di tutelare le persone limitate o private della libertà personale. Il Garante opera per favorire l’esercizio dei diritti e le opportunità di partecipazione alla vita civile delle persone detenute attraverso la promozione di iniziative realizzate in collaborazione con l’Amministrazione Penitenziaria, con il Comune di Ivrea e con gli altri enti locali del territorio. Nello svolgimento delle proprie funzioni, il Garante intrattiene rapporti con la Polizia Penitenziaria, con gli uffici legali, gli uffici del Tribunale di Sorveglianza e del Ministero di Giustizia, nonché con le Aziende Sanitarie Locali, con i Consorzi Socio Assistenziali, con le associazioni di volontariato, con le cooperative sociali, con gli enti di formazione professionale e quanti, soggetti pubblici e privati, possano essere utili per conseguire le proprie finalità istituzionali. Roma: domani e mercoledì primo congresso dei Reparti ospedalieri di Medicina Protetta di Giulio Starnini (Responsabile Scientifico del Congresso) Ristretti Orizzonti, 22 settembre 2014 Il 23 e 24 settembre si svolgerà a Roma in via G. Barellai 140, presso l’Istituto Superiore di Studi Penitenziari (Isspe), il primo convegno nazionale dei reparti ospedalieri di Medicina Protetta, organizzato dalla Società italiana di Medician e Sanità Penitenziaria in collaborazione con l’Isspe. L’incontro nasce dalla necessità di condividere scelte, percorsi, di essere trasparenti, di fare piazza pulita da pregiudizi ( vedi il caso Cucchi). Parteciperanno medici, magistrati, Dirigenti di Aziende Sanitarie poliziotti penitenziari, Dirigenti dell’Amministrazione Penitenziaria, Direttori di Istituto Penitenziario, volontari, infermieri, educatori, psicologi ,garante dei Detenuti e tutte le altre figure professionali che lavorano direttamente o indirettamente in questi reparti. Per maggiori approfondimenti si allega programma del Convegno e il sito di riferimento www.sanitapenitenziaria.org. Siracusa: il ministro Orlando apre conferenza internazionale su confisca 9Colonne, 22 settembre 2014 Oggi e domani Siracusa ospita, presso la sede dell’Istituto internazionale di studi superiori in scienze criminali (Isisc), la conferenza internazionale su "Mutuo riconoscimento delle sentenze e aggressione ai patrimoni illeciti e di confisca", organizzata dalla Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea in collaborazione con la Commissione europea e il ministero della Giustizia. A 15 anni dalla decisione del Consiglio Europeo di Tampere sul principio del reciproco riconoscimento quale fondamento della cooperazione giudiziaria sia in materia civile che penale all’interno dell’Unione europea, operatori ed esperti provenienti dai 28 Stati Membri si incontrano per fare il punto in tema di mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie e confisca di patrimoni illeciti. Ad aprire oggi i lavori della prima giornata sarà il guardasigilli Andrea Orlando con una sessione introduttiva della Conferenza a cui prenderanno parte anche il Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, il vice presidente dell’Isisc Alfonso Maria Stile, la parlamentare europea Caterina Chinnici e il rappresentante della Commissione europea Olivier Tell. La due giorni di Siracusa costituirà l’occasione per un confronto sul tema dell’aggressione dei patrimoni criminali illecitamente costituiti sotto l’aspetto del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie e della confisca, nonché per verificare il livello di aspettative in materia nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e fornire un contributo di indirizzo alla nuova Commissione Europea. Aosta: dalle celle al Criptoportico con "Plaisirs de culture", il trionfo dei detenuti-attori di Francesca Soro La Stampa, 22 settembre 2014 Oltre un minuto di applausi per lo spettacolo teatrale realizzato da alcuni carcerati di Brissogne con la regia di Andrea Damarco. Progetto nuovo e innovativo" lo ha definito il presidente della Regione, Rollandin. "Non convenzionale, fuori dagli schemi, bellissimo" lo hanno definito gli oltre 80 partecipanti autori di una standing ovation di oltre un minuto nel Criptoportico Forense. Lo spettacolo "Nessuno - azione teatrale rinchiusa per riconsiderare "il viaggio", ideato da alcuni detenuti di Brissogne diretti da Andrea Damarco e messo in scena venerdì per inaugurare l’apertura dei 9 giorni di "Plaisirs de culture", "è un esempio clamoroso di collaborazione tra carcere e assessorato all’Istruzione e cultura" dice Maurizio Bergamini, presidente dell’Associazione valdostana volontariato carcerario. Lo confermano l’assessore Emily Rini e il Sovrintendente ai beni culturali Roberto Domaine che sottolinea come "la cultura in questo caso non apra solo le menti, ma anche l’anima". Ha sorpreso la performance dei 7 attori detenuti che, su una sceneggiatura in parte autobiografica in bilico tra dramma, umorismo e speranza, hanno rivelato presenza scenica e capacità interpretativa di tutto rispetto: dalla Cina, dal Congo, dall’Africa del Nord e dall’Italia, si sono mossi con sicurezza e eleganza, lontanissimi da ogni stereotipo. "Mai avrei pensato di provare il teatro prima del carcere" dice Antonio, meno di un anno alla libertà. "Comunque ci avevano promesso un’oretta fuori e invece siamo sotto terra" aggiunge ridendo. "In carcere c’è fame di cultura - continua Bergamini - e noi vorremmo che queste iniziative portassero a una formazione culturale continua, a una scuola vera e propria in carcere". Il reinserimento nella società è l’obiettivo primario della detenzione. "Piaccia o non piaccia, la casa circondariale fa parte del territorio - dice la neo direttrice della struttura di Brissogne Francesca Daquino - e non può essere solo l’istituzione penitenziaria a farsi carico di questo scopo: lo spettacolo di oggi mi sembra un messaggio chiaro in questa direzione". Padova: Polisportiva "Pallalpiede", ovvero calcio in carcere… in punizione chi non corre di Alberta Pierobon Il Mattino di Padova, 22 settembre 2014 Si è fatto grande il calcio, sabato, nel più ristretto dei campi. Quello del carcere Due Palazzi di Padova, il penale, nato per contenere 380 persone; capienza al limite del tollerabile: 700; attuale, intollerabile, numero di detenuti: 800. Giusto per dare un panorama alla partita, la prima del campionato di terza categoria, girone B, al quale è nuova iscritta, con tutti i crismi e con una rosa di 32 giocatori albanesi, maghrebini, nigeriani e due italiani, tutti tesserati Figc, la Polisportiva Pallalpiede. Il mister. Grande calcio, di vita e solidarietà, ieri, con quegli undici più una botta di riserve che l’allenatore Valter Bedin, 51 anni, prof. di educazione fisica a Vicenza, un pezzo d’uomo che con rigore e simpatia fa filare dritti come righelli i 30 Pallalpiede. Non deve essere una passeggiata. Ore 14.50. Cielo color grigio-carcere, pioggia, dalle celle vista campo del penale le sbarre incorniciano un assieparsi di facce, sventola una bandiera albanese: sono i tifosi. Fanno quello che possono, incitano urlando e le loro grida fanno a gara con quelle della popolazione di pingui gabbiani, stanziale al Due Palazzi, che non si perde un’azione di gioco. Arrivano le due squadre: gli avversari sono i giocatori della benemerita Polisportiva San Precario, nata in ambito centri sociali, motto "chi ama lo sport odia il razzismo": taluni giocatori è da un po’ che entrano in carcere ad aiutare nella preparazione dei "giocatori ristretti". Pallalpiede maglia bianco-rossa contro San Precario amaranto, i nomi sono da Oscar. Uno a due è finita. Il primo tempo è tutto Pallalpiede, gambe che corrono da sole, adrenalina come piovesse (e pioveva), voglia di sprofondare mani, cuore e piedi in una condizione di umana normalità. In porta un acrobata vero. In porta sono tranquilli, c’è un acrobata: Sefa, 37 anni, albanese, faceva l’acrobata nel circo statale. "Adesso sono qui, non in cella dove ero prima. Mi sento come gli altri. È bellissimo", commenta. Giocava a calcio con la giovanile albanese. Poi, vabbè. Si è fatto grande il calcio, ieri, per quell’atmosfera solidale e uguale su tutti, il risultato dell’impegno di persone speciali che il progetto hanno messo in piedi (trattasi dell’associazione Nairi onlus con Lara Mottarlini in testa a farsi quattro). Al 25° segna Edwin, 25 anni, nigeriano, treccine e orecchino: fosse calciatore nella vita, avrebbe la coda di veline fuori dalla porta. Lo chiamano Gheddafi, perché ha lavorato in Libia: "Gioia!! Era un rigore, ho detto: tiro io. E ho segnato. Sono felice, il primo gol è stato mio". E unico, visto che gli altri due li ha segnati San Precario. L’esultanza è da brividi, perfino il direttore della Casa di reclusione Salvatore Pirruccio, che sotto l’ombrello si è visto tutta la partita con un tifo controllato ma significativo, fa un salto. Il tifo del direttore. È sempre lui che, poco dopo, quando uno dei "suoi" rallenta, se ne esce: "Corri, vaaaiii, che sennò stasera sei in punizione". Si rilassa, ché è reduce da un periodo d’inferno: un pentolone si è scoperchiato dentro al Due Palazzi, in luglio, dopo mesi di inchiesta interna e indagini di polizia: otto agenti di custodia indagati perché fornivano cocaina e cellulari a detenuti, e il suicidio di uno degli agenti e di un detenuto. C’è bisogno di rifare l’immagine al Due Palazzi. Secondo tempo. Rientrano le squadre, le divise sono infangate, i calzettoni giù, tra tutti mettono assieme un catalogo di tatuaggi che l’educazione siberiana di Lilin è roba da orsoline. Arriva il bad boy. Acclamatissimo, viene spedito in campo Alessandro, fisico dell’Armando, carattere del Balotelli: è il bad boy dei Pallalpiede, il che francamente è tutto dire. Le regole di ingaggio sul campo dipendono anche dal comportamento in carcere: risultato, ieri per lui solo un tempo, immusonito ma dirompente. Un palo da brivido. Ha giocato nella Salernitana Primavera, suoi compagni dell’epoca lo raccontano come un talento, uno da cui c’era da imparare. Ma la sua vita è andata altrove. Tutte le vite dei Pallalpiede sono andate altrove. Quella di Samir, a centrocampo, 30 anni: giocava con una squadra di Casablanca. Andò con i compagni a Francoforte per una partita e scappò. Furono guai, poi le cose si misero meglio. Il disastro arrivò 800 chilogrammi di fumo di passaggio per l’Italia che gli stanno costando 17 anni di vita. Il "Che" di Miguel. O quella di Miguel, peruviano, 27 anni, con il Che che gli occupa un intero, e rilevante, bicipite. "Ho tanta passione per il calcio e poi l’importante è stare fuori dalla cella". È grato al suo mister e al suo presidente (della polisportiva, Paolo Mario Piva, prof al Due Palazzi) ed è uno dei fortunati che lavorano, monta bici per la cooperativa Giotto. Aveva 20 anni, era in Italia in mezzo a pessimi giri: una rissa, ci scappò il morto. Per Miguel 15 anni di galera. Quando si è sparsa la voce della squadra, hanno fatto domanda in 120. La prima selezione l’ha fatta il direttore: solo detenuti comuni, sui 25-30 anni, fine pena due anni, buona condotta. Ne sono passati 70; poi è entrato in gioco il mister e ha composto la rosa di 32. "Quando passo per le celle, in tanti mi chiedono di entrare nella squadra. Purtroppo non si può", racconta Stefano Rossi, 36 anni, uno degli otto educatori (le altre sette sono donne) per 800 detenuti. Prossima partita, sabato prossimo, con l’Atletico 2000. Già, perché i Pallalpiede giocheranno sempre in casa. E non per scelta. Australia: jihadisti utilizzano un codice per continuare le attività terroristiche dal carcere www.agccommunication.eu, 22 settembre 2014 I jihadisti condannati utilizzano un codice sofisticato per continuare le attività terroristiche dall’interno del Goulburn Supermax, la prigione più sicura d’Australia. Il Sunday Telegraph riporta le dichiarazioni di funzionari dell’amministrazione carceraria australiana i quali temono che alcuni dei detenuti più pericolosi dell’Australia siano in grado di ideare atti terroristici a causa delle gravi lacune nella sicurezza, anche se sono in regime di isolamento. Nonostante sia considerato il livello più rigoroso di classificazione dei detenuti, la classificazione AA introdotto nel 2008 soprattutto per i terroristi, i detenuti, tra cui Mohammed Elomar, Mazen Touma e Faheem Lodhi, sono liberi di comunicare con il mondo esterno attraverso lettere, telefonate e visite. Immagini inedite delle condizioni carcerarie dei terroristi hanno dimostrato, sui media australiani, che i jihadisti dispongono di Tv, luce naturale e celle spaziose. I detenuti sarebbero in grado di inviare messaggi tramite altri detenuti chiamati carcere "spazzini", che entrano in contatto con i terroristi attraverso attività di lavoro, come la manutenzione e la consegna, e che sono quindi liberi di vagare nella prigione. Ad incrementare l’allerta starebbero anche le visite regolari fatte da membri della famiglia. Riporta il quotidiano che "i messaggi vengono trasferiti in molti modi. I terroristi sono sì in isolamento ma possono ancora comunicare con il mondo esterno. Non è difficile ottenere il diritto di visita; possono comunicare attraverso email, che sono autorizzati a inviare e ricevere, oltre al fatto che possono ricevere anche telefonate". Turchia: il Presidente Erdogan ammette negoziato per scambio tra detenuti Isis e ostaggi Agi, 22 settembre 2014 Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha ammesso che c’è stato "un negoziato politico", anche se nessun pagamento di riscatto, per liberare i 49 ostaggi dalle mani dei jihadisti dello Stato Islamico; Erdogan non ha neppure smentito che si sia trattato di uno scambio con terroristi dell’Isis detenuti in Turchia. "Non si può parlare in nessun modo di uno scambio monetario, ma di una contrattazione politica, diplomatica", ha detto nel corso di una conferenza stampa prima di partire alla volta di New York per partecipare la settimana prossima alla Assemblea Generale dell’Onu, E quando gli è stato chiesto delle voci secondo cui i cittadini turchi sequestrati a giugno a Mosul sarebbero stati scambiati con jihadisti detenuti in Turchia, Erdogan ha osservato che "anche se ci fosse stato effettivamente uno scambio", l’importante era il ritorno a casa degli ostaggi. Egitto: sentenza sospesa per Mahienour Masri, avvocato diritti civili, era in cella da mesi Ansa, 22 settembre 2014 Si aprono le porte del carcere per un’latra icona della Primavera araba: la sentenza di condanna a sei mesi di carcere per la celebre attivista e avvocato dei diritti umani egiziana Mahienour El-Masry è stata "sospesa" affermano i media egiziani e la donna "sarà presto libera". Anche lei come Alaa Abdel Fattah scontava una condanna per "dimostrazione illegale", reato penale nella nuova normativa approvata dopo la destituzione di Mohamed Morsi.