Giustizia: nelle carceri italiane 2 decessi su 5 avvengono per suicidio, è di nuovo allarme di Damiano Aliprandi Il Garantista, 21 novembre 2014 Il sistema penitenziario è di nuovo in allarme per l’alto tasso dei decessi e a preoccupare è in particolare l’aumento dei suicidi. "Se nel 2013 erano scesi al 30% del totale delle cause di morte fra i detenuti, la previsione per il 2014 è di un ritorno al dato storico del 40%: 2 decessi su 5 in carcere avvengono per suicidio". Lo segnalano il presidente della Società italiana di psichiatria Emilio Sacchetti e il past president Claudio Mencacci (nella foto) impegnati oggi e domani a Rimini nella Conferenza monotematica sul benessere come standard di cura della psichiatria". Disturbi dell’umore, d’ansia, psicotici e di personalità sono i problemi di salute mentale più frequenti tra i circa 60 mila ospiti degli istituti penitenziari della Penisola. Malattie che il più delle volte non nascono in carcere - precisano gli esperti - ma che in carcere possono acutizzarsi e peggiorare soprattutto a causa della difficoltà di screening diagnostici e assistenza mirata". Mencacci sottolinea che "in ogni regione sono attivi gruppi di prevenzione, ma per il suicidio esiste sempre una certa quota di imprevedibilità" e "non si esclude che i dati in materia cambino anche per fluttuazioni casuali", aggiunge Sacchetti. Quel che è certo "è che in genere in carcere i detenuti trovano tutto ciò che serve per togliersi la vita o anche solo per provarci. Capita infatti che alcuni siano suicidi ‘per errorè, nati come richiesta d’aiuto che poi sfocia in tragedia", specificano gli psichiatri. L’obiettivo della Sip è "portare davvero, a 360 gradi, l’assistenza psichiatrica nelle carceri con un focus sulla prevenzione dei suicidi", spiega Mencacci. Un intervento che "dovrebbe garantire almeno i livelli assistenziali offerti ai pazienti in libertà, altrimenti le celle rischiano di trasformarsi in una polveriera pronta a esplodere", avverte Sacchetti. Ma per un’assistenza costante ed efficace "non basta inviare in carcere per qualche ora gli psichiatri dei servizi territoriali, così come avviene oggi. A causa della carenza negli organici, infatti, si finisce per destinare a questo compito i colleghi più deboli, con poca esperienza e contratti temporanei. Dovremmo invece disporre di personale dedicato". Un pool ad hoc, conclude Mencacci, "in grado di iniziare in carcere un percorso pilotato per il recupero di questi pazienti e l’inserimento nei servizi specializzati una volta terminato il periodo di pena. È questo l’unico modo per non perderli e riportarli alla vita". Dal 2000 a oggi nelle carceri italiane si sono contati 2.363 decessi, tra cui ben 841 suicidi. Oltre agli psichiatri, a dare l’allarme sono anche diversi garanti dei detenuti. Dopo il suicidio di un detenuto campano che venerdì si è impiccato nel bagno della sua cella a Fossombrone, il Garante dei diritti dei detenuti delle Marche Italo Tanoni ha scritto al ministro Orlando perché assuma "tutti i provvedimenti necessari per porre fine a una situazione di degrado che appartiene non solo al carcere di Fossombrone, ma anche ad altre realtà delle Marche". Due i suicidi avvenuti nell’arco di poche settimane nel penitenziario, più un tentato incendio in una cella. Le criticità e i problemi del carcere di sicurezza di Fossombrone, che ospita 170 detenuti, erano stati già segnalati al Guardasigilli da Tanoni in una comunicazione dello scorso 10 ottobre, alla quale era stato allegato un esposto firmato da 100 reclusi. La casa di reclusione, costruita alla fine dell’800, ospita detenuti con Fine Pena Mai in Alta Sorveglianza e detenuti comuni, condannati per delitti gravi contro la persona e il patrimonio. Nella lettera a Orlando, che sarà trasmessa per conoscenza anche ai vertici nazionali del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, l’Ombudsman sollecita interventi anche in altre realtà penitenziarie delle Marche, come Fermo e Camerino, "in cui i detenuti sono relegati in strutture del tutto fatiscenti". Durante la presentazione del convegno "Delitti e pene: 250 anni dopo Beccaria", anche Franco Corleone, garante dei detenuti della regione Toscana, lancia l’allarme: "Anche se il problema del sovraffollamento nelle carceri è stato superato, le tragedie incombono. In Toscana sono detenute 3.367 persone su una capienza regolamentare di 3.345, quindi abbiamo quasi raggiunto la coincidenza tra capienza e presenze però anche quest’anno in Toscana ci sono stati 10 morti in carcere, dei quali 4 sono stati casi di suicidio (1 a Lucca, 1 a Pisa, e 2 a Firenze)". Ha continuato Corleone che "bisogna cambiare la qualità di vita nel carcere e trovare pene alternative che favoriscano il reinserimento sociale come i lavori socialmente utili". E ha aggiunto che "in Gran Bretagna si sta portando avanti il dibattito per abolire il carcere femminile. In Toscana le donne detenute sono 109". Il convegno in onore dell’anniversario di Beccaria, che si terrà oggi e domani (21 e 22 novembre) sarà un’occasione per riflettere sul senso della pena, sulla funzione dell’istituzione carceraria e su nuove possibili prospettive sanzionatone. Tra gli interventi previsti nella giornata di oggi, il professor Massimo Pavarini illustrerà il manifesto "No prison, senza se e senza ma". Poi si parlerà del "carcere dei diritti", delle pene alternative e della dignità degli spazi carcerari. Il professor Emilio Santoro ha fatto presente che in tutta l’Europa occidentale si sta ridiscutendo "sul senso del carcere che al di là dell’incapacità immediata non porta al reinserimento sociale". Ha detto Santoro che l’obiettivo "sarebbe quello di far scontare la pena a chi abbia condanne fino a 4 anni, con lavori socialmente utili". L’ambizione dell’incontro è quella di costruire una piattaforma capace di tracciare una riforma del sistema penale e penitenziario innovativa e credibile, prendendo le mosse da un contesto in cui importanti questioni sono ancora aperte, come il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, l’introduzione del reato di tortura, la nomina del capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del garante nazionale per i diritti dei detenuti e piena attuazione della sentenza della Corte costituzionale sulla Fini-Giovanardi. Corrado Marcetti della Fondazione Giovanni Michelucci ha infine, evidenziato che al convegno si parlerà anche di architettura carceraria, dell’importanza di "ritrovare la dignità degli spazi e dello stato dell’edilizia penitenziaria". Altro elemento legato alle morti in carcere è l’abuso della custodia cautelare. Per questo motivo numerose associazioni, o movimenti politici come i Radicali, premono affinché passi definitivamente la legge sulla limitazione dell’arresto preventivo. Premettendo che ogni decesso dietro le sbarre rappresenta di per sé un fatto inaccettabile per la civiltà del paese e per le nostre coscienze, viene da chiedersi quanti dei detenuti che muoiono ogni anno avrebbero potuto essere fuori dal carcere e, probabilmente come nel caso Cucchi arrestato preventivamente, essere ancora vivi. Le morti sono più frequenti tra i carcerati in attesa di giudizio, rispetto ai condannati, in rapporto di circa 60/40: mediamente, ogni anno in carcere muoiono 90 persone ancora da giudicare con sentenza definitiva e le statistiche degli ultimi 20 anni ci dicono che 4 su 10 sarebbero stati destinati a una assoluzione, se fossero sopravvissuti. In definitiva, ogni anno 30 - 35 dei morti in carcere erano probabilmente innocenti. A questi vanno aggiunti i condannati che avrebbero potuto essere in misura alternativa. Ci sono numerosi casi di persone che in carcere non ci dovevano essere: malati terminali, paraplegici, accusati del furto di una bicicletta, di resistenza a pubblico ufficiale, immigrati "catturati" in Questura dove erano andati a chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno, tossicodipendenti in preda alla disperazione. E se c’è una proposta di legge che ha l’intento di fermare questa barbarie, politici come Matteo Salvini o giornalisti come Travaglio, la bollano come "salva ladri". Giustizia: il sistema giudiziario italiano in 33 punti, uno scenario da Terzo Mondo di Luca Rocca Il Tempo, 21 novembre 2014 La giustizia italiana è all’impazzimento. Per i processi pendenti, lenti e ingiusti; per l’arretrato penale e civile, per il penoso stato delle carceri, per l’impunità dei magistrati, per i costi economici inaccettabili. Uno scenario, quello giudiziario italiano, che tiene lontano ogni tipo di investitore, mette i brividi anche a chi nella giustizia vorrebbe credere, spaventa i cittadini. E mentre tutto ciò non accenna a migliorare, con numeri da capogiro, si assiste, dopo 34 anni, a una sentenza di risarcimento contro Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, gli ex terroristi dei Nar condannati per la Strage di Bologna; alla nascita di una Commissione d’inchiesta sul rapimento di Aldo Moro, 36 anni dopo; ai maxi risarcimenti per i familiari delle vittime della Strage di Ustica nonostante una sentenza penale di assoluzione; alla richiesta di annullamento, per prescrizione, della sentenza di condanna nel processo Eternit. Scandagliando i dati di Confindustria, Banca d’Italia, Confartigianato, Banca mondiale, Commissione europea, Ministero della giustizia, Corti d’appello e Cassazione, associazioni radicali e di detenuti, è di tutta evidenza che la luce in fondo al tunnel è sempre più fioca. 1. Al giugno 2013, le cause civili smaltite sono pari a 4.554.038, ma quelle "sopraggiunte" si attestano sui 4.348.902. 2. Le cause in attesa di essere trattate sono 5.257.693 (a Roma i processi civili durano un terzo in più che al Nord). 3. Quanto alla giustizia penale, al 30 giugno 2013, i procedimenti aperti erano 3.333.543, in aumento dell’1,8 per cento rispetto all’anno precedente, mentre quelli definiti sono 3.195.664, in leggero aumento, così come quelli pendenti (3.237.258). 4. In Italia l’arretrato complessivo è di quasi 9 milioni di procedimenti. 5. Le sole pratiche relative ai procedimenti civili pendenti occuperebbero una superficie pari a 74 campi da calcio grandi come San Siro. 6. Nelle Corti d’appello i procedimenti aperti nel 2013 sono aumentati del 18,6 per cento, passando da 99.994 a 118.596. 7. Nei tribunale, inclusi uffici del gip e del gup, nonché le sezioni distaccate, il numero delle iscrizioni è salito da 1.304.614 a 1.318.956, con un aumento dell’1,1 per cento. 8. Le pendenza davanti al giudice monocratico sono passate da 467.635 a 503.431 (+7,7 per cento) e quella dinanzi al giudice collegiale è aumentata da 22.177 a 22.573 (+1,8 per cento). 9. In Italia, per iniziare e concludere una causa civile si impiegano 42,5 mesi, cioè 1.293 giorni (nel 2012 la durata media era di 34,1 mesi, pari a 1.037 giorni). 10. Per vedere conclusa una causa penale occorrono invece, se tutto va bene, cinque anni. 11. Per ottenere un giudizio di primo grado per bancarotta servono 2.648 giorni. 12. 770 sono i giorni necessari per un divorzio. 13. Un processo per omicidio volontario si conclude in non meno di 424 giorni (ci "batte" solo la Turchia). 14. La "tutela" di un contratto richiede 1.210 giorni (la media dei paesi Ocse è di 518). 15. L’azzeramento dell’arretrato civile farebbe aumentare il Prodotto intento lordo del 4,8 per cento, cioè di poco meno di 96 miliardi di euro. 16. Abbattere anche solo del 10 per cento i tempi della giustizia civile, produrrebbe un incremento del Pil dello 0,8 per cento. 17. Il costo in termini di assistenza legale e spese processuali, rispetto al valore totale della causa, è di circa il 30 per cento (in Germania il 14,4, in Norvegia il 9,9). 18. Lo Stato italiano spende per la giustizia 70 euro per abitante (la Francia 58, dove il processo civile dura la metà rispetto all’Italia). 19. La spesa pubblica complessiva per tribunali e procure supera i 7,5 miliardi di euro, la seconda più alta in termini pro-capite in Europa dopo la Germania. 20. La lentezza della giustizia sottrae agli imprenditori circa 2,2 miliardi di euro di risorse. 21. Il danno per le casse dello Stato a causa del mancato rispetto dei tempi ragionevoli del processo (Legge Pinto) è passato dagli 81 milioni di euro del 2008 agli oltre 300 milioni del 2010. 22. Dei 1010 magistrati sottoposti a giudizio per i loro errori, solo 6 hanno pagato. 23. Nei tribunali ordinari italiani ci sono 86.022 procedimenti avviati prima del 2000. 24. Poco più di 122mila risultano iscritti tra il 2001 e il 2005. 25. Negli anni che vanno dal 2006 al 2010 sono stati avviati quasi 710mila procedimenti. 26. Presso le Corti d’appello, nel decennio che va dal 2000 al 2010, si sono accumulati 130mila cause pendenti. 27. Nel nostro Paese ci sono 54.195 detenuti su 49.347 posti disponibili. Dall’entrata in vigore del codice sono 2 mila i morti in cella, senza contare i suicidi fra gli agenti di polizia penitenziaria. 28. I condannati definitivi sono 35.197. Tutti gli altri sono in custodia cautelare. 29. I detenuti in attesa di primo giudizio sono quasi diecimila. 30. Per ingiusta detenzione e indennizzi per errori giudiziari, lo Stato italiano ha sborsato dal 1991 a oggi circa 575.698.145 euro. 31. Le persone rimaste "vittime" della giustizia dal Dopoguerra a oggi sono oltre 4 milioni. 32. Gli italiani in causa coi loro vicini sono 500mila. 33. Solo l’8,3 per cento delle donne è alle prese con una causa civile, contro il 10.3 per cento degli uomini. Giustizia: basta Ospedali Psichiatrici Giudiziari, finalmente si fa sul serio di Francesco Lai (Giunta Unione Camere Penali) Il Garantista, 21 novembre 2014 Non può che essere salutata favorevolmente la notizia della riunione convocata due giorni fa dal ministro della Giustizia Andrea Orlando presso gli uffici di via Arenula, alla quale hanno partecipato i presidenti dei Tribunali di sorveglianza che si occupano di ospedali psichiatrici giudiziari, i provveditori regionali e i vertici del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Nel corso dell’incontro, a quanto è dato apprendere, sono stati esaminati, finalmente in termini di concretezza, i problemi connessi al superamento degli Opg, attualmente fissato per il 31 marzo 2015. Una scadenza rispetto alla quale incombe, come è noto, il rischio di un’ulteriore proroga derivante dai gravi ritardi con cui le Regioni hanno dato attuazione alla realizzazione delle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), deputate a sostituire quelli che il presidente delle Repubblica, non certo eufemisticamente, ha ritenuto di definire "orrore indegno di un Paese appena civile". Alcune settimane fa, proprio dalle colonne di questo giornale, avevamo stigmatizzato "il consapevole silenzio" con il quale la politica tutta aveva accolto gli inviti del Pontefice e del Capo dello Stato (ai quali si è poi aggiunto quello del Presidente del Senato) a por fine alla vergogna degli Opg. Questi autorevoli richiami sono in realtà solo la massima espressione di dissenso nei riguardi di strutture che, in seno alla dottrina, molti giuristi, psichiatri ed anche politici, nel corso degli anni non hanno esitato a definire confliggenti con la Carta costituzionale sotto svariati profili. La stessa Consulta a più riprese ha evidenziato come non fosse conforme a Costituzione la non applicazione di misure alternative all’internamento in Opg, rilevando come il ricovero in queste strutture rappresenti una pesante diseguaglianza di trattamento rispetto a quanto la riforma sanitaria prevede. E che le cure psichiatriche debbano svolgersi in ambito territoriale. Oggi, con estrema soddisfazione, registriamo che la nostra denuncia parrebbe non essere rimasta inascoltata se è vero che il ministro, intervistato su questo giornale, ha sostenuto di essere pronto a commissariare quelle Regioni che alla data del 31 marzo prossimo si saranno rese inadempienti rispetto a quanto loro imposto sia dal decreto legge di proroga che dalla risoluzione approvata dalla commissione Sanità. Di seguito, la convocazione della riunione di due giorni fa presso il ministero rappresenta la conferma di una rinnovata attenzione che il Guardasigilli sta dedicando al tema della riconversione di queste obsolete strutture, pure nella consapevolezza, come da egli stesso affermato, che combattere questa battaglia certo non comporterà grandi riscontri in termini di consenso popolare. Ma le battaglie di civiltà, quelle che si combattono per contrastare la negazione della dignità dell’individuo, non possono e non debbono essere sempre subordinate al calcolo utilitaristico. E di questo il ministro ha dato prova di esserne ben consapevole, come del resto ci è stato confermato nel corso degli incontri che nelle settimane passate abbiamo avuto con il viceministro Enrico Costa, con il sottosegretario Cosimo Ferri, con il responsabile per il carcere del Partito democratico Sandro Favi, il quale ci aveva manifestato l’intenzione del Guardasigilli di convocare per i prossimi mesi gli stati generali del sistema penitenziario, che prenderanno le mosse da una riflessione culturale sulla funzione della pena e del sistema sanzionatorio. Il percorso che porterà, speriamo nei termini previsti, alla chiusura degli Opg sarà ancora accidentato. La Società italiana di psichiatria paventa il rischio che, in assenza di un coordinamento tra specialisti e magistratura, alla data del 1 aprile 2015 possa verificarsi una situazione di caos. Noi invece auspichiamo, ed in tal senso vigileremo, che tutti profondano il massimo impegno affinché, il 1 aprile 2015, la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari sia finalmente una bella realtà. E non l’ennesimo pesce d’aprile. Giustizia: sulle riforme tutto fermo, il ministro Orlando inchiodato dal patto col Caimano di Wanda Marra Il Fatto Quotidiano, 21 novembre 2014 Prescrizione, falso in bilancio, processo civile: così il governo ha messo la retromarcia sulle riforme. Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, assicura che molti provvedimenti sono già pronti. E nel Cdm di oggi sarebbe dovuto entrare il decreto "sull’improcedibilità per tenuità del danno arrecato". Quello che stabilisce che vengano archiviati automaticamente, senza processo (a meno che la parte offesa non presenti ricorso entro 10 giorni) i cosiddetti reati "bagatellari": caso di scuola, gli anziani che in tempo di crisi rubano una scatoletta di tonno al supermercato. A condizione che il comportamento non sia abituale. Un modo per snellire e semplificare i tempi della giustizia. Il decreto dovrà attendere: Renzi stasera sarà a Bologna a chiudere la campagna di Stefano Bonaccini, che corre per la presidenza dell’Emilia Romagna. Prima va a Parma. Visita alla "Pizzarotti Costruzioni", alla "Dallara Automobili" di Varano dei Melegari, poi al Comune con il sindaco Federico Pizzarotti e con gli amministratori dei Comuni delle zone alluvionate. Un tour pre-elettorale in piena regola: l’affluenza in Emilia fa paura. E, dulcis in fundo, la Barilla. Dove c’è azienda, c’è premier (per parafrasare il più famoso degli slogan pubblicitari "dove c’è Barilla, c’è casa"). Proprio al centenario dei signori della pasta il premier, nel pieno della partita che portò alla rielezione di Napolitano al Colle, nel 2013, parlò per mezz’ora da solo con Berlusconi. Oggi il Cdm non c’è. E su questi temi il governo più che il turbo sembra aver messo la retromarcia. La riforma della prescrizione? Ferma. Il falso in bilancio? Pronto ad andare in Senato. Dove si sa come entrano i procedimenti (soprattutto quelli relativi alla giustizia) e non si sa come e soprattutto quando escono. La riforma del processo civile? Rimandata. Era il 30 giugno quando Matteo Renzi annunciava 12 punti programmatici sulla giustizia. Dopo che per settimane si era parlato di provvedimenti pronti, anche importanti, in materia penale. La realtà, come rivelavano allora fonti ufficiali e ufficiose, era che la giustizia era materia di scambio col centrodestra e dunque andava barattata con le riforme costituzionali. La "dead line" veniva spostata dallo stesso premier a fine agosto. Ma anche in quel caso, l’esecutivo varava poco e niente: il decreto sulla giustizia civile (appena convertito dalle Camere) e otto ddl di vario genere. Ancora tutti (o quasi) in alto mare. Stamattina il Senato dovrebbe approvare il disegno di legge sulla responsabilità civile dei magistrati. Via il filtro ai ricorsi, ma la responsabilità resta indiretta. Sarà lo Stato a rispondere per poi rifarsi eventualmente sul giudice: nel caso, la percentuale dello stipendio pignorabile passa dal 30 al 50 %. Ieri a Palazzo Madama, Pietro Grasso ha accolto 3 voti segreti, uno presentato dalla Lega, particolarmente insidioso: faceva rientrare nei casi di colpa grave il non aver tenuto conto dell’interpretazione della legge espressa dalle sezioni unite della Cassazione senza adeguata motivazione. Bocciato. Orlando ha espresso "soddisfazione per un’impostazione equilibrata ma efficace". Aveva minacciato un decreto alla Camera. Se resta tutto così non ne avrà bisogno. "Si tratta di un testo all’acqua di rose", commenta con soddisfazione un senatore Dem. Era nato come un contentino all’Ncd e come tale è stato trattato. Le cose pesanti sono tutte di là da venire. Ieri sul Sole 24 Ore la presidente della Commissione Giustizia di Montecitorio, Donatella Ferranti ci andava giù pesante, sulla prescrizione: "Noi stiamo andando avanti, mi auguro che il governo non faccia il convitato di pietra e intervenga". Nel ddl del 29 agosto si stabiliva che sarebbe stata congelata dopo la sentenza di primo grado, ma non se l’appello non sarà iniziato entro i successivi due anni. Norma sulla quale ancora non c’è accordo definitivo. Da via Arenula assicurano che dovrebbe essere calendarizzato in Commissione Giustizia a Palazzo Madama la settimana prossima un testo su criminalità economica e mafia, che contiene la riforma del falso in bilancio (portandolo da contravvenzione a delitto). Presidente Nitto Palma (Fi) e numeri ballerini, difficile credere in un risultato rapido. E se il tema è lo scambio, Italicum e riforma del Senato ancora non ci sono. Rimandato anche il provvedimento sulla semplificazione del processo civile. Quello che dovrebbe ridurre la durata dei processi a un anno, nelle intenzioni del premier. Quello che tira fuori nei comizi. C’è stato uno stop per questioni "tecniche" relative al Tribunale dei Minori. Ora dovrebbe essere pronto. Condizionale d’obbligo. Giustizia: ok Senato alla responsabilità civile dei magistrati, dalla rivalsa alle colpe gravi Public Policy, 21 novembre 2014 Dall’obbligo di rivalsa dello Stato entro due anni all’esclusione della responsabilità per l’interpretazione del diritto fino al pagamento della rivalsa fino a metà stipendio: sono alcune delle norme contenute nel ddl sulla responsabilità civile dei magistrati approvate dall’aula del Senato che ha licenziato il provvedimento. Un testo sul quale la maggioranza si è divisa più volte, soprattutto nel passaggio in commissione Giustizia, in particolare sull’obbligo di motivazione per i giudici che si discostano da una sentenza delle sezioni unite della Cassazione. Il ddl ora dovrà tornare alla Camera per essere approvato entro fine dicembre: su questa materia, infatti, l’Unione europea ha aperto una procedura di infrazione che diventerà esecutiva dal 2015. La Corte europea ha condannato l’Italia a causa del sistema di risarcimento per chi viene pregiudicato da un errore commesso nell’applicazione del diritto comunitario. Ad essere oggetto di dibattito sono stati i casi in cui un magistrato incorre nella responsabilità. Secondo l’emendamento del governo approvato in commissione Giustizia sono considerati "colpa grave" i casi di violazione manifesta della legge e del diritto Ue o per travisamento della prova, i casi di dolo o negligenza inescusabile. Non può però dare luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove. Ddl che modifica Legge Vassalli Il ddl in materia di responsabilità civile dei magistrati, approvato oggi dal Senato, modifica la legge Vassalli del 1988 al fine di rendere effettiva la disciplina della responsabilità civile dello Stato e dei magistrati, anche alla luce dell’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. La possibilità di ricorso del cittadino contro lo Stato è ampliata attraverso l’eliminazione del filtro di ammissibilità della domanda risarcitoria. La Commissione ha soppresso l’articolo 1, concernente le attribuzioni della Corte di cassazione, escludendo la responsabilità diretta dei magistrati. L’articolo 2 definisce la colpa grave, che consiste nella violazione manifesta della legge e del diritto dell’Ue, il travisamento del fatto e delle prove, ovvero l’affermazione di un fatto la cui esistenza è esclusa dagli atti del procedimento, l’emissione di un provvedimento cautelare fuori dai casi consentiti dalla legge. Una clausola di salvaguardia esclude che possa dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove. In caso di violazione manifesta del diritto dell’Unione europea, si deve tener conto anche della mancata osservanza dell’obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi del Trattato sul funzionamento della Ue, nonché del contrasto dell’atto o del provvedimento con l’interpretazione espressa dalla Corte di giustizia europea. L’Assemblea ha soppresso l’articolo 4. L’articolo 5 disciplina l’azione di rivalsa nei confronti del magistrato: il Presidente del Consiglio, entro due anni dal risarcimento, ha l’obbligo di esercitarla nel caso di diniego di giustizia ovvero nei casi in cui la violazione della legge e del diritto comunitario, o il travisamento del fatto o delle prove, sono stati determinati da dolo o negligenza inescusabile. La misura della rivalsa non può superare una somma pari alla metà di una annualità dello stipendio. Giustizia: l’Anm; questa legge non ci piace… i magistrati ora sono più vicini allo sciopero di Enrico Novi Il Garantista, 21 novembre 2014 Fermare la legge sulla responsabilità civile? Impossibile a questo punto. Non solo per la determinazione del ministro Orlando e di Renzi. Dall’assai movimentata discussione nell’aula del Senato è sempre più chiaro che su questa materia il Parlamento non farà sconti. Il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli torna a evocare l’ipotesi di uno sciopero: "Seguiamo con attenzione quanto accade in Aula al Senato, ma quanto abbiamo visto in commissione non ci è piaciuto affatto". Figurarsi i salti di gioia degli associati di Sabelli di fronte ai ritocchi di ieri, certo non balsamici per le toghe. Viene precisato per esempio che la violazione del diritto dell’Unione europea può avvenire anche per una interpretazione incoerente dei trattati. Si fa dunque strada la tanto temuta punibilità legata ad aspetti interpretativi: non riguardo all’ordinamento nazionale e alle sentenze della Cassazione, come pure il relatore Enrico Buemi e il forzista Giacomo Caliendo vorrebbero, ma in ambito comunitario. È in ogni caso un principio insidioso, dal punto di vista dei magistrati. Il sindacato delle toghe non trova le sponde del passato. A Palazzo Madama l’ala più giustizialista del Pd si vede schiacciata tra spezzoni della stessa maggioranza, Buemi in testa, e l’ultimo arrembaggio di Forza Italia. Gli azzurri ci provano anche con qualche voto segreto, senza risultati. Beppe Lumia fa argine come può. Persino più di lui, forse, si danna il Cinque Stelle Giarrusso. Ma non c’è più tempo per tornare indietro sul testo che "aggiorna" la legge Vassalli del 1988. Innanzitutto l’abolizione del filtro di ammissibilità, che da sola vale, per così dire, il prezzo del biglietto. "Si attribuisce a una parte privata uno strumento svincolato da qualsiasi controllo preventivo", protesta Sabelli. Ma quel controllo preventivo previsto dalla Vassalli, il filtro appunto, ha mandato a mare l’80 per cento delle azioni intraprese dai cittadini per gli errori dei magistrati. Se non lo si abolisse non varrebbe neppure la pena approvare una nuova legge. Passa anche l’estensione del concetto di danno non patrimoniale procurato da un giudice: "Dai soli casi di indebita limitazione della libertà personale dei singoli", cioè dalla custodia cautelare, il principio si applicherà anche ad altre decisioni giurisdizionali, chiarisce Buemi nella relazione introduttiva. Diventa esplicitamente obbligatoria la rivalsa dello Stato nei confronti del giudice dopo il risarcimento procurato da un errore del magistrato. "E il mancato esercizio della rivalsa comporta responsabilità contabile per il presidente del Consiglio e per il ministro della Giustizia", spiega ancora il relatore. Il quale poi ricorda come, dopo il referendum dell’87, "i radicali ritennero che l’esito positivo avrebbe dovuto ripristinare la regola generale della responsabilità diretta". Come a dire: cari giudici, siete sempre in debito. Il Nuovo centrodestra si dice soddisfatto, dopo le obiezioni dei giorni scorsi: "Apprezziamo le novità introdotte", dice Sacconi. Un senatore di Gal, Vincenzo D’Anna, sostiene invece che questa legge non basta, e che lui ha ricevuto "qualche avviso obliquo a stare calmo". Ma un pò a sorpresa la riforma voluta da Orlando e messa in orbita dai senatori trova persino la benedizione di Michele Vietti, fino a due mesi fa vicepresidente del Csm: "Le polemiche sulla responsabilità civile? Molto rumore per nulla", sentenzia in un’intervista a formiche.net, "non si può negare che la rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato, così com’è, non funzioni, visto il numero irrisorio di effettive condanne". Si attende scomunica da Palazzo dei Marescialli. Giustizia: rottamiamo questa vecchia automobile che non cammina più di Giuseppe Rossodivita (Avvocato e membro della direzione nazionale Radicali Italiani) Il Tempo, 21 novembre 2014 La giustizia italiana è come una vecchia automobile; vecchio il telaio, vecchia la carrozzeria, vecchi gli interni dell’abitacolo, vecchie le ruote e vecchio il motore, che quasi non gira più e che ogni mattina fa una tremenda fatica persino a essere acceso, figuriamoci, poi, a muoversi. I numeri che rilevano le prestazioni di questa vecchia auto sono impietosi e collocano di diritto l’Italia tra i Paesi che non meritano di essere chiamati civili. Secondo la classifica di Doing Business, della Banca Mondiale, per far sedere l’Italia a un tavolo dei grandi del mondo in materia di giustizia occorrerebbe un G147, altro che G7, G8 o G20. Non è civile il paese che viola strutturalmente il diritto umano fondamentale del creditore come del debitore, della vittima come del carnefice, ad avere un processo non in tempi rapidi, ma semplicemente ragionevoli; non è civile il paese nel quale chi sbaglia, e a distanza di lustri viene ritenuto definitivamente colpevole, è costretto a subire pene così difformi dal modello legale tanto da integrare dei trattamenti inumani e degradanti, gli stessi trattamenti disumani che si fanno patire anche ai presunti innocenti mandati in carcere in attesa del processo, che tanto poi, con ogni probabilità, si prescriverà. Questa vecchia auto meriterebbe solamente di essere rottamata, occorrerebbe un’auto nuova fiammante, con un telaio integralmente rinnovato, per mettersi al passo coi tempi e con gli altri paesi; un’auto moderna, accessoriata, pronta a correre e a tenere bene la strada, ma pare che sia davvero impossibile e al massimo, Silvio Berlusconi come Matteo Renzi, passando per tutto quel che in mezzo c’è stato, hanno cambiato i tergicristalli o al massimo qualche guarnizione. Di riforme complessive del sistema, a partire dalle riforme ordinamentali, non necessariamente epocali, i Capi dei Governi degli ultimi venti anni ne hanno solo e sempre parlato, ma alla prova dei fatti, con la complicità dei media, hanno spacciato il cambio di qualche bullone per l’acquisto di un’auto nuova. Perché? Perché così conviene a pochi, così conviene agli autisti, ai meccanici, ai carrozzieri, ai gommisti, ai benzinai che si occupano quotidianamente della vecchia auto. Son pochi, infinitamente meno numerosi dei passeggeri maltrattati, ma son potenti e tali rimarranno fino a che l’auto resterà questa. E alcuni di loro fanno anche paura. Giustizia: progetto "Carceri Sostenibili", la green economy sbarca nei penitenziari italiani di Lisa Vagnozzi www.greenbiz.it, 21 novembre 2014 Un progetto per portare la green economy nelle carceri italiane: è Carceri Sostenibili, un’iniziativa che punta a favorire lo sviluppo sostenibile dei penitenziari, con l’obiettivo di promuovere, nello stesso tempo, sia una maggiore efficienza nell’utilizzo delle risorse che la crescita culturale e il reinserimento sociale dei detenuti. Il progetto è nato dalla collaborazione tra Multi Olistica S.r.l., società romana specializzata in consulenza, formazione ed eventi diretta da Renato Bonanni, e il Forum per la Salute in Carcere, fondato nel 2008 da realtà quali Caritas, Comunità di S. Egidio e Associazione Gruppo Abele e attualmente guidato da Roberto Di Giovan Paolo. Sovraffollamento, poca manutenzione, scarsità di programmi che guidino e favoriscano il reinserimento sociale dei detenuti che hanno scontato la pena sono, per i penitenziari italiani, problemi antichi e mai risolti. In questo contesto si inserisce Carceri Sostenibili, un’iniziativa coerente con i principi costituzionali che riguardano la funzione rieducativa della pena e che si propone di migliorare, nello stesso tempo, le condizioni di vita e di lavoro di detenuti, degli agenti di Polizia Penitenziaria e degli altri addetti, nonché do integrare il carcere nel territorio circostante. Il progetto mira a: 1. formare i detenuti, per dare loro la possibilità di socializzare, di vivere meglio nel penitenziario e di imparare un mestiere utile per il futuro; 2. ottimizzare i processi all’interno dei penitenziari, con l’obiettivo di aumentare l’efficienza, di ridurre gli sprechi e di razionalizzare l’uso delle risorse disponibili; 3. migliorare gli edifici, con la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili. In particolare, Carceri Sostenibili propone soluzioni per aumentare il livello d’igiene e di salute all’interno del carcere attraverso, ad esempio, l’utilizzo ottimale dell’acqua, il corretto smaltimento dei rifiuti e l’uso di illuminazione a led per non affaticare la vista. Il tutto, creando posti di lavoro nel penitenziario per il penitenziario, con il triplice vantaggio di dare opportunità ai detenuti, migliorare le condizioni della struttura e risparmiare sui costi. E, soprattutto, diffondendo tra i detenuti know-how e capacità in linea con il mercato che cambia e con le nuove prospettive aperte dalla green economy. I detenuti, infatti, potranno essere formati, fino a conseguire degli attestati professionali, in campi quali l’installazione di impianti fotovoltaici e solari termici e la coibentazione delle pareti, con la possibilità di lavorare sia all’interno che all’esterno del carcere, in accordo con i Comuni. Il progetto potrebbe ben presto passare alla fase attuativa con un programma di interventi nel Carcere di Rebibbia di Roma e nel Carcere di Rieti, che è già stato formalmente approvato dal Provveditorato Regionale del Lazio e che è in attesa di finanziamento (l’investimento complessivo stimato è di 100.000 euro). Giustizia: caso Lonzi; il Quirinale risponde a Rita Bernardini "basta carceri disumane" Il Garantista, 21 novembre 2014 La Presidenza della Repubblica ha risposto ieri alla lettera pubblica della segretaria dei Radicali Italiani Rita Bernardini, inviata al Capo dello Stato in data 13 novembre, in merito alla vicenda di Marcello Lonzi. Nella sua missiva (pubblicata integralmente anche da "Il Garantista") Bernardini poneva all’attenzione di Napolitano la battaglia della madre di Marcello, Maria Ciuffi, che da anni chiede verità e giustizia per la morte del figlio avvenuta 11 anni e 4 mesi fa nel penitenziario Le Sughere di Livorno. "Mancavano 4 mesi", si leggeva nella lettera di Bernardini "al termine della pena quando hanno trovato Marcello Lonzi privo di vita, riverso sul pavimento tra la cella numero 21 e il corridoio. La Signora Ciuffi in questi lunghi 11 anni e 4 mesi, pur travolta da un dolore inconsolabile, non ha potuto e voluto credere alla versione "ufficiale" della "morte naturale" del figlio: ci sono infatti fotografie acquisite agli atti processuali, in quanto realizzate subito dopo il fatto, che mostrano Marcello immerso in un lago di sangue, con diverse ferite sul corpo. Dalla riesumazione risulta che la salma presenta la mandibola fratturata, due buchi in testa, il polso sinistro fratturato, due denti spaccati, otto costole rotte e varie escoriazioni". "Dopo le archiviazioni per "morte naturale" nel 2013", continuava la lettera, " la signora Maria Cioffi ha presentato una nuova querela sull’operato dei medici e relative perizie, ipotizzando reati di falso e false informazioni depositando anche un parere pro-veritate redatto del prof. Alberto Bellocchio, specialista in medicina legale presso l’Università del Sacro Cuore di Roma". La Presidenza della Repubblica, nel ringraziare Rita Bernardini e i Radicali per il loro impegno nella lotta per il miglioramento delle condizioni dei detenuti, pur mostrandosi concorde sulla necessità di una vigilanza più attenta sulla situazione delle nostre carceri, ha altresì voluto difende il ruolo giocato della magistratura in questo specifico caso che , secondo il Quirinale, ha fatto tutto ciò che era in suo potere per fare piena luce sulla morte di Marcello Lonzi. "I penitenziari siano luoghi di rieducazione" di Ernesto Lupo (Consigliere per gli Affari dell’Amministrazione della Giustizia) Gentile Rita Bernardini, rispondo alla sua lettera del 13 novembre indirizzata al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in merito alla triste vicenda del giovane Marcello Lonzi, deceduto nel carcere di Livorno l’11 luglio 2003. Desidero innanzitutto esprimere il cordoglio del Signor Presidente, oltre che il mio personale, alla madre ed ai familiari del giovane. Comprendo quanto un evento tanto tragico possa essere ancora più difficile da accettare quando avviene in ambiente carcerario. Episodi del genere lasciano sgomenti e su di essi è necessario fare la massima chiarezza. La vicenda di Marcello Lonzi non ha trovato sinora sorda la magistratura, che si è più volte dimostrata sensibile alle richieste di verità della signora Ciuffi. La stessa ultima richiesta di integrazione delle indagini dimostra la volontà di andare a fondo nel tentativo di fare luce sui fatti, pur nei limiti di un accertamento processuale. Non ci resta, pertanto, che avere fiducia nella professionalità dei magistrati e dei loro ausiliari, consapevoli tuttavia delle difficoltà che derivano dal lungo tempo trascorso e dalla complessità della ricostruzione dei fatti. Ciò che accorre fare è continuare a profondere il massimo impegno per far sì che gli istituti carcerari italiani cessino in fretta di essere luoghi disumani. Solo una rinnovata concezione del carcere, non più come luogo di segregazione ed isolamento sociale, bensì come luogo di rieducazione e reinserimento, potrà definitivamente porre fine ad episodi tragici come quello di Marcello Lonzi. Per questo, la ringrazio per l’attenzione che da sempre dedica, assieme al gruppo politica a cui appartiene, al tema dei diritti dei detenuti e delle condizioni della detenzione. Come lei sa, è questo un tema, una battaglia culturale e civile, che il Presidente considera della massima importanza e nel cui ambito c’è ancora molto da fare. Giustizia: riorganizzazione delle carceri, un errore dividere il Prap di Abruzzo e Molise www.termolionline.it, 21 novembre 2014 "La situazione delle nostre carceri è già drammatica di per sé, non è il caso di aggravarla con provvedimenti che peggiorano la condizione dei detenuti e di chi opera nell’amministrazione penitenziaria. Il decreto su cui sta lavorando il Governo in questi giorni, purtroppo, va esattamente in questa direzione nella misura in cui stabilisce lo smembramento della gestione degli istituti penitenziari di Abruzzo e Molise tra Lazio e Puglia". Lo ha detto Aldo Patriciello, parlamentare europeo di Forza Italia eletto nella circoscrizione Italia meridionale, a proposito del provvedimento messo a punto dal Ministero della Giustizia che prevede la soppressione del Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria di Pescara (che comprende gli Istituti Penitenziari dell’Abruzzo e del Molise) e la conseguente gestione delle carceri dell’ Abruzzo e del Molise affidata una al Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria del Lazio, l’altra a quello di Puglia e Basilicata. "I confini che riguardano l’amministrazione delle nostre carceri - spiega Patriciello - non si possono tracciare con il righello: esistono ragioni storiche, sociali e ovviamente territoriali da tenere in debita considerazione se non si vuole peggiorare la condizione degli istituti di pena e del personale che vi lavora. Qui non si contesta, sia chiaro, la legittima intenzione del Governo di procedere ad una riorganizzazione - e quindi ad una riduzione - dei Provveditorati Regionali di Amministrazione Penitenziaria. Quello che si chiede - aggiunge l’eurodeputato forzista - è semplicemente di non dividere tra Lazio e Puglia la gestione penitenziaria delle carceri abruzzesi e molisane, una richiesta avanzata da tantissimi lavoratori che operano all’interno degli istituti di pena di Abruzzo e Molise e a cui ritengo che il Governo debba dare una risposta in tempi brevi. Come europarlamentare e rappresentante delle Regioni interessate - conclude Patriciello - ho inviato questa mattina una lettera al Ministro della Giustizia Orlando, esponendo i dubbi e le perplessità circa l’approvazione di un provvedimento simile che, se attuato, rappresenterebbe senza dubbio un peggioramento della già critica condizione dei detenuti, nonché un ostacolo per una corretta ed efficiente gestione amministrativa delle carceri abruzzesi e molisane". Isernia: detenuto morto per trauma cranico, i due compagni di cella indagati per omicidio Ansa, 21 novembre 2014 Cambia l’accusa per i due detenuti del carcere di Isernia indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di un loro compagno di cella, deceduto alcuni giorni dopo una aggressione in carcere. La procura ora procede per omicidio e non più per lesioni. Intanto è stato disposto il sequestro di una seconda cella (quella dove è avvenuto l’episodio era già stata sigillata la settimana scorsa) per poter eseguire delle prove irripetibili. L’autopsia, eseguita due giorni fa, ha dato una svolta alle indagini: le ferite trovate sul corpo del 45enne romano Fabio De Luca non sono compatibili con l’ipotesi della caduta accidentale, ma avvalorano l’ipotesi di una aggressione subita in cella. Fossombrone (Pu): Prap; il 4 novembre detenuto si è impiccato, nessun secondo suicidio Ansa, 21 novembre 2014 Non c’è stato nessun secondo suicidio venerdì scorso nel carcere di Fossombrone, dopo quello di un detenuto italiano avvenuto il 4 novembre. Il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria delle Marche ha smentito la notizia diffusa il 18 novembre dal segretario del Sindacato autonomo di Polizia penitenziaria Donato Capece e ripresa il 19 novembre dal Garante dei diritti dei detenuti Italo Tanoni, che sul caso ha inviato una lettera al Ministro della Giustizia Andrea Orlando. Nella casa di reclusione di Fossombrone, sottolineano al Provveditorato, l’ultimo suicidio prima di quello del 4 scorso risaliva a dieci anni fa. D’Anna: Garante disinformato su fantomatico suicidio Sono "gravissime le dichiarazioni fatte a mezzo stampa dal Garante dei Detenuti delle Marche relativamente ad un fantomatico secondo suicidio di un detenuto presso la Casa di reclusione di Fossombrone". Lo afferma il consigliere regionale Giancarlo D’Anna, dopo la smentita della notizia diffusa dal Sindacato di polizia penitenziaria Sappe da parte del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria. "La divulgazione della notizia infondata di un secondo suicidio - sostiene il consigliere - oltre a destare pericolosi allarmismi all’interno di un istituto di pena della valenza della Casa di reclusione di Fossombrone, meritava da parte del Garante un preventivo riscontro dei fatti con la Direzione e con il Comando della Polizia penitenziaria forsempronese", soprattutto prima di scrivere al ministro della Giustizia. Padova: nel carcere comandavano Sacra Corona Unita e Nuova Camorra Organizzata di Cristina Genesin Il Mattino di Padova, 21 novembre 2014 Ben 31 gli indagati, 48 i capi d’accusa: il pm Dini chiude l’indagine sul carcere. Coinvolti 5 agenti, un avvocato, 18 detenuti e sette persone tra parenti e amici, Scandalo nel carcere Due Palazzi: a cinque mesi dal blitz destinato a provocare l’arresto di 15 persone, tra cui sei agenti di Polizia penitenziaria in servizio nella struttura, le cifre sono più che raddoppiate ora che il pubblico ministero padovano Sergio Dini ha chiuso formalmente l’indagine e si prepara a chiedere il processo. Così gli indagati sono passati a 31. E i fatti contestati da 20 sono saliti a 48. Comandavano i clan, Sacra Corona Unita e Nuova Camorra Organizzata, la famigerata Nco specialista in gioco d’azzardo e omicidi, contrabbando e totonero, spaccio e pizzo. E anche un super-detenuto come Domenico Morello, classe 1956, affiliato alla Nco del boss di Ottaviano Raffaele Cutolo, già evaso nel 1993 e poi sottoposto al regime duro del cosiddetto 41 bis tanto combattuto dai mafiosi. Erano loro a dettare leggi e regole nel reparto del Due Palazzi affidato a un gruppetto di agenti di polizia penitenziaria, corrotti e tossicomani, guidati dall’agente Pietro Rega, il più "avvicinabile", l’unico ancora rinchiuso in una cella del penitenziario di Santa Maria Capua a Vetere, interrogato appena due settimane fa. Lui (volto noto tra le guardie di scorta ai detenuti in tribunale) e i colleghi facevano entrare di tutto dietro le sbarre: eroina, hashish, cocaina, metadone e pasticche di ecstasy, poi cellulari, schede sim, chiavette usb e pc. In cambio di soldi e di droga. Compravano per i reclusi. E compravano per se stessi, sniffando e fumando durante i turni di servizio oltreché negli alloggi riservati al personale carcerario. È ormai completo il quadro di un’inchiesta esplosiva che si è lasciata alle spalle due morti suicidi (un detenuto per omicidio, Giovanni Pucci, e un agente arrestato, Paolo Giordano) e un clima di sospetti all’interno di una struttura considerata, da tutti, un vero e proprio modello. Struttura che sforna un’apprezzata rivista (Ristretti Orizzonti) e offre occasioni di lavoro con il laboratorio di pasticceria gestito dalla cooperativa Giotto e di amicizia con la squadra di calcio Pallalpiede. Eppure il commercio in carcere era in mano a due boss, Gaetano Bocchetti, padrino dell’Alleanza di Secondigliano, e Sigismondo Strisciuglio, noto come il viceré di Bari vecchia, esponente della Sacra Corona Unita. E com’è nello stile di due boss, erano altri detenuti della loro corte a fare da intermediari con le guardie per procurare quanto ordinavano i due capi che non volevano mai stare senza riserva di stupefacenti. Un altro personaggio-chiave, pronto a pagare il prezzo della corruzione, era Adriano Patosi, albanese pluripregiudicato che aveva "in libro paga" l’agente Pietro Rega, piegato alle sue richieste. E a quelle dell’avvocato rodigino Michela Marangon che - stando alle accuse della procura - avrebbe versato 500 euro a Rega per garantire il flusso di eroina a un suo assistito (Antonino Fiocco) e alleggerire la vigilanza nei suoi confronti. Bastava pagare e anche un recluso come Domenico Morello, sottoposto al carcere duro dei mafiosi previsto dalla norma 41 bis, poteva farsi consegnare un cellulare e "parlare" con il mondo. Ecco la marea di accuse: corruzione continuata e aggravata, spaccio di stupefacenti (pure con una valanga di aggravanti), e ancora agevolazioni ai detenuti sottoposti a particolari restrizioni stabilite dall’ordinamento penitenziario, infine favoreggiamento e omessa denuncia di reati. Già perché chi avrebbe dovuto controllare, in realtà commetteva reati gravissimi. Rimini: da Sarti (M5S) un’interrogazione parlamentare sul sovraffollamento del carcere www.altarimini.it, 21 novembre 2014 Dopo la visita di domenica scorsa, la deputata riminese Giulia Sarti ha presentato una interrogazione relativa alle condizioni del carcere di Rimini. Nel documento la Sarti riassume le difficili situazioni che ha riscontrato nella sua visita e in quelle precedenti. Sovraffollamento, difficoltà di gestione, condizioni igieniche, situazioni lavorative del personale di Polizia Penitenziaria. Testo dell’interrogazione La presente interrogazione si basa su quanto emerso al seguito di due visite ispettive da me svolte, la prima in data 22 settembre 2014 e la seconda pochi giorni fa, il 16 novembre, in quest’ultima occasione insieme al nuovo Garante dei detenuti comunale Davide Grassi, presso la Casa Circondariale di Rimini, sita in via Santa Cristina n. 19, al fine di verificare personalmente le condizioni dei detenuti, del personale e lo stato della struttura. Già a settembre, non mi era stato possibile incontrare il Direttore, la Dott.ssa Benassi, poiché costretta ad occuparsi di due strutture carcerarie, Rimini e Modena; in data 7 ottobre, la dott.ssa Benassi è andata in pensione ed è stato nominato un nuovo Direttore provvisorio, l’avvocato Gianluca Candiano. Con il nuovo Direttore però, la situazione è peggiorata poiché secondo il provvedimento di nomina deve presenziare alla Casa Circondariale di Rimini solo due volte a settimana e per il resto dei giorni presso il carcere di Castelfranco Emilia; la capienza del carcere è di 136 posti di cui: 22 posti mai utilizzati della seconda sezione completamente ristrutturata ma chiusa; 16 di custodia attenuata riservati alla sezione Andromeda per alcoldipendenti e tossicodipendenti, di cui ad oggi solo 7 posti occupati; 11 posti riservati ai semiliberi di cui occupati 5; 7 posti vuoti perché destinati ai detenuti transessuali (occupati 1). Quindi, sottraendo dalla capienza totale i posti riservati alle sezioni speciali, quelli della sezione ordinaria in realtà sono solamente 80; ad oggi 19 novembre 2014, i detenuti presenti sono in totale 114, di cui 100 nelle sezioni ordinarie (la prima, la terza, la quarta e la quinta). Ciò significa che, se la capienza come sopra spiegato per i detenuti ordinari è di 80 posti, allora c’è un sovraffollamento di 20 soggetti e paradossalmente le sezioni speciali sono sostanzialmente vuote. Dalle carte, che non tengono conto del fatto che un normale detenuto non può accedere ai posti assegnati alle sezioni speciali, risulta addirittura che nel carcere Casetti ci siano 22 posti liberi rispetto alla capienza massima (136); del totale dei 114 detenuti gli imputati sono 44, appellanti 16, ricorrenti 5, definitivi 49; sempre con riferimento al totale 55 sono stranieri e 59 italiani; 57 sono tossicodipendenti; l’istituto penitenziario è composto da 6 sezioni più quella assegnata ad Andromeda e quella per i detenuti in condizione di semilibertà. Delle sei sezioni, però, ne possono essere utilizzate quattro, per diversi motivi: la seconda sezione è totalmente chiusa poiché le società che hanno svolto i lavori di ristrutturazione, non pagate dalla società da cui dipendevano, non hanno mai consegnato i certificati di collaudo. La società in questione, a sua volta, non ha provveduto al pagamento delle società subappaltanti e subfornitrici. Attraverso la visita, ho potuto verificare che tale sezione vuota è completamente ristrutturata e conforme alle norme di sicurezza, contrariamente alle celle della prima sezione, attualmente ospitante i detenuti che appare fatiscente, in uno stato igienico pessimo con evidenti problemi di infiltrazioni di acqua piovana; la sesta sezione, invece, è stata ristrutturata dai detenuti. Il Provveditore regionale, a seguito dei lavori di ristrutturazione svolti, per renderla adeguata al regolamento di esecuzione rispetto al quale le metrature erano diventate esigue, decideva di buttare giù i muri cosicché da 2 celle se ne ricavasse 1 più ampia e rispondente ai criteri stabiliti dalla sentenza Torreggiani. Dopo un mese però, lo stesso Provveditore Regionale, stabiliva che, nell’attesa dell’inizio di questi lavori, i detenuti transessuali venissero comunque mandati al Casetti; il cortile ricreativo è un campo di cemento completamente esposto al sole e alle intemperie, contrariamente a quanto previsto dall’ordinamento penitenziario. Un’eventuale copertura deve essere disposta dal Provveditore. Esiste poi un’altra zona più protetta, con anche un tappetino a terra, cosicché se i detenuti giocano a calcio non si facciano male. Accanto, però, si trova un’area verde ombreggiata per i colloqui tra i detenuti e i figli minori completamente ristrutturata con gazebo di legno e sedie mai utilizzata poiché, a seguito della nevicata del 2012, è crollato il tendone. Per rimetterlo a posto era stata data la disponibilità economica da parte della Camera Penale di Rimini ma poi, venendo a conoscenza del costo elevato di tale opera, circa 7 mila euro, non ha mai versato la somma; le attività ricreative dei detenuti sono ridotte al minimo e quelle lavorative sostanzialmente inesistenti; questo comporta il venir meno della finalità principale della pena ossia la rieducazione e il reinserimento; non solo, i detenuti, in mancanza di attività che occupino il loro tempo in maniera produttiva, finiscono per dar vita a risse e scontri. Recentemente infatti, precisamente in data 7 ottobre, è scoppiata una rissa per un pacchetto di sigarette in cui due detenuti hanno picchiato a sangue un detenuto tunisino con una caffettiera e con un’asta appendiabiti da armadio rompendogli il naso; qualche giorno prima, l’1 ottobre, due agenti, vedendo un detenuto che perdeva sangue perché colpito da un suo compagno di cella, sono dovuti ricorrere a cure mediche per i colpi ricevuti dal detenuto mentre cercava di divincolarsi. Nello stesso momento, un detenuto tossicodipendente si era provocato delle lesioni tagliandosi il corpo in più parti perché, a detta del detenuto, non aveva ricevuto la terapia prevista. In tale occasione, il segretario generale aggiunto del Sappe (sindacato degli agenti), Giovanni Battista Durante, dichiarava che le aggressioni, i ferimenti e le azioni di autolesionismo sono sempre più frequenti, ravvisando l’assoluta necessità di un direttore in pianta stabile. Ad oggi i problemi si stanno sommando: dall’inizio dell’anno i numeri parlano di 12 tentati suicidi, 12 aggressioni agli agenti e 25 tra detenuti, oltre 73 atti di autolesionismo, 12 denunce all’autorità giudiziaria per violenza, minaccia e resistenza al pubblico ufficiale; 52 proteste di sciopero della fame; 9 danneggiamenti ai beni dell’amministrazione; 2 incendi; inoltre, ho ravvisato una carenza di organico importante: il magistrato di sorveglianza è uno solo per le tre carceri romagnole di Forlì, Ravenna e Rimini, mentre per quanto riguarda gli agenti di polizia penitenziaria, in un carcere dove ci sono circa 140 detenuti, per ogni turno il personale di sorveglianza è di appena 8 persone quando ne servirebbero almeno il doppio; basti pensare al caso in cui un detenuto debba essere portato in ospedale è necessaria una scorta di almeno tre agenti, dunque per 136 detenuti rimarrebbero 5 agenti; per quanto riguarda l’igiene e la pulizia delle cella, essa è affidata ai detenuti stessi, tra l’altro come previsto dall’ordinamento penitenziario. Purtroppo però, non dispongono nemmeno di scope e spugne a causa del taglio lineare dei fondi destinati alle mercedi dei detenuti al carcere di Rimini : se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra descritto e intenda sollecitare affinché vengano superati gli ostacoli burocratici che hanno impossibilitato fino ad ora l’utilizzo delle sezioni ristrutturate e della zona ricreativa; se il Ministro voglia verificare e fornire prova dell’effettivo versamento delle somme dovute alle società che hanno effettuato i lavori di ristrutturazione della seconda sezione della Casa Circondariale di Rimini, come previsto dal Decreto di Liquidazione emesso dal Provveditorato Regionale dell’Emilia Romagna in data 26.08.2014 e nel caso in cui il Dap risulti inadempiente se il Ministro voglia disporre l’immediata erogazione di quanto dovuto ai fini dell’apertura della seconda sezione; se il Ministro ritenga opportuno disporre che venga nominato un direttore in pianta stabile vista la situazione di assoluta necessità e urgenza sopra esposta; se il Ministro possa adoperarsi affinché venga colmata la grave lacuna a livello di organico per quanto attiene ai turni degli agenti di polizia penitenziaria che, con riferimento al numero di detenuti, per regolamento dovrebbero essere almeno il doppio di quanti ve ne sono oggi. Milano: nell’Ipm Beccaria tentativo di rivolta e poi giovanissimo detenuto si dà fuoco www.milanotoday.it, 21 novembre 2014 Un giovane detenuto del carcere minorile Beccaria, tre giorni fa, si è dato fuoco, riportando gravi ustioni. Le sue condizioni sono molto serie. Domenica, poi, un tentativo di rivolta ha portato alcuni detenuti a incendiare magliette e altri oggetti, innescando un rogo nei corridoi del carcere; incendio domato, ma agli agenti "mancavano estintori e maschere protettive". Di questi eventi ne à notizia la Funziona pubblica Cgil: "La Fp Cgil Lombardia raccoglie e appoggia le rivendicazioni dei lavoratori del carcere Beccaria che, esasperati, denunciano l’assenza dell’amministrazione penitenziaria regionale: serve un pronto riscontro da parte della dirigenza. Sostenendo il lavoro quotidiano degli agenti attraverso nuove assunzioni e la messa in sicurezza dell’edificio. Diversamente la Fp Cgil sarà pronta a mettere in campo le iniziative di protesta necessarie. Il comunicato della Fp-Cgil "È ormai troppo tempo che la Funzione Pubblica Cgil Lombardia denuncia, inascoltata, la cronica carenza di personale e di mezzi al carcere minorile Beccaria di Milano. La situazione è arrivata a un tale punto di gravità da compromettere la sicurezza dei pochi agenti di polizia in servizio e dei de-tenuti stessi". È quanto denuncia in una nota la Fp Cgil della Lombardia. I lavoratori "con grande difficoltà - si legge nella nota - hanno fatto fronte agli atti di ribellione che si sono susseguiti in questi mesi. L’ultimo è di domenica scorsa, quando alcuni detenuti, dando fuoco a magliette ed al-tri oggetti, hanno innescato un incendio in uno dei corridoi del carcere. Il fuoco è stato domato, ma agli agenti mancavano estintori e mascherine di protezione". Il sindacato denuncia anche la difficoltà, per la carenza di personale, di bloccare i tentativi di suicidio e i gesti di autolesionismo dei detenuti "come quello di tre giorni fa, quando un giovane carcerato si è dato fuoco, riportandone gravi ustioni. Ma già in precedenza c’erano stati altri tre tentativi di suicidio". La Fp Cgil Lombardia "raccoglie e appoggia le rivendicazioni dei lavoratori del carcere Beccaria che, esasperati, denunciano l’assenza dell’Amministrazione penitenziaria regionale: serve un pronto riscontro da parte della dirigenza. Sostenendo il lavoro quotidiano degli agenti attraverso nuove assunzioni e la messa in sicurezza dell’edificio. Diversamente la Fp Cgil -avverte i sindacato- sarà pronta a mettere in campo le iniziative di protesta necessarie". Firenze: due giornate di confronto su "senso della pena, dignità degli spazi e prospettive" www.gonews.it, 21 novembre 2014 Il carcere, la sua funzione, il senso della pena, prospettive future, misure alternative, dignità degli spazi. Di questo ed altro si parlerà nel convegno "Delitti e pena: 250 anni dopo Beccaria", che si tiene, nell’aula di Sant’Apollonia (via S. Gallo, a Firenze), venerdì 21 tutta la giornata a partire dalle 9.30 e la mattina di sabato 22 novembre. Il convegno, organizzato in occasione della Festa della Toscana, sarà un’occasione per riflettere sulla funzione dell’istituzione carceraria, secondo molteplici aspetti e su nuove possibili prospettive sanzionatorie. La giornata di venerdì si aprirà alle 9.30 con il saluto del presidente della Regione, Enrico Rossi, e del presidente del Consiglio regionale, Alberto Monaci, e con l’intervento del garante regionale dei detenuti, Franco Corleone, a seguire il professor Massimo Pavarini illustrerà il manifesto "No prison, senza se e senza ma". Poi professori, ricercatori e magistrati interverranno sul tema il "carcere dei diritti". A chiudere la sessione mattutina sarà il dibattito su "Quale pena". Alle 14.30 sul tema "Il carcere, la dignità e gli spazi della pena" sono previsti gli interventi del provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria toscana Carmelo Cantone, di urbanisti, architetti e psicologi. La giornata di sabato sarà dedicata ad "attualità e prospettive dell’abolizionismo" con una sessione internazionale ad opera di professori dell’università di Amburgo, Parigi e Liverpool. A chiudere, alle 12 la tavola rotonda "l’utopia concreta". L’ambizione dell’incontro è quella di costruire una piattaforma capace di tracciare una riforma del sistema penale e penitenziario innovativa e credibile, prendendo le mosse da un contesto in cui importanti questioni sono ancora aperte, come il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, l’introduzione del reato di tortura, la nomina del capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del garante nazionale per i diritti dei detenuti e piena attuazione della sentenza della Corte costituzionale sulla Fini-Giovanardi. Roma: l’Ass. Antigone incontra una delegazione del Ministero della Giustizia Palestinese Ristretti Orizzonti, 21 novembre 2014 Ieri, mercoledì 19 novembre l’Associazione Antigone ha incontrato una delegazione palestinese, composta tra gli altri dal Vice Ministro alla Giustizia, Iyad Mousa Mohammad Tayem, per uno scambio di buone pratiche nel settore diritti umani e organizzazione penitenziaria. Durante l’incontro il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, accompagnato dalla coordinatrice nazionale dell’Associazione, Susanna Marietti, e dal coordinatore dell’Osservatorio europeo e nazionale sulle condizione di detenzione, Alessio Scandurra, hanno raccontato l’esperienza pluridecennale dell’Osservatorio di Antigone sulle condizioni di detenzione nelle carceri per adulti e in quelle per minori ed esposto la metodologia di lavoro utilizzata nella redazione dei rapporti relativi al servizio penitenziario italiano, offrendo anche confronti con quello europeo. L’incontro è stato organizzato dalla Cooperazione italiana - Unità Tecnica Locale di Gerusalemme, all’interno di un programma di Assistenza tecnica nell’ambito dei Diritti Umani, in collaborazione con il Ministero della Giustizia palestinese. La delegazione palestinese era composta anche da altri funzionari del Ministero della Giustizia: Amjad Mbayed, Responsabile sezione Esposti e Segnalazioni dell’Unità Diritti Umani, Abeer Qishawi, Assistente amministrativo dell’Unità Diritti Umani, Ihab Shihadeh e Lina Shalaldeh dell’unità Relazioni Internazionali del Ministero della Giustizia. Bari: Gioventù Francescana; stasera incontro su tutela genitorialità e affetti dei detenuti www.bitontolive.it, 21 novembre 2014 Alle 20 al convento San Leone Magno. Obiettivo: porre l’attenzione sulle norme che riconoscono al genitore il diritto di esercitare le sue funzioni anche nel momento in cui si trova recluso. La Commissione regionale Giustizia, Pace e Salvaguardia del Creato della Gifra (Gioventù Francescana) di Puglia organizza stasera un incontro sulla "Tutela della genitorialità e degli affetti dei detenuti", a partire dalle 20, nel convento San Leone Magno a Bitonto (Ba). L’intento di questo evento, parte integrante di un progetto sinergico della pastorale carceraria di Puglia e Molise, è di porre l’attenzione sulle norme che riconoscono al genitore il diritto di esercitare le sue funzioni, e quindi i poteri e doveri propri della genitorialità, anche nel momento in cui si trova recluso. L’obiettivo è sensibilizzare le comunità, con il materiale informativo che sarà distribuito durante l’incontro, ed effettuare una raccolta firme attraverso banchetti informativi. Sono invitate principalmente le fraternità della zona di Bari e provincia, ma il materiale sarà comunque spedito in formato digitale per dare la possibilità alle fraternità più lontane di operare in maniera sinergica ed efficace per la tutela dei detenuti. Pescara: presentazione "Non si può incatenare il sole. Storie di donne nelle carceri iraniane" www.lopinionista.it, 21 novembre 2014 Martedì prossimo la presentazione del libro presso la Sala Figlia di Iorio. Nell’ambito delle iniziative promosse per la Giornata contro la violenza sulle donne, martedì 25 novembre 2014, dalle ore 17.00 alle ore 20.00, presso la Sala della Conferenza Giornata contro la violenza sulle donne Provincia "la Figlia di Iorio" si terrà la presentazione del libro "Non si può incatenare il sole. Storie di donne nelle carceri iraniane", scritto da Puoran Najafi e Hengameh Hajhassan e a cura dell’Associazione Donne Democratiche Iraniane residenti in Italia, edito da Menabò con la prefazione di Dacia Maraini. L’evento vede uniti i Comuni di Pescara e Spoltore. "Un’iniziativa che ci ha subito colpito perché nasce per informare sulla condizione in cui la donna vive e invita a riflettere su cosa ognuno di noi può fare per cambiare le cose - così l’assessore alle Pari Opportunità Sandra Santavenere nel presentare l’evento - Il 25 novembre è una data importante non solo per dire no alla violenza contro le donne, ma per andare oltre i generi, per riflettere su interventi concreti di prevenzione. Dobbiamo farlo anche in nome di un approccio culturale nuovo: tutto ciò che può essere diverso non è nemico e non è da deprezzare, ma da rivalutare perché il diverso è un valore aggiunto. Quando poi ci sono diritti negati e persone che vengono uccise, il ragionamento si allarga ancora di più" "Dinamiche che non riguardano solo l’immagine della donna - ha aggiunto Chiara Trulli, assessore al Comune di Spoltore - Immaginare che del corpo di una donna si possa fare merce, o oggetto di morte è sconvolgente per un essere umano e dovrebbe esserlo per tutti. Abbiamo scelto la presentazione di un libro di denuncia che merita ascolto e sostegno, per fare da cassa di risonanza e per dire di no alla barbarie che in alcuni posti del mondo è attuale, com’è attuale anche all’interno delle mura domestiche di Paesi a Ovest". "Una storia a lieto fine - conclude Esmail Mohades, curatore del libro. Tra le storie di donne che con coraggio hanno scelto di sfidare il regime iraniano c’è il racconto di Puoran Najafi e Hengameh Hajassan, due giovani ragazze che nonostante le spaventose torture, trovano nei loro ideali di libertà e democrazia la forza per resistere e il libro "Non si può incatenare il sole. Storie di donne nelle carceri iraniane", è il racconto-testimonianza, fra i pochi a lieto fine, dell’arresto e della vita nelle carceri delle ragazze, colpevoli di aver partecipato al destino del proprio paese". Lucca: alla Fondazione Banca del Monte foto dei detenuti con il progetto "Ora d’Aria" www.luccaindiretta.it, 21 novembre 2014 I migliori scatti realizzati nel corso delle lezioni pratiche di fotografia del progetto Ora d’Aria, costituiscono il portfolio della mostra di immagini che sarà inaugurata sabato (22 novembre) alle 11, nella sede della Fondazione Banca del Monte di Lucca, alla presenza, tra gli altri, dell’assessore provinciale alle politiche sociali Federica Maineri che ha seguito il progetto fin dall’inizio. Una rassegna che rappresenta il risultato del progetto che tra luglio 2013 e settembre 2014 ha impegnato un gruppo di carcerati nel corso di fotografica teorico e pratico la cui direzione artistica è stata curata da Nicola Gnesi. Il progetto Ora d’Aria è stato reso possibile grazie all’impegno della Provincia di Lucca e della Casa circondariale San Giorgio e al contributo finanziario della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e alla collaborazione della Fondazione Banca del Monte di Lucca. Tutte le foto in mostra sono state scattate dai detenuti che hanno aderito al progetto con la supervisione di Nicola Gnesi. In alcuni casi, come i ritratti, le foto sono state scattate a più mani con flash da studio montanti appositamente dentro la struttura penitenziaria. Lo scopo della mostra e, più in generale del progetto Ora d’Aria è quello di sensibilizzare un più ampio pubblico sull’importanza della socializzazione del detenuto ai fini della rieducazione, fine ultimo della pena detentiva secondo la nostra Costituzione (articolo 27 Costituzione Le pene (...) devono tendere alla rieducazione del condannato) e al tempo stesso quello di far conoscere all’esterno la vita che si svolge all’interno del carcere. I temi trattati dalla carrellata di immagini, infatti, riguardano le attività di socialità che scandiscono la vita del recluso: progetti teatrali, di scrittura, e le ore d’aria giornaliere. La mostra sarà aperta ad ingresso libero fino al 14 dicembre con orario: lunedì-venerdì 15,30/19,30 e sabato e domenica 10-13/15,30-19,30. Modena: detenuti sul palco, il Teatro dei Venti fa breccia nel muro tra carcere e società di Francesco Folloni www.modenatoday.it, 21 novembre 2014 È un’iniziativa virtuosa quella voluta dal Teatro dei Venti che vuole portare sul palco i carcerati di Sant’Annan e di Castelfranco. Partendo dalla sensibilizzazione delle scuole si vuole educare attraverso la forma scenica. Tra Carcere e Società esiste un muro molto più spesso delle mura fisiche, e al Teatro spetta il compito di aprire una breccia o trovare modi per scavalcarlo. La ricerca di una via d’uscita, o meglio, di una via d’entrata, un percorso di integrazione che utilizzi gli strumenti del Teatro per creare un dialogo tra il dentro e il fuori, per far interagire due parti del corpo sociale altrimenti isolate. In quest’ottica possiamo leggere le attività proposte dalla compagnia modenese Teatro dei Venti nel mese di novembre in collaborazione con la Casa di Reclusione di Castelfranco Emilia, il Comune di Castelfranco e il Coordinamento Teatro Carcere Emilia Romagna. Si parte il 21 novembre alle ore 9.00 con l’ingresso di una classe dell’Istituto Spallanzani di Castelfranco all’interno della Casa di Reclusione, nell’ambito del progetto "Stanze di Teatro in Carcere 2014". In una sessione di lavoro comune, detenuti, internati e studenti esploreranno la Gerusalemme Liberata di Tasso, opera scelta dal Coordinamento Teatro Carcere come fil rouge della propria attività all’interno dei penitenziari della regione per il biennio 2014-2015. Nei giorni successivi, il 22-23 novembre sempre presso la Casa di Reclusione di Castelfranco, partirà un articolato percorso formativo tenuto dal regista Stefano Tè che coinvolgerà detenuti e internati, ma anche liberi cittadini. Si tratta di un laboratorio sulla vicenda di Sacco e Vanzetti che fungerà da spunto per un lavoro di dialogo e integrazione. Il laboratorio proseguirà anche il 28 e 29 novembre e sfocerà in una prima dimostrazione di lavoro nell’ambito dell’iniziativa City for Life Città contro la pena di morte, un evento promosso in tutto il mondo dalla Comunità di Sant’Egidio e che a Modena vede il sostegno e il patrocinio del Comune. Intanto dal mese di settembre il Teatro dei Venti ha iniziato un laboratorio permanente all’interno della Casa Circondariale di Modena, avviando un percorso di avvicinamento al Teatro per un gruppo di 15 detenuti con il sostegno del Comune di Modena. La compagnia, che è tra i fondatori del Coordinamento Teatro Carcere Emilia Romagna, svolge dal 2006 un laboratorio presso la Casa di Reclusione di Castelfranco Emilia al quale dal settembre 2014 si affianca quello nella Sezione Protetti della Casa Circondariale Sant’Anna di Modena. I laboratori permanenti in Carcere possono essere definiti un’officina creativa, dove i detenuti hanno l’opportunità di sperimentare diverse forme di comunicazione artistica (musica, azione scenica, danza) nelle loro interazioni possibili. Le differenti discipline sono unite da un tema e da un confronto-scambio continuo. Il risultato del percorso confluisce sempre nella messa in scena di uno spettacolo aperto al pubblico, dentro e fuori le mura carcerarie. Nel 2007 lo spettacolo Frammenti è stato presentato alla finale del Premio Scenario/Ustica. Nel 2011 ha debuttato lo spettacolo Aspettando Caligola e nel 2013 Sette contro Tebe. Il percorso teatrale in carcere è strutturato in uno o due incontri settimanali di tre ore ciascuno, per la durata di almeno 30 incontri l’anno. I laboratori, condotti da Stefano Tè, regista del Teatro dei Venti, tendono a creare un contesto pedagogico di autoformazione e di crescita individuale e collettiva. Salerno: oggi i detenuti dell’Icatt di Eboli vanno in scena al Teatro Delle Arti www.salernonotizie.it, 21 novembre 2014 Ancora pochi posti disponibili per assistere questa sera, con inizio alle ore 21, al Teatro Delle Arti di Salerno, allo spettacolo teatrale "La Gatta Cenerentola, messo in scena dalla compagnia della Casa di reclusione di Eboli, diretta da Rita Roma e denominata "Le Canne Pensanti" al termine di un percorso teatrale che ha visto i detenuti non solo coinvolti nella recitazione, ma anche nella produzione e nella promozione di se stessi". "Questo è un evento - ha detto la dottoressa Rita Romano - che chiude un percorso seguito da un gruppo di nostri ospiti da circa tre anni e che grazie a Gaetano Stella ed Elena Parmense, ha dato loro la possibilità di misurarsi con la recitazione, con la produzione, con la promozione e non solo. Alcuni dei nostri ragazzi si sono cimentati, con successo anche nella scrittura e nella realizzazione di opere nuove. La nostra è una struttura sperimentale che punta ad offrire ai nostri ospiti una prospettiva di inserimento nel mondo del lavoro sfruttando le loro potenzialità. E devo dire che questo percorso teatrale ha tirato fuori le potenzialità di molti di loro". "Quello che il pubblico vedrà venerdì sera - ha detto Elena Parmense, che ha curato la regia dello spettacolo, è il copione originale de "La Gatta Cenerentola" con tutti i suoi protagonisti e con tutti i suoi travestimenti. Ci sarà la matrigna, così come ci saranno le sorelle, che come prevede l’opera scritta da Roberto De Simone, sono uomini travestiti da donne. Lavorando in un carcere maschile, devo dire che non è stato difficile tenere fede al testo. In scena inoltre, ci saranno anche delle operatrici dell’Icatt di Eboli e una guardia carceraria che si sono messe a disposizione per aiutare i ragazzi a realizzare questo spettacolo, il cui incasso, lo ricordo sarà devoluto interamente in beneficenza". "Questa compagnia, questo gruppo di ragazzi - ha detto Gaetano Stella - ha delle potenzialità grandissime, sono ragazzi che hanno la capacità di coniugare la prosa e la musica. Alcuni di loro hanno delle voci bellissime. Insomma lavorare con loro è stato davvero piacevole e ricco di soddisfazioni". Grazie alla magistratura di sorveglianza di Salerno che ha autorizzato l’uscita dei detenuti dal carcere, venerdì sera al Delle Arti saliranno in scena Massimo Balsamo, Fabio Zinna, Fabio Di Guida, Michele Ferrarese, Gennaro Frezza, Renato D’Arienzo, Massimo Petrillo, Francesco Polito, Antonio Di Franco, Sandra Cornetta, Salvatore Arato, Antonello Corrado, Giacomo Marcone e Giovanni Pezzella. I biglietti per assistere allo spettacolo si posso acquistare presso il botteghino del Teatro Delle Arti di Salerno al costo di euro 10. L’intero incasso della serata sarà devoluto in beneficenza. Svizzera: detenuto si impicca in cella, era in carcere da due settimane per furti e lesioni www.tio.ch, 21 novembre 2014 Un detenuto si è tolto la vita ieri pomeriggio impiccandosi nella sua cella nel carcere di Sennwald (SG). Si tratta di uno svizzero di 55 anni in prigione dal 6 novembre per furti e lesioni semplici. L’uomo non si è presentato nella sala da pranzo all’ora del pasto. Sono stati i guardiani a trovarlo: malgrado i tentativi di rianimarlo non è stato possibile salvarlo, indica oggi la polizia cantonale sangallese. Stati Uniti: la storia di Ricky Jackson, 39 anni passati dietro le sbarre, ma era innocente di Mario Di Matteo www.clandestinoweb.com, 21 novembre 2014 Trascorre ben 39 anni in carcere ma alla fine si scopre che era innocente. Questa la drammatica storia di malagiustizia che è accaduta a Ricky Jackson, afroamericano di 57 anni, che è stato scagionato dopo aver passato buona parte della sua vita in prigione per un omicidio che in realtà l’uomo non ha mai commesso. Una storia che lascia molti interrogativi aperti, tra i quali spunta quello chi restituirà a quest’uomo gli anni persi? Come potrà essere ripagato di una vita interrotta? Casi del genere non mancano anche in Italia ma questa volta la malagiustizia che si è avventata su Jackson proviene da oltreoceano. Inizialmente all’uomo era stata inflitta come pena la morte ma sentenza venne trasformata in ergastolo, perché il suo Stato, l’Ohio, sospese le esecuzioni. Il detenuto è stato scagionato dopo che un testimone ha ritrattato quanto aveva affermato in precedenza: Eddie Vernon, "il testimone che lo aveva incastrato, ha confessato di aver mentito, spiegando alle autorità che in realtà non aveva assistito all’omicidio. Nel momento dell’assassinio, infatti, era lontano, a bordo di uno scuolabus, come confermato successivamente da altri testimoni", come riporta il sito online di Tgcom24. Basti pensare come Jackson è entrato in carcere all’età di 18 anni e ne è uscito a quella di 57 e il suo triste primato sarà quello del detenuto innocente rimasto in carcere più a lungo nella storia dell’America. Egitto: il Presidente al Sisi potrebbe concedere la grazia a due giornalisti di "al Jazeera" Nova, 21 novembre 2014 Il presidente Abdul Al Fatah al Sisi starebbe considerando la possibilità di concedere la grazia a due dei tre giornalisti dell’emittente televisiva qatariota "al Jazeera". È stato lo stesso capo dello stato egiziano ad affermarlo nel corso di un’intervista a "France 24". Lo scorso giugno i tre reporter erano stati condannati a pene che vanno dai sette ai dieci anni per aver diffuso "notizie false". La scorsa settimana al Sisi ha emesso un decreto che consente il rimpatrio dei detenuti di nazionalità straniera. La notizia, secondo l’opinione pubblica, fa pensare che potrebbero beneficiarne anche il canadese Peter Greste e Mohamed Fahmy, che vanta la doppia nazionalità egiziano-canadese. Diverse invece le prospettive per il terzo giornalista di "al Jazeera", Baher Mohamed, di nazionalità egiziana e che qui non potrebbe beneficiare del decreto. Mauritania: la Corte d’Appello di Nouakchott condanna a morte e all’ergastolo 5 islamici Nova, 21 novembre 2014 Il tribunale di Corte d’Appello di Nouakchott, in Mauritania, ha condannato a morte e all’ergastolo cinque estremisti islamici. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa mauritana "Ani", si tratta di cinque jihadisti accusati di far parte di al Qaeda nel Maghreb islamico. Erano stati già condannati alla stessa pena in primo grado con l’accusa di aver ucciso delle persone in Mauritania. Il più famoso di loro è al Khadim Ould Samman, capo del gruppo "Ansar Allah Murabitun fi Bilad Shanqit, considerato il leader dei detenuti salafiti del carcere centrale di Nouakchott dove ha condotto diversi sciopero della fame contro le condizioni carcerarie in cui versano i detenuti islamici.