Giustizia: nella biblioteca del carcere di San Vittore... un libro può salvare la vita di Sara De Carli Vita, 27 marzo 2014 Il governo britannico ha vietato ai detenuti di ricevere libri in carcere, suscitando in poche ore la protesta di famiglie, cittadini e scrittori (17mila le firme su Change.org). Noi nella biblioteca del carcere di San Vittore ci siamo stati. Ecco come è andata… In file ordinate sui loro scaffali o accumulati sui tavoli in alte pile dall’equilibrio precario, nella biblioteca del carcere di San Vittore anche i libri stanno stretti. Sedicimila volumi in una manciata di metri quadri, dice con orgoglio Francesco, che da un anno e mezzo, fino alle 14, qui fa il bibliotecario: "Facciamo 1.400 prestiti all’anno solo qui alla biblioteca centrale, direi 2mila in tutto il carcere". Su di loro veglia una gigantografia di suor Enrichetta Alfieri, "l’angelo di San Vittore" - "so solo che l’hanno beatificata da poco, non chiedermi altro", dice lui - e un disegno dal tratto netto e senza fronzoli: due mani legate, le manette spezzate, "vuoi evadere? Leggi un libro", c’è scritto sotto. "In effetti i romanzi sono richiestissimi, in particolare Wilbur Smith e Dan Brown", racconta Francesco. Si tormenta le mani nervoso, con quel "fuso" stampato appena sopra le nocche, una lettera per ogni dito, che stride con la lucidità con cui subito aggiunge: "Che poi il romanzo è l’unica forma reale di evasione, l’unica via reale per proiettarti altrove". Ma la lettura come evasione, a pronunciarla dentro a un carcere, è metafora troppo stinta e logorata. Scontata al punto da suonare bugiarda. E infatti Francesco racconta di un’altra realtà, inattesa e commovente: "Ma i libri più richiesti sono quelli di poesia". La poesia? Tra i detenuti? "Noi qui dentro abbiamo un bisogno fortissimo di comunicare con chi sta fuori, di esprimere con le parole emozioni e vissuti dolorosi. Ma trovare le parole è dannatamente difficile. Quindi ci si affida a chi lo ha fatto prima di noi, per trovare il modo di tirare fuori quelle parole. Ci deve essere un sistema. Se l’hanno fatto altri, c’è. La poesia diventa allora la scusa per un lavoro introspettivo, uno scavare a fondo, molto faticoso. Certo, poi qualcuno copia anche le poesie carrément…". Come, scusa? "Carrément, è francese. Le copia pari pari". Francesco ride, con gli occhi trasparenti, e in quella risata le sue mani fanno pace con le sue parole. Racconta del primo libro che ha preso in prestito lui, appena arrivato a San Vittore: Il preludio, di William Wordsworth, che "ha cambiato la mia visione sulla mia esistenza. Lui era completamente solo, ma nella sua solitudine ha trovato qualcosa a cui aggrapparsi, nella natura. Se ce l’aveva fatta lui, potevo fare altrettanto anche io". Francesco è uno dei detenuti di San Vittore che ogni martedì partecipa al laboratorio di scrittura creativa, nella loro ora d’aria. Oggi sono in otto. Siamo nel terzo braccio del carcere, quello da poco ristrutturato, quello con più attività trattamentali, quello che gli altri detenuti guardano come "un altro mondo". Un fiore all’occhiello. Appesi ai muri della stanza ci sono gli acquerelli dei detenuti: nature morte, paesaggi di mare, stelle di Natale, le classiche arance. Metà stranieri e metà italiani, siamo pari. Felpe, cappucci, jeans, tute, una fascia fra i capelli lunghi. Un signore sulla cinquantina, in pantaloni di flanella, camicia azzurra e girocollo blu, alza l’età media (e l’eleganza) del gruppo. In quattro hanno un quaderno, il signore dal maglione blu prende appunti tutto il tempo. "Dottoressa, buongiorno!", dicono quasi in coro. Questo è il secondo anno che Elena tiene un corso di scrittura a San Vittore. Prima ha lavorato anche a Opera, in un laboratorio teatrale. "La parola qui dentro non è un ornamento, ma uno strumento che risana le ferite. Queste persone in generale non hanno grande dimestichezza con le parole, ma mi stupisco sempre di come si avvicinino con timore e rispetto", dice. Un timore però che non è soggezione né paura. I quaderni si aprono, fitti di parole sghembe, cancellature, anche di errori grammaticali. C’è un orgoglio inatteso, nel chiedere il permesso di leggere ciò che si è scritto. Leggono a voce alta, ci tengono a farlo loro, anche quando l’italiano incespica. Elena non esita a chiamarlo coraggio: "È un grande atto di fiducia. Mentre raccontano di sé, di esperienze che hanno fatto e che mai avrebbero pensato essere interessanti per qualcuno, si accorgono invece dell’attenzione e anche del coinvolgimento emotivo di chi ascolta. Scoprono la loro capacità di emozionare, di dare agli altri una emozione positiva e in questo modo si scoprono come "positivi" loro stessi. Di volta in volta acquistano fiducia in loro stessi, che poi è la prima leva su cui lavorare, perché qui dentro ovviamente è diffusa soprattutto la disistima, la percezione di essere un fallito". [...] L’autobiografia qui dentro la farebbe da padrona. "Cerco di dare spunti per allontanarsene e acquisire dimestichezza con la fantasia e l’immaginazione", spiega Elena. Per farlo lavora con le immagini di quello che lei chiama "museo interiore", facendoli lavorare come "archeologi alla ricerca delle immagini che si sono stratificate dentro ciascuno. Mi dicono "non abbiamo parole per le emozioni", io dico "lasciatevi sorprendere da un’immagine che quell’emozione fa nascere dentro di voi e poi provate a descrivere quell’immagine. Spesso, in questo modo, avrete dato parola anche alle vostre emozioni". E quell’immagine può essere poi un ottimo spunto per iniziare un racconto, il pretesto per un incipit". Basta poco. Giustizia: premier Renzi; affrontare il problema carceri senza provvedimenti una tantum Adnkronos, 27 marzo 2014 "Del tema delle carceri si parla spesso quando ci sono eventi negativi: ma i problemi nazionali, come il sovraffollamento dei detenuti, non si affrontano con lo svuotamento degli istituti, con la creazione di nuovi carceri o con provvedimenti ‘una tantum’ ma con operazioni e sfide culturali ed educative". Lo ha detto il sindaco di Firenze Matteo Renzi presentando in conferenza stampa a Palazzo Vecchio le biciclette riciclate ma di design realizzate con il marchio "Piede libero" da detenuti ed ex detenuti delle carceri fiorentine. Giustizia: ministro Orlando; in Italia pene alternative funzionano poco, vanno potenziate Ansa, 27 marzo 2014 Per risolvere il problema delle carceri, "la strada maestra è quella di costruire forme alternative alla detenzione", e in Italia "le pene alternative alla detenzione, funzionano ma non abbastanza". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, intervistato da Rai Radio Uno il giorno dopo la sua visita a Strasburgo sull’emergenza carceri per la condanna che la Corte dei diritti umani ha pronunciato nel gennaio 2013 contro l’Italia, dandole tempo fino alla fine di maggio 2014 per adeguarsi. "Riteniamo che debba esserci una crescita di questo strumento - ha aggiunto, si tratta di utilizzare di più le convenzioni per il lavoro dei detenuti fuori dal carcere: Strasburgo non ci contesta solo il problema dei metri quadri" a disposizione dei detenuti nelle celle, "ma il modo in cui si sta in carcere, il modo inattivo, per cui il detenuto non svolge né attività di lavoro né di studio. Poi c’è da fare un’attività di carattere amministrativo, realizzando le convenzioni con le Regioni, perché i detenuti tossicodipendenti possano scontare parte della pena in comunità, e sui rimpatri degli stranieri". Lavoro esterno, ristrutturazioni e nuovi penitenziari Il ministro della Giustizia ribadisce l’impegno a rispettare la scadenza che l’Europa ha dato all’Italia (fissata per il 28 maggio prossimo) per porre rimedio alla emergenza del sovraffollamento carcerario. Orlando ha sottolineato: "Dobbiamo farcela alla vigilia del semestre europeo: una condanna sarebbe un tratto poco edificante". Sugli indennizzi ai detenuti, il ministro ricorda che "la monetizzazione non è il modo con cui affrontare la questione: vogliamo risolvere il problema strutturale" "Ce la dobbiamo fare, non farcela vorrebbe dire che non riusciamo ad affrontare un elemento che è tratto di civiltà o di inciviltà di un Paese". Così il guardasigilli Andrea Orlando, intervistato nel programma "Prima di tutto" su Radio1, ribadisce il suo impegno per rispettare la scadenza che l’Europa ha dato all’Italia - fissata per il 28 maggio prossimo - per porre rimedio alla emergenza del sovraffollamento carcerario. Il ministro della Giustizia ha sottolineato che "dobbiamo farcela anche per l’immagine del nostro Paese, alla vigilia del semestre europeo: una condanna sarebbe un tratto poco edificante". Orlando ha ribadito che il problema delle carceri è stato "il mio impegno principale da quando ho assunto l’incarico, come lo è stato per il mio predecessore". Quanto alle notizie apparse sulla stampa di progetti riguardanti sconti di pena o indennizzi per i detenuti, il ministro ha ribadito che "il tema della monetizzazione non è il modo con cui affrontare la questione: vogliamo risolvere il problema strutturale". Quindi, uno dei punti su cui si lavora è la costruzione di nuovi penitenziari, o della ristrutturazione di edifici già esistenti: "Il tempo, però, per fare questo è medio-lungo, noi dobbiamo dare risposte in tempi rapidi". Una "strada maestra", secondo Orlando è fare ricorso maggiore alle misure alternative: "Ci deve essere una crescita - ha detto il guardasigilli - bisogna utilizzare di più anche le convenzioni per il lavoro fuori dal carcere. Non basta uno spazio superiore ai 3 metri quadrati per un detenuto, servono anche attività all’interno delle carceri, processi di reinserimento, qualità della sanità in carcere. Un carcere che funziona - ha concluso il ministro - produce meno recidiva". Giustizia: pm Gratteri; contro il sovraffollamento fare accordi per rimpatrio dei detenuti Altro Quotidiano, 27 marzo 2014 "Smentisco di volermi candidare a presidente della Regione Calabria e sulla mancata nomina al ministero non voglio parlare, sono altri che devono parlare e spiegare, non io". Così il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, ospite a 24 Mattino su Radio24, sul tema carceri. "Per risolvere la questione del sovraffollamento - ha spiegato il procuratore aggiunto di Reggio Calabria - basterebbe che il ministro della Giustizia facesse accordi bilaterali con i suoi omologhi dei Paesi del Mediterraneo e della Romania per mandare i detenuti a scontare la pena nello loro stato di provenienza pagando però noi vitto e alloggio. Così facendo, risparmieremmo dato che in quegli Stati il costo della vita è inferiore a quello italiano e al tempo stesso daremmo una soluzione al problema delle carceri piene". "Questo è il compito della politica - ha continuato nel ragionamento Gratteri - fare accordi con gli altri Stati. Da sei anni per esempio è fermo un accordo bilaterale di estradizione con la Colombia e non si capisce perché". "C’è poi il grosso tema dei detenuti tossicodipendenti - ha spiegato il magistrato -. Per loro è inutile la detenzione in carcere, bisognerebbe piuttosto mandarli in comunità terapeutiche leggermente modificate rispetto alle attuali dove poter curare la dipendenza dalla droga, cosa che in carcere non avviene". Alla richiesta, poi, di un commento sulla questione multe per la condizione carceraria dei detenuti in Italia, il procuratore Nicola Gratteri ha così risposto: "Mi pare che stiamo subendo molto l’Europa invece che avere il ruolo da protagonisti che ci spetterebbe. Per evitare le multe basterebbe aprire le tante celle libere che attualmente sono chiuse per mancanza di personale di sorveglianza. Si potrebbero mettere a fare sorveglianza esterna e negli uffici i militari in esubero, liberando così risorse e aumentando l’organico di polizia penitenziaria nei reparti. Le voci di possibili rimborsi ai detenuti poi non le commento neppure perché è una cosa che non sta né in cielo né in terra". Infine sull’incontro con Matteo Renzi in visita a una scuola di Scalea, Gratteri dice: "Andrò a salutarlo perché sono una persona educata, figlio di contadini che mi hanno insegnato l’educazione, ma si tratterà solo e soltanto di un saluto". Giustizia: Chierchia (Sippe); "paghetta" ai carcerati torturati? meglio amnistia e indulto www.informazione.it, 27 marzo 2014 Il Piano carceri studiato dal Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, per evitare che le punizioni europee previste per chi, come l’Italia, non riesce a garantire un’ospitalità dei detenuti nella misura dignitosa e rispettose delle disposizioni comunitarie nonché a criteri umanitari e per evitare risarcimenti dei danni, ha studiato il modo per farla franca. Ha pensato bene il Ministro, per non incorrere alle condanne, di "ricorrere ai saldi" - scrive il Vice Segretario Generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria Sippe, Romeo Chierchia - prevedendo uno sconto di pena del 20% per chi continua a sopportare una situazione disumana e contrarie alle disposizioni comunitarie o in alternativa la scelta, "dell’opzione", dell’indennizzo giornaliero di 10 o 20 €, naturalmente esente tasse, a titolo di risarcimento danni per i detenuti torturati. Ottima proposta Ecc.mo Ministro! Il giusto binomio oggi è "amnistia e indulto". La nostra compagine sindacale, né parla da mesi e mesi, per non dire da anni. Il parlamento, in qualità di organo Costituzionale "elettivo", deve assumersi questa responsabilità davanti al Paese e deve azzerare il tutto. Il carcere deve essere l’ex-trema ratio alla quale il giudice deve ricorrere quando non ha altre alternative. Ma invece di prevedere misure alternative al carcere, come la libertà su cauzione, per reati non di impatto sociale devastanti, è un’opportunità concessa all’imputato di richiedere una misura alternativa alla custodia in carcere, pagando una cauzione per conquistare l’assoluzione e per lo Stato un incremento delle entrate per consentire la gestione autonoma contabile delle carceri con budget predeterminati. La "paghetta" invece significa un costo per lo Stato e chi pagherà? Il contribuente! Tutti parlano, tutti criticano, tutti vogliono aver ragione, con proposte sempre vecchie e clientelari, ma alla fine i fatti non si vedono. A questi provvedimenti tampone utili per il "momentum", devono seguire riforme strutturali del sistema penitenziario e provvedimenti legislativi che mirino ad organizzare la Giustizia Italiana che ad oggi non risulta essere efficiente. Il prodromo di un percorso non lineare, rischia di trasferire il problema penale nel tessuto sociale con gravi danni al Paese. Inoltre non bisogna dimenticare che la sofferenza prioritaria, oggi, è accollata principalmente al personale di Polizia Penitenziaria, che lavora in prima linea e con turni massacranti poiché costretti a coprire più posti di servizio contemporaneamente e a volte anche 4 posti consecutivi, con le conseguenze, in termini di salute, stress e tensione e senza riconoscere il giusto equilibro economico. Un consiglio al Ministro - conclude il Chierchia - invece di pensare alla "paghetta" per i detenuti perché non pensa ad aumentare l’indennità di presenza giornaliera, per gli agenti di Polizia Penitenziaria che prestano la propria opera per lo Stato, con un ulteriore importo di € 15,00 al fine di evitare che "lo sfruttamento" o questo sacrificio richiesto, si potrà tradurre, in ricorsi nelle sedi opportune per l’eventuale riconoscimento del danno patito. Giustizia: Fns-Cisl; ok misure alternative, ma non dimenticare la Polizia penitenziaria Adnkronos, 27 marzo 2014 La Federazione nazionale della sicurezza Cisl "giudica positivamente quanto detto oggi dal ministro Andrea Orlando circa la necessità di utilizzare di più le convenzioni per il lavoro dei detenuti fuori dal carcere, di costruire misure alternative alla detenzione e stipulare accordi con le Regioni perché i detenuti tossicodipendenti possano scontare parte della pena in comunità, ma chiede al Guardasigilli di avere le stesse premure e gli stessi accorgimenti anche verso tutto il personale penitenziario". Lo dichiara in una nota il segretario generale della Fns Cisl, Pompeo Mannone, commentando le dichiarazioni del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, a Radio Uno. "Chiediamo al ministro di non dimenticare di valorizzare e incrementare il personale di polizia penitenziaria che vive negli istituti di pena una condizione pesante e non più gestibile. Una situazione - denuncia Mannone - che, data la carenza di unità, vede il personale farsi carico di massacranti doppi turni di lavoro. Di sicuro questa condizione mette a dura prova la capacità psico-fisica del personale che subisce sulla propria pelle i disagi complessivi di un ambiente spesso invivibile". "Ecco perché, per il ruolo che la polizia penitenziaria riveste nelle carceri - conclude il segretario Fns-Cisl - è necessario valorizzarne le tante professionalità con riconoscimenti giusti e specifici". Giustizia: Nicolò (Fi); a causa delle carceri sovraffollate l’Italia rischia multe milionarie Tm News, 27 marzo 2014 "La denuncia più accreditata e più esplicita viene ormai dallo stesso Guardasigilli, Andrea Orlando: l’Italia rischia multe milionarie a causa delle carceri sovraffollate che violano la dignità del detenuto. Situazione, peraltro, ampiamente denunciata dal Dap, i cui dati certificano la presenza di 150 detenuti ogni 100 posti disponibili, collocando il nostro Paese in coda alla classifica europea. Una fotografia allarmante per gli agenti, i detenuti e le loro famiglie". È quanto afferma in una dichiarazione il Vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, Alessandro Nicolò. "La nostra Costituzione, parimenti ad altre magna carta delle moderne democrazie occidentali, ha arricchito il concetto di pena con un nuovo elemento: la rieducazione. Il castigo inflitto a colui che ha violato la legge - sottolinea Nicolò - non può prescindere dal dato valoriale scolpito nella Costituzione: riportare l’individuo alle sue responsabilità verso la società, preparandone il percorso formativo durante la detenzione. Se il ministro Orlando, però, decide di andare a Strasburgo, negli Uffici dell’Alta Corte di Giustizia, prefigurando che nel nuovo piano carcerario previsto dal governo Renzi, i detenuti che scontano la pena in ambienti inferiori a tre metri quadrati debbono ricevere un rimborso giornaliero tra i dieci e i venti euro, il principio di rieducazione, sancito dalla Costituzione, risulterebbe vanificato proprio dalle condizioni logistiche dei nostri istituti di pena. Ne deriva un clamoroso danno di immagine dell’Italia, oltreché un prevedibile salasso economico per gli inevitabili ricorsi che tantissimi detenuti produrranno per ottenere un trattamento adeguato, umano, senza cui - prosegue Nicolò - continueranno gli atti di autolesionismo e di violenza, le tensioni con il personale di vigilanza, una chiara violazione dei diritti umani che non può lasciarci indifferenti. È necessario, invece, costruire un percorso di detenzione alternativo che veda il carcere non più luogo in cui il condannato venga abbandonato a se stesso, impossibilitato, in queste condizioni, a migliorare il suo stato e raggiungere quel potenziale recupero culturale, fisico e psichico necessario al corretto reinserimento sociale. È venuto quindi il momento, senza cedere alla sindrome giustizialista - dice ancora Alessandro Nicolò - di aprire una discussione approfondita sulla funzione delle strutture carcerarie che in Italia, è bene ricordarlo, possono ospitare circa 40 mila persone e invece ne contengono oltre 60 mila in condizioni di totale insalubrità, con un numero alto di tossicodipendenti che andrebbero immediatamente destinati a forme alternative extracarcerarie, una presenza significativa di detenuti stranieri, comunitari ed extracomunitari, che potrebbero scontare la pena nei Paesi di origine. Senza trascurare i malati psichiatrici che andrebbero collocati in strutture adeguate. Ecco perché il Parlamento, seppure come misura di urgente contingenza, dovrà adottare provvedimenti che preconizzino misure alternative al carcere per specifici reati, con la più larga maggioranza possibile. Tutto ciò per restituire una condizione di dignità alle persone ed agli operatori, senza dimenticare o offendere le vittime di reato e, soprattutto, non contribuire ad accrescere l’immagine vendicativa dello Stato". Giustizia: Don Balducchi; mamme e bambini in carcere… non deve succedere mai più di Paolo Lambruschi Avvenire, 27 marzo 2014 Un bambino non dovrebbe mai stare dietro le sbarre di un carcere. Senza vedere il cielo, senza sapere cos’è un orizzonte. E, possibilmente, non dovrebbe mai vedere detenuta la propria mamma. Partendo da questi due semplici assunti è nato da un anno un progetto di accoglienza per le mamme carcerate con prole e senza dimora, pensato e realizzato dall’Ispettorato generale dei cappellani delle carceri, dalla Caritas italiana e dalla Fondazione Migrantes. I dati del Ministero sulla popolazione carceraria, al 31 dicembre 2013, registrano 43 madri detenute, 45 bambini con meno di tre anni e 22 detenute in gravidanza. "Va precisato - spiega il responsabile nazionale dei cappellani, don Virgilio Balducchi - che la legge prevede gli arresti domiciliari, meno che in caso di reati molto gravi, per la madre con un bimbo di età inferiore ai sei anni". Tuttavia restano penalizzate le donne che non hanno una residenza, in genere le rom, le immigrate e alcune italiane senza dimora. Il servizio si propone di accogliere ed ospitare, per periodi medio-lunghi, donne che hanno i requisiti per usufruire di misure alternative alla detenzione, ma che non possono accedere ai benefici previsti dalla legge perché prive di adeguato domicilio legale. "La situazione carceraria nel nostro Paese - prosegue don Balducchi - conosce una crisi ormai di dimensioni strutturali. A fronte di una legislazione tra le più avanzate in ambito europeo, permangono criticità di ordine organizzativo e gestionale, nonostante l’impegno dei vari soggetti istituzionali, delle associazioni e di quanti lavorano all’interno delle carceri". Per rispondere al dettato evangelico che richiama al rispetto della persona umana in qualsiasi condizione di vita si trovi e per tentare di dare applicazione all’articolo 27 della Costituzione è nato nel settembre 2012, dopo un previo accordo con il capo del Dap, Giovanni Tamburino, il progetto "mamme con prole". "Abbiamo avviato - puntualizza il responsabile dei cappellani carcerari italiani - un’indagine conoscitiva, attraverso i cappellani che ha rilevato diversi casi sul territorio. Nel contempo sono state individuate 32 strutture sul territorio disponibili all’accoglienza". Ma non basta, occorre la volontà delle interessate. "C’è chi ha magari altri figli e può avere interesse a rimanere in carcere per non perdere i contatti. Comunque, dopo aver incrociato i dati in nostro possesso con i dati inviatici dal Dap, sempre attraverso i Cappellani si è provveduto ad un primo intervento conoscitivo della volontà da parte delle donne con prole ad essere accolte in una struttura di accoglienza". Rilevato l’interesse di 20 donne, il Progetto è stato proposto alla Cei per finanziarlo. "Superata la difficoltà di individuare le donne - spiega don Francesco Soddu, direttore della Caritas italiana - abbiamo presentato il progetto alla presidenza della Cei. Non mi è stata fatta nessuna domanda e nessuna obiezione. Hanno colto subito la ricchezza del progetto, la prospettiva e il lavoro d’insieme". Ogni donna con bambino costa per questo progetto 30 euro circa al giorno contro i quasi 115 del carcere stimati da uno studio della scorsa estate della polizia penitenziaria. "Nel febbraio 2013 - prosegue Soddu - la Cei ha disposto di stanziare un fondo di 200mi-la euro annui, per due annualità, per un totale di 400mila euro, da destinarsi come contributo per l’accoglienza delle ospiti presso le strutture disponibili. Il contributo prevede un rimborso giornaliero di 30 euro anticipato, di tre mesi in tre mesi per un anno, nell’ipotesi di permanenza dell’ospite presso la struttura allo scadere di ogni trimestre. Il Progetto vuole porre un segno tangibile di vicinanza della Chiesa italiana alle madri che vivono in carcere per offrire, a chi non ha possibilità proprie, un luogo di accoglienza per il loro vissuto materno". All’iniziativa collaborano in modo continuativo, anche la Comunità Sant’Egidio e la Comunità Papa Giovanni XXIII. L’intervento è divenuto operativo a partire dall’1 marzo 2013. Dopo un anno sono state accolte 12 donne con bambini su 50 posti e due donne hanno partorito, allattato e svezzato i loro neonati in queste comunità e non dietro le sbarre. Che futuro ha questo progetto? "Siamo a metà - spiega ancora don Soddu - ma c’è ancora da lavorare. Il bilancio è buono, abbiamo ospitato una dozzina di donne e l’aver lavorato insieme è stata una grande cosa. Vogliamo comunque ripresentarlo nel 2015 se ce ne sarà le necessità". Finora due bambini sono nati liberi e 12 mamme stanno ritrovando se stesse. E, soprattutto, i piccoli stanno imparando ad apprezzare il cielo che scende fino all’orizzonte. Giustizia: chiusura degli Opg verso l’ennesima proroga, ma che sia l’ultima di Alessia Guerrieri Avvenire, 27 marzo 2014 La proroga è assodato ci sarà. Il termine del 2016 appare il più probabile, ma non sarà un rinvio senza paletti ben precisi. E soprattutto senza una definizione più puntuale delle condizioni e del processo di superamento degli Opg. A sei giorni dal 1 aprile, termine previsto per la chiusura degli ospedali giudiziari, la palla ora torna al governo. Le Regioni ieri infatti, durante l’audizione in commissione Igiene e Sanità di Palazzo Madama, hanno chiesto da un lato che "sia il legislatore a fissare la proroga dei termini per la chiusura degli Opg" - anche se in Conferenza delle Regioni hanno ipotizzato la data del 1 aprile 2017 - e dall’altro "termini realistici e scadenze che possano davvero essere rispettate". Già troppe volte in questi due anni la chiusura è stata annunciata, smentita, rimandata. Ma il balletto degli spostamenti deve finire. Quindi - ribadiscono gli enti locali - niente slittamenti sine die ma, allo stesso tempo, no anche a obiettivi irraggiungibili. Così per superare gli ostacoli che i territori hanno nella messa a regime dei programmi di superamento presentati al ministero della Salute - primo tra tutti la costruzione delle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) che ospiterebbero gli internati ad alta pericolosità sociale - sostengono al Senato l’assessore emiliano Carlo Lusenti e la collega siciliana Lucia Borsellino, servirebbe una "cabina di regia" tecnico-politica per monitorare i processi avviati da tutti gli attori coinvolti: Regioni, ministeri, magistratura. E per completare in tempi rapidi le Rems, dicono, una soluzione potrebbe essere "la possibilità di deroghe alla normativa sugli appalti", magari prevedendo per i governatori "poteri commissariali" analoghi a quelli previsti per gli eventi emergenziali. Quel che è certo, per ora, è che tenere ancora aperti per tre anni gli Opg appare a tutti eccessivo. Come bisogna pure evitare che continuino ad entrare ogni giorno nuovi internati. Se è vero, difatti, che dal 2010 la popolazione nei sei manicomi criminali italiani è diminuita di un terzo scendendo da 1.600 a poco più di mille, è altrettanto vero che negli ultimi due anni tra i nuovi ingressi e le dimissioni non passa troppa differenza (nel 2013 a fronte di 604 nuovi internati ne sono usciti appena 559). Riforma del codice penale, potenziamento dei centri di salute mentale sui territori, accordi con la magistratura per spingere verso l’affidamento ai dipartimenti sanitari. Tutto giusto. Tuttavia quel che evidente, dice Stefano Cecconi del comitato Stop Opg, è che "le Regioni sono troppo orientate a costruire le Rems" anche se non sono queste strutture che permetteranno di superare gli Opg. "Va data una sterzata", dice, la proroga dovrebbe servire proprio a considerarle come "soluzione residuale e transitoria", puntando - anche riorientando le risorse - "sulle misure alternative e ì programmi terapeutici individuali" Giustizia: oggi al Senato convegno su Ospedali psichiatrici giudiziari, interviene Grasso Asca, 27 marzo 2014 Sarà il Presidente del Senato, Pietro Grasso, ad aprire i lavori del convegno in programma oggi, giovedì 27 marzo, in Sala Zuccari, organizzato dalla Commissione Sanità del Senato con il titolo "Impegni per il superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Per non sprecare una occasione di crescita civile del Paese". L’apertura dei lavori è prevista alle ore 14. Dopo l’indirizzo di saluto del Presidente Grasso, interverranno il Sindaco di Roma Ignazio Marino, Presidente nella scorsa Legislatura della Commissione d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale, e la senatrice Emilia Grazia De Biasi, Presidente della Commissione Sanità. Il programma dell’incontro - si legge in un comunicato del Senato - prevede la proiezione di un breve filmato estratto dal documento video realizzato nella XVI Legislatura dalla Commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale. Peppe Dell’Acqua, del Forum Salute Mentale, interverrà sul tema "Chiudere gli OPG, aprire i servizi di salute mentale". L’attore Marco Foschi leggerà "Il dialogo di Marco Cavallo e il Drago". Alle 17.30 circa avrà luogo una tavola rotonda sul tema "Affinché la proroga sia un’occasione di crescita del sistema" con gli interventi, tra gli altri, del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin e del Ministro della Giustizia Andrea Orlando. Parteciperanno i componenti della Commissione Igiene e Sanità del Senato. Si alterneranno al coordinamento dei lavori la Presidente della Commissione De Biasi e i Vice Presidenti Maria Rizzotti e Maurizio Romani. Giustizia: oggi Rita Bernardini (Ri) audita da una delegazione del Parlamento Europeo www.radicali.it, 27 marzo 2014 Una delegazione del Parlamento Europeo è da ieri in Italia per verificare la situazione carceraria del nostro Paese. È formata dai parlamentari europei Juan Fernando López Aguilar (spagnolo del Gruppo Socialisti e Democratici, Presidente della commissione Libe e Capo della delegazione), Frank Engel (Lussemburghese del Gruppo Popolari Europei), Kinga Göncz (Ungherese del Gruppo Socialisti e Democratici); come accompagnatori hanno tre parlamentari europei italiani: Salvatore Iacolino (Gruppo Popolari Europei), Roberta Angelilli (Gruppo Popolari Europei) e Salvatore Caronna (Socialisti e Democratici). Il Programma della delegazione del Parlamento Europeo prevede: nella giornata di oggi, 27 marzo: ore 8.30 incontro con il sen. Luigi Manconi; ore 10.30 incontro con Patrizio Gonnella, Giovanna Di Rosa, Marco Bertoluzzo, Stefano Anastasia, Rita Bernardini; 13.30 incontro con i parlamentari italiani presso la sede del Senato (in particolare, con i membri delle Commissioni Giustizia e Politiche dell’Ue di Camera e Senato); ore 17.30 incontro a Napoli con Mario Barone (Presidente di Antigone Campania), Lorenzo Acampora (Azienda Sanitaria Locale della Campania), Emilio Fattorello (Sindacato degli agenti Sappe), Padre Franco Esposito (Cappellano del Carcere di Poggioreale); ore 19.00 incontro con Adriana Tocco (Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, Regione Campania). Domani, venerdì 28 marzo, alle ore 8.30 incontro con il Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris; dalle ore 12.00 alle 14.00, visita al Carcere di Poggioreale. Pannella: Italia sia giudicata alla corte dell’Aja "La condizione tecnicamente criminale della partitocrazia e del regime italiani è tale che dobbiamo riuscire a far sì che se ne occupi la Corte penale internazionale". Lo dice a Radio radicale Marco Pannella, che aggiunge: "Siamo il Paese in Europa più esposto all’ignominia e all’infamia della disfunzione del diritto della giustizia. La realtà della democrazia reale italiana è tale che i suoi comportamenti criminali vanno giudicati non da Norimberga, ma dalla Corte dell’Aja, in particolare l’Italia di questo simpatico giovanotto Renzi". Infine, conclude: "Dobbiamo far sì che lo Stato italiano sia imputato per le sue tremende responsabilità formalmente e condannato all’Aja, per difende così i diritti umani nel mondo, i diritti umani in Italia e lo stato di diritto, e così uscire da uno stato che si comporta come associazione per delinquere". Lettere: il decreto droga nell’inverno del diritto di Franco Corleone Il Manifesto, 27 marzo 2014 Napolitano ha controfirmato il decreto, seppur amputato della parte penale e della tabella unica delle sostanze, in realtà gravissimo dal punto di vista simbolico Il 21 marzo di quest’anno sarà ricordato non come il primo giorno di primavera, ma come il culmine dell’inverno della repubblica. La notte è calata con la firma del presidente Napolitano di un decreto totalmente privo dei presupposti costituzionali di necessità e urgenza in materia di disciplina degli stupefacenti. La ministra della Sanità Lorenzin, forse subornata da qualcuno o per interesse di partito, aveva predisposto un decreto che ripristinava la legge Fini-Giovanardi cancellata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 32 del 12 febbraio 2014. Il colpo di mano fu stoppato grazie all’intervento del ministro della Giustizia Orlando. In un Paese normale la vergogna sarebbe dovuta cadere sugli autori di una azione così spudorata. Invece Napolitano non solo ha controfirmato il decreto ridimensionato, seppur amputato della parte penale e della tabella unica delle sostanze, in realtà gravissimo dal punto di vista simbolico; ma tra le premesse giustificative del decreto ha accettato una considerazione sulla decisione della Corte Costituzionale che rappresenta un vero e proprio insulto al diritto, allo stato di diritto e quindi alla democrazia. Nella premessa al decreto si sostiene che "la pronuncia di incostituzionalità è fondata sul ravvisato vizio procedurale dovuto all’assenza dell’omogeneità e del necessario legame logico-giuridico tra le originarie disposizioni del decreto-legge e quelle introdotte dalla legge di conversione e non già sulla illegittimità sostanziale delle norme oggetto della pronuncia": è davvero sconcertante una manifestazione di cultura politica che non comprende che la forma è sostanza soprattutto quando si discute dei principi della Carta costituzionale. È desolante il fatto che il Presidente del Consiglio accrediti una riduzione del valore di una sentenza fondamentale che ha condannato con assoluta nettezza l’abuso di potere perpetrato, l’esercizio arrogante della pratica della dittatura della maggioranza e la violazione della sovranità del Parlamento. Se il Governo avesse voluto rispettare doverosamente la sentenza della Corte Costituzionale avrebbe dovuto prevedere, anche per decreto, una misura per rendere giustizia alle migliaia di condannati in via definitiva in base a una legge incostituzionale. Sarebbe stato opportuno anche un intervento per modificare la norma sui fatti di lieve entità che non prevede una differenziazione tra droghe leggere e pesanti come nella legge tornata in vigore e che per la cannabis ha una pena (da uno a cinque anni) troppo alta rispetto alla pena base (da due a sei anni). Invece il decreto si preoccupa di reinserire competenze per il Dipartimento antidroga e di far fuori il ministero della giustizia dall’approvazione delle tabelle delle sostanze soggette a controllo. Nella tabella II che riguarda la cannabis ripristina il divieto della coltivazione anche a fini terapeutici. Viene previsto per gli operatori del servizio pubblico per le tossicodipendenze e delle strutture private autorizzate l’obbligo di segnalare all’autorità competente tutte le violazioni commesse dalla persona sottoposta al programma terapeutico alternativo a sanzioni amministrative o ad esecuzione di pene detentive e, dulcis in fundo, si ristabilisce che i dosaggi e la durata del trattamento con metadone abbiano l’esclusiva finalità clinico-terapeutica di avviare gli utenti a successivi programmi riabilitativi. La finalità revanscista è evidente dalla lettura delle decine e decine di commi di un decreto sgangherato che ripristina la Fini-Giovanardi senza nessun motivo di necessità e urgenza. Tocca ora al Parlamento cancellare questa vergogna. Sardegna: l’Università entra nelle carceri di Sassari, Alghero, Tempio-Nuchis e Nuoro Ansa, 27 marzo 2014 L’università "entra" in Sardegna nelle carceri. I detenuti degli Istituti Penitenziari di Sassari-Bancali, Alghero, Tempio-Nuchis e Nuoro potranno immatricolarsi, seguire le attività formative proposte dall’università di Sassari e usufruire dei servizi di orientamento, consulenza, tutorato e ricerca messi a disposizione dall’ateneo. L’accordo è stato siglato oggi a Sassari, in occasione della settimana di orientamento universitario nell’aula magna del Polo Bionaturalistico di Piandanna, dal rettore Attilio Mastino e dal provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria della Sardegna, Gianfranco De Gesu. La novità è che l’ateneo sassarese farà da apripista alla formalizzazione dei Poli universitari penitenziari della Sardegna. L’opportunità di continuare a studiare, se già iscritti, seguendo le lezioni in carcere, ma anche di intraprendere la carriera universitaria, è offerta dal protocollo di intesa tra l’Università di Sassari e il Prap (Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria) della Sardegna, che ratifica e sviluppa la collaborazione già da molti anni attiva tra i due enti. Il nuovo protocollo riprende quanto già previsto nell’accordo nazionale del 2004, ma introduce importanti novità, tra cui anche la definizione della durata degli accordi. Gli studenti ammessi, detenuti negli Istituti Penitenziari del Nord Sardegna e in condizioni economiche disagiate, godranno inoltre dell’esenzione dal pagamento delle tasse universitarie, secondo quanto stabilito recentemente dagli Organi collegiali dell’ateneo. In più, grazie alla convenzione sottoscritta nel 2012 con l’Ersu, che estende una collaborazione già attiva, verrà erogato annualmente un contributo per l’acquisto del materiale didattico necessario per lo studio. Verona: bambino era fuggito dalla Bosnia, a 29 anni muore in cella per "arresto cardiaco" L'Arena di Verona, 27 marzo 2014 Aveva 29 anni e dal 2010 era in carcere per un cumulo di pene. Sarebbe uscito a maggio, quando avrebbe finito di scontare la sua pena. Invece è morto. Arresto cardiaco recita il referto medico anche se l'uomo aveva problemi di salute da mesi che l'avevano costretto in ospedale per parecchio tempo. Era poi stato dimesso tre settimane fa ed era tornato in cella. Quando si è sentito male hanno provato a rianimarlo, sia i poliziotti della polizia penitenziaria che il personale infermieristico, ma per lui non c'è stato niente da fare. La vittima era arrivata in Italia minorenne e clandestino nel 2002. I genitori erano stati uccisi durante la guerra in Bosnia e lui, rimasto solo, quando la guerra era già finita aveva deciso di venire in Italia. Aveva vissuto di espedienti: ricettazione, tentata rapina, furti. L'unica persona da informare, domenica 23 marzo alle 13, quando c'è stato il decesso è stato il suo avvocato, Emanuele Luppi. È probabile che il giovane venga sepolto a Verona. Napoli: 400 detenuti di Poggioreale trasferiti in altre strutture con più disagi per familiari di Claudia Procentese Il Mattino, 27 marzo 2014 Se Poggioreale si svuota, iniziano i pellegrinaggi delle famiglie dei detenuti verso altre carceri. Si sono sfiorati i 3milareclusi nel penitenziario napoletano, oggi si è arrivati a 2.400, ma non è tutto merito del decreto svuota carceri varato dal governo Letta. Se nel giro di due-tre mesi si è passati da 2.800-2.900 ristretti a circa 2.400, di questi 500 mancanti soltanto un centinaio hanno usufruito dei benefici del nuovo provvedimento. "Solo 100 detenuti sono usciti dal carcere per gli sconti di pena - sottolinea il cappellano don Franco Esposito, 400 invece sono stati trasferiti in altri penitenziari d’Italia, anche in Sicilia e Sardegna, soprattutto nelle ultime settimane. Se Poggioreale si svuota, iniziano i pellegrinaggi delle famiglie dei detenuti. Si sono sfiorati i 3mila reclusi nel penitenziario napoletano, oggi si è arrivati a 2.400, ma non è tutto merito del decreto svuota carceri varato dal governo Letta. Maggio è alle porte, si avvicina la scadenza per dare esecuzione alla sentenza Torreggiani che ha condannato l’Italia per trattamenti inumani, domani è prevista la visita di una delegazione del Parlamento europeo per visionare le condizioni di vita all’interno dell’istituto. Ma se nel giro di due-tre mesi si è passati da 2.800-2.900 ristretti a circa 2.400, di questi 500 mancanti soltanto un centinaio hanno usufruito dei benefici del nuovo provvedimento. "Solo 100 detenuti sono usciti dal carcere per gli sconti di pena - sottolinea il cappellano don Franco Esposito, 400 invece sono stati trasferiti in altri penitenziari d’Italia, anche in Sicilia e Sardegna, soprattutto nelle ultime settimane: è così che si affronta l’emergenza sovraffollamento a Poggioreale? Non si è fatto altro che aggiungere ulteriore disagio ai familiari che ora devono spostarsi di chilometri per andare a colloquio". Un trasferimento che in gergo tecnico viene definito sfollamento, misura dettata dal bisogno, quando, cioè, ci si trova di fronte a particolari momenti di criticità nell’aumento della popolazione carceraria. "E i detenuti che restano? - aggiunge il prete. Saranno, come sempre, chiusi in cella 22 ore al giorno senza alcun programma di rieducazione. L’impegno dello Stato dovrebbe essere non solo quello di far uscirei detenuti per sfollare le carceri, ma soprattutto quello di non farli rientrare. E questo è possibile solo se la persona viene accompagnata nel suo percorso di recupero e reintegrazione nel tessuto sociale. Si spendono quasi 300 euro al giorno per ogni ristretto, ma nemmeno un euro per le strutture di accoglienza esterne, a sostegno dei detenuti che vivono difficoltà economiche, degli extracomunitari, dei tossicodipendenti che sono il 30% del popolo dentro le mura. A che serve dare i domiciliari a chi casa non ha?". Intanto molte famiglie dovranno fare la spola da una città all’altra al seguito dei loro congiunti in carcere, tra spese di viaggio e maggiori difficoltà di spostamento per chi ha bambini. "Purtroppo la maggior parte di questi 400 detenuti appartengono a nuclei familiari disagiati, per loro è difficile anche portare il semplice pacco settimanale al parente ristretto - rimarca Domenico De Benedictis, responsabile campano Uil-Pa Penitenziari. È questo il rivolto drammatico di provvedimenti che mirano ad arginare il problema del sovraffollamento. La maggior parte dei trasferiti sono definitivi, quindi vanno a trovare una più giusta collocazione secondo quanto l’ordinamento penitenziario prevede. Perché, non dimentichiamolo, Poggioreale è una casa circondariale, quindi non possiede le attività trattamentali di una casa di reclusione. Inoltre, di questi 400 una buona parte sarà destinata ad istituti in Campania, in base ad una recente progettazione del Dap e del provveditore regionale che ha visto la trasformazione del carcere di Carinola da alta sicurezza a colonia agricola e l’apertura di reparti di nuova generazione, uno a Santa Maria Capua Vetere, uno ad Avellino e uno ad Ariano Irpino". Ma il disagio resta, così come la capienza regolamentare a Poggioreale pari a circa 1500 posti. "Lo svuota carceri è solo un ammortizzatore, non la salvezza - chiosa De Benedictis. Se ci adagiamo su un segnale positivo, i numeri presto ridaranno torto. Occorre una riforma dell’intera macchina giustizia". Ferrara: fallita l’azienda che doveva ampliare il carcere, prevista nuova ala con 200 posti La Nuova Ferrara, 27 marzo 2014 Non è partito con il piede giusto l’ampliamento del carcere dell’Arginone. L’azienda - la Frasa srl di Roma - che all’inizio dello scorso anno vinse il bando per la realizzazione di un padiglione da ulteriori 200 posti nel frattempo è fallita. Si sta procedendo alla riassegnazione dell’appalto ma è chiaro che i tempi si allungheranno. Se ne è parlato nel corso di un convegno ospitato ieri in municipio; gli organizzatori (l’associazione La Società della Ragione e il garante dei detenuti) puntavano a saperne di più su un progetto fin qui "clandestino" per cittadini e istituzioni locali. Risposte arrivate solo in parte dalla commissione che si occupa del piano carceri elaborato dal governo nel 2010, in cui rientra l’intervento ferrarese. "Si tratta di un progetto campione elaborato dall’amministrazione penitenziaria - dice l’architetto Mauro Draghi, membro dell’ufficio tecnico dell’ente -, dopo cui il carcere passera da una capienza regolamentare di 270 posti a 470. Ma l’obiettivo non è tanto quello di aumentare questo numero , quanto piuttosto quello di decongestionare l’attuale struttura". La nuova ala, collegata alle altre, conterà su quattro piani detentivi, ognuno dei quali con una zona di socialità al suo interno; al piano rialzato è prevista una sala mensa; le celle saranno a tre letti con bagno all’interno. "Sarà in pratica un corpo di fabbrica per la notte", osserva Draghi, anche perché per i servizi comuni (come la biblioteca e la palestra) e per le attività finalizzate al recupero e al reinserimento nella società bisognerà fare riferimento agli spazi già esistenti. Cosa che lascia perplessi gli operatori del carcere, le associazioni di volontariato e chi si occupa di tutelare i diritti dei detenuti. "Serve un monitoraggio continuo dell’intervento - spiega Franco Corleone, componente della commissione che elabora proposte in materia penitenziaria - e, se serve, che l’azienda che si occuperà dei lavori sia disponibile a cambiare il progetto. Bisogna puntare su un modello detentivo diverso da quello attuale: l’Italia, lo ricordo, è stata condannata a causa di trattamenti crudeli e degradanti". Sul progetto di ampliamento la giunta comunale non è stata mai informata nei dettagli, come sottolinea l’assessore all’urbanistica Roberta Fusari; oggi tuttavia il sindaco Tiziano Tagliani guarda "alla nuova sfida che tutta la città deve accogliere: la verifica delle condizioni di tipo progettuale, non solo edilizio ma sociale, di quell’intervento". Opera il cui valore è stimato, come si legge dal bando del 2013, sui dieci milioni e mezzo di euro; l’impresa poi saltata si aggiudicò la gara offrendo un ribasso del 48%. Il termine per l’esecuzione dei lavori era di 430 giorni. Il convegno di ieri è stato chiuso dall’intervento di Marcello Marighelli, garante dei diritti dei detenuti di Ferrara. Brescia: il Sindaco; progetto per il nuovo carcere? per ora è solo una speculazione edilizia www.bresciaoggi.it, 27 marzo 2014 "Per ora c’è solo la prospettiva di una speculazione immobiliare che noi non vogliamo". Per il sindaco di Brescia l’ipotesi di ampliamento del carcere di Verziano ha oggi soprattutto questa valenza. Nulla di più. Si sa che cosa nascerebbe, un insediamento residenziale a sud del Villaggio Sereno, ma non se lo scambio è con la nuova struttura carceraria: il Canton Mombello 2 inserito nel Pgt di Paroli - Vilardi. A due giorni dalla conferenza Stato-regioni sull’edilizia carceraria che si terrà giovedì a Milano, il sindaco boccia l’ampliamento del carcere di Verziano come possibile sbocco della annosa e dolorosa vicenda di una pratica pensionistica, quella della struttura di via Spalto San Marco, mai chiusa nonostante le condizioni di vita all’interno delle mura - come è stato ribadito ieri nella relazione del Garante dei carcerati Emilio Quaranta al consiglio comunale - restino oltre i limiti della civiltà. Il sindaco e con lui la Giunta ha ribadito che il Ministero non ha stanziato risorse per il carcere bresciano, tantomeno ha preso in considerazione il sito di Verziano come opzione. "Da parte nostra siamo disponibili ad agevolare qualsiasi soluzione - ha detto - ma risorse per un carcere bresciano allo stato attuale non sono un dato di realtà". L’impegno dell’ex ministro Cancellieri è infatti svaporato con il suo avvicendamento a palazzo Piacentini "e con il suo successore Orlando c’era dialogo ma sui temi ambientali". Ecco perché - ha spiegato Del Bono - la precedente amministrazione opzionando Verziano "ha fatto i conti senza l’oste", ovvero senza un’indicazione precisa e i quattrini del Ministero, l’unico competente a metterli: "non esiste un carcere realizzato da un Comune". Di diverso avviso è invece Margherita Peroni di Forza Italia che ritiene non vada sprecato l’appuntamento di domani, "ed andare già con un luogo destinato ad un carcere non è come andare a mani vuote". A prescindere da questo aspetto della questione affrontata ieri a palazzo Loggia sulla scia della relazione del garante, Del Bono ha precisato che "semmai il Ministero è orientato a riutilizzare un bene demaniale, come una caserma ad esempio". Ciò non toglie che il Governo non può perdere ancora tempo, perché la pressione a Canton Mombello è ancora molto forte, anche se si è un po’ allentata con il trasferimento di una parte dei detenuti a Cremona "ma è destinata a riprendere quota". Quanto alla relazione del Garante, sia dalla maggioranza che dall’opposizione sono arrivate parole di apprezzamento per il lavoro svolto dall’ex presidente del tribunale dei minori Emilio Quaranta. L’ex sindaco Paroli ha sottolineato che prima con Fappani poi con Quaranta c’è stato un "crescendo di sensibilità verso il mondo carcerario". E ha ricordato le operazioni che hanno portato frigoriferi in ogni cella a Canton Mombello e cucine ad induzione a Verziano, nonché materassi nuovi. Il presidente del consiglio Ungari, che ha letto la relazione, ha anche lui apprezzato, aggiungendo però che "non è accettabile, dato il rapporto fiduciario del consiglio con il garante, che parte degli incontri richiesti dai carcerati li abbia tenuti un collaboratore". Ma per Paroli si è trattato di un "di più, non di una supplenza". Salerno: progetto di giustizia riparativa per reinserire condannati residenti in Val Calore La Città di Salerno, 27 marzo 2014 Al via il progetto per la gestione di percorsi di "giustizia riparativa" per i detenuti, da impiegare nel comune di Roccadaspide. L’amministrazione guidata dal Girolamo Auricchio ha definito una convenzione con l’associazione Onmic, presieduta da Vincenzo Siano, che gestirà il servizio. L’intesa prevede la progettazione e realizzazione di servizi socio assistenziali per il reinserimento sociale di persone coinvolte in attività criminose. Per la messa in atto del progetto, il Comune ha stipulato un accordo con l’Ufficio di esecuzione penale esterna di Salerno - ministero della Giustizia. I detenuti, pur dovendo scontare la pena, potranno svolgere, a titolo gratuito, attività stabilite dal Comune e dall’Omnic. Potranno affiancare gli operatori esistenti nei lavori di sistemazione delle aree comunali, cura del verde e attività relative alle manifestazioni promosse dal Comune". Per ognuno sarà stilato un progetto individuale che rispecchierà le esigenze e attitudini - spiega Auricchio. Siamo ben lieti di offrire un’opportunità a qualche nostro concittadino che abbia commesso uno sbaglio, perché può prendere coscienza dell’errore fatto e svolgere nel suo ambiente attività che gli consentano di reintegrarsi". Potranno essere impiegati i condannati residenti esclusivamente nei comuni di Roccadaspide, Aquara, Castelcivita, Controne, Postiglione, Castel San Lorenzo, Felitto, Magliano Vetere, Valle dell’Angelo, Piaggine, Laurino, Sacco, Bellosguardo, Sant’Angelo a Fasanella, Corleto Monforte, Ottati, Campora e Stio. Genova: carcere di Marassi, i detenuti diventeranno mediatori dei conflitti La Repubblica, 27 marzo 2014 I mediatori dei conflitti, nel carcere messicano di Cereso, sono detenuti condannati a vent’anni di reclusione. Che fanno da assistenti sociali, e mantengono l’ordine nella prigione: con la sola arma del dialogo. "Un esperimento che ci sembrava incredibile - spiega Francesco Cambiaso, presidente dell’associazione San Marcellino Onlus - eppure funziona: da tre anni non si è più verificato nessun episodio grave di violenza". L’idea è di applicare l’esperimento a Marassi: facendo partire un workshop di mediazione carceraria rivolto ai detenuti. Non è l’unico progetto in cantiere, che vede Genova capitale mondiale della conciliazione dei conflitti: è qui, infatti, che si terrà Il X Congresso Mondiale di Mediazione, dal 22 al 27 settembre a cura della Fondazione San Marcellino, il Dipartimento di Lingue e Culture Moderne Università di Genova e Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura. Con ospiti dal Messico, dall’Argentina, dal Senegal, dalla Tunisia, dal Perù, per un confronto interdisciplinare delle esperienze realizzate in particolare in America Latina, grazie al lavoro della rete dei Congresos Mundiales de Mediación, all’Università di Sonora in Messico e ad alcune buone pratiche in Spagna, come il servizio di Mediazione Sociale Interculturale Semsi di Madrid. "L’iniziativa è il completamento di attività che hanno visto il capoluogo ligure protagonista - continua Cambiaso, che ha partecipato ieri alla presentazione dell’iniziativa a Palazzo Ducale - tutto è cominciato grazie all’attività con i senza dimora: persone così frantumate e sfaccettate che ci hanno aperto gli occhi su questi temi. Così, abbiamo avviato corsi con la polizia municipale. E lavori su quartieri problematici: come il Ghetto, dove c’era attrito tra la comunità transessuale e i musulmani del centro di preghiera. O via San Bernardo, dove la tensione era forte a causa della movida. Tutti progetti che, insieme a Palazzo Ducale, porteremo avanti con il congresso". Catanzaro: Rapporto dell’Asp; cresce il livello di assistenza specialistica nelle carceri www.catanzaroinforma.it, 27 marzo 2014 Sono circa 8.700 le visite specialistiche effettuate in sede intramuraria nel 2013 presso l’istituto penitenziario di Catanzaro. È quanto emerso dal rapporto sullo stato della sanità negli Istituti Penitenziari ricadenti nel territorio di competenza dell’Asp di Catanzaro illustrato questa mattina presso la sala Giunta dell’Amministrazione Provinciale. Alla conferenza stampa erano presenti il Dg Gerardo Mancuso; Antonio Montuoro, referenze della sanità penitenziaria dell’Asp di Catanzaro; il coordinatore sanitario servizi minorili dell’Asp Costantino, Marcello Laface; il dirigente sanitario della Casa circondariale di Catanzaro, Vincenzo Sgromo, ed il medico incaricato Antonio Tavano; Luigi Cugnetto, Responsabile sanitario della Casa circondariale di Lamezia. Dagli interventi dei relatori è emerso che il bilancio dell’assistenza sanitaria nelle carceri catanzaresi è positivo, alla luce degli investimenti effettuati negli ultimi 4 anni che indicano anche l’ampiezza bacino di intervento che comprende 25 prestazioni sanitarie specialistiche estendendosi anche ad attività di sostegno dei minori e dei pazienti affetti da tossicodipendenza. In particolare, tra le attività specialistiche intramuraria eseguite nel 2013 spiccano quelle di odontoiatria (1.324), Biologia (1.399) e Psichiatria (923), mentre le visite e prestazioni specialistiche extra muraria, effettuate in gran parte presso l’ospedale Pugliese-Ciaccio, riguardano specialmente i settori di Chirurgia (102) e Urologia (75), l’ecocardio (138) e la Tac (85). Durante la conferenza stampa si è tracciata anche una previsione riguardo ai costi annui di gestione - che ammontano a circa 800mila euro - del Centro diagnostico terapeutico che impiegherà diverse professionalità nell’assistenza a disabili fisici e nel settore psichiatrico. Il Rapporto ha riepilogato anche gli interventi effettuati nel 2013 presso l’Istituto Penale Minorile (1480 visite e 1446 interventi psicologo) e i dati relativi al servizio per le tossicodipendenze a cura del Ser.T. che ha interessato 122 utenti al Carcere di Catanzaro. Antonio Montuoro ha commentato i dati emersi dal Rapporto ribadendo la massima attenzione profusa nei confronti dei detenuti "cui vengono garantite le cure necessarie anche in sede extra muraria nei diversi ospedali del territorio. Il detenuto rappresenta - ha aggiunto - un paziente ad alta vulnerabilità che molto spesso viene a contatto, per la prima volta, con il nostro sistema sanitario e ha bisogno di assistenza specialistica soprattutto per quanto riguarda le patologie psichiatriche e le tossicodipendenze". Milano: carcere e società, progetto dell’Associazione Trasgressione.net con 16 Comuni di Fulvio Fulvi Avvenire, 27 marzo 2014 Al penitenziario di Bollate una iniziativa per fare conoscere le condizioni di vita dei reclusi. Si comincia con la scrittrice Mazzantini. Incontri dentro le mura del penitenziario, spettacoli, bancarelle e laboratori, ma anche ville, chiese, cascine e parchi aperti ad eventi artistici, gastronomici e culturali, Pane al carcere di Bollate il progetto "Supermilano" che coinvolge i detenuti e 16 Comuni del Nord Ovest milanese. L’iniziativa è promossa da Trasgressione.net, un’associazione attiva da anni nel secondo carcere milanese che si occupa soprattutto di prevenzione al bullismo nelle scuole, organizzazione di convegni culturali, rappresentazioni teatrali e concerti. Il primo evento di Supermilano è in programma domani alle ore 15: un incontro all’interno dell’istituto di pena con la scrittrice Margaret Mazzantini per un dialogo che non sarà soltanto su temi letterari: i detenuti racconteranno infatti la loro vita quotidiana dietro le sbarre. Il programma prosegue domenica (dalle 10.30 alle 19) alla Cascina Tosi di Senago con "C(o)lture di stagione", una festa dedicata all’incontro tra le diverse culture e alla conoscenza dei cibi del mondo. Durante la manifestazione saranno proposti al pubblico i giocattoli e i componenti di arredo per bambini creati dalla falegnameria del carcere a cura della Cooperativa Estia. Giovedì 10 aprile, invece, andrà in scena (ore 19.30), in una sala del penitenziario, il musical "Camerieri perla vita": lo spettacolo è aperto al pubblico (con iscrizione entro il30 marzo) che potrà partecipare anche a una cena scegliendo tra diversi menù preparati dai detenuti (vibrante, ricco, malinconico, tenero, timido e arrogante). Un altro evento, sabato 12 aprile (ore 17) è "Bollate dentro,,, una città da scoprire", visita alle attività produttive della seconda casa di reclusione di Milano con possibilità di vedere le serre dove vengono coltivate frutta e verdura, l’area cavalli, un’esposizione di prodotti artigianali, una mostra filatelica e i laboratori dove i carcerati svolgono il loro lavoro; alle 19, pizza per tutti preparata dal catering interno, La cooperativa Trasgressione.net ha già varato, con l’intento di aiutare i detenuti a vivere meglio la loro condizione, il progetto "bancarella di frutta e verdura" in cinque mercati rionali di Milano e, in collaborazione con il Fai, lavori di restauro a beni pubblici come il monastero di Torba e le fontane di Rho. Bari: il teatro tra le sbarre, due iniziative che portano la cultura negli istituti penitenziari www.barilive.it, 27 marzo 2014 Il teatro in un carcere ha sempre il sapore della libertà. La conoscenza come leva per forzare le sbarre sociali che spesso conducono su un sentiero sbagliato. Il reinserimento nella società parte da questa consapevolezza, come dimostrano due distinte iniziative che avranno come scenario gli istituti penitenziari baresi. Nella casa circondariale un percorso culturale, nell’istituto minorile uno spettacolo scaturito da un laboratorio. Entrambi al via oggi. Dopo il successo della prima edizione, riprende nella casa circondariale "Caffè ristretto: corsi e percorsi letterari fuori e dentro le mura", che quest’anno avrà una cadenza bisettimanale, con incontri il martedì e il giovedì pomeriggio. Il progetto, finanziato dall’assessorato alla Formazione della Regione Puglia e dall’istituto comprensivo Massari-Galilei, coinvolgerà anche quest’anno le diverse sezioni del carcere di Bari. I detenuti, insieme a insegnanti, giornalisti, scrittori, addetti ai lavori del mondo culturale e altri operatori, potranno partecipare a laboratori di drammaturgia, in particolare sull’Amleto di Shakespeare, a presentazioni e recensioni di libri ed eventi all’interno delle mura per provare a "evadere" con la mente e creare insieme dei percorsi di reinserimento sociale attraverso l’arte. Il cantiere culturale è aperto a trenta detenuti. Laboratori, letture, cineforum e sollecitazioni musicali per costruire percorsi tematici e veicolare valori di legalità, integrazione e relazione. Si fa teatro anche nell’istituto di reclusione per minorenni "Fornelli". Qui protagonista sarà, nelle giornate di oggi e domani, il Teatro Kismet, che lavora da 17 anni con i detenuti. Il regista Lello Tedeschi presenta un primo esito del laboratorio annuale, il cui tema titolo è "Della felicità e altri tormenti". Sipario alle 20.30 (ingresso gratuito, prenotazione obbligatoria allo 080.579.76.67, int 123). Titolo a tema del laboratorio, "Della felicità e altri tormenti", con i protagonisti chiamati come sempre, e come chiunque affronti la scena, a esprimere verità personali con il filtro della menzogna dell’arte. La scena come reinvenzione di sé, della propria identità, come riappropriazione di libertà mancate o negate, a partire da una riflessione sulla felicità, su come la si conquista o la si perde, che forse nemmeno vorremmo nominarla per i tormenti che procura il solo percepirla lì, a due passi, e non poterla possedere; oppure averla finalmente conquistata e sapere che all’improvviso potremmo perderla e ritrovarla chissà come e chissà quando. Su questi pensieri, il lavoro di scena di questa stagione con i giovani di dentro, condividendo bisogni, parole e forme per raccontarle attraverso il serissimo gioco del teatro. Come sempre distinguendo poco o niente la realtà dal desiderio, la verità dall’invenzione, il dentro dal fuori. Empoli: per Giornata nazionale del teatro in carcere "Giallo Mare" in Casa circondariale Toscana Oggi, 27 marzo 2014 Lunedì 31 marzo alle 17 presso la casa circondariale di Empoli verrà proiettato il film di Davide Ferrario "Tutta colpa di Giuda", a seguire un incontro tra le detenute della compagnia teatrale dell’istituto e gli studenti e i docenti del liceo "Il Pontormo" di Empoli. Le attività teatrali costituiscono un elemento fondamentale per una reale crescita del percorso di risocializzazione delle persone detenute: questo è il punto di partenza che ha indotto il Coordinamento nazionale teatro in carcere (organismo costituito da oltre quaranta esperienze teatrali diffuse su tutto il territorio nazionale) e il Ministero di giustizia - dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, tramite l’istituto superiore di studi penitenziari, a sottoscrivere, il 18 settembre 2013, il protocollo d’intesa per una maggiore promozione del Teatro in Carcere in Italia. L’obiettivo è di realizzare in ogni regione una scuola di formazione professionale di arti e mestieri collegati al teatro, al cinema, all’arte e alla cultura in generale. Primo atto di tale intesa è l’istituzione, domani 27 marzo, della prima giornata nazionale del Teatro in Carcere, in occasione della 52a giornata mondiale del teatro (World Theatre Day) indetta dall’istituto internazionale del Teatro presso la sede Unesco di Parigi, organismo quest’ultimo che ha accolto calorosamente l’idea di promuovere l’evento in partnership con i sottoscrittori del protocollo italiano valorizzandolo ulteriormente attraverso il proprio network internazionale. Hanno aderito con entusiasmo 30 esperienze teatrali attive in altrettanti istituti penitenziari di 13 Regioni (e altri stanno aderendo con convinzione anche negli ultimi giorni utili), fra cui la compagnia Giallo Mare Minimal Teatro di Empoli. L’attività promossa da Giallo Mare è in programma lunedì 31 marzo alle 17 presso la casa circondariale di Empoli, dove verrà proiettato il film di Davide Ferrario "Tutta colpa di Giuda", a seguire un incontro tra le detenute della compagnia teatrale dell’istituto e gli studenti e i docenti del liceo Il Pontormo di Empoli. Per informazioni Giallo Mare Minimal Teatro 0571 81629 - info@giallomare.it. Chieti: la Casa Circondariale partecipa a prima Giornata nazionale del teatro in carcere Ristretti Orizzonti, 27 marzo 2014 Il 27 marzo prossimo ricorre la 52esima Giornata Mondiale del Teatro (World Theatre Day) indetta dall’Unesco (Istituto Internazionale del Teatro). In concomitanza il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria ha indetto la "Prima Giornata Nazionale del Teatro in carcere", con l’obiettivo di concretizzare uno scambio tra "dentro e fuori", utilizzando l’arte del teatro per rieducare e per lavorare con il territorio. Sono programmati oltre 50 eventi nei diversi Istituti Penitenziari italiani. Anche la Casa Circondariale Chieti "Madonna del freddo" partecipa all’iniziativa con le prove aperte, a tutti i detenuti ed ai giornalisti, del Laboratorio Teatrale Detenuti (frequentato da oltre 20 ristretti tra donne e uomini) che sta allestendo la rappresentazione della commedia "Uomo e galantuomo". Alla commedia potrà assistere, nel prossimo mese di maggio nel Teatro della Casa Circondariale Chieti, il pubblico autorizzato all’ingresso. Nell’evento della prima Giornata Nazionale del Teatro in carcere, a Chieti detenuti e giornalisti potranno assistere anche ad una anteprima dello spettacolo curato dalla Compagnia Teatrale Polizia Penitenziaria Chieti "Sogno di una notte di mezza sbornia" di prossima rappresentazione. L’attuale ciclo di attività teatrale nella Casa Circondariale Chieti è iniziato dal 2008, viene curato dalla regista Capone Paola ex insegnante penitenziaria, vi sono due laboratori (uno per i detenuti ed uno per la Polizia Penitenziaria), si sono tenuti spettacoli in Abruzzo ed in altre Regioni, ci si cimenta prevalentemente con Eduardo De Filippo per la valenza pedagogica e rieducativa del suo messaggio. Per dirla con le parole dell’attore e regista abruzzese Walter Nanni: "Fare una cosa in teatro è come conoscere un altro livello di amore, di condivisione. Un privilegio". Napoli: carcere di Poggioreale, scoperta stecca di hashish nel pannolino di un bambino di Christian Montagna www.osservatoreitalia.it, 27 marzo 2014 Il penitenziario di Poggioreale, immerso nel cuore della città, é uno dei più affollati in assoluto e detiene il record dei decessi insieme a quello di Secondigliano. Sempre più blindati diventano i colloqui al carcere di Poggioreale dopo che sono state scoperte dai cani antidroga sostanze stupefacenti nelle stanze del penitenziario. La lunga fila per i colloqui tra familiari e detenuti dunque viene sottoposta a controlli sempre più dettagliati. La scorsa settimana, le guardie penitenziarie, insospettite dai lamenti di un neonato visibilmente infastidito, durante i controlli ai parenti dei detenuti, hanno chiesto di cambiare il pannolino in loro presenza. Da li la scoperta: il ritrovamento di una stecca di hashish all’interno. Gli altri parenti dei detenuti sono andati su tutte le furie. Per colpa di uno, a rimetterci saranno tutti gli altri. Chi introduce droga in carcere, non tiene conto del fatto che espone il proprio detenuto a ulteriori pericoli: la rabbia dei compagni di padiglione a cui è stato annullato l’incontro con le famiglie potrebbe scatenare un vero e proprio linciaggio all’interno delle celle. Le guardie penitenziarie inoltre subiscono uno stress maggiore a causa dell’intensificazione dei controlli. Di conseguenza tutto va a gravare sui detenuti. Il penitenziario di Poggioreale, immerso nel cuore della città, é uno dei più affollati in assoluto e detiene il record dei decessi insieme a quello di Secondigliano: tredici decessi in tre anni. Immaginate quali possano essere le condizioni in cui vessano detenuti e parenti viste le premesse e pensate cosa potrebbe accadere se dopo ore estenuanti di fila, vengono bloccati i colloqui a causa di una persona che viene scoperta ad introdurre droga nelle carceri. Si è scatenato infatti in quel caso, un vero e proprio caos. Tra l’ altro, non c’ è cosa più vile di usare un neonato come mezzo. Il sovraffollamento delle carceri, tema di cui abbiamo già parlato precedentemente nell’inchiesta sulla condizione delle carceri italiane, è un fenomeno vagliato dal presidente della Commissione straordinaria per la tutela dei diritti umani. Il senatore nonché presidente Luigi Manconi ha infatti proposto l’abrogazione della Fini-Giovanardi e dunque ottomila cinquecento detenuti potrebbero essere prossimi alla scarcerazione. Torino: il Kaki Tree Project fa tappa nella della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno Adnkronos, 27 marzo 2014 Venerdì nella comunità Arcobaleno per detenuti tossicodipendenti della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino si celebrerà la piantumazione del "Kaki di Nagasaki". Si tratta di una tappa del Kaki Tree Project, progetto internazionale ideato in Giappone per sensibilizzare le giovani generazioni, e non solo, sulla pace, utilizzando come veicolo di forte valore simbolico il Kaki della pace di Nagasaki, pianta sopravvissuta all’esplosione nucleare del 9 agosto 1945, dai cui frutti il botanico giapponese Masayuki Ebinuma riuscì nel 1994 a ottenere semi, da cui nacquero le pianticelle di kaki di seconda generazione. Nel 1995, dalla collaborazione con l’artista giapponese Tatsuo Miyajima, è nata l’idea di collegare le pianticelle di kaki ai bambini e agli adulti attraverso l’arte, per sostenere il messaggio di pace e rinascita e il progetto, partito da Nagasaki e sviluppatosi nelle scuole elementari di varie località giapponesi, si è diffuso in tutto il mondo ed è in continua espansione. Il servizio dipendenze-area penale del Dipartimento dipendenze dell’Asl To2 ha deciso di sostenere il progetto all’interno della Comunità per tossicodipendenti ‘Arcobalenò del carcere torinese. "La piantumazione del kaki di Nagasaki all’interno di un carcere viene ad assumere ulteriori significati - commenta Enrico Teta, responsabile del dipartimento dipendenze dell’Asl - in particolare si mostra come anche un luogo di pena, dove la società spesso tende a relegare i suoi problemi, i suoi mali, le sue contraddizioni e talora a dimenticarsene, possa farsi portatore di un messaggio di riconciliazione. Una simile iniziativa aiuta le persone a riconoscersi e a vedere la realtà da prospettive differenti, attenuando le reciproche diffidenze". "Lo sviluppo del progetto - prosegue - ha creato l’opportunità di parlare di pace, carcere, droghe e riabilitazione con alunni delle scuole elementari, studenti delle scuole medie e altri attori sociali, che difficilmente avrebbero avuto possibilità di incontrarsi: da tale esperienza sono nate collaborazioni, contributi e idee, che valorizzeranno la cerimonia di piantumazione e le altre iniziative correlate" La cerimonia di piantumazione del kaki avverrà alla presenza di studenti, volontari, detenuti nonché operatori sanitari, penitenziari, scolastici ed esponenti di varie associazioni. Cinema: "Lo stato della follia"; piscio e farmaci, in sala la follia criminale di Silvia D’Onghia Il Fatto Quotidiani, 27 marzo 2014 "Lo stato della follia" un documentario di Francesco Cordio. Due dita a pistola sotto il maglione e settemila lire in tasca. Lire, non euro. Mani in alto, questa è una rapina di vent’anni fa che il suo autore sta ancora scontando. Non in carcere, peggio, in un Opg. È così che si chiamano i luoghi in cui si viene dimenticati da Dio e dagli uomini: Ospedali psichiatrici giudiziari, un’istituzione pensata 80 anni fa col Codice Rocco e rimasta lì. Immutabile, immobile, immortale come la puzza di piscio che riempie le celle. Perché di questo si tratta: della peggiore delle galere mascherata da luogo di cura. Sbarre, guardie, muri che non ti fanno vedere oltre perché tanto il mondo va avanti senza di te e non sai quando e se uscirai. La misura di sicurezza è prorogabile, basta una firma e di sei mesi in sei mesi ti fai l’ergastolo bianco, anche se non hai ucciso nessuno, anche se magari hai solo spaccato due slot perché sei ludopatico. E lo Stato, anziché curarti, ti imbottisce di antidepressivi e ti dimentica a Barcellona Pozzo di Gotto. Gli Opg vanno chiusi il 31 marzo 2013, ha sentenziato il Senato nel gennaio 2012 (col parere contrario di Lega e Giovanardi). Prima proroga di un anno, perché le Regioni squattrinate ‘sti poveracci non sanno dove metterli. E poi? Nuova proroga, 2017, tanto per stare tranquilli. Eppure quanto sdegno avevano provocato quelle immagini girate all’interno dei 6 Opg dalla commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale presieduta da Ignazio Marino. Immagini di morti viventi, di cloache a cielo aperto e di farmaci-caramelle; grida di aiuto, perché "l’uomo è un animale che può provare ad abituarsi, ma qui viene messo a dura prova". Passata la festa, gabbato lo sdegno. Ora a ricordare agli onorevoli e, perché no, a Strasburgo che tanto ci bacchetta l’inferno dei manicomi criminali gira per le sale (info sulla pagina Facebook) un documentario, Lo stato della follia, realizzato da Francesco Cordio, che per conto della commissione ha girato quelle immagini e che ha ricevuto una menzione speciale al Premio Ilaria Alpi 2011. Quel raccapriccio è diventato un racconto, guidato dalla voce attoriale di Luigi Rigoni, che da quella follia è passato e ne è uscito, per fortuna, quasi indenne. Non possono dire altrettanto i 1051 disperati rinchiusi negli Opg al 31 dicembre 2013. "È evidente che la chiusura degli Opg diverrà definitiva solo quando tutte le Regioni e P.A. avranno pronta la struttura - ha scritto due giorni fa la conferenza delle regioni. I tempi vanno quindi calcolati avendo a riferimento l’ultima Regione e non la prima". Tanto non c’è fretta, "qui ti uccidono piano piano". Mondo: Amnesty International; pochi paesi responsabili di aumento casi pena di morte Tm News, 27 marzo 2014 Secondo il rapporto annuale di Amnesty International sulla pena di morte, Iran e Iraq hanno determinato un profondo aumento delle condanne a morte eseguite nel 2013, andando in direzione opposta alla tendenza mondiale verso l’abolizione della pena di morte. Allarmanti livelli di esecuzioni in un gruppo isolato di paesi - soprattutto i due mediorientali - hanno determinato un aumento di quasi 100 esecuzioni rispetto al 2012, corrispondente al 15 per cento, ha spiegato l’Ong per i diritti umani in un comunicato. Il numero delle esecuzioni in Iran (almeno 369) e Iraq (169) pone questi due paesi al secondo e al terzo posto della classifica, dominata dalla Cina dove - sebbene le autorità mantengano il segreto sui dati - Amnesty International ritiene che ogni anno siano messe a morte migliaia di persone. L’Arabia Saudita è al quarto posto con almeno 79 esecuzioni, gli Stati Uniti d’America al quinto con 39 esecuzioni e la Somalia al sesto con almeno 34 esecuzioni. Escludendo la Cina, nel 2013 Amnesty International ha registrato almeno 778 esecuzioni rispetto alle 682 del 2012. "L’aumento delle uccisioni cui abbiamo assistito in Iran e Iraq è vergognoso. Tuttavia, quegli stati che ancora si aggrappano alla pena di morte sono sul lato sbagliato della storia e di fatto sono sempre più isolati" - ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International. "Solo un piccolo numero di paesi ha portato a termine la vasta maggioranza di questi insensati omicidi sponsorizzati dallo stato e ciò non può oscurare i progressi complessivi già fatti in direzione dell’abolizione". Nel 2013 le esecuzioni hanno avuto luogo in 22 paesi, uno in più rispetto al 2012. Indonesia, Kuwait, Nigeria e Vietnam hanno ripristinato l’uso della pena di morte. Nonostante i passi indietro del 2013, negli ultimi 20 anni vi è stata una decisa diminuzione del numero dei paesi che hanno usato la pena di morte e miglioramenti a livello regionale vi sono stati anche l’anno scorso. Molti paesi che avevano eseguito condanne a morte nel 2012 non hanno continuato nel 2013, come nel caso di Bielorussia, Emirati Arabi Uniti, Gambia e Pakistan. Per la prima volta dal 2009, la regione Europa - Asia centrale non ha fatto registrare esecuzioni. Trent’anni fa, il numero dei paesi che avevano eseguito condanne a morte era stato di 37. Il numero era sceso a 25 nel 2004 ed è ulteriormente sceso a 22 l’anno scorso. Nell’ultimo quinquennio, solo nove paesi hanno fatto ricorso anno dopo anno alla pena capitale. "Il percorso a lungo termine è chiaro: la pena di morte sta diventando un ricordo del passato. Sollecitiamo tutti i governi che ancora uccidono in nome della giustizia a imporre immediatamente una moratoria sulla pena di morte, in vista della sua abolizione" - ha concluso Shetty. In molti paesi che ancora vi ricorrono, sottolinea il rapporto di Amnesty International, la pena di morte è circondata dal segreto e in alcuni casi le autorità neanche informano le famiglie e gli avvocati - per non parlare dell’opinione pubblica - sulle esecuzioni in programma. I metodi d’esecuzione usati nel 2013 comprendono la decapitazione, la somministrazione di scariche elettriche, la fucilazione, l’impiccagione e l’iniezione letale. Esecuzioni pubbliche hanno avuto luogo in Arabia Saudita, Corea del Nord, Iran e Somalia. Persone sono state messe a morte per tutta una serie di crimini non letali tra cui rapina, reati connessi alla droga, reati economici e atti che non dovrebbero essere neanche considerati reati, come l’adulterio o la blasfemia. Molti paesi hanno usato vaghe definizioni di reati politici per sbarazzarsi di reali o presunti dissidenti. Medio Oriente e Africa del Nord In Iraq, per il terzo anno consecutivo, c’è stato un profondo aumento delle esecuzioni, con almeno 169 persone messe a morte, quasi un terzo in più del 2012, prevalentemente ai sensi di vaghe norme antiterrorismo. In Iran, le esecuzioni riconosciute ufficialmente dalle autorità sono state almeno 369, ma secondo fonti attendibili centinaia di altre esecuzioni sarebbero avvenute in segreto, innalzando il totale a oltre 700. L’Arabia Saudita ha continuato a usare la pena di morte come nei due anni precedenti, con almeno 79 esecuzioni nel 2013. Per la prima volta da tre anni e in violazione del diritto internazionale, sono stati messi a morte tre minorenni al momento del reato. Se si esclude la Cina, Iran, Iraq e Arabia Saudita hanno totalizzato l’80 per cento delle esecuzioni del 2013. Tra i limitati passi avanti, non vi sono state esecuzioni negli Emirati Arabi Uniti e il numero delle condanne a morte eseguite in Yemen è diminuito per il secondo anno consecutivo. Africa Nell’Africa subsahariana solo cinque paesi hanno eseguito condanne a morte: Botswana, Nigeria, Somalia, Sud Sudan e Sudan, col 90 per cento delle esecuzioni registrato in Nigeria, Somalia e Sudan. In Somalia, le esecuzioni sono aumentate da sei nel 2012 ad almeno 34 nel 2013. In Nigeria, dopo una dichiarazione del presidente Goodluck Jonathan che aveva ridato via libera alle esecuzioni, sono stati impiccati quattro prigionieri: si è trattato delle prime esecuzioni dopo sette anni. Diversi stati, tra cui Benin, Ghana e Sierra Leone, hanno fatto registrare passi avanti importanti, attraverso modifiche costituzionali o emendamenti al codice penale volti all’abolizione della pena di morte. Americhe Ancora una volta, gli Stati Uniti d’America sono stato l’unico paese della regione a eseguire condanne a morte, sebbene le esecuzioni, 39, siano state quattro di meno rispetto al 2012. Il 41 per cento delle esecuzioni ha avuto luogo in Texas. Il Maryland è diventato il 18esimo stato abolizionista. Diversi stati caraibici hanno svuotato i bracci della morte per la prima volta da quando, negli anni Ottanta, Amnesty International ha iniziato a seguire l’andamento della pena di morte in quella zona. Asia Il Vietnam ha ripreso a eseguire condanne a morte, così come l’Indonesia, dove dopo una pausa di quattro anni sono state messe a morte cinque persone, tre delle quali per traffico di droga. La Cina ha continuato a mettere a morte più persone del resto del mondo messo insieme, ma a causa del segreto di stato è impossibile ottenere informazioni realistiche. Vi sono stati piccoli segnali di progresso, con l’introduzione di nuove disposizioni legali nei casi di pena di morte e con l’annuncio della Corte suprema che sarebbe stata posta fine all’espianto degli organi dei prigionieri al termine dell’esecuzione. Nessuna esecuzione è stata segnalata da Singapore, dove diversi prigionieri hanno ottenuto la commutazione della condanna a morte. L’area del Pacifico è rimasta libera dalla pena di morte, nonostante il governo di Papua Nuova Guinea abbia minacciato di riprendere le esecuzioni. Europa e Asia Centrale Per la prima volta dal 2009, in quest’area non vi sono state esecuzioni. Il solo paese che ancora si aggrappa alla pena capitale è la Bielorussia, dove comunque nel 2013 non sono state eseguite condanne. Ulteriori informazioni Al link http://appelli.Amnesty.it/pena-di-morte-2013 (attivo dalle 9.30 di giovedì 27 marzo) è possibile navigare un’infografica interattiva sulla pena di morte nel mondo nel 2013; scaricare le mappe e il rapporto "Condanne a morte ed esecuzioni nel 2013"; il documento di fatti e cifre e firmare l’appello per Hussain Almerfedi, detenuto nella base navale statunitense di Guantánamo Bay dal 2003 e che, se accusato di avere aiutato combattenti stranieri, rischia la pena di morte. India: De Mistura su caso marò; Onu e Usa consapevoli della vicenda… noi pronti a tutto Public Policy, 27 marzo 2014 Il segretario generale dell’Onu, "Ban ki-moon, ha ben recepito, almeno da gennaio, la questione dei due fucilieri. Quando si parla di Nazioni Unite bisogna precisare di cosa stiamo parlando: tutto ciò che possiamo mobilitare lo stiamo facendo, la commissione Diritti umani è stata mobilitata con forza, anche il segretario generale ha fatto una dichiarazione. L’assemblea generale? Meglio non esporsi in situazioni in cui poi ci troveremmo smentiti, bisogna fare le mosse necessarie ma con attenzione". Lo dice l’inviato speciale del governo, Staffan de Mistura, durante un’audizione nelle commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato, in merito alla questione dei due marò detenuti in India. "Anche gli Stati Uniti sono consapevoli della vicenda e sanno quant’è prioritaria per noi", aggiunge. "Se il processo arriverà a certi esiti noi siamo pronti a prendere tutte le iniziative necessarie", conclude De Mistura. M5S: vicenda ormai imbarazzante, aprire commissione d’inchiesta "Alla luce dell’impasse diplomatica e politica che riguarda i nostri due marò, il gruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera ha depositato questa mattina una richiesta formale per l’apertura di una commissione d’inchiesta che faccia luce sulle responsabilità di una vicenda, ormai, divenuta persino imbarazzante". Lo riferiscono i deputati del Movimento 5 Stelle delle commissioni Esteri e Difesa. "Nella richiesta - aggiungono i deputati - si chiede inoltre un’attenta revisione della legge La Russa del 2011 che manifesta evidenti lacune per quanto riguarda la catena di comando da seguire nell’ambito di operazioni internazionali". "Massimiliano e Salvatore sono detenuti in India ormai da oltre due anni, vittime soprattutto di incongruenze giuridiche che dal 2012 li avvolgono come in una morsa e - concludono i parlamentari M5S - da una negligenza governativa che stamane ha avuto il suo riscontro nelle insufficienti dichiarazioni rilasciate dal commissario Staffan de Mistura". Svizzera: detenuti con un costo fino a 58.000 franchi al mese, Berna sussidierà i Cantoni www.ticinonews.ch, 27 marzo 2014 Aveva sdegnato la Svizzera, il programma di recupero da 29.000 franchi al mese deciso dal Canton Zurigo per il giovane Carlos, un 17enne pluricondannato per reati contro l’integrità. Tanto che, in seguito alle rivelazioni della Srf, Carlos era stato poi trasferito in strutture più tradizionali, dai costi inferiori. Niente più lezioni di thai-boxe, niente più deodoranti Armani. Ma nel nostro Paese ci sono carcerati il cui costo farebbe impallidire lo stesso Carlos. Secondo quanto riportato oggi dalla Berner Zeitung, che si basa su una risposta fornita dal consigliere di Stato bernese Hans-Jürg Käser ad un’interrogazione parlamentare sul costo dei detenuti, nel solo Canton Berna vi sono sette giovani che costano allo Stato più di 15.000 franchi al mese a testa. E questo malgrado a Berna non vi siano, al contrario di Zurigo, programmi di recupero personalizzati come quello di cui ha beneficiato Carlos. Tra questi sette giovani, ve ne sono tre che costano addirittura più di 50.000 franchi al mese. Tra 50.000 e 58.000, come precisato da Käser, il quale ha spiegato che si tratta di persone detenute al Centro di terapia stazionaria forense dell’Ospedale universitario di Zurigo. Un centro, situato a Rheinau, nel quale vengono collocati i criminali con un profilo psicologico che non ne consente la detenzione in una prigione tradizionale. Il soggiorno in questa struttura costa tra i 1.600 ed i 1.900 franchi, soprattutto a causa dell’elevato numero di dipendenti necessario per sorvegliare e seguire i detenuti. Berna sussidierà i Cantoni La Confederazione parteciperà al finanziamento della costruzione e dei costi di gestione di carceri cantonali destinati ad accogliere stranieri contro cui è stato deciso il rinvio coatto. Il Consiglio federale ha adottato oggi la necessaria modifica dell’Ordinanza concernente l’esecuzione dell’allontanamento e dell’espulsione di stranieri (Oeae), decidendone inoltre l’entrata in vigore retroattiva al primo febbraio. Già oggi mancano alcune centinaia di posti, indica un comunicato dell’Ufficio federale della migrazione (Ufm). Una volta conclusa la procedura d’asilo, i richiedenti la cui domanda è respinta devono lasciare la Svizzera. Anche nei confronti degli stranieri che soggiornano illegalmente nella Confederazione può essere decretata una decisione di allontanamento. Contro una persona oggetto di una tale decisione che non lascia la Svizzera può essere pronunciata la carcerazione preliminare in vista del rinvio coatto, ricorda l’Ufm. Le modifiche dell’Oeae prevedono che la Confederazione partecipi ai costi per le prigioni solo se vengono soddisfatte varie condizioni. In particolare, le persone in carcerazione amministrativa nell’ambito delle misure coercitive devono essere separate dalle persone che scontano una pena detentiva. L’importo dei sussidi della Confederazione dipende evidentemente dal numero di posti messi a disposizione di Berna. Inoltre, l’importo forfettario per le spese di carcerazione di persone del settore dell’asilo viene adeguato ai costi effettivi e aumentato da 140 a 200 franchi. Egitto: sventata evasione da carcere di Abu Suir, tre poliziotti feriti Nova, 27 marzo 2014 Le forze di sicurezza egiziane hanno sventato nella notte un tentativo di evasione dal carcere di Abu Suira, in Egitto. Erano circa 40, secondo quanto riporta il giornale "al Masry al Youm", i detenuti che hanno tentato la fuga dando alle fiamme i loro effetti personali all’interno del carcere e aggredendo i secondini con bottiglie e sacchetti dell’immondizia. Il tutto è avvenuto durante l’orario della cena. È stato pronto l’intervento delle forze di sicurezza anche se nel corso degli scontri tre poliziotti di Ismailiya sono rimasti feriti. Giappone: dopo 46 anni in braccio morte, il 78enne Iwao Hakamada sarà riprocessato Tm News, 27 marzo 2014 Ha trascorso più di quarant’anni nel braccio della morte, ma ora un tribunale giapponese ha stabilito che dovrà essere sottoposto a nuovo processo. Iwao Hakamada - scrive la Bbc sulla sua edizione online - fu condannato a morte nel 1968 per l’omicidio del datore di lavoro, la moglie e i due figli dell’uomo. Hakamada, che oggi ha 78 anni, confessò dopo venti giorni di interrogatori durante i quali denunciò di essere stato più volte picchiato. Ritrattò successivamente la confessione in aula. La polizia giapponese fa tradizionalmente affidamento su confessioni per incriminare e condannare sospetti, ma attivisti e critici denunciano che spesso sono estorte con la forza. In una nota, Amnesty International ha affermato che Hakamada è il detenuto da più tempo nel braccio della morte. "Se mai c’è stato un caso che merita un nuovo processo, è questo. Hakamada fu condannato sulla base di una confessione estorta e restano domande senza risposta sulla recente prova del dna", ha dichiarato Roseann Rife, direttore ricerche di Amnesty International per l’Asia orientale.