Appello di un uomo ombra ai politici italiani Ristretti Orizzonti, 18 marzo 2014 Non c’è nessuna giustizia nel tenere murata viva una persona in una cella solo per farle attendere l’arrivo della vecchiaia e poi quello della morte. ("L’Urlo di un uomo ombra" di Carmelo Musumeci - Edizioni Smasher) Com’è noto, la Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ritenuto, nel caso Scoppola contro Italia del 17 settembre 2009, che la condanna all’ergastolo di un ricorrente che a suo tempo aveva chiesto di essere processato con il rito abbreviato, anche se la legge dopo era cambiata in peggio, fosse tramutata in una pena a termine. In seguito a questo, in Italia la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale, sul caso di un altro ergastolano, hanno dovuto accogliere questo principio. E ora molti Giudici di Esecuzione a molti uomini ombra, ormai ex, stanno tramutando la pena dell’ergastolo in quella temporanea di trent’anni, per i condannati che si trovano nella medesima situazione. L’Italia è veramente un Paese strano, su tutti i versi, tanto che nel campo penale non ha poi così importanza la gravità della pena per cui sei stato condannato, perché adesso conta di più il periodo in cui sei stato processato. Praticamente solo chi ha avuto la "fortuna" di essere giudicato nel breve periodo in cui si poteva chiedere il rito abbreviato anche per i condannati all’ergastolo potrà avere la riduzione a 30 anni di pena, tutti gli altri no. Senza nessuna distinzione tra merito o meno, solo per pura casualità. E un ergastolano l’altro giorno mi ha scritto: Carmelo, come saprai, stanno tramutando a molti uomini ombra la pena dell’ergastolo a trent’anni di carcere. La cosa non può che farmi piacere, però, non ti nascondo che per chi non ha avuto questa "possibilità" di trovarsi al posto giusto nel momento giusto è pur sempre un’ingiustizia. Ecco perché, per un’uguaglianza di diritto, sarebbe doveroso da parte dei politici abolire per tutti l’ergastolo. E mi è venuta l’idea di lanciare un appello al mondo politico per chiedere l’abolizione dell’ergastolo a tutti, perché la "Pena di Morte Viva" (come chiamiamo l’ergastolo noi condannati senza fine pena) ti lascia in vita. Nient’altro! A volte penso a quando nei primi anni di carcere trovavo conforto nei ricordi e nei sogni. Invece adesso se ricordo e sogno soffro ancora di più. Per questo ormai da molti anni quando apro gli occhi il mattino penso subito a come sarebbe bello se fossi morto all’improvviso durante il sonno. La speranza per noi è il nostro peggiore nemico perché ci costringe inutilmente a sopravvivere per attendere un giorno che non arriverà mai, il 99.9.9999. In nome della giustizia spesso si commettono le peggiori ingiustizie perché dopo tanti anni di carcere gli ergastolani, uomini ombra, scontano colpe di persone che non ci sono più, perché profondamente cambiate. Oggi pensavo che il tempo per l’uomo ombra non esiste, perché noi non possiamo aspettarci più nulla di buono. Possiamo solo sperare di morire per finire presto la nostra pena. Non mi resta da fare altro che lanciare questo appello fra le sbarre della mia cella, che probabilmente pochi politici raccoglieranno, per cancellare dal mio certificato detentivo il mio fine pena : 9999, che ha sostituito la vecchia dicitura "Fine pena mai" scritta in rosso. Giustizia: la riforma del processo penale è il vero banco di prova per il nuovo governo di Paolo Carbone Il Mattino, 18 marzo 2014 D nuovo Governo nemmeno in materia di Giustizia è venuto meno al rituale dei grandi annunci: la riforma a tutto campo. L’obiettivo di un disegno strategico complessivo, con interventi strutturali e non emergenziali, è quanto i cittadini, non meno che gli operatori del settore, attendono da lustri il perseguimento. Frattanto i governi si alternano, i guardasigilli passano come ombre fugaci. E i problemi restano insoluti, anzi si incancreniscono. È il caso del ridisegno delle circoscrizioni giudiziarie, dell’accelerazione del processo civile, delle intercettazioni da regolare con estensione delle garanzie difensive, della responsabilità civile del giudice una volta accertato che abbia agito con dolo o colpa grave, di una revisione in radice del Csm che riduca il condizionamento delle correnti e delle contiguità politiche della magistratura associata rafforzandone l’autorevolezza ed una autonomia non di facciata. Come si vede, una selva di proposte e di programmi, forse destinati - per la eterogeneità degli interessi in campo, specie fra le litigiose rappresentanze parlamentari - a rimanere tali. Fra le problematiche escluse dalle "priorità" del nuovo Esecutivo va segnalata la condizione di autentica vergogna in cui sono stipati negli istituti di pena i detenuti. Già dal gennaio 2013 si è inutilmente abbattuta sul nostro ingolfato ed inefficiente sistema penale la scure della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con un giudizio senza appello e con la intimazione all’Italia di ricondurre entro un anno a "standard accettabili una situazione carceraria non degna di un Paese civile, le cui carenze permangono con carattere strutturale e sistemico". Nemmeno l’intervento energico del Capo dello Stato è valso a spezzare la catena delle inefficienze e delle inerzie. Ben diverso il comportamento di tremila detenuti, i quali hanno inoltrato alla Cedu altrettanti ricorsi che, se accolti, metteranno al bando una cultura "carcero-centrica" caratterizzata da trattamenti degradanti e violenti e daranno luogo a penalità ed a costi rilevantissimi in termini di indennizzi a carico delle esangui casse dello Stato. La politica su questo banco di prova è rimasta inerte, trastullandosi in fumose architetture para sociologiche ed in prospettive irrealizzabili. La "scena" dinanzi Montecitorio di sparuti gruppuscoli di protesta composti da vecchie vestali del libertarismo nostrano (residuato solo nella foggia a coda dei capelli ormai canuti) è stata più che malinconica. È mancata la risposta forte, responsabile ad una condizione estrema dì illegalità e dì umiliazione della persona; è venuto meno ogni tentativo di approccio ad una riforma del sistema dei delitti e delle pene. Come se il "problema dei problemi" evocato nel messaggio alle Camere dal presidente Napolitano non fosse più un "problema" e il decreto "svuota carceri" approvato a fine febbraio avesse chiuso la questione. Sappiamo, invece, che, aldilà della amplificazione mediatica, quel provvedimento ha "svuotata" ben poco e che, nelle duecento prigioni d’Italia sono tuttora rinchiusi oltre 62.000 detenuti, 15.000 in più dei posti disponibili. Ben altra risposta sarebbe stata necessaria per adempiere a quello che pur veniva indicato come "primario imperativo giuridico, politico e morale". Il Governo, sia con la legge 9 agosto 2013 ("Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena", sia con il decreto legge del 23 dicembre dello stesso anno (lo "svuota carceri"), si è limitato a provvedimenti-tampone di scarsa incidenza concreta, come l’elevazione da quattro a cinque anni del tetto di pena per disporre la custodia cautelare in carcere, il leggero ritocco delle condanne per gli atti persecutori, i compiti attribuiti al commissario straordinario di Governo perle infrastrutture carcerarie, la liberazione anticipata speciale. Interventi parziali e contingenti, come si vede, anche se rappresentano un passo avanti rispetto ai periodici provvedimenti demenziali dei primi anni novanta ed alla legislazione dell’emergenza, spesso di rozza impronta inquisitoria. Non si è avuto il coraggio, o la possibilità, di attuare la necessaria inversione di tendenza per uscire dalla paralizzante crisi strutturale del sistema. La carcerazione preventiva non può continuare ad essere una pena anticipata, esasperata dalla durata irragionevole dei processi. Allo strumento di una differenziazione del trattamento sanzionatorio andrebbe aggiunta una compiuta depenalizzazione: sono decine di migliaia le previsioni normative, ordinarie e speciali. Occorre soprattutto una cultura di segno opposto a quella di stampo inquisitorio, con una diversa idea del carcere e delle finalità della pena. Vanno introdotte altre tipologie di espiazione, come l’estensione della reclusione presso l’abitazione del condannato, da impegnare in lavori di pubblica utilità per un autentico recupero individuale e per la effettività della sanzione penale. Il nostro macchinoso sistema processuale va deflazionato favorendo il ricorso ai riti alternativi, limitando quell’anticipazione di pena che è la carcerazione preventiva, depenalizzando la miriade di reati bagatellari, fino a sospendere, per condotte meno allarmanti, il procedimento in corso e dare luogo alla "messa alla prova" dell’ imputato (già sperimentata positivamente peri minorenni), con la successiva declaratoria di proscioglimento per irrilevanza o tenuità del fatto. Non c’è bisogno di riforme copernicane per ricordare a noi stessi, prima che all’ Europa, che l’Italia è stata la culla del diritto. I presupposti per intervenire in maniera diffusa e proficua restano una chiara volontà politica ed una nuova cultura che, nel solco della Costituzione, umanizzi in tempi non biblici e con un processo giusto la espiazione della pena, nel rispetto della dignità del condannato e in un a concezione progredita e moderna della giurisdizione penale. Giustizia: "carceri italiane inadeguate", Londra si oppone all’estradizione di un latitante www.rainews.it, 18 marzo 2014 La giustizia britannica ha negato l’estradizione verso l’Italia del latitante Domenico Rancadore, accusato di associazione mafiosa, perché le carceri italiane non offrono le adeguate garanzie per il trattamento dei detenuti. Domenico Rancadore, accusato di mafia e arrestato lo scorso agosto a Londra, non sarà estradato in Italia perché il sistema carcerario in Italia non offre le adeguate garanzie per il trattamento dei detenuti. Rancadore è stato rilasciato dietro cauzione (20mila sterline), in attesa che venga predisposto un appello. Dovrà vivere nella sua casa londinese di Uxbridge, comunicare con la vicina stazione di polizia ogni giorno e indossare il braccialetto elettronico. "Il professore" vince una battaglia legale con la giustizia italiana. La Westminster Magistrates’ Court di Londra ha deciso oggi di non procedere all’estradizione in Italia di Domenico Rancadore, accusato di mafia e arrestato lo scorso agosto nella capitale britannica dalla polizia inglese su indicazione di quella italiana dopo 20 anni di latitanza. Si è arrivati alla sentenza dopo che il giudice ha ribaltato la sua posizione e ammesso che il sistema carcerario in Italia non offre le adeguate garanzie per il trattamento dei detenuti. Eppure il magistrato, Howard Riddle, aveva già fatto una bozza di sentenza che andava in senso opposto e avviava il latitante Rancadore verso il ritorno in Italia. Ma ha poi cambiato idea, basandosi su un caso precedente che riguarda il tribunale di Firenze e Hayle Abdi Badre, un cittadino somalo a cui non è stata concessa l’estradizione in Italia per il rischio di subire trattamenti inumani e degradanti nel sistema carcerario nazionale. Come con Badre, quindi, è stato invocato dalla corte inglese l’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti umani, uno dei più usati nelle cause di estradizione. Nella sentenza di oggi hanno giocato un ruolo cruciale le precarie condizioni di salute del 65enne Rancadore, affetto da angina, e di recente ricoverato in ospedale. E di sicuro ha influito la testimonianza, durante le udienze, dell’esperto Patrizio Gonnella, che ha ricordato come le carceri italiane siano le più sovrappopolate d’Europa. Il latitante è stato rilasciato dietro cauzione (20 mila sterline) in attesa che venga predisposto un appello. Dovrà vivere nella sua casa londinese di Uxbridge, comunicare con la vicina stazione di polizia ogni giorno e indossare il braccialetto elettronico. Oggi Rancadore è uscito dalla Westminster Magistrates’ Court con la moglie, entrambi coprendosi il volto per sfuggire ai fotografi. La sua legale, Karen Todner, ha dichiarato che l’immagine del suo assistito è stata distorta dai media. "Rancadore ha preso liberamente una decisione, 20 anni fa, di lasciare la mafia e tutto quanto è ad essa collegato", ha aggiunto l’avvocato. Molto diversa la sua descrizione che emerge dalla giustizia italiana. Esponente di spicco di Cosa nostra, soprannominato "il professore", è un pluripregiudicato palermitano, destinatario di un ordine di carcerazione dovendo scontare 7 anni di reclusione per i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione ed altri gravi delitti. Era ricercato dal 1994 e per la sua caratura criminale era inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi del Ministero dell’Interno. Intanto lui si era rifatto una vita a Londra, diventata la sua città, e che forse lo resterà ancora a lungo. Giustizia: il "no" di Londra che boccia Sollicciano, negata l’estradizione di un somalo di David Allegranti Corriere Fiorentino, 18 marzo 2014 Una decisione che già fissa, nel giro di pochi giorni, un precedente. L’11 marzo le Royal Courts of Justice di Londra hanno negato l’estradizione di Hayle Abdi Badre, cittadino somalo accusato dalla Procura di Firenze di violazione della direttiva europea sui servizi finanziari e che si trova in Inghilterra, perché è là che vive parte della sua larghissima famiglia. La Giustizia italiana non ha offerto adeguate garanzie sul trattamento che Badre - la cui attività era radicata anche a Firenze - avrebbe ricevuto nelle nostre prigioni. Le Royal Courts of Justice citano, fra le argomentazioni, la celebre sentenza pilota Torreggiani, con cui la Corte europea dei diritti umani l’anno scorso ha condannato lo Stato italiano per violazione della Convenzione europea dei diritti umani. Il caso riguardava trattamenti inumani o degradanti subiti dai ricorrenti, sette persone detenute per molti mesi nelle carceri di Busto Arsizio e di Piacenza, in celle triple e con meno di quattro metri quadrati a testa a disposizione. Il gip del Tribunale di Firenze David Monti il 5 luglio 2013 ha inviato una lettera al magistrato britannico di collegamento in Italia Sally Cullen in cui in poche righe liquidava il rischio maltrattamenti, dicendo che Badre, se tradotto in Italia, non sarebbe stato collocato negli istituti di Busto Arsizio e Piacenza, "dato che l’Italia può offrire una ampia gamma e scelta di istituti penitenziari". Peccato che il problema sia strutturale e infatti la giustificazione non ha convinto i giudici inglesi. Badre forse sarebbe finito a Sollicciano, le cui pietose condizioni sono state raccontate e documentate anche da un reportage del Corriere Fiorentino il 15 dicembre 2013; Sollicciano ha quasi il doppio dei detenuti che è in grado di ospitare (ha una capienza di 480 prigionieri, di solito sono intorno al migliaio). L’Italia ha fino al 27 maggio per trovare una soluzione al problema strutturale del sovraffollamento nelle carceri. In caso contrario, arriveranno multe salate. "La difesa del signor Badre - spiega l’ex senatore del Partito Radicale Marco Perduca, che ha seguito il caso fin dall’inizio - mi aveva chiesto di preparare un apprezzamento della situazione generale delle carceri italiane e un’analisi della mancanza di riforme a seguito della "sentenza pilota" adottata dalla Corte di Strasburgo nel gennaio 2013. La cosiddetta sentenza Torreggiani infatti chiede all’Italia di affrontare le strutturali violazioni dell’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti umani, quello relativo ai trattamenti inumani e degradanti, imposti a migliaia di detenuti in violazione degli standard previsti dall’Ue e dal Consiglio d’Europa". La decisione delle Royal Courts di Londra contro la Procura di Firenze, dice Perduca, "potrebbe divenire un precedente per ogni altra richiesta di estradizione che l’Italia ha in giro per il mondo e dovrebbe essere tenuta di conto come un ulteriore monito, una denuncia del modo con cui le istituzioni italiane non rispettano i propri obblighi internazionali relativi alla Convenzione europea dei diritti umani e il Patto internazionale sui diritti civili e politici". Nei 205 istituti di pena italiani vivono oltre 60 mila detenuti, a fronte di una capienza fissata dal ministro Cancellieri intorno ai 42 mila. Comunque, la decisione delle Royal Courts di Londra ha già fissato un precedente. Proprio ieri la Westminster Magistrates’ Court di Londra ha deciso di non procedere all’estradizione in Italia di Domenico Rancadore, arrestato lo scorso agosto nella capitale britannica con l’accusa di mafia, dopo 19 anni di latitanza. Il giudice Howard Riddle ha spiegato che la sua decisione all’inizio era quella di dare il via libera all’estradizione, ma ha poi cambiato idea, basandosi proprio sul caso sul caso di Badre. Nella sentenza hanno pesato anche le precarie condizioni di salute di Rancadore, 65 anni, affetto da angina, e di recente ricoverato in ospedale. "Secondo noi - dice Perduca, fiorentino e vicepresidente del Partito Radicale - lo schiaffo delle Royal Courts è l’ultima ciliegina sulla torta marcia della giustizia italiana. Il premier Matteo Renzi è andato a Berlino a dire che noi non ci faremo mettere dietro la lavagna. Ma così ci daranno anche il cappello da ciuco in testa: il 27 maggio pioveranno multe, forse da milioni di euro". È ora insomma, dicono i Radicali, che il nuovo governo italiano si intesti questa battaglia di civiltà. Giustizia: la madre uccisa e il padre in cella… quei 1.500 bimbi orfani due volte di Elvira Serra Corriere della Sera, 18 marzo 2014 Non hanno sbagliato, i colleghi di Eraldo Marchetti, a fare subito una colletta per garantire l’aiuto psicologico ai suoi figli, i due gemelli di nove anni che l’altro ieri a Segni hanno dovuto vedere la loro madre agonizzante, con la testa fracassata da un martello. Non hanno sbagliato perché quei bambini, domenica, sono rimasti orfani due volte: della madre, uccisa dal marito, e del papà, che per un po’, almeno, non farà più parte della loro vita. Ed è proprio il modo in cui saranno seguiti da adesso in avanti a fare la differenza nella loro crescita, nell’elaborazione di un lutto impronunciabile, provocato dall’uomo che, insieme con la mamma, rappresentava tutte le certezze dei piccoli. Sono millecinquecento i minorenni rimasti soli dopo un femminicidio, dal 2000 al 2013. A stimarli per l’Italia è stato il Dipartimento di psicologia della Seconda Università degli Studi di Napoli, all’interno del progetto europeo "www.switchoff.eu" (Who, Where, What, Supporting Children Orphans from Feminicide in Europe). Una task force microscopica - soltanto otto persone, compresa la coordinatrice Anna Costanza Baldry - eppure preziosissima, che si appoggia all’Associazione nazionale donne in Rete, Dire, con 65 centri antiviolenza in tutto il Paese. Potremmo dedurre che la maggior parte di questi ragazzini sono al Nord, ma sarebbe una semplificazione: è vero che il 50 per cento delle donne uccise nei tredici anni presi in esame vivevano tra la Lombardia, il Veneto, il Piemonte; ma, sempre stando alle statistiche, al Nord erano più giovani, dunque forse non tutte avevano figli. C’è poi da aggiungere che spesso i giovanissimi vengono affidati a parenti o a comunità in altre regioni: non è semplice fare una mappatura esatta. Lo spiega la dottoressa Baldry: "Il nostro punto di partenza sono i nomi delle vittime e non è detto che i cognomi dei figli siano gli stessi. Allora contattiamo gli avvocati, ci rivolgiamo all’anagrafe, ai nonni, ai parenti, alle parrocchie, a chiunque sia direttamente o indirettamente coinvolto con la vita di quei ragazzi". Le istituzioni molte volte non sono di aiuto. "Fanno resistenze secondo me ingiustificate. Noi comunque non piombiamo all’improvviso nella vita delle vittime. Se chiediamo un colloquio con un maggiorenne è per capire come ha vissuto la fase successiva al lutto, se è stato aiutato e da chi, cosa lo avrebbe potuto far stare meglio. I bambini non li incontriamo: per loro ci bastano i racconti degli affidatari. E per i più grandi, ancora minorenni, c’è sempre bisogno del permesso da parte dell’affidatario". Questi figli sono orfani due volte, della loro mamma, ma anche del padre che quella madre l’ha uccisa e che dopo, una volta su tre si suicida, negli altri casi va in carcere. "Non vorrei sembrare troppo dura, ma viene da pensare che questi ragazzi siano orfani tre volte, perché pure lo Stato li ha abbandonati nel momento in cui ha ignorato le denunce di violenza presentate dalle vittime" prosegue Baldry. Ai ragazzi, poi, pensano i parenti o le comunità. Anche qui, l’esperienza dimostra che non esiste una soluzione buona per tutti. C’è l’adolescente affidata ai nonni anziani che non capiscono il suo bisogno di uscire e frequentare coetanei; c’è quello che va a vivere con i parenti del padre, omicida e suicida, per non chiudere completamente i ponti con quel ramo della famiglia, ma l’altro ramo non capisce. E Baldry non nasconde che "c’è bisogno di una grandissima consapevolezza, in queste situazioni, e di risorse: chi è più benestante può rivolgersi agli specialisti migliori per far seguire un orfano. Ma chi non lo è come può essere aiutato?". I colloqui di questi anni stanno portando ad acquisire informazioni importanti per il "dopo". È utile o no far partecipare un bambino al funerale del genitore? Bisogna portarlo in carcere a visitare il padre? Ogni caso va affrontato singolarmente, però gli esperti ammettono che sia necessario rendere i figli partecipi del dramma familiare facendogli salutare la madre per l’ultima volta alle esequie. Quanto alla visita in prigione, non può avvenire senza una adeguata preparazione psicologica. In Portogallo il corrispettivo dell’associazione Dire sta lavorando con l’Ordine dei giornalisti per fissare un mini prontuario da adottare sul campo, durante un servizio di cronaca: le informazioni raccolte dal reporter saranno di aiuto a inquadrare l’omicidio nelle giuste categorie. "Abbiamo bisogno della collaborazione di tutti" conclude Anna Costanza Baldry. "Chiediamo a chi può aiutarci di farlo www.switch-off.eu o mandando un’email a info@switch-off.eu. Finita l’emergenza, non dobbiamo dimenticarci di questi orfani". Giustizia: più rapine, meno omicidi… ecco i dati sull’andamento dei reati nel 2013 di Marco Ludovico Il Sole 24 Ore, 18 marzo 2014 Più furti in casa, meno violenze sessuali. In calo gli omicidi, in aumento le rapine. I dati sull’andamento dei reati nel 2013 sono sul tavolo del ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Sono quelli "non consolidati", cioè non ancora ufficiali, ma quando saranno definitivi cambierà poco. Le tendenze sono ormai tracciate, alcune sono abbastanza confortanti ma altre non lo sono affatto. Il totale generale dei delitti 2013 ammonta a 2.835.179, in percentuale non è molto di più rispetto al 2012 (+0,6%) ma in cifre assolute si tratta di 16.345 casi in più di crimini commessi l’anno scorso. Uno dei più odiosi - per quanto incruento e, con molta fatica, superabile dalle vittime che lo subiscono - è il furto in casa. L’anno scorso ce ne sono stati in tutta Italia 249.003, quasi il 5% e in valore assoluto circa 12mila in più rispetto al 2012; se poi il confronto è 2013/2011 l’incremento è del 21,5%. Salgono pure le rapine nelle abitazioni (+2,5%) mentre calano quelle in banca (-4,9%) e negli esercizi commerciali (-4%). Ma anche i furti nei negozi sono in salita, da 98.581 di due anni fa passano a 103.484 l’anno scorso. Infine, nonostante le ormai quotidiane cronache ai limiti dell’horror, i delitti contro la persona (tentati omicidi, lesioni, percosse, minacce e omicidi preterintenzionali e colposi) sono in diminuzione costante, quasi del 3% rispetto al 2012. Sulle tendenze generali dei crimini commessi il prefetto Alessandro Pansa, capo del dipartimento Ps, aveva detto al Sole 24 Ore il 2 febbraio scorso: "Un’analisi seria e rigorosa deve considerare periodi ampi. Negli ultimi dieci anni, nonostante picchi negativi considerevoli, l’ammontare complessivo dei reati è quasi invariato. È vero che crescono i furti in casa, ma è anche vero che l’anno scorso abbiamo avuto il numero più basso di omicidi della storia d’Italia repubblicana e monarchica". Gli omicidi volontari, infatti, sono stati 501: erano 528 nel 2012 e 553 nel 2011. È anche vero, però, che se prendiamo l’andamento negli ultimi sette anni, il numero dei delitti 2007 (2.933.146) scende fino al 2010 (2.621.019) e poi però risale nel 2013 fin quasi allo stesso livello iniziale (i 2.835mila citati). C’è poi chi fa notare, anche se l’ipotesi può essere discutibile, che il dato elevato 2007 trascina l’effetto dell’indulto dell’anno prima, con probabili recidive nei reati da parte chi è uscito prima dal carcere. Il dato 2013, dunque, non essendoci un effetto-indulto, sarebbe più preoccupante. In ogni caso, non ci sono dubbi su un fatto: l’andamento in costante crescita dei furti e delle rapine in casa aumenta, e non di poco, la percezione di insicurezza, a dispetto di qualunque miglior dato sulla tendenza generale dei reati. Del resto le persone denunciate l’anno scorso nel quadro generale dei delitti sono state 961.105 (+2,9%), in pratica ci sono state oltre 27mila denunce in più (e la tendenza è costante). Un terzo dei denunciati sono stranieri, ma le percentuali sono in linea con quelle generali e quindi non c’è nessun particolare allarme di pericolosità sociale per i migranti o i non italiani. Inevitabile, comunque, che queste cifre entrino nel dibattito in corso sul futuro del sistema sicurezza. "L’innalzamento dei delitti della criminalità di tipo predatorio dal 2011 è proprio quella che risente maggiormente della presenza fisica delle forze dell’ordine sul territorio - sottolinea Lorena La Spina, segretario dell’Anfp - e dal 2008 ogni 3mila poliziotti e carabinieri andati in pensione ne sono stati arruolati solo mille. L’ulteriore contrazione in vista degli organici per il blocco del turn over avrà altre ripercussioni sulla sicurezza percepita e l’efficienza dei servizi di controllo". In linea Giuseppe Tiani (Siap), secondo cui "i poliziotti continuano a subire gli effetti della limitata visione strategica delle classe politica". Giustizia: Ucpi; delegazioni penalisti ricevuta da Orlando… confronto franco su priorità Agi, 18 marzo 2014 Un "confronto franco e approfondito sui problemi più urgenti della giustizia e dell’avvocatura penale". Così il presidente dell’Unione delle Camere penali Valerio Spigarelli e il vicepresidente Giuseppe Conti definiscono l’incontro avuto oggi con il ministro della Giustizia Andrea Orlando. I rappresentanti dei penalisti hanno consegnato al Guardasigilli diversi dossier concernenti le proposte dell’Ucpi sui temi trattati: si è anzitutto sollecitata l’approvazione dei due regolamenti, rispettivamente sulla difesa d’ufficio e sulla specializzazione, elaborati e presentati secondo la legge dal Cnf, con il contributo dei penalisti che hanno fatto parte delle relative commissioni di studio. Il Guardasigilli ha assicurato che l’iter relativo è già avviato ed in tempi brevi i regolamenti potranno essere licenziati. Le Camere penali, inoltre, hanno rappresentato al ministro la necessità di intervenire sul patrocinio a spese dello Stato affinché sia eliminata la decurtazione del 30% dei compensi prevista dalla legge di stabilità, che "declassa - affermano i penalisti - il diritto di difesa del non abbiente, accentuando il carattere della nostra come di una "giustizia per ricchi". Pur dando atto al Ministro di aver rimosso l’ulteriore decurtazione originariamente prevista nei parametri", l’Ucpi continuerà "a battersi perché la difesa dei poveri cessi di essere di serie B, quasi che la stessa non fosse un diritto del cittadino previsto dalla Costituzione che, peraltro, lo vuole presunto non colpevole". Affrontato anche il tema delle riforme, sia di tipo costituzionale, in particolare sull’assetto dell’ordine giudiziario "che ancora - osserva l’Ucpi - non realizza le terzietà del giudice prevista dall’art 111 della Costituzione", sia di carattere più settoriale. Per queste ultime, i penalisti hanno richiamato all’attenzione di Orlando il lavoro compiuto dalle commissioni ministeriali, cui hanno partecipato rappresentanti dell’Unione e che hanno portato a proposte di modifiche legislative condivise da tutte le componenti del mondo giudiziario, sollecitando l’avvio di iniziative di tipo legislativo che le recepiscano. Anche su tale tema, affermano le Camere penali, "Orlando ha assicurato che i lavori delle commissioni già conclusi saranno utilizzati nell’attività di proposta legislativa". Segnalata dai penalisti anche la necessità di interventi "che diano corpo alla reale tutela delle conversazioni tra avvocato e cliente, oggi segrete solo sulla carta". L’Ucpi ha poi reso nota "l’avversione dei penalisti a qualsivoglia proposito regressivo del sistema, con interventi, ad esempio, sul principio di reformatio in pejus, o dell’immutabilità del giudice, ovvero volti a stabilizzare il giudizio abbreviato come rito ordinario, o infine a dilatare i tempi di prescrizione dei reati". Nell’incontro a via Arenula, si è toccato anche l’argomento custodia cautelare: dai penalisti è stato espresso l’auspicio che la legge in esame al Senato "non venga stravolta", invitando il ministro a "dedicare la propria attenzione ai progetti sulla messa in prova e la detenzione domiciliare che languono in Parlamento". Inoltre, è stata evidenziata da parte delle Camere penali, in conseguenza della dichiarazione di incostituzionalità della Fini-Giovanardi, la necessita di elaborare una legge che, "secondo una trasparente e responsabile politica legislativa, dia una sistemazione organica alla materia degli stupefacenti, regolando anche i casi coperti dai giudicati fondati sulla legge incostituzionale". Sull’emergenza carceri, pur conoscendo la linea espressa in più occasioni dal presidente del Consiglio, i penalisti hanno insistito sul fatto che "l’unica possibilità reale di incidere in tempi brevi è un provvedimento di clemenza". Da ultimo, si è affrontato il tema della responsabilità civile dei magistrati, "su cui il ministro - concludono i penalisti - ha dimostrato favore per la proposta all’esame del Parlamento, che elimina il filtro di ammissibilità ma non modifica la clausola di salvaguardia, dunque un atteggiamento, per l’Unione apprezzabile ma che non potrà risolvere del tutto il problema". Giustizia: Simspe; sanità penitenziaria, urgente aprire realmente Ssn ai detenuti Asca, 18 marzo 2014 "Le Regioni ancora stentano ad entrare nella cultura e nelle attività sanitarie del carcere". La denuncia della Società italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria che sollecita un "confronto senza pregiudizi fra professionalità sanitarie e Istituzioni". Convegno al Senato. "Salute in carcere, oggi". È questo il titolo del convegno organizzato oggi al Senato dalla Società italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria (Simspe) con il patrocinio del Senato. L’obiettivo è esporre ad un pubblico di politici, esperti, competenti e decisori il quadro attuale della Salute in Carcere, perché "appare necessario ed urgente avviare una fase culturale nuova, che faccia realmente aprire il Ssn a questo universo nascosto, nel quale i bisogni di salute sono amplificati dalla restrizione e le possibilità operative spesso si scontrano con prassi e normative che ancora non hanno recepito questo cambiamento epocale e straordinario, e che è compito della politica attualizzare ed armonizzare". Secondo la Simspe, infatti, dopo il trasferimento delle funzioni sanitarie dal sistema centralizzato ed autonomo dell’Amministrazione Penitenziaria al Ssn, "le Regioni ancora stentano ad entrare nella cultura e nelle attività sanitarie del carcere, luogo unico per la particolarità del contesto operativo e le specificità degli utenti. In tale ambito, le stesse parole "salute" e "malattia" hanno connotazione e significati spesso differenti, dove spesso le malattie tendono esponenzialmente a crescere con, ad esempio, prevalenze significative delle epatopatie Hcv e Hbv correlate e delle pluri-patologie internistiche. Curare le Persone detenute è necessario, ma può essere difficile; qui l’aiuto che viene dalla ricerca più avanzata è essenziale, per migliorare l’adesione alle cure e la loro efficacia". Con il convegno di domani la Simspe intende sottolineare come "la tutela della salute in carcere necessiti del confronto senza pregiudizi fra le professionalità sanitarie e le Istituzioni che hanno competenza sul "pianeta carcere". Al convegno interverranno, tra gli altri, Emilia Grazia De Biasi, presidente della Commissione Igiene e Senato, Pier Paolo Vargiu, presidente della Commissione Affari Sociali della Camera, il sen. Francesco Nitto Palma, presidente della Commissione Giustizia Senato, l’on. Donatella Ferranti, presidente della Commissione Giustizia Camera, il sen. Luigi d’Ambrosio Lettieri, capogruppo di Fi-Pdl della Commissione Igiene e Sanità del Senato, dove si è svolta nel novembre scorso una approfondita audizione sul tema dei rappresentanti del Simpse, il Capo Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, Giovanni Tamburino, il Capo Dipartimento Giustizia Minorile, Caterina Chinnici, il responsabile Salute in Carcere Who/Oms Europa, Stefan Enggist, il presidente Istituto Superiore di Sanità, Fabrizio Oleari, il presidente della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, Massimo Andreoni. "Si tratta di un confronto necessario e aperto al contributo di chi vive in prima linea l’articolata realtà carceraria", ha affermato il sen. d’Ambrosio Lettieri, che avrà il compito di introdurre il tema. "Dopo l’emanazione del Decreto 1.4.2008 occorre risolvere diverse criticità che vedono le Regioni chiamate ad un impegno particolare che investe un nuovo approccio culturale e operativo nel mondo della sanità carceraria", ha proseguito d’Ambrosio Lettieri ricordando il recente accoglimento, da parte del Governo, nell’ambito del Decreto svuota carceri, di un odg per la informatizzazione della cartella sanitaria nazionale. "Varare al più presto la cartella sanitaria nazionale informatizzata - ha concluso d’Ambrosio Lettieri - è indispensabile perché sia assicurata in tutti gli istituti di pena la continuità delle cure per la persona condannata. Come pure si rende urgente individuare strumenti normativi ed operativi volti a migliorare il sistema sanitario negli istituti di pena al fine di garantire tempestività negli interventi sanitari urgenti, superando gli attuali ritardi a cui soggiacciono le persone detenute qualora si verifichi la necessità di sottoporle a visite specialistiche o cure mediche in strutture sanitarie esterne agli istituti di pena, nonché azioni preventive e di profilassi relative alla salute mentale, alla prevenzione del suicidio e dell’autolesionismo, dell’Hiv e delle altre malattie trasmissibili". Giustizia: D’Ambrosio Lettieri (Fi): il Ssn si occupi dell’universo nascosto delle carceri Italpress, 18 marzo 2014 "Salute in carcere oggi", è il titolo del Convegno organizzato domani al Senato - sala Capitolare, ore 9 - dalla Società italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria (Simspe) con il patrocinio di Palazzo Madama. "L’obiettivo - dichiara il Senatore di Forza Italia Luigi D’Ambrosio Lettieri, che introdurrà il tema - è esporre a un pubblico di politici, esperti, competenti e decisori il quadro attuale della Salute in Carcere, perché appare necessario e urgente avviare una fase culturale nuova, che faccia realmente aprire il SSN a questo universo nascosto, nel quale i bisogni di salute sono amplificati dalla restrizione e le possibilità operative spesso si scontrano con prassi e normative che ancora non hanno recepito questo cambiamento epocale e straordinario, e che è compito della politica attualizzare ed armonizzare. Si tratta di un confronto necessario - aggiunge il senatore forzista - aperto al contributo di chi vive in prima linea l’articolata realtà carceraria finalizzato a risolvere tante criticità che vedono le Regioni chiamate ad affrontare un impegno particolare". Al convegno interverranno, tra gli altri, Emilia Grazia De Biasi, presidente della Commissione Igiene e Senato, Pier Paolo Vargiu, presidente della Commissione Affari Sociali della Camera, il sen. Francesco Nitto Palma, presidente della Commissione Giustizia Senato, Donatella Ferranti, presidente della Commissione Giustizia Camera, Luigi d’Ambrosio Lettieri, capogruppo di Fi-PdL della Commissione Igiene e Sanità del Senato, dove si è svolta nel novembre scorso una approfondita audizione sul tema dei rappresentanti del Simpse, il Capo del Dap, Giovanni Tamburino, il Capo Dipartimento Giustizia Minorile, Caterina Chinnici, il responsabile Salute in Carcere Who/Oms Europa, Stefan Enggist, il presidente Istituto Superiore di Sanità, Fabrizio Oleari, il presidente della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, Massimo Andreoni. Giustizia: il Sappe scrive al Presidente Napolitano sul cd. "fenomeno delle porte girevoli" www.sappe.it, 18 marzo 2014 Questa O.S., quale sindacato maggiormente rappresentativo del Corpo di Polizia Penitenziaria, intende portare all’attenzione delle SS.LL. come, nonostante le intervenute modifiche apportate al codice di procedura penale dalla Legge n. 9 del 2012 ed, in particolare, all’articolo 558, volte a ridurre il cd. fenomeno delle "porte girevoli", vale a dire il flusso di soggetti arrestati e/o fermati che transitano in carcere per un tempo assai limitato ricompreso per lo più tra 3 e 5 giorni, tale fenomeno continui a rimanere causa, o meglio concausa del sovraffollamento, sebbene abbia assunto rispetto al passato, per effetto della suddetta novella normativa, contorni meno eclatanti. Infatti, nella relazione del 2012 sulla giustizia inviata dall’allora Ministro Paola Severino alle Camere si evince che si è registrata una importante riduzione delle persone interessate al fenomeno delle cd. porte girevoli, tanto che si è passati dal 27% del 2009 al 13% al 31 ottobre 2012. A completamento dei dati di cui sopra, si deve dire che nell’anno 2013 il fenomeno in questione ha interessato 8.454 unità su 59.390 ingressi di soggetti entrati dalla libertà, con una incidenza, quindi, pari al 14,2%; fino al 28 febbraio 2014, poi, l’incidenza risulta pari al 15,2%, corrispondente a 1.370 unità di soggetti, tra italiani e stranieri, che hanno fatto ingresso nelle strutture penitenziarie per un periodo massimo di tre giorni, a fronte delle 9.006 complessivamente entrate dalla libertà, come risulta da documentazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, che ad ogni buon fine si allega in copia. Da un attento esame dei dati sopra riportati può rilevarsi una stabilizzazione del fenomeno, con una tendenza alla risalita, anche se va tenuto conto di una certa disomogeneità degli stessi sul territorio nazionale, in ragione di specifiche e concrete circostanze locali: l’onere economico sostenuto, che è senza dubbio rilevante, ben potrebbe, invero, essere destinato a mitigare la tensione detentiva o a rendere le camere di sicurezza idonee all’uso o a crearne di nuove, laddove assenti. In proposito, la difficoltà di attuazione della norma determinano inconvenienti e disagi di notevole entità circa le procedure regolamentari da osservare quali: immatricolazione, perquisizione, ubicazione in camera detentiva, traduzione per l’udienza di convalida nei confronti di soggetti che, nella maggioranza dei casi, vengono rimessi in libertà; senza sottovalutare l’impatto psicologico che tali soggetti subiscono nell’essere associati ad un carcere quand’anche per pochissimo tempo. Ciò posto, la scrivente si pregia sommessamente di interessare le SS.LL. affinché sensibilizzino le Procure della Repubblica ad una maggiore adesione al nuovo dettato normativo dell’articolo 558 c.p.p. nonché i vertici delle altre Forze dell’Ordine, in un’ottica di significativa collaborazione, dal momento che detto fenomeno incide considerevolmente sui carichi di lavoro del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria già di per sé estenuanti, stressanti e, talvolta, degradanti. Distinti saluti. Il Segretario Generale (Dott. Donato Capece) Lettere: suicidi e sovraffollamento... il carcere non deve essere "vendicativo" di Silvano Bartolomei (Avvocato) Ristretti Orizoznti, 18 marzo 2014 Pressocché un bollettino di guerra il numero dei suicidi all'interno delle carceri italiane. Negli ultimi anni il numero delle morti ascrivibili a suicidio si è notevolmente elevata, raggiungendo il suo picco massimo nel 2011 con 186 decessi di cui 66 per suicidio; un decesso ogni due giorni, un suicidio ogni 5 giorni. Certamente, una situazione che nella sua drammaticità cerca spiegazioni, ma sulla quale dovrà, comunque, porsi un rimedio. Oramai, nessuno può dire di non sapere o, ancorpiù, disconoscere il problema che è anche e, soprattutto, sociale. Perché addivenire ad una decisione così estrema? Forse per placare un senso di colpa, punendosi con la morte o, magari, per riscattarsi agli occhi dei cari che subiscono indirettamente l'onta e la vergogna. Si, forse queste potrebbero essere le cause che albergano nella mente del detenuto: l'incertezza di un futuro, la rassegnazione e quel che è più importante la sofferenza; una sofferenza psicologica ma, soprattutto, una sofferenza fisica, che scaturisce da condizioni di vita quotidiana nelle quali sono costretti a vivere i detenuti. Mi riferisco al sovraffollamento per il quale la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ci ha più volte sanzionato. A fronte di una capienza massima di 47.000 detenuti se ne contano ben 62.000, secondo quanto rilevato dall'Osservatorio Antigone con il rapporto dall'emblematico titolo "Le prigioni malate". Una condizione, quella carceraria, che non ha pari in Europa con un tasso di sovraffollamento del 149%, superato solo dalla Serbia. Chi entra in carcere deve essere rieducato; già la privazione della libertà è una punizione, ma se a questa si aggiunge una ulteriore sofferenza la segregazione diventa tortura. Il carcere non deve produrre vendetta, ma avere esclusivamente finalità riparative e riconciliative. La ristrettezza carceraria non deve produrre sofferenza, e solo un carcere che rispetti la legalità può produrre cittadini migliori e consapevoli. Peraltro, gran parte della popolazione carceraria è costituita da tossicodipendenti, soggetti che, più che nelle patrie galere, andrebbero ricoverati in speciali strutture sanitarie, ove essere curati da una patologia che è la causa della commissione di reati, e non già il reato. Interrogarsi su quali le cause e quali i rimedi è fin troppo facile. Sicuramente, il rimedio al sovraffollamento non può trovarsi ricorrendo alla edificazione di nuove strutture carcerarie, sarebbe soltanto un volere procrastinare un problema, tantopiù che annualmente riscontriamo un taglio di fondi che vengono destinati al Ministero di Grazia e Giustizia. Così come ininfluenti si sono rivelati il ricorso periodico a provvedimenti di clemenza , quali l'amnistia e l'indulto, che hanno, si, consentito un momentaneo svuotamento delle carceri, ma che, comunque non hanno risolto un problema che possiamo considerare atavico. Peraltro, anche il ricorso a riti alternativi (patteggiamento-abbreviato) introdotti con il Nuovo Codice di Procedura Penale nel 1988, non ha dato risultati sperati o taumaturgici. Orbene, a questo punto è auspicabile una riforma del sistema carcerario, un massiccio ricorso a pene alternative connesso alla depenalizzazione di alcune figure di reato, la cui permanenza non crea che sovraffollamento. Sulmona (Aq): sit-in contro carenze organico, agenti e sindacalisti senza bandiere Ansa, 18 marzo 2014 Hanno scelto di protestare senza bandiere e senza sigle sindacali nel giorno in cui è partito il progetto per realizzare il nuovo padiglione del carcere di Sulmona. Questa mattina, dalle 10, una cinquantina fra agenti di polizia e rappresentanti sindacali sono in sit-in di protesta per gridare la loro rabbia contro le gravi condizioni in cui sono costretti a lavorare. Lamentano carenza di organico e carichi di lavoro tali da mettere in serio pericolo la loro salute: 240 agenti a fronte di 500 detenuti, tutti di alta sicurezza, molti ergastolani e con pene elevate. "Da oggi inizia un nuovo giorno per tutti noi - ha detto Mauro Nardella della Uil penitenziari - Tutti insieme, senza sigle, ci batteremo per un unico obiettivo: migliorare le nostre condizioni, quelle dei detenuti e della città che ci ospita. Il nuovo padiglione porterà nel carcere di Sulmona altri 200 detenuti, arriveranno altri 90 agenti con le loro famiglie, che faranno crescere l’economia del territorio. Però l’amministrazione penitenziaria, intanto, deve fornire tutti i mezzi per poter mandare avanti la struttura in maniera decorosa". Ugl: vicini a personale in sit-in "La segreteria nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria intende manifestare il proprio sostegno al personale dell’Istituto di reclusione di Sulmona che dalle ore 12.00 di questa mattina, e con durata fino alle 22.00, sta svolgendo un sit-in unitario per protestare contro le annose problematiche che attanagliano la struttura". Lo dichiara il segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, spiegando che "sono necessari interventi urgenti da parte del Provveditorato Regionale e dei dirigenti generali dell’Amministrazione Penitenziaria per rimediare al lungo elenco di criticità con cui devono misurarsi quotidianamente i lavoratori dell’Istituto per l’adempimento del proprio servizio". "Molteplici i motivi della protesta di oggi - prosegue Moretti -. In particolare, per quanto riguarda il personale, vi è una forte carenza di organico a fronte di un alto numero di detenuti presenti, circa 500 di cui 185 ergastolani i quali richiedono un maggior monitoraggio e controllo. Inoltre - continua - è inaccettabile l’ingente quantità di congedi ordinari che hanno accumulato i lavoratori e tanto meno che il pagamento del lavoro straordinario mensile effettuato continui ad essere accantonato e non pagato nonostante sia imposto al personale". "È arrivato il momento affrontare i problemi e di investire in tempi brevi tutte le risorse disponibili per fronteggiare le maggiori difficoltà di cui soffre la struttura penitenziaria di Sulmona dove - conclude il sindacalista - sono i lavoratori che ne patiscono le conseguenze". Melilla (Sel) con il personale della struttura "Il personale di Polizia Penitenziaria del carcere di Sulmona ha ragioni sacrosante nel protestare contro condizioni di lavoro pesanti e stressanti. Il ministero della Giustizia e la Direzione penitenziaria devono intervenire immediatamente. In questo senso mi sono già adoperato a livello parlamentare e ministeriale". Gianni Melilla, deputato Sel, è al fianco degli agenti penitenziari del supercarcere sulmonese, che stamattina hanno tenuto un sit-in davanti la struttura contro le carenze di organico. "Nel carcere di massima sicurezza di Sulmona vi è un sovraffollamento di detenuti del 40% - continua Melilla in una nota. Essendo detenuti per reati estremamente gravi, associati a Mafia, Camorra, Ndrangheta e Sacra Corona Unita (di cui 160 ergastolani), è necessario garantire la massima sicurezza. Il personale di polizia penitenziaria è sotto organico, il ricorso agli straordinari è un fatto "normale", i turni di lavoro sono stressanti. Savona: interrogazione della Lega Nord sul sovraffollamento del carcere Sant’Agostino www.savonanews.it, 18 marzo 2014 Carcere Sant’Agostino di Savona, Francesco Bruzzone e Maurizio Torterolo portano la discussione in Regione. Il capogruppo della Lega Nord nel Consiglio Regionale della Liguria ha presentato una interrogazione con risposta scritta - firmata anche dal Consigliere Regionale Maurizio Torterolo della Lega Nord - al Presidente della Regione Claudio Burlando e alla sua Giunta, in merito alla situazione della struttura e dei penitenziari liguri, con particolare riferimento alla presenza di immigrati detenuti. "Il carcere Sant’Agostino di Savona ospita attualmente il doppio dei detenuti rispetto alla capienza prevista", lamentano i Consiglieri Regionali. "Tale situazione di collasso, oltre alla struttura penitenziaria savonese, caratterizza tutto il sistema delle carceri liguri, che nel 2013 hanno ottenuto il triste primato di più alto tasso di sovraffollamento dell’intero Paese". "Si tratta di una situazione intollerabile, che si ripercuote non solo sulla condizione dei detenuti ma soprattutto procura gravi disagi a chi lavora nelle strutture penitenziarie. Occorre che le istituzioni intervengano. E a tal proposito chiediamo al Governatore Burlando e alla sua Giunta, attraverso una interrogazione scritta, quanti siano, ad oggi, gli immigrati rinchiusi nel carcere di Savona e nei penitenziari liguri, e qual è stata la media di presenza di immigrati in percentuale durante lo scorso anno", concludono il capogruppo Francesco Bruzzone e Maurizio Torterolo. Genova: Sappe; in una cella del carcere di Marassi esplode bomboletta, grave detenuto www.genova24.it, 18 marzo 2014 Ancora allarme sicurezza e ancora polemiche al carcere di Marassi. Questa volta a far parlare della casa circondariale di Genova ci ha pensato un grave incidente avvenuto poche ore fa. Questa mattina un detenuto ha infatti subito gravi ustioni al volto ed alle gambe a seguito di un esplosione della bomboletta di gas usata per alimentare i fornellini in dotazione. L’uomo è stato ricoverato presso il reparto grandi ustionati di Villa Scassi in gravi condizioni. "Abbiamo da sempre evidenziato la pericolosità di queste bombolette di gas. Sarebbe più opportuno - afferma il segretario regionale del Sappe ligure Michele Lorenzo - sostituire questo obsoleto modello di bombolette con altri dotati di maggiore sicurezza. In commercio ne esistono di più moderni e sicuri, come le cartucce a valvola che offrono grande sicurezza. La valvola evita le fughe di gas e possono essere scollegate anche se non sono completamente esaurite e l’involucro non è in metallo, quindi minore pericolo in casi di deflagrazione. L’incidente che ha coinvolto il detenuto è avvenuto proprio nell’intento di cambiare la cartuccia ed è avvenuto in una cella con 7 detenuti, solo grazie al tempestivo intervento dell’agente di servizio si è evitato il peggio soprattutto per gli altri presenti nella cella e consentendo un rapido soccorso e ricovero presso l’ospedale di Sampierdarena dove è tutt’ora piantonato". Drammatici i numeri del carcere di Marassi: "Ad oggi - continua Lorenzo - nel più grande istituto della Liguria sono già 22 gli eventi critici che hanno caratterizzato i primi 3 mesi dell’anno, ben 4 tentati suicidi e 9 risse, tutte fronteggiate dalla Polizia Penitenziaria. L’istituto di Marassi è posizionato al 10° posto tra gli istituti più problematici d’Italia". Lecco: giovedì incontro sul tema "Pena e carcere oggi in Italia, umanità e diritto traditi?" di Gabriella Stucchi www.resegoneonline.it, 18 marzo 2014 Il Meic (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale) propone per giovedì 20 marzo ore 21.00 in sala papa Giovanni XXIII un incontro sulla situazione della carceri in Italia. Relatori: dr. Stefano Corbetta Magistrato Tribunale di Milano, Docente Diritto Penale Università Milano e Brescia - don Pietro Raimondi, già cappellano carcere di San Vittore di Milano. Le parole di Giorgio Napolitano "La situazione delle carceri è una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile che ha raggiunto un punto critico, insostenibile nella realtà […] È una realtà che ci umilia in Europa e ci allarma per la sofferenza quotidiana, fino all’impulso di togliersi la vita, di migliaia di esseri umani chiusi in carceri che definire sovraffollati è un eufemismo[…]. È evidente, in generale, l’abisso che separa la realtà carceraria di oggi dal dettato costituzionale sulla funzione rieducatrice della pena e sui diritti e la dignità delle persone". Pisa: carcere Don Bosco, il Si.P.Pe si ribella… "Poliziotto cameriere? No, grazie!" La Nazione, 18 marzo 2014 Contestata la disposizione del direttore del carcere che obbliga gli agenti a consegnare il contenitore del pasto ai detenuti. Non sarebbero rispettate le norme igieniche, inoltre la mansione non rientra tra quelle del corpo di Polizia Penitenziaria. Bocciata la figura dell’agente di Polizia Penitenziaria che, all’ora dei pasti, si trasforma in..."cameriere". Il Si.P.Pe. (Sindacato di Polizia Penitenziaria) interviene in merito ad una decisione del direttore del Carcere di Pisa che obbliga il personale di Polizia Penitenziaria a ritirare il contenitore del pasto e a consegnarlo ad un detenuto. Secondo il segretario generale del Si.P.Pe. Alessandro De Pasquale, i contenuti dell’ordine di servizio del direttore del Carcere appaiono opinabili rispetto ai compiti degli appartenenti del Corpo di Polizia Penitenziaria che non sembrano essere quelli di "porta vitto". De Pasquale ritiene che la vicenda riguardi anche l’aspetto igienico sanitario del trasporto di un alimento. "La fase del trasporto degli alimenti, sebbene confezionati - dichiara il Si.P.Pe. - rappresenta la più delicata e sensibile tra quelle dell’intera filiera alimentare, perché il consumatore finale non è in grado di sapere se i prodotti che arrivano sulla tavola sono stati trasportati con mezzi, persone e condizioni igieniche idonee". Il Si.P.Pe. alla luce di ciò, in considerazione del fatto che il personale di Polizia Penitenziaria non ha le specifiche competenze in merito alla distribuzione degli alimenti al consumatore finale, ha chiesto al Provveditore di impartire le dovute disposizioni al direttore del Penitenziario di Pisa affinché, sulla vicenda, adotti provvedimenti in linea con le disposizioni del cosiddetto "pacchetto igiene" e con quelle relative ai compiti istituzionali del Corpo di Polizia Penitenziaria. Napoli: Associazione "Il Carcere Possibile"; diritti dell’uomo e detenuti, esperti a confronto Roma, 18 marzo 2014 Su iniziativa dell’Associazione "Il Carcere Possibile" Onlus, della Camera Penale di Napoli, domani, alle ore 11.30, presso la sala Auditorium del Nuovo Palazzo di Giustizia, si terrà un convegno per discutere degli effetti reali della recente normativa in tema di esecuzione della pena sul sovra frollamento degli istituti di pena in Italia, a due mesi dal termine indicato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Dopo i saluti di Francesco Caia, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, di Domenico Ciruzzi, Presidente della Camera Penale di Napoli, di Riccardo Polidoro, Presidente de II Carcere Possibile e di Gennaro Demetrio Paipais, Presidente dell’Unione Giovani Penalisti, l’incontro sarà scandito dagli interventi di Tommaso Contestabile, Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, Carmine Antonio Esposito, Presidente del Tribunale di Sorveglianza, Arturo Frojo, Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, Eva Scalfari, Sostituto Procuratore della Repubblica di Napoli, Marccrllo Severino, Avvocato e Consigliere de il Carcere Possibilè, Andriana Tocco, Garante dei Detenuti della Regione Campania e Massimo Varano, Avvocato del Foro di Napoli. Tempio Pausania: i detenuti donano un parco ai bambini, giovedì l’inaugurazione La Nuova Sardegna, 18 marzo 2014 Fondi raccolti dalla vendita del libro "E chiamale se vuoi... evasioni". Anche quest’anno, in occasione del "Primo giorno di primavera", giornata dedicata dall’associazione culturale Amici di Monica a tutti i giovani prematuramente scomparsi, sarà inaugurato un parco giochi. Dopo i precedenti realizzati nel rione Mantelli nel 2013 e, sempre in città, al Parco delle Rimembranze, in viale Don Sturzo e nel campetto di San Giuseppe, questa volta i destinatari saranno i bambini di Nuchis. Il parco giochi sarà donato al paese dagli ospiti del penitenziario "P. Pittalis", grazie al ricavato dalla vendita del libro "E chiamale se vuoi... evasioni", una raccolta di poesie, racconti, testimonianze e ricordi dei detenuti, pubblicato col supporto dell’Unione dei Comuni "Alta Gallura" e presentato nel dicembre scorso come momento conclusivo di un percorso di scrittura creativa rientrante fra i progetti degli "Amici di Monica". I ragazzi che hanno partecipato al progetto guidato da Paola Scano, presidente dell’Associazione, avevano infatti espresso il desiderio di fare un dono al territorio che li ospitava. Da lì l’idea di abbellire un angolo del paese con la creazione di uno spazio non solo per i bambini che a Nuchis sono pochi ma, dotando l’area di panchine dove poter prendere il fresco, leggere e fare magari una partita a carte, anche per gli anziani. Il progetto del quinto parco giochi è stato realizzato in tempi brevissimi, grazie anche all’interessamento dell’ assessore all’ambiente Antonio Addis. L’inaugurazione, per impegni precedenti della direttrice del carcere Carla Ciavarella, è stata anticipata a giovedì 20. Si terrà alle ore 11, con la benedizione del parroco di Nuchis Don Joseph Akarian, nel piazzale antistante la vecchia scuola elementare, ora adibita a biblioteca, alla presenza delle autorità del carcere e di chiunque vorrà parteciparvi. La santa messa, dedicata a tutti i giovani che ci hanno lasciato nella primavera della loro vita, sarà invece celebrata come ogni anno proprio il 21 marzo, alle ore 18 in Cattedrale. Entro aprile sarà anche ultimata la quarta cappella del Museo del presepe, realizzato il "Primo giorno di primavera" di due anni fa nella chiesa di San Francesco per accogliere le creazioni più belle delle diverse edizioni del Concorso presepi, organizzato sempre dagli Amici di Monica e rientrante nella manifestazione "Natale è una stella". Imperia: Mina Welby dona fumetti ai detenuti, chiede riforma giustizia amnistia e indulto di Mattia Mangraviti www.imperiapost.it, 18 marzo 2014 A Imperia la moglie di Piergiorgio Welby, morto per distrofia muscolare nel 2006 e divenuto un caso mediatico per la sua battaglia per il riconoscimento legale del diritto all’eutanasia. Mina Welby, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, militante del Partito Radicale e moglie di Piergiorgio Welby, morto per distrofia muscolare nel 2006 e divenuto un caso mediatico per la sua battaglia per il riconoscimento legale del diritto al rifiuto dell’accanimento terapeutico in Italia e per il diritto all’eutanasia, e Giampiero Buscaglia, attivista imperiese, sono tra i protagonisti dell’iniziativa tenutasi domenica scorsa, 16 marzo, prima davanti al carcere di Imperia e successivamente in via San Giovanni a Oneglia. Un doppio sit-in per chiedere una riforma della giustizia, soprattutto per quel che concerne amnistia e indulto. "Basta suicidi detenuti e guardie", "Riforma giustizia, amnistia indulto", "Amnistia per la Repubblica", questi gli slogan che campeggiavano sui cartelli esposti dagli attivisti. "Vogliamo far sapere a tutti i cittadini che la Corte Europea punisce l’Italia ed entro il 28 maggio dovrebbe essere riformata la Giustizia, ma è tutto ancora in alto mare. Noi chiediamo che almeno venga legiferato su amnistia e indulto, perché sarebbe la base per fare una vera riforma della Giustizia. Sono venuta da Roma, sono co-presidente dell’associazione Luca Coscioni. Ieri sera sono stata a Porto Maurizio, al Soms, dove si è parlato di diritti alla vita, ma anche di diritti a fine vita. Anche quei diritti sono in Italia molto negletti". Aversa (Ce): all’interno dell’Opg una serata di spettacolo per la Festa del papà www.campanianotizie.com, 18 marzo 2014 Una serata spettacolo per festeggiare la Festa del papà anche all’interno dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Aversa. Ancora una volta istituzioni, associazioni e artisti scendono in campo per testimoniare con l’arte vicinanza e solidarietà a quelle persone che la vita gli ha riservato un percorso di sofferenza e tristezza. Un senso di malinconia e smarrimento che si accentua ancor di più con l’approssimarsi di particolari ricorrenze che esaltano i valori della famiglia e l’amore delle persone care. Proprio come avviene, ad esempio, in occasione della festa del papà. Una celebrazione che vissuta tra le mura dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario assume ben altri significati alla luce di una situazione di privazione e di allontanamento dal proprio contesto affettivo suscitando in ciascuno una situazione di angoscia e quasi di impossibilità di riscatto. Al contrario eventi come quello che si terrà giovedì 20 marzo ‘14, a partire dalle ore 18.00, presso il teatro della struttura aversana dell’Amministrazione Penitenziaria, vogliono offrire agli internati la consapevolezza di un orizzonte di speranza e di un affrancamento possibile dal male che li attanaglia. L’iniziativa è promossa d’intesa tra l’Associazione Casmu, presieduta da Mario Guida, la Rassegna Nazionale di Teatro scuola "Pulcinellamente", guidata dal direttore Elpidio Iorio, i vertici dell’OPg aversano, ovvero il direttore Elisabetta Palmieri, il comandante commissario Luigi Mosca il suo vice Antonio Villano, il capo area segreteria Gemma Pirolli, il capo area pedagogica Angelo Russo. L’evento inoltre si avvale del patrocinio dei Comuni di Aversa e Carinaro e della vicinanza di diversi sodalizi che operano ad Aversa e nei paesi limitrofi. "Anche quest’anno - dichiara il coordinatore dell’evento Mario Guida - abbiamo mantenuto la promessa di trascorrere la festa del papà con gli ospiti dell’Opg di Aversa. Ormai sono diversi anni che con umiltà e passione promuoviamo iniziative di solidarietà a favore delle persone che vivono di situazioni di grave disagio e indicibile sofferenza. Più andiamo avanti e più raccogliamo il sostegno di istituzioni e sodalizi vari che hanno colto il senso profondo del nostro agire. Anche per questa occasione abbiamo raccolto importanti adesioni senza le quali sarebbe davvero complicato organizzare un’iniziativa così complessa e ricca di momenti artistici uniti da una voglia forte di esprimere solidarietà a chi purtroppo vive un momento non proprio felice della propria esistenza. È doveroso dunque da parte mia ringraziare quanti a diverso titolo sostengono il nostro impegno". Intenso e articolato il programma della serata che prevede l’esibizione del rinomato gruppo di musica popolare "Rarecanova" di Pomigliano D’Arco. Le splendide e talentuose voci degli artisti Ida Piccolo ed Enzo Russoinvece accompagneranno gli spettatori in un suggestivo quanto emozionante viaggio musicale nello splendido mondo del repertorio classico napoletano. Esilaranti come sempre saranno infine i comici Albertuccio e Mariolino. Patrizia Mazzola presenterà l’evento; Antonio Belardo coordinerà i service tecnici di audio e luci, gli addobbi floreali saranno curati da Nicola Perfetto. Seguirà alla fine un buffet di prodotti tipici della tradizione enogastronomica locale gratuitamente offerto agli ospiti dell’Opg dall’Antico Panificio Nicolina da Cesa. India: il ministro Alfano chiede all’Onu un maggiore impegno per liberare i due marò Gazzetta del Mezzogiorno, 18 marzo 2014 I due marò "devono essere immediatamente liberati". E su questo "l’Onu deve assumere una posizione chiara e forte": è l’appello che il ministro dell’interno, Angelino Alfano, ha lanciato nel corso della sua visita al Palazzo di Vetro di New York, dove ha incontrato il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. Alfano ha spiegato come la sua missione nella Grande Mela - prima di recarsi a Washington per parlare di lotta alla criminalità organizzata con l’amministrazione Obama - ha come obiettivo proprio quello di invitare l’Onu ad alzare la voce su una vicenda che finora ha visto il Palazzo di Vetro piuttosto cauto e prudente. Nonostante le ultime sollecitazioni dell’ex ministro degli esteri Emma Bonino, infatti, alcune settimane fa Ban aveva ribadito come per le Nazioni Unite quello dei marò è un caso che va risolto bilateralmente. Una posizione che nel nostro Paese è stata accolta con molta perplessità. Ora l’affondo di Alfano rappresenta il primo atto della nuova offensiva intrapresa dal governo Renzi e dal nuovo ministro degli esteri Federica Mogherini per arrivare al rilascio di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, accusati di aver ucciso due pescatori indiani scambiandoli per pirati. Intanto su Facebook si fa sentire Latorre, che sottolinea come i due fucilieri di San Marco abbiano ancora oggi "la forza per combattere quotidianamente contro questa enorme quanto grave ingiustizia". Gibuti: Lega per i Diritti dell’Uomo denuncia "detenuti politici in sciopero della fame" www.misna.org, 18 marzo 2014 Ben 35 detenuti politici, tutti esponenti dell’Unione per la salvezza nazionale (Usn), Partito di opposizione al presidente Ibrahim Omar Guelleh, hanno cominciato uno sciopero della fame per rivendicare la liberazione di otto compagni, assolti dalla magistratura, ma ancora dietro le sbarre. Lo rende noto ai microfoni delle emittenti radiofoniche locali Abdillali Zakaria, presidente della Lega gibutina per i diritti dell’uomo, dopo una visita ai detenuti nella prigione civile di Gibuti. "Tutti i detenuti politici dell’Usn hanno avviato uno sciopero illimitato della fame - ha spiegato - che sarà sospeso solo quando gli otto compagni assolti saranno scarcerati. La loro liberazione non è ancora avvenuta perché il procuratore ha fatto appello alla sentenza di rilascio ma, a tutti gli effetti, la loro detenzione al momento appare del tutto arbitraria". Da mesi orma l’Usn denuncia una dura repressione nei confronti dei suoi dirigenti e dell’informazione indipendente. Come altri partiti di opposizione, inoltre, rifiuta di riconoscere la vittoria della maggioranza alle legislative del 22 febbraio 2013, a cui ha partecipato solo il partito al potere. Egitto: 16mila arresti in 8 mesi, mai così tanti dagli anni 90 La Presse, 18 marzo 2014 Circa 16mila persone sono state arrestate negli ultimi otto mesi in Egitto nelle repressioni del governo militare sugli islamisti. È quanto riferiscono ad Associated Press quattro funzionari della sicurezza egiziana coperti dall’anonimato. Il governo non ha mai pubblicato alcun dato ufficiale sugli arresti ma dalle informazioni dei quattro informatori, due funzionari del ministero dell’Interno e due ufficiali militari, risulta che fra gli arrestati ci sono anche 3mila esponenti di alto e medio rango dei Fratelli musulmani. Si tratta della più grande ondata di arresti dagli anni ‘90, quando le forze di sicurezza di Hosni Mubarak misero in carcere almeno 20mila persone, perlopiù islamisti. Il bilancio dei prigionieri, che coincide con le recenti stime di gruppi per i diritti umani, è basato su un conteggio tenuto dal ministero dell’Interno a cui hanno accesso anche i militari. Fra i detenuti ci sono centinaia di donne e di minorenni, ma le fonti in questo ambito non hanno potuto fornire dati precisi. Gli attivisti per i diritti umani sostengono che gli abusi commessi nelle prigioni siano in aumento, con i detenuti che parlano di pestaggi sistematici e di condizioni di vita insostenibili, essendo stipati a decine in piccole celle. Gli attivisti sostengono che la tortura non sia una pratica standard, sebbene affermino di avere ricevuto notizie di elettroshock sui detenuti. Più diffuso sarebbe invece il ricorso a pestaggi, privazione del sonno, abusi verbali, minacce di stupro e negazione di oggetti e attività fondamentali come biancheria da letto, coperte, giornali ed esercizi fisici. "Non sono convinto che la tortura sia sistematica, ma lo è la crudeltà eccessiva", ha detto Mohammed Abdel-Aziz, avvocato per i diritti umani alla guida di un’organizzazione non governativa a sostegno dei detenuti. L’ondata di arresti ha mandato in crisi i sistemi legale e carcerario egiziano: molti sospetti sono trattenuti per mesi nelle celle delle stazioni di polizia, poiché le carceri sono piene e i fermati vengono tenuti prigionieri per mesi senza essere accusati. "Mio figlio sembra un uomo delle caverne ormai. Ha capelli, barba e unghie lunghe ed è sporco", ha detto ad Associated Press Nagham Omar, il cui figlio di 20 anni Salaheddin Ayman Mohammed è in arresto senza accuse formali da gennaio per avere preso parte a una manifestazione pro-Morsi. Lui, con altre 22 persone, è tenuto in una cella di tre metri per tre in una stazione di polizia ad Assiut, ha detto Omar, che fa visita al figlio ogni settimana. "È mio figlio, ma il tanfo in quella cella mi fa venire voglia di andarmene subito", ha aggiunto la donna. I Fratelli musulmani, gruppo al quale appartengono l’ex presidente Mohammed Morsi e la maggior parte dei suoi sostenitori arrestati, negano ogni legame con gli attacchi seguiti alla destituzione del presidente e affermano che il governo stia usando il terrorismo come scusa per eliminare un gruppo politico rivale. La maggior parte degli arrestati è stata fermata nelle proteste di strada, ma altri sono stati fermati in irruzioni nelle loro case. Per altri le manette sono scattate perché sorpresi con cartelli e altro materiale a sostegno dei Fratelli musulmani o contro il governo militare. Per quest’ultimo motivo sono stati arrestati anche attivisti laici contrari all’esercito, fra cui alcuni dei nomi più importanti della rivolta del 2011 contro l’allora presidente Hosni Mubarak. Egitto: Samah Ibrahim, giornalista pro Fratelli Musulmani, condannata a un anno carcere Aki, 18 marzo 2014 Un tribunale egiziano ha condannato a un anno di carcere Samah Ibrahim, una giornalista che in passato ha lavorato per il quotidiano del partito Libertà e Giustizia, il braccio politico dei Fratelli Musulmani, organizzazione al bando in Egitto. Lo ha riferito il sito web del quotidiano ‘Al-Ahram’, precisando che Ibrahim è stata riconosciuta colpevole di disturbo della quiete pubblica e di attività anticostituzionali. La giornalista era stata arrestata a gennaio, mentre stava seguendo una manifestazione organizzata dai sostenitori del presidente deposto, Mohamed Morsi, contro il referendum che ha sancito l’entrata in vigore in Egitto degli emendamenti costituzionali. La Ibrahim era finita in manette insieme ad altre otto persone. La notizia della condanna della giornalista arriva alla vigilia dell’inizio al Cairo del processo di appello presentato dai Fratelli Musulmani contro la decisione del governo egiziano ad interim sostenuto dai militari di dichiarare il movimento islamico un’organizzazione "terroristica".