Giustizia: carceri…. the final countdown dalla Giunta dell’Unione Camera Penali www.camerepenali.it, 14 marzo 2014 Mancano appena due mesi alla scadenza del termine imposto dalla Cedu al Governo italiano per trovare una soluzione concreta al sovraffollamento carcerario, ed il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa già manifesta il proprio scettiscismo. L’8 gennaio 2013 la Cedu giudicava l’Italia responsabile della violazione dell’art. 3 a causa del sovraffollamento carcerario e dava il termine di un anno per porvi rimedio. Quel termine sarebbe già decorso se il governo italiano non avesse tentato disperatamente di procrastinarlo con un ricorso palesemente inammissibile. Ma, comunque, ormai ci siamo: mancano poco più di due mesi al fatidico 27 maggio e il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, che deve vigilare sull’osservanza delle sentenze della Corte da parte degli Stati, non sembra convinto che ce la faremo a ripristinare la legalità nelle nostre carceri e ad arginare quei 3000 ricorsi bloccati un anno fa (ma altre migliaia premono alle porte) che travolgeranno la nostra economia. Si sperava che la politica, insensibile ai richiami voltaireiani alla civiltà delle prigioni, lo fosse quantomeno ai prospettati risarcimenti. Il 27 novembre 2013 il Governo si era presentato all’Europa con un Action Plan che prevedeva delle linee di intervento di breve e lungo periodo, frutto del lavoro delle commissioni ministeriali alle quali anche l’Unione aveva partecipato. E quelle linee programmatiche richiamavano i nostri progetti di legge, le nostre battaglie: dalla depenalizzazione alla limitazione del ricorso alla custodia cautelare, dalla previsione di nuove misure alternative al loro ampliamento e alla facilità d’accesso. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo un governo(i) fragile e una politica più preoccupata dei richiami dell’elettorato alla sicurezza che non a quelli dell’Europa a conformarsi alla sentenza Cedu. E così il decreto "svuota carceri", che doveva avere efficacia risolutiva, é stato privato proprio di quelle norme fondamentali, sia ai fini di un effettivo ridimensionamento numerico, sia per gli scopi compensativi e risarcitori. Non stupiamoci, quindi, che il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa giudichi "insufficienti" le misure prese dall’Italia contro il sovraffollamento e abbia espresso "preoccupazione" per come il nostro Paese sta affrontando la questione. Il Comitato ha ricordato, tra l’altro, che "per essere pienamente efficace" l’intervento deve comportare "misure di fondo anche preventive per lottare contro la sovrappopolazione" e ha chiesto all’Italia di "fornire un piano d’azione dettagliato con le informazioni ancora mancanti così che esso possa essere valutato nel suo complesso". Terminato il mandato delle commissioni, mutati Ministro e sottosegretari, non è dato conoscere chi stia seguendo e monitorando quel piano. Ci auguriamo che il Governo non metta sul tavolo i numeri ipotetici di un’edilizia penitenziaria che nel progetto doveva servire non a risolvere il problema del sovraffollamento ma a sostituire luoghi invivibili o la costruzione di padiglioni destinati a togliere i già esigui spazi di attività comuni. La scommessa ora si gioca sui disegni di legge sulla messa alla prova e sulla riforma della custodia cautelare. L’Unione farà sentire la propria voce affinché quei progetti non vengano stravolti perdendo la loro efficacia. Giustizia: al Senato il Ncd fa "slittare" il disegno di legge sulle misure di custodia cautelare Ansa, 14 marzo 2014 La decisione del Nuovo Centrodestra di far mancare ieri per ben quattro volte il numero legale nell’Aula del Senato ha avuto due risultati: far sconvocare la seduta dell’Aula che stava esaminando il ddl sulle misure di custodia cautelare e far rinviare, per ora sine die, il voto sul provvedimento. Secondo quanto si apprende, lo slittamento sarebbe stato accolto, si racconta, con un respiro di sollievo da alcuni amministratori locali attualmente sotto processo. Il testo, già licenziato dalla Camera, se da una parte rende più difficile la detenzione in carcere, dall’altra introduce misure interdittive molto più aspre. Per un amministratore locale sotto processo, ad esempio, la sospensione dall’esercizio dei pubblici uffici potrebbe arrivare fino ad un anno, anche nel caso di reati contro la pubblica amministrazione. Mentre ora questa sospensione, in assenza ancora di una condanna definitiva, non potrebbe superare i due mesi. In più, il magistrato, se questo provvedimento diventasse legge, potrebbe anche abbinare più misure interdittive. Potrebbe prevedere cioè l’obbligo di dimora, insieme al divieto di espatrio. Il Pd su questo protesta e fa sapere che è pronto a chiedere sin da ora un ritorno a breve nell’Aula del Senato per riuscire a vedere questo testo diventare legge. Giustizia: Consiglio Nazionale Psicologi; il Dap "espelle" 450 criminologi e psicologi penitenziari Agenparl, 14 marzo 2014 Lo denunciano le Associazioni professionali e il Consiglio nazionale degli psicologi. Martedì 18 marzo, ore 10.30, manifestazione a Roma, in Piazza Cairoli, nei pressi del Ministero della Giustizia. Roma, 13 marzo 2014. "Siamo in presenza di un vero e proprio processo di espulsione all’interno delle carceri italiane le cui conseguenze, sulla pelle dei detenuti, sono di una gravità estrema: lo stanno subendo - venendo di fatto cancellati dagli istituti carcerari italiani - i criminologi e gli psicologi penitenziari che con grande fatica e con mezzi ridotti all’osso cercano da anni di avviare quel percorso - previsto dalla stessa Costituzione - di rieducazione dei detenuti." L’allarme viene lanciato dalla SIPP, Società Italiana di Psicologia Penitenziaria, dal Coordinamento Criminologi Clinici Penitenziari oltre che dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi. "Mentre si sta riducendo molto lentamente la popolazione dei detenuti che - non lo si dimentichi - vivono in condizioni molto spesso insopportabili, il Dap, il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia sta - a tappe forzate - azzerando in modo velocissimo l’esperienza di criminologi e psicologi penitenziari che, a partire dal 1978, lavorano con impegno e passione nelle carceri", spiegano Alessandro Bruni, Presidente della Sipp e Giuseppe Luigi Palma, Presidente del Consiglio nazionale degli psicologi. Il Dap - dice ancora Bruni - non ritiene più utile l’esperienza fin qui maturata in oltre 35 anni dai circa 450 tra criminologi e psicologi penitenziari, cancella una idoneità acquista con selezione pubblica, non valuta la formazione avuta prima del 2005, non valuta neanche il lavoro svolto, ma solo il tirocinio/stage; stabilisce che - in futuro - si potrà lavorare in un carcere al massimo per quattro anni al termine dei quali sarà obbligatorio cambiare istituto carcerario: dunque, psicologi e criminologi diventeranno "ad orologeria", o meglio, come ipocritamente sostiene il Dap, "a rotazione". Il tutto dopo aver lavorato "a cottimo" e a "partita iva obbligata". "Ma per essere "esperti" - si chiedono gli psicologi penitenziari - come veniamo chiamati in base all’art. 80 dell’Ordinamento Penitenziario, non bisogna avere "esperienza? Non è interesse di ogni ente tenersi ben stretto chi ha maturato una positiva esperienza al proprio interno e, in modo particolare, in un sistema complesso come quello penitenziario?" "Noi - rivendicano - abbiamo fatto la storia e costruito l’identità della psicologia e della criminologia penitenziaria che ora il Dap, in modo confuso, dannoso e cinico, vuole cancellare interrompendo in tal modo il lavoro di circa 450 esperti: da sempre precari e sottopagati, per 35 anni, abbiamo dato dignità e risposte al disagio della popolazione detenuta. Oggi siamo ripagati con l’estromissione". "Un appello lanciamo al Ministro della Giustizia, Andrea Orlando - a cui abbiamo chiesto un incontro urgente - e a quanti ritengono utile la nostra esperienza, concludono Bruni e Palma: si fermi immediatamente - ed è un intervento a costo zero - l’espulsione dei criminologi e degli psicologi penitenziari. Non si avalli quanta operazione in corso all’interno delle carceri italiane e che va a tutto danno dei detenuti. Chiederemo tutto ciò al Ministro Orlando e lo faremo anche nel corso di una manifestazione prevista per martedì prossimo 18 marzo, alle ore 10.30, a Roma, in Piazza Cairoli, nei pressi del Ministero della Giustizia". Giustizia: a Palazzo Chigi spunta l’incarico per Gratteri, lavorerà a ddl su antimafia e riciclaggio di Giovanni Bianconi Corriere della Sera, 14 marzo 2014 Sul tavolo anche l’ipotesi di riforma del codice di procedura penale. Non è diventato ministro della Giustizia perché il suo nome è stato depennato al Quirinale, ma rischia di essere percepito come una sorta di ministro-ombra. Al di là delle buone intenzioni con cui ha messo la propria esperienza a disposizione del governo. Dopo la mancata nomina a Guardasigilli, Matteo Renzi ha continuato a inseguire il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri (anche attraverso pubblici annunci) per attribuirgli un ruolo, e finalmente l’incarico sembra arrivato: al magistrato anti ‘ndrangheta è stato affidato il compito trasformare in disegno di legge le corpose conclusioni della commissione sull’antimafia e antiriciclaggio di cui aveva fatto parte durante il governo Letta. Gratteri ha già cominciato a contattare e reclutare colleghi e altri operatori del settore da mettere intorno a un tavolo; con l’idea di estendere le proposte a più ampie riforme del codice di procedura penale. Ma il ministro Andrea Orlando, informato dell’iniziativa a decisioni prese, uno studio per la riforma delle regole del processo ce l’ha già pronto. È quello predisposto dall’apposito gruppo di lavoro istituto nemmeno un anno fa dall’ex Guardasigilli Annamaria Cancellieri, presieduto dal presidente della Corte d’appello di Milano Giovanni Canzio, che ha lavorato di pari passo con la commissione sul contrasto alla criminalità organizzata guidata dal professor Giovanni Fiandaca. Ne sono scaturite due articolate relazioni, consegnate tra fine 2013 e inizio 2014, alla base di disegni di legge elaborati o in via di preparazione negli uffici di via Arenula, che Orlando conta di riprendere in mano. Ora però c’è l’incarico a Gratteri voluto da Palazzo Chigi, dove il pm calabrese ha incontrato la scorsa settimana il sottosegretario Delrio. Una situazione che potrebbe creare qualche difficoltà, se non altro a livello "diplomatico". Nei suoi interventi pubblici Gratteri ha sempre parlato della necessità di riformare il codice di procedura: per lui è una delle "quattro mosse" (insieme alla riforma del codice penale, dell’ordinamento penitenziario e della scuola; non proprio una passeggiata) per sconfiggere la ‘ndrangheta e guarire la giustizia malata. Secondo un’impostazione che suona molto "renziana". In particolare il procuratore aggiunto ha insistito spesso sulla necessità di modernizzare i riti, adottando le notifiche via posta elettronica e altri accorgimenti "per evitare che si continui andare in udienza con i faldoni gonfi di carte: la parola d’ordine è informatizzare, e per fare ciò basta modificare il comma di un’articolo di legge". Frasi che non possono non piacere al giovane premier. Come quando lo stesso Gratteri propose le videoconferenze per gli imputati detenuti, in modo da evitare le costose e pericolose traduzioni dal carcere, che Renzi rilanciò con un famoso tweet dopo la sanguinosa evasione del boss Nino Cutrì. Probabile che tra i punti qualificanti del nuovo incarico ci sia l’ipotesi di estendere le videoconferenze, oggi previste per i detenuti al 41 bis e le deposizioni dei "pentiti", che però pone qualche problema in relazione al diritto di difesa, e non piacerà agli avvocati. Rappresentati nella commissione Canzio dal presidente delle Camere penali Spigarelli, e con i quali il ministro Orlando sta provando a ricucire i rapporti che negli ultimi tempi non sono stati idilliaci. Giustizia: Cassazione; no al carcere per reato "diffamazione a mezzo stampa", tranne casi gravi di Patrizia Maciocchi Il Sole 24 Ore, 14 marzo 2014 Non va compromesso il ruolo di "cani da guardia" svolto dai cronisti. "Gravi attacchi alla categoria da parte di movimenti politici". Non si può punire il giornalista per diffamazione con il carcere. A meno che il reato non sia di particolare gravità. La Corte di Cassazione, con la sentenza 12203 depositata ieri, si allinea, all’orientamento della Corte europea dei diritti dell’Uomo che, Convenzione alla mano, esige l’esistenza di circostanze eccezionali per sostituire la multa con la detenzione, sia pure con la sospensione condizionale. Secondo il principio affermato dalla Ce-du, a cui la Cassazione aderisce, una diversa conclusione rischierebbe di compromettere il ruolo di "cani da guardia" svolto dai giornalisti che hanno il diritto-dovere di informare il pubblico su questioni di interesse generale. La tutela della libertà di stampa è più che mai necessaria, secondo la Cassazione, in un momento in cui i giornalisti "sono oggetto di gravi ed ingiustificati attacchi da parte di movimenti politici proprio al fine di limitare la loro funzione". La libertà di espressione costituisce un valore garantito anche dell’ordinamento interno attraverso la tutela Costituzionale (articolo 21). I giudici chiamati a valutare la condotta del giornalista che va oltre i limiti del diritto di cronaca o di critica devono dunque tenere presente "l’insostituibile funzione informativa esercitata dalla categoria". Senza contare che anche il legislatore italiano è orientato a ridimensionare le pene per la diffamazione a mezzo stampa. La Cassazione, seguendo la strada segnata da Strasburgo, ha dunque annullato la sentenza con la quale venivano condannati a sei mesi di carcere, sospesi per effetto della condizionale, il redattore e il direttore di un quotidiano locale, per aver offeso la reputazione dei due militari, attribuendogli un furto ai danni di un commilitone, senza dare poi la notizia dell’archiviazione del procedimento a loro carico. Per la Cassazione redattore e direttore avevano però delle attenuanti, riconosciute anche dalla Corte d’Appello, che aveva ridotto a sei mesi la pena detentiva e tagliato il risarcimento, deciso in prima istanza. I due militari erano effettivamente indagati e l’esito delle perquisizioni nei loro armadietti era stato dato come positivo, salvo poi scoprire che i derubati non avevano riconosciuto gli oggetti ritrovati come appartenenti a loro. I giornalisti si erano inoltre limitati a indicare gli indagati con le iniziali, rendendoli riconoscibili solo da un ristretto numero di persone. Il reato andava considerato meno grave anche per la limitata diffusione del giornale. La Cassazione annulla la sentenza impugnata e rinvia comunque alla Corte d’Appello perché riveda la pena, invitandola ad escludere la detenzione, non giustificata neppure dalla mancata pubblicazione della notizia dell’archiviazione. Per il segretario della Federazione nazionale della Stampa, Franco Siddi, la sentenza della Cassazione è un monito al Parlamento e pone la giurisprudenza italiana nettamente più avanti rispetto alla legislazione. Siddi coglie l’occasione per chiedere di tagliare i tempi di approvazione della legge di riforma della diffamazione a mezzo stampa, che prevede l’abolizione del carcere. Ma non solo, per il segretario della Fnsi è necessaria anche "una riforma complessiva a sostegno del diritto di cronaca e della responsabilità dell’informazione che, comunque, con successivo processo legislativo, in pochi mesi può e deve essere varata". Per Siddi la sentenza della Cassazione va tenuta bene a mente da tutti poteri e, soprattutto da chi ritiene di dover introdurre censure, addirittura per via amministrativa. Toscana: Garante dei detenuti Corleone, edifici senza agibilità, abbattere burocrazia pachiderma www.gonews.it, 14 marzo 2014 "Problemi di agibilità fisica per molte strutture carcerarie toscane dove, seppur in presenza di risorse economiche, non si è capaci di realizzare nemmeno interventi di edilizia minima". Questo l’aspetto che spicca su tutti nel bilancio presentato, questa mattina, ai giornalisti dal garante regionale dei diritti delle persone detenute della Toscana Franco Corleone, dopo aver visitato diverse case circondariali della Toscana. Corleone ha evidenziato, soprattutto, la "scarsa efficacia nella gestione delle risorse per l’edilizia carceraria". "Occorre - ha detto il garante - un cambio di passo, l’amministrazione penitenziaria è come un pachiderma che non si rende conto della gravità della situazione, è una macchina che ansima. La Toscana potrebbe diventare un buon esempio perché ci sono progetti che funzionano come il teatro a Volterra o i libri scritti dalle donne a Sollicciano". Le situazioni più gravi presentate dal garante sono ad Arezzo e a Livorno. Ad Arezzo un "carcere funzionante - ha detto - è stato chiuso nel 2010 per un progetto di ristrutturazione demenziale che prevedeva lavori al primo e secondo piano e non al piano terra, un progetto che non è mai stato terminato. I lavori sono iniziati giusto per rendere la struttura inagibile, poi tutto è stato abbandonato al degrado". "A Livorno, invece - ha proseguito Corleone - c’è un nuovo padiglione chiuso che non può essere utilizzato perché manca di collaudo". Corleone ha ricordato che per Sollicciano ci sarebbero i soldi per attivare la seconda cucina e per i lavori per i servizi igienici femminili ma "non si capisce perché - ha detto - queste opere non vengano realizzate". Criticità diffuse anche nella struttura di Grosseto sia perché il "carcere è piccolo ed angusto sia perché mancano un’area verde e spazi comuni per le attività sia per la presenza, per motivi di sicurezza, di troppe grate che compromettono la veduta dei detenuti". Problemi anche nel carcere di Lucca dove almeno parte di una sezione attualmente chiusa potrebbe essere ristrutturata per aumentare la capienza dell’istituto. A Massa è "urgente la riapertura di una sezione detentiva chiusa ormai da oltre un decennio. La struttura - ha aggiunto il garante- è stata consegnata, ha superato il collaudo nel 2012 ma per essere riaperta necessita ancora di lavori". La casa circondariale di Pisa presenta "condizioni generali mediocri e sono necessari diversi lavori come nella sala colloqui". "Struttura con ridotti spazi comuni e celle sovraffollate", è stata definita quella di Pistoia dove sarebbe utile "attivare gli spazi resi disponibili dal vicino convento ad uso semilibertà o per altri fini". Un "quadro preoccupante" quello delineato da Corleone, "ma - ha detto - ci sono molte cose possibili da fare subito. Abbiamo scritto ai dipartimenti e ai provveditori facendo presente che la situazione va sanata. Ci siamo dati tempo fino a Pasqua per vedere se qualcosa succede, altrimenti apriremo un forte contenzioso". Fino al punto - ha spiegato Corleone - "di mettere in pratica il blocco della vita dei penitenziari". Al 28 febbraio il numero dei detenuti nei nostri istituti è di 3.774 (di cui 143 donne e 1.970 stranieri) a fronte di una capienza totale regolamentare di 3299. Il tasso di affollamento medio nella regione è del 114% ma la realtà cambia da istituto ad istituto. Le realtà più affollate sono Pistoia (189%), Sollicciano (167%) e Prato (144%). Le meno affollate Arezzo (34%) e Livorno (53%) ed in entrambi i casi si tratta di istituti in ristrutturazione, la cui capienza effettiva è molto inferiore a quella ufficiale. Aspettiamo fino a Pasqua poi il via ad agitazioni "Ho scritto al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e al Provveditorato per chiedere un crono-programma degli interventi per sanare la situazione di agibilità delle carceri toscane. Se non ci saranno risposte adeguate entro Pasqua passeremo alle vie di fatto e apriremo un contenzioso forte", arrivando anche a iniziative come "un blocco della vita delle carceri con uno sciopero". Lo ha detto il garante toscano dei detenuti Franco Corleone, illustrando oggi la situazione carceraria a conclusione di una serie di visite nei penitenziari della regione. "Potremmo verificare come fare questo sciopero - ha spiegato - insieme ad avvocati, volontari e detenuti, per porre fine a questa situazione. Diamo tempo fino a Pasqua per avere una risposta seria". Il garante ha spiegato che molte strutture carcerarie toscane presentano problemi di agibilità fisica e, seppur in presenza di risorse economiche, non si è capaci di realizzare nemmeno interventi di edilizia minima. C’è una "scarsa efficacia nella gestione delle risorse per l’edilizia carceraria. Occorre un cambio di passo, l’amministrazione penitenziaria è come un pachiderma che non si rende conto della gravità della situazione, è una macchina che ansima". Le situazioni più gravi, ha ricordato, sono ad Arezzo e a Livorno. Al 28 febbraio il numero dei detenuti negli istituti toscani era di 3774 (di cui 143 donne e 1970 stranieri) a fronte di una capienza totale regolamentare di 3299 con un tasso di affollamento medio del 114%. Le realtà più affollate sono Pistoia (189%), Sollicciano (167%) e Prato (144%). Toscana: Garante dei detenuti Corleone; basta proroghe, l’Opg Montelupo si può chiudere subito www.gonews.it, 14 marzo 2014 Il Garante: "Avviare il processo di rientro degli internati non toscani verso le regioni di appartenenza" 13 marzo 2014 14:50 dalla Regione Toscana L’Opg di Montelupo Fiorentino L’Opg di Montelupo Fiorentino "L’Opg di Montelupo deve essere chiuso senza ulteriori proroghe. Per la Toscana ci sono le condizioni, bisogna avviare da subito il processo di rientro degli internati non toscani verso le regioni di appartenenza". Questa la strada indicata dal garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Franco Corleone, questa mattina durante la presentazione del suo ‘viaggiò negli istituti penitenziari della regione. "Per i 40 internati rimasti - ha aggiunto il garante - non sarebbe difficile trovare strutture alternative adeguate e dopo la chiusura dell’Opg sarà possibile la destinazione della sola sezione III a custodia attenuata da 80-100 posti". Corleone ha spiegato che in questa realtà permane una situazione di incertezza che deriva dalla mancata applicazione della legge che prevede il superamento dell’Opg attraverso la creazione di piccole strutture terapeutiche territoriali. Auspico che il Parlamento non approvi alcuna proroga alla scadenza prevista dalla legge per la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. Sarebbe un grave errore e verrebbe interpretata come una opportunità per non chiudere mai queste strutture". Toscana: il Consigliere regionale Brogi (Pd); al sistema penitenziario manca l’aria Adnkronos, 14 marzo 2014 "Questa non è la rappresentazione drammatica della realtà, questa è la realtà. E su tutta questa situazione dobbiamo poter scrivere una volta per tutte la parola fine. Per il sistema carcerario non solo toscano, ma di tutto il Paese, deve iniziare una nuova storia. Non posso che condividere l’appello lanciato dal garante dei detenuti, Franco Corleone, affinché arrivino quanto prima risposte certe e un programma con interventi precisi per gli istituti toscani. Mancano spazi, manca la manutenzione delle strutture, manca il personale, manca un progetto che funzioni per il reinserimento dei detenuti nella società: manca l’aria, verrebbe da dire". È quanto dichiara Enzo Brogi, consigliere regionale Pd, a seguito dell’appello lanciato oggi dal garante dei detenuti della Toscana, Franco Corleone. "Le strutture sono fatiscenti, il sovraffollamento è altissimo, e di conseguenza anche il sistema igienico-sanitario fa acqua da tutte le parti. Il piano della Toscana sui percorsi alternativi per i tossicodipendenti - ricorda Brogi - è sicuramente importante, e anche a livello nazionale si sono fatti dei passi in avanti. Ma purtroppo a fronte della gravità della situazione questi interventi evidentemente non bastano". "Per quanto riguarda gli Ospedali psichiatrici giudiziari, da tempo chiedo che sia la nostra Regione a dare il buon esempio e a fare da apripista nel superare queste strutture così inadeguate. Prorogare tale decisione sarebbe grave: un segnale sbagliato. Sono convinto che la Toscana sull’Opg di Montelupo Fiorentino saprà dare le risposte necessarie", conclude Brogi. Emilia Romagna: Sappe; mancano 600 agenti penitenziari… ma non previste nuove assunzioni Ansa, 14 marzo 2014 Nel 2013 nelle carceri dell’Emilia-Romagna ci sono stati 811 gesti di autolesionismo da parte di detenuti (25 a Ferrara, 79 a Rimini, 72 a Reggio Emilia, 7 a Ravenna, 235 a Piacenza, 102 a Parma, 7 a Forlì, 5 a Castelfranco Emilia, 171 a Bologna, 108 a Modena), 126 tentativi di suicidio (6 a Ferrara, 6 a Rimini, 19 a Reggio Emilia, 1 a Ravenna, 36 a Piacenza, 17 a Parma, 4 a Forlì, 1 a Castelfranco, 10 a Bologna, 26 a Modena). Nove i decessi per cause naturali (1 a Ferrara, 4 a Reggio Emilia, 2 a Parma, 1 a Castelfranco, 1 a Bologna), 110 ferimenti, 288 colluttazioni. I dati li hanno forniti Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe, e Francesco Campobasso, il segretario regionale. I sindacalisti hanno anche sottolineato le 126 vite salvate in carcere dalla polizia penitenziaria, "nonostante le gravi carenze di personale di polizia penitenziaria". In regione infatti, hanno ricordato, mancano circa 600 unità delle circa 7.000 che mancano complessivamente a livello nazionale, "ma nonostante ciò la recente legge di stabilità non ha previsto alcuna assunzione straordinaria per la polizia penitenziaria, al contrario di quanto è stato correttamente fatto per le altre Forze di polizia: 1.000 carabinieri, 1.000 poliziotti e 600 finanzieri". Emilia Romagna: Sappe; autolesionismo e tentati suicidi, la "maglia nera" al carcere di Piacenza Ansa, 14 marzo 2014 235 gesti di autolesionismo e 36 casi di tentato suicidio. È il primato, decisamente poco confortante, del carcere delle Novate di Piacenza. A fornire numeri e dati dell’Emilia Romagna sono Giovanni Battista Durante e Francesco Campobasso, rispettivamente segretario generale aggiunto e segretario regionale del Sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria, il Sappe. 811 i gesti di autolesionismo e 126 i casi di tentato suicidio verificatisi nelle carceri dell’Emilia Romagna nel corso del 2013. I numeri più alti, come detto, si sono registrati nel carcere della nostra città; per quanto riguarda le altre strutture della regione, 25 i gesti di autolesionismo a Ferrara, 79 a Rimini, 72 a Reggio Emilia, 7 a Ravenna e a Forlì, 102 a Parma, 5 a Castelfranco Emilia, 171 a Bologna, 108 a Modena. Per quanto riguarda i tentati suicidi, i casi nel 2013 sono stati 6 a Ferrara e di Rimini, 19 a Reggio Emilia, 17 a Parma, 4 a Forlì, 10 a Bologna, 26 a Modena, oltre ai casi singoli a Ravenna e Castelfranco. 126 vite salvate in carcere dalla polizia penitenziaria, nonostante le denunciate gravi carenze di personale. In regione infatti, ricorda il sindacato, mancano circa 600 unità delle circa 7.000 che mancano complessivamente a livello nazionale; nonostante ciò la recente legge di stabilità non ha previsto alcuna assunzione straordinaria per la polizia penitenziaria, al contrario di quanto è stato correttamente fatto per le altre Forze di polizia: 1.000 carabinieri, 1.000 poliziotti e 600 finanzieri". Calabria: Sappe; 4 detenuti suicidi, 4 decessi naturali, 17 ferimenti e 39 colluttazioni nel 2013 Ansa, 14 marzo 2014 Nel corso del 2013, in Calabria ci sono stati, da parte dei detenuti, 96 gesti di autolesionismo (19 a Paola, 13 a Cosenza, 11 a Rossano, 8 a Reggio Calabria, 2 a Palmi, 1 a Crotone, 23 a Catanzaro, 15 a Castrovillari, 4 a Locri), 27 tentativi di suicidio (3 a Paola, 2 a Cosenza, 3 a Vibo Valenzia, 2 a Rossano, 8 a Reggio Calabria, 4 a Catanzaro, 5 a Castrovillari), 4 suicidi (1 a Rossano, 1 a Reggio Calabria, 2 a Catanzaro, 2 a Castrovillari), 4 decessi per cause naturali, 17 ferimenti e 39 colluttazioni. Lo affermano, in una nota, Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe e Damiano Bellucci, segretario regionale. "Da sottolineare - proseguono - le 27 vite salvate in carcere dalla polizia penitenziaria, nonostante le forti carenze di personale. Ci sono istituti come Palmi dove il personale di polizia penitenziaria deve fruire di circa 10.000 giornate di ferie, dal 2007 ad oggi". "Di questa situazione - afferma Donato Capece, segretario generale del Sappe - ieri abbiamo parlato con il vice capo vicario del Dipartimento amministrazione penitenziaria, Luigi Pagano, il quale ci ha rassicurati che le ferie ed I riposi al personale di polizia penitenziaria saranno presto riconosciuti. Attendiamo fiduciosi, in caso contrario presto ci faremo sentire, anche con iniziative di protesta". Bari: i familiari di Carlo Saturno chiedono 750mila euro per violenze subite nel carcere minorile di Nazareno Dinoi La Voce Di Manduria, 14 marzo 2014 La prescrizione del processo penale non accontenta i familiari di Carlo Saturno che si sono rivolti alla giustizia civile per un risarcimento pari 750 mila euro. La vicenda è quella del 23enne manduriano trovato impiccato due ani fa nella sua cella del carcere di Bari dopo un violento litigio avuto con due poliziotti penitenziari. Per quella morte la Procura barese sta ancora indagando. La questione di cui si deve occupare la giustizia civile salentina riguarda invece il periodo in cui Saturno è stato recluso nel carcere minorile di Lecce. Lì, secondo un’altra inchiesta confluita in un lungo processo finito con la prescrizione dei reati contestati a nove agenti di polizia penitenziaria, sia Saturno che altri piccoli detenuti avrebbero subito delle violenze da parte della guardie. Per questo ora due fratelli di Carlo Saturno, assistiti dall’avvocatessa leccese Tania Rizzo, hanno presentato il conto per il danno subito dal loro congiunto quantificandolo in 750 mila euro, 250mila a carico dei poliziotti e 500 del Ministero della Giustizia. Lo sfortunato giovane un anno prima della sua morte aveva deposto per due volte, nel processo penale a carico degli agenti del minorile confermando coraggiosamente le presunte violenze subite. Oristano: protesta dei detenuti AS, chiedono più ore d’aria e attività culturali, sportive e di vago La Nuova Sardegna, 14 marzo 2014 È durata una decina di minuti la nuova protesta dei detenuti di Massama. Ieri mattina urla e fischi sono stati accompagnati dai rumori di pentole e tegami sbattuti contro le sbarre delle celle. Era già accaduto alcune settimane fa. Questa volta però, i detenuti non hanno rifiutato il cibo. La protesta è stata messa in atto da una piccola parte dei detenuti di mafia e camorra rinchiusi da gennaio nel nuovo carcere di Massama. Una protesta partita tra le 10 e le 11, che è stata sentita chiaramente da diverse persone che si trovavano sulla provinciale che collega Massama con Siamaggiore, nel tratto che si affaccia sulla Casa circondariale. I detenuti protestano contro il trasferimento in Sardegna, che impedisce o rende comunque molto difficile e costoso ogni contatto con le famiglie. Ma in particolare contestano le poche ore d’aria previste dalla legge e la mancanza di attività culturali, sportive e di vago. La direzione del carcere ha negato che ci siano state nuove proteste da parte dei detenuti. Lecce: con gli "Ombrelli parlanti" i detenuti aiutano Serena di Ambra Notari Redattore Sociale, 14 marzo 2014 Serena è una bimba con un grave ritardo mentale: non legge, non scrive, non parla. La mamma ha provato a decifrare i suoi pensieri: sono nati così gli Ombrelli parlanti di Serena, ombrelli con stampate frasi d’amore e di felicità prodotti dai detenuti del carcere di Lecce. "Sin da bambina ero convinta che anche l’oggetto apparentemente più insignificante in realtà custodisse un segreto. Io volevo sentirlo". Il ricordo è quello di Antonia Chiara Scardicchio, docente al Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Foggia, autrice del libro "Madri. Voglio vederti danzare" e, soprattutto, mamma di Serena, una bambina con un ritardo mentale con tratti autistici. Da quel desiderio cullato sin da piccola, sono nati gli "Ombrelli parlanti di Serena": ombrelli con un messaggio di speranza o felicità stampato sopra, con un preciso intento: "Andare sotto la pioggia, ma carichi di sole". Gli ombrelli sono realizzati dai detenuti del carcere di Lecce grazie alla Cooperativa Piano di fuga, che ha acquistato loro un plotter (una specie di stampante) per imparare a colorare la pioggia. Dallo scorso novembre, quando l’attività è stata avviata, ne sono state vendute diverse centinaia. Ogni ombrello è realizzato su richiesta, si possono scegliere frase e colore: arrivano a casa accompagnati da un foglietto che ne descrive la filosofia. Il committente decide cosa fare dire al suo ombrello, e può scegliere tra 13 frasi: "Cosa importa se fuori piove se dentro ho tanto sole?"; "Anche se qui piove, da qualche altra parte brilla il sole"; "Se non ci fosse la pioggia, non ci sarebbero arcobaleni nelle pozzanghere"; "Un uomo lo si misura da come passa attraverso la pioggia", sono solo alcuni esempi. Gli Ombrelli parlanti sono nati nel 2009: "Un temporale interiore. Pioggia dentro, battente. Decisi che volevo trasformare quella pioggia come Serena aveva trasformato per me il silenzio", racconta Chiara. Serena oggi ha 10 anni: "Quando arrivò, non vedeva l’ora che cominciasse a parlare. Avevo comprato tanti libri di fiabe, sognavo ore di chiacchiere tra donne. Arrivò solo una parola, 5 anni dopo. E poi un’altra, per un totale di 2. Oggi Serena dice solo mamma e papà". Serena non legge né scrive, non parla nemmeno: "Tutta la vita a cercare e costruire parole, e un bel giorno le perdi tutte. Silenzio obbligato, violento, come uno schiaffo che ti chiude la bocca e anche le orecchie. Fu così che non sentii più nulla, nemmeno la musica. Credevo sarei impazzita. Mi sbagliavo. Ricominciai il gioco che facevo da bambina, quando non sapevo né leggere né scrivere ma cercavo il messaggio in tutte le cose. Perché senza parole si può imparare a parlare. Ad ascoltare". Gli Ombrelli parlanti provano a scoprire il "sole dentro" che, secondo Chiara, non è la condizione di chi sorride alla vita nell’innocenza e nell’incoscienza, di chi non conosce tormento o dolore: "Sappiamo bene che le parole non bastano e non bastano gli ombrelli, ma abbiamo bisogno delle une e degli altri. Per ricordare, per fare memoria della pioggia che abbiamo attraversato". Il messaggio della mamma di Serena va oltre l’esperienza personale e si apre ai detenuti che, praticamente a titolo gratuito, lavorano al progetto. Perché la storia di un Ombrello parlante è quella di Serena, ma è anche la loro. "Lavorare nella cooperativa riempie le mie giornate e mi dà uno spunto da raccontare quando incontro la mia famiglia. Sento che sto creando qualcosa, qualcosa che in passato avevo distrutto", racconta un detenuto. "Per me questo progetto è un angolo di evasione - sorride un altro ragazzo - Ci consente di uscire dalle celle: in questo senso siamo dei privilegiati. E poi è la dimostrazione che anche noi sappiamo fare qualcosa, che magari un domani potrebbe tornarci utile. Soprattutto, mi piace aiutare Serena: come dice sempre Chiara, chi compra un ombrello non compra un oggetto, ma un progetto". Il ricavato, pagate le spese, è diviso tra i detenuti, la cooperativa ma, soprattutto, è dedicato al pagamento dell’insegnante di sostegno di Serena perché alla sua scuola, da quest’anno, non è più riconosciuto il contributo per il sostegno della piccola. "Tra il sostegno scolastico e la terapia pomeridiana, le spese sono pesanti. Ma io continuo a credere nel mio sogno: un mondo pieno di ombrelli in cui chiunque può indossare quello che più gli assomiglia. Perché il dolore non può avere l’ultima parola, al massimo la penultima". Per prenotare un Ombrello parlante basta mandare una mail a pianodifuga@libero.it. Modena: Sappe; carcere di Sant’Anna, detenuto dà in escandescenze e distrugge la cella www.modenatoday.it, 14 marzo 2014 Un uomo ha distrutto i suppellettili della cella più volte e nella giornata di oggi ha ripetutamente sputato in faccia ad un agente. La denuncia del Sappe: "Il carcere non può trattare soggetti con problemi psichiatrici". Un detenuto extracomunitario ristretto nel carcere di Modena ha distrutto i suppellettili della cella più volte e nella giornata di oggi ha ripetutamente sputato in faccia ad un agente, il quale si è recato In ospedale per accertamenti dato che alcune gocce di saliva gli sono andate in bocca. A segnalare l’episodio sono Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe e Francesco Campobasso, segretario regionale del sindacato di polizia penitenziaria. Sabato scorso, per lo stesso detenuto, erano stati disposti dal giudice gli arresti domiciliari, con applicazione del braccialetto elettronico, ma, poiché ha provato a commettere gesti violenti, è stato riaccompagnato in carcere. Stando a quanto riportato dai sindacalisti, si tratterebbe di un soggetto con probabili problematiche di carattere psichiatrico che, forse, non possono essere gestite in carcere. Nel corso del 2013, in Emilia Romagna, ricordano Durante e Campobasso ci sono stati, da parte dei detenuti, 811 gesti di autolesionismo di cui 108 commessi a Modena, 126 tentativi di suicidio (1 a Castelfranco e 26 a Modena), 9 decessi per cause naturali (1 a Castelfranco), 110 ferimenti, 288 colluttazioni. "Da sottolineare - ricordano i sindacalisti del Sappe - le 126 vite salvate in carcere dalla polizia penitenziaria, nonostante le gravi carenze di personale di polizia penitenziaria. In Emilia Romagna mancano circa 600 unità. A livello nazionale mancano 7000 unità, ma nonostante ciò la recente legge di stabilità non ha previsto alcuna assunzione straordinaria per la polizia penitenziaria, al contrario di quanto è stato correttamente fatto per le altre Forze di polizia: 1000 carabinieri, 1000 poliziotti e 600 finanzieri". Pozzuoli (Na): presentazione del libro "Fine pena mai", una raccolta di lettere e storie di detenuti Agi, 14 marzo 2014 Educare alla legalità, stabilendo un ponte con chi sta in carcere e l’esterno: un tema di confronto per rappresentanti del mondo carcerario, istituzioni, Chiesa e studenti nella casa circondariale femminile di Pozzuoli, nel Napoletano. Pretesto dell’incontro, la presentazione del libro "Fine pena mai", una raccolta di lettere e storie di detenuti, "non delinquenti semplici, ma ergastolani che hanno avuto a che fare con la mafia", spiega una delle autrici, Tina Cioffo, giornalista, che lo ha scritto insieme ad Alessandra Tommasino e Francesco Diana. "Cosa è veramente il carcere? È una delle prime domande alle quali abbiamo pensato di dare una risposta, interrogando chi dietro le sbarre ci vive ogni giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Ce lo siamo chiesto per interrogare innanzitutto noi stessi, la società libera che non può esimersi dal costruire un ponte di conoscenza che da fuori ci porti dentro quelle celle", spiega. All’iniziativa, organizzata dal presidio di Libera Campi Flegrei, dedicato a Daniele Del Core, vittima innocente della criminalità, hanno partecipato anche il magistrato della Dda di Napoli Cesare Sirignano, e Bruno Vallefuoco, referente per la memoria nazionale e territoriale di Libera. "La detenzione carceraria è un argomento molto delicato - evidenzia Sirignano - al centro dell’attenzione della politica e della magistratura, con problematiche diverse, ma che deve necessariamente costituire un momento di confronto da parte di tutti per favorire una inversione di marcia". Fermo restando la pena, "devono valere anche i diritti dei detenuti, nel rispetto delle vittime. Massa Marittima (Gr): "L’Arte dentro... dentro l’Arte", le porte del carcere aperte alla musica Il Tirreno, 14 marzo 2014 Le porte del carcere di Massa Marittima si sono aperte per far entrare la musica. L’idea è nata in relazione alla mostra "L’Arte dentro... dentro l’Arte", ed ha visto gli alunni della classe 3ª A ad indirizzo musicale della scuola media istituto comprensivo Follonica 1 fare il loro ingresso nella casa circondariale di Massa Marittima, accompagnati dai docenti di strumento Ivan Calò, Luigi D’Alicandro, Augusto Lanzini, Bonizzella Meossi, dall’insegnante di lettere Serenella Lami e dalla vicaria dell’istituto dottoressa Monica Paggetti. La giovane orchestra ha suonato di fronte ad un attento e partecipe gruppo di detenuti, portando un piacevole diversivo alla monotonia del quotidiano e dando una nota di allegria all’austerità del luogo. Al termine, uno scambio di domande e risposte fra i ragazzi ed i detenuti, con gli allievi che hanno raccolto emozioni e testimonianze di un giorno di scuola diverso dal solito. "Oggi ho aperto una porta della mia vita dalla quale non avevo mai sbirciato - dice Francesca - suonare per i detenuti è stato emozionante ma non quanto rivolgergli domande sulla loro vita, prima e dopo l’entrata in carcere". "Questa esperienza mi ha arricchito più di qualsiasi ora di lezione perché mi ha fatto riflettere" sostiene invece Gabriele. "Sono entrata con gli occhi chiusi e sono uscita con gli occhi aperti". Tantissimi insomma i flash che i ragazzi hanno voluto condividere con gli altri compagni ed i docenti, basati sulla importanza del rispetto delle regole, sul come spesso si capisca l’importanza delle cose solo dopo averle perse. Treviso: ecco "Prison", il rap dietro alle sbarre scritto dai detenuti di Santa Bona La Tribuna di Treviso, 14 marzo 2014 Si intitola "Prison" e contiene venti brani realizzati dai detenuti della casa circondariale di Santa Bona a Treviso. Sotto la guida della professoressa Sabrina Donò, insegnante di lettere della scuola interna all’istituto di pena, un gruppo di detenuti ha scelto di affidare alla musica le proprie emozioni, le storie e le speranze di vita. Lo hanno fatto con lo stile più diretto, quello dell’hip hop, un genere che si è sviluppato dagli anni 80 nella comunità afroamericana di New York fino a diventare oggi un mezzo espressivo di portata globale. Per "rappare" basta avere un microfono in mano, qualcosa dire, una buona base ritmica e tanta voglia di mettersi in gioco, cosa che di certo a questi detenuti non è mancata. Il titolo del disco sembra un implicito omaggio alla pioneristica esperienza del live "At Folsom Prison" di Johnny Cash del 1968. Il cd è stato realizzato con l’aiuto di un tecnico audio detenuto nel carcere trevigiano, e sarà presentato al Santa Bona venerdì 21 marzo alle ore 12. Matteo Marcon Palermo: i detenuti dell’Ipm "Malaspina" a lezione di educazione bancaria con l’Unicredit Italpress, 14 marzo 2014 Si è svoto questa mattina un incontro formativo con alcuni ragazzi detenuti nel Carcere minorile Malaspina di Palermo nell’ambito di "In-formati", il programma formativo di UniCredit volto ad accrescere la capacità dei cittadini di realizzare scelte economiche consapevoli e sostenibili. Per UniCredit interverranno Laura Fortunato e Fabio Vazzana. Il modulo formativo proposto per l’incontro di domani è denominato "Guadagniamo il futuro" ed è stato elaborato a livello nazionale da UniCredit insieme alle associazioni dei consumatori Adiconsum, Federconsumatori e Movimento Difesa del Cittadino con l’obiettivo di promuovere nella società e nelle giovani generazioni l’uso responsabile del denaro. Vercelli: ex direttore carcere sotto processo per peculato, il pm chiede condanna a 3 anni e mezzo La Stampa, 14 marzo 2014 Antonino Raineri è accusato di peculato, abuso di ufficio e maltrattamenti. Il pm ha ricostruito il "sistema" all’interno del Billiemme. Tre anni e sei mesi di reclusione. È la pena chiesta dal pubblico ministero Pier Luigi Pianta per Antonino Raineri, l’ex direttore del carcere di Vercelli accusato di peculato, abuso d’ufficio e maltrattamenti. Per gli altri cinque imputati sono state avanzate diverse richieste di pena: 3 anni per Mario Corvino, 2 anni e 6 mesi per Alberto Pili, 2 anni e 3 mesi per Robertino Pisanu, 2 anni per Davide Straullu e Filippo Calandra. Tutti gli imputati sono difesi dagli avvocati Roberto Rossi e Roberto Scheda. Durante la requisitoria, Pianta ha ricostruito il "sistema" che esisteva all’interno del Biliemme, in cui i detenuti si lamentavano per la scarsità di cibo, ma dove esisteva un deposito attiguo alla cucina pieno di scatolame, confezioni di latte, tonno e pane. Un magazzino definito dal pm "improprio", mai autorizzato, ma del quale Raineri ne era a conoscenza. Droghe: legge Fini-Giovanardi, il ministro Lorenzin tenta il colpo di mano di Anna Tarquini L’Unità, 14 marzo 2014 Oggi in Cdm la ministra della Salute proverà a reintrodurre le "tabelle". Scontro con Orlando. Colpo di mano per "ripristinare" la legge Fini Giovanardi sulle droghe appena dichiarata incostituzionale dalla Consulta? È quello che potrebbe accadere questa mattina nel Consiglio dei ministri convocato per le 10 e 30 con all’ordine del giorno l’esame di "Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza". Alla base c’è lo scontro aperto tra Beatrice Lorenzin e Andrea Orlando. Il ministro della Salute vuole ripristinare le norme spazzate via dalla Consulta che prevedevano l’equiparazione tra le droghe pesanti e quelle leggere riguardo al consumo e allo spaccio reintroducendo le tabelle; il ministro della Giustizia è invece per una soluzione più ragionata, anche perché l’indicazione dei giudici supremi che hanno bocciato la Fini Giovanardi era motivata anche con la necessità di snellire la popolazione carceraria. Ricordiamo che l’Italia è stata condannata da Strasburgo per le condizioni disumane delle carceri e che lo Stato italiano sarà condannata a pagare una maxi multa per violazione dei diritti umani, se la situazione delle nostre prigioni non verrà sistemata entro il maggio del 2014. Un blitz, che il ministro Lorenzin giustifica così: "È necessario ed urgente diradare le nebbie che da qualche giorno si sono addensate sull’attività di migliaia di operatori sanitari e di pazienti in una materia sulla quale non è possibile non avere certezza disciplinatoria". Spiega la nota del ministero: "La sentenza della Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità della legge Fini Giovanardi esclusivamente per motivi procedurali. E ha determinato in modo automatico la cancellazione dell’intera disciplina amministrativa diretta a regolare, tra l’altro, la detenzione e la dispensazione dei farmaci a base di stupefacenti nonché di quelli utilizzati per la terapia del dolore, con un grave impatto sull’attività dei professionisti sanitari e dei pazienti bisognosi di cure. La pronuncia ha inoltre cancellato le due tabelle contenenti l’elenco delle sostanze stupefacenti, in particolare tutte le nuove droghe sintetiche classificate negli ultimi anni che, allo stato, non possono pertanto essere più considerate tali. Tale situazione è stata posta all’attenzione del ministro della Salute dalle principali categorie di professionisti sanitari e di pazienti, che attendono un intervento urgente da parte del governo". Con lo stop alla Fini-Giovanardi è tornata in vigore la Iervolino-Vassalli, come modificata da referendum del ‘93 che abolì il carcere per l’uso personale e fa scendere la pena massima da 20 a 6 anni. L’effetto immediato della sentenza della Corte Costituzionale sarebbe anche quello di svuotare le carceri italiane dove, da un calcolo approssimativo, i detenuti per spaccio e consumo dono circa il 30%. Le associazioni sono allarmate. "Dopo la recente sentenza che ha dichiarato incostituzionale la legge Fini-Giovanardi - afferma il capogruppo Sel in Commissione Giustizia Daniele Farina - abbiamo ripetutamente chiesto al governo un provvedimento urgente per intervenire sul comma 5 dell’art. 73 sui fatti di lieve entità, modificato per decreto e incongruo rispetto alle norme tornate in essere dopo la Consulta, e di intervenire sulla situazione dei condannati in via definitiva in base alla legge bocciata dalla Consulta". "Oggi il Consiglio del Ministri - prosegue -, avvia l’esame di un decreto-legge che ha come obiettivo la modifica della Legge Fini-Giovanardi. Apprendiamo, però, che il centrodestra di governo, annidato nel ministero della Salute, vorrebbe utilizzarlo per un ritorno alla legge bocciata recentemente dalla Corte Costituzionale. Sarebbe un’inaccettabile riproposizione di posizioni sconfitte dall’esperienza e dalla storia. È incomprensibile come si possano ripresentare politiche che tanti costi e danni hanno provocato e che sono state velocemente abbandonate in numerosi Paesi del mondo. Ci auguriamo, anche dopo la recente decisione del governo di non impugnare la legge regionale abruzzese, che il premier Renzi impedisca questo ritorno al passato". Droghe: Anastasia (Antigone); non si approfitti per riproporre norme contestate dalla Consulta Ansa, 14 marzo 2014 "Non potremo che rallegrarci se il preannunciato intervento del Governo all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri di oggi in materia di stupefacenti dovesse intervenire efficacemente per sanare le questioni urgenti sollevate dalla sentenza della Corte Costituzionale che ha stabilito l’illegittimità della Fini-Giovanardi". Lo dichiara Stefano Anastasia presidente onorario di Antigone, l’Associazione che si batte per i diritti nelle carceri. "Se qualcuno, invece, volesse approfittarne per riproporre surrettiziamente le norme della Fini-Giovanardi - aggiunge Anastasia - non potremmo che contestarne di nuovo la legittimità". "Due settimane fa le associazioni riunite a Genova nella Conferenza nazionale "Sulle orme di Don Gallo" - ricorda - hanno chiesto al Governo di intervenire per decreto a sanare le due questioni urgenti sollevate dalla sentenza della Corte costituzionale: il trattamento penale del reato di ‘lieve entità’, che non riconosce la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti e che dunque punisce troppo severamente la detenzione di piccoli quantitativi di droghe leggere, e la sorte dei condannati sulla base delle pene giudicate incostituzionali dalla Consulta". Gran Bretagna: Radicali; estradizione detenuto in Italia rifiutata, perché nostre carceri inumane Ansa, 14 marzo 2014 "L’ex senatore Marco Perduca, Vice Presidente del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito, mi ha trasmesso la notizia secondo la quale the Royal Court of London ha ieri deciso di non trasferire in Italia un cittadino somalo per scontare una pena detentiva perché ritiene che non sia possibile estradare persone verso paesi che violano l’art. 3 della Convenzione". Lo dice la segretaria radicale Rita Bernardini. "Dopo il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, che il 6 marzo scorso ha espresso "seria preoccupazione" per il modo in cui l’Italia sta affrontando il sovraffollamento carcerario in vista della scadenza del 27 maggio imposta dalla Corte Edu con la sentenza "pilota" dell’8 gennaio 2013 (Torreggiani), ora anche gli stati membri dell’Unione Europea cominciano a denunciare la tortura delle carceri italiane". "Lo scorso mese di novembre - aggiunge - Marco Perduca era stato ascoltato come esperto dai magistrati della Corte londinese proprio nell’ambito del procedimento chiamato a decidere sull’estradizione in Italia di Mr Hayle Abdi Badre. Un’altra umiliazione in ambito europeo che però sembra non scalfire la colpevole inconcludenza del Governo e del Parlamento sull’illegalità della nostra giustizia e delle nostre carceri. Personalmente, e ormai da 14 giorni, proseguo - con Irene Testa, Alessandra e Francesca Terragni e Diego Sabatinelli - lo sciopero della fame nell’ambito di un Satyagraha collettivo che vede coinvolte 979 persone che hanno deciso di scandire i giorni che ci separano dal 27 maggio con quotidiane iniziative nonviolente. Nostra intenzione è quella di sostenere le ragioni, le proposte e le speranze del Messaggio che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha rivolto al Parlamento l’8 ottobre del 2013". Stati Uniti: ministro della Giustizia Holder favorevole a riduzione condanne per reati di droga Tm News, 14 marzo 2014 Ridurre le condanne per spaccio di stupefacenti. È uno dei punti in agenda per la riforma dell’intero sistema penale, voluta dal segretario alla Giustizia, Eric Holder. A gennaio, la United States Sentencing Commission - l’agenzia federale che ha il compito di redigere le linee guida in materia - ha proposto delle modifiche per attenuare la severità delle condanne, in media, di circa un anno, da 62 a 51 mesi. Oggi, Holder testimonierà di fronte alla commissione ed esprimerà il suo assenso. Con il sostegno di numerosi repubblicani in Congresso, Holder sta inoltre facendo pressione per eliminare il limite minimo di pena per reati non violenti connessi agli stupefacenti, che ha causato lunghe detenzioni e, di conseguenza, enormi costi per l’amministrazione. Non a caso, sempre a gennaio, il dipartimento di Giustizia ha incoraggiato i detenuti in carcere per reati non gravi, che scontano lunghe condanne per droga, a chiedere la grazia. Dalla fine degli anni 70, la popolazione carceraria è aumentata a dismisura, diventando la più numerosa al mondo; circa un adulto su cento è in prigione. Nel sistema carcerario federale, che sarebbe interessato dalle riforme, la metà dei 215.000 detenuti (circa il 40% in più della capacità delle carceri) sta scontando una pena per crimini legati agli stupefacenti. Con le modifiche proposte, nei prossimi cinque anni, secondo il governo, la popolazione carceraria dovrebbe ridursi di circa 6.550 unità. "Questa eccessiva dipendenza dalle incarcerazioni non è finanziariamente sostenibile" dirà Holder nella sua testimonianza davanti alla commissione, secondo le anticipazioni del New York Times. "Presuppone - aggiungerà - costi umani e morali impossibili da calcolare". La popolazione carceraria negli Stati Uniti ha raggiunto il picco di più di 1,6 milioni di detenuti nel 2009. Da allora, grazie al numero minore di reati e ai tagli ai budget statali, il numero è diminuito annualmente. La politica della clemenza fa parte dello sforzo dell’amministrazione di porre fine alle discrepanze cominciate decenni fa con l’ampia diffusione del crack. I reati connessi alla sostanza stupefacente diffusa soprattutto tra gli afroamericani sono stati puniti con condanne più dure rispetto a quelli legati alla cocaina in polvere, solitamente consumata da bianchi e persone benestanti. Secondo il New York Times, in alcuni casi ci sarebbe stata una disparità di 100 a 1 tra le sentenze legate alle due sostanze; il Congresso ha poi eliminato questa disparità nel 2010. Anche l’opinione pubblica è cambiata: 21 Stati e il District of Columbia hanno legalizzato l’uso di marijuana a scopo terapeutico, Colorado e Washington anche per uso ricreativo. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha detto che la marijuana non è diversa dal tabacco e non più pericolosa dell’alcol. Stati Uniti: detenuto Guantánamo trasferito in Algeria, dopo 12 anni di prigionia senza processo Ansa, 14 marzo 2014 Il Pentagono ha annunciato di aver trasferito un detenuto di Guantánamo nel sul Paese d’origine, l’Algeria, dopo 12 anni di prigionia senza processo. Con questo trasferimento il numero di detenuti della prigione di Guantánamo, la base americana a sudest dell’isola di Cuba, scende a 154. Il presidente americano Barack Obama tenta di mantenere la promessa di chiudere questa controversa prigione, denunciata da numerose organizzazioni per la difesa dei diritti umani. Il trasferimento di Ahmed Belbacha, 44 anni - ha spiegato il Pentagono - è stato autorizzato da una commissione creata per decreto dall’esecutivo nel 2009 per esaminare i casi di tutti i detenuti. La commissione - ha aggiunto - ha "realizzato un esame approfondito di questo caso", tenendo conto delle preoccupazioni per la sicurezza nazionale. Belbacha è stato 12 anni nel campo di Guantánamo senza aver subito alcuna forma di processo perché sospettato di aver partecipato ad un campo di addestramento di Al Qaeda in Afghanistan, secondo documenti svelati dal New York Times. Secondo questi documenti, l’uomo sarebbe appartenuto all’esercito algerino prima di frequentare la moschea di Finsbury Park a Londra, allora conosciuto come un centro di diffusione dell’islamismo radicale. All’inizio del 2001, Belbacha si sarebbe recato in Afghanistan dove avrebbe seguito un corso di addestramento alle armi. Al momento dell’invasione americana del Paese, dopo gli attacchi dell’ 11 settembre, sarebbe fuggito in Pakistan, dove è stato catturato e spedito negli Stati Uniti. Nel 2007 aveva chiesto a un tribunale americano che fosse evitato il suo trasferimento in Algeria, perché temeva di essere perseguitato dal governo. Il Pentagono non ha spiegato se ora vi tornerà da uomo libero o se finirà in prigione. "Gli Stati Uniti - ha precisato in proposito il Pentagono - si sono coordinati con il governo algerino per garantire che questo trasferimento avrà luogo con una sicurezza appropriata, e con garanzie di un trattamento umano" Russia: le Pussy Riot hanno aperto un Centro per i diritti dei detenuti nella regione di Mordovia Asca, 14 marzo 2014 Nadezhda Tolokonnikova e Maria Alyokhina, le due attiviste russe del gruppo Pussy Riot recentemente uscite di prigione dopo aver scontato la condanna per la loro esibizione contro Vladimir Putin, hanno aperto un Centro di difesa dei diritti dei detenuti in Mordovia, la regione dove ha scontato la pena la Tolokonnikova e nota per l’alta concentrazione di colonie penali. Per presentare l’iniziativa, le due giovani hanno tenuto una conferenza stampa a Saransk, città della Mordovia a 500 chilometri da Mosca. "Abbiamo parlato spesso di questi campi di prigionia e della situazione al loro interno e siamo giunti alla conclusione che la Mordovia necessita di un ufficio dei diritti molto più di qualunque altra zona del paese", ha detto la Alyokhina. "Possono picchiarti anche fino a ucciderti e nessuno lo viene a sapere". "La nostra attività sarà esclusivamente di sostegno al rispetto dei diritti umani", ha aggiunto la Tolokonnikova, sostenendo che la regione "ha la più spaventosa rete di campi di prigionia e lo sappiamo per esperienza". Direttore del centro sarà uno psicologo ex detenuto, Vladimir Rubashny, il quale ha sottolineato come nelle carceri le persone vengano "trattate da animali e forzati a diventare uomini peggiori di quando sono entrati, visto che il tasso di coloro che commettono nuovi crimini una volta usciti dalla prigione è uno dei più alti al mondo". Turchia: la Corte di Strasburgo si pronuncerà su condizioni di detenzione leader curdo Ocalan Ansa, 14 marzo 2014 La Corte europea dei diritti umani si pronuncerà martedì prossimo sul ricorso presentato nel 2003 da Abdullah Ocalan contro le autorità turche che, secondo il fondatore del Pkk, stanno violando i suoi diritti sia per le condizioni di detenzione nel carcere di Imrali, sia perché lo hanno condannato al carcere a vita senza possibilità di un riesame della pena. A renderlo noto è la stessa Corte di Strasburgo, lo stesso giorno in cui un altro organismo del Consiglio d’Europa, il Comitato per la prevenzione della tortura, ha pubblicato il suo ultimo rapporto sulle condizioni di detenzione di Ocalan. Nel documento, che si basa sulla sesta visita del comitato al carcere di Imrali, avvenuta nel gennaio del 2013, vengono fatte una serie di raccomandazioni sui miglioramenti che Ankara dovrebbe apportare al regime carcerario del leader curdo. In particolare, secondo il comitato, le autorità devono permettere a Ocalan di passare più tempo all’aria aperta e più ore con gli altri detenuti. Gli devono inoltre essere garantite le visite di legali e familiari e le telefonate alla famiglia. Il comitato tuttavia nota che le condizioni di detenzione generali del leader curdo sono migliorate. India: stupro studentessa a New Delhi, confermate condanne a morte per quattro imputati Agi, 14 marzo 2014 L’Alta Corte di New Delhi ha confermato ieri la condanna a morte inflitta in primo grado a quattro imputati colpevoli di aver stuprato a morte insieme ad altri due complici il 16 dicembre 2012 nella capitale indiana una studentessa di 23 anni appena uscita dal cinema con il suo fidanzato. Lo riferisce l’agenzia di stampa Pti. I particolari della violenza sessuale su un autobus contro la giovane, appartenente alla classe media indiana e morta poi in un ospedale di Singapore, suscitarono un’ondata di proteste in tutta l’India e grande emozione a livello internazionale. La vittima fu ribattezzata dai media Nirbhaya (Colei che non ha paura). L’avvocato dei quattro condannati - Vinay Sharma, Pawan Gupta, Akshay Thakur e Mukesh Singh - ha dichiarato dopo aver ascoltato la sentenza di avere intenzione di fare ricorso alla Corte Suprema. Un quinto imputato (di identità non divulgata) era minore al momento dell’aggressione, ed è stato condannato a tre anni di carcere. Un sesto (Ram Singh) invece è stato trovato morto nel marzo 2013 nella sua cella per un "suicidio".