Giustizia: Strasburgo, fine corsa per le patrie galere? di Andrea Pugiotto Il Manifesto, 28 maggio 2014 Dopo la sentenza Torreggiani sul sovraffollamento, l’Europa potrebbe concedere più tempo all’Italia per rendere meno "disumane" le sue carceri. Ma il rispetto della Costituzione è ancora lontano Scade oggi l’anno concesso all’Italia per trasformare il carcere in luogo di legalità. Il cronometro era scattato dopo la condanna a Strasburgo per violazione del divieto di tortura, causata da un sovraffollamento carcerario "strutturale e sistemico", denunciato da una marea di ricorsi. Nei prossimi giorni conosceremo il verdetto su quanto fatto e non fatto dalle autorità italiane. Previsioni? Tracciamo il perimetro giuridico del problema. La condanna nasceva dalla carenza di spazio in cella (sotto i 3 mq a detenuto). Un "malfunzionamento cronico proprio del sistema penitenziario italiano", che impone "senza indugio" rimedi effettivi sia preventivi che compensativi. Tutto il resto viene dopo. Il Guardasigilli è fiducioso. Le novità normative e le azioni amministrative realizzate, incidendo sui flussi detentivi in entrata e in uscita, avrebbero ridotto la popolazione carceraria a 59.500 unità. È stata avviata la riduzione dei circa 18.000 detenuti ristretti in uno spazio tra 3 e 4 mq, troppo vicino al margine sanzionato a Strasburgo. È in funzione un sistema che consente - con un clic sul computer - di monitorare le condizioni di ogni detenuto, in ogni cella, in ogni carcere. Missione compiuta, dunque? Queste cifre sono oggetto di non infondate contestazioni. Assumiamole, egualmente, per vere. Statisticamente, forse, soddisferanno "un prosaico calcolo geometrico della sofferenza" (Giostra). Restano tuttavia sopra la capienza regolamentare, che pure il ministero stima assai generosamente in 48.300 posti. Resta insoddisfatto l’obbligo di introdurre adeguati rimedi compensativi. Il governo pensa a indennizzi pecuniari ovvero a sconti di pena per chi è ancora recluso. La monetizzazione di un trattamento inumano ha un che di osceno ma è nella logica del risarcimento del danno. Più problematico, anche alla luce della giurisprudenza di Strasburgo, è l’altro rimedio ipotizzato: perché l’art. 3 Cedu (divieto di tortura) non consente bilanciamenti di alcun genere. Diversamente, ad esempio, dall’art. 6 Cedu (durata ragionevole del processo), la cui violazione può compensarsi - come ha ammesso la Corte europea - con una riduzione della successiva condanna. È realistico, allora, attendersi una proroga rispetto all’odierna scadenza. E non solo come apprezzamento per quanto fatto dall’Italia, che è molto ma non è abbastanza. Dietro la sentenza-pilota di un anno fa c’è anche l’interesse della Corte europea a non affogare in migliaia di ricorsi siamesi (ad oggi, 6.829): Strasburgo non può né deve né vuole trasformarsi in giudice di ultima istanza per un paese - il nostro - incapace di rispettare lo standard minimo e non incomprimibile di superficie dietro le sbarre. Dovevamo pensarci prima. La sentenza Torreggiani nulla dice che la politica non sapesse: già nella scorsa legislatura le Camere discussero in seduta straordinaria il problema della condizione carceraria. Nella Legislatura attuale, serviva un tempestivo dibattito parlamentare del messaggio presidenziale, parcheggiato invece per mesi. Serviva un atto di clemenza generale imposto dalla straordinaria gravità della situazione: come richiesto - inascoltati - da Quirinale, Consulta, Primo Presidente di Cassazione e da un Marco Pannella mai domo. Si è scelto diversamente, a favore di un’aritmia normativa che ci costringerà a giocare i tempi di recupero. Sapendo fin d’ora che, adempiuto il giudicato europeo, saremo ancora a metà dell’opera. Perché il nostro orizzonte resta quello costituzionale di una pena che deve tendere alla risocializzazione del reo. Un orizzonte che non si misura soltanto in metri quadri. Giustizia: carceri, un anno fa la condanna dell’Ue. Orlando: "ho fatto tutto il possibile" di Gabriella Monteleone Europa, 28 maggio 2014 Scade oggi il tempo concesso per sanare il sovraffollamento carcerario. Per i Radicali resta "disumano". Antigone: passi avanti ma ancora insufficienti. Il ministro: scende il numero dei detenuti. Passi avanti sono stati fatti o no? I Radicali dicono no, senza se e senza ma. Antigone dice ni. Nulla di risolutivo, certo, ma è difficile negare un lento, graduale miglioramento del sistema penitenziario, il trend mensile di riduzione del numero di detenuti è un dato incontrovertibile, e migliorerà nei prossimi mesi. Per ora sono seimila in meno dalla sentenza Torreggiani del 2013. Quello schiaffo della condanna da parte della Corte Ue dei diritti umani ha avuto, eccome, il suo peso - Napolitano, con il suo messaggio alle camere, la definì "mortificante" - e giusto oggi scade l’anno concesso all’Italia, appunto, per sanare il problema del sovraffollamento carcerario. Il 22 maggio il ministro della giustizia Orlando è volato a Strasburgo a presentare le misure adottate nel frattempo: "Abbiamo colto apprezzamento per il rispetto della tabella di marcia, con gli atti normativi che sono diventati legge" ha detto ieri il ministro "ho la consapevolezza che la situazione è difficile e ci sono punti critici, ma anche la coscienza di aver fatto tutto il possibile". Solo tra il 5 e 6 giugno il Comitato dei ministri del Consiglio Ue deciderà se rendere o meno esecutiva la condanna. E sulle misure compensative per i detenuti che hanno vissuto in situazioni di sovraffollamento Orlando annuncia una soluzione ancora allo studio. Per Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, le condizioni nelle carceri restano "disumane", anche se "è innegabile" che alcune cose sono state fatte. Il guardasigilli ricorda che il problema è stato affrontato anche dal lato amministrativo con i protocolli con le Regioni, ne sono già stati firmati cinque, e gli accordi sul rimpatrio di detenuti stranieri, e confida che entro fine giugno vedrà la luce la nuova legge sulle misure cautelari. Il responsabile carceri del Pd, Sandro Favi, non nasconde un cauto ottimismo: "Se l’Europa comprende che effettivamente l’Italia ha innescato un processo legislativo teso a cambiare il sistema carcere… e lo ha fatto - dice - in modo consapevole, scegliendo la strada più lunga, quella che a regime ci consentirà di avere una situazione diversa". Il riferimento è all’altra strada dell’amnistia e dell’indulto, promossa da Pannella e dai Radicali, tanto da aver presentato a Strasburgo un dossier della segretaria Rita Bernardini per smontare, uno ad uno, gli effetti delle riforme messe in campo per ora dal governo italiano. Per i Radicali, insomma, le condizioni delle carceri restano "disumane". Eppure secondo il ministro "il sistema penitenziario è tornato ad essere sotto controllo, entro fine anno si andrà sotto i 59mila detenuti". Ma le riforme hanno bisogno anche di gambe per camminare: lo sa bene Orlando, da subito attento anche al personale. Servono investimenti finanziari per potenziare, ad esempio, gli uffici esecuzione penale esterna altrimenti l’affidamento in prova, in alternativa al carcere, resta sulla carta. Ieri il Consiglio nazionale forense ha lanciato un forte appello al parlamento e al governo a sostegno di Orlando per "gli investimenti economici e gli interventi normativi necessari". C’è molto da fare, con o senza altri schiaffi dall’Europa. Giustizia: carceri sovraffollate, scade l’ultimatum e l’Italia rischia 100 milioni di multa di Maurizio Gallo Il Tempo, 28 maggio 2014 Il termine è scaduto. Oggi. Avevamo un anno per risolvere il problema del bestiale sovraffollamento nelle patrie galere. È passato più o meno invano, malgrado i vari decreti "svuota carceri", il ripristino della "vecchia" legge sulla droga, il perfezionamento di accordi e procedure per l’espulsione degli stranieri finiti in cella, il timido tentativo di favorire misure cautelari alternative. E in barba alle "pressioni" presidenziali per amnistia e indulto. La media europea è del 97,8%, cioè, come ha sottolineato ieri l’associazione "Antigone", "vi sono meno detenuti rispetto ai posti letto". In Italia è del 134,6, con punte del 148,4 in Puglia, del 148 in Liguria, del 139,9 in Veneto, del 136,7 in Lombardia e del 133,7% nel Lazio. Qualcosa si è fatto, come dicevamo. I "galeotti" sono diminuiti di 6.000 unità rispetto a 12 mesi orsono. Ora sono 59.683. Secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) la capienza regolamentare sarebbe di 49.091 posti. Ma in realtà, sottolineano ad Antigone, "i posti disponibili sono inferiori a causa dei tantissimi reparti chiusi per manutenzione o per altro motivo. E nelle statistiche ufficiali si ammette finalmente che sono ben 4.762 quelli regolamentari attualmente non disponibili". Fatto un piccolo calcolo da salumiere, quindi, la capienza scende a 44.329. E arriviamo al tasso di sovraffollamento del 134,6%. Un fenomeno annoso, che trasforma la detenzione in punizione, rasenta la tortura, impedisce la rieducazione e la riabilitazione dei prigionieri e potrebbe anche costarci molto caro. "Nei prossimi giorni - ha spiegato il presidente di Antigone Patrizio Gonnella - il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa valuterà quanto ha fatto il nostro Paese. Potrebbe anche accadere che la Corte chieda di mettere in moto un meccanismo di compensazione per tutti quei ricorsi analoghi a quello di Torrigiani presentati da 6.829 detenuti nelle carceri italiane. In tal caso, posto che in media il risarcimento è di 15mila euro per detenuto, il costo per lo Stato potrebbe andare da 60 a 100 milioni". Tra i provvedimenti che potrebbero alleviare la situazione ci sono alcune modifiche normative, sollecitate da Antigone e in parte già avviate. L’abolizione della Fini-Giovanardi sulle droghe ha lasciato un punto interrogativo sulla retroattività della legge, nodo che sarà sciolto dalla Cassazione. Le misure alternative al carcere (sotto i due anni di pena) sono diventate stabili. L’aumento di pena e le restrizioni dei benefici in caso di recidiva (contenuta nella ex Cirielli), quasi del tutto abolite dal Governo Letta, sono state "riesumate" dal Parlamento, che sta discutendo sulle modifiche alla custodia cautelare sotto i 5 anni di condanna. La messa alla prova per reati fino a 4 anni è stata introdotta nello stesso disegno di legge che prevedeva l’abrogazione del reato di immigrazione clandestina. Antigone proponeva anche una legge sulla tortura da inserire nel codice penale. La proposta approvata in Senato, invece, prevede che il reato può essere commesso da chiunque (è generico) e che deve essere reiterato. Il problema degli stranieri è serio. Il loro numero dietro le sbarre italiche, eloquente. Sono 20.521, pari al 34% del totale della popolazione carceraria, percentuale scesa solo di un punto nell’ultimo anno. Quasi novemila (8.765) sono in attesa di condanna definitiva, oltre 7.000 hanno un residuo di pena inferiore ai due anni. E, precisano ad Antigone, "sono discriminati nell’accesso alle misure alternative": solo 73 sono in semilibertà contro i 733 italiani (quindi 10% paragonato al 34 di presenze). Le espulsioni non funzionano. Così gli immigrati continuano a riempire le nostre prigioni. Con effetti devastanti e, a volte letali per i loro "ospiti". È di ieri la notizia di un italiano che si è impiccato al "Montacuto" di Ancona. È il quindicesimo dall’inizio dell’anno. E lo stillicidio di morti continua. Nel silenzio e nell’indifferenza. Giustizia: le sentenze non sono "moniti"…. che fa l’Italia per le carceri? di Marco Perduca (già Senatore Radicale, rappresentante all’Onu del Partito Radicale) www.huffingtonpost.it, 28 maggio 2014 Nel rispondere alle domande postegli da Francesco Lo Piccolo sull’Huffington Post, Mauro Palma, presidente della Commissione del Ministero della Giustizia per l’elaborazione degli interventi in materia penitenziaria e già membro del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa, ha affermato: "La sentenza della Corte europea per i diritti umani oltre a essere stata un grave monito, è stata un’occasione per riesaminare il nostro sistema di detenzione, capirne le carenze non tanto e non solo sul piano delle condizioni materiali, bensì su quello della tipologia di detenzione che si attua nel nostro Paese. Una detenzione privata di una connessione con la vita reale, caratterizzata sostanzialmente da una afflizione imposta senza alcun legame reale con il positivo reinserimento al termine dell’esecuzione della condanna. L’alta percentuale di detenuti che hanno recidivato il reato dà un’indicazione della criticità del sistema attuale. Quindi, l’Italia non poteva rispondere alla sentenza di Strasburgo soltanto occupandosi di spazio minimo vitale da garantire - la Corte, come sappiamo, prevede un’automatica violazione dell’articolo 3 della Convenzione, quello che vieta tortura e trattamenti o pene inumani o degradanti, se lo spazio minimo vitale per un detenuto scende al di sotto dei tre metri quadrati. Doveva rispondere con una riflessione più ampia e con provvedimenti non episodici, ma destinati a restare". Le sentenze non sono moniti, e men che meno lo è la Torreggiani che condanna la Repubblica italiana per la sistemica violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani. Si tratta di una delle più gravi, protratte, patenti flagranze criminali da parte di uno Stato membro del Consiglio d’Europa. Non lo dico io o il Partito Radicale ma le centinaia di condanne - altro che moniti! - che la Corte di Strasburgo ha adottato contro la Repubblica italiana negli ultimi 30 anni e che includono anche l’irragionevole durata dei processi. Di fronte a tutto questo la Repubblica italiana, malgrado il messaggio alle Camere del Presidente Napolitano - un altro monito? - Governo e Parlamento si son dedicati a decine di ritocchi del codice penale piuttosto che adottare la prima unica necessaria riforma per l’oggi: l’amnistia. Nei giorni scorsi, prima con un documento politico, e poi con uno più tecnico, il Partito Radicale e Radicali Italiani hanno smascherato il gioco dei numeri che ha caratterizzato il Ministero della giustizia e il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Quelle misure non hanno fatto cessare la sistematica imposizione di trattamenti inumani e degradanti ai detenuti nelle 205 carceri italiane. Il 3 giugno prossimo il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa si riunirà per decidere il da farsi. Qualsiasi cosa verrà decisa, senza una cancellazione del pregresso le, minime, riforme adottate in questo anno e mezzo non potranno risolvere la situazione. L’amnistia è quindi l’unica via per un minimo avvio di rientro nella legalità costituzionale da parte dell’Italia. Col suo comportamento il Presidente Renzi, segretario del partito di maggioranza nel paese, continua a schierarsi apertamente contro la Cedu e il Presidente della Repubblica, non è il modo migliore per inaugurare la presidenza italiana dell’Unione europea. Giustizia: Antigone; scade ultimatum di Strasburgo, l’Italia rischia di pagare 100 milioni Ansa, 28 maggio 2014 La Corte Europea per i diritti dell’uomo chiede di garantire a ogni persona rinchiusa in cella uno spazio minimo di 4 metri quadrati, sufficientemente illuminato e pulito e di assicurare tramite le attività sociali all’interno del carcere, che il detenuto passi un buon numero di ore fuori dalla cella. Nel gennaio 2013 il nostro paese era stato condannato per il trattamento inumano riscontrato in sette carceri italiane. Mancano poche ore all’ultimatum della Corte Europea per i diritti dell’uomo che chiede all’Italia di garantire a ogni persona rinchiusa in cella uno spazio minimo di 4 metri quadrati, sufficientemente illuminato e pulito e di assicurare tramite le attività sociali all’interno del carcere, che il detenuto passi un buon numero di ore fuori dalla cella. Due mesi fa il ministro della Giustizia aveva spiegato quali sono le misure che il governo italiano intende adottare dopo la sentenza in cui si certificava il trattamento inumano riscontrato in sette carceri italiane. Il numero dei detenuti è lievemente calato, ma la situazione - secondo l’Associazione Antigone - è ancora difficile. Tanto che sono 6.829 i ricorsi presentati da detenuti sino ad oggi, tutti riguardanti le condizioni di affollamento e Antigone stima in 100 milioni gli oneri a carica del nostro paese per i possibili risarcimenti. L’associazione che si batte per i diritti dei detenuti chiede che per ognuno dei ricorsi sia la stessa Corte europea a procedere a una condanna dell’Italia con relativo risarcimento: "Posto che in media il risarcimento è di 15 mila euro si potrebbe giungere a una cifra complessiva di oltre 100 milioni. Chi ha subito una umiliazione dallo Stato deve essere risarcito". Alla vigilia della scadenza fissata da Strasburgo sono 59.683 i detenuti nelle carceri italiane: questo significa che comunque dei passi avanti sono stati fatti se si considera che 11 mesi fa, al 30 giugno 2013, nelle carceri dovevano trovare posto 66.028 persone. Oltre 6 mila in meno significa che alcuni istituti sono diventati più vivibili, anche se i posti regolamentari sono ancora almeno 15 mila in meno. La Corte Europea dei diritti umani aveva dato all’Italia un anno per individuare un meccanismo di compensazione per chi ha vissuto la condizione di maltrattamento e per evitare che la situazione di trattamento inumano e degradante persistesse nel nostro sistema penitenziario. Nei prossimi giorni il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa valuterà le politiche penali e penitenziarie italiane. È vero ci sono "6 mila in meno rispetto a un anno addietro, tuttavia - elenca i dati l’associazione che si batte per i diritti nelle carceri - il gap da recuperare è però ancora enorme". La capienza regolamentare era calcolata in 49.091 posti, dopo mesi di proteste di Antigone che nelle visite dei suoi operatori delle carceri aveva potuto accertare i tantissimi reparti chiusi o in manutenzione, il ministero della Giustizia ha ammesso che sono ben 4.762 i posti attualmente non disponibili. La capienza regolamentare scende così a 44.329 posti. Quindi con questo dato, che secondo Antigone è comunque sovrastimato, il tasso di affollamento italiano è del 134.6%, che significa 134,6 detenuti per 100 posti letto. Prima dell’inizio della procedura europea eravamo secondi per sovraffollamento solo alla Serbia che aveva un tasso del 159,3%. Con il dato di oggi siamo stati superati anche da Cipro e Ungheria. Ma siamo comunque lontani - osserva Antigone - dalla media europea, che è del 97,8%. La situazione comunque non è omogenea, in alcune regioni il tasso sfiora ancora il 150%: in Puglia è del 148,4%, in Liguria del 148%, in Veneto del 139,9%, in Lombardia è del 136,7%, nel Lazio del 133,7% e si arriva al caso limite di Secondigliano (Napoli), dove il sovraffollamento era in aprile di oltre il 200% (1.357 detenuti il 3 aprile per 650 posti). È così che - come i volontari dell’associazione hanno constatato nelle visite effettuate questo mese - si verificano ancora casi di scabbia (Rebibbia Nuovo Complesso il 15 maggio), carenza di attività rieducative e mancanza di spazi per le attività di trattamento e socializzazione. Le condizioni di vita nelle carceri italiane restano disumane E questo nonostante la condanna dell’8 gennaio 2013 della Corte europea dei diritti umani nei confronti del nostro Paese per i ricorsi presentati da Torreggiani e altri detenuti. La denuncia arriva dall’associazione Antigone a un anno dalla conferma di quella condanna da parte della Grande Camera della Corte europea dei diritti umani e dall’ultimatum verso l’Italia, derivato da quella sentenza, per sanare la situazione. "Oggi - ha sottolineato in una conferenza stampa Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - scade quell’anno che la Corte europea dei diritti umani ha dato all’Italia per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario". "Nei prossimi giorni - ha spiegato Gonnella - il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa valuterà quanto ha fatto il nostro Paese. Potrebbe anche accadere - ha ipotizzato - che la Corte chieda allo Stato italiano di mettere in moto un meccanismo di compensazione per tutti quei ricorsi analoghi presentati da 6.829 detenuti nelle carceri italiane. In tal caso, posto che in media il risarcimento è di 15mila euro per detenuto, il costo per lo Stato potrebbe essere compreso fra 60 e 100 milioni". Dopo aver mostrato alla stampa un video girato dall’associazione in alcune carceri italiane in cui si vedono delle celle piccolissime e degradate, Gonnella ha evidenziato che in Italia ci sono "ancora 134,6 detenuti per 100 posti letto. Prima dell’inizio delle procedura europea - ha ricordato - eravamo secondi soltanto alla Serbia che aveva 159,3 detenuti per 100 posti. Ora siamo stati superati anche da Cipro e Ungheria. Non è proprio un risultato entusiasmante se si tiene conto che la media Ue è di 97,8 detenuti per 100 posti letto". Gonnella ha tuttavia riconosciuto che il numero di detenuti è diminuito, seppur molto lievemente e lentamente dal 2010 a oggi (si è passati da quasi 60mila unità del 31 dicembre 2010 a 59.683 detenuti di oggi). "Le condizioni di vita nelle nostre carceri rimangono veramente disumane, anche peggiori di quelle che emergono nella sentenza Torreggiani", ha denunciato Simona Filippi, legale di Antigone, e ha aggiunto: "Non è soltanto un problema di spazi, se sono superiori a 3 metri quadri o no. In molte celle l’aria non circola e vi è ancora la doppia grata, che non fa nemmeno entrare la luce. Lo stesso vale per i luoghi dell’ora di passeggio, che sono molto ristretti e con muri alti". Tortura: ddl è un compromesso, ma occorre approvarlo "Il disegno di legge sulla tortura, approvato dal Senato e attualmente all’esame della Camera, non è il migliore dei testi che si poteva elaborare perché si è cercato un compromesso ma, nonostante questo, noi chiediamo che venga approvato al più presto". Così il presidente dell’Associazione Antigone, Patrizio Gonnella, durante una conferenza stampa a Roma sulle condizioni di vita nelle carceri. Secondo Gonnella, il compromesso è che "il reato è generico e non riguarda in particolar modo le forze di polizia". Gonnella: i ricorsi pendenti riguardano vicende degli anni passati "La situazione carceraria in Italia è sicuramente migliorata nell’ultimo anno. Lo abbiamo ribadito più volte e anche oggi. Sono state fatte riforme che hanno, come detto, ridotto il tasso di affollamento del sistema penitenziario. Infatti oggi i detenuti sono calati di 6000 unità rispetto all’anno scorso. Lo sguardo europeo, come noi chiediamo, serve ad accompagnare il nostro paese verso riforme che durino più nel tempo e che portino ad avere tanti detenuti quanti sono i posti letto. Rispetto alla decisione europea dei prossimi giorni abbiamo solo voluto ricordare quale fosse il rischio a cui si andrebbe incontro per fatti accaduti nel passato qualora non venga previsto un meccanismo di compensazione. Si precisa che tutti i ricorsi pendenti riguardano vicende penitenziarie accadute fra il 2009 e i primi mesi del 2013". Giustizia: Bernardini (Radicali); l’Italia deve cancellare trattamenti inumani nelle carceri Adnkronos, 28 maggio 2014 "I trattamenti inumani e degradanti nelle carceri vanno totalmente cancellati. Non si può discutere della gradazione della tortura, vedendo se i detenuti debbano essere torturati di più o meno. Insomma: non ci siamo proprio". Alla vigilia dell’ultimatum dell’Europa sulla sentenza Torreggiani, in un colloquio con l’Adnkronos il segretario nazionale di Radicali Italiani, Rita Bernardini, fa un punto situazione sull’emergenza carceri in Italia. "Ad ascoltare alcuni commenti - sottolinea Berardini - sembra che con l’ultimatum dato al nostro Paese dalla Corte europea, si debba misurare la gradazione della tortura. E invece non è così: la Cedu ci ha chiesto di rimuovere le cause strutturali che generano trattamenti inumani e degradanti, e tutto questo non si è realizzato. In realtà fin dall’emanazione della sentenza Torreggiani l’Italia avrebbe dovuto rimuovere subito i trattamenti inumani, per questo abbiamo proposto da anni un provvedimento di amnistia e indulto". "Certo - prosegue la leader radicale - possiamo dire che ci sono meno detenuti, ma rimane la situazione di una pena illegale che continua a essere eseguita nelle nostre carceri, anche nella forma della custodia cautelare". "Noi Radicali - rimarca - abbiamo presentato un Dossier di oltre 50 pagine al Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, che a partire dal 3 giugno dovrà valutare quanto fatto dall’Italia in merito alla condanna della sentenza Torreggiani". Nel Dossier, spiega ancora Bernardini, "al quale abbiamo lavorato con l’avvocato Deborah Cianfanelli, della direzione nazionale di Radicali italiani, ripercorriamo tutti gli aspetti della pena illegale in Italia, che non riguarda solo gli spazi a disposizione di ciascun detenuto (e qui il sovraffollamento persiste) ma anche la possibilità di accesso alle cure". Su questo versante, denuncia il segretario nazionale di Radicali Italiani, "la situazione è disastrosa, perché oltre i tossicodipendenti, che sono il 32%, il 27% di detenuti ha un problema psichiatrico". Ma non solo: "Malattie infettive debellate all’esterno -denunciano i radicali- dietro le sbarre si diffondono sempre di più. Tra queste, l’epatite C è la più frequente (32,8%), seguita da Tbc (21,8%), epatite b (5,3%), Hiv (3,8%) e sifilide (2,3%). Con tutti i rischi di diffusione di queste malattie all’esterno". Nell’inchiesta dei radicali si analizzano inoltre le possibilità di accesso alle attività trattamentali, quali il lavoro e lo studio. Anche qui, taglia corto Bernardini, "siamo ancora all’anno zero. C’è una percentuale bassissima di detenuti che può svolgere lavori poi spendibili all’esterno. Su quasi 60.000 detenuti, solo 2.278 solo quelli che svolgono attività per datori di lavoro esterni, mentre 12.268 fanno lavori poco qualificanti all’interno del carcere". Quanto agli interventi approvati per ridurre l’emergenza sovraffollamento, Bernardini sottolinea: "Queste misure non sono tali da far uscire l’Italia dall’illegalità e farla rientrare nei parametri costituzionali italiani ed europei". "In particolare -segnala il segretario nazionale di Radicali Italiani- tengo a sottolineare che ancora una volta la politica ha scaricato le decisioni sui magistrati di sorveglianza". Questi ultimi, spiega, "già in precedenza non riuscivano a star dietro a tutte le istanze presentate dai detenuti in quanto la pianta organica, peraltro insufficiente, che prevede 173 unità, in realtà vede coperti soltanto 158 posti. A ciò si aggiunga il fatto che ancora più carente è il personale amministrativo e di cancelleria". Inoltre, segnala Bernardini, "fra i compiti aggiuntivi per i magistrati di sorveglianza, c’è quello del cosiddetto ‘rimedio internò che l’Italia ha dovuto prevedere viste le tantissime istanze presentate alla Corte Ue da parte di detenuti. In base a questa norma, il detenuto deve fare tutta la trafila interna e alla fine del provvedimento, se ritiene che i suoi diritti siano stati violati, può fare ricorso alla Corte Europea". "Oggi - fa notare la leader radicale - il confronto è sulla sentenza Torreggiani. Mi auguro che presto - e su questo l’iniziativa dei Radicali e di Marco Pannella è in corso da anni - si discuta delle condanne trentennali comminate all’Italia per la violazione dell’art. 6 della Convezione dei diritti dell’uomo, e cioè per l’irragionevole durata dei processi, che secondo il Comitato dei ministri dell’Europa mette in pericolo lo stato di diritto". Sulle condizioni delle carceri italiane, come sui problemi della giustizia, conclude Bernardini, "da parte nostra, continueremo la lotta non violenta che non abbiamo mai dismesso. La democrazia e lo stato di diritto si possono realizzare solo difendendo i diritti umani fondamentali". Verini (Pd): Europa apprezzi nostri sforzi per rendere le carceri più umane "Gli organismi europei hanno sotto gli occhi l’impegno del nostro paese per risolvere la drammatica questione del sovraffollamento carcerario. Parlamento e governo negli scorsi mesi e ancora oggi continuano a mettere in campo azioni importanti: cito, per esempio, il provvedimento sulla messa alla prova, la nuova normativa sulle droghe, che finalmente distingue le pene tra quelle leggere e pesanti, e la riforma della custodia cautelare, in dirittura d’arrivo qui alla Camera. Ci sono tutte le condizioni affinché questo lavoro, realizzato sotto lo stimolo costante del Capo dello Stato, sia apprezzato dalle autorità europee". Così Walter Verini, capogruppo Pd nella commissione Giustizia di Montecitorio. "In questa direzione è fortemente impegnato il nuovo ministro della Giustizia, Andrea Orlando, così come continuerà a fare il parlamento, almeno quella parte che agisce non perché lo chiede l’Europa ma perché crede che il valore rieducativo della pena sia un elementare principio di civiltà e che investire nell’umanità delle carceri sia anche garanzia di sicurezza - aggiunge. Chi esce rieducato dopo la pena, non ricade quasi mai nella delinquenza e su questo linea dobbiamo fare ancora molto di più. La Lega nord, come al solito, si distingue per l’indifferenza rispetto al problema della vivibilità delle carceri, speriamo in un impegno maggiore dei colleghi del M5S". Gotor (Pd): finora nessun atto per migliorare condizioni medioevali delle carceri "Ieri sera sono stato A Regina Coeli con Ascanio Celestini e Luigi Manconi per ricordare che la soluzione del problema carceri non è più rinviabile". È quanto afferma il senatore del Partito democratico, Miguel Gotor, componente della commissione Diritti umani, che ha partecipato a uno spettacolo per i detenuti nel carcere romano in occasione della scadenza del termine che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha concesso al Governo italiano per risolvere la questione del sovraffollamento nelle strutture penitenziarie. "Per questo raccolgo e rilancio l’appello del Consiglio nazionale forense al Parlamento e al Governo - sottolinea l’esponente Pd - affinché sostengano l’azione del ministro della Giustizia Andrea Orlando che ha già predisposto azioni per affrontare il problema con gli investimenti economici e gli interventi normativi necessari. Non è accettabile che si sia giunti alla scadenza del termine previsto dalla sentenza Torreggiani della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha condannato l’Italia per il trattamento inumano e degradante dei detenuti, senza aver compiuto ancora un atto concreto per migliorare le condizioni medioevali, come sancito dalla stessa Corte, di gran parte delle nostre strutture carcerarie - conclude Gotor - condizioni che violano la Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti umani". Patriarca (Pd): spingere su misure alternative e reinserimento "Dobbiamo incrementare le misure alternative al carcere e spingere sul reinserimento dei detenuti. Questo ha funzionato in Europa e potrà funzionare anche in Italia". Lo afferma il deputato del Pd Edoardo Patriarca, componente della Commissione Affari Sociali. "Alla pena della detenzione non sovrapponiamo la pena del sovraffollamento - continua Patriarca. L’Europa ha già bocciato lo stato delle nostre carceri e l’eccessivo numero di detenuti in attesa di giudizio. E ricordiamoci che un ruolo importante lo può avere il volontariato che in questi anni si è dimostrato decisivo per risolvere tante situazioni difficili". Molteni (Ln): no a nuovi indulti, Lega pronta a barricate "Il governo non pensi all’ennesimo svuota carceri per sanare in extremis il sovraffollamento carcerario". Il deputato leghista Nicola Molteni, alla vigilia della dead-line dell’Europa sul sovraffollamento carcerario, promette battaglia in aula. "Cinque svuota carceri, la depenalizzazione dei reati, lo smantellamento della certezza della pena e gli sconti di pena ai criminali non sono bastati agli ultimi governi a risolvere il problema. Un disastro annunciato. Se ora la sinistra pensa a indulti, amnistie o ad altre misure compensative, la Lega Nord è pronta, da subito, alla guerra in parlamento". "Che fine hanno fatto i 500milioni stanziati nel 2010 per il piano carceri? Niente è stato fatto, nemmeno sulla necessità di far scontare a 20mila detenuti stranieri (che ci costano un miliardo di euro all’anno) la propria pena nel Paese d’origine". Giustizia: appello Consiglio Nazionale Forense, ripristinare condizioni dignitose in carceri Adnkronos, 28 maggio 2014 "Il Consiglio Nazionale Forense vuole lanciare un forte appello al Parlamento e al governo affinché offrano tutto il proprio appoggio al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, per affrontare il problema con gli investimenti economici e gli interventi normativi necessari". È quanto si legge in una del Cnf, alla vigilia della scadenza del termine previsto dalla sentenza Torreggiani della Corte Europea dei diritti dell’uomo, che ha condannato l’Italia per il trattamento inumano e degradante dei detenuti. "Quella del rispetto della Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti umani -sottolinea dichiara il consigliere segretario, Andrea Mascherin - è una priorità drammatica e assoluta. E come tale va affrontata, come affermato con forza dallo stesso ministro Orlando, in occasione del suo intervento del 22 maggio a Strasburgo". "Il Cnf - conclude la nota - garantisce il proprio sostegno e la propria collaborazione al ministro della Giustizia, per l’individuazione e l’attuazione di tutte le misure da porre a tutela della dignità umana e, con essa, del nostro Paese". Giustizia: Camere Penali; urge provvedimento clemenza, la politica "dimostri coraggio" Ansa, 28 maggio 2014 La politica "dimostri coraggio" e vari al più presto un provvedimento di amnistia e indulto. Lo chiedono i penalisti. "Il termine fissato dalla sentenza Torreggiani trova, alla sua scadenza di domani, una "perdurante violazione dei diritti umani nelle carceri italiane, nonostante i provvedimenti già licenziati o all’esame del Parlamento tesi a diminuire i flussi di ingresso negli istituti penitenziari, sia per pene definitive che per custodia cautelare. Per quest’ultimo aspetto va rammentato che è all’esame della Camera il disegno di riforma già approvato in Senato che deve però essere migliorato nell’attuale passaggio parlamentare". Così in una nota l’Unione Camere Penali. "Pur dando atto di questo deve essere chiaro - sottolineano i penalisti - che il numero dei detenuti in rapporto alle strutture ed al personale di polizia penitenziaria è tale da non poter risolvere la situazione con provvedimenti tampone, destinati a produrre i loro effetti nel lungo periodo: solo un intervento straordinario può affrontare e risolvere il problema nei tempi e secondo i parametri fissati dalla giustizia europea, e questo non può che essere un provvedimento di clemenza". Ed è proprio per questo motivo che l’Unione delle Camere Penali da diversi mesi "sollecita le forze politiche ed il Governo ad affrontare la questione con coraggio e realismo, quindi a varare un provvedimento di amnistia ed indulto, e a farlo immediatamente, senza soggiacere al ricatto del consenso ed alle pressioni di quelle forze politiche che speculano sui timori dell’opinione pubblica. E ciò è a maggior ragione necessario oggi - conclude l’Ucpi - che la tornata elettorale è alle spalle e non c’è motivo di temere gli immancabili proclami demagogici di chi invoca sempre e comunque severità, anche quando i dati criminologici dimostrano che, non il carcere, ma piuttosto i percorsi alternativi ad esso producono la diminuzione dei reati". Giustizia: Sappe; no ai 25enni negli Istituti minorili, impossibile convivenza con i 14enni Adnkronos, 28 maggio 2014 "È impensabile inserire detenuti di venticinque anni nei penitenziari minorili, perché è impensabile far convivere negli stessi ambienti carcerari adulti di venticinque anni con bambini di quattordici". Così Donato Capece, segretario generale del Sappe, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, commenta le dichiarazioni del ministro Andrea Orlando rese durante una visita al carcere minorile di Nisida. "Credo che il Ministro Orlando farebbe meglio ad occuparsi, invece, di una complessiva riorganizzazione della giustizia minorile che, allo stato attuale, è soltanto un enorme carrozzone spinto soltanto dalla Polizia Penitenziaria", prosegue il leader del sindacato della Polizia Penitenziaria. "In tempi di spending review, sarebbe davvero il caso di sopprimere il Dipartimento della Giustizia Minorile, utile solo a distribuire poltrone dirigenziali, e ricondurre il circuito penitenziario minorile nel suo naturale alveo del Dap. La Giustizia Minorile dovrebbe tornare ad essere una direzione generale del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria!". "Ad avviso del Sappe, insomma - conclude - la proposta (perché solo di questo possiamo parlare) del ministro Orlando di detenere gli adulti minori di venticinque anni nei carceri minorili è irricevibile". Giustizia: Sentenza Cedu; ne bis in idem, la soprattassa fiscale esclude la sanzione penale di Marina Castellaneta Il Sole 24 Ore, 28 maggio 2014 La Corte europea dei diritti dell’uomo torna sull’applicazione del principio del ne bis in idem nei casi in cui le autorità nazionali, dopo aver comminato una sanzione tributaria come il pagamento di una sovrattassa, avviano un procedimento penale per frode fiscale. E lo fa con la sentenza depositata il 20 maggio 2014 (ricorso Nykanen contro Finlandia) che conferma l’orientamento seguito nella pronuncia Grande Stevens contro Italia, che diventerà definitiva il 4 giugno se il Governo non ricorrerà alla Grande Camera. In pratica per Strasburgo nell’ipotesi di doppia sanzione "sopravvive" solo la prima: nel caso esaminato quella fiscale. Alla Corte si era rivolto un imprenditore che era stato oggetto di un’ispezione fiscale. Era emerso che non aveva dichiarato l’incasso di alcuni dividendi ed era stato così condannato a pagare una sovrattassa pari a 1.700 euro. Malgrado i ricorsi dell’imprenditore, il provvedimento era divenuto definitivo nel 2009. Nel 2008 era stato avviato anche un procedimento penale per frode fiscale conclusosi con una condanna a 10 mesi di carcere. Di qui il ricorso a Strasburgo che ha dato ragione al ricorrente, malgrado la Corte suprema finlandese lo avesse respinto ritenendo che non si fosse realizzata alcuna violazione dell’articolo 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo che riconosce il principio del ne bis in idem. Prima di tutto, Strasburgo ha stabilito che per qualificare una sanzione e chiarire se ha carattere amministrativo o penale vanno presi in considerazione i parametri fissati già dal 1976 nella sentenza Engel. Di conseguenza, è necessario considerare la qualificazione giuridica della misura sul piano interno, la natura della misura e il grado di severità della sanzione. Può accadere, quindi, che una sanzione qualificata come amministrativa sul piano interno, sia invece penale proprio per la sua severità o per la sua natura. Applicando i criteri Engel, la Corte europea giunge alla conclusione che, anche se qualificata come sanzione tributaria, la sovrattassa ha natura penale perché è una vera e propria punizione funzionale anche a produrre un effetto deterrente. Non si tratta - osserva la Corte - di una sovrattassa comminata al solo fine di colmare il divario tra entrate e tasse corrisposte, con un mero fine risarcitorio, ma di una misura punitiva. Un’applicazione, quindi, non restrittiva del principio del "ne bis in idem" che invece sembra emergere dalla Corte di cassazione italiana nella sentenza n. 20266/14 del 15 maggio che ha limitato l’applicazione del principio affermato nella pronuncia Grande Stevens al caso peculiare delle sanzioni disposte dalla Consob. Nel caso finlandese, le due misure, quella fiscale e quella penale, sono state disposte in relazione allo stesso periodo e per lo stesso comportamento, per fatti identici o che sono sostanzialmente gli stessi. Inevitabile, quindi, la preclusione di un doppio procedimento visto che entrambi hanno carattere penale per la natura delle misure disposte. In questi casi - precisa la Corte - non solo non è possibile arrivare a una doppia condanna, ma è preclusa la sottoposizione di un individuo a un doppio processo, anche se dinanzi a due diverse autorità. Va ricordato che la Finlandia, proprio per ovviare a simili problemi, ha ormai adottato una legge in base alla quale le autorità amministrative possono decidere scegliendo, però, un’unica strada, se applicare una sovrattassa o rimettere gli atti alla polizia. Giustizia: nessun risarcimento danni a Vittorio Emanuele Savoia, arrestato e poi assolto Ansa, 28 maggio 2014 I giudici del Tribunale Civile di Catanzaro hanno dichiarato inammissibile la richiesta di risarcimento danni per ingiusta detenzione avanzata da Vittorio Emanuele di Savoia dopo l’assoluzione nell’inchiesta che lo riguardava avviata anni fa dalla Procura della Repubblica di Potenza. Nel decreto dei giudici civili è evidenziato, tra l’altro, che la richiesta di risarcimento avanzata da Vittorio Emanuele di Savoia non è stata accolta perché presentata dopo la scadenza dei termini (due anni, ndr). Nell’estate del 2006 Vittorio Emanuele di Savoia finì in carcere e rimase detenuto per sette giorni per poi finire ai domiciliari nell’inchiesta della Procura di Potenza su un presunto giro di gioco d’azzardo fuori legge. Il 22 settembre del 2010 Vittorio Emanuele di Savoia fu assolto da tutti i reati. I giudici del tribunale di Catanzaro, nel dichiarare inammissibile l’azione proposta da Vittorio Emanuele di Savoia, hanno anche disposto il pagamento delle spese di giudizio, quantificate in 4.500 euro. Friuli Venezia Giulia: Protocollo d’intesa Orlando-Serracchiani per più pene alternative Italpress, 28 maggio 2014 "Un accordo molto importante, un’opportunità straordinaria di cui ringrazio il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che ci permette di disporre di una cornice per impostare una programmazione almeno triennale per intervenire sulla popolazione carceraria, in particolare sul problema delle tossicodipendenze e più in generale sulle misure alternative alla pena e sui programmi di reinserimento sociale e recupero dei detenuti, ma anche sull’edilizia carceraria". Lo ha detto la presidente della Regione, Debora Serracchiani, sottoscrivendo ieri a Roma con il ministro della Giustizia e con il Tribunale di Sorveglianza di Trieste un Protocollo con il quale ci si propone di favorire le misure alternative e i percorsi sociali per i detenuti. L’accordo nasce dalla comune convinzione che "il carcere non rappresenta l’unica esperienza penale possibile", con l’obiettivo di attuare i principi costituzionali sulla umanizzazione della pena e di diminuire nello stesso tempo l’affollamento delle carceri in Friuli Venezia Giulia. Secondo Orlando, con questo accordo si attuano le indicazioni del legislatore in materia di pene alternative e di recupero dei detenuti. Grazie alla collaborazione con le Regioni (quello di oggi è il quinto protocollo siglato), il problema del sovraffollamento delle carceri, ha rilevato il ministro, sarà sensibilmente attenuato. "È anche previsto un tavolo tecnico - ha ricordato la presidente Serracchiani - che ci consentirà di avviare una vera e propria collaborazione strutturale su progetti puntuali". Nel Protocollo sono indicati iniziative specifiche per potenziare le strutture autorizzate a ospitare i tossicodipendenti allo scopo di indirizzarli verso programmi residenziali di tipo terapeutico e riabilitativo, nonché per favorire più in generale l’accesso dei detenuti ai lavori esterni e di pubblica utilità. Per rendere possibili le misure alternative al carcere, si punta a sostenere progetti per l’accoglienza e l’inserimento socio-lavorativo individuando in particolare i luoghi di domicilio per quei detenuti che ne siano privi, in collaborazione con gli Enti locali e i soggetti del Terzo settore. Sono prese in considerazione anche le opportunità di lavoro e di attività all’interno degli istituti penitenziari. A fronte di questi progetti, il ministero si impegna a non trasferire nuovi detenuti nelle carceri del Friuli Venezia Giulia, una volta che i posti si sono liberati grazie al più ampio accesso alle misure alternative. Marche: Animali (Antigone); non bastano nuove carceri, va migliorata condizione di vita Ansa, 28 maggio 2014 Ieri un detenuto si è ucciso nel carcere di Montacuto ad Ancona e "quasi contemporaneamente un altro detenuto, di nazionalità tunisina, è finito in ospedale in gravi condizioni per aver volontariamente ingerito della varechina e un numero imprecisato di lamette". Lo ricorda Samuele Animali, presidente dell’associazione Antigone Marche. Notizie che "arrivano nelle stesse ore in cui scade la moratoria della Corte europea, che poco più di un anno fa ha condannato per l’ennesima volta l’Italia per mancato rispetto delle norme della Convenzione europea per i diritti dell’uomo". Secondo Animali, "negli ultimi 10 anni presso il penitenziario di Ancona Montacuto sono morte 13 persone, di cui 8 per suicidio, su un totale di 24 decessi nelle carceri marchigiane. Spesso questi episodi vengono collegati al cosiddetto sovraffollamento - aggiunge, ma in questo momento, i numeri di Ancona Montacuto non sono particolarmente critici, perché una parte della struttura è chiusa per lavori". Per Animali, "è semplicistica ed errata l’idea che si possa risolvere il problema delle pessime condizioni di vita nelle carceri solo costruendo nuovi edifici... occorre piuttosto poter verificare quello che avviene nelle carceri, fare manutenzione agli edifici, investire nei programmi di recupero, far lavorare i detenuti, far uscire dal carcere le persone non pericolose che hanno bisogno di essere curate (malati psichici, tossicodipendenti, usare di meno la custodia cautelare in carcere, puntare sulle pene alternative". Veneto: il Presidente Zaia, no a scarcerazioni di massa, attivare nuove strutture detentive Adnkronos, 28 maggio 2014 "In un Paese civile le pene carcerarie si scontano fino all’ultimo minuto; e un Paese civile deve fare in modo che ciò accada nel rispetto della dignità umana, senza ricorrere a deleterie scarcerazioni di massa che offendono la giustizia e le persone vittime dei reati". Lo dice il Presidente della Regione del Veneto Luca Zaia, commentando i dati diffusi oggi dall’associazione Antigone, secondo i quali, a pochi giorni dall’ultimatum dato dall’Europa all’Italia su questo fronte, ci sarebbero ancora 15.000 posti regolamentari in meno del necessario. "La soluzione c’è - incalza il Governatore - ed è quella di attivare nuove carceri, utilizzando e riattando, ad esempio, caserme dismesse che non siano all’interno dei centri urbani e i tanti contenitori inutilizzati di proprietà pubblica, dove sia possibile un percorso di riabilitazione, ma anche l’espiazione completa della pena". Napoli: parte oggi l’iniziativa "3MQ", promossa dall’Ass. "Il Carcere Possibile Onlus" Ristretti Orizzonti, 28 maggio 2014 In Piazza Porzio, all’ingresso del Palazzo di Giustizia, installazione di un telaio in legno di 3mq, spazio fruibile in cella per alcuni detenuti. Si doveva porre fine al "trattamento inumano e degradante" a cui vengono sottoposti i detenuti, ma nelle carceri si continua a mortificare la dignità delle persone. La protesta di Napoli. Tre giorni di astensione dalle udienze, proclamati dalla Camera Penale, l’iniziativa "3MQ" de "Il Carcere Possibile Onlus", la proiezione di una video inchiesta e di un corto sul carcere, in collaborazione con il "Festival del Cinema dei Diritti Umani", questa la protesta che parte da Napoli il giorno 28 maggio 2014 , contro l’inerzia del Governo e del Parlamento, che credono di affrontare il dramma carceri con l’inserimento di riforme che possono risolvere solo in minima parte il sovraffollamento. Intanto le risorse messe a disposizione per l’area trattamentale continuano ad essere ridotte, con l’impossibilità di avviare una seria attività di rieducazione e negli istituti di pena si continua a morire. Adesione alla manifestazione da parte dell’Unione Camere Penali Italiane, dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, dal Garante dei diritti dei detenuti della Regione Campania. "3MQ". La mattina del 28 maggio 2014, in Piazza Porzio, all’ingresso del Palazzo di Giustizia di Napoli, sarà installato un telaio di legno di 3 metri quadri, ad indicare lo spazio fruibile in cella per alcuni detenuti, 22 ore al giorno. Alle ore 11.00, presso la sede della Camera Penale di Napoli, proiezione della video-inchiesta di Antonio Crispino (Corriere della Sera), sulle condizioni i cui sono costretti a vivere i detenuti e del corto "In my prison" di Alessandro Grande. Busto Arsizio: nuove celle e spazi verdi… così la Casa Circondariale risponde all’Europa www.varesenews.it, 28 maggio 2014 Fervono i lavori per rimettere a norma la struttura penitenziaria ed evitare ulteriori sanzioni. E tra nuovi spazi e sfide organizzative "permetteremo ai detenuti di rimanere fuori dalle celle fino a 12 ore al giorno" Scade il 28 maggio 2014, esattamente 30 anni dopo l’entrata in funzione del carcere bustocco di via per Cassano, il tempo concesso dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo all’Italia per rimettere a norma le proprie strutture detentive. Quando nel gennaio del 2012 arrivò la condanna, la situazione a Busto era invivibile: gli uomini detenuti qui passavano gran parte della propria vita chiusi nelle proprie celle con tre metri quadri a testa. "Stiamo lavorando molto per rispettare i parametri europei - spiega il direttore Orazio Sorrentini - ed entro metà luglio dovremmo terminare gli ultimi lavori". È su molti fronti che l’amministrazione carceraria sta lavorando per ridurre l’affollamento e in primo luogo "stiamo realizzando nuove celle, con doccia e bagno interno, nel piano precedentemente dedicato alla socialità". Laboratori, aule didattiche, palestra e biblioteca "sono già state trasferiti nell’ala che prima era destinata ai collaboratori di giustizia (mandati in altri carceri, ndr)" e i lavori per queste celle sono quasi terminati. Si sta anche predisponendo un giardino "che sarà utilizzato per i colloqui con le famiglie dei detenuti" che permetterà di migliorare l’aspetto umano della struttura. Questo però non basta e nel carcere del futuro i detenuti dovranno passare tra le 8 e le 12 ore fuori dalle celle: "Ci stiamo organizzando per permettere di tenere aperte le sezioni durante il giorno -spiega il comandate del carcere, Rossella Panaro- in maniera differenziata sulla base del tipo di detenuti" ma in modo che "nelle celle si rimanga chiusi quasi esclusivamente per la notte". Un impegno non da poco, tra carenze di risorse e personale, che non potrà fare a meno del sostegno del settore educativo. "Stiamo raccogliendo i dati e le esigenze dei detenuti - spiega Valentina Settineri, responsabile di questi uffici - con l’obiettivo di dare maggiori opportunità a tutti". Ma questo non sarà certo facile. Dentro le mura di cinta della struttura bustocca ci sono oltre 400 detenuti a fronte di una capienza di 167. Il che significa che il tasso di sovraffollamento è del 220% "ma questo dato, basato su una superficie pro capite di 7 metri quadri, andrà rivisto", precisa Sorrentini. Una volta che le nuove celle saranno pronte e che il sistema organizzativo permetterà ai detenuti almeno 8 ore al giorno fuori dalla cella "l’Europa ci consentirà di calcolare la capienza sulla base di 3 metri quadri per detenuto e così torneremo nella legge". Oltre a garantire i diritti umani. Bolzano: il nuovo Istituto penitenziario sarà pronto nel 2017 e potrà ospitare 200 persone Alto Adige, 28 maggio 2014 In autunno si conoscerà il vincitore della gara, nell’arco di due-tre anni sarà pronto il nuovo carcere. Potrà ospitare 200 persone, più 20 in semilibertà. Costo previsto: 63 milioni ai quali se ne devono aggiungere altri 14 per l’esproprio. Il servizio di vigilanza sarà curato da un centinaio di persone. Il nuovo istituto penitenziario disporrà, tra le altre cose, di teatro-auditorium, sala di culto, campi da basket, campo da calcio regolamentare, giardinetto per i colloqui dei detenuti con i familiari. Tolta la parte della sicurezza, che resta di competenza statale, l’intera struttura sarà progettata e realizzata da chi vincerà la gara d’appalto europea, che ne curerà direttamente la gestione per vent’anni. L’impegno da parte della Provincia a mantenere le promesse e i tempi sono stati confermati ieri dal presidente della giunta provinciale Arno Kompatscher in visita assieme al vice Christian Tommasini nella vecchia struttura di via Dante. Sovraffollata e inadeguata alle esigenze di detenuti e lavoratori: così si presenta da anni la casa circondariale. Che il carcere di Bolzano versi in condizioni difficili non è certo una novità, ma le cose dovrebbero cambiare. Si tratta di un impegno preso a suo tempo già dall’ex presidente della giunta provinciale Luis Durnwalder e che ieri è stato confermato. Dopo aver visitato le celle, ma anche gli uffici, la mensa e gli altri spazi comuni, i due rappresentanti della giunta provinciale hanno definito la tabella di marcia. "Entro la fine di questa settimana - ha spiegato Kompatscher - verranno aperte le buste con le offerte che hanno partecipato al bando di gara per la realizzazione del nuovo carcere, e il vincitore sarà reso noto in autunno. Da quel momento in avanti si partirà con i lavori di costruzione che si dovrebbero concludere nel giro di 2-3 anni. Si tratta di un investimento importante per tutto l’Alto Adige dal punto di vista sociale e della sicurezza, e vogliamo che il nuovo penitenziario diventi una struttura all’avanguardia a livello europeo". La direttrice Maria Rita Nuzzacci ha ribadito che "con la nuova struttura si potranno migliorare le condizioni di vita all’interno del carcere, a tutto vantaggio del recupero sociale delle persone detenute". In quest’ottica si inquadrano anche le molteplici attività formative svolte da tempo nella casa circondariale e finanziate dalla Provincia. "Vi sono detenuti - ha commentato Tommasini - che hanno ottenuto l’attestato di bilinguismo, e sono convinto che grazie ai nuovi e più adeguati spazi che saranno a disposizione in futuro, si potranno raggiungere traguardi anche migliori". Salerno: "nulla è stato fatto per le carceri", la lettera del Radicale Salzano alle istituzioni La Città di Salerno, 28 maggio 2014 L’obiettivo è quello di "interrompere la flagranza di reato di uno Stato come quello italiano condannato duemila volte dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per l’irragionevole durata dei processi, e perché sia immediatamente recepito l’ultimatum della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che l’8 gennaio ha imposto all’Italia, come obbligo violato ormai da decenni, di rimuovere, entro un anno, le cause strutturali del sovraffollamento e di trattamenti disumani e degradanti nelle carceri". Anche Salerno, grazie all’associazione Maurizio Provenza guidata da Donato Salzano, ha aderito al "Satyagraha" (letteralmente "forza dell’amore" o "fermezza nella verità"). Duro Salzano, che in una lettera aperta alle istituzioni, ricorda le continue visite effettuate presso il carcere di Fuorni. "Da tempo, dallo scorso 27 febbraio abbiamo deciso di attendere il 28maggio in Satyagraha. Ahinoi, non c’è più tempo, oramai il tempo è passato nulla è stato fatto, Parlamento e Governo hanno avuto 12 mesi, oramai è troppo tardi, il 3 giugno il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa dovrà decidere improrogabilmente le sorti di questa Repubblica criminale, di questo Stato delinquente abituale. A tredici ore dalla data perentoria imposta dalla sentenza pilota della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, pena pesanti sanzioni comunitarie, decine e decine i milioni da risarcire ai detenuti a spese dei contribuenti italiani". Perugia: Comandante; carcere non deve far paura al cittadino, puntiamo al reinserimento www.umbria24.it, 28 maggio 2014 "Il carcere non deve far paura al cittadino, se davvero vogliamo assolvere il principale compito che resta quello di non ghettizzare chi ha perduto il bene più prezioso, la libertà, abbiamo l’obbligo di inserire il detenuto nel tessuto sociale della società produttiva, di accorciare le distanze tra chi deve scontare una pena e chi non può voltare la testa da un’altra parte". Lo ha detto il comandante della Polizia Penitenziaria di Perugia Fulvio Brillo domenica 25 maggio, in occasione delle iniziative organizzate all’interno della struttura a cui hanno partecipato famiglie di agenti e cittadini, tra cui un torneo di calcetto con rappresentanze di militari e civili che operano all’interno della struttura, una visita guidata alle sezioni maschili e femminili e l’esibizione di cani della polizia in applaudite esercitazioni. Gran finale in musica con un concerto con la banda "Lo Smeraldo" di Pietrafitta. La giornata è stata anticipata dalla cerimonia istituzionale di venerdì mattina della Polizia Penitenziaria, con gli interventi della direttrice del carcere di Capanne Bernardina di Mario, che ha confermato come le piccole aziende locali possono usufruire dei finanziamenti europei per l’inserimento produttivo di detenuti che operano fuori dal carcere in attività artigianali e commerciali. Siena: "Oltre i confini del carcere", all’Unistrasi una giornata di studi del progetto Deport www.unistrasi.it, 28 maggio 2014 Il gruppo di ricercatori del progetto Deport sta elaborando la mappatura linguistica e lo studio delle modalità di comunicazione tra detenuti stranieri e italiani. Il 28 maggio 2014 si svolgerà la Giornata di Studi "Oltre i confini del carcere. Portfolio linguistico professionale per detenuti stranieri", organizzata nell’ambito del progetto Deport. L’Università per Stranieri di Siena, con l’équipe di ricerca, guidata dalla Prof.ssa Antonella Benucci, sta realizzando le attività relative al progetto Deport, uno degli undici progetti di ricerca di eccellenza finanziati dal programma Par Fas della Regione Toscana, Linea di azione 1.1.a.3 (Cup E67E10000130006). Grazie alla preziosa collaborazione con il Prap Toscana e con gli Istituti di pena di Ranza, S. Spirito, Prato e Lucca, il gruppo di ricercatori del progetto Deport sta elaborando la mappatura linguistica e lo studio delle modalità di comunicazione tra detenuti stranieri e italiani, operatori e personale delle strutture penitenziarie all’interno di alcuni istituti penitenziari toscani, con l’obiettivo di evidenziare eventuali criticità ma soprattutto portare alla luce la ricchezza della diversità linguistica e culturale presente all’interno delle nostre carceri e trasformarla in una risorsa per il percorso di reinserimento dei detenuti stranieri anche tramite attività professionali. Il progetto, che si pone l’ambizioso obiettivo di rilasciare un portfolio linguistico-professionale spendibile dai detenuti stranieri una volta scontata la pena, prevede la messa a valore e la diffusione dei risultati della ricerca attraverso iniziative pubbliche che verranno realizzate nei prossimi mesi. Valore aggiunto per il progetto è la conferma della sua utilità comprovata dal consenso e l’adesione dei Prap delle Regioni Sicilia, Sardegna, Triveneto, Campania e dai relativi Istituti di pena che danno conferma della validità del modello di eccellenza realizzato in Toscana: la presenza di dati provenienti da più regioni permette inoltre di ottenere uno scenario più completo e di effettuare analisi comparative al fine della replicabilità delle azioni e dei risultati. La Giornata di Studi costituisce un’occasione di incontro fra le istituzioni e il mondo della ricerca, chiamati a confrontarsi con una realtà in costante cambiamento dovuto anche alla presenza sempre più importante di cittadini immigrati nella società italiana, e conseguentemente, anche nel contesto penitenziario. Di seguito gli obiettivi: disseminare i prodotti della ricerca condotta nell’ambito di DEPORT; fare dialogare istituzioni coinvolte nella gestione della diversità nel contesto penitenziario; condividere risultati e prospettive di impegno futuro con coloro che a vario titolo sono interessati ai fenomeni legati all’ambiente penitenziario e ai bisogni rilevati al suo interno. Nella Giornata si alterneranno esperti nazionali di studi in ambito penitenziario ed esperti di comunicazione interculturale. Inoltre, verranno presentati i primi risultati della ricerca effettuata nell’ambito del progetto Deport. Per ulteriori informazioni, si invita a consultare la pagina del Progetto Deport, nel sito web dell’Università per Stranieri di Siena o scrivere a gruppodiricercadeport@gmail.com. Roma: il Senatore Manconi e Ascanio Celestini, insieme a Regina Coeli per diritti umani Il Velino, 28 maggio 2014 Ieri sera alle 20,30 Ascanio Celestini ha tenuto uno spettacolo per i detenuti nel carcere romano di Regina Coeli in occasione della scadenza del periodo di un anno che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha concesso al Governo italiano. Ciò affinché il nostro Paese trovasse soluzioni efficaci per risolvere la questione del sovraffollamento e per introdurre nuove misure a tutela dei diritti umani della popolazione detenuta. "L’appuntamento - ha dichiarato il senatore Luigi Manconi che ha promosso l’iniziativa insieme ad alcuni colleghi - ha lo scopo di mettere in evidenza l’importanza dell’intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti dell’Italia; e di sottolineare come le misure finora adottate siano drammaticamente insufficienti. Al termine dello spettacolo i senatori hanno visitato le sezioni del carcere. Oggi alle 12.30 - ha concluso Manconi - in Senato, avrà luogo una conferenza stampa sull’attuale stato del sistema penitenziario". Bologna: l’Alma Mater presenta Corsi di laurea a potenziali studenti-detenuti della Dozza www.controcampus.it, 28 maggio 2014 Ieri mattina un gruppo di docenti si è recato al carcere della Dozza per illustrare corsi di laurea e termini di iscrizioni. Lo scorso dicembre - insieme al Provveditore alle carceri dell’Emilia-Romagna Pietro Buffa e alla Direttrice della Casa Circondariale di Bologna Claudia Clementi - il Rettore ha firmato il Protocollo per l’istituzione di un Polo Universitario Penitenziario (pup) presso il carcere. In tale protocollo, oltre a riprendere i termini della convenzione già in vigore da diversi anni, è contenuto l’impegno a predisporre presso il carcere della Dozza dei locali e delle attrezzature tecnologiche che permettano ad un gruppo, selezionato fra i più meritevoli degli studenti detenuti, di concentrarsi in modo più continuativo ed efficiente nei propri studi universitari. Questo sarà reso possibile non solo dalla loro collocazione in un’area del carcere a ciò dedicata, ma anche mediante l’installazione di computer e di una rete internet a totale sicurezza, che renda loro possibile un servizio informatico comparabile a quello di cui godono gli altri studenti dell’università. Anche agli altri studenti detenuti che non potranno essere selezionati per il PUP verranno offerte, sulla base della convenzione esistente, delle facilitazioni generali di studio e l’assistenza di docenti che periodicamente ne seguano l’avanzamento negli studi. Questi servizi richiedono l’uso di notevoli risorse umane e di attrezzature. È quindi opportuno che il numero di studenti ai quali esse sono dedicate sia sufficientemente numeroso e distribuito sui corsi di laurea ad essi più congeniali per tipo di insegnamento ed eventuali sbocchi lavorativi. A tal fine un gruppo di professori si è oggi recato presso il carcere della Dozza per pubblicizzare tali corsi di laurea e spiegare ai potenziali studenti i termini per le iscrizioni e le regole per rendere più efficiente possibile il loro avanzamento negli studi, pur rimanendo nelle situazioni vincolate in cui si trovano. La presentazione è stata introdotta da Claudia Clementi, Direttrice della Casa Circondariale di Bologna e dal Professor Giorgio Basevi, delegato del Rettore per l’attuazione della convenzione e del protocollo. Le presentazioni sono state curate da diversi professori delle Scuole di Giurisprudenza, di Scienze Politiche e Sociologia, di Agraria e Medicina Veterinaria, di Lettere e Beni Culturali, di Lingue e Letterature, di Psicologia e Formazione, di Economia Management e Statistica. L’esposizione degli aspetti amministrativi e burocratici è stata affidata a Nicoletta Santangelo e ad altri suoi colleghi. Genova: ex direttore carcere Pontedecimo condannato a 2 anni e sei mesi per concussione Ansa, 28 maggio 2014 Confermata dalla Cassazione la condanna a due anni e sei mesi di reclusione per concussione e falso ideologico nei confronti dell’ex direttore del carcere di Genova Pontedecimo, Giuseppe Comparone, accusato di aver ricevuto "favori sessuali" da una giovane detenuta marocchina, molto avvenente, in cambio dell’ammissione al lavoro esterno senza che ve ne fossero i presupposti e senza che nemmeno la donna, da poco entrata in carcere, ne avesse fatto richiesta. Oltre a respingere il ricorso di Comparone contro il verdetto emesso dalla Corte di Appello di Genova, il nove marzo 2012, la Suprema Corte - sentenza 21606 della Sesta sezione penale depositata oggi e relativa all’udienza dello scorso 31 ottobre - ha rigettato anche il reclamo del Procuratore generale di Genova e del Procuratore della Repubblica di Genova che ritenevano l’ex direttore colpevole anche di violenza sessuale. Nel ricorso in Cassazione, i Pg genovesi hanno fatto presente che la detenuta "ha sostenuto, indirettamente riscontrata da terzi, di aver dovuto subire le avances a sfondo sessuale del direttore, subendone l’indubbia posizione di supremazia e accettando i rapporti sessuali per non perdere i vantaggi già ottenuti (lavoro esterno)". Ma i supremi giudici hanno condiviso quanto stabilito in appello: tra direttore e detenuta c’era un "rapporto paritario di natura corruttiva incentrato sulla sfera affettivo-sessuale", rapporto "scandito dalla remunerazione dei favori sessuali effettuata (con schema sinallagmatico) dal direttore del carcere col disporre il lavoro esterno della detenuta, pur in difetto dei presupposti". Preso dalla "gelosia" nei confronti della ragazza, Comparone aveva anche stilato una relazione che metteva in cattiva luce un commissario penitenziario che era in contatto con la detenuta. Nel confermare il no alla concessione delle attenuanti generiche a Comparone che le chiedeva, la Cassazione ha fatto riferimento al "vasto discredito dell’immagine dell’amministrazione penitenziaria derivante dalla condotta dell’imputato" e alla gravità dei fatti "accresciuta dal contesto ambientale che ne è stato teatro". Milano: per Fabrizio Corona un business dal carcere con la t-shirt "Detenuto N° 74" www.velvetstyle.it, 28 maggio 2014 In prigione, ma sempre sul pezzo. Fabrizio Corona sta scontando nel carcere di Opera la condanna a 9 anni inflittagli dal Tribunale di Milano (che ha recentemente mitigato la pena togliendo 4 anni e 2 mesi dai 13 anni e 2 mesi di partenza), ma non smette di fare business. L’ultima trovata dell’ex fotografo dei vip, infatti, è una t-shirt con la scritta Detenuto N°74, che non solo fa tendenza, ma fa anche - soprattutto - parlare della condizione di Corona. A partire dai suoi avvocati, sono in molti infatti a ritenere che la condanna comminata all’ex re dei paparazzi sia spropositata e sulla pagina Facebook gestita dallo staff di Fabrizio Corona la discussione tra lovers e haters è sempre accesissima: una situazione che il fotografo ha deciso di cogliere al volo, realizzando la maglietta e promuovendola da vero stratega del marketing qual è in occasione della sua prima uscita dal carcere per il divorzio da Nina Moric. Le immagini dell’ex re dei paparazzi con la t-shirt Detenuto N°74 - che non indica la vera matricola identificativa di Corona a Opera, ma la sua età - hanno fatto il giro dei telegiornali e dei media cartacei e online, con il risultato che tutti hanno parlato della maglia, chi fiutando il business fin da subito e chi, invece, semplicemente accreditandola come l’ennesima provocazione del fotografo. Ma quando c’è di mezzo Fabrizio Corona, le cose non capitano mai per caso e infatti sulla sua pagina Facebook è partita la campagna #siamotuttidetenuti, con l’invito dello staff e dei sostenitori di Corona ad acquistare la t-shirt, a scattarsi una foto indossandola e a postare l’immagine sui social per l’appunto con l’hashtag #siamotuttidetenuti. Una trovata di viral marketing su più livelli, con pure una valenza sociale, che sta facendo inevitabilmente discutere: i fan dell’ex paparazzo infatti stanno aderendo numerosi, mentre i detrattori malignano che Corona abbia finito i soldi e che la maglietta sia un modo come un altro per racimolarne un po’. Come si dice in questi casi, "ai posteri l’ardua sentenza". Per i sostenitori di Corona che vogliono aderire alla campagna, invece, le maglie unisex sono in vendita online sul sito miostore.it al prezzo di 25 euro, mentre su detenutonumero.it è possibile fare domanda per diventare rivenditori. Cinema: il Festival "Senza frontiere" a Rebibbia, con la proiezione di "Open the door" Adnkronos, 28 maggio 2014 La Casa del Cinema di Roma ospiterà dal 5 al 7 giugno "Senza frontiere / without borders", il film festival umanitario internazionale dedicato a film capaci di mettere in evidenza quanto hanno in comune gli esseri umani e di raccontare storie di vita eccezionali. L’edizione 2014 del festival sarà incentrato sulle donne e la loro capacità di affrontare e trasformare tragiche realtà. In questa ottica è stato realizzato il video "Open the door" diretto dall’iraniano Shahram Karimi all’interno del carcere Femminile di Rebibbia, prodotto dal festival e presentato per la prima volta al pubblico il 5 giugno alla Casa del Cinema, dopo l’anteprima per le detenute prevista proprio all’interno del carcere romano il 4 giugno. Dopo il primo video realizzato nel 2013 nel carcere di massima sicurezza di Spoleto, Shahram Karimi continua così il suo viaggio nel mondo della detenzione: quest’anno durante un seminario di due settimane con un gruppo di detenute all’interno del carcere femminile di Rebibbia ha realizzato la seconda parte del suo racconto drammatico e poetico al tempo stesso. Le immagini di "Open the door" parlano di un carcere in cui la vita quotidiana scorre lentamente, in modo quasi bucolico, mentre nei racconti delle detenute emerge una lucidità e consapevolezza tutta femminile. Seguendo il medesimo filo conduttore sono stati selezionati e saranno proiettati in questa al festival molti film che narrano storie al femminile: "Honor diaries" di Micahael Smith mostra ritratti di donne, che cercano di creare un cambiamento all’interno delle società musulmane, mentre il primo episodio di animazione della serie televisiva pachistana "Burka" reclama maggiore potere per le donne e soprattutto la libertà di imparare. Droghe: condanne per legge Fini-Giovanardi a vaglio Cassazione, attesi riflessi su carceri Ansa, 28 maggio 2014 Se una pena è stata inflitta sulla base di una legge dichiarata incostituzionale, è illegittima anche la sua esecuzione? È un quesito centrale che si pone anche rispetto alle condanne passate in giudicato per violazione della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, norma bocciata dalla Corte Costituzionale a febbraio. Sul punto si dovrà pronunciarsi la Cassazione: l’udienza è fissata il 29 maggio. Il caso di cui è stata investita la Suprema Corte riguarda, nello specifico, la cosiddetta ex Cirielli e la vicenda di una persona accusata di avere illegalmente detenuto e ceduto 0,40 grammi di cocaina: la ex Cirielli stabiliva il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sull’aggravante della recidiva, divieto dichiarato incostituzionale nel 2012. Ma il pronunciamento della Cassazione si estende alle condanne per la Fini-Giovanardi. Un tema su cui si sofferma un recente dossier dal titolo "Eseguire una pena illegittima?" messo a punto da una serie di organizzazioni che si occupano di droga e carcere: Forum droghe, La società della ragione, Antigone, Cgil. La decisione della Consulta ha di fatto ripristinato la distinzione tra droghe pesanti e leggere che la Fini-Giovanardi aveva abolito. E ha anche chiarito che per i procedimenti in corso vale il "favor rei". I dubbi restano per le condanne definitive, anche perché non c’è stato per ora un adeguamento legislativo sul piano strettamente penale. Quelle condanne vanno riviste applicando la pena più blanda prevista per le droghe leggere o predomina l’intangibilità del giudicato? Il dossier enumera numerose sentenze della Corte di Strasburgo e della stessa Cassazione che in realtà hanno rimesso in discussione il principio dell’intangibilità stabilendo che non è costituzionalmente giusta ed eseguibile una pena che consegue all’applicazione di una norma contraria a Costituzione. Ora la parola passa alla Suprema Corte. E la decisione è molto attesa anche per i riflessi che potrebbe avere sulle carceri congestionate, dal momento che riguarda migliaia di detenuti. Stati Uniti: caso Forti; mozione del Consiglio provinciale di Trento per riportarlo a casa Ansa, 28 maggio 2014 L’intenzione è quella di riportare a casa Chico Forti, l’imprenditore trentino da 15 anni detenuto in Florida, perché condannato per omicidio. E lo vogliono perché da sempre lo credono innocente. Così tutti i gruppi del Consiglio provinciale di Trento hanno sottoscritto una mozione che sollecita la Giunta trentina a chiedere un intervento immediato delle alte cariche dello Stato, dal presidente della Repubblica al capo del Governo. Ma oltre a domandare l’intervento di Giorgio Napolitano e Matteo Renzi, si vorrebbe interpellare anche l’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, per riaprire il caso di Chico (Enrico) Forti. "Crediamo fermamente all’innocenza di Chico Forti - si legge nel dispositivo - da 15 anni in carcere a Miami per un omicidio che non ha commesso". A parlarne oggi, nel corso di un conferenza stampa a Trento, anche il deputato trentino Mauro Ottobre (Patt), che ha coinvolto in un’iniziativa analoga i capigruppo parlamentari, depositando alla Camera una mozione sulla revisione del verdetto di ergastolo senza condizionale. Presenti oggi anche lo zio dell’imprenditore trentini, Gianni Forti, e i rappresentanti del Comitato degli amici di Forti. "Andrò a trovare Chico ii 3 giugno - ha affermato Mauro Ottobre - simbolicamente il giorno dopo la Festa della Repubblica, per portargli la solidarietà di tutte le forze politiche trentine e per informarlo sull’iniziativa. Gli dirò anche che la prossima volta tornerò da lui per portarlo a casa". Egitto: Amnesty International denuncia; civili "scomparsi" e torturati in prigioni militari Ansa, 28 maggio 2014 Amnesty International denuncia che in Egitto "decine di civili sono sottoposti a sparizione forzata e reclusi da mesi in un centro segreto di detenzione all’interno di una base dell’esercito egiziano, dove sono sottoposti a maltrattamenti e torture per costringerli a confessare reati". "Decine di civili sono sottoposti a sparizione forzata e reclusi da mesi in un centro segreto di detenzione all’interno di una base dell’esercito egiziano, dove sono sottoposti a maltrattamenti e torture per costringerli a confessare reati" denuncia Amnesty International, riferendo ciò che è stato riferito all’Ong da avvocati e attivisti egiziani, in possesso di un elenco di almeno 30 civili che si trovano in detenzione segreta nella prigione di Al Azouly, situata all’interno della base militare Al Galaa di Ismailia, 130 chilometri a nord est del Cairo. Secondo le testimonianze di ex detenuti raccolte da Amnesty International, nei tre piani della prigione di Al Azouly potrebbero esservi fino a 400 persone, a cui non è permesso vedere avvocati e familiari e mai incriminati o fatti comparire di fronte a un giudice. Secondo gli avvocati e gli attivisti che hanno parlato con Amnesty, le sparizioni forzate in Egitto sono in aumento, denunciando che i detenuti verrebbero sottoposti ad interrogatori che durano mesi, torturati con scariche elettriche, bruciature e altri maltrattamenti. Dopo le "confessioni", i detenuti verrebbero quindi accusati di reati contro la sicurezza dello Stato. Amnesty International riporta alcune testimonianze di ex detenuti, che raccontano di lunghe prigionie in isolamento, interrogatori in cui era bendato e terminati con bastonate e scariche elettriche. "Volevano sapere delle cose circa le proteste e le manifestazioni, chi era particolarmente attivo all’interno dell’università, chi aveva finanziato le proteste, chi aveva le armi, chi le aveva comprate, se io appartenessi ai Fratelli musulmani" racconta un ex prigioniero di Al Azouly. Amnesty sottolinea che i prigionieri rilasciati da Al Azouly hanno riferito che i metodi di tortura variano a seconda del profilo del presunto criminale. Chi è accusato di aver ucciso soldati o poliziotti viene colpito con le scariche elettriche, appeso alle porte delle celle, bruciato con le sigarette e a volte frustato. L’Ong ricorda di aver lanciato il 13 maggio 2014 la campagna "Stop alla tortura", a 30 anni dalla storica adozione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, perché ad oggi i governi hanno tradito l’impegno a porre fine a questa pratica che comporta la perdita definitiva dell’umanità, che è il segnale di una crisi collettiva fatta di barbarie, fallimenti e paura. Tailandia: ex ministro della Pubblica Istruzione arrestato durante una conferenza stampa Adnkronos Amnesty International denuncia L’ex ministro thailandese della Pubblica Istruzione è stato arrestato oggi davanti a più di cento giornalisti e fotografi, dopo aver ignorato l’ordine dei militari a consegnarsi. Una dozzina di soldati e poliziotti hanno scortato Chadron Chaisaeng fuori dalla club della Stampa estera di Bangkok, dove era stata convocata la conferenza stampa. "Sono pronto ad essere arrestato e a difendermi in tribunale", aveva detto l’ex ministro pco prima dell’arresto. Chadron rischia ora fino a due anni di carcere per aver sfidato l’ordine della emanato venerdì dalla giunta militare, all’indomani del golpe che ha rovesciato il governo di Bangkok. Sudan: Meriam Ibrahim, cristiana condannata a morte, ha partorito bambina in carcere Adnkronos della Pubblica Istruzione Ha partorito una bambina, Maya, Meriam Ibrahim, 27 anni, la cristiana condannata a morte il 15 maggio in Sudan per apostasia. La notizia è stata data dai suoi avvocati al Telegraph, spiegando che il parto è avvenuto questa mattina nell’ospedale interno al carcere. "Non hanno nemmeno portato Meriam in un ospedale. È stata solo trasferita nella clinica del carcere", ha detto il suo legale Al-Shareef Ali. "Né a me, né a suo marito è stato ancora permesso vederli", ha aggiunto. Insieme alla donna, condannata a morte per apostasia per essersi convertita al cristianesimo e a 100 frustate per adulterio in quanto Khartoum non riconosce il suo matrimonio nel 2011 con Daniel Wani, da febbraio in carcere c’è anche il primogenito Martin, 20 mesi.