Giustizia: sovraffollamento carceri, l’Europa aspetta le elezioni per decidere sulle multe di Bruno Contigiani Il Fatto Quotidiano, 24 maggio 2014 "Ragazzi quando si decidono le multe europee per le nostre carceri? Il 28 maggio, dopo le elezioni". Rispondono i detenuti-redattori di Numero Zero, il mensile della casa Circondariale Torre del Gallo, che ogni mese esce con Il Ticino, il settimanale della Curia Pavese. Poco si è parlato di questo appuntamento (Napolitano l’ha fatto durante una visita al Carcere di Poggioreale). Molti, negli Istituti di pena, hanno pronta la domandina risarcimento danni: c’è chi chiederà di essere risarcito per essere stato dentro oltre la pena detentiva dopo l’incostituzionalità della Fini-Giovanardi sulle droghe leggere, e chi per le condizioni di sovraffollamento, stigmatizzate da tutto il mondo. Dopo quattro anni di lavoro in carcere con Vivere con Lentezza, mi sono reso conto che il sovraffollamento, non rappresenta il punto nevralgico per come vengono trattati i detenuti. C’è di peggio: il non far niente. Passare il proprio tempo a guardare la televisione, di cui sono provviste tutte le celle. Pesante è la mancanza di corsi di formazione lavoro, pochissimi i corsi preparatori al dopo, rarissimi i computer, anche per chi ha diritto ad andare a scuola o all’università. Il regime di detenzione è all’insegna della discrezionalità, a partire dalla durata comminata per lo stesso reato. Per evitare le sanzioni, il piano governativo, riduce tutto a un problema di numeri, un down-sizing nella peggior tradizione dei tagliatori di teste, tagli orizzontali, che lasciano sbalordito chi li subisce, nel bene o nel male, un’indeterminatezza che indebolisce ulteriormente la credibilità della Giustizia. Le attività culturali diventano così un riempitivo per intrattenere chi usufruisce delle celle aperte, ad appannaggio delle associazioni di volontariato che propongono i corsi più svariati, senza un piano. Non ero a favore dell’amnistia, lo sono diventato assistendo al continuo palleggiamento tra le forze politiche. A dirla tutta sono perché chi è stato condannato si faccia tutto il periodo comminato, con le dovute correzioni, di applicazione della legge per buona condotta e altro, ma che durante la detenzione, vengano riconosciuti i diritti, allo studio, alle visite parenti, a un luogo vivibile, senza dover chiedere per favore quanto spetta per legge. Non è accettabile un sistema che di fronte alla propria inefficienza crea problemi al territorio che deve accogliere i liberati e ai liberati stessi impreparati, alla nuova libertà. Il tempo è un bene primario, essere lenti non vuole dire essere ritardatari, significa avere una visione di lungo periodo, una strategia, saggezza. Giustizia: i Radicali all’Europa "Il governo mente" di Eleonora Martini Il Manifesto, 24 maggio 2014 Mentre il Guardasigilli Orlando vola a Strasburgo, un secondo dossier arriva alla Corte europea dei diritti umani. "I posti non sono 48 mila ma appena 40 mila. E le leggi varate non risolvono il problema del sovraffollamento". Sono due - e in contrapposizione - i dossier che la Corte europea dei diritti umani dovrà studiare per decidere se riconoscere, da martedì prossimo, il diritto al risarcimento dei detenuti italiani, costretti in celle sovraffollate, che hanno fatto o faranno ricorso, considerando che i primi 6829 giacciono già in attesa del via libera. Quando infatti ieri mattina il presidente della Cedu, il lussemburghese Dean Spielmann, ha ricevuto nello studio di Strasburgo il ministro di Giustizia italiano Andrea Orlando col fardello di compiti fatti e di progetti approntati per risolvere il problema delle nostre carceri "inumane e degradanti", sul suo tavolo, oltre alla corposa documentazione che il titolare di via Arenula spera sia l’asso nella manica per evitare la valanga di sanzioni del Consiglio d’Europa, c’era già anche il dossier di 52 pagine inviato giovedì sera dai Radicali italiani per contestare l’efficacia dei provvedimenti governativi varati ad hoc e l’affermazione del ministro secondo il quale il problema del sovraffollamento sarebbe in via di risoluzione. "Nel nostro dossier confutiamo accuratamente i dati ufficiali del Dap che parlano di 48.309 posti regolamentari, con 60.197 detenuti presenti al 31 marzo scorso - racconta la segretaria del partito, Rita Bernardini - In realtà, il 2 aprile scorso, la stessa amministrazione ha ammesso che i posti disponibili erano "temporaneamente" 43.547. E anche sul sito del ministero è comparso recentemente un asterisco a piè di pagina che avverte della possibilità di discostamento del dato reale, a causa di sezioni chiuse o inagibili. Secondo noi invece i posti legali sono 40.800. Perché ci sono istituti che hanno più letti che detenuti, come nel caso della Sardegna o degli Opg. Ma sono posti inutilizzabili, a meno che non si voglia deportare in massa 700 detenuti nell’isola o 400 negli ospedali psichiatrici giudiziari. Cioè a meno che non si voglia fare un’operazione comunque illegale". Bernardini racconta di aver appena ricevuto una lettera da tre detenuti trasferiti nel carcere di Alghero, a mille chilometri dalle loro famiglie. "Mi hanno scritto che stanno meglio di prima - dice la dirigente Radicale - perché ora vivono in tre in una cella da due, ma i loro familiari non hanno la possibilità di andarli a trovare. E questa è un’altra violazione dei diritti". D’altra parte la sentenza Torreggiani in scadenza il 27 maggio non impone solo uno spazio minimo vitale tra i 3 e i 7 metri quadri per ciascun detenuto, ma ricorda all’Italia che c’è una serie di condizioni per considerare la detenzione "legale" secondo le norme internazionali: dalle ore d’aria all’acqua potabile, le docce a disposizione, il lavoro, l’affettività, le attività sociali, l’igiene e soprattutto l’accesso alle cure. Tasto dolente. Solo qualche giorno fa i medici penitenziari del Simpse hanno lanciato l’allarme: il 32% dei detenuti italiani è tossicodipendente, il 27% ha un problema psichiatrico, il 17% ha malattie osteoarticolari, il 16% cardiovascolari e circa il 10% problemi metabolici e dermatologici. L’incidenza di malattie infettive dentro il carcere, poi, è tra le 25 e le 40 volte superiore che all’esterno: l’epatite C la più frequente (32,8%), seguita da Tbc (21,8%, ma il 50% nei detenuti stranieri), Epatite B (5,3%), Hiv (3,8%) e sifilide (2,3%). È questo che preoccupa in particolare il Consiglio d’Europa che martedì prossimo terrà una conferenza specifica proprio sulla salute in carcere, con la presentazione di un nuovo rapporto dell’Oms, e sul rischio di epidemie. Ed è interessante studiare, nel dossier dei Radicali, il numero di ingressi dalla libertà dal 1991 ad oggi: salta agli occhi l’impennata di carcerazioni, soprattutto di soggetti stranieri, dal 2006 in poi, cioè da quando è entrata in vigore la legge sulle droghe Fini-Giovanardi. Mentre le detenute straniere aumentano considerevolmente dal 2003, l’anno della Bossi-Fini. Il trend di carcerazione generale si è invertito solo dal 2012. Nella documentazione inviata a Strasburgo i Radicali contestano anche l’efficacia delle ultime leggi varate e l’inadeguatezza dei rimedi proposti dal governo italiano. A cominciare dalla limitata possibilità di accesso alla detenzione domiciliare o alla custodia nelle celle di sicurezza, nel caso di arresto in flagranza di reato. Altro problema su cui si pone l’accento è il "rimedio interno" che il governo ha trovato per limitare, come chiedeva la stessa Cedu, il numero di ricorsi per violazione dei diritti umani che negli ultimi anni stavano intasando le aule di giustizia europee. Dall’entrata in vigore della legge 10 del 21 febbraio 2014, il ricorso può essere presentato solo dinanzi ai magistrati di sorveglianza. Ma secondo i dati riportati nel dossier radicale "la pianta organica dei magistrati di sorveglianza prevede 173 unità, mentre i posti coperti sono 158" e "la carenza strutturale del personale dà luogo almeno da un decennio a ritardi inauditi". "Tanto che a Bologna - conclude Bernardini - il presidente del tribunale di sorveglianza, Francesco Maisto, ha deciso di trattare solo le istanze che riguardano i detenuti e non i casi di condannati a piede libero. Rischiando così di creare ulteriori violazioni". Giustizia: Radicali; l’Italia non ha risolto sovraffollamento, dossier a Consiglio d’Europa Ansa, 24 maggio 2014 I Radicali italiani hanno inviato al Consiglio d’Europa un dossier di 52 pagine in cui, utilizzando in gran parte dati forniti dall’amministrazione penitenziaria, contestano le affermazioni del governo italiano secondo cui il problema del sovraffollamento nelle carceri sarebbe risolto o in via di risoluzione. I Radicali chiedono quindi al Consiglio d’Europa di tenere conto di queste informazioni nel valutare se l’Italia ha rispettato i termini impostile dalla sentenza Torreggiani in scadenza il 27. Nel dossier i Radicali, per quanto concerne la capienza delle carceri, sostengono che nel calcolare i posti effettivi bisogna tenere conto di una serie di elementi. Nel dossier viene riportato che lo stesso Dap ha dichiarato il 2 aprile scorso che i posti realmente disponibili non sono 48.309, ma bensì 43.547. Ma secondo i Radicali neanche questo dato è esatto, perché andrebbero sottratti tutti i posti non utilizzati in diverse carceri, come quelle sarde, dove il numero di detenuti è inferiore di 700 unità rispetto alla capienza regolamentare. Questo si traduce in un sovraffollamento in altri penitenziari, come quello di Modena, Busto Arsizio, in cui l’indice di sovraffollamento al 31 dicembre scorso risultava essere superiore al 200%. Nel dossier i Radicali contestano anche l’efficacia delle leggi introdotte. Viene per esempio messo in dubbio che i magistrati di sorveglianza, cosi come previsto dalla legge n.10, del 21 febbraio 2014, possano intervenire in tempi celeri per far cessare una situazione di violazione dovuta al sovraffollamento. Secondo i dati riportati "la pianta organica dei magistrati di sorveglianza prevede 173 unità, ma i posti coperti sono 158" e "la carenza strutturale del personale dei tribunali di sorveglianza dà luogo almeno da un decennio a ritardi inauditi". Giustizia: Guerini (Federsolidareità-Confcooperative); carceri… è il momento di agire Vita, 24 maggio 2014 Giuseppe Guerini, portavoce dell’Alleanza delle Cooperative sociali sprona ad andare "avanti con i decreti attuativi" per portare il lavoro in carcere. "Sull’abbattimento della recidiva siamo all’avanguardia in Europa", ma servono norme certe. Quella delle carceri in Italia è una vera e propria emergenza in merito alla quale Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidareità-Confcooperative e portavoce dell’Alleanza delle Cooperative Italiane interviene sottolineando da un lato che è il "momento di agire" e dall’altro ricordando alcuni dati. "È dell’80% la recidiva per chi sconta la pena senza ricevere formazione e imparare. Al contrario la recidiva si abbassa al 10%. Dati e best practice che mettono l’Italia all’avanguardia in Europa". Il portavoce di Alleanza Cooperativa Sociali aggiunge: "Siamo agli sgoccioli. Il tempo sta per scadere. A un anno dalla sentenza della Corte Europea di Strasburgo che ha condannato l’Italia per la condizione degli istituti di pena possiamo dimostrare che abbiamo messo in campo strumenti che possono cambiare la situazione, puntando su rieducazione e lavoro con i detenuti". A fronte delle oltre 150 cooperative sociali che in Italia portano lavoro e formazione in carcere, coinvolgendo, ogni anno, migliaia di detenuti sottolinea: "Sono numeri che possono crescere in breve tempo con innegabili vantaggi per il sistema giudiziario e il decongestionamento delle carceri". "Negli ultimi due anni c’è stato l’assurdo paradosso che sono state stanziate le risorse, ma l’incertezza sulle norme ha bloccato i nuovi progetti. Le cooperative sociali sono pronte ad affrontare questa sfida al fianco delle istituzioni", conclude Guerini. "Parlamento e Governo si sono impegnati a rafforzare le norme per portare le imprese negli istituti di pena ma lo sforzo rischia di essere vano, a distanza di mesi siamo ancora in attesa di decreti attuativi". Giustizia: Uil-Pa; bene giudizi Strasburgo… ma rivendichiamo parte del successo Adnkronos, 24 maggio 2014 "I giudizi positivi formulati, nel corso del suo incontro a Strasburgo con la vice segretaria del Consiglio d’Europa rispetto al miglioramento delle condizioni detentive, non possono che generare in noi forte apprezzamento e di grande soddisfazione". Lo scrive il segretario generale della Uilpa Penitenziari, Eugenio Sarno, in una lettera inviata al ministro della Giustizia, Andrea Orlando. "È probabile, di conseguenza - prosegue Sarno - che l’operato del governo e dell’Amministrazione penitenziaria induca la Cedu a far cadere quelle ‘forti riservè sul sovraffollamento, con le positive conseguenze che è facile immaginare". "Obiettivamente -rimarca il leader della Uilpa - nessuno può ignorare che nel corso degli ultimi 18 mesi il numero dei detenuti si è progressivamente ridotto dal picco dei circa 67mila agli attuali circa 60mila. Analogamente nessuno potrà negare che in tale periodo si è registrato un dimezzamento dei suicidi in cella e un calo generalizzato di quasi tutti gli eventi critici come autolesionismi, atti vandalici e risse. Non abbiamo riserve nell’individuare il raggiungimento di tali risultati alla sinergia di atti normativi varati dal Parlamento e di scelte operative effettuate dal Dap"‘. Sarno rivendica però anche i meriti della sua organizzazione nel raggiungimenti di quei risultati: "Intendiamo rivendicare con orgoglio una quota parte per il raggiungimento di questi risultati - scrive Sarno - abbiamo dapprima intuito e poi sostenuto l’intelligente e lungimirante progetto della cosiddetta sorveglianza dinamica, non abbiamo oltremodo ostacolato l’attivazione di nuovi padiglioni o l’apertura di nuove strutture, pur in assenza di qualsiasi incremento di organico e nella consapevolezza delle ricadute sui carichi di lavoro". Giustizia: caso Ilva; decessi per emissioni di cancerogeni, condannati 27 ex dirigenti Corriere della Sera, 24 maggio 2014 Il tribunale di Taranto ha condannato 27 ex dirigenti dell’Ilva per le morti causate dall’amianto ed altri cancerogeni provenienti dallo stabilimento siderurgico. Il massimo della pena, 9 anni e mezzo, è stato inflitto all’ex direttore dell’Italsider Sergio Noce. A seguire 9 anni e due mesi ad Attilio Angelini, 9 anni a Giambattista Spallanzani e Girolamo Morsillo, 8 anni e sei mesi a Giovanni Gambardella, Giovanni Gillerio, Massimo Consolini, Aldo Bolognini e Piero Nardi, 8 anni a Giorgio Zappa, Giorgio Benevento e Francesco Chindemi, 7 anni e 10 mesi a Mario Lupo, 7 anni a Renato Cassano, 6 anni a Fabio Riva, Luigi Capogrosso, Nicola Muni e Franco Simeoni, 5 anni a Costantino Savoia, Mario Masini, Lamberto Gabrielli, Tommaso Milanese e Augusto Rocchi, 4 anni a Bruno Fossa, Riccardo Roncan, Alberto Moriconi ed Ettore Salvatore. Sono state riconosciute inoltre provvisionali nei confronti delle parti civili: l’Inail, la Fiom Cgil, la Uil e i familiari di alcune vittime. Dichiarato il non doversi procedere nei confronti di Emilio Riva, morto lo scorso mese, per il quale il pm aveva chiesto la condanna a 4 anni e mezzo di carcere. È stato assolto invece il giapponese Hayao Nakamura, per il quale era stata chiesta la condanna a due anni e mezzo. Il manager in un primo momento fu chiamato come consulente e per un periodo è stato anche amministratore delegato con la gestione pubblica. Sono 31 i casi esaminati di morti per mesotelioma e cancro polmonare di lavoratori che hanno svolto varie mansioni nello stabilimento siderurgico di Taranto sia nel periodo gestito dall’Italsider che dall’Ilva, ma non per tutte le ipotesi di omicidio colposo è stata riconosciuta la condanna, nell’ambito del processo che si è concluso oggi a Taranto. Sull’Ilva di Taranto il governo "ha le idee chiare e abbiamo già approvato il piano ambientale: faremo di tutto per portarlo a termine". Lo ha detto il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti a margine di un’iniziativa elettorale a Firenze a sostegno della candidata a sindaco di Ncd-Udc Gianna Scatizzi. Il ministro ha quindi ricordato che il piano del governo prevede che l’Ilva "sia un’azienda che salvi i posti di lavoro ma, allo stesso tempo, sia ambientalizzata al 100%". "La magistratura ha affermato il principio di legalità in fabbrica. Vincono le ragioni delle tante vittime. Perdono gli inquinatori e i loro complici". Così il presidente di Peacelink Taranto Alessandro Marescotti commenta la sentenza. "Questo processo - aggiunge l’ambientalista - è stato disertato da chi aveva e ha responsabilità politico-istituzionali. A testimoniare solidarietà e ad assistere alle fasi del processo nelle aule di tribunale è rimasto solo un tenace gruppo di cittadini attivi". Troppa distrazione della politica, polemizza Marescotti, "abbiamo visto in questa vicenda, come se tutto ciò non avesse riguardato la storia e il dolore di una città e dei suoi lavoratori, vittime dell’amianto, delle omissioni e dell’incuria. Siamo alla vigilia del grande processo all’Ilva e questa sentenza - conclude - dà ragione a quanti da tempo chiedono verità e giustizia per Taranto". Emilia Romagna: "Raee in carcere" è il miglior progetto nella pubblica amministrazione Adnkronos, 24 maggio 2014 Premiata l’iniziativa per il reinserimento sociale dei detenuti attraverso il disassemblaggio dei rifiuti elettrici. Un modello, per la sua capacità di coniugare finalità sociali e attenzione all’ambiente. È "Raee in Carcere" che è stato premiato a Roma dal comitato italiano promotore della Settimana europea per la riduzione dei rifiuti. Già scelto come finalista tra oltre 85 progetti presentati in Europa ai riconoscimenti della European Week for Waste Reduction, Raee in Carcere si sta affermando come un esempio nell’ambito della gestione dei rifiuti con un’importante valenza sociale. "Il premio è una conferma della peculiarità e del valore dell’iniziativa - afferma Alfredo Bertelli, sottosegretario alla presidenza della giunta della Regione Emilia-Romagna. La finalità sociale, rivolta in modo specifico alle persone in esecuzione penale, e quella ambientale, che si concentra sulla gestione dei rifiuti elettronici, si intersecano in un progetto che ha trovato il giusto riconoscimento anche a livello europeo". Il progetto Raee in Carcere è volto a favorire il recupero dei rifiuti elettrici ed elettronici e, al contempo, il reinserimento socio-lavorativo di persone in esecuzione penale o che hanno concluso il periodo di detenzione, attraverso il disassemblaggio di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Nato nel 2005 nell’ambito dell’iniziativa Equal Pegaso promossa dalla Regione Emilia Romagna e dal Fondo Sociale Europeo, il progetto è diventato operativo nel 2009 con la partecipazione di detenuti a tre laboratori produttivi operanti all’interno delle carceri di Bologna e Ferrara ed all’esterno del carcere di Forlì. Il personale selezionato è stato formato e poi assunto dalle cooperative sociali che gestiscono le attività. "È importante individuare soluzioni e percorsi efficaci per promuovere e incrementare l’inclusione sociale e lavorativa delle persone detenute ed in misura alternativa - spiega Pietro Buffa Provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria - oltre al fatto che una detenzione caratterizzata da un impegno lavorativo ha conseguenze meno destrutturanti ed effettivamente più responsabilizzanti per le persone che le vivono". Il progetto è operativamente e finanziariamente sostenuto dalla multiutility Hera Spa e da tre dei maggiori sistemi collettivi italiani per la gestione dei Raee, Ecodom, Ecolight e Erp, impegnati a remunerare le cooperative e a sostenere l’iniziativa. Dall’avvio del progetto sono stati messi a disposizione dei tre laboratori oltre 2.500 tonnellate di Raee che sono state lavorate permettendo di recuperare importanti quantitativi di materie prime seconde ed evitando la dispersione nell’ambiente di pericolose sostanze. Più di 60 persone in esecuzione penale sono state coinvolte nei tre laboratori, di cui 22 sono state assunte dalle cooperative sociali che gestiscono i 3 laboratori: IT2 a Bologna, Gulliver a Forlì e Il Germoglio a Ferrara. Il sito web e la pagina facebook, cofinanziati da alcuni partner, sono gestiti da operatrici provenienti dall’esperienza del carcere. Piemonte: rinnovato protocollo per minori detenuti, continuità trattamento a maggiorenni Ansa, 24 maggio 2014 È stato rinnovato il Protocollo d’intesa tra il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per il Piemonte e Valle d’Aosta e il Centro per la Giustizia Minorile per il Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Massa Carrara. Oggetto dell’accordo la continuità trattamentale dei giovani adulti sottoposti a provvedimenti penali. Il Provveditore, Enrico Sbriglia e il Dirigente del Centro Giustizia Minorile, Antonio Pappalardo, rinnoveranno la collaborazione alla luce delle esperienze positive che dal 2011, hanno visto una fattiva connessione tra i diversi servizi. La collaborazione è utile a limitare gli effetti negativi per i giovani provenienti dal circuito penitenziario minorile che, compiuta la maggiore età, devono continuare a scontare la pena in un istituto penitenziario per adulti. Le due Amministrazioni, attraverso il rinnovo di questo Protocollo, intendono riaffermare il comune impegno nel realizzare il proprio mandato istituzionale e sociale e nel mettere in campo ogni risorsa utile a favorire il reinserimento delle persone detenute. Campania: "Il Carcere Possibile Onlus", tre giorni di protesta del le carceri italiane Ristretti Orizzonti, 24 maggio 2014 Il 28 maggio scade il termine concesso all’Italia dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Si doveva porre fine al "trattamento inumano e degradante" a cui vengono sottoposti i detenuti, ma nelle carceri si continua a mortificare la dignità delle persone. La protesta di Napoli. Tre giorni di astensione dalle udienze, proclamati dalla Camera Penale, l’iniziativa "3MQ" de "Il Carcere Possibile Onlus", la proiezione di una video inchiesta e di un corto sul carcere, in collaborazione con il "Festival del Cinema dei Diritti Umani", questa la protesta che parte da Napoli il giorno 28 maggio 2014 , contro l’inerzia del Governo e del Parlamento, che credono di affrontare il dramma carceri con l’inserimento di riforme che possono risolvere solo in minima parte il sovraffollamento. Intanto le risorse messe a disposizione per l’area trattamentale continuano ad essere ridotte, con l’impossibilità di avviare una seria attività di rieducazione e negli istituti di pena si continua a morire. Adesione alla manifestazione da parte dell’Unione Camere Penali Italiane, dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, dal Garante dei diritti dei detenuti della Regione Campania. "3MQ". La mattina del 28 maggio 2014, in Piazza Porzio, all’ingresso del Palazzo di Giustizia di Napoli, sarà installato un telaio di legno di 3 metri quadri, ad indicare lo spazio fruibile in cella per alcuni detenuti, 22 ore al giorno. Alle ore 11.00, presso la sede della Camera Penale di Napoli, proiezione della video-inchiesta di Antonio Crispino (Corriere della Sera), sulle condizioni i cui sono costretti a vivere i detenuti e del corto "In my prison" di Alessandro Grande. Rimini: Sappe; detenuti protestano anche con gesti di autolesionismo, grave situazione Tm News, 24 maggio 2014 "Continuano le proteste e le violenze nelle carceri dell’Emilia Romagna: l’altro ieri, a Rimini, un gruppo di detenuti tunisini e bengalesi hanno dato vita ad una protesta, compiendo gesti di autolesionismo, a causa dei quali otto di loro hanno riportato ferite in tutto il corpo". Lo rendono noto il segretario generale aggiunto del Sappe Giovanni Battista Durante e il segretario regionale Feancesco Campobasso. "Un’altra protesta simile - proseguono - si è verificata ieri a Bologna, dove, due dei venti detenuti che la settimana scorsa avevano scatenato una violenta rissa si sono autolesionati, anch’essi in varie parti del corpo. Nel corso del 2013, in Italia, i gesti di autolesionismo sono stati 6.902, dei quali 2.451 messi in atto da detenuti italiani e 4.451 da stranieri, dei quali ben 811 si sono verificati in Emilia Romagna. A questi si aggiungono 110 ferimenti, 288 colluttazioni". "Nonostante questa grave situazione l’amministrazione penitenziaria e il governo sembra stiano preparando un decreto per chiudere il provveditorato regionale dell’Emilia Romagna, cancellando, di fatto, ogni punto di riferimento regionale per il personale, per le organizzazioni sindacali e per le istituzioni locali e regionali. Sarebbe un atto davvero grave che aumenterebbe le difficoltà operative in regione. Ricordiamo che in Emilia Romagna ci sono dodici istituti e una scuola di formazione. Stiamo valutando per questo e per altri problemi legati alle carenze di mezzi e risorse di indire lo stato di agitazione e di fare una manifestazione regionale", concludono Durante e Campobasso. Venezia: troppi reclusi e celle buie, in carcere arriva lo Spisal di Roberta De Rossi La NUova Venezia, 24 maggio 2014 Venezia. Il sopralluogo degli ispettori del lavoro a Santa Maria Maggiore è stato disposto dal Tribunale di Sorveglianza dopo il ricorso presentato da una quindicina di detenuti: "Mancano luce e aria". Un medico e rappresentanti dello Spisal (servizio dell’Asl per la sicurezza dei posti di lavoro) in carcere a Santa Maria Maggiore - il 9 giugno, alle 10.30 - per verificare le condizione di detenzione. È la decisione è stata assunta dal magistrato di sorveglianza, nell’ambito del ricorso presentato da un gruppo di detenuti - tramite gli avvocati Barbara De Biasi, Annamaria Marin, Nieri e Enrico Villanova - per denunciare non solo le condizioni di pesante sovraffollamento nelle quali sono costretti a vivere a Santa Maria Maggiore (in un caso, anche al carcere di Treviso), ma anche segnalando la grave mancanza di luce ed aria in celle: le grate rivolte verso l’alto e i vetri opachi determinano condizioni di illuminazione insufficiente, dove si può leggere solo se c’è il sole che illumina le facciate, con luce elettrica accesa sempre e denunciate situazioni di peggioramento della vista per molti detenuti. Giovedì, l’udienza davanti al presidente Pavarin, che ha disposto il sopralluogo medico legale, per certificare la situazione di grave disagio denunciata dai detenuti. Nel corso dell’udienza - alla presenza anche del procuratore Luigi Delpino, che ha sostenuto le richieste della difesa in ordine a una verifica "sul campo" - l'amministrazione penitenziaria ha presentato una memoria, con la quale spiega di non essere nella possibilità di limitare l'accesso al carcere e di non avere sistemi alternativi per far fronte al bisogno di in spazi: nel caso specifico, inoltre, l’amministrazione del carcere ha obiettato come lo spazio utile vada conteggiato al lordo dei servizi igienici e dei mobili presenti nella stanza e non al netto. Nella stessa udienza, però, sul punto i legali hanno eccepito come la prima sezione penale della Corte di cassazione - con la sentenza 5728 di dicembre in relazione a un’ordinanza del magistrato di Sorveglianza di padova - abbia ribadito come lo spazio utile debba essere conteggiato al netto degli ingombri di mobili e servizi igienici. Tant’è, il 9 giugno saranno un medico, personale Spisal, gli stessi magistrati - alla presenza dei legali - a valutare lo stato delle cose. Situazione di pesante sovraffollamento che il Tribunale di sorveglianza di Venezia ha già acclarato in febbraio, con una serie di ordinanze con le quali ha ordinato all’amministrazione penitenziaria di garantire i 7 metri quadrati per detenuto riconosciuti come "minimo vitale" dal Consiglio d’Europa, prevedendo un risarcimento di 100 euro al giorno per detenuto, in caso di mancato rispetto. Santa Maria Maggiore ha "alzato le mani" in segno di resa. Ora la parola passa a medici e Spisal. Il carcere di Santa Maria Maggiore ha una capienza per 168 detenuti: secondo una ricerca della Fondazione Moressa, a febbraio, le persone detenute erano 253; secondo la rivista Ristretti Orizzonti, a giugno erano 284. L’estate è alle porte, con le sue alte temperature che aggravano ancor più il disagio. La situazione dovrebbe un po’ alleggerirsi con l’entrata in vigore del decreto "svuotacarceri", che ha anche diminuito da 6 a 5 anni la pena massima prevista per reati di "lieve entità" legati allo spaccio e alla detenzione di stupefacenti, accanto alla disposizione della Corte Costituzionale che ha ripristinato la distinzione tra droghe leggere e pesanti : per le prime la condanna massima scende a 4 anni. In questi giorni i giudici delle indagini preliminari dovranno scarcerare i detenuti in custodia preliminare per questi reati. Martedì 27, alle 17.30, alla Biblioteca Vez di Mestre, la Camera penale ha organizzato un incontro sul tema "3 mq sotto i piedi: quanto ci costa il sovraffollamento delle carceri?". Taranto: detenuto di 22 anni tenta il suicidio, salvato in extremis da agenti e sanitari Ansa, 24 maggio 2014 Un detenuto di 22 anni della provincia di Taranto, in attesa di giudizio per reati contro il patrimonio, ha tentato il suicidio all’interno della Casa circondariale di via Magli ed è stato salvato dagli agenti di Polizia penitenziaria e dagli operatori sanitari. Lo rende noto Federico Pilagatti, segretario nazionale del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria). Il detenuto, riferisce Pilagatti, aveva cercato di impiccarsi dopo aver legato una corda rudimentale, ricavata dalle lenzuola, ad una grata della finestra del bagno. "Ormai - commenta Pilagatti - nel carcere di Taranto si vive come in una roulette, alla giornata, considerato che sono saltati, per colpa dell’amministrazione regionale e centrale, tutti gli schemi che rendono un carcere sicuro e governabile". Il segretario del Sappe definisce "scellerata" l’idea di "aprire una nuova sezione detentiva senza inviare nemmeno una unità di polizia penitenziaria". Questa ulteriore circostanza "ha di fatto azzerato la sicurezza - conclude Pilagatti - e se a tutt’oggi non si registrano fatti cruenti o clamorosi, lo si deve solo al coraggio e professionalità dei vertici dell’istituto, ma soprattutto dei poliziotti penitenziari che sono costretti a turni di lavoro massacranti e che nelle ore serali sono ridotti in maniera molto preoccupante". Firenze: il Cappellano del carcere; no a coro mediatico mostrificazione di Riccardo Viti Ansa, 24 maggio 2014 Con l’arresto di Riccardo Viti, accusato di aver seviziato e ucciso Andrea Cristina Zamfir, trovata morta il 5 maggio a Firenze, "è partito ad opera dei media il repertorio penoso della mostrificazione, spintosi fino al coinvolgimento della madre di Riccardo costretta a pronunciarsi in sintonia con il coro". Un "coro mediatico" che è di "per sé un mandato sociale che allude apertamente all’eliminazione di questa persona". È quanto si legge in una nota, intitolata "L’esorcismo ipocrita della mostrificazione", firmato da don Vincenzo Russo, cappellano del carcere di Sollicciano dove Viti è recluso, e da Beppe Battaglia, presidente dell’associazione Liberarsi. "Noi - spiegano - vogliamo riflettere sul fatto, al costo di diventare una voce fuori dal coro. Naturalmente la nostra umana solidarietà va alle vittime, alla famiglia della ragazza uccisa, così come ci sentiamo vicini al dolore della madre di Riccardo che scopre all’improvviso il delitto insospettabile commesso dal figlio cinquantacinquenne". La riflessione che don Russo e Battaglia pongono riguarda "il processo di mostrificazione del disgraziato di turno", dovuto a una "sete di allontanare da noi ogni possibilità di contaminazione davvero desertica". Riguardo ai media, "conosciamo il repertorio, ma essi hanno la necessità di incrementare le vendite mediante l’esaltazione dello scoop torcendo tutto a questa necessità imperiosa e …deformare informando (una grave responsabilità che i media ovviamente non vogliono riconoscere). La risultante è un fenomeno sociale omologato ed omologante". Ma appunto il coro mediatico contro Viti "è di per sé un mandato sociale che allude apertamente all’eliminazione". "Non sono pochi i casi di persone che nella condizione concreta di Riccardo Viti hanno perso la vita senza il minimo dispiacere di alcuno. Anzi è proprio la teoria del capro espiatorio che richiede questo passaggio quali che siano le mani o le parole istiganti in tal senso. Quando c’è un mandato sociale così vasto, è ragionevole prevedere questa ulteriore conseguenza". "Noi - concludono - vogliamo collocarci fuori e lontano dal coro e ci auguriamo che Riccardo possa vivere a lungo per superare la tragica fragilità che lo ha reso responsabile di un fatto grave e ormai irreparabile". Cagliari: detenuti collaborano agli scavi della necropoli dei giganti di Mont’e Prama www.ildemocratico.com, 24 maggio 2014 Si riaccende l’interesse sui giganti di Mont’e Prama, che hanno attirato in due mesi l’attenzione di migliaia di visitatori nelle due mostre di Cagliari e Cabras. Il 5 maggio, infatti, è partito nell’area di Mont’e Prama un progetto scientifico e di ricerca. L’obiettivo è dare un contesto storico e archeologico, svelare i segreti e risolvere i problemi di carattere scientifico che questa eccezionale scoperta, messa casualmente in luce dall’aratro di un contadino nelle campagne di Cabras 40 anni fa, pone al mondo archeologico. "Si tratta di un progetto ampio e articolato - ha detto Marco Minoja, Soprintendente ai beni archeologici di Cagliari e Oristano, questa mattina in una conferenza stampa - e che coinvolge diversi soggetti istituzionali". Il piano si divide in due interventi distinti e connessi. Il primo, iniziato il 5 maggio, vede coinvolti le Università di Sassari (che coordina i lavori) e di Cagliari e la Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano, Comune di Cabras e carcere di Oristano con il coinvolgimento dei detenuti. Finanziato dalla Regione con 140 mila euro, prevede la ricognizione del territorio, indagini geofisiche realizzate dall’Università di Cagliari anche grazie ad un georadar a 16 canali, unico al mondo e un primo momento di scavi per verificare se la natura delle anomalie emerse durante le indagini geofisiche potrebbero riferirsi o meno a strutture archeologiche sepolte. Il secondo intervento, condotto dalla Soprintendenza, sarà un progetto di scavo sistematico finalizzato ad ampliare le aree dei vecchi scavi. Si concentrerà inizialmente sulla zona della necropoli e poi sarà esteso alle aree contigue agli interventi degli anni Settanta. Il direttore degli scavi, Alessandro Usai, invita tuttavia alla prudenza. "Ora arriva il momento delicato delle verifiche che potrebbero confermare o smentire quanto fino ad ora è emerso". Monza: alla Casa circondariale una nuova Area colloqui esterna, grazie volontari e Rai Agi, 24 maggio 2014 Un tocco di colore e di calore dietro le sbarre della Casa Circondariale di Monza: una nuova area colloqui esterna, dove familiari e figli dei detenuti possono trovare un ambiente più accogliente. Sarà inaugurata domani ed è il frutto della collaborazione tra Direzione del carcere, Cooperativa Sociale 2000 con la sua Falegnameria Legname, e Gruppo Pari Opportunità della Rai di Milano, insieme al Centro di Produzione. La falegnameria ha totalmente arredato gli ambienti con tavoli e panche in legno massello realizzate dai detenuti, mentre scenografi e decoratori della Rai - tutti volontari - hanno offerto il proprio aiuto per la progettazione dello spazio: sono così nate idee per realizzare e installare nell’area per i colloqui all’aperto elementi scenografici colorati e decorati con un tema dedicato ai bambini, utilizzando prevalentemente materiale di scarto riutilizzato. Napoli: arrestata una donna che cercava di introdurre droga nel carcere di Poggioreale www.campanianotizie.com, 24 maggio 2014 Si è conclusa con l’arresto di una donna sorpresa a introdurre droga all’interno del carcere napoletano di Poggioreale un’operazione antidroga dai cinofili del Nucleo regionale della Polizia penitenziaria di Benevento. A renderlo noto è il segretario regionale della Ugl Federazione Nazionale Polizia Penitenziaria, Ciro Auricchio. Sono state sequestrate dosi trovate dai cani nelle adiacenze dell’istituto di pena napoletano di cui altri contravventori si erano probabilmente sbarazzati per non incappare nei controlli. "É stato dunque materialmente impedito - dice il segretario Auricchio - che lo spaccio di sostanze stupefacenti che si stava materializzando all’interno del carcere napoletano potesse aver luogo sottoponendo al filtro olfattivo dei cani poliziotto migliaia di persone all’atto dell’ingresso in istituto per far visita a parenti detenuti". Grazie alle segnalazioni dei cani antidroga Hiro, Barry e Zolly ed alle perquisizioni effettuate dai baschi azzurri sono state trovate diverse dosi di hashish pronte ad essere introdotte all’interno delle mura di Poggioreale. Salerno: una struttura per detenuti malati di mente a Pazzano, i residenti si oppongono di Angela Sabetta La Città di Salerno, 24 maggio 2014 L’Asl vuole riconvertire la sua struttura in ospedale psichiatrico per i carcerati. I residenti si oppongono: la Pro loco organizza un’assemblea nella casa canonica. Un incontro pubblico per decidere le iniziative da intraprendere per scongiurare l’ipotesi della riconversione della struttura di Pazzano in un ospedale giudiziario per detenuti malati di mente. È questa l’iniziativa della Proloco di Capaccio Paestum, presieduta da Giuseppe Caceci. Un’ipotesi di riconversione non accettata di buon grado dalla comunità capaccese. Lo stesso sindaco Italo Voza aveva cercato di sollecitare l’Asl Salerno affinché la struttura di Pazzano, fino a tre anni fa utilizzata come Centro diurno per disabili, fosse destinata ad altre finalità. In questi anni l’edificio è stato in diverse occasioni vandalizzato. Per la riconversione dell’immobile, dislocato su due livelli, sono stati stanziati circa 2 milioni di euro dai ministeri della Salute, dell’Economia e della Giustizia. Voza aveva proposto all’Asl di destinare l’immobile a sede del distretto sanitario, ospitato in un edificio privato, a Capaccio scalo, per il cui utilizzo l’Asl Salerno paga un canone di affitto, di circa 100mila euro annui. I cittadini però non hanno intenzione di mollare. A farsi portavoce delle istanze della comunità è, dunque, la Pro loco. L’incontro con i cittadini e le varie associazioni del territorio è stato programmato per lunedì prossimo alle 19,30 presso la casa canonica. "L’incontro non ha finalità politiche ma è semplicemente volto a sensibilizzare la comunità capaccese per una decisione che avrebbe immediate e dirette ricadute negative - spiega Caceci - sull’intero territorio. Appresa la notizia abbiamo subito riunito il direttivo, facendoci promotrici dell’iniziativa per contrastare, con l’aiuto dei cittadini e delle altre associazioni, la prosecuzione dell’iter intrapreso dall’Asl per la trasformazione del Centro "Sole luna" di Pazzano ad ospedale psichiatrico giudiziario. L’immobile può essere utilizzato per altre finalità sicuramente più funzionali e confacenti con il nostro territorio. È arrivato il momento di dire basta a queste decisioni prese in modo unilaterale, senza una logica che hanno la sola finalità di portare disagio in una comunità tranquilla e serena quale quella di Capaccio". "Dopo l’incontro del 26 maggio, recepite le istanze della cittadinanza - dice Caceci - chiederemo un appuntamento con i dirigenti dell’Asl e se fosse necessario con i rappresentanti del Ministero di competenza per far sentire con forza la voce del popolo capaccese". Per la realizzazione della struttura sanitaria extra ospedaliera con la disponibilità di 20 posti letto, l’Asl Salerno, diretta dal manager Antonio Squillante, ha approvato una delibera per i lavori di ristrutturazione e adeguamento. Lecce: violenze in carcere; 19 detenuti indagati, accuse rissa aggravata e favoreggiamento www.corrieresalentino.it, 24 maggio 2014 In diciannove indagati per una rissa in carcere avvenuta il 3 agosto di un anno fa. Il sostituto procuratore Massimiliano Carducci ha chiuso il fascicolo d’indagine in cui si ipotizzano, a vario titolo, le accuse di rissa aggravata e favoreggiamento. Oronzo Chilla, 47enne di Nardò, Flavio Mello, 53, di Veglie e Francesco Dabellonio, 29, di Cerignola, sono accusati di aver partecipato concretamente alla rissa per la quale Chilla riportò la frattura di due costole, un trauma cranico con frattura dello zigomo e varie lesioni giudicate guaribili in una ventina di giorni. Mello, invece, subì una lieve tumefazione alla regione lombare sinistra mentre Dabellonio escoriazioni da graffio. In 15, invece, sono accusati di favoreggiamento personale perché, per le indagini, avrebbero eluso gli accertamenti dell’Autorità di polizia penitenziaria perché ascoltati come persone informate dei fatti subito dopo la rissa avrebbero dichiarato di non aver visto nulla mentre l’attività d’indagine avrebbe chiaramente accertato che erano presenti all’interno del vano scala quando si consumò la rissa. L’elenco comprende i nomi di: Alessandro Ruggio, 31 anni, originario della Germania; Danilo Polimeno, 31, di Lecce; Pietro Privati, 24, di Terlizzi; Sigismondo Patera, 60, di Veglie; Massimo Suppa, 40, di Andria; Giuseppe Protopapa, 27, di Gallipoli; Vito Vitale, di 28, di Cerignola; Antonio Mastropietro, 47, di Cerignola; Jan Poleszak, 46, originario della Polonia; Ezio Cuppone, 33, di Lecce; Marco Maggio, di 24, di Lecce; Mirko Ricciato, 38, di Lecce; Michele Angelo Delle Puglie, 38, originario di Cassano Delle Murge; Fabio Sansonna, 31, di Canosa di Puglia; Giovanni Kosta, 48, di Torre Annunziata e Anttonio Sansonetti, 31, di Lecce. Gli indagati sono difesi d’ufficio dagli avvocati Luigi Rella, Francesca Conte, Stefania Melissano, Simona Ciardo, Umberto Leo, Massimo Bellini, Flavio Santoro, Maurizio Memmo, Diego Cisternino, Francesca Erroi, Ilaria Calogiuri, Cristina Pisacane, Giuliana Santese, Maria Scardia, Maurizio Scardia, Antonio Degli Atti e Pierandrea Serio. Trento: a Palazzo Trentini inaugurata mostra "424.800", con lavori creativi dei detenuti www.lavocedeltrentino.it, 24 maggio 2014 Dopo "Sanatorium", una mostra che aveva per tema il dolore e la malattia, dopo "Autovoto 6+" una rassegna di opere frutto della creatività di un gruppo di pazienti psichiatrici, la terza tappa del viaggio artistico nel mondo del disagio. Oggi pomeriggio a palazzo Trentini è stata inaugurata la mostra 424.800". Una serie di lavori creativi prodotti da un gruppo di una quarantina di detenuti del carcere di Spini che hanno seguito un corso tenuto da Paolo Dolzan, Marco Tita e Fabio Nones da novembre a oggi. Il titolo della mostra, ospitata negli spazi della sede del Consiglio provinciale, come ha spiegato Dolzan, è la "traduzione" in secondi delle 120 ore lungo le quali i detenuti sono venuti a contatto con il modo dell’arte. Secondi invece che ore perché danno più pienamente l’idea di quanto sia importante il tempo per chi è recluso e perché la cifra allude alla moltitudine di persone che nella vita non ce l’hanno fatta o hanno preso una strada sbagliata. Una mostra di reclusi che viene ospitata in un luogo che è l’emblema del dialogo e della necessità di apertura. "Queste storiche mura - ha detto il Presidente Bruno Dorigatti durante la presentazione della mostra - che ospitano la più alta forma della democrazia della nostra speciale autonomia, sono infatti il luogo dell’incontro e della reciproca conoscenza, nella convinzione che aprire il confronto con l’altro, chiunque egli sia, è il primo essenziale tassello nella costruzione progressiva di una società migliore e più giusta". Quello che si è aperto oggi, ha aggiunto Dorigatti, è un evento inedito: per la prima volta infatti il Consiglio ospita una mostra di artisti detenuti. E questo è stato fatto, ha continuato il Presidente del Consiglio, "nella consapevolezza del dovere istituzionale di esprimere attenzioni concrete alle difficoltà sociali". Un’iniziativa, ha ricordato ancora, che va nel senso dell’attenzione del Consiglio per l’"altra città", quella che i detenuti, sempre in collaborazione con il Consiglio, hanno messo in una rappresentazione teatrale messa in scena, nei mesi scorsi, prima in carcere e poi al Santa Chiara. Tommaso Amadei, responsabile dell’area educativa del carcere, ha ricordato l’importanza di iniziative come questa (è stata realizzata grazie ad un contributo della Fondazione Caritro) che offrono ai detenuti la possibilità di uscire dalla prigione nella prigione dell’ozio. Amadei ha ringraziato gli insegnanti che gratuitamente hanno dato vita a questa esperienza. Un tassello, quello artistico, ha affermato Amadei, che mancava nell’attività formativa della casa circondariale di Spini. Un carcere nel quale, su una popolazione media annua di 300 detenuti, si riesce a dare un offerta scolastica a 250 persone Bollate (Mi): Progetto "Liberazione Nella Prigione Italia Onlus", video-arte e buddhismo Ansa, 24 maggio 2014 L’arte e il buddhismo entrano in carcere, a Bollate, con il video di Ciriaca+Erre, "Epoché - Sospensione del giudizio" che verrà presentato mercoledì 28 maggio, alle 20.30. Oltre all’artista Ciriaca+Erre ci saranno, nel teatro del carcere di Bollate, Massimo Parisi, direttore del carcere e Cosima Buccoliero, vice direttrice, Lucia Castellano, Consigliere regionale, Grazia Sacchi e Alessandro Venuto del Progetto Liberazione Nella Prigione Italia Onlus, Elena De Martin, maestra di Ashtanga Yoga, volontaria a Bollate, inoltre saranno presenti alcuni detenuti protagonisti del documentario. Il video-documentario è stato girato all’interno del carcere stesso ed è stato presentato al Padiglione Tibet, durante la 55 Biennale d’Arte di Venezia, e poi al Museo Criminologico di Roma. Il video contiene le immagini del primo Mandala (cerchio simbolico ricco di significati nella religione buddhista) realizzato in un istituto di detenzione in Italia: nelle sequenze si alternano flash che danno vita a un racconto fatto di immagini di giardini, di corpi, di sabbie colorate, cavalli, monaci tibetani, poliziotti, scorci di interviste. All’osservatore non è dato sapere dove ci si trova: Ciriaca+Erre cerca infatti di sospendere il giudizio di chi guarda affinché possa avvicinarsi all’opera senza pregiudizi, proponendo all’osservatore inconsapevole un viaggio tra le mura del carcere, descrivendo realtà vicine quanto lontane. L’evento è organizzato dal PLP, Progetto Liberazione Nella Prigione, che si propone di alleviare la sofferenza mentale ed emotiva di detenuti ed ex detenuti negli Istituti penitenziari in Italia, motivandoli ad attuare un cambiamento nella propria disposizione mentale e nel comportamento. Televisione: stasera a "Tg2 Storie" (Rai2) quattro redattori-detenuti di Ristretti Orizzonti Agi, 24 maggio 2014 A Tg2 Storie i racconti della settimana del Tg2, con Maria Concetta Mattei, sabato 24 maggio alle 24.30 su Rai2. "Ristretti Orizzonti" è il nome della rivista realizzata nel carcere Due Palazzi di Padova. Quattro redattori-detenuti si raccontano. "Lucrezia, Franca e le altre" ... Le donne secondo Dario Fo. A 88 anni il premio Nobel racconta la sua ultima impresa: riabilitare la figura della figlia di Papa Borgia. "Una ricerca incessante" quella di Enrica Zappa, da anni sulle tracce del padre Bruno, disperso in Russia dal 1942. "La figlia dei Fuksas", Elisa, ha scritto un romanzo autobiografico per raccontare la fatica, ma anche i vantaggi, di nascere da una coppia di Vip. "Il distretto del cappello" di Montappone, nelle Marche è il più importante in Europa. Qui si realizzano ancora copricapo artigianali, richiesti anche oltreoceano. "Dentro una Goccia" è il titolo di un cortometraggio, realizzato a Pomezia, nell’ambito di un laboratorio di narrazione video-teatrale per malati psichici. "La musica è sociale" dice Andrea Gorgi Zuin, che viaggia alla riscoperta di canti etnici e musiche popolari in Italia e nel resto del mondo. Immigrazione: assolto Ispettore Polizia accusato di violenze su trans nel Cie di Milano Ansa, 24 maggio 2014 Accusato di violenze sessuali da alcuni trans del Cie (Centro Identificazione ed Espulsione) di Via Corelli, a Milano, un ispettore capo di Polizia è finito in carcere a S. Vittore per 18 mesi e poi per altri 14 agli arresti domiciliari nella sua abitazione di Chiuro (Sondrio). Dopo un calvario giudiziario di quattro anni, con inizialmente una pesante condanna per diverse imputazioni tra cui la concussione sessuale e il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, poi una forte riduzione di pena in Appello e, infine, in processo bis, che lo ha assolto con formula piena da tutte le accuse l’ispettore Mauro Tavelli, 50 anni, a sedici mesi dalla piena riabilitazione, non è ancora stato reintegrato al lavoro. "Non solo - denuncia Michele, il fratello del poliziotto assistito nei processi vittoriosi dagli avvocati Fabrizio Consoloni e Nicoletta Manca di Lecco - ma la Questura di Milano, per la quale era in servizio quando fu vittima di false accuse, ha proposto al ministero di licenziarlo". "Ci sono poliziotti regolarmente in servizio, nonostante condanne talvolta per fatti gravi come quelli dell’uccisione del giovane Aldrovandi - aggiunge Michele Tavelli - mentre mio fratello che, dopo un incubo durato anni in una lunga detenzione, è stato finalmente riconosciuto innocente, lo si vuole cacciare dalla Polizia. Il ministro Alfano, forse troppo preso dalla campagna elettorale, è al corrente che il suo sottoposto capo della Polizia, Alessandro Pansa, sta per firmare un decreto di licenziamento a carico di un innocente servitore dello Stato?". I familiari, inoltre, lamentano il fatto che la giudice Alessandra Galli, che avrebbe dovuto redigere in 60 giorni le motivazioni della sentenza assolutoria, abbia impiegato nove mesi, mentre per scrivere quella relativa alla condanna dell’ex premier Berlusconi (caso giunto sulla sua scrivania ben più tardi) solo quindici giorni. Droghe: il 29 la Cassazione decide su ricadute di bocciatura della legge Fini-Giovanardi Agi, 24 maggio 2014 Saranno le sezioni unite penali della Cassazione a chiarire, giovedì prossimo, se le conseguenze della bocciatura, da parte della Consulta, della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, riguarderanno anche le condanne già passate in giudicato. La Suprema Corte, infatti, è chiamata a sciogliere il nodo giurisprudenziale - più generale rispetto ai reati in materia di stupefacenti - "se la dichiarazione di illegittimità di una norma penale sostanziale diversa dalla norma incriminatrice comporti una rideterminazione della pena in executivis vincendo la preclusione del giudicato". La Suprema Corte, con diverse pronunce depositate dopo la sentenza della Corte Costituzionale sulla Fini-Giovanardi, ha già stabilito che, con il ritorno alla legge Jervolino-Vassalli in cui erano previste pene più miti per i reati legati alle droghe leggere, si applica il principio del favor rei nei casi di processi ancora in corso. L’unico nodo rimasto in sospeso, dunque, è al momento quello relativo alle condanne già definitive. Se la Cassazione sancirà che le pronunce di incostituzionalità travolgono il giudicato, dovranno essere riviste le pene anche per chi è già stato condannato in via definitiva con le norme della Fini-Giovanardi. Un esito del genere potrebbe avere ripercussioni anche sul numero dei detenuti nelle carceri italiane. Svizzera: caso Adeline, no all’abolizione del segreto medico per i detenuti www.tio.ch, 24 maggio 2014 A Ginevra e in Vallese vi sono state pressioni per togliere o allentare tale segreto professionale in seguito alla morte della socioterapeuta ginevrina Adeline uccisa da un detenuto durante un’uscita accompagnata. La Federazione dei medici svizzeri (Fmh) e l’Accademia svizzera delle scienze mediche (Assm) si oppongono a un’abolizione del segreto medico per i detenuti. Lo si legge in un comunicato odierno congiunto delle due associazioni. A Ginevra e in Vallese vi sono state pressioni per togliere o allentare tale segreto professionale in seguito alla morte della socioterapeuta ginevrina Adeline uccisa da un detenuto durante un’uscita accompagnata. Il Consiglio di Stato ginevrino aveva depositato un progetto di legge per costringere i medici a trasmettere alle autorità le informazioni che permettessero di valutare la pericolosità dei detenuti di cui si occupavano. Il Gran Consiglio deve ancora pronunciarsi. Anche in Vallese un progetto di legge mira a un ammorbidimento del segreto medico. Per la Fmh e l’Assm, sostenere che ciò potrebbe proteggere meglio la popolazione dagli individui pericolosi è una illusione. Il segreto medico è in effetti fondamentale per la riuscita del trattamento di quei detenuti che saranno rimessi in libertà. "Se un condannato non si confida con il suo terapeuta, il medico non sarà in grado di curarlo e di valutarne la pericolosità", sottolineano le due associazioni. La Fmh e l’Assm temono inoltre che possa essere un primo passo verso l’eliminazione del segreto professionale in altre situazioni, sottolineano nella nota. Da parte sua la Conferenza dei capi dei Dipartimenti di giustizia e polizia dei cantoni latini, riunitasi a fine ottobre a Delémont, aveva "già definito chiaramente che la sicurezza deve prevalere sul segreto medico quando si tratta di valutare la pericolosità di un detenuto". Stati Uniti: ex portavoce Pentagono, a Guantánamo detenuti trattati meglio dei veterani Tm News, 24 maggio 2014 I detenuti di Guantánamo trattati meglio dei veterani. È l’accusa formulata da un Commander in pensione della Marina militare americana (l’equivalente del capitano di fregata), J.D. Gordon, portavoce del Pentagono dal 2005 al 2009, autore di un articolo sul sito di Fox News. Nei giorni scorsi, negli Stati Uniti è scoppiato lo scandalo relativo alla mancata assistenza medica ai reduci statunitensi, che avrebbe causato almeno la morte di 40 veterani a Phoenix. L’indignazione nasce soprattutto dal fatto che in alcune strutture ospedaliere avrebbero falsificato le liste d’attesa per nascondere i gravi ritardi nell’assistenza ai reduci. Ora, dopo il tentativo del presidente Barack Obama di rassicurare gli americani che sarà fatta chiarezza, "gli americani devono anche sapere che i detenuti di al Qaida ottengono un trattamento medico migliore dei nostri veterani" ha scritto Gordon. "Lo so perché sono stato portavoce del Pentagono e ho visitato la base navale nella baia di Guantánamo più di 30 volte. Nonostante il fatto che abbiano condotto gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, uccidendo 3.000 persone negli Stati Uniti, i circa 150 jihadisti hanno più o meno 100 persone, tra dottori, infermiere e altro personale medico, a loro disposizione". "Se il rapporto tra detenuti e personale medico è di 1,5 a 1 a Guantánamo, per i 9 milioni di veterani che ricevono l’assistenza del dipartimento degli Affari dei veterani e i 267.930 impiegati, il rapporto è di 35 a 1" ha scritto Gordon. "Il presidente Obama ha bisogno di rimettere a fuoco le sue priorità. Meno tempo, sforzi ed energia per i detenuti di al Qaida e i talebani a Guantánamo e più attenzione per la salute dei veterani americani" ha concluso Gordon. Stati Uniti: autorizzata alimentazione forzata per detenuto Guantánamo in sciopero fame Adnkronos, 24 maggio 2014 Un giudice federale ha autorizzato l’alimentazione forzata di uno dei detenuti di Guantánamo da mesi in sciopero della fame, affermando di non "poter lasciare che Abu Wàel Dhiab". Nell’emettere la sentenza, con cui revoca temporaneamente un precedente ordine che impediva alle autorità del campo di prigionia americano di procedere all’alimentazione forzata, il giudice Gladys Kessler ha comunque duramente condannato le procedure "dolorose, umilianti e degradanti" usate dal Pentagono per l’alimentazione forzata. È ormai da quasi un anno che a Guantánamo decine di detenuti - il numero è arrivato lo scorso luglio a 106 - partecipano ad uno sciopero della fame per protestare contro le condizioni di detenzione in cui molti si trovano da oltre 10 anni, senza incriminazione, e senza avere la prospettiva di trasferimenti in patria o paesi terzi che negli anni scorsi ha ridotto la popolazione carceraria del carcere da quasi 600 a poco più di 150. Cittadino siriano detenuto a Guantánamo da 12 anni senza incriminazione, Diyab in effetti ha ottenuto l’ok al rimpatrio nel 2010, ma non è stato possibile trasferirlo vista la situazione di guerra civile del suo paese. Il presidente dell’Uruguay, Jose Mujica, si è offerto di accoglierlo, ma l’amministrazione Obama non ha autorizzato il trasferimento. Per questo il detenuto da mesi è in sciopero della fame e la scorsa settimana i suoi legali avevano ottenuto dal giudice Kessler il divieto dell’alimentazione forzata. Ma da allora Diyab si è rifiutato di mangiare e bere e le sue condizioni già precarie di salute "sono velocemente deteriorate" ed ora c’è il rischio reale che muoia, ha scritto il giudice revocando il suo ordine. Nella sentenza viene stigmatizzato il comportamento dei vertici militari di Guantánamo che si sono rifiutati di accogliere il "compromesso" offerto dal detenuto che era pronto al ricovero volontario, ma senza essere legato al lettino e sottoposto all’introduzione dei tubi nella gola e nel naso, risparmiandogli quindi quella che il giudice definisce "un’agonia". "Il dipartimento della Difesa ha rifiutato questo compromesso", scrive il giudice. Iran: impiccato a Teheran finanziere condannato a morte per una maxi truffa bancaria Ansa, 24 maggio 2014 Un finanziere iraniano condannato a morte per una maxi truffa bancaria da 2,6 miliardi di dollari è stato impiccato ieri a Teheran. Lo riferiscono i media locali. Mah Afarid Amir Khosravi era stato condannato alla pena capitale per "corruzione", insieme ad altre tre persone, per aver fatto tremare il sistema economico nazionale, spiegano. Nel settembre 2011 venne alla luce una truffa di grandi proporzioni nel mondo bancario iraniano, ad opera del gruppo privato Amir Mansour Aria, creato da Khosravi e dai suoi fratelli. Con un complesso scherma di false lettere di credito e una rete di complicità, il gruppo aveva messo le mani su una quarantina di società, tra cui uno dei principali produttori d’acciaio del Paese. Lo scandalo aveva lambito anche l’ex presidente Mahmud Ahmadinejad, quando alcuni giornali a lui ostili avevano pubblicato una lettera attribuita al suo capo di gabinetto Rahim Esfandiar Machaie nella quale si chiedeva all’allora ministro delle finanze di facilitare le operazioni Amir Mansour Aria. Il leader aveva respinto con forza queste accuse. Congo: Corte penale internazionale condanna a 12 anni il "signore della guerra" Katanga Agi, 24 maggio 2014 La Corte penale internazionale ha condannato a 12 anni di carcere il signore della guerra congolese, Germain Katanga, per i massacri "particolarmente efferati" compiuti dalle sue milizie nel 2003 nella regione nord-orientale del Paese. La sentenza è stata annunciata dal giudice Bruno Cotte, precisando che dalla pena saranno detratti i quasi sette anni di prigione già scontati dal leader militare della Repubblica Democratica del Congo. Il 36enne signore della guerra, a marzo, era stato riconosciuto colpevole di crimini di guerra e contro l’umanità, tra cui omicidio e saccheggio, per il suo ruolo nell’attacco contro il villaggio di Bogoro nella regione orientale del Paese africano nel febbraio 2003, in cui l’uso dei machete fu "particolarmente cruento e causò sofferenze estreme", ha sottolineato il giudice. A compiere il massacro, in cui morirono oltre 200 persone, erano state le Forze di resistenza patriottica nell’Ituri (Frpi), armate e guidate da Katanga. Lo stesso tribunale lo aveva però assolto dall’accusa di stupro, schiavitù sessuale e utilizzo di bambini soldati. I legali del leader militare congolese avevano fatto appello e ora hanno altri 30 giorni per presentare istanza contro la sentenza. Marocco: il Re inaugura un centro per l’integrazione socio-professionale dei detenuti Nova, 24 maggio 2014 Il re del Marocco, Mohammed VI, ha inaugurato ieri il centro di rieducazione socio-professionale del carcere di Bani Mellal, nell’entroterra marocchino. Il centro è finalizzato al reinserimento del mondo del lavoro dei detenuti una volta messi in libertà. Con un finanziamento di un milione di euro il centro è stato dotato di macchinari e insegnanti necessari per l’organizzazione di corsi al reinserimento professionale per i detenuti del carcere locale. Iran: leader riformista Nabavi esce dal carcere, ha scontato pena di 5 anni Aki, 24 maggio 2014 L’ex presidente del Parlamento iraniano e stretto alleato del leader dell’opposizione Hossein Mousavi, Behzad Nabavi, è uscito dal carcere dopo aver scontato la pena a cinque anni di detenzione alla quale era stato condannato. Lo rende noto l’agenzia di stampa Isna ricordando che Nabavi, alto dirigente riformista vicino all’ex presidente della repubblica Seyyed Mohammad Khatami, è stato anche vice primo ministro nei primi anni Ottanta, quando negoziò con gli Usa il rilascio degli ostaggi americani sequestrati nel 1979 nell’ambasciata di Washington a Teheran. Nabavi, uno dei membri più importanti del comitato centrale del partito riformista Sazeman Mojahedin Eslamì (Organizzazione dei Mujahedin dell’Islam). era stato arrestato insieme ad altri leader riformisti per aver denunciato frodi elettorali durante il voto del 2009 che ha portato alla rielezione dell’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad. È stato condannato al carcere con l’accusa di aver attentato alla sicurezza nazionale e aver fatto propaganda contro la Repubblica Islamica. Nabavi è stato uno dei membri più attivi durante la Rivoluzione Islamica del 1979 e nei primi vent’anni della Repubblica ha ricoperto diverse cariche governative rilevanti.