Due dolori si incontrano. "Riconciliata con chi ha ucciso mio marito" di Giorgia Gay Redattore Sociale, 23 maggio 2014 Parla Claudia Francardi, vedova del carabiniere Antonio Santarelli, colpito alla testa da un diciannovenne e morto dopo oltre un anno di coma. Con Irene Sisi, la madre del ragazzo che l’ha ucciso, ha fondato un’associazione. "No alla vendetta". Claudia Francardi e Irene Sisi sono due donne unite da una tragedia. Claudia è la vedova del carabiniere Antonio Santarelli, che durante un posto di blocco è stato colpito alla testa da un diciannovenne ed è morto dopo oltre un anno di coma. Irene è la madre del ragazzo che l’ha ucciso, Matteo Gorelli, condannato inizialmente all’ergastolo e in appello a vent’anni. Claudia e Irene hanno deciso di fondare un’associazione perché "portando la nostra testimonianza, raccontando la nostra storia, vorremmo sostenere percorsi di riconciliazione". Della loro esperienza parleranno nel corso della giornata di studi "La verità e la riconciliazione" organizzata da Ristretti Orizzonti a Padova venerdì 23 maggio (dalle 9.30 alle 16.30 nella Casa di Reclusione Due Palazzi). Claudia, come sono nati il rapporto con Irene e la voglia di riconciliazione? Da due dolori che si sono incontrati. C’è voluto un po’ di tempo. Nel corso dei 13 mesi in cui mio marito è stato in coma io ho partecipato a diverse trasmissioni lanciando messaggi a Matteo e alla sua famiglia. Provavo rabbia, ma volevo incontrare questo ragazzo. Irene mi scrisse una lettera chiedendomi perdono per il gesto del figlio. Si sentiva responsabile per non aver ascoltato i suoi silenzi. Decisi di incontrarla. La prima volta fu insieme ai nostri avvocati, dietro loro consiglio. Fu un po’ imbarazzante, ma in quell’occasione mi sembrò che la cosa migliore da fare fosse abbracciarsi. Le dissi che non la stavo giudicando. Sono convinta che il bene e male possono appartenere a ogni essere umano. Poi venne a trovare mio marito quando si trovava in clinica di risveglio. Si rese conto subito della gravità delle sue condizioni e che non si sarebbe risvegliato. Ebbe in quell’occasione piena consapevolezza del dramma. Poi suo marito Antonio morì…. A quel punto decisi di voler incontrare Matteo e anche lui ne sentì il bisogno. Il giorno della sentenza io mi sentii male dopo l’annuncio di un ergastolo che non mi avrebbe restituito Antonio. Matteo mi sorrise. In un secondo momento mi spiegò che era per tranquillizzarmi e dirmi "va bene così". A gennaio 2013 il primo incontro... È iniziato così il percorso di riconciliazione. Non parlo volutamente di perdono, perché quello lo dà Dio e io non mi sento superiore a Matteo. È un cammino che si fa insieme, lungo una strada che forse durerà tutta la vita e non sa dove porterà. Matteo attraverso il mio dolore e i miei racconti sta conoscendo Antonio e se potrà avere un futuro migliore lo dovrà anche a mio marito. Da dove l’idea di un’associazione? Un giorno tornando da Milano con Irene abbiamo detto "perché non facciamo qualcosa insieme"? Matteo ora è agli arresti domiciliari e non può partecipare attivamente, ma io e lei possiamo fare qualcosa di pratico. Da qui l’idea dell’associazione, che vuole diffondere la cultura della riconciliazione, appunto. Vista la sua esperienza cosa prova quando sente altri parlare con toni vendicativi? Arrabbiarsi non serve a niente, non fa bene a me e la vendetta non serve a nessuno. Non nego di avere avuto fasi di rabbia, ma non mi piacevo. Non si sta bene e la persona scomparsa non torna. L’unica cosa è far nascere dal male il bene. Non è difficile, dovrebbe essere nel nostro Dna. Vorrei parlare con chi chiede pena punitive per farli riflettere. Conosco la frustrazione delle vittime, lo stare in aula, dover ascoltare avvocati e pm e non poter parlare del nostro dolore. Invece quando facciamo la mediazione io parlo con Matteo del mio dolore. A queste persone vorrei dire: almeno provateci. Giustizia: finiamola con propaganda e ipocrisia… votiamo subito amnistia e indulto di Gennaro Migliore Gli Altri, 23 maggio 2014 Il tempo è scaduto. L’Italia non ha adempiuto alla sentenza della Corte di Strasburgo del gennaio 2013, detta "Torreggiani" dal nome di uno dei sette detenuti risarciti per le condizioni inumane di detenzione cui era stato sottoposto. Il prossimo 28 maggio scatteranno le sanzioni nei confronti del nostro paese. Non è il miglior modo per iniziare un semestre di presidenza dell’Unione europea per il quale s’è fatta gran propaganda. Il messaggio sarà "venite in Italia, troverete tante cose che altrove neanche vi sognereste nemmeno nei peggiori incubi". La verità è che provo rabbia e vergogna. Non riesco più a mettermi a discutere con le fobie propagandistiche di chi sghignazza a ogni manetta che scatta, che bercia all’indirizzo di nemici immaginari (ma tutti da mettere rigorosamente in galera), di quelli che ascolto al bar mentre parlano delle carceri "dove hanno pure la televisione", dei migranti "che lo stato gli paga pure le sigarette". Se si vuole sgominare questa banda di belve sanguinarie, che hanno fatto, come dice giustamente Marco Pannella, "strage di giustizia", bisogna rompere gli indugi e varare un indulto e un’amnistia. Sfidiamo le voci dissonanti, i patetici timori dei perbenisti, le ipocrite aperture degli aperturisti. Mettiamo nero su bianco la proposta di amnistia e indulto e diamo un segno di umanità (oltre che contribuire a risparmiare centinaia di milioni di euro in sanzioni). Lo dobbiamo fare per rispondere la verità, ossia che mettendo insieme tutti i provvedimenti svuota carceri, i cosiddetti "indulti mascherati", non si è riusciti a produrre la diminuzione necessaria a ritornare ben al di qua dell’asticella dei cinquanta mila detenuti. Oggi sono sessantamila e sono usciti poco più di settemila da quando abbiamo ricevuto il warning dalla Corte di Giustizia Europea. Intanto durante questa campagna elettorale il tema, tranne qualche isolatissima voce, è scomparso. Quasi che bisognasse nascondere il proprio intendimento di fronte alla marea becera del populismo. Un’ultima occasione fallita è stata quella del decreto sulle droghe, recentemente approvato, che avrebbe dovuto contenere una disposizione per consentire la scarcerazione di tutti coloro che sono ingiustamente detenuti a seguito della abolizione della Fini Giovanardi. Si dirà che è stata abolita per un vizio di forma, essendo quella terribile e ingiusta legge stata introdotta con il sotterfugio, nascosta nelle pieghe del "decreto olimpiadi invernali del 2006", e che quindi non di pronuncia nel merito si tratta. Ma a costoro va risposto a brutto muso che quella legge non sarebbe mai passata senza quell’innocente vizio di forma: che le strade dei malvagi si lastricano sempre di cavilli burocratici. Intanto 4 detenuti su 10 sono dentro per reati connessi alle droghe e, in virtù dell’abolizione della Fini Giovanardi dovrebbero essere fuori (non perché lo vorrei io, ma per obbedire alla costituzione e al principio del favor rei) almeno un quarto di costoro. Del resto il più grande argomento propagandistico di quella legge era che, inasprendo la repressione, sarebbe diminuita sia la patologia e che i reati connessi al consumo e detenzione delle sostanze. Invece, dopo otto anni di applicazione siamo alle certezze storiche, ovvero sono aumentati i detenuti, la diffusione e il commercio illecito (perciò chiediamo di legalizzare la marijuana, per spezzare il monopolio della criminalità organizzata sul consumo di una sostanza che provoca meno dipendenza dell’alcool), mentre sono crollate quasi a zero sia le pratiche di reinserimento in comunità che l’ottenimento della messa alla prova per i detenuti che sono nella fase finale del loro periodo di detenzione. L’amnistia e l’indulto, quindi, da ultima ratio sono diventati la necessità primaria. Intorno a questa proposta, che potrebbe essere anche molto "selettiva", in particolare verso i reati che dovranno essere aboliti poiché connessi a leggi criminogene (oltre alla Fini Giova-nardi anche la Bossi Fini e l’ex Cirielli) si può costruire un fronte ampio e trasversale, che vincoli il Parlamento a legiferare. Non bisogna mai aver paura di essere umani, rispettosi della vita e dei vissuti, in primo luogo di chi è privato della propria libertà. C’è da vergognarsi solo quando la galera ritorna a essere la soluzione prediletta, il gesto rassicurante per il popolo, il simbolo del proprio egoismo pauroso e rancoroso. Il buio oltre la siepe. Non possiamo lasciare che il buio ci inghiotta. Giustizia: Consiglio Europa soddisfatto da impegno sulle carceri, avanti con resto riforme di Samantha Agrò Ansa, 23 maggio 2014 Bisognerà attendere fino ai primi di giugno per conoscere il verdetto che il Consiglio d’Europa emetterà sulle misure adottate in Italia per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario. Ma le reazioni positive, alcune molto positive, espresse dai vertici dell’istituzione per i dati e le iniziative che il ministro della giustizia Andrea Orlando è venuto a presentare di persona oggi a Strasburgo, fanno prevedere un verdetto favorevole, almeno per quanto è stato fatto sinora. Probabilmente, infatti, l’organizzazione non potrà non incitare l’Italia a completare o mettere in atto nel più breve tempo possibile ulteriori misure, come quelle necessarie a compensare i carcerati che si sono visti negare il loro diritto a non essere sottoposti a trattamenti inumani e degradanti a causa del sovraffollamento carcerario. Ma intanto Orlando con la visita di oggi è riuscito a evitare il peggio e ha anzi ottenuto la necessaria fiducia dei vertici del Consiglio d’Europa per quanto sta facendo, e quindi a ottenere se non ufficialmente, almeno ufficiosamente, una deroga sulla scadenza fatidica del 27 maggio prossima, imposta dalla Corte di Strasburgo con la condanna Torreggiani. "L’incontro di oggi ci permette di costatare con grande soddisfazione l’impegno decisivo del ministro Orlando nel trovare delle soluzioni adeguate per risolvere il problema del sovraffollamento" ha affermato il vice segretario generale del Consiglio d’Europa, Gabriella Battaini Dragoni, al termine del suo colloquio col Guardasigilli. "Spero che con questa giornata sia chiaro a tutti nell’istituzione l’impegno definitivo dell’Italia per andare oltre il problema e poterlo risolvere in modo duraturo" ha aggiunto Battaini Dragoni, che ha anche rilevato come per lei, dai dati presentati dal ministro, non ci siano dubbi che l’Italia ha intrapreso la strada giusta. E i dati forniti dal ministro hanno fatto una buona impressione anche al presidente della Corte europea dei diritti dell’uomo, il lussemburghese, Dean Spielmann, che ha anche accettato l’invito di Orlando a venire in Italia. I dati e le informazioni fornite dal Guardasigilli riguardano in particolare la diminuzione del numero di detenuti e le misure introdotte attraverso interventi normativi e amministrativi per riformare il sistema carcerario. Il ministro ha presentato le leggi appena introdotte sulla messa alla prova, e quella legata alle pene per reati di droga, che secondo lui dovrebbero tradursi in ulteriore riduzione del numero di carcerati. Ha anche parlato del sistema che ora permette attraverso alcuni indicatori di analizzare la situazione in ogni carcere, non solo sul fronte del sovraffollamento ma anche dei servizi offerti (una banca dati relativa a 154 strutture su 203 tra carceri e ospedali psichiatrici giudiziari è da oggi on line sul sito del ministero e sarà via via completata). Il ministro è poi andato nei dettagli degli accordi raggiunti con le Regioni, Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Campania, Liguria, Umbria e del lavoro fatto per consentire il rimpatrio dei detenuti stranieri nei loro paesi di origine. Il ministro ha infine detto che una parte dei colloqui con le istituzioni del Consiglio d’Europa è stata dedicata a un confronto sulle misure che dovranno essere introdotte per indennizzare i detenuti. Orlando: avviate misure per uscita emergenza A poco più di un mese dalla sua prima visita a Strasburgo e a pochi giorni dalla scadenza del 27 maggio, fissata dalla Corte dei diritti dell’Uomo per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri italiane, il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha oggi "illustrato le innovazioni normative e amministrative che a nostro avviso consentiranno al nostro paesi di uscire dalla situazione di emergenza". Come ha spiegato al termine dell’incontro con la vicesegreteria generale del Consiglio d’Europa Gabriella Battaini Dragoni, cui è seguita una riunione con il presidente della Corte europea dei diritti dell’Uomo Dean Spielmann, "la Corte ci ha ascoltato" e sulla base delle indicazioni fornite "si dovrà pronunciare". Secondo le prime indicazioni di Strasburgo, nel Comitato dei ministri che comincerà il prossimo 3 giugno verrà presa nota delle novità presentate dal governo, che contribuiscono a togliere la "forte riserva" espressa un anno fa con la sentenza pilota sul caso Torreggiani, ma si manterrà da parte di Strasburgo uno stretto controllo sulla loro effettiva messa in campo e sulle conseguenze pratiche in termini di riduzione della popolazione carceraria. Nel frattempo, le migliaia di ricorsi (poco meno di 7 mila) pendenti alla Corte da parte di detenuti italiani resteranno sospesi. Bernardini: depositiamo oggi il nostro dossier in Europa Dichiarazione di Rita Bernardini, Segretaria Nazionale di Radicali italiani. Ancor prima del pronunciamento del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa che, a partire dal 3 giugno, è chiamato a valutare se l’Italia abbia ottemperato o meno a quanto previsto dalla sentenza Torreggiani, la burocrazia europea si agita anticipando giudizi sull’operato del nostro Paese. È inaudito che la Segretaria Generale del Consiglio d’Europa, l’italiana Gabriella Battaini Dragoni, dia un giudizio "politico" che non le spetta essendo il suo ruolo squisitamente "tecnico", a garanzia di tutti. Da parte nostra, presenteremo proprio oggi il nostro dossier sulla sentenza Torreggiani ai sensi dell’art. 9 comma 2 del Regolamento del Comitato dei Ministri per la sorveglianza dell’esecuzione delle sentenze e dei termini di conciliazione amichevoli. Si tratta di 54 pagine di analisi della situazione attuale ancora molto lontana dal garantire ai 60.000 detenuti nelle carceri italiane trattamenti che non violino l’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Carceri, l’Italia convince il Consiglio d’Europa, di Danilo Paolini (Avvenire) Niente condanna, anzi è probabile che il 3 giugno il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa elimini la "forte riserva" sulle condizioni delle carceri italiane. Una "riserva" attivata dalla dura sentenza -pilota "Torreggiani più altri" dell’8 gennaio 2013, con la quale la Corte europea dei diritti dell’uomo (emanazione del Consiglio) condannò l’Italia a risarcire con 100mila euro ciascuno sette detenuti perché erano stati reclusi in celle troppo piccole, senza acqua calda, non adeguatamente ventilate e illuminate. Insomma, missione "quasi compiuta" quella del ministro della Giustizia Andrea Orlando, oggi a Strasburgo per esporre al presidente della Corte Dean Spielmann il lavoro fatto finora contro il sovraffollamento carcerario. "Quasi", perché anche se a Strasburgo hanno riconosciuto che "l’Italia sta andando nella giusta direzione" (parole del vicesegretario del Consiglio Gabriella Battaini Dragoni), verrà comunque mantenuto un monitoraggio costante sull’attuazione delle misure prese e soprattutto sui risultati. Mercoledì prossimo scadeva il termine ultimo concesso dalla Corte al nostro Paese per mettersi in regola con i prescritti parametri di vivibilità delle strutture penitenziarie. Ma a questo punto il rischio di una valanga di condanne a risarcire migliaia di detenuti (sono oltre 6.800 i ricorsi presentati) è quanto meno congelato. Orlando, tuttavia, resta cauto: "Ho illustrato le innovazioni normative e amministrative che a nostro avviso consentiranno al Paese di uscire dalla situazione di emergenza. La Corte ci ha ascoltato e poi si dovrà pronunciare". Buemi (Psi): pessimisti su pronunzia Cedu per Italia (Ansa) "Diventa difficile essere ottimisti sulla ormai prossima decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo, che il 28 maggio si pronuncerà sulla situazione carceraria italiana in relazione alla procedura d’infrazione aperta dalle Ue nel 2013". Lo ha detto il senatore Enrico Buemi, capogruppo Psi in commissione Giustizia e in commissione Antimafia, dopo avere visitato il carcere genovese di Marassi. Secondo Buemi, è necessaria "un’applicazione puntuale da parte della magistratura dei provvedimenti recentemente adottati dal Parlamento in termini di carcerazione cautelare e espiazione della pena in regime attenuato". Giustizia: il ministro Orlando "meno sovraffollamento", dossier dei Radicali lo smentisce di Dimitri Buffa Il Tempo, 23 maggio 2014 Chiedere più tempo al Consiglio d’Europa per evitare una condanna pesantissima da parte della Corte dei diritti dell’uomo. La "mission" più o meno "impossible" del ministro Andrea Orlando di ieri a Strasburgo è stata questa. Ma nonostante le rassicuranti dichiarazioni del membro italiano di detto Consiglio, il segretario generale Gabriella Battaini Dragone, che si dichiara possibilista su un ulteriore rinvio, il Guardasigilli del governo Renzi non troverà un tappeto rosso ad accoglierlo. Perché nel frattempo sempre ieri i radicali, a firma di Rita Bernardini Laura Arconti e l’avvocato Debora Cianfanelli, hanno depositato un dossier di 54 pagine per contestare tutti i dati sin qui forniti da via Arenula su un presunto alleggerimento del sovraffollamento dei nostri 205 penitenziari italiani. E intanto sempre da Strasburgo fanno sapere che sino a oggi sono 6829 le cause che sono state già incardinate su istanza di altrettanti detenuti delle nostre patrie galere. E tutte potrebbero finire come quella di Torreggiani che nel gennaio 2013 è stato risarcito con circa 11 mila euro insieme ad altre sei persone. Il ministro ieri in un’intervista al quotidiano dei vescovi "Avvenire" sostiene che adesso i "numeri" sono in regola, sia nei tre metri quadrati a detenuto, sia nella capienza totale. Questo per i radicali invece non sarebbe affatto vero: non sarebbero 48.309 i posti disponibili ma a malapena 40 mila. Quando il 2 aprile il ministro comunicò la "sua" cifra a Strasburgo lo stesso Dap lo smentiva in un comunicato parlando di poco più di 43 mila posti disponibili per circa 60 mila detenuti. In realtà secondo la Bernardini anche alla cifra di 43mila 389 posti disponibili andrebbero sottratti quelli delle carceri sarde, 1.800, che sono semivuote e inutilizzate (oltre 800 posti liberi) e quelli dei manicomi giudiziari: altri circa mille posti. Inoltre ci sono centinaia di celle non riscaldate, manca l’assistenza sanitaria in quasi tutte le carceri italiane, i detenuti si suicidano a cifre di 100 l’anno e nessuno li aiuta psicologicamente. I magistrati di sorveglianza non visitano mai le celle e anche le guardie penitenziarie si tolgono la vita, circa duecento negli ultimi dieci anni. Nella maggior parte dei penitenziari il bagno e la cucina stanno nello stesso locale, non esiste un minimo di privacy, le ore d’aria sono due o tre al giorno e la rieducazione prevista dall’articolo 27 della Costituzione è solo dottrina. Sembra quasi che Orlando voglia risolvere il tutto trovando la sponda dell’euro-burocrazia. Credendo di potersela cavare citando i provvedimenti quali lo "svuota carceri", la messa alla prova e le altre misure tampone approvate dal 2010 a oggi. Che secondo i radicali non avrebbero fatto defluire più di sei o settemila detenuti in quattro anni. Non certo i 20 mila e passa che servirebbe. E che solo un provvedimento di amnistia e indulto (così come auspicato anche dal Capo dello stato nel messaggio alle camere dell’8 ottobre scorso) può fare uscire. Insomma una guerra di dati e di numeri, con evidenti gaffe ministeriali, quasi che le persone in carcere, il 40 per cento delle quali è ancora in attesa di un giudizio definitivo (e di esse circa il 40 per cento alla fine dei tre gradi di giudizio risulterà innocente), siano cose. A ventisei anni dalla morte di Enzo Tortora la situazione carceraria in Italia è ancora all’anno zero. Giustizia: psichiatri; bene chiusura degli Opg, ma ora necessarie linee guida medico-legali Ansa, 23 maggio 2014 Bene la chiusura definitiva degli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) ma con la previsione di nuove linee guida, "anche per evitare eccessivi margini di discrezionalità che possono consentire ai furbi di evitare il carcere tradizionale". A sottolinearlo è la Società italiana di psichiatria (Sip). "Molte delle richieste inoltrate dalla Sip sono state recepite dalla commissione sanità del Senato. Questo segna il passaggio fondamentale - rileva la Società in una nota - verso una reale conclusione dell’avventura ormai annosa circa la chiusura degli Opg in Italia. Un segno di progresso e di civiltà, ma anche la possibilità di fornire nuovi strumenti di cura e assistenza a pazienti complessi". Restano sul tavolo, sottolineano gli psichiatri, alcuni problemi di tipo operativo: "Innanzitutto si tratta di individuare nel dettaglio i percorsi di cura alternativi e, quindi - spiega Emilio Sacchetti, neo presidente Sip - è fondamentale che ad occuparsi di queste decisioni siano i Dipartimenti di Salute Mentale. Inoltre è da ripensare e da regolamentare con grande attenzione, e con il coinvolgimento di chi lavora sul campo, il tema della perizia psichiatrica. Si tratta di ridurre al massimo la discrezionalità delle decisioni, visto che oggi i margini sono molto elevati proprio per la mancanza di linee guida. In questo modo si contribuirà anche a ridurre al minimo i rischi che persone molto ben preparate riescano, con furbizia, ad utilizzare la diagnosi psichiatrica come improprio strumento di vantaggio a fini legali". In questa prospettiva, conclude, "è imprescindibile identificare un percorso formativo unitario. Su questo punto la Sip si impegna a convocare una conferenza multidisciplinare con l’obiettivo di giungere proprio alla stesura di quelle linee guida condivise che rappresentano uno strumento concreto per ridurre la discrezionalità decisionale". Giustizia: "Nave della legalità", 1.500 studenti con t-shirt "Sigillo" prodotte nelle carceri Adnkronos, 23 maggio 2014 Sono firmate da "Sigillo" le t-shirt indossate dai 1.500 studenti che si dirigeranno a Palermo con la nave della legalità, in occasione dell’anniversario delle stragi di Capaci e via D’Amelio in cui persero la vita i giudici Falcone e Borsellino. La Fondazione Falcone, promotore dell’iniziativa, ha accolto con grande favore la proposta di fornitura da parte dell’Agenzia nazionale per la promozione e il sostegno dell’imprenditorialità delle donne detenute avviata dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, commissionando la realizzazione delle magliette ai laboratori tessili presenti nei 14 istituti penitenziari aderenti al progetto "Sigillo", finanziato dalla Cassa delle Ammende e che attesta la garanzia e la qualità dei prodotti. Il logo ‘Sigillò sarà presente sulle t-shirt accanto a quello del ministero dell’Istruzione e della Fondazione Falcone, mettendo così in evidenza il legame esistente tra la lotta alla criminalità e l’inserimento lavorativo delle donne detenute. A indossare le magliette saranno i vincitori del concorso "Legalità e cittadinanza economica. Sconfiggere le mafie attraverso un uso consapevole del denaro", promosso dalla Fondazione Falcone e dal Miur, rivolto agli studenti italiani delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado per invitarli a riflettere sull’importanza dei tragici eventi delle Stragi di Capaci e via D’Amelio, sul valore della loro memoria e dell’importanza della cultura e pratica quotidiana della legalità e della lotta alla mafia. La nave della legalità, vestita da Sigillo, giungerà a Palermo domani per la premiazione dei vincitori in programma durante i lavori del convegno annuale presso l’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, sotto l’alto patrocinio del presidente della Repubblica. Puglia: il Presidente Vendola; andare oltre lo sguardo pietistico verso mondo delle carceri Italpress, 23 maggio 2014 "Dobbiamo avere il coraggio davvero di andare oltre uno sguardo pietistico nei confronti del mondo di dentro. Dentro ci sono cittadini ristretti, ma non è possibile avere un atteggiamento pietistico". A dirlo a una trentina di detenuti della casa circondariale di Bari, il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, che nel pomeriggio ha assistito alla seconda edizione di "Caffè ristretto - percorsi e discorsi dentro le mura", un laboratorio di scrittura creativa durato 60 ore in cui i detenuti, grazie al finanziamento dell’assessorato al Diritto allo Studio ed alla Formazione della Regione Puglia hanno affrontato i temi della famiglia, dell’identità, della colpa, della paura e del coraggio, per un intervento educativo strutturato, coordinato e coerente e per un percorso di scambio culturale e artistico tra il dentro e il fuori. "Dovremo cambiare - ha detto Vendola - il vocabolario che si usa in carcere, tutto miniaturizzato, fatto di diminutivi, di vezzeggiativi: il permessino ad esempio. È come se - ha spiegato - la popolazione carceraria è una popolazione infantile e l’infantilizzazione del mondo carcerario corrisponde a un’operazione culturale di diminuzione della visione del detenuto come cittadino temporaneamente ristretto, privato della libertà personale". Per il governatore di Puglia, quindi, bisogna operare. "L’abbiamo fatto in questi anni terribili - ha sottolineato - in cui la forbice sul welfare, sull’assistenza sanitaria, innanzitutto ha riguardato il diritto alla salute in carcere. Prima si parlava tanto di carcere, poi improvvisamente è calata la tenebra ed è tornata la voglia - ha detto con rammarico - di presentare il carcere come un pozzo nero come buttare tutto ciò che ci da fastidio e ci disturba. Tanto più che nel corso degli ultimi 20 anni le galere hanno ospitato prevalentemente persone legate a problematiche di dipendenza patologica e stranieri. Due tipologie che sono il frutto di una complicanza sociale che andrebbe affrontata con politiche specifiche, ma è più facile a chi chiede una mano dargli una manetta. E così ha fatto il nostro Paese. Oggi forse sta cambiando il clima. E questo - ha concluso - è un vantaggio non solo per il mondo di dentro, ma anche per quello di fuori, perché quando il mondo di dentro non è privato di diritti elementari, quindi non diventa una fabbrica di violenza, anche il mondo di fuori in qualche modo ha il riverbero di una maggiore serenità". Puglia: Cosp; nuovi tentativi di suicidio a Foggia e Taranto, servirebbero altri 600 agenti di Federica Sterza www.puglia24news.it, 23 maggio 2014 Nuovi tentativi di suicidio si sono registrati tra la giornata di ieri e quella di oggi nel carcere Jonico (Taranto) dove un uomo ha cercato di togliersi la vita "mediante impiccamento con una corda rudimentale agganciata all’inferriate della finestra del bagno della propria cella detentiva", come si legge nel comunicato trasmesso dal segretario del Cosp (Coordinamento Sindacale Penitenziario) Mimmo Mastrulli. Un altro caso si è registrato questa mattina nel carcere di Foggia, dove un detenuto "è stato rinvenuto dalla Vigilanza dei Poliziotti disteso per terra, nella propria cella, con una cordicella intorno al collo". Mastrulli nel comunicato sottolinea l’emergenza che le carceri pugliesi sono costrette a vivere ogni giorno. "Oggi che si è festeggiato l’Annuale 197° del Corpo negli istituti Penitenziari d’Italia a livello territoriale, sebbene siamo in sotto organico nazionale di 7.500 unità". Nel particolare caso della Puglia, al momento operano "2.448 unità ma ne servirebbero altre 600". Genova: Buemi (Psi): il carcere di Marassi versa in condizioni estremamente critiche Il Velino, 23 maggio 2014 "Purtroppo anche il carcere Marassi versa in condizioni estremamente critiche", ha dichiarato il senatore Enrico Buemi, Capogruppo Psi in commissione Giustizia e in commissione Antimafia, al termine della sua visita a sorpresa del penitenziario di Genova. "A fronte di una capienza di 450 posti i detenuti sono 803, quasi il doppio della capacità recettiva della struttura - ha spiegato Buemi - e mi sono stati anche segnalati casi di malattie infettive, che solo grazie alla presenza adeguata e qualificata del servizio sanitario nazionale, non si sono trasformate in situazioni gravi". "La situazione di sovraffollamento e la carenza di risorse economiche rendono difficile il perseguimento della finalità rieducativa della pena, considerando anche che gli agenti sono 250 rispetto alla popolazione detenuta di 800 e sono carenti anche i formatori da dedicare alle attività di lavoro e di crescita culturale", ha continuato il senatore socialista, che nella sua visita era accompagnato dai candidati del Pd-Pse alle elezioni europee, Marina Lombardi e Brando Benifei, da una rappresentante dei Radicali Italiani, Alessandra Terragni, dal segretario pronvinciale Psi di Genova, Corrado Oppedisano, e dal segretario dei Giovani Socialisti genovesi, Carlo Casaricco. "Nonostante ciò - continua Buemi, sotto la direzione del dottor. Salvatore Mazzeo sono in corso attività di impegno occupazionale e di crescita culturale che impiegano il 15% dei detenuti. Tra le iniziative più significative, la falegnameria grazie alla quale è in corso la realizzazione del teatro interno e la panetteria che produce focacce e pizze per le scuole del territorio". "Una maggiore attenzione dei comuni e degli altri enti locali verso questo pezzo di comunità con caratteristiche particolari aiuterebbe - ha commentato Buemi - oltre quanto si sta già facendo, la realizzazione del dettato costituzionale. Diventa difficile essere ottimisti sulla ormai prossima decisione della Cedu (la Corte Europea dei diritti dell’uomo) che il 28 maggio si pronuncerà sulla situazione carceraria italiana in relazione alla procedura d’infrazione aperta dalle Ue nel 2013. Abbiamo perso troppo tempo in sterili discussioni politiche. Urge un’applicazione puntuale da parte della magistratura dei provvedimenti recentemente adottati dal Parlamento in termini di carcerazione cautelare e espiazione della pena in regime attenuato ed è necessario anche un rapido ricorso all’indulto e all’amnistia per far fronte a questa drammatica situazione presente in tutta Italia. Pur nella consapevolezza - ha concluso Buemi - che una parte dell’opinione pubblica e della politica sono restii a provvedimenti di questo genere, ma i ritardi culturali e politici si pagano". Cagliari: detenuto appicca incendio in Centro Clinico Buoncammino, salvato dagli agenti L’Unione Sarda, 23 maggio 2014 Detenuto appicca incendio nella clinica Buoncammino, salvato dagli agenti Il carcere di Buoncammino. Un detenuto con problemi psichici ricoverato nel Centro clinico del carcere Buoncammino appicca un incendio e viene salvato dagli agenti della Polizia penitenziaria che allontanano gli altri detenuti ricoverati nel Centro per evitare che rimangano feriti. Il detenuto, ha segnalato la segreteria provinciale della Uil Penitenziari di Cagliari, era ricoverato in osservazione nel Centro quando ha appiccato il rogo. "La tempestività e la grande capacità operativa degli agenti in servizio nel turno serale ha permesso di mettere in salvo l’autore dell’incendio - ha sottolineato Raffaele Murtas, coordinatore provinciale della Uil Penitenziari - mettere in sicurezza gli altri detenuti e contrastare le fiamme prima che il fumo potesse rendere l’aria irrespirabile e vani i tentativi di soccorso". Secondo quanto affermato dal sindacalista quello di ieri è il quinto incendio che viene appiccato nel reparto. Murtas poi punta il dito contro l’Amministrazione Penitenziaria che "sembra ancora non accorgersi che Buoncammino non abbia la possibilità di gestire detenuti con gravi problemi psichiatrici. Auspichiamo che arrivino nell’immediato risposte concrete per evitare che queste dinamiche non avvengano anche nella nuova struttura di Uta". Cagliari: celebrato a Buoncammino 197esimo anniversario Corpo Polizia penitenziaria Ansa, 23 maggio 2014 "Non sappiamo esattamente quando aprirà la struttura tuttavia a breve ci trasferiremo a Uta. Alcuni sono contenti, altri meno, ma è certo che questo evento resterà nella memoria di tutti perché chiude un’epoca, quella di Buoncammino, con una storia lunga 150 anni. Non sarà facile, ma sono certo che lì per molti versi staremo tutti meglio". Lo ha detto il Direttore della Casa Circondariale di Cagliari Gianfranco Pala in occasione della celebrazione del 197esimo anniversario del Corpo della Polizia Penitenziaria. "La struttura di Buoncammino - ha aggiunto - ha quasi superato l’emergenza sovraffollamento considerando che al 31 dicembre 2010 contava 547 detenuti e al 30 aprile scorso 346. Si sono registrati momenti difficili, con una popolazione di cittadini privati della libertà costituita dal 33% da tossicodipendenti e dal 37% da stranieri senza risorse. Condizioni che hanno visto in prima linea con professionalità la Polizia Penitenziaria. Sono stati anni molto complessi anche se del tutto diversi da quelli delle rivolte carcerarie e dal periodo del terrorismo". A delineare la realtà attuale della Casa Circondariale è stata la Vice Commissaria Barbara Caria Comandante del Reparto. "La festa del Corpo - ha evidenziato - è sempre un’occasione di riflessione su un compito variegato e complesso, finalizzato al recupero del soggetto detenuto e a evitare eventi critici. Nel 2013 sono stati scongiurati 20 tentativi di suicidio. Sono state effettuate 312 perquisizioni ordinarie, 18 sequestri di materiali, 1624 traduzioni, 64 piantonamenti. Sono stati tradotti 300 detenuti dell’Alta Sicurezza. Attualmente a Buoncammino sono ristrette 346 persone, 245 definitive, 53 in attesa di giudizio, 8 appellanti, 18 ricorrenti. Le donne sono 16 ma hanno subito a lungo il sovraffollamento. La popolazione detenuta è costituita in misura consistente da tossicodipendenti, malati psichiatrici e da cittadini di diverse etnie. Ricordo un gravissimo episodio con l’incendio di una cella nel Cdt che ha visto impegnati Assistenti e Ispettori per salvare la vita al detenuto con gravi disturbi psichici. Anche in quella circostanza la Polizia Penitenziaria ha mostrato indubbie capacità spesso sottovalutate". Nella prima parte della cerimonia sono stati letti i messaggi del Presidente della Repubblica, del Ministro della Giustizia e del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. A conclusione della manifestazione sono stati assegnati riconoscimenti per interventi particolarmente significativi in momenti di eccezionale problematicità a Michela Cangiano, Fabrizio Boi, Nicola Vacca, Mauro Muscas, Maurizio Figus e Franco Pilia, Giuliano Piras, Roberto Serru, Giampaolo Piras e Massimiliano Piludu. Presenti oltre alle associazioni dei Pensionati del Corpo, il Cappellano, Suor Angela Niccoli e rappresentanze degli amministrativi, dei Medici e Infermieri, degli Educatori, dei volontari carcerari nonché del Provveditorato Regionale e dell’Ufficio Esecuzioni Penali Esterne, gli interventi hanno anche evidenziato l’importante ruolo di quanti operano gratuitamente nella Casa Circondariale. Cagliari: Srd; negato a delegato assegno circolare di 114 euro destinati a un detenuto Ansa, 23 maggio 2014 "Assurdo immotivato diniego del Direttore di una Agenzia bancaria cagliaritana che ha rifiutato a Nicola Brunetti, volontario dell’Orsac (Opera di Redenzione Sociale Assistenza Carcerati) operante nella Casa Circondariale cittadina, di poter cambiare un assegno circolare di 114 euro dello stesso Istituto di Credito, nonostante siano stati esibiti documenti e regolare delega. Si tratta di un atteggiamento che oltre a danneggiare il cittadino privato della libertà ledendone un diritto, mortifica l’azione di quanti lavorano per puro spirito di servizio". Lo denuncia Maria Grazia Caligaris, presidente associazione "Socialismo Diritti Riforme", sottolineando che "non accettare una delega sostenendo che la procedura per ottenere il contante è legata alle norme sull’antiriciclaggio appare addirittura risibile considerata la cifra". "È sconcertante inoltre che un dirigente - osserva la Caligaris - possa non tenere in alcun conto la firma del Direttore di Buoncammino al quale, qualora avesse avuto dubbi, avrebbe potuto rivolgersi per avere conferma. Appare invece evidente troppo spesso quanta poco considerazione si abbia dei detenuti in difficoltà e di coloro che con personale gratuita disponibilità offrono parte del loro tempo per risolvere problemi pratici di cittadini talvolta senza parenti in grado di aiutarli e in altri completamente soli". "Atteggiamenti così rigorosi quando non sussistono oggettive ragioni - conclude la presidente di Sdr - sono in netto contrasto con il buon senso che dovrebbe sempre prevalere nei Dirigenti di Banche e Uffici, osservando da vicino il caso specifico, pur con i necessari accertamenti. Accade invece sempre più spesso che i volontari debbano incorrere in intoppi burocratici talvolta indotti da un discutibile eccesso di zelo". Lecce: i Sindacati boicottano la Festa annuale, Polizia penitenziaria con il lutto al braccio di Marina Schirinzi e Gabriele De Giorgi www.lecceprima.it, 23 maggio 2014 Le celebrazioni del corpo di polizia hanno incrociato il malumore della protesta. I manifestanti voltano le spalle al provveditore pugliese del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria mentre sta lasciando la casa circondariale leccese. A rovinare "la festa" per l’annuale celebrazione del corpo di polizia penitenziaria ci hanno pensato loro, i sindacati che rappresentano buona parte degli agenti in servizio. La contestazione all’ingresso del carcere di Borgo San Nicola dei manifestanti (molti dei quali con un nastrino nero al braccio) appartenenti alle varie sigle - Osapp, Sappe, Uil penitenziari, Sinappe, Ugl - è servita a ricordare come sotto il tappeto la polvere sia tanta. Perché oltre agli encomi da parte del provveditore pugliese del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giuseppe Martone, rivolti al personale che si è particolarmente distinto per le attività in servizio, c’è un intero corpo che vive in condizioni di affanno se non di quotidiana emergenza. E per il quale - questa la denuncia - si fa "poco o nulla". L’alto funzionario ha partecipato alla cerimonia all’interno della struttura penitenziaria, disertata invece dal fronte sindacale che, tra l’altro, gli rimprovera di aver imposto l’anticipazione di un’ora del secondo turno di lavoro, dalle 12 alle 11 (con straordinario pagato) per favorire un maggiore afflusso nella sala conferenze. Cinque sono i suicidi dei poliziotti negli ultimi cinque mesi, addirittura 130 in tutto il Paese, dal 2000 fino ad oggi. Le politiche dell’amministrazione centrale e di quella regionale, del resto, avrebbero ora come obiettivo prioritario la rincorsa all’applicazione della sentenza "Torreggiani" emessa dalla Corte europea dei Diritti dell’uomo e relativa alle condizioni di detenzione delle carceri italiane: nel dettaglio la Corte di Strasburgo, l’ 8 gennaio 2013, ha condannato il nostro Paese a risarcire sette ricorrenti per il trattamento disumano e degradante subito durante la permanenza negli istituti penitenziari di Busto Arsizio e di Piacenza. E non è certo questo l’ultima caso giudiziario che ha messo a nudo le inadempienze dell’Italia in tema di condizione detentiva, tema che ricorre con frequenza negli interventi del Presidente della Repubblica: lo stesso Tribunale di sorveglianza di Lecce aveva messo a nudo la situazione, che peraltro non è sconosciuta date le continue segnalazioni di associazioni, sindacati e operatori. "La sentenza comporta uno stravolgimento delle condizioni di detenzione cui non siamo preparati - ha spiegato Ruggiero Damato, segretario provinciale Osapp. Ai detenuti è riconosciuto il diritto di circolare nei locali adiacenti alle celle (sezioni aperte, ndr), ma sempre sotto la sorveglianza del poliziotto di turno. Avevamo concordato, insieme all’amministrazione, di affiancare un sistema di videosorveglianza e di allarme, ma il supporto tecnico non è stato ancora predisposto". Le mansioni dei poliziotti rappresentano il vero nodo della protesta, se è vero - come racconta il sindacalista - che in occasione della maxi rissa tra detenuti scoppiata nel carcere di Lecce il giorno di Pasqua, l’allarme è stato lanciato telefonicamente a causa dell’assenza di un vero sistema computerizzato: "L’unica soluzione è quella di privatizzare le carceri come avvenuto nel resto d’Europa. In Italia, invece, i poliziotti sono snaturati nelle loro funzioni e devono occuparsi anche della vigilanza ordinaria". Il presidio sindacale ha atteso all’esterno della struttura che la cerimonia avesse fine e quando l’Alfa Romeo con a bordo il provveditore ha varcato il cancello automatico è stata lasciata passare tra due file di agenti voltati di spalle, in segno di protesta. Diversi sono i punti iscritti nell’agenda delle criticità: dal deterioramento delle relazioni sindacali ai gravi rischi per la sicurezza e incolumità, dal mancato adeguamento delle strutture alla gestione dei detenuti, ridotta ad una sorta di "contabilità di posti letto" con conseguenti scelte "irrazionali, come l’onerosa ristrutturazione di un plesso detentivo esterno alla casa circondariale per detenuti affetti da patologie psichiatriche e in molti casi socialmente pericolosi, senza previsione di incremento di organico, già di suo carente". A Martone viene contestato anche il trasferimento dei detenuti con procedimenti penali in corso in carceri esterne al circondario, pure in presenza di un parco automezzi riconosciuto assolutamente inadeguato dallo stesso provveditore, di un organico del personale insufficiente e influendo negativamente sui carichi di lavori, sulla sicurezza del personale e sulla spesa pubblica". Potenza: i Sindacati di Polizia penitenziaria in stato agitazione per carenze nell’organico Ansa, 23 maggio 2014 I Sindacati di categoria, in una nota congiunta, hanno "denunciato" all’amministrazione penitenziaria "le precarie condizioni che vive il personale di polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Potenza a causa di una gravissima carenza di organico, dovuta ai notevoli pensionamenti degli ultimi anni, e senza turnover", proclamando lo stato di agitazione da domani 23 maggio "con l’astensione della consumazione del pasto giornaliero nella mensa di servizio". I segretari regionali dei sindacati hanno anche chiesto "un immediato incontro con il Provveditore regionale, al fine di trovare soluzioni immediate ed urgenti non più rinviabili". Per le organizzazioni sindacali, "l’amministrazione penitenziaria regionale e centrale, purtroppo "ha "sempre ignorato la realtà dei fatti, affidandosi e sfruttando il costante sacrificio dei baschi azzurri, questi sempre pronti a superare ogni tipo di criticità con il buon senso e con l’impegno che spesso ha anche superato gli obblighi contrattuali". "Allo stato - si prosegue nella nota - risultano in servizio soltanto 115 unità di Polizia Penitenziaria in servizio a fronte di un organico previsto di 153 unità, in una struttura penitenziaria risalente agli anni ‘50, priva della necessaria strumentazione tecnologica che possa veramente essere efficace per sopperire la carenza del personale". Da gennaio arrivati 136 nuovi detenuti Dal primo gennaio ad oggi sono stati 136 i nuovi detenuti nel carcere di Potenza, fra i quali due donne: negli ultimi mesi inoltre sono stati evitati due tentativi di suicidio, sono state effettuate 227 traduzioni di detenuti e tre piantonamenti in luoghi esterni, con l’impiego complessivo di 962 agenti. Milano: Polizia penitenziaria arresta detenuto evaso da Bollate, era in un campo nomadi Italpress, 23 maggio 2014 È stato catturato dagli uomini della Polizia Penitenziaria, in un campo nomadi di Milano, il detenuto straniero che non aveva fatto rientro nel carcere di Bollate durante la frequenza di un corso di formazione professionale. Ne da notizia il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. "Nell’immediatezza dell’evento critico" spiega Donato Capece, segretario generale del Sappe "i poliziotti penitenziari di Bollate si sono subito attivati per mettersi sulle tracce del fuggitivo. Una attenta attività info-investigativa ha permesso agli uomini del 5° Reparto di Polizia Penitenziaria del carcere di catturarlo in un campo nomadi del Milanese. A loro va il mio apprezzamento per l’importante risultato ottenuto, che conferma la professionalità, lo spirito di iniziativa e le capacità operative ed investigative dei Baschi Azzurri della Penitenziaria. Questo conferma una volta di più, se mai ve ne fosse bisogno, la peculiarità della Polizia Penitenziaria, Corpo di Polizia dello Stato che con l’attenta vigilanza esercitata ogni giorno nelle sezioni detentive delle carceri dalle donne e dagli uomini che ad esso appartengono acquisisce una conoscenza profonda dei detenuti e del loro tessuto familiare e sociale". Palermo: convenzione UniCredit-Asvope per acquisto beni destinati a carcere Ucciardone Italpress, 23 maggio 2014 Presentata al carcere Ucciardone di Palermo una convenzione tra UniCredit e l’Asvope, Associazione di Volontariato Penitenziario, attraverso la quale la banca ha donato un contributo economico per l’acquisto di beni che verranno utilizzati per progetti di rieducazione e risocializzazione dei detenuti. "Siamo lieti di poter fornire - ha osservato Vincenzo Tumminello, responsabile Settore Pubblico e Sviluppo del Territorio Sicilia di UniCredit - un aiuto concreto per dei progetti che possono aiutare il successivo reinserimento nella società e nel mondo del lavoro di chi oggi è detenuto. Già nei mesi scorsi siamo stati presenti nel Carcere Minorile Malaspina di Palermo per svolgere dei corsi di formazione rivolti ad alcuni ragazzi detenuti. I corsi sono stati molto apprezzati e abbiamo ricevuto richiesta di svolgerne altri nei prossimi mesi. Il nostro contributo economico è stato reso possibile grazie ai fondi raccolti attraverso UniCredit Carta E, la carta di credito del gruppo UniCredit che, senza alcun costo aggiuntivo per il titolare, destina il 2 per mille di ogni spesa effettuata ad un fondo destinato ad iniziative e progetti di solidarietà. Nel 2014 abbiamo finanziato 26 progetti di associazioni e Onlus di tutte le province siciliane assegnando contributi per 230 mila euro complessivi". L’Asvope si occupa dall’anno 2000 del sostegno morale e culturale dei detenuti muovendo dalla constatazione di come spesso il tempo libero in carcere da parte dei detenuti è utilizzato male, con negative ripercussioni sul loro stato psichico e morale che vanno in senso contrario ad una giusta attuazione della pena detentiva che per legge deve mirare alla rieducazione e risocializzazione. Con il contributo donato da UniCredit sono stati già acquistati legnami speciali e vernici marine che hanno consentito ai detenuti di realizzare una barca di 4 metri che è esposta all’interno del carcere e che contiene un riferimento ad una recente tragedia sul mare che ha coinvolto immigrati in viaggio per la Sicilia. Un altro progetto, già realizzato con il contributo della banca, è stato quello di acquistare un tavolo da ping pong, racchette e palline che hanno permesso lo svolgimento di un torneo al quale hanno partecipato oltre 50 detenuti e la cui fase finale si è svolta alla presenza del direttore del Carcere Ucciardone, Rita Barbera. "Nei prossimi mesi - ha sottolineato il presidente dell’Asvope, Francesco Chinnici - realizzeremo altri due progetti utilizzando il contributo della banca. In particolare saranno acquistati strumenti musicali, quali pianoforte, chitarre, e un sistema di amplificazione per formare un coro ed approntare anche un corso sull’utilizzo degli strumenti a corda. Inoltre acquisteremo anche una cinepresa e alcune macchine fotografiche digitali per realizzare dei corsi di formazione riservati a detenuti. Si tratta di attività che hanno lo scopo di stimolare e suscitare nei detenuti l’importanza delle regole, il senso dell’operare in gruppo, la soddisfazione di costruire e realizzare qualcosa di bello di cui si possono rendere partecipi anche gli altri". Teramo: condannato a 20 anni per aggressione con l’acido alla sua ex, tenta il suicidio Ansa, 23 maggio 2014 Luca Varani, l’avvocato di 37 anni condannato a 20 anni di reclusione per l’aggressione con l’acido alla sua ex Lucia Annibali, ha tentato ieri sera il suicidio in carcere, appendendosi con un lenzuolo alle sbarre della finestra della sua cella nel carcere di Castrogno (Teramo). Un agente di custodia ha dato l’allarme. Varani è ora nell’infermeria del carcere, le sue condizioni non sono gravi, ma aveva dato segni di sofferenza, tanto che sabato prossimo era in programma la visita di uno psichiatra. I familiari di Varani lo andranno a trovare domani. Ieri, durante il consueto giro di controllo serale, uno degli agenti di polizia penitenziaria si è accorto che il trentasettenne non era nel suo letto, è entrato nella cella e ha scoperto il tentativo di suicidio. L’avvocato era stato condannato dal Tribunale di Pesaro a 20 anni di reclusione per tentato omicidio come mandate dell’agguato materialmente eseguito nell’aprile 2013 da due sicari albanesi, anche loro condannati, dopo che la Annibali aveva deciso di troncare la loro relazione. L’avv. Brunelli era andato a trovare il suo assistito un paio di settimane fa e lo aveva trovato "molto provato, tanto che abbiamo chiesto e ottenuto di farlo visitare in carcere da uno psichiatra di Bologna". Lucia Annibali, che sta affrontando un lungo percorso di cura con vari interventi chirurgici, nel frattempo è diventata un simbolo della lotta contro la violenza sulle donne e ha scritto un libro sulla sua storia. Roma: incontro "Teatro in carcere. Il punto di vista dell’Amministrazione penitenziaria" www.coreonline.it, 23 maggio 2014 Domani, 23 maggio, si terrà presso il Dams dell’Università Roma Tre l’incontro "Teatro in carcere nel Lazio. Il punto di vista dell’Amministrazione penitenziaria", il primo dei tre appuntamenti che la terza università di Roma dedicherà al tema dei laboratori teatrali attivi nelle carceri italiane Sono passati quasi due anni da quando il film "Cesare deve morire" ha vinto l’Orso d’oro al Festival di Berlino. La pellicola dei fratelli Taviani, che racconta la genesi dello spettacolo teatrale del Giulio Cesare messo in scena dai detenuti dell’alta sicurezza del carcere di Rebibbia, ha acceso i riflettori su un fenomeno sempre più presente: l’esistenza di laboratori teatrali di eccellenza all’interno delle carceri italiane. Si è infatti radicata una forte tradizione in tal senso, della quale fanno parte anche realtà eccellenti come la "Compagnia della Fortezza" fondata da Armando Punzo nell’istituto di Volterra che, con lo spettacolo "Hamlice" ha vinto il premio Ubu, massimo riconoscimento teatrale italiano. L’incontro "Teatro in carcere nel Lazio" che si terrà domani pomeriggio (15:00 - 18:30) presso l’aula B3 del dams si propone di raccontare questa realtà: il palcoscenico è visto non solo come esperienza artistica, ma anche e soprattutto come veicolo di integrazione e di superamento delle barriere culturali, come atto sociale in cui proprio la realtà esterna ha un ruolo fondamentale. Si tratta del primo dei tre incontri sul tema delle esperienze teatrali in carcere a cui parteciperanno numerosi esponenti dell’amministrazione penitenziaria tra cui Mauro Mariani - Direttore di Regina Coeli e della Casa Circondariale di Rebibbia Nuovo - e Maria Claudia di Paolo, Provveditore dell’amministrazione per la Regione Lazio. Roma Tre con l’organizzazione di questa iniziativa dimostra di voler partecipare al processo di integrazione tra mondo ristretto e società civile. Processo di integrazione che sembra oggi inscindibilmente legato all’esperienza teatrale perchè, riportando le parole del resista argentino del Teatro Nucleo di Ferrara Horacio Czertok "nella situazione ristretta il teatro si carica di nuovi significati: i detenuti da sorvegliati e osservati diventano osservatori, hanno la possibilità di raccontarsi all’altro, all’esterno, alle guardie, alla società, creando una comunicazione che è la base stessa del teatro e dell’integrazione". Rimini: il cibo è immangiabile, per protesta i detenuti inghiottono lamette e batterie www.altarimini.it, 23 maggio 2014 Clamorosa protesta inscenata lunedì sera da una dozzina di detenuti del carcere Casetti di Rimini: ne dà notizia l’edizione odierna de "La Voce di Romagna". Alla base di tutto la scarsa qualità del cibo servito, uno spezzatino di carne ritenuto dai detenuti avariato. Qualcuno dei detenuti, tutti nordafricani, ha rischiato la vita, per aver inghiottito batterie e lamette della barba; altri si sono limitati a deglutire le lamette chiuse con la protezione di plastica. Sono tutti fuori pericolo, ma ora subiranno sanzioni disciplinari. Si è appurato poi che il cibo non era avariato: era stato cotto troppo, peraltro da uno dei detenuti che presta servizio in cucina. Siena: teatro al carcere di San Gimignano, va in scena "Evasioni", con 34 detenuti-attori www.firenzepost.it, 23 maggio 2014 Uno spettacolo teatrale all’interno di un carcere, dove i detenuti sono protagonisti assoluti sulla scena. Un nome ammiccante: "Evasioni", che in realtà vuole aprire una finestra sull’universo carcerario, testimoniare momenti di vita reale contrapposti ad altri di evasione mentale o spirituale. Andrà in scena il 28, 29 e 30 maggio (ore 18) presso la Casa di reclusione di San Gimignano (Siena), con ingresso libero, sotto la regia di Philippe Talard, già applaudito nello scorso ottobre al carcere fiorentino di Sollicciano, con il lavoro teatrale "Evasione" di cui lo spettacolo a San Gimignano è un’estensione artistica. Dopo la lunga esperienza nei laboratori teatrali delle case circondariali di Lussemburgo, Marsiglia, Roma, Berlino, e Firenze, Philippe Talard lavora in questi giorni con 34 detenuti di San Gimignano e 5 artisti: Ana Arroyo, Andrea Baker, Laura Bandelloni, Irene Barbugli e Patrizia de Bari. Tutti impegnati in oltre un’ora di spettacolo di intensa interazione tra danza, musica e recitazione di testi poetici. Ingresso libero. Per partecipare: scrivere a philippe.t@vo.lu. Informazioni: Philippe Talard / Youtube - Facebook e Andrea Baker - 3475644989 andreabaker@virgilio.it. Parma: progetto "Palla libera tutti", nasce da collaborazione fra Figc, Comune e Carcere www.parmadaily.it, 23 maggio 2014 Inedito connubio fra calcio e impegno civile per i ragazzi di Giordani e Melloni lunedì 26 maggio. A scuola hanno parlato di razzismo e femminicidio, ora vanno una mattinata in via Burla per conoscere da vicino la realtà carceraria e per correre dietro al pallone insieme ai detenuti. Si tratta del progetto "Palla libera tutti", che nasce dalla collaborazione fra Figc (Federazione Italiana Gioco Calcio) di Parma, Comune di Parma e Direzione del Carcere. In questo modo si è voluto dare seguito alla manifestazione nazionale, organizzata dalla Figc Settore Giovanile e Scolastico, Superclasse Puma Cup, che da anni coinvolge anche le scuole superiori di Parma. Si tratta di un progetto che abbina il classico torneo di calcio a 5 (che si è svolto ai primi di maggio ai campi Stuard) ed elaborazioni didattiche su temi di attualità, in particolare, quest’anno, razzismo e femminicidio. Le due scuole coinvolte, Giordani e Melloni, saranno lunedì prossimo con una trentina di ragazzi e i loro insegnanti, in via Burla per chiudere il progetto: alle ore 10 avranno un incontro con guardie ed educatori per farsi spiegare la realtà carceraria e a seguire, attorno alle ore 11,30, scenderanno in campo per un triangolare di calcio a 11 con le selezioni delle due scuole opposte ad una selezione dei detenuti. Alla premiazione, prevista attorno alle ore 13, interverranno il delegato della Figc di Parma Franco Varoli, il Presidente del settore arbitrale Alberto Boschi e l’assessore allo sport del Comune di Parma Giovanni Marani. India: ministro Esteri Mogherini su caso marò "riportarli a casa non sarà percorso facile" Asca, 23 maggio 2014 "Bisogna essere realisti e dire la verità a loro e agli italiani: non sarà un percorso facile, nè particolarmente breve". Lo ha detto il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, rispondendo a Radio24 a una domanda sul caso dei due marò italiani attualmente detenuti in India. "Noi vogliamo internazionalizzare la vicenda, che non è una questione bilaterale", ha aggiunto la Mogherini. "I due fucilieri svolgevano una missione internazionale contro la pirateria, che rischia di essere messa in discussione". Israele: 5mila prigionieri palestinesi in sciopero di fame, Barghouti leader più apprezzato www.contropiano.org, 23 maggio 2014 Oltre cinquemila palestinesi attualmente detenuti nelle carceri israeliane, hanno iniziato da ieri lo sciopero della fame per una giornata di solidarietà con i 120 prigionieri in regime di detenzione amministrativa che hanno intrapreso lo sciopero della fame già dallo scorso 24 aprile. Ad annunciarlo è il vice ministro dell’Anp per gli Affari dei Prigionieri, Ziad Abu Ain, che all’agenzia di stampa Anadolu ha spiegato che "tutti i detenuti palestinesi sono in sciopero della fame oggi in solidarietà con i prigionieri in detenzione amministrativa". Il vice ministro ha quindi detto che "le condizioni dei detenuti stanno peggiorando" e alcuni potrebbero anche morire per le precarie condizioni di salute. Secondo i dati forniti dal Centro Studi e Ricerche sui palestinesi, sono circa cinquemila i palestinesi nelle carceri israeliane. Tra questi si contano 200 minorenni e 19 donne, ha precisato la ong. In base alla legge israeliana, i prigionieri in regime di detenzione amministrativa possono restare in carcere anche senza un processo per motivi di "sicurezza". La detenzione amministrativa varia da un minimo di sei mesi e può essere estesa a cinque anni da tribunali penali israeliani. Ma è proprio dentro le carceri che continuano ad alimentarsi le aspettative per una nuova e più autorevole leadership palestinese. Secondo un sondaggio effettuato dal Centro Palestinese per l’Opinione Pubblica nel periodo dal 5 al 15 maggio, tra 1015 adulti residenti in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est, il più noto dei detenuti politici palestinesi, Marwan Barghouti, è il presidente preferito dalla popolazione nei Territori occupati. Barghouti, è in carcere in Israele dal 2002, risulterebbe vincitore in un confronto diretto con l’attuale presidente dell’Anp, Abu Mazen (33,2% contro il 26,9%), con il premier del governo di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh (49,7% contro il 16%) e anche con il leader di Hamas, Khaled Mashaal (51% contro il 16,2%). Lo riferisce l’agenzia Nena News in una servizio di Michele Giorgio dalla Palestina. "La popolarità di Barghouti, conosciuto come il "comandante della seconda Intifada", resiste tra i palestinesi, nonostante per 12 anni sia rimasto almeno in parte fuori dalle dinamiche politiche interne. Grazie al suo carisma è ritenuto l’unico leader in grado di tenere unite le varie componenti palestinesi, laiche e di orientamento religioso, e di elaborare una piattaforma politica nazionale. Israele sino ad oggi ha respinto ogni richiesta di scarcerazione di Barghouti, che sconta una condanna a 5 ergastoli". Siria: lealisti rompono assedio a carcere Aleppo, 600 detenuti morti in 13 mesi Agi, 23 maggio 2014 Le forze fedeli al regime di Bashar al-Assad sono riuscite a rompere l’assedio al penitenziario centrale di Aleppo, circondato da quasi tredici mesi dalle milizie qaediste del Fronte al-Nusra e di altre formazioni sue alleate: lo ha riferito l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, organizzazione dell’opposizione in esilio con sede a Londra, secondo cui i soldati governativi e gli irregolari lealisti chiamati "shabbiha" sono riusciti a raggiungere il complesso al termine di un’aspra battaglia, attraverso i varchi che si erano aperti fin da ieri dopo aver espugnato il vicino villaggio di Hilan e altre aree limitrofe a nord del centro urbano. Secondo il direttore dell’Osservatorio, Rami Abdel Rahman, di primo mattino all’interno del perimetro del carcere sono entrati carri armati e autoblindo. Secondo le fonti i mezzi blindati dell’esercito siriano sono entrati all’interno del perimetro del carcere, assediato da 13 mesi dalle milizie del Fronte al-Nusra e da altri gruppi islamici. La riconquista del carcere - situato nella zona settentrionale di Aleppo - permetterebbe all’esercito di tagliare una importante via di comunicazione e rifornimento che collega la parte nordoccidentale delle città alla frontiera turca. I combattimenti degli ultimi gironi hanno causato almeno 50 morti fra i ribelli, mentre non sono state specificate le perdite fra le forze regolari; durante l’assedio circa 600 dei circa 4mila detenuti sono deceduti a causa dei bombardamenti, delle cattive condizioni igieniche e la mancanza di cibo e medicine. Ucraina: l’Osce spera di incontrare i giornalisti di LifeNews detenuti per "terrorismo" Ansa, 23 maggio 2014 Il capo della missione di osservazione dell’Osce il Sottosegretario Ertugrul Apakan ha auspicato che i rappresentanti dell’organizzazione nel prossimo futuro potranno incontrare i giornalisti di Life News, Oleg Sidyakina e Marat Saychenko, attualmente detenuti in Ucraina. Apakan lo ha dichiarato in una conferenza stampa a Kiev. Il rappresentante speciale dell’Osce in Ucraina per il dialogo nazionale Wolfgang Ischinger a sua volta ha osservato che l’organizzazione sta lavorando per garantire che i giornalisti siano rilasciati. I due sono accusati dalle autorità ucraine di promuovere il "terrorismo" nell’est del paese. Le autorità russe hanno chiesto a Kiev il rilascio immediato dei giornalisti, ma questo ancora non è avvenuto. Stati Uniti: problemi con farmaci iniezione letale, il Tennessee reintroduce sedia elettrica La Presse, 23 maggio 2014 Il Tennessee risponde alla scarsità di farmaci per le iniezioni letali delle condanne a morte tornando alla sedia elettrica. Il governatore repubblicano Bill Haslam ha firmato un provvedimento che permette questo tipo di esecuzione, in caso le carceri non riescano a procurarsi i farmaci necessari al cocktail per l’iniezione con cui uccidere i detenuti. I farmaci sono sempre più difficili da reperire, a causa del boicottaggio europeo alla loro vendita quando lo scopo è uccidere persone. La legge a favore della sedia elettrica era stata passata ad aprile con larga maggioranza, con 23 voti favorevoli contro tre al Senato e 68 contro 13 alla Camera. Il Tennessee è il primo Stato Usa a reintrodurre questo metodo senza dare una scelta su come morire ai condannati, spiega Richard Dieter, direttore dell’organizzazione no profit Centro di informazione sulla pena di morte, perché "altri Stati permettono ai detenuti di scegliere: nessuno Stato si era spinto così oltre". Dieter si aspetta che i ricorsi e le cause aumenteranno se si deciderà di usare la sedia elettrica, sia per motivi legati alle prove che i farmaci siano indisponibili, sia per le protezioni previste dalla Costituzioni contro le pene cruente. La decisione segue l’esecuzione con iniezione letale dello scorso mese in Oklahoma, dove il 38enne Clayton Lockett ha sofferto oltre 40 minuti di agonia. L’esecuzione è stata interrotta e l’uomo è morto per un presunto attacco di cuore dieci minuti dopo. Il Tennessee ha 74 prigionieri nel braccio della morte e la più recente esecuzione risale al 2010. Il prossimo a dover essere ucciso è Billy Ray Irick, condannato per l’omicidio di una bambina di 7 anni nel 1985. L’esecuzione è programmata per l’8 ottobre. Stati Uniti: New York, detenuto con disturbi mentali morì dopo 7 giorni isolamento La Presse, 23 maggio 2014 Un uomo affetto da problemi psichici deceduto in un carcere di New York a settembre del 2013 era rimasto chiuso da solo in una cella per una settimana ed è morto tra terribili sofferenze. È quanto risulta da documenti ottenuti da Associated Press e da interviste con due funzionari della città, rimasti anonimi. L’uomo, Bradley Ballard, fu isolato per una settimana dopo aver fatto un gesto volgare a una guardia nel reparto di osservazione psichiatrica della prigione di Rikers Island. Il 39enne fu spogliato e un elastico fu legato strettamente intorno ai suoi genitali. Inoltre, gli furono negati alcuni dei farmaci che doveva assumere e il bagno della sua cella si intasò. Le guardie passarono accanto alla cella decine di volte, guardando dentro attraverso un finestrino nella porta d’acciaio, ma non entrarono mai dentro. Il detenuto fu trovato dopo sette giorni nudo e privo di sensi sul pavimento, coperto da feci e con i genitali gonfi e infiammati. Fu portato in ospedale, dove morì alcune ore dopo. "Non doveva lasciare il mondo in questo modo, potevano trasferirlo in un ospedale psichiatrico, sottoporlo a una terapia", ha detto la madre di Ballard, Beverly Ann Griffin, aggiungendo che suo figlio "era un giovane premuroso". Secondo esperti, la morte di Ballard è l’ultimo esempio della scarsa preparazione del sistema carcerario di New York ad accogliere detenuti con problemi psichiatrici, che costituiscono circa il 40% di tutti i 12mila prigionieri nella città. Un terzo di queste persone è affetto da disturbi gravi, come schizofrenia e disturbo bipolare. Secondo i familiari, dieci anni fa a Ballard fu diagnostica la schizofrenia e inoltre l’uomo aveva il diabete. Cinque mesi dopo la morte di Ballard un altro detenuto del carcere di Rikers Island morì dopo che la temperatura nella sua cella raggiunse 38 gradi centigradi a causa di un guasto all’impianto di riscaldamento. Anche questo detenuto si trovava in un’unità sotto osservazione per detenuti con problemi mentali e non era stata controllato per diverse ore. Stati Uniti: salari bassi nei fast food; protesta finisce in carcere, arrestati 110 dimostranti di Glauco Maggi Libero, 23 maggio 2014 Secondo gli organizzatori duemila dimostranti, tra cui 325 dipendenti della McDonalds, hanno assediato il quartier generale del "gigante dei fast food" a Oak Brook, in Illinois, facendo irruzione nel campus dove ha sede la Hamburger University. È il culmine di una serie di cortei e proteste di strada iniziata due anni fa a New York da alcuni dipendenti della McDonald’s e di altre reti di ristoranti del settore, come Burger King e Wendy. L’anno scorso ci fu un salto di qualità, con il primo sciopero nazionale che coinvolse i locali di fast food in centinaia di città.Ora, l’ attacco diretto al cuore della società leader, che tiene il meeting annuale degli azionisti domani, venerdì. Per prevenire incidenti più gravi, saputo che erano stati organizzati 32 pullman da fuori per la protesta, l’azienda ha oggi chiuso la sede centrale invitandogli oltre 3.000 dipendenti a "lavorare da casa". L’azione di forza delle Union ha comunque costretto la polizia locale ad arrestare 110 protestanti, tra cui alcuni lavoratori della McDonalds, la segretaria Mary Kay Henry del sindacato internazionale dei servizi e decine di attivisti, il leader dell’Associazione per la protezione della gente di colore William Barber, diversi pastori di congregazioni religiose e militanti di gruppi liberal di sostegno. "Noi valiamo di più" e "Il mio sindacato è la mia voce", riportavano i cartelli dei partecipanti, che secondo la polizia erano tra i 1000 e i 1500. La portavoce Barbara Sa Shekhemha rilasciato un comunicato in cui la McDonald’s esprime "rispetto per le dimostrazioni pacifiche e per la scelta di aderire ad un sindacato, ma che resta focalizzata nell’accogliere domani gli azionisti". "La serrata riflette il rifiuto della compagnia di rispondere alla crescente preoccupazione dei lavoratori e il fallimento di fare qualcosa di concreto per alzare le paghe", ha ribattuto Deivid Rojas, direttore del Comitato Organizzatore dei Lavoratori di Chicago. L’ingresso illegale in un’area privata con la obbligata conseguenza dell’arresto era lo scopo propagandistico dei promotori, decisi ad alzare la tensione nazionale sulla campagna per l’aumento della paga oraria minima e per la riforma della legge che regola la procedura per avere un sindacato riconosciuto nelle aziende. Oggi la paga nazionale minima è a 7,25 dollari l’ora, Obama ha proposto nel Discorso dell’Unione di elevarla a 10,10 dollari, e i lavoratori del fast food chiedono di raddoppiarla a 15 dollari. Il presidente e il suo vice, Joe Biden, si sono anche recati a mangiare in un locale della catena Shake Shack al Dupont Circle a Washington, una settimana fa, per rilanciare la richiesta di elevare la paga, respinta dalla opposizione repubblicana in Congresso e destinata ad essere un tema forte per i democratici alle elezioni di medio termine. "Questo ristorante ha ottimi burgers e paga i suoi lavoratori più di 10 dollari l’ora", ha commentato Obama, senza dire che il burger più a buon mercato di Shake Shack costa 4,75 dollari, oltre il doppio del "panino imbottito" dei McDonald’s. Marocco: il Re chiede al ministro della Giustizia di risolvere problema detenuti francesi Nova, 23 maggio 2014 Il re del Marocco, Mohammed VI, ha chiesto al ministro della Giustizia di Rabat, Mustafa Ramid, di risolvere il problema dei 22 detenuti francesi presenti nelle carceri del suo paese. Lo riferisce l’agenzia di stampa marocchina "Map". Da giorni infatti sulla stampa locale si parla dello sciopero della fame avviato dai detenuti francesi che chiedono il rimpatrio. Il monarca ha chiesto al ministro "di seguire in via eccezionale questa vicenda da vicino e di trattarla in modo umanitario".