Giustizia: carceri sovraffollate, ora Orlando teme le sanzioni di Strasburgo di Nadia Campini La Repubblica - Genova, 18 maggio 2014 Almeno venti detenuti tossicodipendenti lasceranno le carceri liguri entro la fine dell’anno per essere inseriti in comunità, entro il 2015 saranno 40, arriveranno a 50 nel 2016. È il primo impegno contenuto nel protocollo di collaborazione firmato ieri a Genova dal ministro della giustizia Andrea Orlando con la Regione Liguria, Anci Liguria e il tribunale della Sorveglianza di Genova. L’intesa prevede anche l’ampliamento degli inserimenti di detenuti in lavori all’esterno e in lavori di pubblica utilità, misure indispensabili per ridurre almeno in parte il sovraffollamento delle carceri e per rispondere alle sanzioni della Corte di giustizia europea di Strasburgo, che incombono sulla giustizia italiana. "È senz’altro un aspetto secondario al problema del sovraffollamento ma se arrivassero le sanzioni di Strasburgo sulla detenzione degradante sarebbe anche un grosso problema economico - ha confermato ieri il ministro Orlando - per ogni ricorso accolto infatti la sanzione comminata all’Italia è di circa 11 mila euro e a oggi i ricorsi sono circa 4 mila, i potenziali 8 mila". Sempre per rispondere alla minaccia di sanzioni di Strasburgo il ministero della Giustizia sta lavorando anche con il ministero all’Ambiente per una convenzione che riguardi la manutenzione dei parchi nazionali. "In una situazione in cui c’è una difficoltà oggettiva da parte delle pubbliche amministrazioni a reperire risorse per alcune attività di manutenzione del territorio - spiega Orlando - è facile pensare quali possono essere gli sviluppi". Infatti "c’è un tema enorme che è quello dell’utilizzo del lavoro da parte degli enti locali che può vedere una crescita dei lavori di pubblica utilità anche per progetti di un certo respiro". Nel frattempo a livello locale il ministero lavora con le Regione e la Liguria è stata una delle prime a muoversi su questo fronte. "Qui in Liguria purtroppo siamo in testa alla quota di detenuti tossicodipendenti - ha spiegato l’assessore regionale alla sanità Claudio Montaldo - che rappresentano il 40% della popolazione carceraria, un intervento di questo tipo è quindi per noi determinante". I Comuni saranno coinvolti invece nei progetti per gli inserimenti lavorativi, anche se a questo proposito il sindaco di Genova Marco Doria ha sottolineato che "nel momento in cui le ristrettezze finanziarie ci impongono di dare gli appalti privilegiando solo l’aspetto del risparmio diventa difficile tenere conto anche dei criteri sociali che spingerebbero ad utilizzare ad esempio le cooperative di tipo B, che occupano anche ex detenuti". Nel frattempo l’emergenza delle sanzioni di Strasburgo ha fatto passare anche in secondo piano il tema del futuro di Marassi. "Dopo Strasburgo dovremo affrontare anche questo problema - ha confermato il ministro Orlando - ragionando anche in un’ottica di riqualificazione urbana ci si può sedere tutti attorno ad un tavolo, ma prima bisogna dare una risposta a Strasburgo". Giustizia: Orlando; non c’è un clima che spinga verso misure come l’amnistia e l’indulto Agi, 18 maggio 2014 "Oggi". Così il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, oggi a Genova per siglare un protocollo d’intesa sulle carceri con Anci, Regione Liguria e Tribunale di sorveglianza. "Io - ha aggiunto il Guardasigilli - non demonizzo l’indulto e l’amnistia, sono tra coloro che votarono a favore nel 2007. Non ho, però, la facoltà di mutare l’orientamento delle forze politiche e serve la maggioranza dei 2/3 del Parlamento per approvare queste misure. Se oggi seguissimo quella strada, rischieremmo di non ottenere alcun risultato, senza dare le risposte necessarie per migliorare il sistema. Le misure che stiamo assumendo, invece, possono diventare strutturali e costituire un modello. Non bisogna sottovalutarle. Va detto, poi, che amnistia e indulto risolvono la situazione per chi esce dal carcere ma - ha concluso - non servono a migliorare le condizioni di vita per chi rimane all’interno degli istituti penitenziari". Sanzioni Strasburgo anche danno economico "È senz’altro un aspetto secondario al problema del sovraffollamento ma se arrivassero le sanzioni di Strasburgo sulla detenzione degradante sarebbe anche un grosso problema economico". Lo ha detto il Guardasigilli Andrea Orlando parlando a margine della firma di un accordo con la Regione Liguria sul miglioramento delle condizioni penitenziarie regionali. Per ogni ricorso accolto infatti la sanzione comminata all’Italia è di circa 11mila euro "e a oggi i ricorsi sono circa 4 mila - ha detto Orlando, potenziali 8mila". Detenuti cureranno manutenzione parchi In relazione al tema delle carceri "c’è un tema enorme che è quello dell’utilizzo del lavoro dei detenuti da parte degli enti locali, per una crescita dei lavori di pubblica utilità, anche per progetti di un certo respiro. In questo senso, stiamo lavorando con il ministero dell’Ambiente ad una convenzione che riguardi la manutenzione di tutti i parchi nazionali". Così il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, a margine della firma, oggi a Genova, di un protocollo d’intesa sulle carceri liguri con la Regione, l’Anci e il Tribunale di Sorveglianza di Genova. "In una situazione in cui c’è una difficoltà da parte della pubblica amministrazione a reperire le risorse per alcune attività di manutenzione del territorio - ha concluso Orlando - è facile immaginare quali possano essere gli sviluppi in un settore come questo". Lavoriamo ad accordo con Ministero Ambiente Il ministero della Giustizia sta lavorando con il ministero all’Ambiente per una convenzione che riguardi la manutenzione dei parchi nazionali. Lo ha detto il Guardasigilli Andrea Orlando a margine della firma di un protocollo con la Regione Liguria sul miglioramento delle condizioni del sistema penitenziario regionale. "In una situazione in cui c’è una difficoltà oggettiva da parte delle pubbliche amministrazioni a reperire risorse per alcune attività di manutenzione del territorio - ha detto Orlando - è facile pensare quali possono essere gli sviluppi". Infatti "c’è un tema enorme che è quello dell’utilizzo del lavoro da parte degli enti locali che può vedere una crescita dei lavori di pubblica utilità anche per progetti di un certo respiro". Giustizia: Bernardini (Ri); denunce a tutte Procure d’Italia per maltrattamenti a detenuti Ansa, 18 maggio 2014 "In Italia facciamo scontare ai detenuti una pena illegale, sia a chi è in attesa di giudizio, sia a chi ha condanne definitive". Lo ha detto a Bologna la segretaria nazionale dei Radicali Italiani, Rita Bernardini, tornando sul tema della situazione della giustizia e delle carceri italiane. "In nome di Marco Pannella che conduce da anni questa battaglia - ha aggiunto - abbiamo presentato denuncia a tutte le Procure della Repubblica d’Italia per il reato di maltrattamenti". Bernardini ha partecipato al convegno "Una sempre più prepotente urgenza, un imperativo giuridico, politico, morale", organizzato dai Radicali all’interno della casa circondariale della Dozza di Bologna. Ha ricordato la sentenza Torreggiani emessa dalla Corte europea dei diritti umani un anno fa, che ha condannato l’Italia per trattamenti "inumani e degradanti" riservati ai detenuti. Una questione che l’Italia dovrebbe riuscire a risolvere entro la fine di maggio. Per la leader radicale, questi trattamenti si possono chiamare tortura: "sono 30 anni che la situazione delle carceri è quella che sappiamo - ha proseguito - e adesso è il momento di passare dalle parole ai fatti: di qui la denuncia, perché ci deve essere qualcuno responsabile di questi maltrattamenti." Secondo Bernardini, se l’Italia è un paese in ginocchio è anche perché non funzionano la giustizia civile e penale: "solo con un’amnistia e un indulto - ha detto - si innesca una riforma della giustizia". Al convegno bolognese doveva partecipare lo stesso Marco Pannella, impossibilitato per motivi di salute. "Marco sta proseguendo il suo Satyagraha (la lotta non violenta, ndr) dopo l’operazione di aprile, è dimagrito 25 chili ed è debilitato - ha spiegato ancora Rita Bernardini - ma ha una forza interiore fortissima, ritiene che ci siano istituzioni, dal governo al Parlamento, del tutto sovversive rispetto anche al messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica. Ma in Italia si fa finta di niente, è una continua violazione". Al convegno, la direttrice del carcere Claudia Clementi ha invitato a partecipare in platea anche alcuni detenuti, che hanno ascoltato gli interventi dei relatori: tra gli altri l’assessore comunale alla sicurezza Nadia Monti, l’assessore regionale alle politiche sociali Teresa Marzocchi, il garante regionale per le persone private della libertà personale Desi Bruno. Giustizia: Giovanni Fiandaca candidato Pd… è (finalmente) una svolta sul giustizialismo? intervista a cura di Piero Sansonetti Gli Altri, 18 maggio 2014 Giovanni Fiandaca è un signore di 67 anni, siciliano, ordinario della cattedra di diritto penale a Palermo, studioso, giurista, appassionato di politica. Ha una lunga carriera alle spalle, ha partecipato anche alla commissione-Pisapia, che qualche anno fa - ai tempi del governo Prodi - tentò inutilmente di riformare il codice penale. Ha studiato e scritto molto sulla mafia, su come conoscerla, su come combatterla. Ha polemizzato, quasi da solo, contro quelli che hanno costruito ed esaltato il processo sulla famosa trattativa Stato-mafia di una ventina d’anni fa. Fiandaca è un garantista ed è un tipo al quale non piace che le grandi battaglie politiche e morali siano trasformate in "affari" o, nel migliore dei casi, in "liturgie" senza contenuto. Ora Fiandaca, a sorpresa, è candidato per il Pd alle elezioni europee nella circoscrizione delle isole. Non so da quanto tempo la sinistra non presentava un garantista alle elezioni, senza nasconderne il profilo, anzi quasi facendone una bandiera (l’ultimo che ricordo è Giuliano Pisapia, che fu presentato da Rifondazione al Parlamento: ma è passato tanto, tanto tempo da allora…). Ora mi domando: è una novità importante, la candidatura Fiandaca, è il segno di un cambiamento in corso, cioè annuncia la fine di quella valanga forcaiola che negli ultimi vent’anni almeno ha travolto la sinistra italiana, o invece è solo un bagliore nella notte? Chissà. Professore come mai ha accettato la candidatura? Le dirò, ha contato anche un aspetto psicologico. A me sono sempre piaciuti l’impegno civile, la politica. Anche se non ho mai fatto vita di partito. Questa proposta che mi è stata avanzata dal Pd mi ha stimolato, ci ho pensato parecchio, poi ho detto di si, magari anche per "contrastare l’invecchiamento", per rimettermi in gioco… Immagino che non abbia pesato solo la psicologia. No, ho pensato che la mia candidatura potesse essere utile. Oggi, in Sicilia, Il Pd è molto diviso. Crescono le contrapposizioni, le lotte interne. Io credo che sia necessario lavorare per ritrovare l’unità. Come? Andando a fondo sulle grandi questioni aperte. E una di queste questioni, certamente, è il modo nel quale si concepisce la lotta alla mafia. Sul tema, diciamo così, penso di avere qualcosa da dire… Lei per chi ha votato in tutti questi anni? Ho sempre votato a sinistra. Ho votato Pd. Qual è la concezione dell’antimafia che lei ritiene sbagliata e che combatte? Guardi, persino don Luigi Ciotti, che da sacerdote ha sempre sottolineato l’importanza simbolica dell’impegno antimafia, persino lui recentemente ha cominciato a denunciare un fenomeno di malessere. Ha detto che l’uso in "automatico" di parole come "antimafia", "lotta alle cosche", "legalità", eccetera, ne sta esaurendo il significato; queste parole si stanno trasformando in pura e vuota retorica. Lo ha detto Ciotti, capisce? Io avverto da tempo questo fenomeno. È una realtà. Pezzi importanti del mondo politico, e anche associativo, soprattutto di sinistra, hanno iniziato a fare un uso strumentale dell’antimafia. L’antimafia è diventata non solo retorica, ma un vero e proprio strumento di potere, o anche uno strumento di affari e di iniziativa economica. Sono stati travolti persino i principi della libera concorrenza e della competizione. Esistono dei gruppi che ritengono di avere l’esclusiva dell’antimafia, e di poterla utilizzare a proprio vantaggio: su questa base distribuiscono potere, risorse, opportunità. Oppure scomuniche. Lei capisce che in questo modo tutto è stravolto. Si è diffusa l’idea che l’impegno antimafia sia semplicemente una attività di supporto al lavoro (e al potere) delle Procure, e c’è chi, sulla base di questa idea, rivendica per se il diritto di valutare il "tasso di anti-mafiosità" degli altri, e di usare questa valutazione per regolare la vita pubblica. L’antimafia per far carriera… Il presidente della Regione Crocetta, recentemente, ha incaricato una signora palermitana che gestisce una palestra di presiedere l’Orchestra sinfonica siciliana. Questa signora non ha alcuna competenza in materia musicale, però è giudicato abbastanza alto il suo grado di antimafiosità e dunque ha avuto quell’incarico. Ecco, così non va. E come si fa a ricostruire un nuovo modo per fare la lotta alla mafia? Eliminando la retorica e dando spazio allo studio, alla conoscenza, alle moderne indagini, al diritto. Noi non sappiamo più quasi nulla su Cosa Nostra, sulla sua funzione, sulla sua struttura economica, sui rapporti che ha con la società. Nessuno più è interessato a studiare queste cose, l’importante è gridare lo slogan giusto. Dobbiamo aggiornare gli strumenti di analisi, e anche gli strumenti di indagine. E dobbiamo portare la lotta alla mafia in una dimensione internazionale, soprattutto europea. Di una cosa sono sicuro: invocare solo manette o distribuire attestati e prebende, non aiuta certo a combattere la mafia. Non crede che un partito come il Pd non sia il più adatto a impegnarsi per rilanciare una cultura garantista e dei diritti? Invece io penso che sia possibile riaprire un dibattuto dentro la sinistra. Sarebbe necessario che la sinistra facesse un passo decisivo: il recupero della sua autonomia. Oggi la politica non gode più di autonomia: è dipendente dal potere giudiziario e dal potere economico. Per questo sceglie la retorica rispetto al pensiero politico. Perché senza autonomia non può esserci pensiero, e dunque si ricorre al surrogato che è la retorica, lo slogan. Se non si ribalta questa dipendenza è impossibile che si riaccenda il pensiero politico. Se invece riusciamo a rompere il circolo vizioso e a riconquistare l’autonomia della politica, allora può cambiare tutto. Io credo che l’Europa sia l’unico luogo dal quale può partire questa battaglia. Per questo ho accettato la candidatura. Come mai le grandi forze politiche di sinistra, a partire dal Pd, in questi ultimi decenni sono diventate così subalterne all’idea giustizialista? Lo ha spiegato recentemente Emanuele Macaluso. L’appannamento dei grandi orizzonti rivoluzionari ha creato un vuoto di prospettive che è stato sostituito dal giustizialismo. Il giustizialismo è la prosecuzione del massimalismo con altri mezzi…Quando esplode Tangentopoli, all’inizio degli anni novanta, il vecchio Pci ha perduto completamente la prospettiva rivoluzionaria e palingenetica, e allora si trova ad assumere una posizione del tutto subalterna alla magistratura, e attribuisce alla magistratura doti e poteri rivoluzionari e palingenetici. Così rinuncia alla propria funzione e all’indipendenza. Bisogna ripartire da qui. Dalla riappropriazione della politica da parte della politica. Dalla ricostruzione di orizzonti di riforme, di cambiamento della società. E dalla volontà da parte della politica di tornare protagonista. Esiste una differenza tra legalità e diritto? Lo ha sostenuto recentemente l’avvocato Spigarelli proprio con un articolo su questo giornale. È una posizione interessante. Dipende, naturalmente, da cosa si intende per diritto e per legalità. Spigarelli parlava di contrapposizione tra diritto e controllo della legalità. È una discussione molto complessa. Se per controllo della legalità si intende una attività interamente delegata alle Procure ed esercitata attraverso la repressione, è chiaro che esiste una distinzione o anche una contrapposizione col diritto. Il diritto è il risultato di una impresa collettiva, e deve vedere protagoniste realtà diverse. Un ruolo essenziale nella vittoria del diritto, ad esempio, spetta all’avvocatura. E qui io mi permetto una critica all’avvocatura: il fatto che la magistratura abbia raggiunto un assoluto predominio nel campo del diritto, e dunque ne abbia modificato la natura, dipende anche dalle responsabilità dell’avvocatura, che è stata debole, non ha saputo esercitare il suo ruolo, far valere la sua forza. Dove sono finiti i grandi avvocati del secolo scorso, che avevano un peso straordinario nell’amministrazione della giustizia? Scomparsi. E allora è stato facile costruire lo strapotere dell’alleanza magistratura- media. Giustizia: Di Pietro (Idv); no amnistia, ma più posti… i delinquenti devono stare dentro Ansa, 18 maggio 2014 "Signor Presidente della Repubblica, un giorno si e un giorno no te la prendi con il sovraffollamento delle carceri. Vuoi una volta tanto, dopo tanti anni che sei nelle istituzioni con tutti i ruoli possibili e immaginabili, capire che se ci servono 100 posti letto bisogna creare 100 posti letto". Lo ha detto oggi a Termoli Antonio Di Pietro, Presidente onorario dell’Idv, replicando al Capo dello Stato intervenuto sul problema del sovraffollamento. "Non metterne 50 ogni volta fuori perché non hai posti letto a sufficienza - ha proseguito -. In Italia le carceri sono malandate, è vero, ed i posti carcere sono pochi. Allora per fare in modo che la legge sia eguale per tutti e vi sia certezza della pena, non è che ogni due anni tu devi invocare l’amnistia o devi invocare l’indulto. Devi deciderti a dire al Governo di mettere più soldi per fare carceri nuovi dove si stia bene, in modo dignitoso, ma dove i delinquenti stanno dentro". Giustizia: Babudieri (Simspe); salute in carcere a rischio, il 60-80% dei detenuti è malato Ansa, 18 maggio 2014 La salute nelle carceri italiane è a rischio, con il 60-80% dei detenuti che ha qualche malattia a causa del sovraffollamento ma anche per una assistenza sanitaria di scarsa qualità. L’allarme viene dalla Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria (Simpse), che domani e dopodomani celebra il proprio congresso a Torino. Secondo le stime degli esperti il 32% dei detenuti è tossicodipendente, il 27% ha un problema psichiatrico, il 17% ha malattie osteoarticolari, il 16% cardiovascolari e circa il 10% problemi metabolici e dermatologici. Tra le malattie infettive è l’epatite C la più frequente (32,8%), seguita da Tbc (21,8%), Epatite B (5,3%), Hiv (3,8%) e sifilide (2,3%). Il fatto che la responsabilità dell’assistenza sia passata alle Asl, spiegano, ha peggiorato i problemi, creando oltretutto disomogeneità tra i 205 penitenziari italiani. "Le Asl - si legge nel comunicato di presentazione - non hanno né i mezzi, né il know how necessario per operare nei luoghi di restrizione della libertà. In epoca di spending review le carceri appaiono come vittime predestinate ad appartenere ad un sistema sanitario di serie B. Serve dunque una cabina di regia nazionale". I problemi sanitari all’interno delle carceri, spiega il presidente della società Sergio Babudieri, rischiano poi di riflettersi all’esterno, se non si interviene in tempo. "Il detenuto di oggi è il cittadino di domani - afferma - in carcere si riesce ad intercettarlo, fuori come si fa? L’importanza di una simile azione è poi testimoniata dai numeri: vari studi dimostrano che i pazienti positivi all’HIV non consapevoli trasmettono il virus sei volte di più di quelli che sanno di esserne infetti". Giustizia: caso Scajola; la vita in carcere, le preghiere in cella ma niente messa in cappella Adnkronos, 18 maggio 2014 Claudio Scajola, arrestato con l’accusa di avere favorito la latitanza di Amedeo Matacena, vive in una cella singola di dodici metri quadrati in uno spazio tipo open-space nel carcere di Regina Coeli. Si tiene informato di quanto accade all’esterno attraverso la tivù e la lettura dei giornali e, nei momenti di maggior sconforto, prega in cella con i cappellani del penitenziario e può contare sul loro conforto spirituale. Prega e può fare la comunione: una sorta di messa in disparte senza accedere alla cappella. "Ci siamo già incontrati alcune volte", spiega padre Vittorio Trani che, anche senza rivelare troppo, accenna allo stato d’animo dell’ex ministro. "Quando uno entra in carcere, il mondo ti crolla addosso. è così anche per lui ovviamente ma il nostro ruolo - chiarisce padre Trani - così come il percorso educativo che siamo chiamati a portare avanti è uguale per tutti. Ogni detenuto per noi è uguale all’altro". Oggi, giornata festiva, Claudio Scajola, cattolico praticante pregherà certamente nella sua cella ma, i comprensibili motivi di sicurezza, a quanto riferiscono, fanno sì che non potrà accedere alla messa domenicale che si celebra nella cappella. Potrà comunque incontrare il sacerdote nella cella, sfogarsi con lui e pregare. "Il nostro è un ruolo educativo e questa è la missione che siamo chiamati a svolgere anche con Scajola", conclude il cappellano. Giustizia: caso Genovese; primo interrogatorio in carcere, rigettati gli arresti domiciliari Il Sole 24 Ore, 18 maggio 2014 Primo interrogatorio per Francantonio Genovese in carcere nell’ambito di un’inchiesta sulla formazione professionale regionale. Ieri il parlamentare Pd si è difeso per oltre tre ore rispondendo alle domande del Gip di Messina, Giovanni De Marco, nella casa circondariale di Gazzi, dove tre giorni fa si è costituito subito dopo il voto della Camera che ha autorizzato il suo arresto. Il suo legale, l’avvocato Antonino Favazzo ha presentato anche la richiesta di attenuazione della misura cautelare, con l’ipotesi di arresti domiciliari. Ma la Procura di Messina, con l’aggiunto Sebastiano Ardita, ha espresso parere negativo. Ora il Gip avrà cinque giorni di tempo per decidere. I Pm a conclusione dell’interrogatorio di garanzia hanno lasciato il carcere di Gazzi senza commentare. Ha parlato, invece, l’avvocato Favazzo che ha rivelato di avere visto il suo assistito "molto sereno". "È stato un interrogatorio molto completo - ha ricostruito il penalista, abbiamo presentato istanza di attenuazione della misura, anche perché Genovese ha chiarito, dal suo punto di vista, la situazione e ha fornito ampie e esaustive spiegazioni in merito a quanto contestato". Per questo il legale si è detto "prudentemente ottimista" sulle "determinazioni del giudice". Sull’inchiesta e sull’arresto dell’ex uomo forte del Pd in Sicilia, è intervenuto ieri anche il sindaco di Messina, Renato Accorinti, che ha sostenuto come Genovese abbia "sempre avuto davanti la sua porta file di questuanti, gente che aspirava a un contributo, a un incarico, a un lavoro". E questo, secondo il primo cittadino della Città dello Stretto, lo ha portato ad "avere avuto la responsabilità politica di aver imposto un modello che ha allontanato la gente normale dalla politica, facendone una cosa sporca, una merce". Lettere: costruire cose buone… bambini senza sbarre, un sogno da realizzare di Agnese Moro La Stampa, 18 maggio 2014 Ancora per la giornata di oggi è possibile partecipare alla campagna di raccolta fondi "Non un mio crimine, ma una mia condanna" dell’Associazione Bambinisenzasbarre. Con l’invio al 45507 di un sms da cellulare si possono donare 2 euro, e 2 o 5 euro chiamando da telefono fisso (altre forme per fare donazioni all’Associazione si trovano sul loro sito internet www.bambinisenzasbarre.org). Si sostengono così il consolidamento e l’estensione negli Istituti penitenziari italiani del Modello d’accoglienza Spazio Giallo. Si tratta del sistema che Bambinisenzasbarre da molti anni ha sperimentato nelle carceri e che è dedicato alle famiglie ed ai bambini che si preparano, insieme alle psicologhe, psicopedagogiste e arte-terapeute, all’incontro con il genitore detenuto. Gli "utenti" da raggiungere sono 100.000 al giorno. Si vuole, inoltre, strutturare il servizio nazionale di Telefono Giallo per rispondere alle famiglie di persone in una situazione di detenzione, agli operatori e, al contempo, per dare risposte concrete alle esigenze e alle difficoltà dei figli. La finalità della Campagna è anche quella di far conoscere al grande pubblico la situazione di questi piccoli e i loro bisogni e prevenire qualunque forma di stigmatizzazione, nel pieno rispetto del diritto di ogni bambino a essere tale. Si intende anche, sottolineano gli organizzatori, far comprendere come la continuità e il rafforzamento del legame affettivo agisca in termini di prevenzione sociale. Per i figli, infatti, l’improvvisa "scomparsa" del genitore rischia di creare forme di idealizzazione e la tendenza a ripeterne l’esempio. Viceversa la continuità di rapporto aiuta il bambino a comprendere le debolezze e gli errori del genitore mettendolo in grado di scegliere un diverso stile di vita. Per il genitore detenuto il figlio con cui riesce a mantenere un legame diventa "la motivazione forte per non ripetere il reato e ritornare ad essere per lui un modello". A parte indignarci e protestare possiamo fare ben poco per il problema delle carceri sovraffollate. Aderendo alla campagna di Bambinisenzasbarre, con un piccolo gesto, possiamo invece fare concretamente la nostra parte perché quelle stesse strutture perdano un poco della loro disumanità, consentendo a genitori e figli che vivono una situazione del tutto particolare di non perdere relazioni per loro fondamentali. Lettere: i dentro e i fuori di Marco Travaglio Il Fatto Quotidiano, 18 maggio 2014 Vista dall’alto, l’ultima settimana di cronaca giudiziaria (cioè politica) ha le sembianze di un termitaio impazzito di potenti in fuga, inseguiti e perlopiù acciuffati dai gendarmi. Nel giro di pochi giorni Silvio B. ha raggiunto il suo status naturale, quello di detenuto per frode fiscale. Il suo braccio destro, Marcello D., piantonato in Libano da settimane e condannato per mafia, sta per essere rimpatriato direttamente all’Ucciardone o San Vittore o Regina Coeli (a sua scelta). Lo storico coordinatore nazionale di FI, Claudio S., è al gabbio per aver agevolato la fuga del fondatore del partito in Calabria, Amedeo M., condannato per ‘ndrangheta. Il capo di FI in Campania, Nicola C., è in cella per camorra. La piccola vedetta lombarda Gianstefano F. è dentro per tangenti. Gli fa compagnia, in una cella a due piazze, bicamerale, il faccendiere de sinistra Primo G. Senza dimenticare il ras forzista di Liguria, Luigi G., e il ras renziano di Sicilia, Francantonio G. Tutti dentro, come nel film di Alberto Sordi. Intanto è indagato anche l’ultimo banchiere ed editore di giornali incensurato, Giovanni B. L’Italia, Repubblica fondata sulle retate, non è mai stata così unita. E si appresta a stupire il mondo con Expo-Milano 2015, grande esposizione universale di mazzette, calzamaglie, passamontagna, mascherine, grimaldelli e piedi di porco. Il giovane premier Matteo R. è in piena rivoluzione: ieri, copiando un’idea di Antonio Di Pietro (radiato dalla politica in quanto incensurato), ha promesso il "Daspo per i corrotti". Cioè una norma per escluderli dalla politica, come gli ultrà violenti dagli stadi. Siccome non risultano leggi a sua firma in tal senso, resta da capire quando scatterebbe l’ostracismo: dopo l’avviso di garanzia, o il rinvio a giudizio, o la condanna di primo grado, o d’appello, o di Cassazione, o mai? Casomai bastasse l’avviso, dovrebbe decimare il suo staff, dove troneggiano gli inquisiti Faraone (peculato) e Carbone (falsa testimonianza e accesso abusivo a sistema informatico). Ma anche il suo governo, dove siedono i sottosegretari inquisiti Bubbico (abuso d’ufficio), Barracciu, De Filippo e Del Basso de Caro (peculato). Se invece occorresse il rinvio a giudizio, salterebbero comunque Bubbico e De Filippo, entrambi rinviati a giudizio. Se poi, per il Daspo, necessitasse una condanna definitiva, Renzi potrebbe chiedere al sindaco renziano di Torino, Fassino, che ci fa nell’ufficio accanto al suo e nella direzione regionale Pd il pregiudicato Quagliotti, compare di mazzette e conti svizzeri di Greganti. Ma forse, come insegna il caso Genovese, per fare pulizia non conviene aspettare la Cassazione. E allora non si comprende la presenza nelle liste europee Pd dei candidati Renato Soru (rinviato a giudizio peri evasione fiscale e indagato per falso in bilancio e aggiotaggio), Nicola Caputo (indagato per truffa e peculato), Anna Petrone (indagata per peculato) e Giosi Ferrandino (a giudizio per falso ideologico e abuso). Naturalmente il momentaneo, fugace ritorno della legge uguale per tutti sta seminando il terrore nella classi digerenti e nella stampa al seguito. L’Unità, il Foglio e Libero, in stereofonia, deplorano il drammatico errore commesso dal Pd nell’autorizzare l’arresto di Genovese. E sul Cor - riere Piero Ostellino, reduce dalla festa della Nutella, lacrima come una vite tagliata per l’arresto di Scajola che aveva soltanto "facilitato l’espatrio dell’on. Matacena", tanto più che "è improbabile possa inquinare le prove ed è escluso possa darsi alla fuga". Sfugge, all’Ostellino, che un ex ministro dell’Interno con i cassetti pieni di dossier su politici amici e nemici potrebbe usarli proprio per inquinare le prove; e, se era così bravo a "facilitare l’espatrio" altrui, forse magari eventualmente chissà può darsi che riuscisse ad agevolare anche il proprio, di espatrio. Ma usare argomenti logici nel bel mezzo del fuggifuggi generale è inutile. Il terrore ottunde le menti e cancella la logica. Se, Dio non voglia, passa davvero l’idea che la legge è uguale per tutti, si crea un pericoloso precedente. E chissà dove andremo a finire. Liguria: intesa tra Regione, Ministero della Giustizia, Anci e Tribunale di Sorveglianza Agi, 18 maggio 2014 Migliorare le condizioni di vita nel carcere, attraverso l’uscita di soggetti bisognosi di percorsi terapeutici e il lavoro dei detenuti per dare così una risposta efficace alla sentenza della Corte europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo sul caso Torreggiani. È l’obiettivo del protocollo operativo che è stato siglato ieri pomeriggio tra il ministero della Giustizia, la Regione Liguria, l’Anci Liguria e il Tribunale di Sorveglianza di Genova alla presenza del Guardasigilli Andrea Orlando. Il protocollo firmato con la Liguria segue quelli già siglati nei giorni scorsi con Umbria e Lazio. Il ministro Orlando si è detto "molto soddisfatto del lavoro svolto" e ha aggiunto che "entro alcuni mesi circa la metà della Regioni avranno sottoscritto protocolli analoghi". "Il potenziamento delle misure alternative - ha proseguito il Guardasigilli - è necessario non solo per una questione di civiltà ma anche perché, così com’è, il nostro sistema carcerario è costoso e determina un tasso di recidiva più alto rispetto ad altri paesi. Queste misure sono perciò funzionali sia all’efficienza del sistema sia alla sicurezza sociale. Superata l’emergenza che ci impone la scadenza di Strasburgo, l’ambizione è quella di portare a sistema queste misure". Nel protocollo una particolare attenzione viene riservata ai soggetti tossicodipendenti che, per la loro condizione, hanno bisogno di percorsi specifici riabilitativi, rieducativi e di reinserimento sociale e lavorativo. "Vogliamo dare un contributo concreto per alleggerire la situazione carceraria - ha spiegato il vicepresidente della Regione Liguria e assessore alla Salute, Claudio Montaldo - e individuare soluzioni alternative di inserimento sociale e lavorativo di questi soggetti, tenuto conto che la Liguria è una delle regioni italiane con il più alto numero di detenuti tossicodipendenti in Italia. Su un totale infatti di 1.600 detenuti, ben il 40 per cento risultano tossicodipendenti rispetto ad una media italiana del 30 per cento". È previsto un impegno da parte della Regione, in accordo con gli Enti locali coinvolti, a individuare comunità residenziali, anche a scopo terapeutico, in grado di ospitare detenuti tossicodipendenti in alternativa agli arresti domiciliari. Per quanto riguarda la Liguria è previsto per il 2014 l’inserimento in struttura di 20 persone, che saliranno a 40 nel 2015 e a 50 nel 2016. Attraverso il Fondo sociale europeo, poi, si intende favorire l’inserimento lavorativo di tali soggetti e l’individuazione, attraverso Anci e Terzo settore, di luoghi di domicilio per tutte quei detenuti che ne sono privi, proprio per permettere loro l’accesso a misure alternative. È contemplato l’impegno a promuovere percorsi di formazione lavoro, a titolo volontario e gratuito su progetti di pubblica utilità. Per reperire le risorse necessarie a sostenere questi percorsi alternativi, Montaldo ha proposto che "la quota alberghiera riconosciuta al sistema penitenziario venga destinata, qualora il detenuto venga affidato ad una comunità, al sistema sanitario regionale per finanziare - ha concluso - le strutture di recupero che accolgono gli ex carcerati". Montaldo a Guardasigilli: mantenere provveditorato Mantenere in Liguria il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, snodo fondamentale per le politiche connesse ai detenuti. Lo ha chiesto il vicepresidente della Regione Liguria Claudio Montaldo consegnando quest’oggi al Ministro della Giustizia Andrea Orlando una lettera e un ordine del giorno votato all’unanimità dal consiglio regionale. "L’ipotesi di accorpamento del Provveditorato della Liguria con il Piemonte a suo tempo predisposta dagli uffici ministeriali - si legge nella lettera - priverebbe la nostra regione dell’organo di rappresentanza territoriale dell’amministrazione penitenziaria, inoltre sarebbe l’unica futura città metropolitana a non averlo". Il vicepresidente ha sottolineato al ministro "l’importanza della struttura alla luce anche dei numeri della Liguria che conta 7 istituti penitenziari, tre uffici esecuzione penale esterna e la scuola di formazione del personale di polizia penitenziaria di Cairo Montenotte". "Non va inoltre dimenticato - ha sottolineato Montaldo - che emergerebbero disfunzioni sul versante dei rapporti con le autorità giudiziarie del distretto di Corte d’appello in materia di gestione di esigenze cautelari e investigative". Liguria: il ministro Orlando "le carceri devono cambiare, a cominciare da quelle liguri" Il Secolo XIX, 18 maggio 2014 "Non ho il potere di cambiare l’orientamento del quadro politico: per amnistia e indulto non ci sono spiragli". Il ministro Andrea Orlando risponde così a Francesca Terragni, attivista dei Radicali e moglie di un detenuto che lo interpella durante la conferenza stampa in Regione. Ma poi aggiunge: "Le condizioni dei detenuti devono cambiare prima di tutto per chi dentro ci resta, anche perché rischiamo forti penali da parte di Strasburgo se la situazione rimane quella attuale". E proprio in direzione di una applicazione della pena che miri davvero al recupero dei detenuti va l’accordo firmato ieri da Regione Liguria, ministero della Giustizia e tribunale di Sorveglianza, alla presenza proprio del ministro, del vicepresidente Claudio Montaldo, del sindaco Marco Doria e del presidente del Tribunale di sorveglianza di Genova, Giorgio Ricci. Il protocollo firmato con la Liguria segue quelli già siglati nei giorni scorsi con Umbria e Lazio. Una collaborazione istituzionale che dovrà servire a migliorare le condizioni di vita nel carcere, attraverso l’uscita di soggetti bisognosi di percorsi terapeutici e anche attraverso il lavoro dei detenuti, per dare così una risposta efficace alla sentenza Torreggiani che vada oltre la questione quantitativa dello spazio vitale minimo per ciascun detenuto. "In questo modo - ha spiegato il vicepresidente della Regione e assessore alla salute, Montaldo - vogliamo dare un contributo concreto per alleggerire la situazione carceraria e individuare soluzioni alternative di inserimento sociale e lavorativo, tenuto conto che la Liguria è una delle regioni italiane con il più alto numero di detenuti tossicodipendenti in Italia. Su un totale infatti di 1.600 detenuti ben il 40% risultano tossicodipendenti rispetto ad una media italiana del 30%". Cosa prevede il protocollo? In sintesi è previsto un impegno da parte della Regione, in accordo con gli Enti locali coinvolti, a individuare comunità residenziali, anche a scopo terapeutico, in grado di ospitare detenuti tossicodipendenti in alternativa agli arresti domiciliari. Per quanto riguarda la Liguria è previsto per il 2014 l’inserimento in struttura di 20 persone, 40 nel 2015 e 50 nel 2016. Inoltre attraverso il Fse, il Fondo sociale europeo, è previsto di lavorare anche all’inserimento lavorativo di tali soggetti e l’individuazione, attraverso Anci e il Terzo settore, di luoghi di domicilio per tutte quei detenuti che ne sono privi, proprio per permettere loro l’accesso a misure alternative. Nel corso dell’incontro Montaldo ha anche chiesto al ministro che non venga toccato il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, snodo fondamentale per le politiche connesse ai detenuti: nelle ipotesi di riordino previste dal ministero, infatti, il provveditorato ligure finirebbe accorpato con quello piemontese. Lazio: il Garante Marroni "adottare misure per garantire il diritto al voto dei detenuti" www.ontuscia.it, 18 maggio 2014 "Adottare tutte le misure necessarie affinché venga assicurata un’adeguata informazione elettorale ai detenuti reclusi nelle 14 carceri della Regione garantendo, a coloro che ne hanno diritto, la possibilità di esercitare il diritto al voto". È questo, in sintesi, il contenuto dell’appello rivolto, in vista delle consultazioni Europee ed amministrative del prossimo 25 maggio, dal Garante dei Detenuti del Lazio Angiolo Marroni al Provveditore dell’Amministrazione Penitenziaria del Lazio Maria Claudia Di Paolo per "assicurare la facoltà di voto ai detenuti che ne abbiano diritto". Il Garante ha invitato ad ottemperare "a tutti gli adempimenti logistico-normativi, anche attraverso una fattiva collaborazione con gli Uffici Elettorali dei comuni del Lazio che ospitano le carceri, affinché venga garantita ai detenuti la possibilità di esercitare un diritto democratico fondamentale". I detenuti possono votare nella carceri in un apposito seggio elettorale. L’esercizio di questo diritto è, però, subordinato ad alcuni adempimenti preliminari. Nelle prossime ore i collaboratori del Garante verificheranno l’applicazione delle procedure e raccoglieranno informazioni sui provvedimenti adottati per l’istituzione dei seggi nelle carceri, verificando la sussistenza del diritto di voto dei soggetti che non lo hanno perduto, l’affissione delle liste dei candidati e delle modalità di voto. "Quello al voto è un diritto costituzionalmente garantito - ha detto Marroni - è quella europea è una consultazione importante dal momento che le decisioni che arrivano dall’Unione condizionano e regolano molte scelte della nostra vita quotidiana. Nelle carceri ci sono moltissimi detenuti che non hanno perso il diritto al voto e, per questo, è opportuno che si faccia tutto il possibile per garantire loro la possibilità di scegliere la classe politica che governerà l’Europa nei prossimi anni". Napoli: i Radicali raccolgono le denunce dei detenuti ammalati, 300 in attesa di ricovero di Claudia Sparavigna Roma, 18 maggio 2014 A fine maggio arriveranno le salate multe da parte dell’Unione Europea per le condizioni in cui versano le carceri italiane. Sovraffollamento, condizioni igienico sanitarie pessime, negazione dei diritti per i detenuti sono alcune delle motivazioni delle multe che l’Italia sarà, da qui a breve, condannata a pagare. Per questo motivo, la scorsa settimana una delegazione di militanti dell’associazione Radicale Per la Grande Napoli, insieme ai parenti dei detenuti si è riunita davanti alla Casa Circondariale di Poggioreale per dare vita ad un presidio non violento, voluto per continuare le lotte in favore dell’amnistia e per il ripristino della legalità all’interno delle carceri per evitare i provvedimenti disciplinari dell’Europa e garantire livelli migliori di vita ai detenuti. "La manifestazione - spiega Luigi Mazzotta, segretario dell’Associazione Radicale Per la Grande Napoli - è stata voluta soprattutto per raccogliere gli appelli dei detenuti ammalati, che sono rinchiusi in delle catacombe, senza l’adeguata assistenza medico sanitaria". Quella di Poggioreale è solo la prima delle tappe previste dai Radicali per denunciare l’abbandono che vivono i detenuti ammalati all’interno delle carceri. Oggi, infatti, ci sarà un’altra manifestazione, all’esterno del Carcere di Secondigliano, a cui parteciperà anche il Senatore del Gal, Luigi Compagna, da sempre in prima linea per i diritti dei detenuti. Intanto proseguono gli appelli con manifestazioni anche eclatanti come quelli degli scioperi della fame e della sete di Marco Pannella e dei Radicali e seguito dai detenuti del Carcere di Poggioreale, che a volte per giorni rifiutano il cibo in segno di protesta. A loro si sono, in alcune occasioni, uniti anche i detenuti di un altro carcere campano, quello di Bellizzi Irpino. "Tra poco arriveranno le multe dell’Unione Europea - prosegue Mazzotta - e qui non è cambiato ancora nulla, nessuno prende una decisione e in carcere si continua a soffrire. Vogliamo dire ai familiari dei detenuti di non tacere e li invitiamo a fare ricorso quando si presentano casi di omissione di cure all’interno del carcere". Nonostante la macchina burocratica sia lenta e farraginosa, a Roma, qualcosa sta andando avanti. Per il 15 maggio, infatti, doveva essere pronto il testo unificato in materia di amnistia e indulto, redatto dalla senatrice Nadia Ginetti del Pd e dal senatore Ciro Falanga, di Fi, in qualità di relatori dei quattro ddl per amnistia e indulto. L’esame congiunto dei ddl per amnistia e indulto 2014 è proprio in questi giorni al vaglio della commissione Giustizia al Senato della Repubblica. Trecento richieste di ricovero "Sono oltre trecento le richieste di ricovero in ospedale, da parte di detenuti, inevase all’interno delle carceri italiane dall’inizio dell’anno". A fornire i dati è Luigi Mazzotta dei Radicali Per la Grande Napoli, che spiega: "Si tratta di richieste per operazioni chirurgiche, per le quali i detenuti aspettano anche otto mesi. Alcuni riescono ad essere operati, altri rischiano di morire prima di arrivare in sala operatoria. Invito i detenuti e i loro parenti a prendere esempio da chi ha fatto ricorso e ha ricevuto un indennizzo dalla Corte Europea di quindicimila euro per mancata assistenza sanitaria in carcere". Napoli: Sepe inaugura la Casa per chi è ai domiciliari e non può stare in famiglia di Claudia Procentese Il Mattino, 18 maggio 2014 "Più mettiamo insieme le nostre forze, più ognuno dà il suo contributo, più solleviamo l'umanità dalle sue sofferenze". Il monito del cardinale Crescenzio Sepe, intervenuto ieri al convegno diocesano "Accogliere per liberare" presso il Centro di Pastorale carceraria, non ha lasciato dubbi ai partecipanti. "Fa parte della nostra missione di cristiani - ha sottolineato l'arcivescovo di Napoli - salvaguardare sempre e ovunque la dignità delle persone, ma guai se si pensasse che facciamo filantropia, beneficenza, noi abbiamo come fine la carità, siamo semplicemente gocce che vogliono rappresentare un esempio di rispetto, di amore per chi è prigioniero, ammalato e violentato". Il mare è quello delle varie realtà istituzionali ed associazionistiche di cui si compone il complesso mondo carcerario, tra emergenza sovraffollamento e condizioni di vita che spesso violano gli standard minimi di legge. Una mattinata che è stata anche l'occasione per inaugurare la casa di accoglienza nell'ex convento delle suore di santa Giovanna Antida in via Trinchera "già da ottobre aperta a dieci detenuti, non tossicodipendenti, agli arresti domiciliari e che per il reato commesso non possono stare presso le loro famiglie - spiega don Franco Esposito direttore dell'ufficio diocesano di Pastorale carceraria e cappellano del carcere di Poggioreale - oppure che non hanno casa, come gli extracomunitari". La struttura di proprietà della Curia è stata data in comodato d'uso all'associazione di volontariato carcerario "Liberi di volare". Un centro d'ascolto per il percorso di riabilitazione; una cooperativa di servizi che dà la possibilità agli ex ristretti di lavorare come muratori, elettricisti, idraulici; due progetti finanziati dalla Fondazione con il Sud e dalla Caritas. "Venti li abbiamo in affido diurno, cioè assegnati dal tribunale ai servizi sociali - continua il sacerdote -. Vogliamo dimostrare che la pena rieducativa è fattibile e che il carcere è la risposta ingannevole alla domanda di sicurezza, perché chi esce da lì, esce peggiore". E spesso l'emergenza che diventa norma mette radici in una forma mentis che vuole il carcere sempre uguale a se stesso. "A Poggioreale - ha esemplificato Cosimo Giordano, ex direttore del penitenziario napoletano - continua la logica del contenimento anche nei padiglioni di nuova generazione come il Firenze ed il Genova. Solo celle, invece di creare luoghi di socializzazione". Concetto ribadito dal sindaco Lugi De Magistris: "Se i nostri ragazzi sbagliano è perché spesso non hanno avuto alternative nella vita. Guai a pensare che la giustizia progredisce solo con la punizione". Presenti al dibattito, moderato da Samuele Ciambriello, anche Carmineantonio Esposito, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Napoli, Liberato Guerriero, direttore del carcere di Secondigliano, Arturo Frojo dell'Ordine degli avvocati di Napoli, don Virgilio Balducchi, ispettore generale dei cappellani. Tolmezzo (Bl); dati e impressioni sulla visita ispettiva al carcere di massima sicurezza di Stefano Santarossa (Radicali Veneto) www.radicali.it, 18 maggio 2014 Oggi la delegazione dei radicali formata da Michele Migliori, Nicolò Gnocato e il sottoscritto, ha effettuato la visita ispettiva al carcere di Tolmezzo. Si tratta di una struttura particolare dato che ospita prevalentemente detenuti soggetti ad alta sorveglianza e in regime di 41bis. Siamo stati accolti dal direttore dott.ssa Silvia della Branca, che dal 2003 è responsabile del carcere. Per circa mezz’ora il direttore ha risposto in modo completo e puntuale al questionario che i radicali hanno predisposto per valutare la situazione della struttura. Mi è sembrato che la buona accoglienza a noi riservata sia un riconoscimento dell’attenzione che i radicali hanno sempre rivolto al pianeta carcere. I numeri del carcere, con i 175 ospiti rispetto ai 220 posti disponibili, dei quali 68 detenuti "comuni", 86 in alta protezione e 20 in 41 bis, rappresentano un’eccezione rispetto a quanto accade negli altri istituti penitenziari italiani. All’interno della struttura per i detenuti comuni è applicato il regime aperto, dalle 8.30 alle 19.00 le celle nei vari settori non sono chiuse e gli ospiti possono muoversi tra le celle e comunicare con gli altri detenuti. Tale situazione è ritenuta dal direttore molto positiva, sono diminuiti i motivi di tensione all’interno della struttura. A parere del direttore tale misura andrebbe estesa anche ai detenuti AS. C’è da sottolineare che la struttura offre ad oltre un centinaio di detenuti la possibilità di lavoro all’interno del carcere; sono organizzati corsi professionalizzanti di giardinaggio con una serra all’esterno, un corso completo per periti elettrotecnici dalla prima alla quinta superiore all’interno del carcere, palestra e corsi di grafica. Le opere di manutenzione del fabbricato sono in parte realizzate dagli stessi detenuti. Per i detenuti in 41 bis tali attività sono chiaramente non possibili, ma è consentito frequentare corsi anche universitari online. Rispetto alla presenza degli immigrati, un detenuto ha sottolineato che la burocrazia non ha consentito ad alcuni stranieri di poter espiare la pena con l’estradizione nel proprio paese di origine (anche per una recente modifica del decreto ministeriale nda). Tale possibilità insieme alla modifica delle norme sulle droghe (legalizzazione) potrebbero, a detta del direttore, ridurre il sovraffollamento. Negli ultimi due anni non si sono verificati suicidi nella struttura. Si sottolinea che nella struttura non c’è sovraffollamento perché attualmente i detenuti comuni vengono trasferiti altrove e a regime il carcere ospiterà esclusivamente detenuti in alta sorveglianza o in 41bis. Per ragioni di sicurezza oggi 49 persone sono ospitate in celle singole mentre 126 in celle doppie. Le guardie carcerarie sono 160. Per i 41bis, su 20 detenuti 10 sono in attesa di giudizio e sentenza definitiva. La conferma delle condizioni di permanenza in tale condizione di 41bis avvengono su decisione del ministro della giustizia sulla base delle relazioni del magistrato di sorveglianza. Il carcere in questo senso non ha voce in capitolo. I condannati all’ergastolo sono 10 di cui 5 a ergastolo ostativo. Per poter uscire da tale stato l’unico modo è collaborare o dissociarsi dall’associazione mafiosa. Per i detenuti in 41bis è possibile solo un colloquio di un’ora al mese per parenti fino al terzo grado. Il colloquio avviene con l’interposizione di un vetro. Per i detenuti con figli di età inferiore a dieci anni negli ultimi dieci minuti è consentito il contatto fisico tra genitore e figlio. È possibile solo un’ora d’aria al giorno, il mattino o il pomeriggio, a gruppi di quattro persone. I processi si tengono in teleconferenza. Non sono presenti particolari patologie tra questi ospiti. Ai detenuti è consentita la lettura di quotidiani, riviste e libri ma l’ascolto solo dei canali Rai per la radio e dei canali nazionali per la televisione. Santa Maria Capua Vetere (Ce): sit-in dei Radicali contro la carenza di acqua in carcere www.casertafocus.net, 18 maggio 2014 Nella mattinata di ieri, dalle ore 8.30 alle ore 12.30 si è svolto un sit-in, presso la Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere, per chiedere l’amnistia per la repubblica e denunciare la sistematica mancanza di acqua all’interno dell’istituto penitenziario. Il sit-in organizzato dall’ Associazione Radicale "Legalità e Trasparenza" di Caserta ha visto la partecipazione di Domenico Letizia, Fortunato Materazzo e Luca Bove, segretario dei Radicali Caserta. Al sit-in hanno partecipato, sostenendo la battaglia di Marco Pannella una quarantina di parenti dei detenuti che hanno aderito alla proposta di Amnistia, inoltre, erano presenti Mimmo dell’Aquila, segretario del Partito Socialista di Caserta, Angelo Moretta della Segreteria provinciale del Psi di Caserta, Anna Cesaro e Vitaliano D’Abronzo della Federazione dei Giovani Socialisti di Caserta e Enzo Guida del dipartimento giustizia del Partito Democratico di Caserta. Domenico Letizia dichiara: "Stiamo provando ad intraprendere iniziative in comune con i compagni socialisti e i democratici, ma aperte a tutto il mondo politico e associativo, per ribadire la necessità di una proposta di Amnistia e per tentar di risolvere con urgenza la sistematica mancanza di acqua all’interno della struttura penitenziaria". Ferrara: Fiorentini (Sel); la direzione del carcere garantisca il diritto di voto ai detenuti www.estense.com, 18 maggio 2014 Appello del candidato alla direzione del carcere e al Garante dei diritti dei detenuti. "La direzione dell’istituto ferrarese deve farsi parte attiva per favorire la partecipazione dei detenuti alle prossime elezioni". Così Leonardo Fiorentini, candidato indipendente di Sel alle prossime elezioni amministrative, lancia un appello alla direzione del Carcere di Ferrara e al Garante dei diritti dei detenuti per garantire il diritto di voto ai detenuti del carcere di via Arginone. "Il tema del voto è strettamente legato a quello della risocializzazione - continua Fiorentini - perché una persona può tornare ad una vita all’interno della società solo se al di fuori del carcere trova luoghi dove vivere, lavorare ed esprimersi. E questo processo deve necessariamente cominciare in carcere mentre si sconta la pena: il lavoro in primis, ma l’espressione delle proprie capacità in generale e quindi anche delle idee sono passaggi fondamentali nella costruzione di una vita al di fuori che allontani dalla possibile recidiva". "In Toscana una circolare del Dap ha chiesto di andare oltre la mera informativa ai detenuti, credo che vada seguito l’esempio e chiedo quindi alla Direzione, che si è dimostrata molto sensibile in passato rispetto al tema della partecipazione, di promuovere interventi anche "porta a porta" per informare e garantire il voto dei carcerati che ne hanno diritto. Perché la partecipazione deve cominciare dagli ultimi. Sarebbe bello - conclude Fiorentini - che si potessero organizzare anche confronti fra i candidati all’interno del carcere. Ma probabilmente è tardi e lo pongo come auspicio per le prossime elezioni". Varese: dietro quelle sbarre c’è la voglia di riscatto… 167 detenuti in concorso letterario di Nicoletta Romano La Provincia di Varese, 18 maggio 2014 Carceri. Un argomento trattato con le pinze, a meno che vi sia un’evasione clamorosa o drammatici problemi di spazi vitali. Difficilmente si parla di coloro che vivono la detenzione a livello individuale come se la colpa, soprattutto se per piccoli reati, rendesse i carcerati delle persone da nascondere alla società civile, individui borderline cui non si pensa di poter dar un’opportunità di redenzione, rifiuti di questa nostra collettività inquinata da mille pregiudizi. Varese in questo è avanti, vedi il concorso artistico-letterario a loro dedicato cui hanno aderito 167 detenuti delle carceri lombarde. La premiazione si è svolta a Villa Recalcati e nel corso della lettura dei vincitori è emerso un fatto importante: in queste persone esiste una sete, una grande voglia di cultura attraverso la quale si potrebbe operare un riscatto umano e morale. Persone dotate di una sensibilità a fior di pelle, elemento che si può tradurre in maniera positiva o, come nel loro caso, negativa. Ma pur sempre di sensibilità si tratta e di fragilità, una fragilità psichica che tutti paiono voler combattere. Ma più ci addentriamo in questa oscura giungla dell’ambiente carcerario italiano, più veniamo a scoprire che davvero, la bilancia della giustizia è dotata di due pesi e due misure. È mai possibile che si venga condannati a scontare una pena che va oltre i 12 mesi per un furto di 17 euro in un supermercato, mentre manigoldi extra lusso se ne vanno a spasso dopo aver derubato la nazione a suon di milioni? Allora esiste una giustizia di serie A e una serie di B? Sovente udii pronunciare con grande amarezza dall’avvocato mio padre che la legge non è uguale per tutti, come viene solennemente conclamato nelle aule dei tribunali. A cosa servono codici, codicilli, cavilli, articoli a-bis e ter se poi spesso la sentenza viene pronunciata senza una salomonica obiettività? Privare un individuo del bene più prezioso al mondo, la libertà, per una manciata di euro mentre colui che investe una persona se ne torna a casa impunito… Forse sarebbe opportuno rivedere non solo il modus operandi ma anche il modus cogitandi. Ma "va bene così", non me la prendo, devo riuscire a farmene una ragione, ora sono qui", scrive il detenuto dei Miogni, vincitore di una delle due menzioni speciali. Bologna: rissa in carcere, venti detenuti armati di spranghe di legno contro gli agenti di Lorenza Pleuteri La Repubblica, 18 maggio 2014 Sono venuti alle mani due gruppi di migranti. I sindacati delle guardie: "Situazione esplosiva, ma è stato evitato il peggio. Noi sotto organico". Le gambe strappate dai tavolini delle celle e dalle scrivanie degli agenti usate come bastoni e come lance. Botte a mani nude. Urla, sangue. L’allarme generale. Feriti e contusi. La tensione che cova perennemente sotto la cenere, alla Dozza, venerdì pomeriggio è esplosa in una rissa all’interno del reparto 1 D, sezione che ospita persone in attesa di giudizio, in prevalenza straniere, e tossicodipendenti. Venti detenuti tunisini sono risaliti nel raggio dopo una partita di calcio disputata in cortile, nelle ore d’aria pomeridiane. Banali bisticci di gioco sarebbero diventati la scintilla che ha riacceso vecchi rancori, apparentemente sopiti, tra il gruppo originario di Sfax e quello proveniente da altre città della Tunisia. In pochi secondi, erano le 16, è scoppiato il finimondo. I cinque agenti del piano sono accorsi, chiamando rinforzi, quando dalle parole si era già passati alle mani e alle legnate. Alla fine, riportata la calma, due detenuti e quattro poliziotti penitenziari sono stati portati in ospedale per controlli e medicazioni. Altri tunisini sono stati visitati in infermeria nelle ore successive. Il più grave di tutti è un ispettore, ricoverato con una frattura scomposta al dito di una mano e una operazione da affrontare. In queste ore si stanno verificando e attribuendo le singole responsabilità dei detenuti coinvolti, dopo di che partiranno le denunce per rissa, lesioni, danneggiamento e resistenza. Non solo. Contro chi ha avuto parte attiva nella zuffa saranno aperti procedimenti disciplinari. Coloro che hanno spaccato tavoli e scrivanie verranno chiamati a pagare gli arredi distrutti. E di mezzo c’è andato l’intero reparto, dove era in vigore il regime a celle aperte fino alle 18 e dove adesso si è tornati alla chiusura totale, a danno di tutti. A dare notizia dell’accaduto, mentre in carcere era in corso un convegno nazionale dei Radicali, sono stati i responsabili provinciali di Uil e Ugl di categoria, Domenico Maldarizzi e Luigi Cardinale. "Siamo vicini e solidali con i colleghi feriti - premettono. Solo grazie al loro intervento il bilancio non è stato più drammatico. La situazione è pesantissima, per la carenza di organico e di mezzi. Non è possibile continuare così. Le condizioni afflittive, umilianti e inumane della detenzione e del lavoro stanno trasformando le nostre carceri in luogo di supplizio e tortura". Il Sappe, per voce dei leader Giovanni Battista Durante e Francesco Campobasso, cavalca invece la rissa per rimettere in discussione uno dei correttivi che sembravano aver migliorato la qualità della vita oltre le sbarre e cioè la sorveglianza dinamica, prevista nei reparti in cui le celle restano aperte fino alle 18. "Il sistema - contestano - è del tutto inutile ed efficace, poiché molti detenuti spesso dimostrano di non essere meritevoli di tali benefici. Altro che colpa del sovraffollamento, altro che provvedimenti di clemenza per questi delinquenti". L’eco avuta dalla rissa rischia di oscurare una novità importante e attesa. La direttrice part time e pro tempore Claudia Clementi, costretta per mesi a far la pendolare tra via del Gomito e il penitenziario di Pesaro, ha avuto la nomina definitiva. Guiderà a tempo pieno il carcere bolognese. Firenze: "Appalti truccati, anche per le docce", un indagato per Sollicciano che va a pezzi Corriere Fiorentino, 18 maggio 2014 Gli appalti nel carcere di Sollicciano finiscono nel mirino della Procura. Due giorni fa, gli investigatori della sezione di polizia giudiziaria si sono presentati alla porta dell’istituto fiorentino per acquisire documenti riguardo alle gare di edilizia degli ultimi anni. A dare il via all’inchiesta è stata una segnalazione inviata alla Procura un anno fa dal Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, al termine di un’ispezione che aveva rilevato diverse irregolarità nella gestione di alcuni lavori. L’attenzione degli ispettori era finita in particolare su tre gare: quella per la realizzazione delle docce nelle celle del reparto femminile, i lavori delle facciate e i tetti dei reparti detentivi e quelli per la climatizzazione della ludoteca. Dopo una prima valutazione, la Procura ha indagato per abuso d’ufficio il capo dell’ufficio tecnico di Sollicciano che, secondo l’accusa, avrebbe violato in più occasioni le procedure delle gare. Il tecnico avrebbe modificato le richieste con nuovi computi metrici a gara ormai conclusa, quindi dopo l’apertura delle buste, quando non era più possibile informare le ditte che avevano partecipato. Le gare per tetti, facciata e riscaldamento: sul registro della Procura il capo dell’ufficio tecnico. L’accusa in una relazione: criteri aggiustati dopo l’apertura delle buste. Avellino: poliziotti penitenziari in protesta contro il mancato adeguamento dell’organico Corriere dell’Irpinia, 18 maggio 2014 Nel locale carcere di massima sicurezza sono in arrivo 150 detenuti, assegnati al nuovo padiglione che l’amministrazione carceraria ha deciso di realizzare per snellire il problema dell’affollamento nelle altre strutture penitenziarie, ma il personale di polizia penitenziaria è insufficiente così ieri mattina gli agenti di custodia hanno manifestato davanti all’ingresso del carcere di Ariano Irpino per sensibilizzare l’amministrazione a rafforzare il personale in organico. "In quel carcere attualmente sono reclusi circa duecento detenuti, pertanto con i nuovi arrivi il numero raddoppierà ed a fronte di questo l’amministrazione penitenziaria ha inviato solo undici poliziotti che si andranno ad aggiungere ai 120 in organico - afferma Serafino Fiore, rappresentante di categoria per l’Ugl - e tutto questo non è ammissibile per le ovvie ragioni che ne derivano. In queste ore giungeranno una ottantina di detenuti, ma nei prossimi giorni il trasferimento dagli altri penitenziari dovrebbe essere completato. Il direttore del carcere ha mostrato sensibilità nei confronti del problema - aggiunge Fiore - ma la questione non attiene alle sue competenze perché la decisione è nelle mani del provveditore regionale, Costabile, e dell’amministrazione centrale. Noi siamo preoccupati per il sovraccarico di lavoro al quale gli agenti sono sottoposti in un settore particolare e stressante per le mansioni che essi svolgono, ma è evidente che se non vi è il rispetto del rapporto tra agente e detenuto il problema si amplifica e si rischia di compromettere la sicurezza generale degli operatori e degli stessi detenuti. La speranza è che la decisione di integrare il personale di solo undici unità sia rivista e che si corra ai ripari prima che ad Ariano giungano tutti i detenuti così come deciso". Nei prossimi giorni dovrebbero essere tenute alcune riunioni per cercare di porre rimedio alla questione. Firenze: le "Rose di Sollicciano" abbelliscono un’aiuola sotto Piazzale Michelangelo Adnkronos, 18 maggio 2014 La terrazza immediatamente sotto il Piazzale Michelangelo, nel viale Poggi, si abbellisce di nuovi bellissimi fiori: sono le "Rose di Sollicciano", coltivate dai detenuti del carcere fiorentino nel vivaio annesso all’Istituto penitenziario. La nuova aiuola, curata dai giardinieri comunali, verrà inaugurata lunedì 19 maggio alle 12.30 dall’assessore all’Ambiente. Il vivaio di Sollicciano è stato allestito dalla cooperativa Ulisse, che si occupa del recupero e del reinserimento lavorativo dei detenuti. L’amministrazione, che sostiene questo progetto di alto valore sociale, ha realizzato non solo l’aiuola del Piazzale, ma anche altri due spazi all’interno del Giardino delle Rose, utilizzando proprio le piante coltivate dai detenuti. Le rose sono della varietà "Tea" in varie tonalità di colore. La rosa Tea è la più conosciuta al mondo, è stata creata ai primi del 900 ed è considerata lo spartiacque tra rose antiche e rose moderne. Camerino (Mc): ex detenuta rientra in carcere… per partecipare allo spettacolo teatrale Il Messaggero, 18 maggio 2014 Il teatro è più forte della libertà. Una detenuta del carcere di Camerino, che ha seguito con passione le attività teatrali della piccola casa circondariale, uscita per fine pena prima di andare in scena, è voluta tornare dietro le sbarre per due giorni pur di andare in scena. è l’altra faccia del carcere. Quella che non ti aspetti. Frutto della attività di recupero e reinserimento dei detenuto. Le statistiche dicono che i detenuti recidivi sono il 65%, soglia che si abbassa del 90% fra quelli che praticano attività ricreative, culturali e lavorative. A raccontare l’episodio è stato il sindaco di Camerino Dario Conti, durante la visita nel carcere del senatore Buemi. "La situazione del carcere di Camerino è di emergenza" ha poi detto, al termine della sua visita, il senatore Enrico Buemi (Psi). "Ci sono delle criticità strutturali e ambientali a cui va messo subito rimedio. Il nuovo carcere sarebbe la soluzione ideale. Situazioni che contrastano con il clima che si respira dentro il penitenziario, che è positivo e è il frutto del grande rapporto umano instaurato dagli operatori con i detenuti. Però la condizione ambientale è pessima: umidità, muri scrostati, servizi igienici da rifare, compressione di presenze nel settore maschile, dove gli standard di spazi sono più o meno rispettati anche se con cameroni da sei detenuti. Diversa e migliore la condizione nel padiglione femminile", ha proseguito Buemi. Radio: domani a "Tre Soldi" (Radio3) trasmissione dedicata all’isola-carcere di Gorgona La Presse, 18 maggio 2014 Gorgona, due chilometri quadrati e un’ora di nave dalle coste di Livorno. E poi 66 detenuti, 35 poliziotti penitenziari e 1 solo civile che qui trascorre tutto l’anno: la Signora Luisa Citti, 87 anni, discendente di quarta generazione di quei Citti che partirono oltre duecento anni fa da Lugliano, in Garfagnana, su indicazione del Gran Duca di Toscana per ripopolare l’isola". Se ne parla a Radio3 nel programma "Tre Soldi" in onda da lunedì 19 a venerdì 23 maggio alle 19.45. Oggi Gorgona non è soltanto l’ultimo carcere a cielo aperto italiano, nel quale i detenuti hanno la possibilità di lavorare e di prepararsi al loro futuro, ma anche una splendida oasi naturale che vive in prima persona l’intricato, e complicatissimo, gioco di rivalità e di passioni dei suoi abitanti. Per raccontare la storia di questo scoglio in mezzo al mare, Flavia Piccinni è partita per Gorgona. Nel suo viaggio ha incontrato capitani di motovedette, veterinari e apicoltori, ma soprattutto civili, detenuti, guardie penitenziarie, commissari, educatori e il direttore dell’Istituto Carcerario Carlo Mazzerbo. Fra l’azienda agricola gestita dai detenuti ai vigneti di Frescobaldi, che in un fazzoletto di terra produce il pregiato vino dal nome dell’isola, passando dalla Duecentesca Torre Vecchia per arrivare allo storico paese, Flavia Piccini con Gorgona, il tempo sospeso traccia il ritratto di una splendida, e ancora oggi inaccessibile, isola del Mediterraneo che è riuscita a preservare se stessa dall’intervento umano e, forse, dallo scorrere stesso del tempo. Israele: 2.300 persone rinchiuse in campo detenzione nel deserto del Negev, molti cristiani www.mainfatti.it, 18 maggio 2014 L’Agenzia Fides riporta le condizioni del centro di Holot, nel deserto del Negev, dove vengono rinchiusi gli eritrei e i sudanesi che giungono in Israele dopo esser fuggiti dai rispettivi Paesi d’origine. Una struttura che detiene oltre 2mila uomini, la stragrande dei quali appartenenti alla Chiesa copta ortodossa eritrea. Nel deserto del Negev c’è un centro di detenzione con più di duemila detenuti, in gran parte di cristiani. è il centro di Holot, dove vengono rinchiusi gli eritrei e i sudanesi che giungono in Israele dopo esser fuggiti dai rispettivi Paesi d’origine. A darne notizia è l’Agenzia Fides, che riporta anche il resoconto di una visita al campo di detenzione effettuata il 15 maggio scorso da una delegazione della Pastorale per i Migranti del Patriarcato latino di Gerusalemme, guidata dal Vicario patriarcale padre David Neuhaus. Al momento, la struttura ospita 2.300 uomini, e come sottolinea la Fides la libertà di movimento concessa loro durante il giorno rimane del tutto teorica, visto che il centro si trova nel deserto, lontano da centri abitati, e i detenuti non possono usare mezzi di trasporto per muoversi. La stragrande maggioranza dei reclusi appartiene alla Chiesa copta ortodossa eritrea, e tra loro operano tre sacerdoti. A dare l’impressione che quello di Holot è un vero e proprio campo di prigionia non è solo il caldo soffocante e il vuoto delle giornate, ma anche le carenze dal punto di vista alimentare e sanitario. "Perché siamo qui? Quale crimine abbiamo commesso? Quando ci rilasceranno?" sono infatti le domande più frequenti raccolte tra i detenuti dalla delegazione del Patriarcato latino. La gran parte di loro teme il rimpatrio forzato in Eritrea o Sudan, che porrebbe a rischio la vita di molti. Attualmente i richiedenti asilo in Israele sono 50mila. Ma le richieste di asilo presentate nel 2013, sottolinea la Fides, sono soltanto 43. Pakistan: uomo accusato di blasfemia ucciso in un commissariato del Punjab Adnkronos, 18 maggio 2014 Un uomo pakistano accusato di blasfemia è stato ucciso in un commissariato del Punjab, provincia orientale del Pakistan. Il 65enne Khalil Ahmed, appartenente alla comunità Ahmadiyya, era stato arrestato il 12 maggio scorso, dopo che un negoziante lo aveva accusato di aver offeso l’Islam. Un funzionario di polizia ha riferito all’agenzia Xinhua, a condizione di anonimato, che ieri un uomo in uniforme da poliziotto si è presentato al commissariato, ha chiesto del detenuto e lo ha ucciso a colpi di pistola. L’uomo è stato arrestato, ma non si sa ancora se fosse un poliziotto e per quali motivi abbia agito. La legge pakistana sulla blasfemia è in vigore dagli anni Ottanta ed è molto criticata perché dà una definizione molto ampia del reato e prevede pene pesantissime, tra le quali la pena capitale. Tutti i governi che si sono succeduti a Islamabad non sono riusciti a cambiarla, per le forti resistenze degli ambienti più conservatori. Nel 2011, il governatore del Punjab e l’ex ministro cristiano Shahbaz Bhatti sono stati uccisi per aver criticato la legge. La setta Ahmadiyya è considerata eretica in Pakistan, in quanto non riconosce Maometto come il profeta definitivo. Brasile: rivolta in prigione Nordest, 122 ostaggi per la maggior parte parenti di carcerati Ansa, 18 maggio 2014 Alcuni detenuti di una prigione del nordest del Brasile hanno preso in ostaggio ieri sera 122 persone. Lo rende noto l’autorità penitenziaria. Centodiciotto degli ostaggi sono parenti di detenuti, gli altri quattro sono personale carcerario dell’istituto "Advogado Jacinto Filho", situato nella città di Aracaju, capitale dello Stato brasiliano nordoccidentale del Sergipe. La situazione sarebbe "calma" e stamani riprenderanno le "trattative", afferma la portavoce del carcere Sandra Melo.