Giustizia: Csm; troppo pochi 8 euro per risarcimento detenuti in "condizioni inumane" Agi, 31 luglio 2014 Troppo pochi 8 euro al giorno per risarcire un detenuto per le "condizioni inumane o degradanti" vissute in un carcere sovraffollato. Questa la posizione espressa dal Csm con un parere, approvato oggi in plenum a larga maggioranza (19 voti a favore, astenuti il laico della Lega Ettore Albertoni e il togato di Magistratura Indipendente Antonello Racanelli), sul decreto legge che prevede misure compensative per i detenuti. La norma, osserva Palazzo dei Marescialli, può essere esposta anche a "problemi di compatibilità costituzionale sotto il profilo della effettiva tutela in relazione al combinato disposto" degli articoli 117 della Costituzione (che prevede il rispetto dei vincoli degli ordinamenti comunitari) e dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani. "L’obiettiva esiguità del quantum risarcitorio da liquidarsi - si legge nel parere messo a punto dalla Sesta Commissione (relatrice la togata di Unicost Giovanna Di Rosa) e richiesto dal ministro Andrea Orlando - senza che alcuna discrezionalità sul punto residui al giudicante, potrebbe infatti essere sospettata di svuotare di contenuto la tutela offerta dalla disposizione sovranazionale, la cui violazione non darebbe luogo ad un effettivo ristoro per equivalente da parte dell’amministrazione". Inoltre, "al di là della evidente esiguità della somma - osserva il Csm - chiaramente riconducibile al timore che il riconoscimento di importi assai cospicui a favore dei danneggiati possa gravare eccessivamente sulle finanze dello Stato, la previsione di un siffatto limite appare discutibile anche sotto il profilo della rigidità del tasso di risarcimento previsto per legge, senza che sia prevista alcuna possibilità di graduarlo in ragione della gravità del pregiudizio eventualmente accertato". Profili "critici", poi, sono evidenziati anche sulla previsione della riduzione di un giorno di pena per ogni 10 passati in "condizioni degradanti" a favore di coloro che stanno ancora scontando la condanna: "riduzione che forse - sottolinea Palazzo dei Marescialli - sarebbe stato preferibile parametrare su quelle di cui il condannato può beneficiare, a titolo di liberazione anticipata, quando partecipi positivamente all’opera rieducativa". Infine, l’organo di autogoverno della magistratura definisce "ragionevole ritenere che l’elevato numero dei ricorsi che, presumibilmente, potrà essere esperito da una vastissima platea di soggetti, finisca per determinare un notevole rallentamento nell’accesso alla tutela giurisdizionale, anche tenuto conto della condizione di notevole difficoltà in cui versano gli uffici di sorveglianza, investiti di una nuova gravosa competenza". Giustizia: Associazione Antigone predispone moduli su risarcimenti trattamento inumano Ansa, 31 luglio 2014 L’associazione Antigone diffonde sul proprio sito e presso gli istituti penitenziari un modello per ottenere un risarcimento o la riduzione di pena per chi ha subito un trattamento inumano e degradante, ai sensi dell’art.3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, in quanto costretto a vivere in una cella con meno di 3 metri quadri di spazio. Si tratta, rende noto Antigone, di modelli diversi, utili sia per il ricorso al magistrato di sorveglianza che al giudice civile, nel caso di persone non più attualmente in stato di detenzione. "In questi giorni è in discussione al Senato il disegno di legge di conversione del decreto legge sui rimedi compensativi per chi è stato costretto a vivere in condizioni detentive umilianti - dichiara Patrizio Gonnella, presidente nazionale di Antigone - abbiamo predisposto dei modelli di ricorso, consapevoli che non tutti in carcere hanno gli strumenti, in primo luogo economici, per attivare i loro diritti". L’associazione ricorda che il decreto legge prevede uno sconto di pena di un giorno ogni dieci scontati in celle con meno di 3 metri quadri di spazio e un risarcimento di 8 euro al giorno per chi non è più in stato di detenzione. Nei modelli di ricorso di Antigone c’è anche quello per ottenere l’interruzione dello stato di detenzione inumana e degradante per questioni legate al sovraffollamento. Giustizia: Orlando firma decreto per 30mln di sgravi a imprese che assumono detenuti Il Velino, 31 luglio 2014 Oltre 30 milioni di euro (più di venti per il 2013 e 10 dal 2014) sotto forma di sgravi fiscali e contributivi per le imprese che assumono, per un periodo non inferiore a trenta giorni, lavoratori detenuti. È quanto prevede un decreto ministeriale firmato dal Guardasigilli Andrea Orlando, di concerto con i ministri dell’Economia e del Lavoro, che punta a riunire sotto un unico regolamento le norme successive alla legge Smuraglia per favorire l’attività lavorativa dei detenuti finalizzata alla loro rieducazione e al reinserimento nella società. Il credito di imposta mensile concesso alle imprese per ogni detenuto e internato assunto è di 700 euro per il 2013 e 520 euro dal 2014 fino all’adozione di un nuovo regolamento, per i lavoratori semiliberi gli sgravi previsti sono di 350 euro per il 2013 e 300 dal 2014. Gli stessi sgravi fiscali (per uno stanziamento di circa 12 milioni di euro per il 2013 e 6 milioni di euro dal 2014) sono previsti per le imprese che svolgono attività di formazione a detenuti o internati finalizzata alla loro immediata assunzione o all’impiego professionale in attività lavorative gestite dall’Amministrazione penitenziaria. Quanto agli sgravi contributivi, le aliquote complessive dovute per la retribuzione corrisposta a lavoratori detenuti vengono ridotte nella misura del 95% fino all’adozione di un nuovo decreto ministeriale per uno stanziamento di circa 8 milioni di euro per il 2013 e 4 milioni di euro dal 2014. Orlando: importante rieducare detenuti con lavoro "Questo provvedimento è un tassello importante per l’attuazione del dettato costituzionale che assegna alla pena una funzione rieducativa e per orientare chi ha scontato la sua pena al reinserimento nel tessuto sociale ed economico-produttivo". Lo afferma il Guardasigilli Andrea Orlando commentando il decreto ministeriale firmato di concerto con i ministri dell’Economia e del Lavoro, sugli sgravi fiscali e contribuitivi alle imprese che assumono detenuti. "I detenuti che in carcere non svolgono alcuna attività - aggiunge - hanno nel momento del loro ritorno nella società un altissimo tasso di recidiva: la media scende invece drasticamente per chi ha seguito percorsi iniziati all’interno del carcere e proseguiti all’esterno in misura alternativa o nelle forme previste dall’art. 21 dell’Ordinamento penitenziario. I dati di esperienza - conclude il Guardasigilli - dimostrano che l’effetto dell’inserimento sociale dei detenuti è dunque anche un fattore fondamentale per la sicurezza dei cittadini". Lega: incentivi ad assunzione carcerati nuova follia Governo "L’ennesima follia del governo Renzi: 30milioni di euro di incentivi alle imprese che assumono detenuti. È un esecutivo di sciagurati: ai criminali danno garanzie, tutele, protezioni e agevolazioni, ai nostri giovani, il 43% dei quali senza lavoro, solo porte in faccia". Lo ha detto il vicepresidente del gruppo Lega Nord alla Camera, Nicola Molteni, commentando il decreto firmato dal Guardasigilli Andrea Orlando, di concerto con i ministri di Economia e Lavoro. "L’ultima beffa governativa", contesta Molteni: "Dopo i 20 milioni di euro stanziati come paghetta-risarcimento ai criminali, arriva un’altra infornata di soldi pubblici per trovare un lavoro ai detenuti. Un inaccettabile e scandaloso schiaffo ai nostri disoccupati e cassintegrati. Per Renzi e questa sinistra di governo i meritevoli sono solo i galeotti. Questa è gente pericolosa e senza vergogna". Giustizia: 17% recidiva con pene alternative, 67% senza… uno studio del Sole 24 Ore Ansa, 31 luglio 2014 La recidiva di un reato si riduce al 17% "se si schiudono le porte del carcere" adottando misure alternative mentre è del "67% se la detenzione viene scontata dietro le sbarre fino a fine pena". Questi alcuni dati di uno studio commissionato dal Sole 24 Ore e reso noto dall’ex direttore del carcere di Bollate, Lucia Castellano, oggi consigliere regionale della Lombardia per Patto Civico, per oltre 10 anni alla guida di quello che viene considerato un modello delle carceri in Italia. L’occasione, il corso di formazione organizzato dall’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo, su "Carcere e informazione", nell’auditorium della Casa circondariale di Pescara, San Donato. Presente il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino, di quello dell’Abruzzo, Stefano Pallotta, il direttore del carcere di Pescara Franco Pettinelli, il magistrato di sorveglianza a Pescara, Maria Rosaria Parruti, e il direttore della rivista "Voci di dentro", Francesco Lo Piccolo, realizzata da detenuti. "Per 20 anni - ha detto Castellano - ho combattuto la cultura della vendetta e l’idea risarcitoria per cui chi ha offeso deve essere trattato male. Occorre risalire questa corrente e dire al mondo esterno al carcere che la detenzione è mancanza di libertà altrimenti non si riesce a rieducare. La mancanza di libertà fa male, è questa la pena". Quindi Castellano fa l’esempio della televisione. "Si dice, allora non è un carcere. Ma la tv, rispondo, è il primo narcolettico dopo gli psicofarmaci", ha proseguito Castellano sottolineando che "la semilibertà e l’ affidamento in provo sono una pena, non la scambiamo per libertà". E ai giornalisti chiede il "coraggio di raccontare" e quello di "usare termini appropriati" per le misure alternative e modalità di esecuzione della pena" ma anche di garantire "la completa informazione al momento del proscioglimento". Poi il diritto all’oblio. "Bisogna capire cosa significa non è uguale per tutti", ha detto Iacopino facendo l’esempio di Totò Riina. Iacopino ha se la prende contro le "5 S", ovvero sport, spettacolo, soldi, sangue e sesso ("dai dati di diffusione in edicola non sembra rendano tanto") e lancia un monito: "Riferire le notizie su un accaduto è nostro dovere, il problema è il limite e il senso della misura". Verini (Pd): bene pene alternative, conferma da dati recidiva "Lo studio commissionato dal Sole24Ore conferma che le misure alternative al carcere, che il Pd sostiene con convinzione, sono la giusta via per garantire il reinserimento dei detenuti e, al contempo, la sicurezza di tutta la collettività". Lo afferma Walter Verini, capogruppo del Partito democratico in commissione Giustizia, commentando l’analisi del rapporto anticipato al corso di formazione dei giornalisti a Pescara in base al quale si registra il 17% di recidiva nei casi di detenuti sottoposti a pene alternative contro il 67% tra coloro che, invece, scontano la detenzione in carcere. Verini spiega che "i recenti provvedimenti voluti da governo e Parlamento privilegiano la decarcerizzazione dei condannati per reati a bassa pericolosità sociale, dunque ad esclusione dei delitti di mafia e terrorismo, rapina ed estorsione, furto in abitazione, stalking e maltrattamenti in famiglia o in mancanza di un luogo idoneo per i domiciliari. Oltre a rispondere al drammatico problema del sovraffollamento carcerario, e dunque alla umanità della pena, quelle misure sono una vero investimento nella sicurezza perché mirato all’effettivo reinserimento nella vita sociale dei detenuti", conclude il parlamentare democratico. Giustizia: Decreto Detenuti; "a rischio efficacia Dm" su poteri Commissario piano carceri Public Policy, 31 luglio 2014 Il decreto ministeriale che dovrà assicurare il raccordo e la continuità del lavoro svolto dal commissario uscente per le strutture carcerarie rischia di essere "poco efficace per garantire la prosecuzione delle numerose e delicate attività già affidate al commissario straordinario, specialmente per quanto attiene al completamento del cosiddetto Piano carceri". È quanto si legge nel parere favorevole con osservazioni della commissione Lavori pubblici del Senato al decreto Detenuti, attualmente all’esame della commissione Giustizia. Su questo punto il parere ha invitato quindi a valutare "la possibilità di integrare la norma in questione con indicazioni e criteri più puntuali in merito al contenuto del decreto ministeriale, prevedendo la preliminare ricognizione delle attività svolte dal commissario straordinario e le forme più idonee per consentirne la corretta continuazione". Il dl infatti anticipa la scadenza del commissario straordinario per l’attuazione del piano carceri. "In tale contesto - si legge ancora nel parere della Lavori pubblici - si segnala l’esigenza di garantire, in tempi rapidi, l’entrata in funzione delle nuove strutture carcerarie già realizzate e collaudate, non essendo più tollerabili ulteriori ritardi e rinvii, stante la situazione di grave sovraffollamento delle strutture esistenti". Infine la commissione ha chiesto che nel riaffidamento delle varie funzioni del commissario straordinario, sia garantito anche il puntuale adempimento della previsione di riferire alle Camere, "finora rimasta disattesa, auspicando che il governo provveda quanto prima a riferire in Parlamento". Giustizia: Moretti (Ugl); no a spending review con taglio provveditorati regionali Italpress, 31 luglio 2014 "Esprimiamo forte disappunto sulle modalità con cui si intendono perseguire gli obiettivi di spending review nel sistema penitenziario e chiediamo al ministro Orlando di accogliere la nostra richiesta di incontro urgente per valutare insieme misure più adeguate al raggiungimento del risparmio di spesa prefissato". Lo dichiara il segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, spiegando che "lo schema di decreto del Presidente del Consiglio recante "Regolamento di organizzazione del Ministero della Giustizia e riduzione degli Uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche" prevede il taglio di quattro Provveditorati (Liguria, Umbria, Basilicata e Calabria) che non solo stravolge il funzionamento, già precario, dell’Amministrazione penitenziaria e non tiene conto, rispetto agli obiettivi di territorializzazione delle attività connesse all’esecuzione penale, della diversa densità criminale tra le Regioni indicate, ma si ripercuote anche sul personale, che sarà così costretto a spostarsi per centinaia di chilometri per tutte le pratiche amministrative e per quelle disciplinari". Per il sindacalista "sono numerose le strade da poter percorrere per ottenere risparmi più significativi e al tempo stesso mantenere in funzione i provveditorati regionali. Ad esempio - spiega - il Dipartimento per la Giustizia Minorile che ha costi enormi, potrebbe essere superato dalla istituzione di una Direzione Generale ad hoc presso il Dap, così come si potrebbe procedere al riaccorpamento delle due aree della gestione intramoenia ed extramoenia ed alla rimodulazione di schemi detentivi non più sostenibili dal punto di vista finanziario". "Auspichiamo - conclude Moretti - che il ministro Orlando voglia porre al centro della propria agenda anche la revisione delle funzioni della dirigenza penitenziaria, perché ci sono numerosi funzionari che, pur non avendone riconosciuto il titolo, di fatto già reggono da soli molti degli istituti penitenziari del Paese". Giustizia: il Comitato StopOpg denuncia ritardi, a rischio scadenze attuazione della legge Ansa, 31 luglio 2014 Scadenze a rischio per il percorso che deve portare alla chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari. La denuncia viene dal comitato Stop Opg, che segnala ritardi e poca chiarezza nell’attuazione di quanto previsto dalla Legge 81/2014 sul superamento degli ex manicomi criminali, in merito all’assegnazione dei fondi e alla presentazione dei percorsi terapeutico-riabilitativi. "Una buona legge rischia di esser vanificata da mancati adempimenti", riassume Stefano Cecconi, portavoce del comitato Stop Opg. Entro il primo luglio, ovvero entro a 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, doveva essere attivato presso il ministero della Salute un organismo di coordinamento per il superamento degli Opg. "Ci risulta sia stato emanato il decreto ministeriale, ma l’organismo non è ancora operativo perché le Regioni non hanno nominato i loro rappresentanti". Scadeva invece il 15 giugno 2014 il termine per la modifica dei programmi regionali per ridurre le Rems e riqualificare i dipartimenti di Salute Mentale. "Ci risulta - commenta in merito Cecconi - che solo poche regioni si sono mosse in questo senso, ma è anche vero che non hanno ancora ricevuto i finanziamenti previsti". Entro 15 luglio 2014, invece scadeva il termine per la presentazione dei percorsi terapeutico-riabilitativi individuali di dimissione di ciascuna delle persone ricoverate, ma commenta, "non ci risulta che questo termine sia stato rispettato". Sottosegretario De Filippo: presto coordinamento regioni-ministero "Attendiamo a giorni, forse a ore, la nomina dei rappresentanti della Conferenza delle Regioni, che completerà l’organismo di coordinamento, istituito presso il Ministro della Salute, per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), creandone così le condizioni per la piena operatività". Lo afferma il sottosegretario alla Salute Vito De Filippo, in merito all’organismo che avrebbe dovuto esser creato un mese fa, ovvero entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 81/2014 sul superamento degli Opg. "Dobbiamo avere grande attenzione ai tempi - aggiunge riferendosi all’allarme sulle scadenze non rispettate lanciato dal Comitato StopOpg - ma, se vogliamo rispettare lo spirito di questo passaggio di civiltà, abbiamo il dovere non solo di fare subito, ma di fare bene, con un approccio che deve riorientarsi per essere meno giudiziario e più sanitario e quindi, a maggior ragione, che debba porre grande attenzione alla specificità di ciascun individuo". Molti e impegnativi, in questa fase, i compiti delle Regioni. "Per questo dico che non va sprecato un solo minuto e che - conclude - i tempi indicati vanno rispettati nella sostanza. Ma dico anche che sarebbe un male per il rispetto dei tempi si dovesse sacrificare la qualità del risultato per ciascuna delle persone di cui dobbiamo occuparci". Giustizia: pietà per Provenzano, è un vegetale di Luca Rocca Il Tempo, 31 luglio 2014 Parla l’avvocato del boss: "L’encefalopatia gli ha distrutto il cervello Ma il tribunale di Sorveglianza non vuole revocargli il 41 bis". Pietà per Provenzano. Uno Stato degno di questo nome dovrebbe averla o quantomeno trovarla. Perché il boss dei boss, come ci conferma il suo avvocato, Rosalba Di Gregorio, è da tempo un "vegetale", fermo su un letto da due anni, si nutre con un sondino nasogastrico, l’encefalopatia gli ha "distrutto" il cervello. Eppure è ancora detenuto in regime di carcere duro. Persino l’ex pm Antonio Ingroia ha chiesto la revoca del 41bis. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, invece, sostiene che il boss, anche se a intermittenza, reagisce. E a proposito di Dap, al legale di Provenzano abbiamo chiesto che ne pensa dell’annuncio del premier Renzi di revocare il segreto di Stato sul cosiddetto "protocollo Farfalla", il presunto accordo fra servizi segreti e Dap che permetteva agli 007 di "contattare" i detenuti per 41bis. Avvocato Di Gregorio, come sta Provenzano? "Malissimo. Se gli staccano i fili avrà sì e no 48 ore di vita. Pesa 45 chili, è alimentato artificialmente con un sondino che va dal naso non più allo stomaco, che ormai non reagisce più, ma direttamente all’intestino. Dovranno fargli la Peg (l’inserimento di un tubo dalla cavità gastrica verso l’esterno per permettergli di nutrirsi, ndr), ma col suo tipo di encefalopatia, l’anestesia potrebbe ucciderlo. Provenzano è un vegetale col cuore battente ma senza più orientamento spazio-temporale". Eppure il carcere duro non gli viene revocato. "Il tribunale di Sorveglianza di Roma si comporta da Ponzio Pilato. Il primario ospedaliero del reparto San Paolo di Milano, dove Provenzano è ricoverato in regime di 41 bis, ha inviato una relazione al magistrato di Sorveglianza di Milano certificando l’incompatibilità di Provenzano con qualunque stato di detenzione. Il magistrato ha attivato il tribunale di Sorveglianza di Milano, che ha nominato i periti rinviando però il tutto al 3 ottobre. Alla stessa data, pilatescamente, ha rinviato anche il tribunale di Roma competente per il 41 bis. Così Provenzano se ne resta "felicemente" al 41bis perché, dicono, in queste condizioni pare possa dare ordini e comandare Cosa Nostra. In queste condizioni potrebbe impartire la sua volontà solo a una mafia in coma come lui". Potrebbe rimanere in questo stato per anni? "No, i medici dicono che le cellule celebrali si stanno distruggendo e che a un certo punto verranno meno anche quelle che comandano la respirazione e quindi il cuore. Provenzano morirà improvvisamente per arresto cardiocircolatorio dopo anni di sofferenza. Io ho esaurito tutti i mezzi che il codice mi mette a disposizione per tirarlo fuori di lì. È un momento di inciviltà dello Stato. Persino Ingroia ha chiesto la revoca del 41bis". A che titolo e in che veste? Come avvocato? "Le procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze hanno espresso parere favorevole alla revoca. Ma il ministro della Giustizia le ha ignorate riapplicando il 41bis. Anche la Procura nazionale antimafia ha detto "no" alla revoca. E sa perché? Perché il Dap gli ha comunicato che ad intervalli Provenzano capisce. Nella loro relazione c’è scritto che se gli chiedi "come sta", a volte non reagisce, altre dice "bene", quindi per loro sta bene. È anche annotato che quando l’infermiera gli chiede se vuole la tv accesa, lui risponde "mia sorella dov’è? E le preghiere?", ma per il Dap interagisce. Per il giudice tutelare, invece, non occorre nemmeno la perizia tanto è evidente che il suo cervello è ormai compromesso". Ha sentito che il premier desecreterà il "protocollo Farfalla"? "Se lo facessero veramente avremmo molto da apprendere. Parliamo di un accesso alle carceri allo scopo di dialogare coi detenuti per 41bis per acquisire informazioni senza informare la magistratura. Qual è il fine? I "contatti" di che natura erano? Che scopo aveva "contattare" i detenuti per 41bis senza che alla magistratura venisse comunicato nulla? Si tratta di un’operazione che non prevede nessun tipo di rendicontazione scritta, assolutamente "chiusa", che "sfugge" ma che di certo è contraria alla costituzione, perché il detenuto dovrebbe rispondere solo alla magistratura di sorveglianza. Di certo, però, questo "protocollo" non è stato creato per perdere tempo". Nel 2012 l’allora eurodeputata dipietrista Sonia Alfano e Giuseppe Lumia, del Pd, incontrarono Provenzano in carcere. "Quella era un’iniziativa personale che non mi pare possa rientrare nel protocollo farfalla". Anche il dialogo in carcere tra Riina e Alberto Lo Russo, un affiliato alla Sacra Corona Unita trasformato in "cimice umana", ha fatto pensare al "protocollo Farfalla". "In questo caso allora dovremmo parlare di una "farfalla" ancora svolazzante, ma non è proprio la stessa cosa. Il vero "protocollo Farfalla" è quello esistito negli anni precedenti. Quello sì che è una cosa grave e seria, e sarà un bene fare piena luce. Magari anche su alcuni strani suicidi di detenuti mafiosi avvenuti nel corso degli anni". Puglia: le carceri di Bari e Taranto più vivibili con le nuove sale per la socialità Italpress, 31 luglio 2014 Due nuove sale nelle carceri di Bari e di Taranto, arredate per le attività sociali delle comunità penitenziarie e la formazione dei reclusi grazie alla collaborazione tra Ubi Banca Carime e l’Ufficio regionale del garante dei detenuti. Un’iniziativa a costo zero, per chi dona e per chi riceve, un gesto apparentemente semplice, ma ugualmente di grande significato. "Aiuterà ad attuare percorsi di formazione e lavoro, che hanno già consentito l’inclusione sociale di 700 persone su una popolazione carceraria pugliese di 3.000 unità", ha sottolineato il presidente del Consiglio regionale Onofrio Introna, presentando il risultato di una cooperazione priva di contenuto economico ma ricca di valori simbolici. Sedie e tavolini dell’istituto bancario, inutilizzati ma in ottimo stato, sono serviti ad arredare due locali, con la mano d’opera dei detenuti. A Taranto la sala è già operativa, a Bari sarà attrezzata nella sezione in ristrutturazione, che verrà completata a settembre. Serviranno soprattutto come spazi di vita comune, all’esterno delle celle. Per la didattica, quindi, ma anche per le esigenze del personale e per ospitare i familiari in visita. In Puglia sono attivi dieci istituti di pena e il sovraffollamento resta uno dei problemi più urgenti. Nel solo carcere tarantino, su una capienza di 395 posti, alla conta odierna hanno risposto in 570. "Il recupero dei detenuti - ha dichiarato Introna - non può essere un impegno esclusivo dell’Amministrazione penitenziaria, ma di tutte le articolazioni della comunità regionale, perché chi ha scontato una pena possa tornare una risorsa al servizio della società civile". "Queste azioni, confermano la volontà del Consiglio regionale di incidere sulla realtà carceraria e sui suoi problemi, una volontà concretizzata nell’istituzione della figura del Garante, ruolo svolto con grandi motivazioni da Pietro Rossi e dal suo Ufficio, per favorire il reinserimento nella società di chi vi è stato temporaneamente allontanato". Al grazie "doveroso", il presidente ha aggiunto l’invito all’istituto di credito ad allargare queste esperienze alle altre realtà carcerarie pugliesi. Proposta raccolta dal direttore generale di Ubi Banca Carime Raffaele Avantaggiato e dal direttore alle risorse umane Mauro Magistro. "Un modo semplice per fare buone azioni in un contesto delicato, una motivo di soddisfazione per l’impegno etico del Gruppo", hanno detto. E ci sarà un seguito, altri "piccoli gesti" altrettanto significativi, a cominciare dall’amplificatore che si aggiungerà quanto prima alla dotazione già fornita. Per l’Amministrazione penitenziaria sono intervenuti Rosa Musicchio del Provveditorato regionale, il responsabile dell’area educativa Tommaso Minervini e le direttrici dei due penitenziari, Lidia De Leonardis (Bari), Stefania Baldassari (Taranto). Hanno sottolineato il valore essenziale della formazione, che offre opportunità di inclusione sociale ed ha ricadute positive sulla società: favorendo il recupero e contrastando la recidività dei reati si traduce in "più sicurezza per i cittadini". L’obiettivo di tutti dev’essere trasformare i dati statistici dello "svuota carceri" in vera inclusione sociale. Sicilia: Cascio (Ncd); inammissibile immobilismo Crocetta su Garante diritti dei detenuti Italpress, 31 luglio 2014 "È inammissibile che, a distanza di un anno dalla scadenza del mandato del precedente Garante per la tutela dei diritti dei detenuti, il presidente Crocetta non abbia ancora provveduto ad una nuova nomina per ricoprire questo importante Ufficio, nonostante, peraltro, ciò non comporti alcun onere a carico del bilancio regionale". Lo dice il coordinatore regionale di Ncd, Francesco Cascio, che sul punto ha presentato un’interrogazione all’Ars. "Ci troviamo - aggiunge Cascio - di fronte ad una situazione paradossale, che vede un ufficio regionale, distinto in due strutture intermedie - Area a Palermo e Unità Operativa a Catania - che non può però operare essendo, per legge, tutte le prerogative in capo al Garante, arrecando ciò gravissimi disagi alla popolazione detenuta, alle loro famiglie ed ai loro avvocati". Palermo: detenuto agrigentino muore dopo malore, esposto dei familiari www.agrigentoweb.it, 31 luglio 2014 Un agrigentino, Gioacchino Salvaggio di 54 anni, muore all’ospedale Civico di Palermo, dove era stato trasportato dopo un malore in carcere, e i familiari presentano un esposto in Procura. Ma a distanza di sette giorni dal decesso il corpo è ancora in obitorio e il magistrato non ha ancora deciso se fare l’autopsia. I parenti chiedono di fare luce sulle cause della morte ed accertare se i soccorsi sono stati portati a termine senza ritardo. "Né i parenti di Salvaggio, né il sottoscritto - spiega l’avvocato Giuseppe Dacquì -, abbiamo mai appreso che avesse problemi di salute". La vicenda giudiziaria di Salvaggio risale agli anni compresi fra il 1997 e il 2001. In quel periodo avrebbe fatto parte di una banda che ricettava assegni falsi e spacciava banconote contraffatte. Rieti: Garante Lazio; dall’1 agosto un’assistenza sanitaria h24 per gli oltre 300 detenuti Adnkronos, 31 luglio 2014 "A partire dal prossimo venerdì 1 agosto gli oltre 300 detenuti e il personale in servizio nel carcere di Rieti potranno finalmente contare su un servizio di assistenza medica h 24". La notizia è stata confermata dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni. "Dopo l’apertura della nuova struttura detentiva, che aveva portato i reclusi presenti da poco meno di 40 agli oltre 300 attuali - prosegue - destinati ad aumentare ancora con l’imminente apertura di altre sezioni, il Garante aveva più volte segnalato la mancanza di assistenza h. 24 come una vera e propria criticità sensibilizzando le istituzioni regionali e nazionali. "Si tratta senza dubbio di una buona notizia - ha commentato il Garante - perché in questi anni il diritto alla salute e alle cure mediche, che è uno dei più difficili da garantire in carcere, a Rieti è stato assicurato dal Servizio 118. Un sistema, questo, che può funzionare in situazioni nelle situazioni di emergenza ma che, certo, non è adeguato a garantire la domanda ordinaria di salute. Basti pensare ai disagi e alle criticità legate sia alle responsabilità di rispondere alle esigenze sanitarie dei detenuti da parte degli agenti di polizia penitenziaria che alle trafile necessarie per chiamare il 118". "La copertura medica h 24 all’interno del carcere si inquadra in un più ampio progetto di riordino della sanità penitenziaria - spiega il Garante - che da oltre due anni sia il Distretto che l’unità dipartimentale hanno portato avanti per risposte alle domande di salute dei detenuti, nonostante i limiti imposti dal piano di rientro e le problematiche legate al turn over del personale sanitario". "La Asl reatina ha infatti, deliberato l’istituzione del Tavolo tecnico per il monitoraggio dell’applicazione della riforma della sanità penitenziaria - prosegue - propedeutico all’approvazione della Carte dei Servizi per i detenuti, ed è in dirittura di arrivo la firma della Convenzione tra la Asl e il carcere di Rieti". "Altro obiettivo su cui l’Azienda sanitaria locale sta lavorando è quello di ottimizzare il servizio di Radiologia e le prestazioni che già si effettuano in carcere (lastre, ecografie etc.) mediante collegamenti diretti e la refertazione direttamente dall’ospedale, allo scopo di razionalizzare le prestazioni ed evitare i trasferimenti di detenuti in ospedale", conclude. Falconara (An): intesa tra Comune e Provveditorato Amministrazione Penitenziaria www.vivereancona.it, 31 luglio 2014 Firmato il protocollo d’intesa tra Comune e Provveditorato Amministrazione Penitenziaria per il reinserimento socio-lavorativo dei detenuti. È stato siglato questa mattina il Protocollo d’intesa tra il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per le Marche e il Comune di Falconara Marittima per il reinserimento socio-lavorativo degli ospiti della Casa di Reclusione Barcaglione. L’Amministrazione Comunale, ritiene infatti importante garantire la propria collaborazione per la realizzazione del progetto e di altri progetti che perseguano le finalità rieducative della pena in linea con quanto detta l’art. 27 della Costituzione Italiana, e si rende disponibile ad ospitare annualmente almeno 4 persone destinatarie del progetto "Il lavoro penitenziario, una sfida per tutti", finanziato dalla Regione Marche e cofinanziato dalla Cassa Ammende, nell’ambito della propria struttura organizzativa e compatibilmente con le disponibilità dei singoli servizi oltre che delle risorse di Bilancio. Attraverso questo protocollo, che avrà la durata di tre anni, l’Amministrazione Comunale intende inoltre favorire il lavoro di pubblica utilità, offrendo la propria collaborazione in progetti, iniziative ed interventi che perseguono sul proprio territorio l’obiettivo di promuovere il principio restituivo della pena e a tal fine si impegna ad attivare nel territorio di competenza la partecipazione di Enti pubblici, Privati, Agenzie ed Associazioni no profit, coordinando le risorse eventualmente da questi messe a disposizione. La Convenzione è stata firmata questa mattina dal Sindaco Goffredo Brandoni e dalla Dott.ssa Ilse Runsteni, Direttore Generale del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria Umbria e Marche, alla presenza del vicesindaco Clemente Rossi, della Dott.ssa Daniela Grilli, Direttore Ufficio Detenuti del Provveditorato, del Dott. Maurizio Pennelli, Direttore dell’Istituto Penitenziario Ancona Barcaglione e del Dott. Marco Nocchi, Coordinatore delle politiche sociali e politiche per l’inclusione sociale della Regione Marche. "Falconara è il primo Comune marchigiano che ha avviato questa iniziativa, abbiamo creduto in questo progetto e si è instaurato immediatamente un rapporto tra la casa di reclusione di Barcaglione e il Comune di Falconara - ha commentato il Sindaco Brandoni. Firmiamo a posteriori questa intesa perché il progetto era stato già avviato ed è doveroso proseguire in quanto gli ospiti della Casa di Barcaglione si sono dimostrati attivi e particolarmente solerti nelle mansioni loro affidate. Ci tengo a sottolineare che il trattamento degli ospiti dell’Istituto Penitenziario è stato non difforme da quello riservato agli impiegati comunali: lavoravano per un numero di ore identiche agli altri; vestivano le stesse divise; non subivano, e non subiranno, trattamenti impari di nessun’altra natura; fino ad oggi si sono perfettamente integrati con il resto del personale comunale addetto ai lavori pubblici e alla pubblica manutenzione. I detenuti hanno subito familiarizzato con i nostri operai con cui hanno lavorato fianco a fianco e le continue relazioni sul progetto sono state sempre positive da parte Dirigente di competenza che si diceva soddisfatto dal punto di vista professionale ed umano. Ci consideriamo un Comune pilota del progetto e con questo Protocollo esprimiamo ufficialmente la volontà di proseguire in questo percorso". "Questo Protocollo d’Intesa sancisce la collaborazione e la sinergia già attivata - spiega Runsteni - e si inquadra in una ricerca costante di partner da parte del Provveditorato per un’attività che è presupposto del reinserimento. Ciò per favorire l’integrazione in prospettiva del detenuto e farlo vedere come risorsa, investimento, anche se il momento è particolarmente difficile per la congiuntura economica che stiamo vivendo". "È un vantaggio per i detenuti ma soprattutto per la società perché attraverso questo progetto si diminuisce una possibile recidiva - sottolinea Pennelli. Già quattro dei nostri ospiti hanno lavorato qui a Falconara, si tratta di detenuti a fine pena, valutati affidabili, e si costruisce questo percorso per il loro reinserimento". "Finanziato dalla Regione Marche e Amministrazione Penitenziaria il progetto consiste in una serie di borse lavoro proprio perché attraverso la formazione professionale si riduce il pregiudizio sul detenuto - spiega la responsabile del progetto Daniela Grilli. È stato attivata con i Comuni perché chi ha tolto alla società, in un certo modo può ridare. I primi ad aver usufruito di queste borse lavoro sono stati proprio i detenuti impiegati a Falconara e al Parco del Conero. Con la convenzione che è stata firmata oggi il Comune ha deciso di metter a sistema che annualmente è disponibile ad ospitare 4 detenuti. Nei primi tre anni abbiamo assegnato 52 borse lavoro della durata di sei mesi, 45 sono state avviate e solo cinque sono state revocate. Otto sono ancora attive e domani ne partono quattro nel Comune di Ancona, 21 si sono concluse nei termini dei sei mesi (le altre prima per scarcerazione dei soggetti o per la chiusura delle aziende che li ospitavano) e di queste sei si sono concluse con l’assunzione. Il bilancio è positivo e dalle nostre verifiche c’è soddisfazione per i detenuti, che trovano rispetto e calore umano, e per chi assume, che apprezza l’attività svolta dagli ospiti". "Sono qua con grande entusiasmo perché quando si arriva a questo punto del percorso il lavoro non è stato vano - aggiunge Nocchi. La legge di sistema promuove giustizia comparativa ed esperienza formativa e la Regione continua ad investire, anche se non è facile giustificare interventi a favore degli svantaggiati, e i Comuni come Falconara si attivano con energia". "Riprendo le considerazioni del Sindaco circa la soddisfazione sull’operato di questi ospiti che sono stati inseriti senza alcuna distinzione nella organizzazione produttiva del settore lavori pubblici trovandosi così a proprio agio fin dalle prime battute e dando il meglio di se stessi e della propria professionalità - conclude il vicesindaco Rossi -. Un bel segnale anche da dare alla città e che rompe, se ce ne fosse bisogno, eventuali pregiudizi nei confronti di chi ha sbagliato, diminuendo quindi la percezione di insicurezza che qualche volta aleggia tra l’opinione pubblica". Reggio Calabria: inclusione sociale per gli ex detenuti, nasce un nuovo servizio di Maria Carmela Longo (Direttore Casa Circondariale) www.newz.it, 31 luglio 2014 Rilanciare le politiche di inclusione lavorativa e sociale per gli ex detenuti e per i loro familiari, individuare strategie e risorse per dare loro concrete opportunità di riscatto civile e di inserimento nel mondo del lavoro. Sono questi gli obiettivi che si è posto il Tavolo penitenziario inter-istituzionale che si è riunito c/o la Casa Circondariale di Reggio Calabria con il coordinamento del Direttore Maria Carmela Longo, presenti Maria Laganà per la Prefettura, Aldo Gurnari per il settore politiche sociali della provincia, Daniela De Blasio Consigliere di parità, Anna Maria D’Agostino per l’Uepe (Ufficio Esecuzione Penale Esterna), Emilio Campolo e Mimmo Speranza dell’area Pedagogica., la segreteria del tavolo è stata curata da Mario Nasone. L’incontro è stato dedicato alla presentazione del nuovo servizio dell’Agis (Agenzia di inclusione sociale) avviato dal mese di Giugno a cura dei Consorzi Idea Lavoro e Kalon Brion, su affidamento della Provincia e con i finanziamenti del Por Calabria FSE 2007-2013. L’agenzia nasce per la prima volta sul nostro territorio per facilitare l’ingresso dei soggetti provenienti da percorsi penali e delle loro famiglie nel mercato del lavoro. I referenti dei due Consorzi, Concetta Vaccaro e Maria Angela Ambrogio, hanno illustrato gli scopi ed i servizi che saranno erogati in particolare ascolto, informazione, orientamento counseling di supporto e tutoraggio nell’inserimento lavorativo presso le imprese ed attraverso la promozione di forme di auto imprenditorialità. I responsabili degli Enti gestori hanno evidenziato agli enti Locali che partecipano al Tavolo di come sia importante per il raggiungimento dei risultati attesi investire risorse economiche aggiuntive come quelle provenienti dalla programmazione comunitaria, dalla Cassa per le ammende, dal programma Garanzia Giovani, assieme ad altre forme di sostegno in grado di favorire un reale inserimento lavorativo. Si è accennato in particolare ad un programma mirato di formazione professionale, alle borse lavoro, ma anche a beni confiscati e terreni da utilizzare per favorire l’attivazione di micro imprese I partecipanti al tavolo hanno condiviso queste linee d’indirizzo indicando nei soggetti giovani e nei familiari le fasce da privilegiare. Si sono impegnati ad attivarsi per intercettare canali di finanziamenti, ad aprire un confronto con le organizzazioni datoriali e con l’agenzia dei beni confiscati per individuare spazi per la promozione di imprese individuali e di cooperative in grado di aprire concreti sbocchi occupazionali. L’Agis è già attivo a Reggio Calabria attraverso lo sportello attivato c/o il Cedir, settore H, nei locali messi a disposizione dal Comune, è aperto tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore 13.00, dalle 15 alle 18.00 ed il sabato mattina, email reggiocalabria@progettoagis.it, sito www.progettoagis.it. L’Agis prevede inoltre attività di ascolto e laboratori di formazione all’interno degli Istituti Penitenziari di Reggio e di Arghillà con l’obiettivo di informare i detenuti, soprattutto i dimittendi, ma anche di favorire una nuova cultura del lavoro e dell’intrapresa che si rende necessaria soprattutto nel nostro territorio che presenta un sistema debole di imprese. Il servizio riguarda i residenti nei Comuni ricadenti nel circondario del Tribunale di Reggio Calabria provenienti da percorsi penali ed i loro familiari. Modena: dal carcere un appello alle associazioni per accogliere volontari-detenuti www.volontariamo.com, 31 luglio 2014 In Italia, negli ultimi anni, le possibilità di scontare alcuni tipi di pena sono aumentate parecchio, così come è incrementata anche la varietà dei soggetti che collaborano all’area penale esterna. Al progetto partecipa anche la Casa circondariale S. Anna che, grazie ad una convenzione rinnovata a luglio con l’Asvm, chiede alle associazioni di volontariato del territorio di accogliere detenuti cui è concessa per legge questa possibilità. In Italia, negli ultimi anni, le possibilità di scontare alcuni tipi di pena sono aumentate parecchio, così come è incrementata anche la varietà dei soggetti che collaborano all’area penale esterna. In particolare, se ne occupa l’Ufficio Esecuzione Penale Esterna (Uepe) ufficio periferico del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia che ha il compito di favorire il reinserimento sociale delle persone che hanno subito una condanna definitiva, recuperando la dimensione della legalità e contribuendo alla sicurezza sociale, nel rispetto dei principi sanciti dalla Costituzione Italiana. Si tratta di misure volte alla "umanizzazione della pena", quindi alla "difesa sociale" e al "trattamento socio-educativo" delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà su cui sono impegnati gli istituti penitenziari, in primis la Casa circondariale S. Anna, che è insieme alla Casa Lavoro di Castelfranco Emilia l’istituto penitenziario presente in provincia di Modena. L’Uepe garantisce all’utente un servizio improntato al rispetto della persona nella sua dignità e unicità, orientato allo sviluppo delle sue potenzialità e all’assunzione di scelte autonome e responsabili, è già in relazione con l’Asvm tramite una convenzione che è stata rinnovata proprio nel prossimo mese di luglio. L’accordo ha lo scopo di agevolare i percorsi dei detenuti che hanno la possibilità di scontare la propria pena presso soggetti del territorio ritenuti adatti ad accoglierli. Tra questi ci sono anche le associazioni di volontariato. L’Asvm chiede quindi alle associazioni interessata ad aderire a questa opportunità, di incontrare persone in fase di esecuzione penale esterna che potrebbero trovare nelle associazioni di volontariato un’importante possibilità di recupero sociale e di riparazione per quanto commesso. Sarebbe utile ricevere dalle associazioni interessate una conferma la prima settimana di agosto, inviando mail a carlo.stagnoli@volontariamo.it o telefonando al Csv di Modena, in modo da poter convocare in settembre un incontro - in data da definire - per presentare la convenzione con l’ Uepe, la Casa circondariale S. Anna, il Comune di Modena e la Provincia. Parma: Polizia penitenziaria; ripristinata l’indennità aerea, in arrivo più di 300mila € www.parmatoday, 31 luglio 2014 "L’Amministrazione penitenziaria è stata condannata al pagamento al personale interessato, degli arretrati a partire dal 2008 e fino alla data odierna, stavolta per un totale che si aggira sui 300.000 euro di arretrati per la sola sede di Parma". "Sulla base di una estemporanea interpretazione della ragioneria dello stato - dichiara Errico Maiorisi, vice segretario regionale del Sappe - peraltro su impulso di un provveditorato regionale e non del Dipartimento centrale, dal 2008 fino alla data odierna, la Regione Emilia Romagna e a macchia di leopardo anche in altre regioni che l’hanno seguita hanno negato, contro ogni previsione normativa, l’indennità, spettante al personale di Polizia Penitenziaria, del rimborso aereo del 5% di cui alla legge n. 836 del 1973. Il Sappe (primo sindacato del corpo di Polizia penitenziaria) della segreteria di Parma, ancora una volta, vincendo la bellezza di ben 15 ricorsi predisposti a cavallo degli anni 2011 e 2014, tutti discussi al tar locale, per un totale di 20 agenti di polizia penitenziaria, ha ristabilito la reintroduzione del rimborso in questione. Di fatto, così come successo per lo straordinario eccedente le 36 ore settimanali che ha fatto sborsare dalle casse dello stato oltre un milione e mezzo di euro, ancora una volta l’Amministrazione penitenziaria è stata condannata al pagamento al personale interessato, degli arretrati a partire dal 2008 e fino alla data odierna, stavolta per un totale che si aggira sui 300.000 euro di arretrati per la sola sede di Parma, esclusi interessi e spese processuali pagabili a parte nella misura di 500 euro a ricorso. Fermo restando l’adeguamento del principio de quo, a tutto il personale in servizio presso i nuclei tradizioni e piantonamenti italiani, siamo davvero entusiasti del risultato raggiunto a favore di un diritto acquisito dal personale che ancora una volta era stato negato arbitrariamente dall’Amministrazione Penitenziaria". Teramo: agente contagiato dalla tubercolosi, il sindacato Sappe smentisce la Asl Il Tempo, 31 luglio 2014 Sembra quasi un giallo in cerca di soluzione la vicenda segnalata dal Sappe di un agente di polizia penitenziaria infettato dalla tubercolosi dopo un contatto con un detenuto affetto proprio da Tbc. Un giallo che si consuma tra accuse, smentite e contro smentite, con le polemiche innescate da un comunicato ufficiale della Asl di Teramo che martedì pomeriggio aveva smentito categoricamente la notizia diffusa dallo stesso sindacato. "La notizia apparsa relativa al presunto caso di contagio di Tbc presso l’istituto penitenziario di Teramo - scriveva infatti la Asl in una stringata comunicazione - non risulta confermata dai servizi aziendali preposti al controllo degli operatori penitenziari, sanitari e popolazione detenuta sottoposta a screening. La Direzione dell’istituto penitenziario intraprenderà ogni possibile iniziativa al fine di scongiurare la diffusione di ingiustificati allarmismi". Una nota a fronte della quale la risposta del Sappe non si è fatta attendere, con il segretario nazionale Donato Capece che nel confermare la positività di un agente alla tubercolosi ha chiesto un intervento della Regione Abruzzo sui vertici della Asl. "Trovo imbarazzante la posizione della Asl di Teramo, che conferma come spesso la mano destra non sappia quel che fa la sinistra - ha commentato Capece - Con un certificato medico ufficiale la Asl accerta infatti la positività di un poliziotto del carcere al contagio della Tbc. I vertici dell’azienda, invece e chissà poi perché, pretendono di smentire un loro medico e addirittura si arrogano il diritto di parlare a nome della Direzione del penitenziario teramano. Ma chi comanda in carcere? Il direttore, il comandante di reparto di polizia penitenziaria o addirittura la Asl?". Una situazione assurda e per certi versi paradossale, secondo il segretario del Sappe, che chiede "perché nascondere la verità?". D’altro canto per il Sappe, che puna il dito contro la scarsa sicurezza nella quale gli uomini e le donne della polizia penitenziaria si trovano quotidianamente a lavorare, favorita dall’assenza di misure adeguate e dalla carenza di organico, non sarebbe certo un segeto come la prevalenza della tubercolosi sia pià alta nella popolazione carceraria. Una realtà confermata secondo il Sappe da recenti studi e ricerche. Pavia: detenuto 45enne tenta il suicidio, soccorso e ricoverato in ospedale La Provincia Pavese, 31 luglio 2014 Un agente lo ha trovato nella sua cella, pieno di sangue, con una lametta da barba in mano. J. G., un detenuto di 45 anni, ha provato con quella a togliersi la vita, approfittando dell’assenza del suo compagno. Si è salvato per un soffio, solo perché i soccorsi sono stati tempestivi. Portato subito in ospedale, al San Matteo, è stato medicato e ricoverato. Dieci giorni fa, nello stesso carcere di Torre del Gallo, un altro detenuto, Jhonny Bianchi, di soli 27 anni, si era impiccato con una cintura al letto della sua cella. Anche lui, come il 45enne, si trovava in una delle due sezioni del vecchio padiglione rimaste "chiuse" anche dopo la direttiva nazionale, recepita anche dal provveditorato lombardo, sull’apertura delle celle, che a Torre del Gallo consente ormai a quasi tutti i detenuti di uscire dalle 8,45 del mattino fino alle 18. "Per ragioni non note, da questa direttiva sono escluse due sezioni del vecchio padiglione di Torre del Gallo", spiega Fabio Catalano, della Cgil Fp. I due detenuti si trovavano entrambi in queste sezioni. Qui, dove vengono ospitati i detenuti per reati comuni (ce ne sono 80), sono previste solo le ore di socializzazione che erano già in vigore prima della direttiva: dalle 9 alle 11 e dalle 13 alle 15. In tutte le altre sezioni e nel nuovo padiglione (che ospita 234 dei complessivi 591 reclusi di tutto l’istituto) le celle restano invece aperte tutto il giorno. "Anche se in questi drammatici episodi ci sono motivazioni di carattere personale è del tutto evidente che la possibilità di muoversi e uscire dalle celle ha un impatto positivo sul disagio legato alla restrizione della libertà - dice Catalano. Un conto è stare in tre metri quadrati, altra cosa è potersi muovere liberamente. Potrebbe non essere un caso, quindi, che gli episodi si siano verificati in queste due sezioni chiuse". L’iniziativa delle celle aperte, nelle intenzioni della direttiva, dovrebbe servire quindi a ridurre il disagio della detenzione legato anche alla limitazione degli spazi. Un problema che l’apertura del nuovo padiglione di Torre del Gallo non ha risolto del tutto. La struttura ospita in tutto 591 persone, mentre la capienza complessiva è di 545 detenuti. Il disagio resta soprattutto nel vecchio padiglione, che ospita 357 detenuti a fronte di una capienza di 245 reclusi, mentre nel nuovo la capienza è di 300 persone ma ce ne sono "soltanto" 234. "Il trasferimento non è possibile per la tipologia dei reati", spiega Catalano. Che affronta anche la questione del personale, "del tutto carente rispetto alle esigenze", dice il sindacalista. Sulla carta l’organico dovrebbe essere di 285 agenti, ma i poliziotti sono 239. Di questi, circa 30 sono distaccati presso altre sedi e istituti, per motivi personali e di servizio, quindi gli effettivi, in carcere, sono 210. "L’apertura del nuovo padiglione non ha cambiato la pianta organica - aggiunge Catalano. È rimasta la stessa carenza con un altro padiglione da gestire. Va dunque sottolineato il ruolo prezioso degli agenti in servizio, che ogni giorno con la loro professionalità riescono a gestire e prevenire gli eventi più critici" Belluno: lezioni di informatica ai detenuti di Baldenich con l’Associazione Jabar Corriere delle Alpi, 31 luglio 2014 L’iniziativa ha preso il nella casa circondariale di Belluno grazie all’associazione di volontariato Jabar. La prima lezione ha coinvolto nove detenuti. Jabar ha potuto allestire un laboratorio per i detenuti della sezione maschile grazie al lavoro di un’altra associazione, Luganega, i cui volontari hanno curato la parte tecnica, sia hardware che software. Il progetto è stato reso possibile anche grazie alla donazioni di materiale informatico inutilizzato da parte del preside della scuola agraria di Feltre, al lavoro dei volontari dell’associazione e alla disponibilità e collaborazione della direttrice del carcere. Le attività di laboratorio permetteranno di realizzare una serie di azioni positive, in un circolo virtuoso che andrà a migliorare la resa qualitativa del tempo della detenzione, attraverso momenti di formazione e socializzazione per i detenuti, ma che servirà anche a stabilire un percorso e degli esercizi mirati a un progressiva conoscenza dello strumento informatico. Acquisire strumenti di conoscenza utili per il potenziamento delle capacità personali ha inoltre la funzione di renderli spendibili in un possibile futuro reinserimento lavorativo. Torino: "vitto scarso", quaranta detenuti si sono rifiutati di rientrare in cella per il pasto di Claudio Laugeri La Stampa, 31 luglio 2014 Il vitto è scarso e i detenuti si ribellano. È avvenuto alle 11,30 nella sesta sezione (dove sono recluse persone con problemi per l’incolumità personale) del padiglione C del carcere "Lorusso-Cutugno". I 40 detenuti si sono rifiutati di entrare in cella come previsto per la distribuzione del pasto e hanno incominciato a sbattere posate e stoviglie contro le inferriate e le porte blindate. Poi, hanno incendiato giornali e cartoni. Gli agenti di polizia penitenziaria ci hanno messo oltre un’ora per ristabilire l’ordine e la sicurezza. "Come al solito, è la polizia penitenziaria a mettere riparo agli errori e alle disposizioni dell’Amministrazione Penitenziaria - dice Leo Beneduci, segretario generale Osapp -. Nello specifico di questo episodio, è stata sempre la polizia penitenziaria a impedire che la protesta inscenata dai detenuti per la carenza di vitto portasse a più gravi conseguenze, vista l’accensione di cartoni e giornali". Valdobbiadene (Tv): l’osteria senz’oste "assume" due detenuti di Andrea De Polo La Tribuna di Treviso, 31 luglio 2014 Due detenuti sono i nuovi angeli custodi dell’Osteria Senz’Oste. Dal primo luglio, sono assunti per uno stage nell’azienda agricola Fironel di Cesare De Stefani, al cui interno si trova il rustico adibito a osteria. Oltre a lavorare nello spaccio di salumi di De Stefani, si prendono cura dei terreni adiacenti all’osteria, dei suoi animali e delle vigne dell’azienda agricola. Una nuova vita per due giovani poco più che trentenni, che tra pochi mesi (dopo vari anni di detenzione) usciranno dal carcere di Santa Bona e dovranno sgomitare con altri coetanei per inserirsi nel difficile mondo del lavoro. "Ho voluto dare loro un’opportunità", spiega De Stefani, "perché quando escono partano alla pari con gli altri". L’oste "invisibile" conosce i due detenuti a maggio, quando è docente di un corso di salumeria per categorie protette. Assieme a tanti esodati e cassintegrati, conosce anche i due ragazzi (un italiano e un albanese) di Santa Bona. L’idea gli frulla in testa per un po’, quindi, complice anche la lettura di un libro ("Il perdono responsabile", dell’ex magistrato Gherardo Colombo) decide di metterla in pratica. Assume i due giovani: lavorano otto ore al giorno per cinque giorni a settimana, e la sera rientrano in carcere. Nello spaccio di carni mettono in pratica quanto appreso al corso: imparano i vari tagli, acquisiscono manualità, aiutano come possono. Nei campi e all’Osteria Senz’Oste, le cose da fare non mancano. Tagliano l’erba, tengono in ordine i sentieri, controllano i danni delle recenti piogge. Si prendono cura degli animali dell’Osteria ed effettuano piccoli lavori di regimazione delle acque e di rimozione della ghiaia che si accumula dopo le piogge. La loro è una presenza discreta: una mano invisibile, ma fondamentale, che gli avventori dell’Osteria non hanno mai conosciuto. Quando saranno finalmente liberi, forse, usciranno dall’ombra e racconteranno la loro esperienza anche ai turisti e ai curiosi. "Vedo ogni giorno la loro fame di riabilitarsi, sono bravi e si danno moltissimo da fare", dice De Stefani, "In questa crisi è difficile per tutti trovare lavoro, per loro sarà quasi impossibile. Per me, meritano di avere qualcosa che li metta al pari degli altri. Che manchi il lavoro è grave, che manchi la libertà molto peggio". Termineranno il loro stage a fine agosto, poi torneranno alla dura vita di detenuti. Lanciano (Ch): carenza personale, Sindacati di Polizia penitenziaria annunciano proteste www.abruzzo24ore.tv, 31 luglio 2014 Contro la carenza di organico alla Casa circondariale di Lanciano i sindacati annunciano una serie di manifestazioni. Uil, Sappe, Osapp Sinappe, Cgil e Cnpp dichiarano, in una nota congiunta, di voler mettere in atto una serie di eventi di protesta partendo da un sit-in di protesta che avrà luogo di fronte all’istituto frentano, presumibilmente la prossima settimana, seguito da un’astensione dalla mensa di servizio, passando per uno "sciopero dello straordinario" ed altre possibili iniziative che - dicono - "stiamo valutando congiuntamente". Le organizzazioni di categoria parlano di "diffusa indifferenza dell’amministrazione verso le recriminazioni sindacali e nonostante le richieste d’incontro avanzate a partire dall’ormai lontano aprile 2014 alle quali, tra l’altro, a tutt’oggi non vi è stato alcun riscontro". "Da tempo - si legge nella nota - le organizzazioni sindacali, insieme e separatamente, lamentano l’ormai insostenibile carenza di personale che ha portato negli ultimi mesi ad un numero di poliziotti penitenziari amministrati a Villa Stanazzo pari a 137 unità, dei quali solo 132 in servizio effettivo". I sindacati sostengono che il personale della polizia penitenziaria è costretto a svolgere "turni massacranti, arrivano a coprire anche doppi turni, di 10/12 ore di servizio a fronte delle 6 previste. In pratica da qualsivoglia prospettiva si osservi la situazione del carcere frentano è evidente. Verosimilmente ciò non è sufficiente a far sì che il Provveditore e l’amministrazione ci degnino della benché minima attenzione. Ma quel che è peggio - per i sindacati - è lo spregevole metodo posto in atto dall’amministrazione per sopperire alla carenza di personale infatti, stante il gravissimo periodo di crisi economica in atto in Italia, si sta facendo leva sulle cresciute necessità economiche delle famiglie sfruttando letteralmente i poliziotti penitenziari che per attaccamento al dovere, alto senso di responsabilità nonché per garantire ai propri cari un minimo di tranquillità economica, si prestano a svolgere turni di 10/12 ore, senza il necessario riposo tra un turno e l’altro ed in alcuni casi essendo costretti ad interrompere le tanto attese ferie estive, in cambio di qualche spicciolo in più in busta paga". San Cataldo (Cl): sventata evasione detenuto al Pronto soccorso dell’Ospedale Sant’Elia La Sicilia, 31 luglio 2014 Il Sindacato autonomo di Polizia penitenziaria (Sappe) interviene per commentare un probabile tentativo di evasione da parte di un detenuto della Casa di reclusione di San Cataldo. L’episodio si è verificato lunedì sera al presidio ospedaliero "Sant’Elia" di Caltanissetta, dove il detenuto era stato accompagnato da due agenti del Nucleo traduzioni e piantonamenti della Casa circondariale del capoluogo per degli accertamenti. A quanto pare, il ristretto ha cercato di darsi alla fuga, creando una situazione dall’allarme al Pronto soccorso del "Sant’Elia", ma venendo poi tempestivamente fermato dagli stessi agenti. A tal proposito, il segretario regionale del Sappe, Calogero Navarra, ha scritto una nota al Provveditore di Palermo e, per conoscenza, alla Prefettura di Caltanissetta ed alla Direzione della Casa di reclusione di San Cataldo. Il Sappe, dunque, esprime la propria "solidarietà" agli agenti perché "con alto senso del dovere ed a rischio della propria incolumità hanno evitato il peggio, in considerazione che al momento del parapiglia erano presenti comuni cittadini". Rivolgendosi poi al provveditore, il sindacato rimarca "l’importanza della presenza presso la struttura (Casa di reclusione di San Cataldo) di una figura dirigenziale costante (direttore), in questo momento assente nell’assegnazione in pianta stabile. Emerge, necessita sottolinearlo, la sicura, pronta ed apprezzata competenza nell’assolvere a mansioni, anche oltre il limite di demarcazione previsto, da parte del funzionario comandante di reparto della Casa di reclusione di San Cataldo, il quale nell’occasione non ha fatto mancare la propria presenza e vicinanza al personale interessato, oltre che ottemperare agli adempimenti che il caso richiedeva sino a tardissima serata. Si ribadisce che una presenza quotidiana del dirigente d’istituto agevolerebbe nel migliore dei modi la delicata funzione del commissario comandante di reparto, che molto spesso potrebbe apparire titubante nel prendere potenziali decisioni, non per voluta sottrazione volontaria dalle responsabilità, ma perché per norma la decisione finale spetta sempre e comunque al direttore dell’istituto". Treviso: "Bottega grafica", lezione di creatività (e senso civico) dal carcere minorile www.sosscuola.com, 31 luglio 2014 "I ragazzi che stanno in un carcere sanno bene cosa significa essere dimenticati". La maggior parte di quelli reclusi nell’Istituto penitenziario di Treviso sono "extracomunitari" secondo le regole dello Stato. E lo sono anche se le loro madri hanno partorito in Italia. "Espellerli significherebbe destinarli a luoghi che non hanno mai conosciuto" dice Christine Gaiotti, che ha iniziato a occuparsi di minori detenuti quattordici anni fa, come formatrice dell’Engim Veneto. Christine ha capito che l’insegnamento del "metodo" non basta, che quello di cui hanno bisogno i suoi ragazzi è la "motivazione", la trasmissione di un ideale più grande per cui vale la pena mettersi in gioco da un luogo disumanizzante come il carcere. Per questo l’Engim che dal 2003 organizza il progetto "Bottega grafica" ha scelto di accettare commissioni solo da Enti pubblici, dal volontariato e dal terzo settore. Alcuni minori ricevono un compenso e imparano ad assaporare il mondo del lavoro, altri accendo il computer e danno sfogo alla creatività per sentirsi vivi. "Quando ho parlato di S.O.S. Scuola la prima reazione è stata di distacco, i ragazzi pensavano che avrebbero lavorato per quelli che loro classificano genericamente come ‘adultì - racconta Christine, hanno un’immagine dell’adulto distorta, che li picchia e li porta sulla cattiva strada, che non si spende per la giustizia sociale né tanto meno per loro". Ha segnato il cambio di prospettiva solo l’idea di contribuire a un progetto che avrebbe coinvolto i loro coetanei. Così hanno realizzato il logo di S.O.S. Scuola, la cartellonistica e la segnaletica sparsa un pò dappertutto nel Liceo Linguistico Cassarà di Palermo. Christine è arrivata nel capoluogo siciliano per fotografare ogni centimetro di "miracolo"; le pareti rimbiancate, gli abbellimenti artistici, la messa in sicurezza della palestra. Ogni faccia e momento della giornata. I suoi occhi sono quelli dei ragazzi in carcere: "Questi scatti sono l’abbraccio collettivo che voglio portare a Treviso - dice - e ne hanno assoluto bisogno, sono ragazzi di una solitudine e sofferenza spaventosa che riescono a sopperire a questa mancanza d’amore sentendosi riscattati dal lavoro per gli altri". Ed è anche l’unico modo per dirgli che infondo in Sicilia ci sono stati dal 21 luglio (giorno in cui sono iniziati i lavori al Cassarà), per spiegargli che la comunità palermitana gli è grata e che molti, ancora una volta, sono stati "obbligati" a riconoscere il valore sociale dei percorsi educativi in carcere. "La scuola che ho visto quando sono arrivata ricordava tantissimo un carcere, perché non era conosciuta dall’esterno e non era partecipata - dice l’operatrice dell’Engim - ora invece è un via vai di bambini e bambine del quartiere, studenti, docenti, volontari. La scuola che prima era dello Stato è diventata patrimonio di tutti". Anche dei detenuti di Treviso. Che a Palermo sono stati idealmente dietro la cattedra, a dare lezione di senso civico. Messico: le carceri sono "università del crimine", ma la Chiesa insiste per la rieducazione Agenzia Fides, 31 luglio 2014 "Le famiglie, la scuola e le autorità civili hanno la responsabilità di fermare la crescita del numero di adolescenti e giovani che finiscono nei gruppi della criminalità organizzata": lo ha detto il Vescovo della diocesi di Veracruz (Messico), Mons. Luis Felipe Gallardo Martín del Campo, Sdb. Secondo una nota inviata a Fides, all’apertura del XXXVI Convegno nazionale della Pastorale penitenziaria svoltosi a Veracruz, alla presenza del Nunzio Apostolico in Messico, l’arcivescovo Christophe Pierre, Mons. Gallardo Martín del Campo ha affermato che "i genitori hanno trascurato per il lavoro e gli interessi personali, l’educazione e la cura dei figli questo lo vediamo nelle statistiche sulla criminalità attuale". "Dobbiamo insistere nella pastorale familiare - ha proseguito - perché oggi ovunque possiamo trovare delle bande criminali, e mentre i genitori sono lontani perché molte volte lavorano, i ragazzi sono lasciati da soli". Poi ha aggiunto, "È triste vedere che nella rete del narcotraffico ci sono tanti giovani di 20 o 25 anni". Il vescovo si è rivolto non solo alle famiglie, ma anche alle autorità: "Anche le autorità sono responsabili di questa situazione perché le carceri stanno diventando università del crimine", ha rimarcato con una efficace metafora. "La Chiesa - ha detto - opera nelle carceri per la rigenerazione di molti di questi giovani, propone un programma di rieducazione e re-integrazione sociale per far in modo che molti riescano a tornare alle loro famiglie, abbandonando pratiche criminose". Tra i maggiore problemi delle carceri in Messico, vi sono il degrado delle strutture e della vita dei detenuti e il sovraffollamento. La Chiesa in Messico, nelle sue 92 diocesi, è impegnata nella pastorale penitenziaria con sacerdoti, religiosi e laici. Iran: Usa chiedono rilascio giornalista del Washington Post arrestato a Teheran Adnkronos, 31 luglio 2014 Gli Stati Uniti chiedono il rilascio di Jason Rezaian, il corrispondente del Washington Post arrestato a Teheran, di sua moglie e di altri due americani finiti in manette la scorsa settimana in Iran. "Non c’è assolutamente alcuna ragione per quanto accaduto", ha detto Wendy Sherman, sottosegretario Usa per gli Affari politici durante un’audizione della Commissione Esteri del Senato. L’arresto di Rezaian, che ha la doppia cittadinanza iraniana e statunitense, ha sollevato preoccupazioni, ha detto la Sherman, sottolineando come il Dipartimento di Stato stia utilizzando "i canali appropriati" per risolvere la vicenda e facendo riferimento in particolare alla Svizzera, che cura gli interessi degli Usa nella Repubblica Islamica. Sherman ha ricordato come Rezaian sia stato di recente a Vienna, per seguire i negoziati tra l’Iran e il 5+1 sul programma nucleare di Teheran, questione che è stata al centro dell’audizione di ieri. La moglie di Rezaian, l’iraniana Yeganeh Salehi, è la corrispondente in Iran del giornale degli Emirati The National. "Spero che capiscano bene che azioni come queste compromettono qualsiasi posizione (gli iraniani, ndr) assumano rispetto ai negoziati", ha detto il presidente della Commissione Esteri del Senato, Robert Menendez. Ieri la madre di Rezaian ha lanciato un appello in un video per la liberazione del giornalista. Sempre ieri, secondo le testimonianze di alcuni familiari, sarebbe stata rilasciata una delle altre persone arrestate con Rezaian, il marito di una fotoreporter, che resta invece in carcere. I loro nomi non sono stati resi noti su richiesta delle famiglie. Cambogia: al via processo per genocidio agli ultimi due superstiti dei Khmer Rossi Adnkronos, 31 luglio 2014 Gli ultimi due leader superstiti del regime dei Khmer Rossi sono comparsi oggi a Phnom Penh nella prima udienza del processo che li vede imputati per genocidio. Khieu Samphan, l’83enne ex capo di stato cambogiano e Nuon Chea, l’87enne vice di Pol Pot sono già imputati in un altro processo per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Nel processo avviato oggi, la cui conclusione potrebbe giungere non prima del 2016, le accuse riguardano lo sterminio di decine di migliaia di persone appartenenti alle minoranze vietnamite e musulmane. I due procedimenti sono stati mantenuti separati per accelerarne lo svolgimento a causa dell’età avanzata dei due imputati. Il verdetto nel primo processo è atteso per il 7 agosto. L’accusa intende chiedere per entrambi gli imputati la condanna al carcere a vita. Gli Khmer Rossi governarono la Cambogia dal 1975 al 1979. Durante i quattro anni del loro regime del terrore si ritiene che due milioni di persone siano morte di stenti, per la fatica del lavoro nei campi o perché giustiziate. Il leader Pol Pot è morto nel 1997 e l’unico alto esponente del regime processato e condannato all’ergastolo per i crimini commessi è stato l’ex responsabile delle carceri, Kaing Guek Eav.