Giustizia: oggi voto finale alla Camera per decreto sui risarcimento ai detenuti Public Policy, 24 luglio 2014 Si terrà oggi nell’Aula della Camera intorno alle 14 il voto finale sul decreto legge sulle carceri. Sulla base di un accordo informale tra i gruppi il via libera al testo arriverà dopo le dichiarazioni di voto finali trasmesse indiretta televisiva dalle 12.30. Sul testo sono contrari la Lega e il M5S, che sono intervenuti a raffica sugli emendamenti. Gelmini (Fi): decreto non è svuota carceri, ma norma civiltà "Il decreto-legge n. 92 del 201 è impropriamente chiamato svuota carceri, in realtà introduce giuste garanzie in favore dei detenuti che hanno subito un trattamento contrario alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali". Lo scrive su Facebook Mariastella Gelmini, vice capogruppo vicario di Forza Italia alla Camera dei deputati. "Di rilievo - spiega - sono le modifiche alle modalità di esecuzione del provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, compreso il controllo tramite il cosiddetto braccialetto elettronico, e l’ampliamento dei presupposti che non consentono l’applicazione della custodia cautelare in carcere e degli arresti domiciliari. La cosiddetta sentenza-pilota Torreggiani ha certificato il malfunzionamento cronico del sistema penitenziario italiano, accertando la violazione dell’articolo 3 della Convenzione a causa del sovraffollamento carcerario in cui i ricorrenti si sono trovati. Il gruppo parlamentare Forza Italia ha posto il tema della giustizia al centro del dibattito politico e parlamentare, cercando di risolvere il problema delle carceri ma soprattutto quello della giustizia e della sua necessaria riforma e adeguamento". "La ratio del decreto che stiamo votando in quest’Aula sta nel diktat della Corte Europea dei diritti dell’uomo, che ha esplicitamente posto un ultimatum al nostro Paese. Non si vogliono liberare i delinquenti, ma non è nemmeno possibile che lo Stato sia esso stesso inadempiente rispetto a quanto previsto dalla stessa nostra Costituzione e dalla Carta europea dei diritti umani. Il decreto, nel razionalizzare il ricorso alla custodia cautelare, si propone semplicemente obiettivi di giustizia e di civiltà", conclude Gelmini. La Lega manifesta davanti Camera: Renzi sta con i criminali "Renzi sta dalla parte dei criminali": è lo slogan impresso su di uno striscione esibito davanti Montecitorio da alcuni parlamentari della Lega Nord, i quali, indossando una maglia dalla scritta "Io sto con le vittime", hanno manifestato questo pomeriggio contro il Dl carceri all’esame della Camera. "Il governo regala otto euro al giorno a chi sta in galera mentre non trova i soldi per esodati, cassaintegrati, pensionati e disoccupati", ha dichiarato il segretario leghista, Matteo Salvini, partecipando alla protesta, in riferimento alle norme del Decreto che prevedono un risarcimento economico per i detenuti come forma di adeguamento a una direttiva europea. Patriarca (Pd): Salvini ci riporta a Italia dell’800" "Il giustizialismo alla Salvini ci è già costato molto caro. Il leader leghista ha come modello l’Italia dell"800". Lo afferma il deputato del PD Edoardo Patriarca, componente della Commissione Affari Sociali. "Possiamo e dobbiamo garantire dignità della pena e sicurezza - continua Patriarca - Questo se vogliamo essere una nazione evoluta, che usa il cervello e non la pancia". La Russa (Fdi): risarcimento ai detenuti? modo per far commettere reati Per Ignazio La Russa di Fratelli d’Italia - Alleanza Nazionale, se ai detenuti che hanno subito un trattamento in violazione della convenzione europea viene data una sovvenzione, non si fa altro che incentivare in qualche modo la criminalità. Per spiegare questo concetto La Russa, intervenendo in aula alla Camera, cita un aneddoto della sua giovinezza: "Quando ero ragazzo nella sede dell’allora Movimento giovanile dell’Msi - ha ricordato - arrivò un tipo che si offrì di dipingerci gratis la sede se lo avessimo lasciato dormire lì. Sei mesi dopo lo ritrovammo sui giornali perché si rifiutava di uscire dal carcere perché con l’approssimarsi dell’inverno non aveva dove andare a dormire. Se oggi questo signore - ha concluso - sapesse che gli danno anche otto euro, quello i reali si mette a commetterli tutti i giorni per passare l’inverno al caldo con la paghetta assicurata". Giustizia: Sottosegretario Ferri; decreto non è pseudo-indulto, fatti importanti correttivi Ansa, 24 luglio 2014 "Il decreto non è un indulto né uno svuota-carceri. È proprio per questo motivo che non avrà, come effetto immediato, quello di una immediata riduzione della popolazione carceraria". Lo afferma il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri sul dl carceri all’esame dell’aula della Camera. "L’obiettivo del decreto non era quello di ridurre il numero dei detenuti - osserva Ferri - ma solo quello di ottemperare ad una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, fornendo ai detenuti che hanno subito periodi di detenzione in condizioni di sovraffollamento un rimedio di natura pecuniaria oppure di natura carceraria. È vero che quest’ultimo potrà consistere in una diminuzione della pena residua da scontare e quindi, sotto quest’ultimo profilo, si potrà verificare una riduzione del numero di detenuti. Ma questo avverrà solo se i singoli detenuti dimostreranno, dinanzi ad un giudice, di essere stati detenuti in condizioni di sovraffollamento". "Il governo - osserva inoltre Ferri - ha condiviso tutti gli importanti correttivi che sono stati introdotti nel dl carceri. Infatti opportunamente si è stabilito che la norma che vieta la custodia in carcere quando il giudice prevede di applicare una pena non superiore a tre anni non si applicherà, e quindi il detenuto resterà in carcere, se questi non dispone di un domicilio dove poter essere mantenuto in stato di detenzione. Si è anche previsto che resterà la possibilità della custodia in carcere nei confronti di chi evade dagli arresti domiciliari o comunque quando si trasgrediscono le prescrizioni imposte con altre misure cautelari. Soprattutto si è stabilito che la predetta norma che vieta di applicare una pena non superiore a 3 anni non si applicherà, e quindi resterà la possibilità della custodia in carcere, di fronte a reati particolarmente gravi, come mafia, stalking, maltrattamenti in famiglia, furto in abitazione, estorsione, riduzione in schiavitù, prostituzione minorile, pornografia minorile, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti". Giustizia: il risarcimento ai detenuti? per la Lega "è la paghetta ai criminali" di Damiano Aliprandi Il Garantista, 24 luglio 2014 È un decreto che non piace, quello sul risarcimento dei detenuti in fase di conversione. L’aula della Montecitorio è stata anche ieri teatro dell’ostruzionismo dei leghisti, pronti a scagliarsi contro "l’ennesimo indulto mascherato" e quella che hanno definito la "paglietta ai criminali". "Se l’Ue ci impone di dare ai criminali e non alle vittime dei reati e ai poliziotti i pochi soldi che abbiamo, si assumano loro questa responsabilità. Noi non ci stiamo", ha dichiarato il vicepresidente dei deputati della Lega Nord, Matteo Bragantini. "Il governo libera e stipendia i criminali per coprire gli scandali del piano carceri su cui pesa come un macigno un’inchiesta", ha fatto eco il collega Davide Caparini. Ma critiche al provvedimento che prevede l’erogazione dei risarcimenti ai detenuti arrivano anche dall’Unione delle camere penali, che esorta il parlamento a modificare il decreto che, così com’è, copre tutti i casi di violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Dunque non solo le sofferenze da sovraffollamento carcerario, ma anche ì casi di vera e propria tortura. Osservano quindi i penalisti che, se è già avvilente pensare di fissare nell’irrisoria cifra di 8 euro al giorno o di un giorno di sconto per ogni dieci di detenzione il risarcimento per essere stati ammassati come rifiuti umani in quelle discariche sociali che sono le carceri italiane, diventa intollerabile l’idea che questo possa essere il prezzo anche di atti classificabili come tortura. Per questo motivo le camere penali annunciano una ferma protesta. A contestare i decreto anche i Radicali. La segretaria Rita Bernardini ha denunciato da subito che il Governo, piuttosto che seguire la strada obbligata dell’amnistia e dell’indulto per porre fine alla tortura nelle carceri, stabilisce il prezzo dei "trattamenti inumani e degradanti" con cifre da "saldo". Nel frattempo, nonostante qualche lieve (e in alcuni casi impercettibile) miglioramento per quanto riguarda il sovraffollamento carcerario, non si abbassa l’allarme sui suicidi tra i detenuti. L’ultimo risale al 21 luglio scorso e si tratta del ventiduesimo caso su un totale di 80 morti che si sono verificate nelle nostre carceri dall’inizio dell’anno. Nel 2013 si sono contati ben 49 suicidi. Dati da brivido, che colloca l’Italia tra i Paesi peggiori in Europa. Prima di noi, infatti, c’è soltanto la Romania. Giustizia: liberazione anticipata speciale ai condannati per reati gravi, magistratura divisa di Giovanni Negri Il Sole 24 Ore, 24 luglio 2014 Tribunali in ordine sparso sulla liberazione anticipata "speciale". La possibilità di concessione ai condannati per i reati gravi (art. 4 bis dell'ordinamento penitenziario), ammessa nella versione iniziale del Dl 146/13, è stata poi cancellata. Sulla concessione o meno del beneficio della maggiore detrazione di giorni di pena da scontare (da 45 a 75) per ogni semestre già passato in carcere, misura prevista dal decreto legge 146 del 2013, i tribunali di sorveglianza stanno adottando scelte diverse. In discussione c’è l’applicazione del regime più favorevole ai condannati per reati gravi. Quelli previsti dall’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario, tra cui, criminalità organizzata terrorismo, traffico di stupefacenti). La possibilità, ammessa ma non in maniera automatica nella versione iniziale del decreto, venne poi eliminata in sede di conversione. Ora l’autorità giudiziaria si interroga sul trattamento da riservare a chi, mentre era in vigore il testo iniziale del decreto, ha presentato domanda per accedere al diverso calcolo. A rappresentare le due linee possibili due pronunce. La prima, del Tribunale di Sorveglianza di Milano, del 30 maggio, contraria all’attribuzione del beneficio; la seconda del Magistrato di Sorveglianza di Vercelli, favorevole alla richiesta del detenuto. Vediamole più nel dettaglio. La prima pronuncia, quella milanese, sradica nettamente la possibilità di usufruire della norma più favorevole nell’ipotesi di successione di leggi penali. Per i giudici va tenuto presente quanto sancito dalla Corte Costituzionale nel 1985, quando venne ribadito, in aderenza con l’articolo 77 della Costituzione, che i decreti legge perdono efficacia, sin dall’inizio se non convertiti, anche solo parzialmente. A essere richiamato è anche l’orientamento delle Sezioni unite penali che, più recentemente, nel 2011, hanno precisato che il principio della prevalenza della legge più favorevole non rappresenta un cardine dell’ordinamento processuale neppure nell’ambito delle misure cautelari. Orientamento che copre, nella lettura dei giudici, tutte le misure sullo status libertatis e quindi anche quelle sull’esecuzione della pena. E allora la questione va decisa sulla base del principio tempus regit actum, sulla base della regola in vigore al momento della decisione e non di quella applicabile al momento della presentazione della domanda. No anche alla possibilità di scorporo della pena, con lo scioglimento del cumulo: quando sì tratta di misure, come nel caso in questione, che non puntano tanto ad adattare la pena al percorso di rieducazione, quanto piuttosto a decongestionare le carceri, lo scorporo non è possibile. Il tribunale di Vercelli, adotta invece una linea diversa e concede la liberazione anticipata speciale, valorizzando la “necessità sotto il profilo costituzionale e convenzionale di applicare la legge più favorevole vigente al momento della presentazione dell’istanza di liberazione anticipata speciale, formulata da un condannato con riferimento a condizioni di ammissibilità e presupposti di concedibilità del benefìcio stesso che si erano già compiutamente realizzati al momento dell’istanza stessa”, in coerenza con il principio di divieto di regressione incolpevole del trattamento penitenziario e tenendo presente la legittima aspettativa del condannato nella concessione del benefìcio richiesto. Deve cioè essere considerato il divieto di vanificazione ex post, per effetto di “una mera successione delle leggi nel tempo” degli sforzi compiuti dal condannato per raggiungere l’obiettivo costituzionale della rieducazione. La liberazione anticipata speciale rappresenta e osi esplicitamente un beneficio di natura rieducativa e premiale, che si sviluppa nel tempo. A corroborare questa tesi viene poi citata la più vicina giurisprudenza della Corte di giustizia europea. La chiusura Per il Tribunale di Sorveglianza di Milano la liberazione anticipata speciale, 75 giorni invece di 60 per ogni semestre scontato, introdotta a fine 2013, non può mai essere applicata nei confronti di chi si è reso colpevole di reati gravi. La situazione va affrontata sulla base del principio tempus regit actum, trattandosi di misura procedurale. L’apertura Per il giudice di sorveglianza di Vercelli, invece, la misura può essere applicata anche agli autori di gravi delitti. A prevalere in questo caso è la necessità di non compromettere il percorso di rieducazione cui si è sottoposta la persona sanzionata. Giustizia: 680 nuovi posti in Comunità, per tossicodipendenti speciali percorsi riabilitativi Ansa, 24 luglio 2014 I provvedimenti normativi succedutisi dal 2011, da ultimo il decreto legge di quest’anno sui fatti di lieve entità, "hanno accentuato il carattere del carcere come misura residuale", in questo modo si è arrivati, "al 21 luglio a circa 55 mila detenuti nelle carceri". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, rispondendo ad una interrogazione alla Camera sulle iniziative per favorire l’utilizzo delle misure alternative al carcere per i tossicodipendenti. Otto protocolli sono stati stipulati tra il ministero della Giustizia e altrettante Regioni, e altri ne seguiranno, per il trattamento dei detenuti tossicodipendenti, la cui finalità "è quella di consentire un aumento dei posti disponibili in comunità. Quelli già individuati sono 680". Orlando ha poi richiamato gli "interventi normativi diretti a ridurre l’accesso al carcere di soggetti tossicodipendenti facilitandone le condizioni per l’affidamento in prova ai servizi sociali", che hanno avuto "risultati positivi con una tendenza in crescita dei casi di affidamento terapeutico nel periodo gennaio-giugno 2014, da 3.330 a 3.418". Una questione, ha infine sottolineato il ministro "che fin dall’inizio del mio mandato è stata tra le priorità della mia linea di governo". Pagano (Ncd): misure alternative tossicodipendenti per sovraffollamento "Il problema del sovraffollamento nelle carceri può trovare sollievo ottimizzando l’utilizzo di misure alternative al carcere per i soggetti tossicodipendenti. Urge accelerare l’applicazione di norme già esistenti". È quanto ha detto il deputato Ncd Alessandro Pagano, intervenendo in Aula durante il question time in replica al ministro Orlando. "L’obiettivo - ha spiegato - è anche quello di favorire il reinserimento delle persone detenute. Il carcere tra l’altro non può essere considerato un luogo di cura per tossicodipendenti. Per questo sarebbe opportuno emanare direttive per incentivare le misure alternative, quali l’applicazione degli arresti domiciliari già nel corso del processo per direttissima o ai soggetti tossicodipendenti già sottoposti a misura cautelare in carcere. Sarebbe inoltre opportuno - ha sottolineato Pagano - mettere in mora le Regioni che hanno gravi responsabilità nella definizione delle procedure cliniche alternative. Bisognerebbe imporre limiti temporali per l’espletamento delle procedure di valutazione da parte della Asl. Al riguardo i cronici ritardi delle aziende sanitarie locali causano non solo notevoli danni economici allo Stato, ma anche danni antropologici ai tossicodipendenti che potrebbero essere recuperati se indirizzati meglio, ad esempio, verso trattamenti ambulatoriali o residenziali presso le comunità di recupero. Una maggiore efficienza e rapidità consentirebbe, quindi, risparmi per migliaia di euro ogni anno per ciascun tossicodipendente, rispetto ai costi per tenerli nei penitenziari oltre che a recuperare preziose vite umane. Da qui l’esigenza di chiedere che ci sia una ulteriore possibilità di confronto con le Regioni e i direttori generali delle Asl - ha concluso Pagano - al fine di dare loro obiettivi mirati da far assolutamente rispettare". Giustizia: il M5S con la Polizia penitenziaria… ridurre la carenza del personale www.beppegrillo.it, 24 luglio 2014 Ridurre la cronica carenza di personale all’interno delle carceri è possibile. In commissione Giustizia, sentite le recenti istanze e sollecitazioni dei sindacati di Polizia penitenziaria, con due emendamenti alla conversione in legge del decreto scritto d’urgenza. Un decreto scritto d’urgenza per evitare le sanzioni stabilite dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, perché le carceri italiane non garantiscono quel minimo di diritti civili ai detenuti a causa del loro sovraffollamento (conversione in legge del decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92). Si può dare un concreto sostegno al lavoro della polizia penitenziaria, su cui ricade tutto il peso e la gravità del sovraffollamento delle carceri italiane, attraverso un necessario aumento della dotazione organica degli agenti e degli assistenti. Ci sono molti giovani che hanno già svolto i concorsi, sono stati ritenuti idonei, ma che restano fermi o dirottati presso servizi di altri ministeri. Questo personale immobilizzato è una risorsa che deve essere usata per risolvere la cronica carenza di personale carcerario. Con il primo degli emendamenti si chiede di assumere 1.000 unità di personale di polizia penitenziaria, attingendo alle graduatorie degli idonei non vincitori dei concorsi, tramite lo scorrimento delle graduatorie medesime. Poi sempre attingendo ai concorsi già fatti, con il medesimo meccanismo dello slittamento delle graduatorie, con il secondo emendamento si prevede invece l’assunzione di 500 unità di personale addetto al settore socio-pedagogico e di 500 persone nel settore amministrativo e contabile. La vita in carcere è dura anche per chi ci lavora, dipendenti dello Stato che spesso sono costretti a turni ed a carichi di lavoro troppo pesanti e stressanti, subendo una forte tensione che a volte si manifesta con atti di autolesionismo e addirittura di suicidio. Crediamo che sia arrivato il momento di far sentire la nostra vicinanza e si spera, con l’approvazione degli emendamenti, il sostegno di tutto il Parlamento. Purtroppo, però, il Governo sembra voler dare l’ennesimo parere negativo alle proposte del M5S. Giustizia: più vicino reato di "omicidio stradale", l’alternativa è "ergastolo della patente" Il Sole 24 Ore, 24 luglio 2014 È la novità dell’ultima ora, che potrebbe anche rallentare l’iter della delega: la possibilità che venga introdotto il reato di omicidio stradale, approvata in commissione Trasporti il 17 luglio, non era prevista nei testi originari ma è stata voluta dal premier Matteo Renzi, che aveva parlato del nuovo reato già a febbraio, nel suo primo discorso alla Camera, quello di presentazione del programma. La formulazione della delega è cauta: si riconosce che l’omicidio stradale va introdotto modificando il Codice penale e non quello della strada. Ma al Senato sta andando avanti proprio in questi giorni l’esame dì proposte di legge in questo senso e la delega sembra annunciare la volontà che vadano in porto. Ciò può suscitare allarme in commissione Giustizia, che dovrà dare il suo parere sulla delega e potrebbe ostacolarla. Il problema sta nelle perplessità già espresse gli anni scorsi da vari tecnici (e anche da due ministri del governo Monti) rispetto alla creazione di un nuovo reato di questo tipo. In sintesi, nell’omicidio stradale viene presunto che il responsabile accetti volontariamente il rischio di uccidere. Dunque, il giudice non deve più indagare sull’elemento psicologico del reato e ciò lede una delle sue prerogative principali. Inoltre la responsabilità penale non sarebbe più personale, ma presunta. Poi si può argomentare che a questo punto sparirebbe il principio del dolo eventuale e occorrerebbe istituire altre figure di omicidio (per esempio, quello sul lavoro). Infine, l’omicidio stradale avrebbe una pena tanto severa da avvicinarsi troppo all’omicidio preterintenzionale, in cui l’intenzione di far del male a una persona (anche se non fino a ucciderla) è oggettiva, non presunta. In ogni caso, la delega contiene una via d’uscita nel caso l’omicidio stradale saltasse: prevede "l’ergastolo della patente", cioè la revoca a vita della licenza di guida (normalmente riottenibile rifacendo gli esami dopo due o tre anni dalla revoca, secondo i casi) per chi causa la morte di qualcuno in un incidente in cui ha violato una norma stradale. La violazione deve essere particolarmente grave e sarà il Governo a fissare un elenco di infrazioni. Certamente fra esse ci saranno la guida in stato di ebbrezza se il tasso alcolemico supera 1,5 g/l (il triplo del consentito) e quella sotto effetto di droghe: questi sono reati che già dal 2010 comportano l’ergastolo della patente, ma solo per i recidivi (legge 120). È possibile che vengano aggiunte altre infrazioni gravi o altre situazioni (come la temerarietà nella condotta di guida, concetto tutto da elaborare), come prevedono altre proposte di legge sull’omicidio stradale giacenti in Parlamento. A quanto sembra di capire dalla delega, l’ergastolo della patente accompagnerebbe la condanna per omicidio stradale se questo reato fosse introdotto. In caso contrario, si applicherebbe da sola. Va comunque precisato che, in non pochi incidenti, il protagonista stava guidando nonostante la sua patente fosse sotto revoca o sospensione. Quindi era incurante delle conseguenze di queste misure già di per sé pesanti. Giustizia: prima notte in carcere per Giancarlo Galan, sequestrata la sua cartella clinica Ansa, 24 luglio 2014 Giancarlo Galan ha vissuto il suo primo giorno da detenuto in una cella singola del centro clinico del carcere di Opera. Ha passato la notte tranquillamente e ora dovrà aspettare venerdì prossimo, quando sarà sentito per rogatoria dal gip di Milano Cristina Di Censo, per conoscere il suo immediato futuro giudiziario. I suoi legali hanno presentato richiesta di scarcerazione al Tribunale del riesame di Venezia, ma anche qui i tempi non saranno rapidissimi: i giudici hanno a disposizione una settimana. Le polemiche restano forti sugli ultimi giorni trascorsi in libertà dall’ex ministro. In particolare quell’ultima convulsa giornata di ieri, quando Galan nel giro di poche ore è passato da paziente appena dimesso dall’ospedale, a indagato raggiunto dall’ordinanza di custodia cautelare per corruzione che lo inseguiva da un mese e mezzo, con il placet della Camera. I magistrati della Procura di Venezia vogliono capire perchè un paziente ritenuto fino a una settimana prima intrasportabile, per i problemi circolatori connessi all’ingessatura alla gamba, sia stato così velocemente mandato a casa dai medici dell’ospedale di Este. Per di più giusto nel momento in cui Montecitorio diceva votava il sì all’arresto. Per questo hanno inviato la Guardia di Finanza a porre sotto sequestro nel nosocomio la cartella clinica di Galan, dimesso ieri dopo 12 giorni di degenza per una tromboflebite e per altri problemi legati al diabete. Per i medici di Este non c’è nessun mistero né dietrologia dietro le dimissioni ‘lampò del deputato di Forza Italia. "Il paziente - ha spiegato il direttore medico, Enrico Agnoletto - è stato dimesso quando si è avuta conferma che il quadro degli esami e quello clinico si erano stabilizzati, e poteva andare a domicilio". "Noi agiamo come medici - ha aggiunto - non valutiamo altre ragioni. Se Galan fosse stato dimesso proprio il giorno prima del voto che cosa si sarebbe detto? La polemica ci sarebbe stata comunque". Tuttavia i magistrati non ci sono andati teneri con l’ex ministro. "Mentre si svolgeva il dibattito alla Camera sul rinvio del voto per la richiesta di carcerazione preventiva nei confronti di Giancarlo Galan - ha commentato il procuratore aggiunto Carlo Nordio, era già stata firmata dalla direzione sanitaria dell’ospedale dove l’onorevole era ricoverato una lettera di dimissioni, poi acquisita agli atti". Da quella lettera, ha rincarato Nordio, "emerge una patologia perfettamente compatibile con un trasporto in Parlamento per difendersi". "Le fotografie del diretto interessato con un piccolo gesso - ha aggiunto Nordio - hanno fatto il giro d’Italia e ricordiamo che in Parlamento più di una volta sono andati parlamentari con l’ossigeno o in barella. Nemmeno noi sapevamo questo. Una vicenda abbastanza paradossale perché si è discusso sul nulla". Dalla villa di Cinto Euganeo nessuno dei familiari, neppure la moglie Sandra Persegato, ha voglia di dire nulla sul trattamento riservato a Galan. Domani l’ex ministro - si apprende dai sui legali - dovrebbe ricevere la prima visita in carcere, quella del suo avvocato Niccolò Ghedini. Giustizia: l’arresto di Galan è la fulminea rivincita del partito dei magistrati di Piero Sansonetti Il Garantista, 24 luglio 2014 E così ne hanno spedito in prigione un altro. Bravi. Violando la legge, lo spirito della Costituzione, il codice di procedura penale. Prima i magistrati e poi la Camera dei deputati hanno commesso un atto illegale violando i principi della democrazia politica, le leggi della Repubblica e lo Stato di diritto. Non esiste nessuna autorità democratica in grado di mettere un argine a questo sopruso. Ed è esattamente questo che fa impazzire di rabbia. Anche un po’ di paura. La consapevolezza che le istituzioni non si possono opporre a una violenza illegale, perché le istituzione, tutte o in parte, sono le autrici di questa violenza. La magistratura ha deciso consapevolmente di chiedere l’arresto di una persona, in spregio dell’articolo 275 del codice di procedura. I magistrati sono pienamente consci dell’illegalità che compiono, ma sanno che nessuna autorità potrà contestargliela, o perché non ha le competenze o semplicemente per viltà. La Camera dei deputati ha mostrato senza neppure cercare di mascherarsi la sua viltà. Il Csm non interverrà. Né interverrà il ministro della Giustizia, che anzi ha votato a favore del sopruso. Diceva Manzoni che se uno il coraggio non ce l’ha non può darselo. Galan, seppure in gravi condizioni di salute, andrà in carcere, in barella, e questo atto sarà simbolicamente il grido d’accusa contro la vigliaccheria e l’ignoranza del nostro sistema politico. E il nostro sistema politico resterà schiacciato dall’atto di sottomissione, dall’umiliazione accettata con spirito lieve, ieri, nei confronti e da parte della magistratura, anzi - per essere più precisi - della corporazione dei Pm. E adesso? Ricomincia la partita che ha per posta la riforma della giustizia. Ma ricomincia in condizioni del tutto rovesciate rispetto a due giorni fa. L’assoluzione piena di Silvio Berlusconi, nel processo Ruby, e la conseguente delegittimazione del partito dei Pm appoggiato dalla grande stampa legalitaria (Repubblica, Il Fatto e tanti altri) poteva aprire uno spiraglio e rendere più sereno il clima nel quale ci si apprestava ad affrontare lo scoglio della riforma della giustizia. Ma il partito dei Pm, bisogna riconoscerlo, ha dimostrato di avere forza morale, coraggio e intelligenza infinitamente superiori rispetto al mondo politico. In due giorni è riuscito ad annullare gli effetti politici della sentenza Ruby e a ristabilire una posizione nettissimamente di forza. Prima con l’attacco feroce alla politica e alla democrazia del Pm di Palermo Di Matteo, che ha chiamato i giudici ad una azione compatta e sovversiva - la famosa sovversione delle classi dirigenti: vi ricordate Gramsci? Però ora non sono più classi, come immaginava lui, sono corporazioni, o caste, o gruppi di potere - una azione di sbarramento che impedisca la riforma e che avvii anzi una controriforma, per permettere una ulteriore riduzione dello Stato di diritto. Il partito dei Pm questo vuole, e lo dichiara: niente separazione delle carriere, niente responsabilità e punibilità dei giudici, niente revisione dell’obbligatorietà dell’azione penale, niente riduzione del carcere preventivo e delle intercettazioni, ma invece due drastiche misure: abolizione dell’appello e allungamento sine die della prescrizione. Di conseguenza aumento smisurato del potere dei magistrati, e soprattutto dell’accusa, riduzione degli spazi della difesa e quasi annullamento dei diritti del sospettato e poi dell’imputato. Ci spiace dirlo, senza lasciare neppure una lucetta accesa: i giudici ieri hanno vinto la partita. Trento: detenuto si impicca in cella, aveva già avuto comportamenti autolesionistici Ristretti Orizzonti, 24 luglio 2014 Riccardo Scalet, di 32 anni, si impicca nella sua cella del carcere di Trento. Per uccidersi Riccardo Scalet ha approfittato che i compagni di cella andassero all'ora d'aria, ha legato un lenzuolo alla doccia della cella e si è impiccato. E sono stati gli stessi compagni di cella a ritrovare Riccardo appeso a quel lenzuolo perché insospettiti del fatto che la doccia era ancora aperta. Riccardo Scalet che era tossicodipendente, si trovava in carcere perché condannato per reati contro il patrimonio e avrebbe finito di scontare la sua pena nell’ottobre del 2016. Pare gli avessero rigettato recentemente la domanda di inserimento in Comunità Terapeutica. Tempo fa aveva già tentato di farsi del male, ingoiando delle batterie. Sale a 81 il numero delle persone detenute morte nei primi 7 mesi del 2014 (una media di oltre 11 morti al mese) tra cui ben 23 sono stati i suicidi. Lodi: detenuto semilibero muore nella carrozzeria dove lavora, schiacciato da un muletto Il Giorno, 24 luglio 2014 San Rocco al Porto, muore operaio in un’officina: l’uomo era detenuto nel carcere di Bollate, ma in questi mesi aveva ottenuto l’opportunità di tornare a lavorare. Oggi dopo le 13 è morto un uomo di 68 anni all’interno di un’officina a San Rocco al Porto, in località Campagna. L’uomo era detenuto dal 2000 nel carcere milanese di Bollate, ma solo in questi ultimi mesi aveva ottenuto il regime di semilibertà e l’opportunità di tornare a lavorare. L’incidente è avvenuto nella carrozzeria per la quale lavorava, dove il detenuto è rimasto schiacciato da un muletto. A tradirlo una manovra errata mentre stava sollevando un peso. Ora la salma è stata portata all’istituto di medicina legale di Pavia a disposizione della procura lodigiana. Melfi (Pz): "siamo pronti allo sciopero della fame", lettera firmata da 185 detenuti di Valerio Panettieri Il Quotidiano della Basilicata, 24 luglio 2014 Denunciano il pessimo stato della sala colloqui. Bagni rotti e spazi stretti nei luoghi deputati ai colloqui con i familiari. Sono 185 firme distribuite su quattro fogli a righe, sono quelle dei detenuti del carcere di massima sicurezza di Melfi. Centinaia di grafie minute per una lettera che è passata di mano in mano, firmata e poi spedita alla redazione del Quotidiano. E sono gli stessi detenuti che raccontano delle misere condizioni della sala colloqui posta all’ingresso della casa circondariale. Una guardiola che è forse lo spazio più delicato di tutta la struttura, dove si predispongono gli incontri con i familiari. E stando alla denuncia raccolta la guardiola versa in condizioni pietose. Infiltrazioni di umidità, bagni rotti e inaccessibili, rendono questo luogo non più uno spazio di tranquillità familiare e i detenuti del carcere lo mettono nero su bianco. Ci sarebbe anche un problema relativo alla capienza, non sufficiente a contenere tutti. "Le stiamo scrivendo - si legge nella lettera - perché in un colloquio avuto con la direzione del carcere ci hanno detto che la competenza per un eventuale ristrutturazione è del Comune perché si trova sul suolo comunale, quindi chiediamo un suo intervento affinché venga fatta chiarezza e poterlo ristrutturare a norma. Succede anche ai servizi igienici, attualmente chiusi perché fatiscenti o mal funzionanti. In questo modo si nega la possibilità di usufruirne a chi ci viene a trovare per i colloqui. Con una ristrutturazione i nostri familiari eviteranno di andare nei campi o in altri luoghi meno appropriati per i bisogni fisici". La questione è chiara: i detenuti chiedono un trattamento più equo, soprattutto in occasione dei colloqui. È chiaro che la lettera è un appello allo stesso sindaco Valvano che nel suo piano per le opere pubbliche non ha messo in considerazione la ristrutturazione della guardiola. E i detenuti sono pronti alla protesa: "Se il problema non viene risolto - scrivono ancora - inizieremo a fare lo sciopero della fame in modo pacifico". Non è la prima volta che i detenuti hanno preparato una protesta. L’ultima in ordine di tempo riguardava il possibile trasferimento di 100 detenuti, poi non effettuato, all’interno di una struttura già densamente sovraffollata. In quell’occasione per diversi giorni il suono delle stoviglie alle sbarre ha fatto da sfondo, oggi invece si annuncia lo sciopero della fame ad oltranza nel nome della dignità calpestata e dell’impossibilità di ricevere i propri familiari in un luogo consono e pulito. Era il 2009 quanto Rita Bernardini, in una visita, aveva parlato di un carcere "sovraffollato e in pessime condizioni". Cinque anni dopo è ancora così, e questa lettera lo dimostra a pieno. Nuoro: carcere di Macomer, "Socialismo Diritti Riforme" si schiera contro la chiusura La Nuova Sardegna, 24 luglio 2014 Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione Socialismo Diritti Riforme interviene con una nota nella vertenza in difesa del carcere di Macomer. Ritiene che la chiusura della struttura, sulla quale l’amministrazione carceraria ha investito risorse consistenti, sia incomprensibile e inaccettabile. "A gennaio 2013 - scrive in una nota, nell’ambito del riordino dei circuiti regionali, l’ufficio del capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria aveva indicato in una circolare la soppressione delle carceri di Macomer e Iglesias. Un mese dopo però il Dap aveva diffuso una precisazione con cui negava una decisione in tal senso e perfino l’esistenza di una proposta di dismissione per entrambi gli istituti. Nello stesso documento indicava giugno 2013 per l’apertura del carcere di Cagliari-Uta. L’ultima decisione di chiudere le due strutture appare come un atto irrazionale. Assurdo anche perché unilaterale e improntato a una visione ragionieristica". Caligaris si sofferma poi sulla mancata nomina dei direttori nelle strutture in funzione. "Ministero e Dipartimento - sottolinea a questo proposito - dovrebbero preoccuparsi piuttosto della gestione delle strutture penitenziarie che invece soffrono per la mancanza di un provveditore regionale con un ruolo esclusivo e per l’insufficiente numero di direttori d’istituto, appena 7 per 12 carceri e con i relativi responsabili costretti a percorrere centinaia di chilometri quando un collega è in ferie. Ciò per garantire l’ordinaria amministrazione". Spiega infine che non si può utilizzare la Sardegna a piacimento e a seconda delle esigenze. "Il Dipartimento considera la Sardegna solo quando deve tradurvi detenuti dai luoghi più disparati in mega istituti talvolta neppure del tutto agibili - scrive, la chiusura delle carceri di Macomer e Iglesias non è giustificata neppure dai risparmi. È il segnale di un atteggiamento arrogante che scarica i problemi sui territori e le amministrazioni locali. La Sardegna merita un’attenzione maggiore, ascolto e considerazione e non può sempre eseguire solo ordini". Padova: il direttore Pirruccio; droghe e telefoni in carcere? non ho mai saputo nulla Il Mattino di Padova, 24 luglio 2014 "Non sapevo nulla dello spaccio e dei favori che avvenivano all’interno del carcere altrimenti sarei intervenuto". Lo ha detto Salvatore Pirruccio direttore della Casa di reclusione del carcere Due Palazzi, interrogato ieri mattina, come persona informata sui fatti, dal sostituto procuratore Sergio Dini nell’ambito dell’operazione "Apache" che un paio di settimane fa aveva portato all’arresto di 15 persone, e tra loro di diversi agenti della polizia penitenziaria. L’accusa ha portato alla luce dei favori sistematici di alcune guardie corrotte che portavano all’interno delle celle telefonini, sim card, droga, dispositivi di memoria e in alcuni episodi film pornografici. Il magistrato, inoltre, ha voluto capire come mai nessuno si era accorti che alcuni agenti arrivavano al penitenziario dopo aver assunto stupefacenti. Pirruccio ha spiegato al magistrato che non sono previste verifiche in grado di far emergere casi del genere. L’unica visita accurata, infatti, viene fatta all’agente all’atto dell’assunzione, poi più nulla visto che i medici che lavorano all’interno del penitenziario hanno competenza esclusivamente sui detenuti e non sugli agenti. Nel frattempo il giudice Mariella Fino ha negato la scarcerazione, attualmente ai domiciliari, dell’avvocato polesano, Michela Marangon di Porto Viro. Secondo il giudice il quadro accusatorio contro di lei si è ulteriormente aggravato. All’interno del carcere arrivava di tutto ai detenuti, bastava pagare gli agenti di polizia penitenziaria (sei quelli finiti nei guai, due in carcere a Santa Maria Capua Vetere e quattro ai domiciliari) e così la cella diventava - seppur con i limiti del caso - un hotel a cinque stelle. Siamo tra l’agosto e il settembre scorso e la Squadra mobile della polizia, guidata dal vicequestore Marco Calì, sta intercettando un gruppo di marocchini sospettati di un traffico di droga. Un’indagine di routine come tante altre che prende una piega particolare quando gli investigatori (coordinati dal pm Sergio Dini con la supervisione del procuratore aggiunto Matteo Stuccilli) scoprono che uno degli acquirenti è un agente della polizia penitenziaria. Scattano accertamenti e intercettazioni, ed emerge il caso delle "mazzette" in carcere: i secondini portavano dentro di tutto in cambio di soldi dai detenuti e dai loro parenti. Alcuni agenti in servizio alla Casa di reclusione - secondo le contestazioni - erano dediti, in pianta stabile e in concorso con familiari ed ex detenuti, a un sistema illecito finalizzato all’introduzione in carcere di droga (eroina, coca, hashish, metadone), di materiale tecnologico (telefonini, schede sim, chiavette usb, palmari) ai detenuti. Milano: "happy hour" in carcere, a San Vittore proteste della Polizia penitenziaria di Franco Giubilei La Stampa, 24 luglio 2014 I rappresentanti degli agenti criticano una delle attività di recupero della sezione femminile. Il sindacato di Polizia penitenziaria Osapp: "Aperitivi con esterni fino a tarda notte". "Gradisce un San Vittèr?". La freddura gira fra gli agenti di Polizia penitenziaria del carcere di San Vittore, da quando si è sparsa la voce che nella sezione femminile le detenute preparano e servono aperitivi a ospiti esterni, nel quadro del progetto di rieducazione "Libera scuola di cucina". La vicenda è stata resa nota dal sindacato autonomo Osapp, che ha spedito una lettera dai toni irritatissimi ai presidenti Camera e Senato, al ministro della Giustizia e ai responsabili dell’amministrazione, protestando per il fatto che "la sezione detentiva femminile sarebbe teatro di periodici happy hour in cui il servizio di catering e la somministrazione di alcolici (come previsto dalla regole del marketing per quanto riguarda vino e cocktail) agli avventori esterni sarebbero effettuati a cura delle detenute". Eventi che si verificherebbero anche "due volte la settimana per protrarsi fino a tarda notte". Nell’iniziativa sarebbero coinvolte una ventina delle circa 70 ospiti della casa circondariale milanese. Avviato da un paio d’anni, il progetto, realizzato in collaborazione con la cooperativa sociale A&I, prevede, "all’interno di uno dei giardini più antichi e misteriosi di Milano, il giardino della sezione femminile", che si svolgano "a conclusione di alcune lezioni didattiche, momenti "on the job" presentati come aperitivi". Si tengono anche in caso di maltempo, prevedono una capienza massima di 70 persone che devono prenotarsi online, sono cominciati il 21 maggio scorso (ma l’Osapp sostiene che andrebbero avanti da un paio d’anni) e gli appuntamenti organizzati il 18 giugno e il 9 luglio sono stati un successone, chiudendosi con un tutto esaurito. "La libera scuola di cucina dà rilievo all’ingresso della comunità esterna - spiegano i responsabili sul sito, eludendo la logica più tradizionale della visita all’istituto, valorizzando momenti di conoscenza del carcere". Gli eventi didattici cui sono preparate le detenute contemplano simulazioni di buffet, cene, compleanni, feste a tema. Il sindacato di polizia però non crede a quel che vede: "Dal punto di vista amministrativo non c’è niente di irregolare - dice il presidente di Osapp, Leo Beneduci, ma noi siamo esterrefatti: ci chiediamo come si concili un’attività del genere con la rieducazione e il reinserimento lavorativo. Non vedo poi perché i nostri agenti di polizia debbano sorvegliare gente che beve, il tutto a spese dello Stato". Ci sarebbe un problema oggettivo di sicurezza, durante gli aperitivi a San Vittore: gli agenti sono infatti chiamati a rispondere per qualsiasi cosa possa andare storta, e situazioni di questo tipo, considerato che gli ospiti passano solo al controllo di un metaldetector, potrebbero comportare il passaggio di messaggi, o magari sostanze. In pratica, se non succede niente tutto fila liscio, ma se ci sono inconvenienti, poi a risponderne sono gli agenti. Di qui il malcontento e di qui la protesta, cui il Dap per il momento risponde così: non c’è niente di strano nell’organizzazione di eventi all’interno delle carceri, quando tutto avviene "alla luce del sole, come in questo caso, crediamo". Comunque il Dap non appena riceverà la "denuncia" del sindacato chiederà chiarimenti in particolare sulle "modalità" e sulla "frequenza" degli eventi. Milano: Osapp; le detenute a S. Vittore servono alcolici. Il Dap: chiederemo chiarimenti Ansa, 24 luglio 2014 La "sezione detentiva femminile" del carcere milanese di San Vittore "sarebbe il teatro di periodici ‘happy hour’ in cui il servizio di catering e la somministrazione di alcolici agli avventori esterni sarebbero effettuati a cura della locale popolazione detenuta femminile". Lo sostiene l’Osapp (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria) in un comunicato. Dal Dipartimento di amministrazione penitenziaria il vicecapo Luigi Pagano spiega che "non appena riceveremo la nota" del sindacato "chiederemo chiarimenti, come è giusto che sia, e verificheremo". Nel comunicato, che l’Osapp spiega di aver inviato, tra gli altri, anche al ministro della Giustizia e al presidente del Senato, il sindacato chiarisce che "per quanto si è potuto apprendere, del tutto informalmente e per la prima volta, non senza vivo stupore" nella sezione femminile di San Vittore si verificherebbero eventi con "cadenza anche di due volte alla settimana" fino "a tarda notte" con "ospiti esterni" e "previa prenotazione". Sempre secondo l’Osapp, "mentre il Personale del Corpo in servizio permane in tali luoghi per garantire il regolare svolgimento delle feste in questione", alle detenute sarebbero demandati "il servizio di catering" e la "somministrazione di alcolici". L’Osapp chiede "urgenti chiarimenti" anche in relazione ai "costi e guadagni" di "consimili simposi". Il Dap, intanto, chiarisce che non c’è niente di strano nell’organizzazione di eventi all’interno delle carceri, quando tutto avviene "alla luce del sole, come in questo caso, crediamo". Ad ogni modo, il Dap non appena riceverà la denuncia del sindacato chiederà chiarimenti in particolare sulle "modalità" e sulla "frequenza" degli eventi. Genova; carcere di Pontedecimo, trovato coltello a serramanico in cella di pluriomicida www.genovatoday.it, 24 luglio 2014 Durante una normale perquisizione gli agenti penitenziari hanno rinvenuto un coltello a serramanico di 15 centimetri all’interno di una cella di un pluriomicida. Un coltello a serramanico di circa 15 centimetri. Ecco cosa è stato trovato all’interno di una cella (la numero 8 del piano terra) del carcere di Pontedecimo durante una perquisizione. La cella risulta occupata da due detenuti dell’Ecuador, uno di 28 anni condannato all’ergastolo per triplice omicidio (condanna ancora non definitiva) e l’altro, di 29 anni, detenuto per rapina, che uscirà a giugno del 2016. Lo rende noto il sindacato di polizia penitenziaria Osapp. "È sempre più difficile, a causa dei ripetuti errori della politica - lancia l’allarme il segretario generale Leo Beneduci - per l’oramai scarsa aliquota di polizia penitenziaria in servizio negli istituti di pena maggiormente rilevanti come quello di Genova, mettere in atto iniziative di carattere preventivo per tutelare l’incolumità, oltre che del personale, degli stessi Forlì: incontri nella biblioteca del carcere… "la fortuna? avere la possibilità di vivere" www.forlitoday.it, 24 luglio 2014 I detenuti hanno letto alcune pagine del libro e si sono confrontati con lei su come affrontare il dolore e le prove che la vita ci riserva. Dopo l’incontro di giugno con l’attrice Lella Costa, è proseguito martedì il progetto "Incontri in biblioteca" nel carcere di Forlì, promosso dal Lions Club Forlì Cesena Terre di Romagna e Linea Rosa di Ravenna. Si tratta di un’iniziativa volta ad ampliare gli orizzonti di riflessione delle persone detenute e, nel contempo, ad accrescere l’interesse del territorio sul carcere. All’interno della biblioteca carceraria, è stato presentato da Federica Lisi, vedova del pallavolista Vigor Bovolenta, il libro autobiografico "Noi non ci lasceremo mai", scritto a quattro mani con Anna Cherubini per i Tipi di Mondadori. L’incontro tra Federica e i detenuti e le detenute è stato di toccante umanità: ha raccontato con empatia il dramma che l’ha colpita (la morte improvvisa del marito sul campo di gioco il 24 marzo del 2012) e la necessità di mettere su carta le sue sensazioni, i suoi ricordi, il suo amore per il marito, anche per tenere in vita tutto ciò che ha creato con il padre dei suoi 5 figli. I detenuti hanno letto alcune pagine del libro e si sono confrontati con lei su come affrontare il dolore e le prove che la vita ci riserva. È stata molto significativa un’affermazione di Federica: "a me, non m’ammazza più nessuno"; ovvero, usare la sofferenza come spinta propulsiva e positiva per affrontare la vita e le difficoltà. L’incontro, al quale ha partecipato anche la Direttrice della struttura e alcune guardie carcerarie, si è concluso con una riflessione: "uno cade, si rialza, ma ti rialzi veramente se tendi la mano e ti fai aiutare. La fortuna è avere la possibilità di vivere". Il prossimo appuntamento sarà con il giornalista Luca Pagliari, 1 settembre, con il libro "Kristel. Una storia di tutti". Busto Arsizio: "vocelibera.net", il magazine dei detenuti per chi è fuori dal carcere www.varesenews.it, 24 luglio 2014 Quella di VoceLibera.net è a tutti gli effetti una redazione. Ci sono i computer, ci sono i giornalisti, si fanno le riunioni e si scrivono i pezzi. L’unica grande differenza rispetto ad un giornale normale è il luogo in cui si trova questa realtà: il carcere di Busto Arsizio. "L’idea del primo web magazine gestito interamente da detenuti è venuta a mio fratello durante il mese che ha passato in questa struttura", spiega Federico Corona, fratello del più celebre Fabrizio, che oggi sta portando avanti questo progetto. Voce Libera vuole infatti "portare fuori dal carcere quello che succede al suo interno attraverso le parole di chi qui dentro ci vive -continua Corona- ma riuscire a farlo non è stato affatto semplice". Per mesi Atena srl, Fenice press and solution, 3B cooperativa sociale e Sol.Co. hanno lavorato per permettere al progetto di decollare "perchè, dettaglio non da poco, i detenuti non possono navigare su internet", spiega uno dei responsabili del progetto, Christian Contessa. E così "la redazione lavora off line, prepara i suoi articoli e poi noi li pubblichiamo una volta usciti dal carcere" ma contemporaneamente "tutte le settimane noi portiamo loro documenti e approfondimenti su ciò che vogliono approfondire nel corso di quella settimana oltre a tutte le interazioni con i lettori sul sito e sui social". Un lavoro non certo facile ma che permette di "superare quel gap tecnologico che si vive all’interno della strutture di pena". E loro, la redazione di VoceLibera.net, sono una fucina di idee e commenti. Si incontrano tutte le mattine, discutono, parlano, approfondiscono e soprattutto scrivono. "Io ho sempre scritto molto -racconta Alex- ma con questa opportunità riesco a rimanere in contatto con l’esterno raccontando come si vive qui dentro". Lui, infatti, ha aperto una rubrica nella quale descrive ogni aspetto del carcere, dalla cella fino all’ora d’aria, mentre c’è chi ha portato nella redazione l’esperienza accumulata nei giornalini di altri istituti di pena. Come Carlo che però, con VoceLibera, "è come se respirassi aria fresca perchè non scriviamo più solo per noi ma inviamo i nostri messaggi a tutti" o come Lello che racconta come "mentre sono al lavoro mi dimentico di essere in un carcere". Ma questo progetto ha dato molte opportunità anche a chi nella sua vita ha commesso tanti errori. "Quando sono entrato qui dentro non sapevo una parola di italiano mentre oggi mi sono diplomato e sto imparando a fare questo mestiere", spiega Giovanni, rumeno, che ora usa anche il congiuntivo. L’esperienza unica di questo magazine, nato e cresciuto con finanziamenti privati, "è stata utile anche a noi - commenta Orazio Sorrentini, direttore del Carcere - perchè ci ha fornito un’occasione di ascolto e confronto con i nostri detenuti". A settembre, quando riprenderanno le attività della redazione, ci sono molte novità in cantiere: "prima tra tutte una edizione cartacea - spiega Federico Corona per permettere anche ai detenuti di leggere i lavori prodotti da VoceLibera.net". Volterra (Pi): con la Compagnia della Fortezza un magnifico calvario per il Santo Genet di Gabriele Rizza Il Tirreno, 24 luglio 2014 Sulle magliette dello staff campeggia "siamo realisti chiediamo l’impossibile", indimenticato slogan, grido di battaglia, del Maggio 68. Da cogliere al volo. Armando Punzo lo realizza da 25 anni. E l’impossibile diventa una concreta realtà, una magnifica visione: uno spettacolo teatrale. Che è un modo riduttivo, ma chiaro, per dire quello che accade dentro il carcere di Volterra. Persone che recitano, scene, luci, musiche, costumi, il pubblico che applaude anche a scena aperta, insomma un allestimento in piena regola. Solo che vive al chiuso, in una sorta di parentesi creativa, una terra sconsacrata. Impenetrabile. Una situazione, un mix di atmosfere che torna uguale eppure sempre diversa ad ogni appuntamento fra queste mura. E che non smette di incantare. Ma che ogni anno di questi tempi, sboccia con inaudito fragore, assordante profumo. Disturbante e imprevedibile, guidata da un Punzo che non smette di sorprenderci, nocchiero e guru, la Compagnia della Fortezza, formata da attori detenuti, mette a segno un altro punto della sua già ardimentosa avventura: fra i più memorabili. E apre alla grande, come meglio non potrebbe, l’edizione 2014 di Volterra Teatro, festival crocevia giunto alla 28esima edizione che proprio sul basamento della fortezza medicea ha costruita la sua storia e la sua fortuna. Il sole picchia (l’altro ieri era solo piaggia e temporale) ma refoli di vento addolciscono l’aria. Temperatura ideale per i molti d’ogni aprte convenuti, per vivere il secondo capitolo di "Santo Genet", itinerario che allarga e magnifica gli orizzonti dello scorso anno, sempre allertati sulla figura scandalosa, diverso fra i diversi, dello scrittore e drammaturgo (già pilotato da Punzo nel cuore estremo dei "Negri"), inevitabile "guida spirituale" e obbligato punto di riferimento. Accolti dallo stesso Armando, dopo un’infilata di marinai usciti dal "Querelle" fassbinderiano, comitato d’accoglienza in pantaloni bianchi, berretto, maglia a righe bianco blu e pose mistico classicheggianti, sfociamo in uno spazio di un bianco accecante, allucinato, un mausoleo, una distesa di tombe, lapidi e colonne, fra il cimitero monumentale di Staglieno e l’ossario fascisteggiante ai caduti della Grande Guerra, un corteo d’anime e un pianoforte da Serata Satie. "La scena è un luogo prossimo alla morte dove ogni libertà è possibile" echeggia Punzo al microfono. Nel corridoio, all’interno, una quadreria di specchi, la via crucis è un via vai affollato e impudico, dove tutto si mescola, le parole, i personaggi, le profezie di Genet, le celle tante stazioni, un calvario dove riaffiorano le stesse "icone" dello scorso anno. Prima che tutto si rianimi al ritmo di un valzer triste (le musiche sono di Andrea Salvadori), le porte si aprano e il rito si compia, di nuovo fuori, ognuno col suo doppio (memoria kantorina) a infrangere l’aria come tante polene. Come tutto questo possa finire su un palcoscenico tradizionale non sappiamo. La prova sarà al Verdi di Pisa dove "Santo Genet" apre a novembre la nuova stagione. Mercuzio c’era riuscito. Si replica fino al 25. Livorno: da Alcatraz a Pianosa… vacanze in carcere? sorprendente reportage della Cnn www.nove.firenze.it, 24 luglio 2014 "Per secoli l’Italia ha ospitato i suoi detenuti e nemici politici su alcune delle miriadi di piccole isole che punteggiano le suo magnifiche coste. Anche se un tempo imprigionavano alcuni fra i criminali più ricercati del paese, queste isole sono ora fra le più ricercate destinazioni di vacanza". Non è la trama di un nuovo reality televisivo e neanche un ironico commento sulle condizione delle nostre carceri, ma l’incipit di un sorprendente reportage del più autorevole network americano, la Cnn. Firmato da Silvia Marchetti, lo speciale va decisamente contro corrente consigliando agli americani un’estate fuori dal comune. Dalla Toscana alla Sicilia, passando per Lazio e Sardegna, ce n’è per tutti i gusti ma con un comune denominatore: "grazie alla loro posizione e al fatto che i loro ospiti erano un deterrente per i turisti, queste ex-carceri sono in gran parte incontaminate. I turisti sono pochi, le spiagge, la flora e la fauna abbondanti." In questo contesto, è la Toscana a fare la parte del leone con quattro gioielli come Montecristo, Capraia, Pianosa e Gorgona, ultima isola carcere rimasta attiva in Italia. Ricoperta dalla tipica vegetazione Mediterranea - prosegue la Marchetti - ha la caratteristica che i detenuti lavorano nei vigneti e producono vino per la famosa cantina dei Frescobaldi, ma anche formaggio, biscotti a pasta. Antiche torri e fortezze offrono una vista spettacolare. L’isola fa parte del santuario dei cetacei è quindi perfetta per vedere balene e delfini. Da poco aperta ad un turismo selezionato e limitato con particolari procedure e tempistiche burocratiche". Proseguendo in questo viaggio, si incontra "L’isola che ha ispirato il romanzo di Alexander Dumas "Il conte di Monte Cristo": un gioiello dell’arcipelago toscano che divenne una colonia penale nel 19esimo secolo per poi diventare riserva di caccia per i reali italiani. Selvaggia e incontaminata a tal punto da essere designata come bio-riserva dall’Ue". Le carceri di Pianosa e Capraia sono state chiuse tra il 1986 e il 1988 ma sono ancora vive nell’immaginario collettivo: "la prima, che ospitò alcuni fra i più pericolosi mafiosi italiani, è nota come "l’isola del Diavolo" e può essere visitata in bicicletta, a piedi o a cavallo. La seconda accoglie ancora una serie di spettrali costruzioni che sono diventate attrazioni. L’isola è un parco marino protetto che la rende una delle principali destinazioni per i sub". Toscana ma non solo. Le isole laziali si rivelarono particolarmente adatte all’esilio. Santo Stefano - spiega la Cnn - è una roccia nera che spunta dalle acque del mare e sormontata da una prigione costruita dai Borboni di Spagna nel 1700. Migliaia di nemici della corona e in seguito di anti-fascisti sono morti qui. Uno dei padri fondatori e presidente italiano, il socialista Sandro Pertini, venne esiliato qui da Benito Mussolini". Sempre il Duce utilizzò Ventotene, "una colonia penale fin dai tempi dei romani, per imprigionare molti dei suoi oppositori, fra i quali Altiero Spinelli, considerate uno dei padri dell’UE. Le antiche prigioni sono diventate oggi case vacanza." Ironia della sorte, lo stesso Mussolini sarà tenuto prigioniero per alcune settimane proprio su un’isola, Ponza, "una delle più belle isole del Mediterraneo che è oggi una destinazione d’elite dove i vacanzieri romani si mischiano con VIP e calciatori". Se si parla di isole, non possono certo mancare Sicilia e Sardegna. "Conosciuta come la Perla Nera del Mediterraneo, Pantelleria è un’ isola vulcanica dove si respirano i profumi e i sapori della Tunisia e che è stato un centro strategico per commerciati Fenici e Romani e venne poi occupata dagli spagnoli che stabilirono qui una colonia penale. Tra le attrazioni i dammusi, le antiche abitazioni a forma di cono ma anche geysers, fonti calde e l’arco dell’Elefante, una roccia che si tuffa nel mare cristallino. Per gli amanti del vino l’isola produce il Passito un vino dal colore ambrato noto come l’oro di Pantelleria." Completamente opposta è Favignana, "dove vennero mandati migliaia di prigionieri libici e che è quasi totalmente spoglia, con le sue profonde caverne di roccia calcarea." In chiusura di questa sorta di tour, l’isola dell’ Asinara, in Sardegna "che da colonia penale si è trasformata in un parco protetto abitato da più di 650 specie animali". Insomma, da luoghi da cui non si poteva fuggire a paradisi da cui non si vorrebbe più scappare? India: 135 cittadini detenuti in Italia, su 6mila in totale in carcere all’estero Ansa, 24 luglio 2014 In Italia ci sono 135 cittadini indiani in carcere su un totale di circa 6 mila detenuti all’estero. Lo ha riferito oggi al Parlamento il viceministro degli Esteri V.K. Singh. Da un comunicato stampa diffuso sulla situazione degli indiani nelle carcere stranieri, emerge che l’Arabia Saudita ha il primato con 1.400 detenuti seguita da Emirati (985) e Pakistan (468). Dopo il regno Unito (430), l’Italia è il Paese che ha più detenuti indiani in Europa. "Le missioni indiane all’estero - si legge nella nota - hanno chiesto ai rispettivi Paesi il rilascio dei prigionieri, la richiesta di grazia o il rimpatrio dove esiste un trattato bilaterale che permetta di scontare le pene definitive in patria". Negli ultimi tre anni, 34 detenuti sono morti dietro le sbarre all’estero, ma nessuno di questi in Italia. Stati Uniti: pena di morte, in Arizona un detenuto muore dopo 2 ore di sofferenze www.rainews.it, 24 luglio 2014 Il 55enne Joseph Rudolph Wood, condannato per un duplice omicidio commesso nel 1989, è stato dichiarato morto alle 15.49 ora locale dopo un’iniezione letale effettuatagli alle 13.52. Di solito un’esecuzione dura circa 10 minuti. Scoppia la polemica per il cocktail di farmaci utilizzati e sulle inutili sofferenze. Una morte lunga, un’agonia disumana. Alla fine Joseph Rudolph Wood è morto alle 15.49 locali, nel carcere di Florence, in Arizona. L’iniezione letale gli era stata effettuata due ore prima alle 13.49 quando in genere un’esecuzione di questo tipo dura circa 10 minuti. L’uomo, 55 anni, era nel braccio della morte da più di 20 anni, condannato alla pena di morte per un duplice omicidio commesso nel 1989. Una storia, quella di Wood, destinata sicuramente a sollevare un vespaio di polemiche. Perchè proprio pochi giorni fa, il 21 luglio, i suoi avvocati avevano chiesto alla corte d’appello di San Francisco di bloccare l’esecuzione e informare il proprio cliente sul cocktail di farmaci che gli sarebbero stati somministrati. Niente da fare. È stato un calvario. Un calvario senza precedenti nella storia delle esecuzioni negli Stati Uniti. I legali di Wood hanno presentato inutilmente un appello d’emergenza durante l’agonia. È il terzo caso in pochi mesi di un’esecuzione andata male e negli Stati Uniti se ne discute da settimane. La governatrice dell’Arizona Jan Brewer ha ordinato un’inchiesta. Lo Stato dell’Arizona aveva reso noto soltanto che a Woods sarebbero stati somministrati nelle vene sostanze approvate dalla Food and Drug Administration, ma non ha fatto il nome del produttore, per non fare cattiva pubblicità. Ma ora saranno obbligati da un tribunale a fornire tutti i dettagli. Ad aprile c’era stato un precedente. Clayton Lockett, in Oklahoma, era morto dopo 43 minuti di sofferenze. A gennaio, in Ohio, Dennis McGuire aveva rantolato e ansimato per 26 minuti. Ultimamente negli Stati Uniti molte aziende si sono rifiutate di vendere farmaci per le esecuzioni capitali e così vengono sperimentate nuove miscele di morte con i terribili risultati che sono davanti agli occhi di tutti. Romania: ex premier Nastase verso scarcerazione anticipata, è condannato per corruzione Ansa, 24 luglio 2014 L’ex premier romeno Adrian Nastase, in carcere con l’accusa di corruzione e finanziamento illecito del suo partito durante la campagna elettorale contro l’attuale presidente Traian Basescu, potrebbe essere scarcerato in anticipo. Un tribunale di Bucarest ha approvato infatti una richiesta di rilascio anticipato. La sentenza non è definitiva e potrà essere contestata in appello dalla procura anticorruzione. Nastase, secondo quanto riportato dall’agenzia Mediafax, resterà per ora in carcere fino alla decisione definitiva che verrà presa dopo l’eventuale ricorso. Nastase (64 anni), a capo del governo socialdemocratico fra il 2000 e il 2004, ha scontato un terzo della pena (era stato condannato a quattro anni e sei mesi), e secondo la legge romena può beneficiare della scarcerazione anticipata. India: Pastorale nelle carceri, la Chiesa si ispira a San M. Kolbe Radio Vaticana, 24 luglio 2014 La Chiesa indiana rafforza il suo impegno nella Pastorale carceraria. Da un lato denunciando il sovraffollamento, annoso problema nelle carceri indiane. D’altro canto scegliendo come figura ispiratrice san Massimiliano Kolbe, frate minore conventuale ucciso in un lager nazista ad Auschwitz. Papa Giovanni Paolo II ha canonizzato padre Kolbe come "martire della carità", proclamandolo "patrono" dei prigionieri. Il sovraffollamento nelle carceri in India si aggrava: secondo gli ultimi dati disponibili, alla fine nel 2012 il numero totale dei detenuti nel Paese era di oltre 385mila, su una capacità totale di circa 340mila posti. Alcune strutture ospitano il doppio dei detenuti. Per ridurre il sovraffollamento, il governo indiano ha lanciato, nello scorso decennio, un piano di modernizzazione e ampliamento delle prigioni, costruendo 125 nuove carceri, 1.579 caserme supplementari e 8.658 alloggi per il personale carcerario. Ma, per la Chiesa, la soluzione non è costruire nuove strutture: come afferma una nota inviata all’agenzia Fides, la via giusta è la prevenzione del crimine, l’educazione pubblica alla legalità e all’etica. E, poi, è avviare percorsi di rieducazione che possano far diventare il soggiorno in un istituto di pena utile per la persona e per la società, non solo un provvedimento punitivo. La figura di padre Kolbe, infine, può essere un riferimento e un’esperienza concreta per annunciare la Buona Novella a chi vive la sofferenza della prigionia. Il braccio esecutivo della Chiesa indiana per farsi "prossima" ai detenuti è l’associazione di apostolato "Prison Ministry India" (Pmi), avviata 28 anni fa in Kerala, approvata dalla Conferenza episcopale dell’India come una delle sue attività, e oggi rientrante sotto l’egida della Commissione "Giustizia e pace". I membri della Pmi visitano di continuo le carceri e tengono incontri di dialogo e preghiera con i detenuti, gestendo anche Centri di riabilitazione per ex detenuti. L’approccio è quello di visitare le carceri, incoraggiando i detenuti a riguadagnare la pace del cuore, stabilendo contatti con le famiglie dei detenuti e fornendo opportunità per la riabilitazione dopo il rilascio. A quest’opera collaborano le "Missionarie della Carità" che hanno aperto una casa, chiamata "Shanti Dhan" ("Dono della pace") per uomini e donne provenienti da esperienza in carcere. Oggi la Pmi ha 850 basi sul territorio indiano, 30 centri di riabilitazione e 6.000 volontari in tutta l’India. Organizza continui programmi di sensibilizzazione in parrocchie, università, scuole e altri istituti. Svizzera: basta stranieri nelle carceri, il Governo vuole che scontino la pena nei loro Paesi www.cdt.ch, 24 luglio 2014 Il Consiglio di Stato ginevrino vuole che i detenuti stranieri scontino la pena nei loro Paesi d’origine, una misura che permetterebbe di lottare contro il sovraffollamento carcerario. La richiesta del governo cantonale è stata inviata al Dipartimento federale di giustizia e polizia. La popolazione carceraria in Svizzera è originaria in modo maggioritario da Paesi terzi, rileva il governo ginevrino. Con alcuni Stati esiste un parziale quadro giuridico. Le convenzioni con il Marocco e la Romania devono essere esaminate ed emendate in via prioritaria. Per il governo ginevrino la riflessione su questo tema potrebbe giovare all’insieme dei cantoni. Cina: blogger condannato a sei anni di prigione per "diffusioni di notizie false" Ansa, 24 luglio 2014 Un blogger cinese è stato condannato a sei anni e mezzo di prigione per "diffusioni di notizie false". Dong Rubin, uomo d’affari il cui blog ha 50.000 follower, da anni conduce una battaglia con le autorità della provincia in cui abita (Yunnan, nel sud est) su temi come l’inquinamento o le violenze perpetrate dalla polizia. Oggi un tribunale lo ha giudicato colpevole di "attività illegali" e di "aver inventato e diffuso su internet notizie false a scopo di lucro", secondo quanto riportato dall’agenzia ufficiale Nuova Cina. Nel 2009 Dong Rubin aveva denunciato la morte di Li Qiaoming, un uomo di 24 anni deceduto per le ferite cerebrali riportate in carcere. La polizia aveva spiegato la morte dell’uomo come una conseguenza di una lite tra detenuti ma, pressate dall’opinione pubblica, le autorità avevano aperto un’inchiesta. L’anno scorso, invece, il blogger aveva protestato contro l’apertura di un’industria petrolchimica a Kunming, capitale dello Yunnan, trascinando in piazza quasi 1.000 persone per protestare contro il progetto. Arabia Saudita: scambio insulti su whatsapp, due cugine condannate a carcere e frustate Aki, 24 luglio 2014 Uno scambio di "insulti" via Sms e su WhatsApp è costato caro a due donne saudite. Un tribunale di Gedda, si legge sul giornale Okaz, ha condannato due cugine a dieci giorni di carcere e 20 frustate per essersi insultate a vicenda. Ad aprire il caso è stata la denuncia di una delle due donne che ha puntato il dito contro la cugina, accusandola di averle inviato messaggi contenenti insulti e offese alla sua reputazione. Le due sarebbero state invitate alla "riconciliazione" dal giudice, ma non avrebbero mostrato alcuna volontà di riappacificarsi, e - si legge - sono state quindi condannate. Le due cugine potranno presentare ricorso contro la sentenza.