Giustizia: tortura low cost, 8 euro per ogni giorno di "trattamento inumano e degradante" di Gabriele Della Morte (Ricercatore Università Cattolica di Milano) www.huffingtonpost.it, 23 luglio 2014 "Forfettariamente fissata in euro 8". È tutta qui la miseria - in ogni senso - del tema. La cifra è stata sancita dal decreto legge n. 92, adottato il 26 giugno 2014 e in discussione alla Camera dei deputati per la conversione in legge. Otto euro è la somma che il magistrato può liquidare al detenuto per ogni giorno in cui quest’ultimo si sia sciaguratamente trovato in una situazione di "tortura" oppure di "trattamento inumano o degradante" ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. La disposizione rappresenta "l’ultimo epilogo" di una delicata questione nata più di due anni fa, quando la Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per il penoso stato in cui si trovano le proprie carceri (si tratta del caso Torreggiani). Riassumendo, l’8 gennaio 2012 i giudici europei avevano condannato il nostro Paese a un risarcimento complessivo di 99.600 euro in favore di sette detenuti che avevano denunciato lo stato di sovraffollamento carcerario. La pronuncia ha avuto un grande impatto non solo perché concernente la violazione del divieto di tortura (un diritto inderogabile), ma anche perché ha determinato l’avvio di una procedura speciale, cd. "pilota", attraverso la quale si congelano i casi analoghi (al 21 maggio 2014: 6829 ricorsi), offrendo in tal modo allo Stato interessato l’opportunità di evitare ulteriori sanzioni. Il termine entro il quale l’Italia era chiamata ad attuare le riforme idonee a contrastare la questione del sovraffollamento carcerario era il 28 maggio 2014. Se entro tale data non fossero state affrontate e, almeno in parte, risolte le ragioni strutturali del problema si sarebbe provveduto a riattivare tutti i ricorsi sospesi, con inevitabili condanne seriali. È alla luce dello sforzo compiuto per evitare un simile scenario che deve essere interpretato il decreto legge del 26 giugno 2014. Ma che la situazione fosse tra le più urgenti lo si era già compreso lo scorso 8 novembre 2013, quando il Presidente Napolitano aveva fatto per la prima volta ricorso al potere di messaggio alle Camere per sottolineare la "drammatica" questione carceraria. A tal riguardo, alcuni hanno interpretato l’intervento del Presidente della Repubblica come un’implicita apertura a forme di clemenza quali l’indulto oppure l’amnistia (istituti già in passato utilizzati per ragioni deflattive... con risultati incisivi sull’immediato, ma evanescenti sul medio-lungo termine). Tuttavia, dal momento che gli attuali equilibri di potere non avrebbero permesso l’ampia maggioranza di due/terzi dei componenti di ciascuna Camera necessaria all’adozione di tali provvedimenti (ai sensi dell’art. 79 della Costituzione italiana), il processo di progressiva diminuzione del numero dei detenuti si è orientato lungo altre direttrici (ricapitolate in due Action Plan presentati, rispettivamente, dal Governo Letta il 19 dicembre 2013 e dal Governo Renzi il 4 aprile 2014). Sinteticamente, tra gli elementi più significativi che si evincono da tali piani d’azione, si segnalano il decreto cd. svuota-carceri, deliberato dal Governo Letta il 23 dicembre 2013, e la sentenza n. 32 del 12 febbraio 2014 della Corte Costituzionale. Con il primo sono state introdotte diverse riforme volte ad alleggerire la popolazione carceraria (ad esempio ampliando il ricorso alla liberazione anticipata). E con il secondo è stata dichiarata l’illegittimità del testo unico in materia di stupefacenti - cd. legge Fini-Giovanardi - che aveva accresciuto notevolmente il numero dei detenuti, e in particolare di quelli tossicodipendenti. Sono queste le principali iniziative politiche che hanno inciso sul numero complessivo dei detenuti (portandolo sotto la soglia delle 60.000 unità). Al termine di una riunione svoltasi il 5 giugno 2014, il Comitato dei Ministri, organo decisionale del Consiglio d’Europa, ha deciso di non perseguire nell’azione di condanna dell’Italia, rinviando "al più tardi al mese di giugno 2015" il momento in cui sarà nuovamente valutata la situazione carceraria in Italia. Parte di questo risultato è dovuto anche all’impegno - prontamente osservato - di provvedere ad un decreto legge che contempli un ricorso risarcitorio a favore di quanti si trovino, o si siano trovati, in una situazione di detenzione qualificata nei termini di "tortura o trattamento inumano o degradante" secondo gli standard internazionali (sintetizzando: nel caso in cui un detenuto disponga di meno di tre metri quadri). Come spiegato dettagliatamente nella relazione che accompagna il disegno di legge presentato alla Camera dei deputati il 27 giugno 2014, il rimedio approntato prevede: uno sconto di pena del 10% per quanti si trovino ancora in uno stato di detenzione; o un "risarcimento per equivalente", forfettariamente fissato in 8 euro per giorno di sovraffollamento, per i casi in cui il detenuto abbia già subito il danno (o ancora nelle ipotesi in cui la situazione di sovraffollamento sia perdurata per meno di 15 giorni o il periodo residuo di pena non permetta la riduzione di un giorno in meno ogni dieci). In chiusura ci siano consentite tre osservazioni rispettivamente, sul metodo, sulla comunicazione e sul contenuto delle questioni affrontate. Sul metodo. È vero che gli studi presentati dalle autorità italiane mostrano delle statistiche incoraggianti: se all’epoca della sentenza Torreggiani, gennaio 2013, la popolazione carceraria era giunta al 148% della capienza disponibile, nel marzo del 2014 questa cifra è scesa al 124%. Ma è altrettanto vero che tra i numeri si celano, comme d’habitude, alcune insidie. Un esempio per tutti: stando ad alcune dichiarazioni, al 27 maggio 2014 non ci sarebbero più detenuti confinati in uno spazio vitale inferiore ai tre metri quadri, ma ben 18.687 di essi sarebbero co-stretti tra i tre e i quattro metri quadri. Soffermandosi a ragionarci sopra... significa che quasi il 30% della popolazione carceraria italiano si trova in uno spazio proprio al limite (questione di centimetri) dalla violazione. Sulla comunicazione. Lungi dal significare che abbiamo passato l’esame, come non pochi quotidiani e in generale i media hanno commentato l’indomani della condanna mancata... occorre sottolineare che se è vero che attraverso le riforme attuate si sono evitate le conseguenze più dure, è altrettanto vero che l’efficacia delle medesime sarà oggetto di una nuova valutazione da parte degli organi internazionali nel corso del mese di giugno 2015. Al netto di ogni trionfalismo, più che un esame superato, si tratta di un esame rimandato. Sul contenuto. Compreso come il giudizio emesso in ambito europeo non possa essere considerato una cambiale in bianco, due annotazioni finali sulla riduzione del 10% di pena e sul risarcimento di 8 euro. Quanto alla prima misura, all’osservatore più smaliziato non sfuggirà che ridurre la pena di un giorno ogni dieci... oltre a rappresentare un rimedio a favore del detenuto, presenta indiscutibili benefici anche per lo Stato italiano (nella misura in cui contribuisce ad incrementare l’effetto deflattivo). Quanto, infine, agli otto euro, lo scopo è quello di traslocare i quasi settemila ricorsi pendenti da Strasburgo, sede della Corte europea dei diritti dell’uomo, in Italia (giacché una condanna inflitta da un giudice internazionale ha un impatto ben diverso di quella emessa da un giudice interno). Gli 8 euro rappresentano il costo di questo grande beneficio politico. Ed è un prezzo decisamente low cost. Giustizia: decreto detenuti; da 2017 emergenza finita, 8 euro risarcimento non serviranno Public Policy, 23 luglio 2014 La commissione Bilancio della Camera ha espresso parere favorevole al decreto Detenuti, ora all’esame dell’Aula. Se l’unica condizione posta dalla V commissione di Montecitorio mira a specificare meglio a quali articoli sono riferiti gli oneri previsti, nelle premesse è possibile leggere che "l’assenza di oneri per gli anni successivi al 2016 è fondata sul presupposto che il problema del sovraffollamento dovrebbe ragionevolmente trovare soluzione entro tale anno, considerato il trend di costante diminuzione rilevato nell’ultimo anno dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria". Nel provvedimento infatti le uniche spese previste sono quelle relative al risarcimento di 8 euro per ogni giorno di detenzione in condizioni "disumane o degradanti", nel caso in cui il periodo di pregiudizio sia inferiore ai 15 giorni o la pena rimanente da scontare non sia sufficientemente lunga da poter essere applicato lo sconto di pena previsto. Nelle motivazioni della Bilancio si legge anche che "la misura è stata concordata con la stessa Cedu (la Convenzione europea dei diritti dell’uomo; Ndr) nel corso di un recente incontro con le autorità italiane", ma che la stima degli oneri necessari "riveste carattere di prudenzialità, sulla scorta dei dati in possesso del ministero della Giustizia, che non consentono una rappresentazione più analitica del presumibile impatto finanziario recato dal provvedimento, posto che gli elementi da prendere in considerazione sono assolutamente variabili quali, ad esempio, l’indice di sovraffollamento riscontrato negli ultimi anni, le ulteriori condizioni carcerarie, i residui di pena eventualmente da conteggiare, l’esito dell’accertamento delle violazioni della Cedu che non potrà che essere valutato caso per caso dal magistrato di sorveglianza o dal giudice ordinario". Gli oneri previsti per il risarcimento sono 5 milioni nel 2014, 10 milioni nel 2015 e 5,3 milioni nel 2016. Pagano (Ncd): necessarie misure alternative per tossicodipendenti "È necessario trovare soluzioni rapide per l’utilizzo di misure alternative al carcere per i soggetti tossicodipendenti. Al riguardo ho presentato una interrogazione al ministro Orlando, che discuteremo domani in aula durante il question time, per sapere quali provvedimenti intende adottare il governo". È quanto dichiara il deputato Ncd Alessandro Pagano. "Il carcere infatti - sottolinea - non puo’ essere considerato un luogo di cura per tossicodipendenti e alcoldipendenti. Per questo credo si debba pensare a misure alternative. Mi riferisco, ad esempio, all’applicazione degli arresti domiciliari già nel corso del processo per direttissima, o ai soggetti tossicodipendenti già sottoposti a misura cautelare in carcere. Infine - conclude Pagano - da valutare l’opportunità che, anche dopo la condanna definitiva, il magistrato di sorveglianza faccia ricorso all’affidamento provvisorio". M5S: Napolitano commenta riforme? commenti nostro piano carceri "Ci auguriamo che il presidente della Repubblica, visto che commenta le riforme costituzionali, possa commentare anche il nostro piano carceri". A dirlo è stato il deputato del Movimento 5 stelle Alessandro Di Battista intervenendo in Aula della Camera nel dibattito sugli emendamenti al decreto Cultura. Di Battista ha fatto quindi riferimento alle parole di Giorgio Napolitano sul ddl riforme e al piano carceri che nell’ottobre scorso il Movimento 5 stelle presentò al Capo dello Stato. Lega: è il quinto decreto svuota carceri La Lega sfodera l’arma dell’ostruzionismo contro il dl Detenuti, ora al vaglio dell’Aula della Camera. Lo ha annunciato il gruppo in un comunicato. "Questo è il quinto decreto svuota carceri", ha denunciato il capogruppo in commissione Giustizia e relatore di minoranza Nicola Molteni. Per Molteni, che si è riferito ai meccanismi risarcitori previsti dal testo, il decreto "è un incentivo a delinquere, che premia i carnefici e umilia le vittime. Un autentico bonus criminalità, un provvedimento immorale e indecente, una becera campagna sconti per abbassare l’asticella della legalità". Giustizia: intervento del ministro Orlando a Commissione LIBE del Parlamento Europeo www.giustizia.it, 23 luglio 2014 Presentazione del programma della Presidenza italiana del Consiglio UE nel settore Giustizia (parte penale e protezione dati) alla Commissione per le Libertà Civili la Giustizia e gli Affari Interni (LIBE) del Parlamento Europeo. Signor Presidente, Onorevoli membri della Commissione, rivolgo anzitutto a ciascuno di voi il mio più cordiale saluto e l’augurio - sincero, non formale - di buon lavoro a questa Commissione che si è costituita nei giorni scorsi, nell’ambito di una legislatura chiamata a cambiare il verso delle politiche europee in aderenza agli interessi e alle aspettative dei nostri cittadini. Anche la Presidenza italiana ha avviato da poco il suo cammino: desidero quindi assicurarvi il mio personale impegno a sviluppare una fruttuosa collaborazione tra il Consiglio GAI e questa Commissione, per i temi di mia competenza, nel Semestre che abbiamo davanti. L’obiettivo di rafforzare lo spazio europeo di giustizia, nel rispetto dei diritti fondamentali e tenendo conto delle diversità fra gli ordinamenti e le tradizioni giuridiche degli Stati membri, è al centro della nostra attenzione. Vogliamo declinare questo impegno in tutti gli ambiti della nostra azione: dalla cooperazione civile a quella penale, allo sviluppo della giustizia elettronica, all’ambito - assolutamente cruciale - della formazione giudiziaria, essenziale per l’instaurazione di quella fiducia reciproca fra gli ordinamenti e gli operatori del sistema giudiziario che costituisce un ingrediente essenziale del successo delle nostre politiche. La Presidenza italiana, prendendo spunto dalla recente adozione da parte del Consiglio Europeo delle Linee Guida strategiche per l’area di Libertà Sicurezza e Giustizia, ha colto l’occasione della riunione informale di Milano - e ringrazio il Presidente Moraes per la sua partecipazione all’evento - per incoraggiare il Consiglio a valutare tempestivamente la messa in opera di tali Linee Guida, sia sul piano legislativo che operativo, in attesa di esaminare specifiche iniziative della Commissione europea in tale contesto. Sotto questo profilo, abbiamo prospettato la considerazione di tre temi, fra loro collegati: le garanzie procedurali, con l’esigenza - affermata dal Trattato di Lisbona - di rafforzare i diritti degli accusati e delle vittime, bilanciando il tradizionale approccio di Tampere volto a creare strumenti maggiormente orientati a potenziare l’efficacia delle indagini e dei processi; la persistente validità del principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie di cui, anzi, la Presidenza preconizza l’ulteriore espansione a partire dalle decisioni di confisca nel quadro del contrasto alle infiltrazioni criminali nell’economia legale; infine, il lancio di programmi e strutture di formazione adeguate che consentano ai giudici nazionali ed agli altri operatori del settore di gestire strumenti giuridici sempre più sofisticati e complessi. Ho constatato come moltissimi Stati membri riconoscano la forte connessione intercorrente fra i tre ambiti proposti: i progressi nel mutuo riconoscimento e nella tutela dei diritti, basati sugli strumenti già all’esame del Consiglio, devono accompagnarsi a contestuali miglioramenti nel settore della formazione, in modo da promuovere la fiducia reciproca fra gli ordinamenti e gli operatori della giustizia. Quanto alla Commissione, ho già fissato un incontro nei prossimi giorni con il Commissario Reicherts - che proprio oggi assume le sue funzioni - per impostare la nostra collaborazione anche in vista delle prossime iniziative che ella potrà assumere. E vengo ora ad esporvi i principali obiettivi del programma della nostra Presidenza, negli ambiti di interesse per questa Commissione, in attesa di procedere a qualche approfondimento sulla base delle vostre domande. Anzitutto, al fine di attuare più efficacemente gli strumenti esistenti di cooperazione giudiziaria, come indicato dal Consiglio Europeo, intendiamo mantenere uno stretto legame tra le politiche di giustizia e affari interni e i temi della crescita economica e della stabilità, anche al fine di prevenire e ridurre i rischi connessi all’infiltrazione dell’economia legale da parte della criminalità organizzata. Proseguiremo il dialogo con i Paesi terzi nel settore giustizia e affari interni, in vista di un potenziamento della collaborazione su obiettivi comuni quali la lotta alle forme gravi di criminalità, il traffico di esseri umani e il terrorismo e a favore della promozione dei diritti fondamentali, inclusa la protezione dei dati personali e delle comunicazioni. Come sapete, il Consiglio è impegnato da molto tempo nel definire un nuovo quadro normativo per la protezione dei dati personali. La Presidenza italiana si sta anche adoperando per garantire la coerenza di tale regime generale tra i vari ambiti di intervento della giustizia e degli affari interni. Ci prefiggiamo di compiere progressi sostanziali sulle regole per lo scambio e il trattamento dei dati personali sia nell’ambito del Regolamento generale che nell’ambito della Direttiva riguardante i procedimenti giudiziari e gli altri procedimenti di natura giurisdizionale, in modo coerente e coordinato fra i due strumenti, con l’obiettivo di bilanciare il massimo grado di protezione con la necessità di garantire un processo decisionale efficiente. D’intesa con la Commissione, daremo particolare rilevanza ai quadri normativi per lo scambio dei dati personali con Paesi terzi per finalità di law enforcement e di prevenzione di forme gravi di criminalità, con particolare attenzione alla creazione di una cornice di tutela forte per i diritti dei cittadini europei anche negli altri ordinamenti. Sappiamo che il Parlamento europeo attribuisce fondamentale importanza a questo dossier e che l’approvazione del Regolamento in prima lettura rende quanto mai urgente che anche il Consiglio definisca il proprio accordo politico sulla proposta. Ci siamo confrontati con il relatore on. Albrecht, vice Presidente di questa Commissione, trovandoci concordi sul forte ancoraggio che le nuove norme devono avere al rispetto della riservatezza - che, lo ricordo, è un diritto fondamentale - e alle istanze di maggiore sicurezza giuridica nella tutela dei dati trattati, accanto all’interesse della libertà d’informazione e dell’impresa digitale. Naturalmente, il legislatore europeo dovrà tenere conto delle indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia su questa complessa materia. Nel settore penale, annettiamo una elevata priorità al negoziato istitutivo della Procura europea, che costituisce un tratto distintivo del disegno di un autentico spazio europeo di giustizia. Contiamo di conseguire progressi sostanziali sul dossier, allo scopo di definire uno strumento realmente efficace per investigare, perseguire penalmente e consegnare alla giustizia gli autori di reati che ledono il bilancio dell’Unione europea. Per indagare bene, EPPO dovrà contare su un chiaro riparto di competenze con i giudici nazionali ed agire entro un quadro rafforzato di tutela dei diritti degli indagati. Sotto questo profilo, ci è parso utile a Milano stimolare una riflessione sulle forme di controllo giurisdizionale sulle misure investigative disposte da EPPO. A tale proposito vorrei evidenziare la necessità di coerenza tra le varie iniziative legislative in cantiere: oltre al Regolamento EPPO, la Presidenza intende segnalare al Parlamento europeo l’auspicio di avviare in tempi brevi negoziati sulla direttiva in materia di tutela degli interessi finanziari. Vogliamo inoltre marcare progressi significativi sulla riforma di Eurojust, per rafforzarne l’azione e perché possa coadiuvare il lavoro della Procura europea. Siamo convinti che nell’attuale congiuntura dell’integrazione europea, il progetto di una Procura europea che indaghi sulle frodi comunitarie può incontrare un genuino interesse dei nostri cittadini. Nel tracciarne i contorni, dobbiamo assicurarci che esso apporti un vero valore aggiunto per l’interesse generale dell’Unione al corretto utilizzo delle risorse europee, evitando inoltre il rischio di duplicare strutture esistenti. Sotto il profilo della tutela dei diritti degli indagati o imputati nell’ambito di procedimenti penali, intendiamo riservare ampio spazio al dialogo con il Parlamento europeo sulla proposta di Regolamento in tema di garanzie procedurali per i minori. Abbiamo inoltre avviato l’esame in Consiglio sulle proposte relative alla presunzione di innocenza e al gratuito patrocinio. Non appena questa Commissione designerà i relatori per tali proposte, saremo lieti di iniziare la collaborazione con essi. Il contrasto alle gravi forme di criminalità, quali la tratta di esseri umani e la criminalità organizzata transnazionale, richiede il dialogo e la collaborazione costante fra la Presidenza e gli Stati membri, le Istituzioni europee e la società civile. Siamo consapevoli della portata politica di questa sfida: i criminali e le organizzazioni criminali devono essere privati dei proventi di qualsiasi natura derivanti dalle loro attività illecite, in qualunque modo acquisiti. In questa ottica, alla quale attribuiamo particolare risalto, la Presidenza promuoverà il dibattito su come il principio del mutuo riconoscimento possa applicarsi a tutte le forme di confisca basata su una decisione giudiziaria, dentro e fuori il processo penale. Dedicheremo a tale obiettivo un evento collaterale di alto livello che stiamo organizzando a Siracusa il 22-23 settembre. Contiamo sul qualificato contributo della Commissione LIBE a tal fine. L’istituzione di una Procura europea, parte di una strategia che comprende strumenti sempre più sofisticati di cooperazione tra le Autorità giudiziarie in materia civile e penale, richiede di perseguire un’adeguata formazione di giudici, pubblici ministeri ed operatori della giustizia. Desideriamo valorizzare adeguatamente la Rete europea di formazione giudiziaria, la cui struttura deve essere potenziata. Infine, svolgeremo le consuete riunioni ministeriali Ue-Usa e Ue-Balcani Occidentali in ambito GAI, mentre stiamo valutando, in stretta concertazione con la presidenza del Governo e il Ministero degli Esteri, l’eventuale ripresa del dialogo con la Federazione Russa, in forme da definire. In conclusione, desidero assicurarvi che la Presidenza è consapevole della portata delle sfide per realizzare un autentico spazio giudiziario europeo, uno spazio di libertà e sicurezza rivolto al pieno esercizio dei diritti di cittadinanza, in cui si possa affrontare e sconfiggere il crimine organizzato, contrastare la corruzione e le frodi. Siamo interessati ad una piena e leale collaborazione con il Parlamento europeo per realizzare questi obiettivi nell’interesse dei cittadini dell’Unione. Giustizia: la sentenza della Consulta sulle droghe non fa uscire dal carcere di Giovanni Negri Il Sole 24 Ore, 23 luglio 2014 Le Sezioni unite della Cassazione escludono l’applicazione "retroattiva" dei nuovi termini massimi di custodia cautelare per i reati in materia di droga. L’informazione provvisoria del 17 luglio scorso esclude conseguenze "ora per allora" della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 con la quale è stata dichiarata l’illegittimità di alcune disposizioni del Testo unico contro le droghe, facendo rivivere, nei fatti prima e per legge poi, la distinzione tra sostanze leggere e pesanti. Le motivazioni saranno note tra qualche tempo, ma intanto è già possibile svolgere alcune considerazioni, sottolineando come le Sezioni unite abbiano scelto, in questo caso (ma anche nell’altra pronuncia più significativa della settimana scorsa, quella sulla portata della rescissione del giudicato), la strada meno dirompente, escludendo che le novità possano avere efficacia anche nelle vicende in corso. La cosiddetta scarcerazione "ora per allora", prevede che debba essere rimesso in libertà nella fase successiva, per decorrenza dei termini di fase della custodia cautelare, l’imputato per il quale non sia stato possibile intervenire tempestivamente. A patto che, avevano già affermato in passato le Sezioni unite, la scadenza dei termini riguardi tutte le imputazioni oggetto della misura di detenzione cautelare e non solo alcune. Il precedente muoveva dalla considerazione della rilevanza, all’interno della Costituzione, della libertà personale come diritto fondamentale della persona. In questo contesto, ogni questione che riguarda l’interpretazione delle norme che pongono dei limiti a questo diritto va risolta tenendo presente il rapporto di eccezione a regola che a questi limiti deve essere assegnato. Sempre in passato era stato considerato doveroso un provvedimento di scarcerazione "ora per allora" in presenza di una sospensione dei termini di custodia cautelare assunti in modo illegittimo in assenza dell’indispensabile contraddittorio. In altri casi, invece, la rideterminazione retroattiva dei termini di durata massima della custodia cautelare per le fasi già concluse, è stata negata dalla Cassazione. Quando, in generale, l’incidenza sui termini di durata è stata ritenuta una conseguenza del cambiamento fisiologico del processo penale (vedi il caso della conferma in appello della condanna per il reato meno grave con il contestuale proscioglimento per quello più pesante il relazione al quale erano stati conteggiati i termini di fase). Ora, le Sezioni unite hanno dovuto incasellare una diversa situazione come quella determinata dalle conseguenze della dichiarazione di incostituzionalità per cercare di verificare se si può identificare "una preclusione processuale tale da determinare il consolidamento e l’immodificabilità di una situazione giuridica ormai esaurita e, correlativamente, da paralizzare, nel senso di rendere in concreto non più operanti, gli effetti retroattivi della sentenza dichiarativa della illegittimità costituzionale". L’ordinanza di rinvio comunque sottolineava come non debba valere la distinzione tra norma penale sostanziale (ed è il caso affrontato) e procedurale. Giustizia: la Camera vota per l’arresto del deputato Giancarlo Galan. Fi: è una barbarie 9Colonne, 23 luglio 2014 Con 395 sì, 138 no e due astensioni la Camera ha approvato, con voto a scrutinio segreto, la richiesta di arresto nei confronti del deputato Giancarlo Galan, indagato per corruzione nell’ambito dell’inchiesta sul Mose di Venezia. A favore della richiesta hanno votato Partito democratico, Movimento 5 stelle, Sel, Led, Lega Nord, Per l’Italia e Scelta civica; contrari, invece, Ncd, Maie-Api, Psi e Forza Italia. In mattinata l’aula aveva respinto le due richieste di rinvio del voto presentate da Ncd e Forza Italia. Immediato il commento di Daniele Capezzone (Fi) su Twitter: "Su Galan prima pagina molto brutta: la Camera impedisce l’autodifesa in aula. No al rinvio nemmeno per ragioni (vere e accertate) di salute", scrive Capezzone, riferendosi a Galan ricoverato da giorni all’Ospedale di Este, in provincia di Padova. Il Mattinale e il deputato Francesco Paolo Sisto definiscono addirittura una "barbarie" il mancato rinvio del voto. "Non si può trasformare la Camera in una piazza incontrollata in cui non c’è diritto" ha detto il parlamentare forzista, mentre il collega Gianfranco Chiarielli parla di "fumus persecutionis" nei confronti di Galan. Successivamente è Ignazio La Russa di Fdi-An a chiedere un rinvio di una settimana al voto in Aula, ma questa volta il "no" arriva direttamente dalla presidente della Camera Laura Boldrini che risponde: "Abbiamo già affrontato il tema e una decisione è stata già presa". Dopo il voto, le polemiche continuano e il deputato di Fi Luca Squeri dichiara: "Con l’autorizzazione all’arresto di Giancarlo Galan una parte del Parlamento, purtroppo maggioritaria, volta le spalle al garantismo, al diritto alla difesa, al buon senso e al buon gusto di consentire a una persona di essere presente e potersi difendere dalle accuse che gli vengono contestate. Davvero una pessima giornata per la politica, che oggi è ancora più debole e molto più giustizialista". A chi ha invocato l’argomento del garantismo per spiegare il voto contrario alla richiesta di arresto per il deputato veneto, risponde la capogruppo del Pd nella Giunta per le immunità della Camera, Anna Rossomando: "Noi ci sentiamo paladini e custodi del garantismo, ma le battaglie per la piena applicazione delle garanzie per il cittadino non si fanno dalla Giunta per le autorizzazioni o da altri luoghi impropri". "Noi la battaglia per il garantismo - ha aggiunto Rossomando - vogliamo farla nelle sedi opportune, perché la legalità è un concetto completo, ed è anche la legalità nel processo. Questo tema non lo deleghiamo a nessuno. Quindi da parte nostra non c’è alcun cedimento, resa o rinuncia: semplicemente, noi esercitiamo la nostra prerogativa stando al merito, senza pregiudizi. E questo, talvolta, è un fatto rivoluzionario". "L’era dei Dogi è finita" è, invece, il commento del segretario del Pd del Veneto Roger De Menech. "Ogni cittadino - dice ancora De Menech - è uguale davanti alla legge. Anche Giancarlo Galan. La decisione dell’aula è conforme alla legge, poiché non sussistono ipotesi di persecuzione nei confronti di Galan". Al coro dei commenti si unisce anche lo stesso Galan che uscendo dall’Ospedale poco dopo il voto ha dichiarato ai cronisti: "Sono incazzato, ma tanto, e sapete benissimo con chi". Nel frattempo i legali di Galan, Antonio Franchini e Nicolò Ghedini, hanno fatto sapere di voler presentare una richiesta di arresti domiciliari per l’ex governatore del Veneto. Giustizia: sì all’arresto di Galan, l’ex Governatore dimesso dall’ospedale è già in prigione di Sara Menafra Il Messaggero, 23 luglio 2014 Via libera della Camera. Forza Italia: una barbarie. Contro votano anche Ncd e Psi. Portato in ambulanza a Opera. Carabinieri e Guardia di finanza si sono presentati al cancello della bella villa di Cinto Euganeo ieri sera verso le 20.30. In tasca, l’ordine di carcerazione immediato in seguito all’autorizzazione a procedere approvata ieri mattina alla Camera per l’ex governatore, ex ministro ed ex "doge" (pare che lo chiamassero così) Giancarlo Galan. Forse anche per evitare polemiche, la procura di Venezia ha stabilito che la detenzione si svolgerà nel Centro diagnostico terapeutico interno al carcere di Opera: una galera sì, ma nota per l’alto livello delle strutture sanitarie all’interno. Il risultato del voto di ieri mattina, più che previsto, era certo. Anzi, calcolatrice alla mano, c’è chi fa notare che persino qualcuno da Forza Italia potrebbe aver premuto il tasto verde. Solo così si spiegherebbe perché, sui 535 deputati presenti ieri in aula, ben 395 hanno votato sì alla carcerazione, per quanto a scrutinio segreto su richiesta del partito azzurro. Non è un caso se il capogruppo Renato Brunetta ha attaccato con un tweet gli assenti: "Amarezza e dolore per deputati Forza Italia assenti ingiustificati oggi in Aula su voto Galan. Il garantismo si testimonia sempre e comunque", ha scritto. Mentre Berlusconi ha fatto sapere di essere "addolorato". L’ultimo tentativo di salvare l’ex governatore accusato di corruzione nell’ambito dell’inchiesta veneziana sugli appalti per il Mose si è consumato ieri mattina, all’apertura della seduta. Alla convocazione della capigruppo, Brunetta ha chiesto nuovamente il rinvio della decisione, visto che Galan aveva già mandato diversi certificati medici spiegando di essere ancora ricoverato a Este. La presidente Boldrini ha aperto una fessura strettissima: sì al rinvio, solo con l’unanimità di tutti i gruppi, condizione però impossibile per M5S e Sel. E quando la mozione è arrivata in aula, la bocciatura era praticamente già scritta. È bastato un dibattito di tre ore in tutto per chiudere la partita. Quello che forse nessuno si aspettava è che pochi minuti dopo la votazione Galan uscisse dall’ospedale di Este autonomamente, grazie ad una decisione della struttura sanitaria che giusto l’altro ieri sera avrebbe valutato il netto miglioramento delle condizioni di salute del deputato. Difficile non pensare che l’ospedale abbia voluto evitare il rischio di uno scontro diretto con la procura di Venezia. Già alla vigilia del voto di Montecitorio, gli inquirenti avevano fatto capire che immediatamente dopo la decisione avrebbero mandato nell’ospedale un medico del carcere al quale sarebbe stato affidato il compito di valutare le condizioni cliniche del paziente Galan. E, sottinteso, verificare se i certificati medici inviati a Roma finora, in cui si parlava di una degenza prevista di almeno ulteriori venti giorni, fossero tutti effettivamente regolari. Lasciando l’ospedale prima in carrozzina e quindi in ambulanza, Galan ha esclamato: "Sono incazzato nero, e voi sapete con chi". Il riferimento sarebbe agli indagati che con le loro dichiarazioni l’hanno messo nei guai. L’ex segretaria Claudia Minutillo, Piergiorgio Baita e Giovanni Mazzacurati i due presidenti del Consorzio che ha dato il via alla costruzione del Mose. Se prima chiedeva di essere ascoltato dai magistrati, però, ora Galan promette di difendersi: "Presenteremo immediatamente istanza di riesame - dice il suo avvocato, Antonio Franchini - la Camera ha scritto una pagina preoccupante sul terreno dei diritti". Giustizia: Sansonetti; l’arresto di Galan prova che il Parlamento è succube dei magistrati di Francesco Amicone Tempi, 23 luglio 2014 Intervista al direttore del Garantista dopo il sì della Camera alla carcerazione del deputato: "In base a quale norma si manda in galera senza processo una persona sulla quale si indaga da più di un anno, già informata dell’inchiesta?" "Votate no, attenetevi alle leggi, impedite una così smaccata violazione delle norme e anche della Costituzione". Così scriveva ieri su Il Garantista il direttore Piero Sansonetti. Chiedeva alla Camera un atto simbolico: bocciare la richiesta di arresto per il deputato di Forza Italia ed ex governatore del Veneto Giancarlo Galan e dimostrare così l’indipendenza del potere rappresentativo da quello giudiziario. Non è accaduto. Sinistra e Movimento 5 Stelle hanno votato a favore della carcerazione preventiva dell’ex ministro dell’Agricoltura. Montecitorio ha dato l’ok ai magistrati e, da oggi, Galan, indagato per presunte tangenti nella costruzione del Mose a Venezia, può diventare uno delle migliaia di detenuti italiani incarcerati senza una condanna. "Non mi stupisce il voto della Camera", dice Sansonetti. "Il mio appello era una richiesta "disperata". Non è la prima volta che il Parlamento vota a favore dell’arresto di un suo componente non ancora condannato". Per il direttore del Garantista il voto di ieri è anche una "conferma dell’impossibilità che l’attuale maggioranza in Parlamento riformi la giustizia". Direttore, anche nel caso Genovese la sinistra renziana (garantista a giorni alterni) votò a favore degli arresti. Purtroppo non è la prima e non sarà l’ultima volta che si farà intimidire dai pm. Il Parlamento ieri ha votato a favore di un arresto illegale. Anche Claudio Scajola è stato arrestato illegalmente e la politica ha taciuto. I magistrati hanno chiesto gli arresti di Galan per timore che compromettesse l’inchiesta sul Mose. Sbagliano ad applicare la legge? È il verbo "applicare" ad essere sbagliato: i magistrati violano la legge e non la applicano. Se la applicassero rispetterebbero quanto è scritto nel codice penale a proposito della custodia cautelare. Cioè? Per arrestare una persona ci deve essere il pericolo di fuga, di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove. Nel caso di Galan, come in migliaia di altri casi, non ci sono i presupposti per l’arresto. Se si rispettasse la legge, non si metterebbe in galera una persona ricoverata in ospedale, sulla quale si indaga da più di un anno, già informata dell’inchiesta che la riguarda. Nessuno può vedere una qualche utilità nell’arrestare Galan, perché non ricorre alcuno dei tre pericoli indicati dal Codice penale. Forse i magistrati hanno valutato diversamente. Mi dovrebbero spiegare perché metà dei carcerati in Italia vive in condizioni di degrado e in attesa di giudizio in carceri sovraffollate e perché 10 mila persone, attualmente in custodia cautelare, saranno assolte. È un dato statistico aberrante che non ha paragoni nei paesi civilizzati e in Europa. C’è un problema nell’applicazione della carcerazione preventiva e lo sanno tutti, ma la politica non ha il coraggio di riformare il sistema. Se passasse la legge sulla responsabilità dei magistrati, le "violazioni" della magistratura potrebbero diminuire? Non penso che verranno approvate leggi sulla giustizia da questo Parlamento: né sul carcere preventivo né sulla responsabilità civile. La magistratura in Italia è incontrollata e incontrollabile. Lo ha dimostrato ancora una volta il voto di ieri. Nessun ministro di destra e di sinistra, ad oggi, è riuscito, con ispezioni e verifiche, a contrastare lo strapotere delle toghe. Non è successo quando al governo c’era Berlusconi, non succede ora quando c’è Renzi. La politica ha una paura blu della magistratura. Non ci sono speranze perché vi sia una riforma della giustizia condivisa anche dai magistrati? L’assoluzione di Berlusconi nel processo Ruby non è forse un segnale di cambiamento? Penso di no. Anzi, credo che dopo la sentenza Ruby si inaspriranno le azioni dei magistrati contro la politica e il Parlamento. Il pm di Palermo Nino Di Matteo il 20 luglio ha chiesto ai magistrati di frapporsi alla possibilità di una riforma del ruolo degli inquirenti. Fra l’altro, non penso che il Pd di Renzi abbia la volontà di sfidare Grillo sulla giustizia. Al contrario si adegua, come ha dimostrato votando a favore degli arresti di Galan e di Genovese. I politici sono succubi dei magistrati. Lettere: la fine ingloriosa del doge di Francesco Jori La Nuova Venezia, 23 luglio 2014 Anche i dogi nel loro piccolo s’incazzano. Succede a Giancarlo Galan, che tuona tutta la propria ira nel passare dalla condizione di ricoverato a quella di arrestato. E che così conclude nel più inglorioso dei modi una parabola di sapore veneziano, idealmente iniziata a Palazzo Ducale per concludersi ai Piombi. D’altra parte nella Serenissima, quella vera, a un doge venne perfino tagliata la testa per alto tradimento: successe a Marin Faliero, nel 1355, e il giorno dell’esecuzione diventò festa della Repubblica. A Galan capita molto di meno, ma il crollo è comunque rovinoso: il potere dogale era blindato da rigorose regole istituzionali, lui per tre lustri è stato il padrone incontrastato del Veneto. Approfittandone anche per rimpinguare in modo illecito le proprie risorse, secondo i giudici che ne hanno chiesto e ottenuto l’arresto. Il suo declino inizia tuttavia ben prima dell’esplodere dell’inchiesta legata al Mose, ed è politico. Si manifesta in modo vistoso nel 2010,quando il governatore uscente lotta fino all’ultimo per ottenere il quarto mandato alla guida del Veneto, vedendosi sbattere sul naso tutte le porte: compresa la più importante, quella del suo mentore Silvio Berlusconi che sedici anni prima l’aveva passato dagli uffici di Publitalia a quelli della neonata Forza Italia. Le aveva provate tutte, Galan: perfino spedire un manipolo di imprenditori amici a braccare il Cavaliere in una saletta dell’aeroporto veneziano per implorarne la conferma. La Regione era stata lasciata alla Lega, che poi aveva però dimostrato sul campo di essersela guadagnata, con un sonoro 35 percento e con un bruciante sorpasso sul Pdl. Nessuna sorpresa: era solo la conseguenza dell’irresistibile declino del partito azzurro, prima egemone in Veneto. Quel partito, in una terra visceralmente e geneticamente di centrodestra, negli anni precedenti era riuscito a perdere roccaforti ritenute inespugnabili, come Verona e Vicenza; a Padova era stato regolarmente spazzolato dal centrosinistra; per riuscire a riprendersi prima Verona e poi Padova ha dovuto ricorrere a due leghisti. Oggi, con le dimissioni ancor fresche d’inchiostro del sindaco di Rovigo, non amministra più neppure un capoluogo della regione. E in tutte le sette province è squassato da velenose faide interne. Galan se ne chiama fuori, ma l’uomo forte del Veneto è stato lui. Del partito non si è interessato granché, per usare un eufemismo; anzi, ha sparato a palle incatenate contro una serie di suoi autorevoli colleghi, da Tremonti a Lunardi, da Brunetta a Sacconi. In compenso, si è lautamente autoincensato. La pesante vicenda giudiziaria che oggi lo investe è solo la spinta, probabilmente decisiva, a un fine corsa che era comunque già stato decretato sul piano politico. Un sipario che cala oltretutto in modo meschino. Galan, che all’inizio aveva definito ineccepibile il lavoro dei giudici, alla fine ha tirato fuori un "fumus persecutionis" a suo dire palese. Ha ottenuto un ricovero per una frattura a tibia e perone rimediata potando delle rose, e poi derubricata a infrazione a un malleolo. Ha esibito dichiarazioni mediche che manifestavano l’assoluta esigenza di rimanere fermo a letto in corsia, perfino adombrando rischi letali; poi ieri mattina ancor prima del voto della Camera è stato dimesso d’ufficio. Una mediocre uscita di scena, davvero, per uno che le scene era abituato a calcarle da primattore. Ma in ogni caso, una recita che poco appassiona l’opinione pubblica: alla quale interessa ciò che accadrà non in un carcere ma in un’aula di giustizia. Auspicando che si arrivi, e non in tempi biblici, a stabilire se siano fondate o meno le pesantissime accuse elevate nei confronti dei vari accusati, Galan incluso. E nella speranza che nel frattempo la beneficiata della prescrizione non sommerga la verità sotto le acque alte della vergogna. Lettere: la "giurisprudenza creativa"… che ignora le leggi sgradite ai magistrati di Enrico Buemi (Capogruppo Psi in Commissione Giustizia alla Camera) Il Garantista, 23 luglio 2014 Caro Direttore, nel mio intervento sulla giustizia al seminario del Psi di Viterbo del 27 e 28 giugno scorso, molti dei punti deboli del sistema Giustizia evidenziati nell’ultima settimana erano puntualmente previsti. Già il caso Robledo-Bruti Liberati aveva giustificato, in quella sede, il richiamo alla revisione del titolo IV, "precisando che il requisito di indipendenza è assoluto per il magistrato giudicante, mentre per quello requirente esso va contemperato con le esigenze dì organizzazione del lavoro dell’ufficio del pubblico ministero"; parole che valgono vieppiù oggi, dopo le parole pronunciate a Palermo dal dottor Di Matteo. Ma non meno utile, ai fini della lettura degli eventi di questi giorni, è il monito sui perversi effetti della successione nel tempo di diverse previsioni incriminatorie. D modo in cui il Parlamento si è relazionato col principio costituzionale del favor rei, negli scorsi vent’anni, oscilla tra ipocrisia ed incoscienza. Occorrerebbe ricordare che la legge è solo applicata dai giudici, ma creata dal Parlamento. Se, come avvenuto nel 2012, la maggioranza politica, al potere con il governo Monti, accedette alla diffusa richiesta (nazionale ed europea) di "spacchettare" il reato di concussione, non si può certo fare carico alla Giurisdizione di aver applicato (Cassazione Penale, Sezioni Unite, 14 marzo 2014, ud. 24 ottobre 2013, n. 12228) il ius superveniens secondo principi costituzionali che si autoimpongono. Il favor rei, in questi casi, discende dalla parità di trattamento di cui tatti i cittadini devono godere: se sopraggiunge una legge più favorevole, sì deve applicare a tutti ì cittadini come richiesto dall’articolo 25 della Costituzione, oltre che dall’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Dovrebbe semmai essere cura del Legislatore non ignorare questo effetto del suo operato, quando valuta l’opportunità o meno di innovare il codice penale: non averlo fatto è un addebito da rivolgere alle forze politiche presenti in Parlamento nel 2012, e forse anche alla struttura dì supporto del Ministro Severino. A che serve avere fior di magistrati comandati a via Arenula, quando sugli effetti di quella norma - meno di un anno dopo - giunsero moniti dal Pg della Cassazione e dai principali team anticorruzione delle Procure del nostro Paese? Più in generale, va segnalato un altro pericolo derivante dalla faciloneria del Legislatore: sempre più ad essa corrisponde una deplorevole tendenza dei giudici a fare a meno di ogni indicazione proveniente dalla legge scritta. Qui l’Appello milanese si è doverosamente uniformato alle linee guida della Cassazione: ma quante volte ciò non avviene? Quante volte la "giurisprudenza creativa" supplisce ad esiti legislativi sgraditi al giudice? È per questi motivi che ho depositato in Senato una proposta di Commissione d’inchiesta sullo stato della giustizia in Italia, con cui indagare sulle cause dell’attuale degrado e proporre possibili soluzioni. È per questi motivi che insisto con una revisione della legge Vassalli che renda più efficace la modalità indiretta con cui conseguire la responsabilità civile dei giudici. Rispetto alla ricerca di contenuti, nella consultazione pubblica sul portale del Ministero della giustizia, il contributo che può venire dalle sedi parlamentari non dovrebbe essere sottovalutato dal Governo: "sorprese" come quella del favor rei sulla concussione possono essere evitate solo dalla sinergia tra una buona legislazione ed una buona amministrazione. Un metodo che, senza ricercare fatue visibilità mediatiche, sarà determinante per superare l’assenza dì certezza del diritto, che è il vero problema in cui versa il sistema giustizia. Palermo: detenuto 54enne del carcere di Pagliarelli muore dopo il ricovero all’ospedale di Riccardo Arena (Direttore di Radio Carcere) Ristretti Orizzonti, 23 luglio 2014 Gioacchino Selvaggio, di 54 anni e detenuto nel carcere Pagliarelli, è morto ieri all’Ospedale civico di Palermo dove era stato trasportato d’urgenza dal carcere. La morte di Gioacchino Selvaggio non è certo un evento imprevedibile e inatteso, visto che Gioacchino Selvaggio da tempo soffriva di cuore e di ipertensione, tanto che spesso quando era detenuto chiedeva l’aiuto del medico. Sta di fatto che ieri sera si è sentito male nella sua cella ed è poi morto in ospedale. Con il decesso di Gioacchino Selvaggio sono 79 le persone detenute morte nella prima parte del 2014, ovvero una media di oltre 11 decessi al mese: 79 decessi, molti dei quali causati dalla negazione del diritto alla salute. Roma: detenuto albanese, recluso a Tirana, si laurea all’Università di Tor Vergata Ristretti Orizzonti, 23 luglio 2014 L’iniziativa resa possibile dalla collaborazione tra Garante dei detenuti del Lazio, l’ambasciata italiana in Albania e la direzione del carcere di Tirana. Per la prima volta in assoluto, grazie ad un collegamento tramite skype, un detenuto albanese recluso nel carcere Mine Peza di Tirana si è potuto laureare in Letteratura Italiana, con una votazione di 110 e lode, all’Università di Roma Tor Vergata. Il detenuto - Alban Bardhi, fino a tre settimane fa recluso nell’Alta Sicurezza del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso - si era iscritto a Tor Vergata grazie al progetto "Università in Carcere con Teledidattica", ideato nel 2006 dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni e dall’Università Tor Vergata, in collaborazione con Laziodisu e la direzione del carcere di Rebibbia. In origine era previsto che Bardhi discutesse la sua tesi di laurea il 9 luglio scorso insieme ad altri tre detenuti/studenti. Pochi giorni prima, però, era stato estradato in Albania. "Da quel momento, ci siamo attivati - ha detto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni - con la rappresentanza diplomatica italiana in Albania e con le autorità giudiziarie albanesi, per individuare una soluzione che consentisse a questo detenuto di non disperdere il patrimonio che aveva accumulato in anni di studio. Alla fine, la collaborazione istituzionale, in primo luogo con la nostra Ambasciata e con la Direzione Generale delle Carceri della Repubblica di Albania ed il collegamento con Skype attivato dai tecnici di Tor Vergata in sinergia con quelli albanesi, ci ha consentito di far laureare Bardhi". Il Garante si è recato nelle ultime ore, in Albania quale componente esterno della Commissione di Laurea ed ha assistito il detenuto che ha discusso la propria tesi in collegamento via Internet con il resto della commissione, riunita a Tor Vergata: titolo del lavoro, Michelstaedter, una Magnetar, relatore il prof. Fabio Pierangeli, incentrato sull’analisi dell’opera di Carlo Michelstaedter, scrittore, filosofo e letterato italiano. La Commissione ha premiato il lavoro con il massimo dei voti: 110 con lode. Il progetto Teledidattica è stato indicato quale buona pratica dal Ministero della Giustizia, che ha previsto che i reclusi di Alta Sicurezza, in tutta Italia, possano essere trasferiti a Rebibbia N.C. se decidono di iscriversi all’Università. Attualmente a Rebibbia gli studenti-detenuti iscritti alle facoltà che aderiscono al progetto "Teleuniversità" (Economia, Giurisprudenza e Lettere e Filosofia) sono circa 40. I detenuti hanno la possibilità di seguire i corsi a distanza: le lezioni vengono registrate e riversate su una rete dedicata. Gli esami sono invece svolti in presenza, grazie ai docenti che si recano direttamente in carcere. "La laurea - ha detto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni - è certamente un grande traguardo. In carcere lo studio è strumento di riscatto sociale; un’occasione per dimostrare che è possibile reinserirsi socialmente nel rispetto delle leggi e della Costituzione. È per questo che abbiamo investito molto sui percorsi di istruzione all’interno delle carceri, non solo su quelli Universitari, ma anche quelli di alfabetizzazione primaria e di formazione professionale. Sono nel campo della formazione universitaria, come Ufficio del Garante abbiamo creato una rete che coinvolge la Conferenza dei Rettori delle Università del Lazio, Laziodisu, Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, le carceri, il Dap, la Regione e le Università Roma Tre, Tor Vergata, Cassino, La Tuscia e La Sapienza. Grazie a questo modello, oggi sono 113 i detenuti che, nel Lazio, frequentano l’Università. Nel 2005, i detenuti universitari erano solo 17". Biella: lavoro per i detenuti a Mongrando, il Comune ha partecipato a un bando regionale www.newsbiella.it, 23 luglio 2014 Il Comune ha partecipato al bando regionale. Un carcerato lavorerà su aree verdi e stabili pubblici pagato dalla Regione. Filoni: "Abbiamo anche siglato un convezione con il Tribunale per i lavori socialmente utili che potranno scontare da noi". Mongrando attiverà un cantiere di lavoro per detenuti. L’amministrazione guidata da Toni Filoni ha infatti aderito al bando regionale uscito nell’aprile scorso. "Siamo riusciti a farlo in zona cesarini - spiega il primo cittadino - infatti il bando scadeva oggi a mezzogiorno. Adesso non ci resta che attendere gli sviluppi". Il detenuto che sarà destinato a Mongrando vi lavorerà per 130 giorni, per un totale di 35 ore settimanali, il cui costo sarà interamente pagati dalla Regione mentre al comune resteranno gli obblighi relativi a Inail e Inps. "Ne abbiamo davvero bisogno per affiancare i nostri due cantonieri che da soli faticano a star dietro a tutto - precisa Filoni. Il nostro nuovo collaboratore sarà impegnato nella manutenzione delle aree verdi e degli stabili comunali". Questo però è soltanto il primo passo mosso da Filoni nella ricerca di risorse. "Ci stiamo preparando a partecipare al prossimo bando che si rivolgerà invece ai disoccupati, in più abbiamo stretto una convezione con il tribunale per le persone a cui viene ritirata la patente, che potranno scontare da noi il periodo di lavori socialmente utili. Altre braccia che daranno una mano al paese". Pescara: ad Alba Adriatica aperto l’assessorato sul lungomare ristrutturato dai detenuti Il Centro, 23 luglio 2014 Un pezzo del municipio di Alba Adriatica si trasferisce sul lungomare: è stato infatti inaugurato nei giorni scorsi il nuovo ufficio dell’assessorato al turismo nel parco della Bambinopoli comunale. Titolare dell’ufficio "vista mare", il sindaco Tonia Piccioni stesso, che ha tenuto per sé la delega al turismo non affidandola a nessun assessore della sua giunta (come nel caso della delega all’ambiente). Il locale, che si trova nella stessa struttura del centro di informazione turistica Iat e che fino a poche settimane fa era utilizzato dai volontari della vicina sede della Croce rossa, è stato riqualificato dai detenuti del carcere ascolano di Marino del Tronto che lo hanno risistemato e riverniciato sia fuori che dentro. All’interno, spazio per l’ufficio del sindaco e per una sala riunioni che ospiterà i frequenti incontri tra gli amministratori comunali e gli operatori turistici. All’inaugurazione tenuta sabato mattina erano presenti, oltre alle autorità, anche gli stessi detenuti, che continueranno ad essere impiegati tutti i sabati in altri lavori di cura dell’arredo urbano sul lungomare albense, secondo il progetto pilota che vede collaborare il Comune di Alba Adriatica, la Provincia di Teramo e la casa circondariale di Ascoli Piceno. Ora il loro impegno è diretto ancora sulle pinete di Villa Fiore, che stanno rendendo più accoglienti riverniciandone panchine, tavoli e cestini. Ancona: all’Uepe rissa con coltellate tra due utenti tunisini di Marina Verdenelli Il Messaggero, 23 luglio 2014 Si accoltellano negli uffici penitenziari per una donna. Sangue agli Archi ieri pomeriggio, in via Mamiani 14, a pochi passi dall’imbocco della galleria San Martino. In due, entrambi tunisini, si sono affrontati nella sala di attesa degli Uffici di Esecuzione Penale Esterna del ministero della Giustizia (dove vengono dgestite le pene alternative al carcere). Feriti con armi da taglio uno si è dato alla fuga ed è ora ricercato dalla polizia. Tutto è iniziato alle 17. Stando ad una prima ricostruzione un tunisino di 32 anni, uscito dal carcere il 10 luglio scorso (da Barcaglione), si era recato negli uffici penitenziari di via Mamiani, al primo piano, con un accompagnatore, per definire la sua posizione. Mentre attendeva di essere ricevuto è arrivato un connazionale. Tra i due è nata una discussione violenta per motivi definiti passionali e legati a una donna. Estratto un cutter il secondo tunisino ha tentato di ferire il 32enne. Lo ha colpito con due fendenti al fianco sinistro, poco sopra la coscia. Il 32enne ha estratto anche lui un piccolo coltello e ha infierito sull’aggressore con altri colpi, alla schiena. Negli uffici è stato il panico. Il personale, tutto femminile in quel momento, ha gridato aiuto e non è riuscito a dividere i due tunisini che hanno continuato a colpirsi anche con pugni e calci. Mentre il 32enne è rimasto a terra ferito, sanguinante, l’altro magrebino si è dato alla fuga portandosi dietro una lunga striscia di sangue lungo le scale, sul pianerottolo e fino alla strada. Le gocce di un rosso vivo sono arrivate fino all’incrocio con via Vasari, per mezzo chilometro. Isernia: il Sappe chiede un’ispezione al carcere, ci sono disfunzioni e vari inconvenienti di Vincenzo Ciccone Primo Piano Molise, 23 luglio 2014 Una ispezione ministeriale in carcere ad Isernia per verificare molte anomalie sull’organizzazione del lavoro del Personale di Polizia Penitenziaria. A richiederla è il primo Sindacato dei poliziotti, il Sappe, che ha interessato i vertici dell’Amministrazione Penitenziaria nazionale e regionale. "Abbiamo segnalato al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di Roma e a quello interregionale Abruzzo e Molise di Pescara significative disfunzioni e inconvenienti che riflettono sulla sicurezza e sulla operatività - spiega Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria - della Casa Circondariale di Isernia e del personale di Polizia Penitenziaria che vi lavora con professionalità, abnegazione e umanità. In sostanza, non viene osservata la normativa contrattuale in materia di interpelli, di rotazione dei posti di servizio e di attività straordinaria. Il personale di Polizia addetto ai Reparti detentivi svolge servizio in sezione senza che vi siano alcuno sbarramento con la popolazione ristretta: non solo, in carcere mancano impianti tecnologici e i posti di servizio sono ordinariamente accorpati, con gravi pregiudizi per la sicurezza". Lucera (Fg): Polizia penitenziaria in stato di agitazione "stress e logorio psicologico" www.foggiatoday.it, 23 luglio 2014 Il personale di Polizia Penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale di Lucera, ha ripreso lo stato di agitazione, attuato con l’astensione ad oltranza dalla Mensa Obbligatoria di Servizio. Le organizzazioni sindacali Sappe, Sinappe, Osapp, Cisl Fns, Fsa Cnpp e Regionale Ugl, congiuntamente, denunciano, per l’ennesima volta, le critiche condizioni in cui è costretto a lavorare il personale di Polizia Penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale di Lucera, richiedendo l’intervento dei Superiori Uffici del Dap, in considerazione dell’inerzia del Provveditorato Regionale. Dap che il 21 maggio ha tenuto un confronto con le scriventi, in cui, il direttore ed il comandante, preso contezza delle lamentele denunciate dal personale, hanno fatto proprio l’impegno di verificare le criticità denunciate. In ragione di ciò, e con una diversa apertura di credito nei confronti dell’autorità dirigente, il personale di Polizia Penitenziaria ha deciso di sospendere la pacifica manifestazione di protesta attuata nelle forme dell’astensione dalla mensa obbligatoria di servizio intrapresa pochi giorni prima. Tuttavia, seppur apprezzabile un accenno di ripresa delle "Relazioni Sindacali" nonché una lieve forma di apertura al dialogo dimostrata dalla Direzione (in particolare dal comandante del Reparto), non si è di fatto apprezzata quella virata auspicata, ragion per cui si continua a lamentare l’ormai insopportabile disagio psicofisico arrecato dal persistente ed ostinato modus operandi adottato in materia di gestione delle risorse umane. Una filosofia gestionale che è da ricercare come la causa di una diffusa forma di malumore nonché di una concitata condizione di stress e logorio psicologico. Il personale, denuncia il modo in cui vengono organizzati i turni di lavoro in quanto si ravvisa una continua e palese violazione delle Vigenti Normative di cui all’Accordo Quadro Nazionale per il Corpo di Polizia Penitenziaria: Iniquità di trattamento, violazione del criterio dell’uguaglianza di posizione, attitudine e dignità professionale, delle pari opportunità, nonché delle previste e necessarie eque condizioni lavorative. Impiego di personale appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria in compiti amministrativo-contabili. Iniqua ripartizione dei Riposi Festivi, Domenicali ed Infrasettimanali; Mancata programmazione del Riposo Settimanale. Iniqua ripartizione dei turni prefestivi. Iniquità nella concessione del Congedo Ordinario. Programmazione di turni festivi domenicali e infrasettimanali in eccedenza al limite di tre. Programmazione di più turni domenicali consecutivamente. Predisposizione di turni di servizio a tre quadranti con assenza di partecipazione e confronto con le Organizzazioni Sindacali (soprattutto in considerazione che all’esame del 27.4.2012 la maggioranza rappresentativa Sindacale si è dichiarata contraria alla programmazione di turni di lavoro di otto ore). Programmazione dei turni di servizio notturno oltre le sei ore (violazione art. 9 comma 4 lettera b). Violazione della tutela prevista dall’Accordo Quadro Nazionale per il Corpo di Polizia Penitenziaria, per il personale che ha superato il cinquantesimo anno di età o che abbia oltre trenta anni di servizio (art. 9 comma 4 lett. "C" e art. 10 comma 11 Aqn). Mensilmente il foglio di servizio (programmato) di cui all’art. 30 del Dpr 15/2/99 N° 82 viene predisposto in ritardo ed in forma parziale, in violazione a quanto previsto dall’art. 8 comma 8 Aqn. Assoluta mancanza di comunicazione della concessione o meno delle richieste dei lavoratori, in violazione della ratio della programmazione dei turni mensili, finalizzata a far in modo, che il lavoratore possa organizzare la propria vita privata in funzione dei propri turni di servizio. Mancata emanazione degli interpelli per ricoprire i posti ad incarico fisso resi vacanti a vario titolo. Impiego, per ricoprire le vacanze di personale nei posti di servizio ad incarico fisso (cucina detenuti, spaccio, Ntp ecc.) di Poliziotti, che rivestono già altro incarico c.d. a turno fisso. Motivi, questi, che causano una grave forma di insoddisfazione, stress e logorio psicologico fra il personale a cui l’amministrazione è tenuta a porre rimedio. Alla luce di quanto detto, il personale di Polizia Penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale di Lucera, dalla data del 15 luglio ha dichiarato la ripresa dello stato di agitazione, attuata con l’astensione ad oltranza dalla Mensa Obbligatoria di Servizio (Mos), fino a concreto impegno per la risoluzione della problematica narrata. Ai superiori uffici del Dap, già notiziati delle gravi condizioni in cui versa il personale di Polizia Penitenziaria di Lucera, si rinnova l’invito ad un deciso intervento teso alla ricostruzione di un clima di serenità ed efficienza lavorativa. Verona: "Orme oltre le mura", pet therapy a Montorio per un carcere più umano di Marta Bicego Verona Fedele, 23 luglio 2014 Non soltanto il migliore amico dell’uomo. Il cane è un fedele "alleato" per il benessere umano. Nelle abitazioni, nelle case di riposo, nelle sale d’aspetto degli ospedali, E ora anche nel carcere di Mentono dove i quattro zampe sono stati introdotti con una duplice finalità: da una parte aiutare con la loro presenza i detenuti dal punto di vista fisico e psichico, dall’altra far imparare a chi è detenuto un mestiere che potrà essergli utile in futuro. Idea che si sintetizza efficacemente in "Orme oltre le mura": titolo del progetto sperimentale occupazionale di lavoro con gli animali basato sulla collaborazione tra Ulss 20, Casa circondariale di Montano, Corpo forestale dello Stato e Istituto zooprofilattico delle Venezie. "Gli obiettivi sono ambiziosi" ha premesso il direttore generale dell’Ulss 20, Maria Giuseppina Bonavina nell’illustrare l’iniziativa. Iniziativa unica in Italia quanto ad articolazione: ridurre gli episodi di violenza e suicidio, i sintomi somatici e psichici di ansia e depressione, il senso di isolamento e solitudine che inevitabilmente affligge chi vive la condizione di detenzione. Di conseguenza, aggiunge, "si punta anche alla diminuzione della somministrazione di farmaci ansiolitici cercando di integrare i soggetti detenuti nella gestione degli animali". La sperimentazione è iniziata lo scorso settembre con la formazione al canile dell’Ulss dei primi detenuti in semilibertà, nel solco delle esperienze già portate avanti con risultati molto incoraggianti dall’azienda sanitaria: dalle attività di ippoterapia presenti ormai da vent’anni tra Marzana e il Cerris, fino al progetto "Carla" che coinvolge la casa di riposo di Tregnago e alla recente introduzione dei cani nella sala d’attesa di Oncologia al nosocomio di San Bonifacio. Saranno una trentina le persone coinvolte, selezionate secondo precisi requisiti da una apposita commissione (per le aree sicurezza, sanità ed educazione) tra le donne e i giovani detenuti di età compresa tra i 18 e i 25 anni. "La pena deve tendere alla rieducazione e alla socializzazione" ha ricordato il direttore del carcere, Maria Grazia Bregoli, citando l’articolo 27 della Costituzione. "Anche una realtà "scomoda" come quella carceraria richiede iniziative di qualità - ha aggiunto. Bisogna ricordare che i cittadini entrano in carcere, ma poi escono. Un progetto come questo favorisce la sicurezza sociale". Ma il benessere al quale si mira non è esclusivamente quello umano. A essere coinvolti nel progetto sono infatti cani vittime di abbandono oppure sequestrati, tra Verona e Vicenza, dal Corpo forestale dello Stato, ha sottolineato il comandante provinciale Paolo Colombo: "Abbandonati, salvati da maltrattamento o da canili in cui non erano tenuti bene. La nostra adesione al progetto è stata immediata: per l’aspetto etico-educativo e insieme tecnico-operativo nel trovare strutture che accolgano questi animali". Benessere umano e animale, quando si parla di pet therapy, devono andare di pari passo. Insomma: "Il rapporto uomo-animale deve essere funzionale" ha ribadito il direttore dell’Istituto zooprofilattico Igino Andrighetto. Non ci si ferma dunque all’emotività, ma si approfondisce la qualità degli interventi, per fare in modo che i benefici della terapia possano essere supportati da dati oggettivi e scientifici. "Orme oltre le mura" proseguirà fino a giugno del 2016, con una fase di formazione per far acquisire competenze teoriche e pratiche, seguita da una fase di lavoro da svolgere in collaborazione con il canile dell’Ulss 20 e quello del Comune. A completamento dell’iniziativa, e nell’ottica di offrire opportunità lavorative concrete, il progetto prevede inoltre la realizzazione nella Casa circondariale di Montorio di tre strutture destinate all’accoglienza di animali che saranno gestite direttamente dai detenuti sotto la supervisione di personale esterno. Una pensione per cani ospiterà, in un’area esterna al carcere attrezzata con box e recinti per attività all’aperto, i quattro zampe di proprietà di privati. All’interno del perimetro del carcere sorgeranno invece due rifugi. Il primo darà accoglienza a una decina di animali provenienti dal canile sanitario dell’Ulss 20: quattro zampe scelti per il basso indice di adottabilità o problematiche comportamentali per le quali dovranno essere rieducati. Il secondo sarà adibito a ospitare cani e le specie protette (principalmente tartarughe e pappagalli) che sono frutto dei sequestri del Corpo forestale. Lecce: "Io ci provo", un laboratorio-percorso teatrale rivolto ai detenuti di Emilio Lanese www.restoalsud.it, 23 luglio 2014 Un laboratorio-percorso teatrale rivolto ai detenuti della sezione maschile della Casa circondariale Borgo S. Nicola di Lecce. Si chiama "Io ci provo" ed è un progetto il cui scopo è quello di valorizzare e incentivare il rapporto tra i singoli e il gruppo, "usando il teatro come mezzo artistico culturale e di formazione per una cittadinanza attiva in grado di mettere in risalto le singole individualità". Il laboratorio teatrale condotto da Paola Leone, vice presidente dell’Associazione Factory Compagnia Transadriatica, ha la durata di 12 mesi e ospita, durante il suo svolgimento, i seminari d’approfondimento sui mestieri dello spettacolo. La fase conclusiva prevede anche uno spettacolo aperto al pubblico all’interno del teatro del carcere. "Io ci provo - hanno riferito i promotori del progetto - è lo spazio ideale per il superamento dei nostri pregiudizi, per la crescita dell’immaginazione che mette al centro del discorso il carcere e le persone che ci vivono. È un’occasione per molti dei partecipanti di sperimentare qualcosa di nuovo, è un modo di interrogare il mondo e se stessi per individuare possibili vie di fuga, per potersi guardare "dentro" e vedere il "fuori" da più punti di vista. Nell’arco dei prossimi anni - hanno aggiunto - pensiamo di ristrutturare, gradualmente, il teatro all’interno del carcere, dove operiamo, e di farlo vivere come un vero teatro aperto alla città". Tra gli spettacoli già realizzati vanno ricordati: "Io non sopporto niente e nessuno, nemmeno Spoon River", tratto da Spoon River di Edgar Lee Masters andato in scena nel marzo del 2012; "Ubu Re", tratto da Ubu Re di Alfred Jarry andato in scena nell’aprile del 2013 con tre repliche: una per gli altri ospiti della Casa Circondariale, una per il pubblico esterno e una per gli universitari; "L’ultima cena di Alfredo Traps" tratto dal racconto "La Panne" andato in scena nel maggio 2014 con quattro repliche: una per i detenuti della Casa Circondariale, una per le scuole superiori, una per il pubblico esterno e l’ultima per gli studenti universitari, con un totale di circa 500 spettatori. Alghero: "Sulla Terra Leggeri", stasera i detenuti si raccontano tra carcere e memoria La Nuova Sardegna, 23 luglio 2014 Prosegue il festival "Sulla Terra Leggeri" che propone oggi alle 20, un momento inedito. All’interno del parco regionale di Porto Conte - Casa Gioiosa, a Tramariglio, va in scena "Perché sparai alla mia amante": un racconto curato dai detenuti dell’ex carcere di San Sebastiano. La serata proseguirà con il concerto di Paolo Fresu, accompagnato dal Devil Quartet e dal bandeonista Daniele Di Bonaventura (evento a pagamento ed esterno al Festival dell’Argentiera). Subito dopo, il cantante dei "Primo chef del cosmo" Pasquale Posadinu (nella foto) accompagna alcune letture tratte dagli oltre diecimila documenti emersi nella sistemazione dell’archivio dell’ex colonia penale di Tramariglio: un enorme patrimonio di storie, emozioni, frammenti di vita, in carte coperte di polvere, che rivivono nel libro pubblicato da Carlo Delfino "La colonia penale di Tramariglio. Memorie di vita carceraria". Domani "Sulla Terra Leggeri" tornerà a Sassari per il settimo anno consecutivo. Nei giardini comunali, in collaborazione con il festival Figiurà, ci sarà spazio per un racconto del borgo dell’Argentiera a cura di Luciano Ottelli " Il giacimento, la miniera, gli uomini" a seguire "Stare meglio oggi" un monologo teatrale imperdibile firmato dall’attore Carlo De Ruggieri. L’apertura della serata è affidata al musicista e cantautore Giovanni Peresson e al suo spettacolo: "Quel ritornello che mi piace tanto, i tormentoni della nostra estate". L’appuntamento è per le 21. Venezia: prosegue il progetto teatrale "Passi Sospesi" negli Istituti penitenziari cittadini Ristretti Orizzonti, 23 luglio 2014 Prosegue il progetto teatrale "Passi Sospesi" negli Istituti Penitenziari di Venezia, diretto da Michalis Traitsis, regista e pedagogo teatrale di Balamòs Teatro. Mercoledì 23 Luglio 2014, alle ore 16.00, Enzo Vetrano e Stefano Randisi registi e attori della Compagnia teatrale "Diablogues" terranno un incontro di laboratorio con le donne detenute della Casa di Reclusione Femminile di Giudecca. Attori, autori e registi teatrali, Enzo Vetrano e Stefano Randisi lavorano insieme dal 1976. Nel settembre del 2011 hanno vinto il premio Le Maschere del Teatro Italiano con lo spettacolo I Giganti della Montagna per la categoria Miglior spettacolo di prosa e nel 2010 hanno ricevuto il premio Hystrio-Anct per il loro lavoro tra ricerca e tradizione. Del 2007 è il premio ETI - Gli Olimpici del Teatro come miglior spettacolo per Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni, realizzato insieme a Elena Bucci e Marco Sgrosso. Nel 1988 Vetrano e Randisi hanno ricevuto dal Sindaco Leoluca Orlando il premio Palermo per il Teatro e vent’anni dopo, nel luglio 2007, è stato loro consegnato il premio Imola per il Teatro, come riconoscimento alla loro carriera. Col Teatro Daggide di Palermo, loro città d’origine, Vetrano e Randisi hanno condiviso l’esperienza formativa del teatro di gruppo, orientando la propria ricerca verso il teatro d’attore, l’improvvisazione e la drammaturgia collettiva. Dall’83 al 92 hanno formato una compagnia all’interno della Cooperativa Nuova Scena di Bologna, per la quale hanno scritto, diretto e interpretato numerosi spettacoli fra cui una trilogia dedicata alla Sicilia, e hanno partecipato a diversi lavori con Leo de Berardinis. Nel 1995 hanno fondato l’Associazione Culturale Diablogues, che spazia da produzioni di spettacoli di ricerca teatrale e musicale alla didattica, da collaborazioni e consulenze artistiche alla progettazione e realizzazione di eventi teatrali unici in luoghi di particolare interesse artistico e culturale. Dal 2001 al 2012 Vetrano e Randisi sono stati fondatori e direttori artistici del Festival Acqua di terra / Terra di luna, il più importante avvenimento culturale della Vallata del Santerno. Dal 1999 al 2003 una creativa e fruttuosa collaborazione con la compagnia "Le Belle Bandiere" ha avviato uno studio su testi classici che ha fatto conoscere e apprezzare il lavoro di Vetrano e Randisi anche in circuiti di teatro più tradizionale, distinguendosi per la prospettiva originale che apre squarci su differenti visioni e dimensioni dei testi e degli autori affrontati: Il berretto a sonagli di Pirandello (1999) Anfitrione da Plauto, Molière, Kleist e Giraudoux (2000) Il mercante di Venezia (2001) e Le smanie per la villeggiatura di Goldoni (2003). Successivamente hanno creato una nuova compagnia che ha realizzato un repertorio pirandelliano: L’uomo, la bestia e la virtù (2005), Pensaci, Giacomino! (2007) I Giganti della Montagna (2009) Fantasmi (2010) Trovarsi (2011). Recentemente hanno affrontato con risultati emozionanti anche la drammaturgia di Franco Scaldati, realizzando Totò e Vicé (2012). La visita di Enzo Vetrano e Stefano Randisi alla Casa di Reclusione Femminile di Giudecca ha come obiettivo quello di ampliare, intensificare e diffondere la cultura teatrale dentro e fuori gli Istituti Penitenziari di Venezia. Mantova: tentano di rubare gli infissi del carcere abbandonato di Revere, tre in arresto Gazzetta di Mantova, 23 luglio 2014 Una gang specializzata in furti di alluminio ha tentato il colpo grosso, ma è stata scoperta dai carabinieri. Voleva rubare gli infissi del carcere di Revere, mai aperto. Circa 30 quintali, un bottino rilevante. I tre hanno tentato la fuga ma sono stati catturati. Domani il processo per direttissima. Hanno smontato tutti gli infissi in alluminio delle carceri di Revere, circa trenta quintali di metallo, li hanno caricati su un furgone e stavano per fuggire quando i carabinieri, li hanno bloccati e arrestati. Tre le persone finite in carcere per furto aggravato e resistenza, dal momento che la gang ha tentato di sfuggire alla cattura. In manette Rosario Di Stefano Filingeri, 46 anni, Otthmane Shime, di 41 anni, entrambi di Isola Rizza in provincia di Verona e Mohammed El Amri, 30 anni, di Bovolone, sempre in provincia di Verona. Domani mattina, mercoledì, compariranno davanti al giudice per la direttissima. Il carcere di Revere, ultimato e mai entrato in funzione, vive nel degrado ormai preda dell’erba e della ruggine. Bologna: detenuto in permesso va in pellegrinaggio ad Assisi, poi si imbottisce di eroina www.bolognatoday.it, 23 luglio 2014 Ha sfruttato il suo permesso per andare in pellegrinaggio, ma prima di rientrare alla Dozza, ha pensato di fare rifornimento di "bianca". Ora si trova in ospedale, in attesa di espellere la manciata di ovuli inghiottiti: su di lui pende l’accusa di spaccio. Ha sfruttato il suo permesso premio per andare in pellegrinaggio ad Assisi, ma prima di rientrare alla Dozza, il carcere di Bologna, ha pensato di fare rifornimento di eroina bianca. Ora si trova in ospedale, in attesa di espellere la manciata di ovuli inghiottiti domenica pomeriggio proprio nel parcheggio della Dozza, e su di lui pende l’accusa di spaccio. Il protagonista della vicenda è L.A.S., 31enne brasiliano, ma da anni residente in Italia, con una pena da scontare fino al 2017 per rapina. L’uomo, nei giorni prima del pellegrinaggio, aveva telefonato più volte a un pusher tunisino di 44 anni, uscito a maggio dal carcere, usando un linguaggio in codice (che faceva riferimento a capi d’abbigliamento) per accordarsi sulla consegna della droga. Il telefono del pusher, però, era intercettato dai carabinieri della stazione Bologna centro, nell’ambito di una indagine per la morte di una persona per overdose avvenuta lo scorso primo giugno. I militari capiscono, dunque, che sta per avvenire la consegna quando, domenica mattina, il pusher dice al telefono che "l’abbigliamento è pronto". I due uomini si mettono d’accordo per vedersi nel pomeriggio nel parcheggio della Dozza, e il 31enne, che sta appunto tornando dal pellegrinaggio ad Assisi, si descrive fisicamente per facilitare l’incontro: descrizione che servirà anche ai Carabinieri per individuarlo. I quali però arrivano quando lo scambio è già avvenuto: il brasiliano ammette di aver ingerito una manciata di "palline", ma rifiuta di sottoporsi alla Tac e di prendere lassativi. Ora è piantonato in ospedale, in attesa che espella gli ovuli: dovrà rispondere dell’accusa di spaccio, aggravato dal fatto che la droga era destinata a detenuti. Anche il pusher è tornato alla Dozza. Stati Uniti: nel Michigan i detenuti tornano a indossare uniformi a strisce bianche e nere www.tgcom24.it, 23 luglio 2014 La serie tv "Orange is the new black" ha lanciato una moda. Ora le divise arancioni sono troppo cool. "Orange is the new black", la serie tv americana che racconta le vicende di una donna in carcere, sta avendo così successo da far diventare cool le uniformi dei detenuti. E così uno sceriffo del Michigan ha deciso di cambiare le divise dei carcerati da arancioni a bianche e nere. "Orange is the new black" non solo è stata recentemente nominata per quattro Emmy Award, ma ha anche creato un certo scompiglio tra la popolazione americana. Da che la serie tv ha spopolato, molte persone hanno cominciato a vestire interamente d’arancione. Si è iniziato così a pensare che le donne americane potessero venir confuse con le detenute, soprattutto quando quest’ultime si trovano all’esterno del carcere per svolgere lavori socialmente utili. William Federspiel, sceriffo di Saginaw County, classificata al terzo posto tra le città più violente degli Stati Uniti, ha iniziato a pensare che le tipiche uniformi arancioni stavano diventando troppo alla moda. Così ha deciso di far ritornare i 513 detenuti della sua contea a indossare le vecchie divise a strisce bianche e nere. "Era mio dovere fare qualcosa per ridefinire il labile confine che si era creato tra dentro e fuori il carcere", ha dichiarato lo sceriffo. Turchia: arrestati 67 alti funzionari di polizia, sono sospettati di aver spiato ministri Tm News, 23 luglio 2014 Le autorità turche hanno arrestato decine di alti funzionari di polizia, molti dei quali ricoprivano ruoli di responsabilità quando, l’inverno scorso, mezzo governo finì sotto accusa in un’indagine per corruzione, poi insabbiata. La magistratura ha annunciato gli arresti di 67 ufficiali di polizia in attività o in congedo, accusati di intercettazioni illegali e di falsificazione di documenti ufficiali, in larga parte a Istanbul, ma anche nella capitale Ankara e in grandi città come Smirne e Diyarbakir. Secondo i media, la maxi operazione rappresenta una nuova battaglia della guerra dichiarata dal premier Recep Tayyip Erdogan contro la confraternita dell’imam Fethullah Gulen, accusata di essere dietro l’indagine che toccò la stessa famiglia del premier. La tv mostra le immagini degli arrestati portati via ammanettati, con qualcuno di loro che alza le braccia in segno di sfida. Tra gli arrestati a Istanbul due ex capi della divisione antiterrorismo cittadina, Omer Kose e Yurt Atayun. "Mi sono consegnato, ma come vedete mi hanno ammanettato dietro la schiena" ha dichiarato Atayun ai giornalisti. "È tutto politico" ha risposto a chi gli chiedeva le ragioni del suo arresto. Gli arrestati sono accusati di spionaggio, intercettazioni illegali, falsificazione di documenti ufficiali, violazione della privacy, fabbricazione di false prove, violazione del segreto istruttorio. La procura di Istanbul ha reso noto che gli ordini di custodia sono in totale 115, di cui 67 eseguiti e ha spiegato che migliaia di persone sono state intercettate illecitamente. Tra di essi Erdogan, alcuni ministri e il capo dell’intelligence, Hakan Fidan. Erdogan ha accusato la confraternita di Gulen di essersi infiltrata nelle forze dell’ordine e nella magistratura turche, con l’obiettivo di rovesciare il suo governo prima delle elezioni locali di marzo scorso. Ma il partito islamico conservatore del premier, il Partito per la giustizia e lo sviluppo Akp, ha vinto con ampio margine e il presidente è ora il candidato favorito per le presidenziali del prossimo 10 agosto. Dopo 11 anni al potere che gli hanno consentito di condurre e vincere una dura battaglia contro le forze armate, un tempo potentissime nella vita politica turca, Erdogan ha ora dichiarato guerra a Gulen, accusato di aver messo in piedi uno "stato parallelo". In un’intervista tv ieri sera Erdogan ha promesso una guerra "senza tregua" contro il movimento dell’imam e ha chiesto agli Stati Uniti di estradare Gulen, che vive in Pennsylvania dal 1999. "Mi attendo che gli Usa prendano posizione sulla questione Gulen" ha detto. Il premier a dicembre scorso ha dovuto affrontare la più grave crisi politica da quando è al governo, quando i suoi fedelissimi sono finiti sotto inchiesta con accuse di vario genere, da tangenti a contrabbando d’oro e di altri beni con l’Iran. L’esecutivo dopo lo scoppio dello scandalo ha già silurato migliaia di funzionari di polizia e di magistrati ritenuti legati al movimento di Gulen, inasprendo i controlli sulla magistratura e su internet. Erdogan e Gulen erano un tempo alleati e insieme hanno trasformato il panorama politico turco, per decenni dominato dalle forze armate laiche e sorvegliato dai generali pronti a ricorrere ai colpi di stato a ogni stormir di fronde. I gulenisti, che si dice siano milioni, mirano a integrare un "islam civile" con la modernità, la scienza e il nazionalismo turco. Gulen, fuggito dalla Turchia nel 1999 per sottrarsi alle accuse di attività anti-secolari da parte del governo dell’epoca, ha negato di aver ordito le accuse contro Erdogan.