Giustizia: "due mesi di discussione astratta su 12 punti"… la riforma di Renzi parte così Redattore Sociale, 1 luglio 2014 "Per due mesi vogliamo discutere della giustizia in modo non ideologico. Sono 20 anni che sulla giustizia si litiga senza discutere. Cambiamo metodo. Sarà una discussione la più filosofica, concettuale e astratta prima di approvare la riforma, per coinvolgere l’Italia su questo tema". Matteo Renzi annuncia così, concludendo in serata il consiglio dei ministri, il pacchetto di riforme del sistema Giustizia che si poggia "su 12 punti". Il premier parla a braccio, come aveva fatto Orlando durante il Cdm. E snocciola gli obiettivi: dimezzamento dei processi arretrati che intasano le aule di tribunale, un processo civile che dura un anno e non oltre. Sulle toghe: "Ci inchiniamo all’indipendenza della magistratura" ma "siamo contrari alle carriere per appartenenza ad una corrente". Sulla riforma del sistema elettorale del Csm, però, nessun "blitz", come temeva l’Anm: se ne riparlerà dopo il rinnovo delle cariche elettive previsto per luglio. Mentre le norme sulla responsabilità civile dei magistrati "devono essere basate su un modello europeo", dunque nulla a che vedere con la responsabilità diretta prevista dall’"emendamento Pini". Le intercettazioni: "Sono l’unico argomento su cui non abbiamo pronta la norma. Faremo un discussione aperta, anche con la stampa". Sul falso in bilancio occorre "una legge degna di questo nome". E ancora: accelerazione del processo penale e riforma della prescrizione; intercettazioni (diritto all’informazione e tutela della privacy); riqualificazione del personale amministrativo. Insomma, troppo importante e complessa, l’opera che ha in mente il Guardasigilli Andrea Orlando, per rischiare di bruciarla sotto il fuoco incrociato – strano destino – dei berluscones ancora ben posizionati in parlamento e dei magistrati che mostrano già da qualche giorno un certo nervosismo crescente. E invece la coperta strattonata da parti opposte - soprattutto su responsabilità civile delle toghe, intercettazioni, prescrizione e falso in bilancio - rischia di strapparsi, e Renzi non ci sta. Tanto più che ha puntati addosso gli occhi del Consiglio d’Europa che quella riforma strutturale ha richiesto come compito a casa nell’arco del prossimo anno. Il lavoro è tutto politico. Non a caso, il Cdm dove Orlando ha portato ieri le "linee guida" della sua riforma, previsto per le 17, slitta di quasi tre ore. Niente decreti o ddl, dunque, solo linee guida, consultazioni e lunghe trattative. Si procede come per la riforma della P.A. "Credo che sia l’occasione per recuperare alla giustizia i carattere di infrastruttura democratica", esordisce Orlando presentando il suo progetto. Il Guardasigilli tiene soprattutto alla riforma del processo civile, la cui "via maestra" sarà "l’informatizzazione". "Per separazioni e divorzi, se consensuali, non servirà più andare davanti al giudice", aggiunge Orlando spiegando le nuove forme di negoziazione assistita e di mediazione obbligatoria. È rimasto per ora nel cassetto, il pacchetto dei decreti legge che era già pronto per le riforme necessarie a smaltire l’accumulo dei 5,2 milioni di procedimenti civili pendenti, proprio nel giorno di inaugurazione del cosiddetto "processo civile telematico" che prevede il deposito digitale degli atti processuali di tutte le cause (in primo grado, per il momento) cominciate appunto ieri. Da via Arenula fanno notare che sarebbe stato inutile, visto l’intasamento pre-vacanziero del parlamento che rischia di far scadere perfino il decreto sul risarcimento ai detenuti, in riparazione della sentenza Torreggiani, varato dal Cdm il 20 giugno e che inizierà il suo iter di conversione alla Camera solo il 21 luglio prossimo. In Parlamento, poi, sono in stand-by anche alcuni ddl "scottanti": al Senato, l’ex ministro Nitto Palma medita un’accelerazione sui ddl Buemi e Grasso sulla responsabilità civile delle toghe, e sul testo unificato dal relatore del Ncd D’Ascola sul falso in bilancio e sull’auto-riciclaggio. Giustizia: una paginetta spot per poi discutere con Silvio di Wanda Marra Il Fatto Quotidiano, 1 luglio 2014 Il governo presenta le "linee guida". Due mesi di chiacchiere in arrivo. Una grande consultazione popolare online. Un metodo, uno stile. La riforma della giustizia non c’è, si riduce a 12 "linee guida", una paginetta stringata, che viene rimandata sullo schermo di Palazzo Chigi, ma Matteo Renzi, giacchetta blu elettrico e camicia bianca senza cravatta, si carica da solo via via che la annuncia e la racconta. Stavolta, il premier buca pure i Tg delle 20, e arriva in conferenza stampa poco dopo le 20 e 30. Espressione compunta sui migranti: ("La giornata di oggi è stata segnata dal nostro dolore"), poi parte la più classica "super cazzola" sulla nomina di Joseph Weiler, presidente onorario dell’università di Fiesole, a cui il governo decide di concedere la cittadinanza italiana. Degli alti meriti previsti, evidentemente, il primo è lavorare alle porte di Firenze. Armi di distrazioni di massa. Tutti si aspettano di capire com’è finito il dibattito sulla giustizia, il premier divaga. Accanto a lui il Guardasigilli, Andrea Orlando, ha una faccia bianca come un lenzuolo. Dall’altra parte, Angelino Alfano, sorride solo se interpellato. Ma lui, Matteo, non si scompone. La giustizia, dunque? Da oggi al 31 agosto si apre "una grande discussione": "filosofica, concettuale, astratta, concreta". Chi più ne ha più ne metta. La mail c’è già, è quella della riforma della Pa: rivoluzione@governo.it. Intanto il premier accumula parole. Descrive un Csm in cui si distingue tra "chi giudica e chi nomina", favoleggia di una giustizia civile che "di - mezza l’arretrato", assicura che sulle intercettazioni una proposta non c’è. Tutto questo perché possa partire la "più grande operazione partecipata della storia". Più i minuti passano, più Orlando, silente, riprende vigore: meno ci mette la faccia meglio è. D’altra parte, lui ci aveva creduto che ieri la riforma sarebbe partita. E anche se è un bravo incassatore, a un certo punto sbotta. "Sarà la rivoluzione dell’Orlando pacifico, non dell’Orlando furioso. L’Orlando doroteo", scherza Renzi. Che lo tira in ballo continuamente, a proposito delle correnti del Pd e immaginandolo intercettato. "Fai un altro esempio", dice lui a mezza bocca. Il Guardasigilli in un Cdm iniziato con due ore e mezza di ritardo, causa riunioni precedenti su immigrazione e nomina del sostituto di Tajani non proprio indolori, le linee guida le ha illustrate. Ritagliandosi di fronte a un Renzi più estremista il ruolo di pontiere con i magistrati. Resistenze le loro che frenano. Ma ormai di riforma vera e propria se ne parla forse prima di Natale. Il premier fa il pifferaio magico, i giochi sono ben altri. "Non ci sono le condizioni ora per fare un pacchetto completo", spiega un renziano ben informato. Perché, "anche Berlusconi vuole avere voce in capitolo. E non tanto sui singoli temi, quanto sulla scrittura delle regole". Falso in bilancio, ma non solo, insomma. Senato e giustizia vanno alla "stessa velocità": "Berlusconi non fa passare le riforme costituzionali se non ha qualche garanzia sulla giustizia. E Matteo non affronta la questione, se non incassa il Senato". Per capire l’intreccio, basta scorrere all’indietro il film della giornata. "Oggi cominciamo. Ecco qua, abbiamo il faldone". Roberto Calderoli, abbronzatissimo, versione padre costituente, si aggira per Palazzo Madama con fasci e fasci di carta sotto al braccio. "Sì, iniziamo a votare in Commissione. Quando finiamo? Avevo preventivato il 9 luglio, ma sono stato ottimista". Alle 16 la Commissione Affari Costituzionali è circondata dai fotografi. Grande attesa per il primo voto della "grande riforma" dell’era Renzi. Peccato che non si capisca neanche se si farà. Arrivano i protagonisti. Anna Finocchiaro, tutta in nero, commenta solo: "C’è il pubblico delle grandi occasioni". Sguardo dall’alto, del tipo non mi chiedete niente. Quasi ultima, tacco a spillo rosso, camicia rossa, sorriso da stella del cinema in passerella arriva il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi. È lei la madrina, e non si lascia abbattere. Perché è subito chiaro che la commissione non andrà lontano. Mario Mauro, che entra in veste di osservatore/disturbatore dà voce a quello che pensano tutti: per arrivare ai voti importanti si aspetta dopo giovedì, l’assemblea dei gruppi di FI. Sono tre i punti "sensibili": l’immunità, la questione della rappresentanza delle minoranze in Senato. E soprattutto, i grandi elettori per l’elezione del Colle. Per come sono le cose ora, il Senato sarebbe assolutamente marginale. E allora, è apparso un emendamento a firma Lo Moro, Russo, Gotor e Migliavacca (tutti del Pd nella prima Commissione) che chiede la riduzione dei deputati da 630 a 500. Per ora non si discute: i voti veri inizieranno lunedì. E se la riforma passa in Aula prima dell’estate è grasso che cola. Si parla già di settembre. La riunione del gruppo Dem al Senato con Renzi prevista oggi è rimandata a dopo la prossima trattativa con B., che il premier dovrebbe incontrare in questi giorni. A ora di pranzo, intanto, il presidente del Consiglio vede Orlando. L’unica cosa che appare chiara a faccia a faccia finito è il rinvio. E a sera arrivano le conferme dei presagi della mattina. "Votati emendamenti a articolo 59. La Commissione si aggiorna a domani. Per ora "dribblati" i problemi irrisolti", commenta in un tweet Francesco Russo. Renzi porge al paese il bicchiere mezzo pieno: "Ottima giornata, alla faccia dei gufi". Giustizia: Rita Bernardini in sciopero fame… "fermare subito il massacro nelle carceri" www.radicali.it, 1 luglio 2014 Dichiarazione di Rita Bernardini, Segretaria Nazionale di Radicali italiani. Nel dossier di 56 pagine che il 22 maggio scorso, con le firme di Laura Arconti, Deborah Cianfanelli e mia, Radicali italiani ha trasmesso al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, un capitolo fondamentale riguardava la salute in carcere. Il Comitato dei Ministri, chiamato a valutare l’esecuzione della condanna inflitta all’Italia dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (sentenza Torreggiani), il 5 giugno scorso si è espresso in modo positivo - seppure rimandando il giudizio definitivo al giugno 2015 - incentrando la sua valutazione sulla questione dei 3 metri quadrati a testa per ogni detenuto, segno evidente che la sentenza della Cedu non l’abbia presa in considerazione. Così come non ha preso in considerazione (non sappiamo se per motivi burocratici o politici o per entrambi) il dossier di Radicali Italiani che - abbiamo verificato - non è stato distribuito ai 47 delegati del Comitato e che sarà esaminato, invece, nella prossima sessione del 23/25 settembre. Su questa grave omissione è in corso un contenzioso con gli Uffici del Consiglio D’Europa. Detto questo, chi si occupa di carcere è letteralmente subissato da casi di detenuti non curati e troppo spesso lasciati morire. Nelle ultime ore, grazie a Ristretti Orizzonti, abbiamo avuto la notizia di due suicidi (uno a Firenze Sollicciano e un altro a Cagliari Buoncammino) e di un settantenne detenuto presso la casa circondariale di S. Maria C.V, morto all’ospedale Melorio dopo che, 15 giorni fa, il Tribunale di Sorveglianza di Napoli gli aveva negato i domiciliari. I dati che avevamo trasmesso in Europa anche sulla "salute" in carcere, provavano che la violazione dell’articolo 3 della Convenzione Edu (trattamenti inumani e degradanti) era sistematica nel nostro sistema carcerario. In particolare, prendevamo in considerazione quanto rilevato dalla Società italiana di medicina penitenziaria (Simspe): "in cella contraggono malattie il 60-80% dei detenuti". Carceri definiti come veri e proprio lazzaretti: i tossicodipendenti, che sono il 32%; il 27% dei detenuti che ha un problema psichiatrico, il 17% ha malattie osteoarticolari, il 16% cardiovascolari e circa il 10% problemi metabolici e dermatologici. Tra le malattie infettive è l’epatite C la più frequente (32,8%), seguita da Tbc (21,8%), Epatite B (5,3%), HIV (3,8%) e sifilide (2,3%). È per questa situazione che, a partire dalla mezzanotte di oggi, lunedì 30 giugno 2014, inizierò un Satyagraha nella forma dello sciopero della fame per richiedere a Governo e Parlamento che si faccia chiarezza e si intervenga immediatamente: 1) per scongiurare le morti in carcere 2) sulle cure negate ai detenuti, molti dei quali incompatibili con lo stato di carcerazione 3) sulla tortura del 41-bis inflitta perfino a detenuti, come Bernardo Provenzano, per i quali le Procure della Repubblica di Palermo, Caltanissetta e Firenze hanno dato parere favorevole alla revoca del 41 bis. Giustizia: Sappe; altro che emergenza superata, in poche ore morti 3 detenuti e 1 evaso Comunicato stampa, 1 luglio 2014 Resta sempre alta la tensione nelle carceri italiane. La denuncia arriva dal Sindacato più rappresentativo e con il maggior numero di poliziotti penitenziari iscritti, il Sappe. Spiega Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe: "In poche ore, in due carceri italiane, si sono tolti la vita due detenuti. Uno a Firenze Sollicciano: aveva 33 anni, era del Marocco, in attesa di giudizio ed è morto inalando il gas butano dalle bombolette che l’Amministrazione Penitenziaria continua a far tenere in cella ai detenuti nonostante siano assicurati a tutti loro ogni giorno la colazione, il pranzo e la cena. L’altro detenuto si è ammazzato impiccandosi in cella a Cagliari, dove era rientrato a seguito dell’evasione dagli arresti domiciliari: sarebbe uscito tra meno di un anno, a febbraio 2015. A Santa Maria Capua Vetere, in ospedale, è infine deceduto un detenuto di 70 anni, ricoverato per le gravi condizioni di salute. Un dramma continuo, nonostante le affrettate rassicurazioni di chi va in giro a dire che i problemi delle carceri sono (quasi) risolti e non c’è più un’emergenza". Capece, a conferma che la situazione resta grave nelle carceri italiane, cita gli episodi accaduti nell’ultima settimana: "Una detenuta bulgara arrestata per furto si è uccisa a Teramo, nel carcere di Castrogno; un altro suicidio sventato a Taranto; l’aggressione a un poliziotto penitenziario a Sassari Bancali; una maxi rissa tra detenuti, con 5 feriti, sempre a Teramo; una rissa tra detenuti napoletani e casertani a Benevento e la spedizione punitiva contro un ristretto a Salerno; un altro agente di Polizia penitenziaria aggredito a Trieste, un detenuto evaso dall’Ospedale di Napoli dove era ricoverato, droga e telefoni cellulari trovati a Genova Marassi. È finita l’emergenza nelle carceri, allora? Ha risolto tutti i problemi la vigilanza dinamica delle carceri voluta dai vertici dell’Amministrazione Penitenziaria?" Il Sappe contesta in particolare questa scelta del Dap: "In pratica, si vuole cercare di tenere tutta la giornata aperti i detenuti per farli rientrare nelle loro stanze solo per dormire, lasciando ad alcune telecamere il controllo della situazione. Il Sappe si batte da tempo contro questo improvvido provvedimento che si ritiene assolutamente destabilizzante per le carceri italiane. È infatti nostra opinione che, lasciando le sezioni detentive all’autogestione dei detenuti, si potrebbero ricostituire quei rapporti di gerarchia tra detenuti per cui i più potenti e forti potrebbero spadroneggiare sui più deboli. In secondo luogo, sempre a nostro avviso, si sta ignorando l’articolo 387 del codice penale per il quale potrebbe essere comunque l’agente, anche se esiliato davanti a un monitor, a rispondere penalmente di qualsiasi cosa accada nelle sezioni detentive. Ancora più grave potrebbe essere l’accentuarsi in maniera drammatica di episodi di violenza all’interno delle stanze ove i detenuti non sono controllabili". Per questo, conclude Capece, "lanciamo un appello al Ministro della Giustizia Orlando perché si fermi questo insensato progetto che, se applicato in maniera indiscriminata, potrebbe portare ad una situazione di estrema emergenza per l’ordine pubblico sia all’interno che all’esterno delle carceri". Giustizia: Simspe; la psoriasi è un "nemico" in carcere, incidenza 7 volte più alta che fuori Asca, 1 luglio 2014 Non solo Aids, tubercolosi ed epatiti nelle carceri. Simspe (Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria) e Adipso (Associazione per la Difesa degli Psoriaci), in collaborazione con la Asl Viterbo, l’Amministrazione Penitenziaria ed il contributo incondizionato di Pfizer Italia, hanno realizzato presso l’Ospedale Belcolle di Viterbo, "PsoCare" il primo centro per detenuti dedicato alla cura - e a monitoraggio e prevenzione - della psoriasi, malattia cronica della pelle che si manifesta inizialmente con macchie rossastre e che colpisce il 3%, della popolazione Italiana. Secondo i dati relativi alla popolazione carceraria, dai primi interventi - iniziati a febbraio 2014 - ad oggi è stato possibile diagnosticare su 80 pazienti inviati a visita dal carcere di Viterbo, ben 18 pazienti psoriasici di cui il 30% con forme lievi moderate, il 35% con forme moderato-severe ed il 35% con forme severe con grave impegno della cute e talora coinvolgimento articolare o pazienti con patologie associate (Rcu, psoriasi ed artrite). Una percentuale pari a oltre il 22% che significa un’incidenza della malattia ben 7 volte più alta rispetto a chi non vive ristretta in carcere. Rapportando il dato su scala nazionale è possibile stimare tra i tremila e i cinquemila malati di psoriasi, presenti nelle nostre carceri, di cui almeno 1.500 con forme severe. E questa - sottolineano i medici specialisti della Simspe - è una diagnosi sicuramente sottostimata in ambito penitenziario, in quanto alcune forme di psoriasi possono essere non diagnosticate dal personale non specialistico o interpretate come patologie dermatologiche di diversa genesi. Spiega Giulio Starnini, direttore dell’U.O. di Medicina Protetta dell’Ospedale Belcolle di Viterbo e Past-president Simspe: "L’esperienza di questi mesi sta dimostrando come la patologia psoriasica sia notevolmente più presente fra la popolazione penitenziaria rispetto a quanto immaginabile, anche in ragione di fattori favorenti come le patologie infettive coesistenti, l’immuno-soppressione, le terapie farmacologiche, le condizioni di stress determinate dalla condizione di reclusione". Mara Maccarone, presidente Adipso, da anni si batte contro lo stigma della psoriasi, "una malattia sociale - dice - che incide pesantemente su tutti gli aspetti della vita quotidiana del malato. L’apertura del centro Psocare dell’Ospedale Belcolle, diretto da Paola Tribuzi - conclude - è un grande passo in avanti verso l’accesso paritario alle cure terapeutiche più all’avanguardia anche per questa parte negletta della popolazione". Giustizia: i Sindacati di Polizia penitenziaria chiedono incontro "urgentissimo" a Orlando Agi, 1 luglio 2014 Un "incontro urgentissimo" per discutere, prima di intraprendere eventuali iniziative di lotta, la "devastante portata" di alcuni degli istituti previsti dalle "nuove norme per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari". A chiederlo al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, sono i sindacati di polizia penitenziaria Sappe, Uil, Osapp, Sinappe, Ugl, Cisl e Cnpp denunciando in una lettera "la volontà dell’esecutivo di omologare anche il comparto sicurezza, per la sola parte relativa ai doveri ed ai tagli, ai lavoratori del pubblico impiego". "Oggi - scrivono i sindacati - a fronte del continuo esaltare la specificità delle forze di polizia, bisogna prendere atto che con il varo della normativa in questione la polizia penitenziaria viene equiparata ai lavoratori del pubblico impiego senza però che siano concessi diritti fondamentali, mai messi in discussione, quali lo sciopero, il part time o la possibilità di effettuare il doppio lavoro, purché non palesemente in contrasto con i doveri di ufficio. Non solo, ma per quanto attiene alle negate libertà sindacali, basti pensare che agli appartenenti alla polizia penitenziaria viene pressoché impedito - per esigenze di servizio - l’esercizio del diritto di assemblea sui luoghi mediante la fruizione delle 10 ore annue pro capite. Ragione per cui gli operatori del Corpo di polizia penitenziaria potrebbero ben sostenere di aver accumulato una sorta di banca ore per l’esercizio di prerogative sindacali che ammonta a ben oltre 10 milioni di ore dal 1990 e che si alimenta di ulteriori 400mila ore all’anno". In tale contesto - sottolineano Sappe, Uil, Osapp, Sinappe, Ugl, Cisl e Cnp - non è accettabile la riduzione sic et sempliciter del 50% dei distacchi, delle aspettative e dei permessi sindacali, che si porrebbe come un ulteriore attacco alle libertà democratiche ad alle prerogative negoziali, atteso anche che per il comparto essi hanno trovato spazio negli accordi contrattuali entrando a far parte a tutti gli effetti degli oneri che ne hanno determinato la stipula". Sappe: Governo Renzi comprime libertà sindacali Si profila una clamorosa protesta in relazione al provvedimento di riforma della pubblica Amministrazione del Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi e del ministro della Semplificazione Maria Anna Madia nella parte in cui rivede l’agibilità sindacale. Lo spiega Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, il primo e più rappresentativo dei Baschi Azzurri: "Questo è un provvedimento che calpesta le prerogative delle Organizzazioni sindacali, preso senza alcuna informativa preventiva, calato dall’alto come nei peggiori governi che di democratico hanno ben poco, che fa a pezzi la Costituzione. I sindacati come quello che rappresento - autonomo, apolitico, apartitico, da oltre 15 anni il più grande come numero di iscritti della Polizia Penitenziaria - si vede tagliare le gambe rispetto al diritto-dovere di tutela degli aderenti. Per questo mercoledì mattina terremo una riunione straordinaria della Segreteria Generale del Sappe a Roma, per valutare se non sia il caso di dimetterci tutti contro quest’atto arbitrario e di una violenza inaudita, messo in atto per altro da un Governo che non ha alcuna legittimazione elettorale!". Capece, che inviata il premier Renzi e il ministro Madia a rispettare anche la specificità del Comparto Sicurezza rispetto al pubblico impiego e a incontrare quindi il Sappe, a conferma che la situazione resta grave nelle carceri italiane, cita gli episodi accaduti nell’ultima settimana: "Una detenuta bulgara arrestata per furto si è uccisa a Teramo, nel carcere di Castrogno; un altro suicidio sventato a Taranto; l’aggressione a un poliziotto penitenziario a Sassari Bancali; una maxi rissa tra detenuti, con 5 feriti, sempre a Teramo; una rissa tra detenuti napoletani e casertani a Benevento e la spedizione punitiva contro un ristretto a Salerno; un altro agente di Polizia penitenziaria aggredito a Trieste, un detenuto evaso dall’Ospedale di Napoli dove era ricoverato, droga e telefoni cellulari trovati a Genova Marassi. Tutti questi eventi critici pongono al centro l’esecuzione della pena e l’operatività della Polizia Penitenziaria i cui appartenenti, se passerà definitivamente la riforma così come è stata concepita, non avranno nessuno a tutela della delicata e difficile professione che quotidianamente svolgono". Giustizia: viaggio del Papa in Molise, incontrerà lavoratori, malati e detenuti Ansa, 1 luglio 2014 La sala stampa vaticana ha diffuso oggi il programma - confermato - del viaggio pastorale di papa Francesco in Molise, in programma sabato prossimo, 5 luglio. Il Pontefice farà tappa a Campobasso, al Santuario di Castelpetroso e a Isernia: tra i momenti più significativi, gli incontri con il mondo del lavoro a Campobasso e con i detenuti nel carcere di Isernia. Cinque i discorsi nell’arco della giornata, compresa l’omelia della messa. Il Papa partirà in elicottero alle 7.45 dall’eliporto del Vaticano, per atterrare un’ora dopo nell’eliporto dell’ Università del Molise, a Campobasso. Alle 9.00, nell’Aula Magna dell’Ateneo, è previsto l’incontro con il mondo del lavoro e dell’industria, con un discorso del Pontefice. Alle 10.30 il Papa concelebrerà la messa nell’ex stadio Romagnoli del capoluogo regionale. Alle 12.30 saluterà quindi una rappresentanza di ammalati nella cattedrale. Sempre a Campobasso, Francesco pranzerà alle 13.00 nella "Casa degli Angeli" con i poveri assistiti dalla Caritas, per trasferirsi poi in elicottero alle 14.30 a Castelpetroso. Qui, alle 15.15, nel piazzale del Santuario, ci sarà l’incontro con i giovani delle Diocesi dell’Abruzzo e del Molise, con un discorso del Papa. Alle 16.00 Bergoglio si trasferirà in auto a Isernia, dove alle 16.30 incontrerà i detenuti nella Casa circondariale, rivolgendo loro un discorso. Alle 17.45 è in programma il saluto agli ammalati nella cattedrale. Alle 18.15, l’incontro nella piazza antistante con la cittadinanza e l’indizione dell’Anno giubilare celestiniano, con l’ultimo discorso della giornata. Alle 19.30 il Pontefice ripartirà in elicottero dalla caserma dei Vigili del Fuoco di Isernia. L’arrivo in Vaticano è previsto alle 20.15. Lettere: slide brillanti, realtà bigia di Luigi Ferrarella Corriere della Sera, 1 luglio 2014 Il decreto legge Renzi sui risarcimenti ai detenuti ristretti in meno di 3 metri contiene una norma estemporanea: vieta la custodia cautelare in carcere "se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena da eseguire non sarà superiore a 3 anni". Al netto della profezia richiesta a giudici visionari di future variabili, da subito - per piccole rapine, maltrattamenti in famiglia, stalking e furti in casa che di rado superano 3 anni - sia i Tribunali (nei giudizi per "direttissima") sia le Corti d’appello (sui condannati in primo grado sotto 3 anni) stanno per forza rimettendo in libertà i molti (specie stranieri) che, quand’anche ritenuti socialmente pericolosi, non abbiano un posto dove essere messi almeno ai domiciliari: l’alternativa per il giudice è solo tra "forzare" la prognosi oltre i 3 anni (per poterli tenere in arresto) o liberarli. Lettere: detenuto attende da un mese il "braccialetto elettronico" per avere i domiciliari di Gloria Cammarata (Ufficio del Garante dei detenuti della Sicilia) Ristretti Orizzonti, 1 luglio 2014 Continuano a pervenire presso l’Ufficio del Garante dei detenuti della Sicilia numerose segnalazioni da parte di detenuti e dei loro familiari, anche se da quasi 10 mesi l’Ufficio non può operare perché manca il Garante dei diritti dei detenuti, essendo scaduto il mandato dell’On. Salvo Fleres. Oggi la moglie di un recluso del carcere di Siracusa ha chiamato perché sperava nell’intervento del Garante affinché il proprio marito potesse, in esecuzione dell’Ordinanza del competente Magistrato di Sorveglianza, terminare di scontare la propria pena ai domiciliari. Il detenuto, infatti, attraverso l’utilizzo del braccialetto elettronico potrebbe recarsi al proprio domicilio ma la Telecom, secondo quanto comunicato dalla signora, non permette perché i loro tecnici non hanno attivato il servizio presso la casa dell’interessato perché "hanno troppo lavoro". Il risultato è che ancora oggi, dopo un mese, nessun tecnico si è presentato e, cosa altrettanto grave, la Telecom non fornisce alcuna informazione né ai familiari né all’avvocato difensore, riservandosi di dialogare esclusivamente con le Forze dell’Ordine. Sempre secondo il racconto della signora altri reclusi avrebbero avuto concessa la detenzione domiciliare con il braccialetto ma sono stati più fortunati di suo marito perché non erano residenti in Sicilia e in altre Regioni la Telecom ha immediatamente provveduto all’attivazione del servizio. In questi anni, in merito alla concessione dei domiciliari, ne ho sentito davvero tante: l’assenza della relazione sintesi, la mancata conclusione del periodo di osservazione, le riserve sulla decisione etc., ma non avevo mai sentito di un ritardo nell’esecuzione a causa della Telecom e la cosa mi sembra davvero insopportabile. Firenze: Radicali; il detenuto suicida a Sollicciano è l’ennesima tragedia evitabile www.radicali.it, 1 luglio 2014 Massimo Lensi, già consigliere provinciale e componente della Direzione nazionale di Radicali Italiani, e Maurizio Buzzegoli, Segretario dell’Associazione radicale "Andrea Tamburi", sono intervenuti a seguito della diffusione della notizia del suicidio di un detenuto trentenne nel carcere di Sollicciano avvenuto nella notte del 29 giugno: "Le Istituzioni locali e nazionali potevano evitare questa ennesima tragedia: bisogna mettere in campo un progetto concreto contro la tortura nelle carceri italiane che necessariamente deve partire dai provvedimenti di amnistia e indulto". I due esponenti radicali proseguono elencando i problemi del carcere fiorentino: "Non corrisponde alle esigenze basilari della vita di uomini, donne e bambini: il pianeta penitenziario fiorentino è costretto a vivere nell’emergenza quotidiana". Infine, Lensi e Buzzegoli, rilanciano l’invito al sindaco di Firenze, Dario Nardella, a nominare il garante comunale dei detenuti. Firenze: Giacomo che cresce in carcere, l’assessore Funaro in visita a Sollicciano La Repubblica, 1 luglio 2014 La storia del bambino di 6 anni in cella con la madre. "Stiamo programmando attività domenicali". Da Roma disposti accertamenti, un’interrogazione in Parlamento. Visita a Sollicciano nel pomeriggio di domenica dell’assessore ai servizi sociali del Comune di Firenze Sara Funaro, per conoscere il bambino di sei anni e mezzo che vive con la madre detenuta in una cella e per conoscere direttamente la situazione. "L’amministrazione comunale sta programmando una serie di attività sportive domenicali per il bambino (che da martedì nei giorni settimanali - ha detto l’assessore Funaro. È inaccettabile che un bimbo di neanche sette anni viva in carcere e vi trascorra la domenica. Sto seguendo la vicenda personalmente - ha concluso - e faremo tutto il possibile per trovare le soluzioni migliori". La sua storia adesso non solo approda dai media in Parlamento con l’interrogazione di due deputati Federico Gelli (Pd) e Marisa Nicchi (Sel), ma lo stesso ministro della Giustizia Andrea Orlando ha chiesto all’ispettorato del ministero di compiere accertamenti preliminari per verificare la correttezza delle procedure che hanno determinato questa situazione. Firenze: domani i giudici decidono la sorte di Giacomo, il bambino detenuto a Sollicciano di Ilaria Ciuti La Repubblica, 1 luglio 2014 Domani il bambino di sei anni che vive con la mamma a Sollicciano, che è entrato in carcere a un anno e da lì non è più uscito, legato al destino di una madre che finirà di scontare la pena nel 2019, saprà la sua destinazione. Se finalmente uscirà dall’unica casa che conosce ma che sa benissimo essere una galera e di cui diventa sempre più insofferente, finendo dentro una casa famiglia, come aveva stabilito il tribunale dei minori, o se andrà invece a Genova a casa dello zio paterno come chiedono la famiglia e la madre che ha fatto ricorso contro la decisione del tribunale. La Corte di Appello aveva sospeso lo scorso maggio la sentenza del tribunale dei minori e domani deciderà tra le due opzioni. "Non ho visto il bambino che era al suo primo giorno di uscita con i campi estivi del Comune, ma ho incontrato la madre", racconta Franco Corleone, il garante toscano dei detenuti che è entrato ieri mattina a Sollicciano insieme alla collega regionale per i minori, Grazia Sestini. Nessun garante fiorentino con loro anche se il carcere è a Firenze. "Sono stupito - dice Corleone - che nonostante io mi sia rivolto a suo tempo al Comune, l’amministrazione non abbia ancora nominato il garante cittadino. È incomprensibile per la città capoluogo con il carcere più grande della regione". Giacomo (questo il suo nome di fantasia) ieri era per la prima volta uscito. "Ma la sera torna comunque in carcere, proprio quando le celle si chiudono e lui deve restare prigioniero", sottolinea Corleone. Domani saprà se andrà dallo zio che è straniero, nigeriano, come il resto della famiglia, oppure da sconosciuti. "Mi sembrerebbe la soluzione migliore per un ragazzino che entrerà in prima elementare con problemi non piccoli - dice Corleone. Lui è vissuto in carcere, gli altri bambini magari hanno già il primo telefonino, hanno sempre avuto una casa, sono stati sempre liberi. Almeno andrebbe in una famiglia che è la sua, capace non solo di assicurargli una continuità di rapporti quando la madre uscirà, ma già da adesso". Il garante spiega che lo zio ha moglie e figlio che sono già stati in carcere a conoscere il bambino, che hanno fatto amicizia. "D’altra parte le verifiche dicono che ha lavoro, una casa in affitto e che è regolare". Sembra dello stesso parere l’avocato della madre, Silvia Barbacci che però non si spericola: "Spero davvero che la Corte d’Appello decida nell’interesse del minore ovviamente dopo avere fatto le verifiche necessarie e ascoltato il parere dei servizi sociali". Intanto ieri Giacomo è tornato prigioniero nel cosiddetto nido di Sollicciano dove vivono solo lui e sua madre: "in questo momento non ci sono altri bambini", racconta Corleone. E anche se ci fossero sarebbero più piccoli. "Questo bambino è il più grande mai rimasto dentro un carcere, l’età massima è tre anni", dice. Anche se dal 2011 è previsto che i figli di detenute possano restare con le madri fino a sei anni, ma in strutture speciali e diverse da Sollicciano "dove sabato scorso si è ucciso un altro detenuto, un trentaduenne morto secondo il carcere per avere semplicemente inalato troppo gas dalla bomboletta solo per stordirsi. Comunque sia, di carcere e in carcere è morto", dice Corleone. Lodi: tensione e detenuti liberi per errore, scatta la rimozione per la direttrice di Tiziano Troianello Il Giorno, 1 luglio 2014 Cambio al vertice per la casa circondariale di Lodi. Dopo le contestazioni avanzate nei mesi scorsi dagli agenti di polizia penitenziaria, la direttrice Stefania Mussio è stata rimossa dall’incarico. Per sapere la sua destinazione e chi prenderà il suo posto in via Cagnola occorrerà attendere le prossime ore. Pochi infatti sono stati i particolari trapelati ieri. Il carcere di Lodi negli ultimi mesi è stato al centro di una bufera. Dapprima, a gennaio, una lettera sottoscritta da tutte le sigle sindacali degli agenti della polizia penitenziaria e indirizzata al provveditore regionale dell’Amministrazione Penitenziaria Aldo Fabozzi in cui si elencavano 28 critiche all’operato della Mussio. Tra queste "la mancanza di corrette relazioni sindacali, la volontà di non perseguire il benessere del personale, l’abuso del "mezzo disciplinare", la produzione di dolciumi preparati nella cucina detenuti e venduti a nome della Casa Circondariale al mercato settimanale", ma anche "mancanza di informazione ed esame sull’organizzazione del lavoro, i turni di servizio della sezione Olmo e la gestione delle ferie d’ufficio". Nel carcere inoltre nelle ultime settimane si erano anche verificate tre "scarcerazioni errate", detenuti che sono stati fatti uscire. Chi al posto di un altro, chi senza averne ancora maturato il diritto. Poi per fortuna tutti sono stati fatti ritornare in cella. A seguito delle sollecitazioni degli agenti di polizia penitenziaria, a febbraio il provveditore regionale Aldo Fabozzi aveva disposto una ispezione nella struttura lodigiana. Gli esiti sono stati poi trasmessi a Roma. La situazione del penitenziario lodigiano era anche finita in Parlamento con due interrogazioni di Sel e Lega Nord. La rimozione della direttrice Mussio soddisfa Dario Lemmo, segretario provinciale del Sappe (sindacato autonomo di polizia penitenziaria). "Sono stato fiducioso fin dall’inizio - dichiara -. Stava degenerando tutto a vista d’occhio. Adesso aspettiamo l’arrivo del nuovo direttore per iniziare a lavorare sull’organizzazione del lavoro, daremo fin da subito tutta la collaborazione necessaria per eliminare le difficoltà esistenti". Udine: protesta davanti al carcere per le condizioni dei detenuti Messaggero Veneto, 1 luglio 2014 Una decina di persone del coordinamento "Contro il carcere e la repressione" ha manifestato ieri a ritmo di musica davanti alla casa circondariale di via Spalato. Una protesta pacifica motivata con un volantino nel quale il coordinamento ha denunciato il fatto che i colloqui con i detenuti sono ristretti a due giorni settimanali (giovedì e sabato) fino all’ora di pranzo cosa che, a giudizio del comitato, rende difficile l’accesso per i visitatori. Un altro nodo riguarda i corsi che vengono organizzati e ai quali non tutti i detenuti riescono ad accedere. "Organizzare corsi con 10 posti quando ci sono 200 detenuti è una presa in giro", si legge nel documento. E ancora: "Il fatto che nel carcere di Udine non si scontino pene superiori ai 5 anni significa che chi deve scontare pene superiori viene trasferito in altre carceri (solitamente il Due Palazzi di Padova) rendendo ancor più difficile ed oneroso per i parenti accedere ai colloqui". La manifestazione si è svolta sotto lo sguardo di polizia e agenti della municipale, poco dopo le 19 di ieri. I componenti del coordinamento hanno attrezzato una sorta di gazebo con musica a tutto volume. Nel mirino della protesta è finita anche l’Europa che "ha fatto dietro front sulla questione carceri evitando di sospendere l’Italia per le condizioni detentive (sovraffollamento ecc.) con tanti cari saluti a tutti quei carcerati che in questi mesi hanno presentato esposti alla Corte europea per veder riconosciuto il loro diritto alla dignità". Chieti: detenuto 80enne evade da ospedale e accoltella un carabiniere www.direttanews.it, 1 luglio 2014 La clamorosa evasione dall’ospedale dove si era recato per dei controlli medici è durata soltanto poche ore: Emilio Durastante, 80enne condannato a nove anni e in regime di detenzione domiciliare per reati quali il furto e la truffa, è stato bloccato dagli uomini del 112 subito dopo aver ferito un loro collega all’interno di un autobus. L’episodio è avvenuto a Chieti: il tentativo di fuga dell’anziano detenuto era iniziato venerdì, intorno alle 13.45, quando si era allontanato dall’Ospedale SS. Annunziata. Immediatamente era scattato l’allarme, ma dell’uomo si erano perse le tracce fino a ieri mattina, quando un maresciallo dei carabinieri l’ha individuato su un autobus; dopo aver avvisato i colleghi, il milite si è avvicinato al fuggiasco, che in un primo momento è apparso tranquillo, ma poi gli ha inferto improvvisamente una coltellata, con una lama di dieci centimetri di quelle tradizionalmente usate in cucina. Alla fermata dell’autobus, però, l’uomo ha trovato ad attenderlo una pattuglia dei carabinieri, che lo ha immobilizzato e tratto in arresto. Per il carabiniere ferito, soltanto molta paura e diversi punti di sutura. L’anziano è stato immediatamente tradotto presso la Casa circondariale di Chieti e ora dovrà rispondere di tentato omicidio ed evasione. La Spezia: ai detenuti la manutenzione della rete sentieristica www.cittadellaspezia.com, 1 luglio 2014 Siglata l'intesa tra il Parco nazionale delle Cinque Terre, il Comune della Spezia e la direzione della casa circondariale di Villa Andreino. "Accordo fra Parco delle Cinque Terre, Comune e Istituto di pena della Spezia: i detenuti saranno impegnati nella cura dei sentieri". Lo ha annunciato sulla sua pagina Facebook il presidente del Parco nazionale delle Cinque Terre, Vittorio Alessandro, rendendo noto, così, un altro progetto di rieducazione e reinserimento per i carcerati di Villa Andreino, struttura diretta da Maria Cristina Bigi e molto attiva sotto il profilo delle attività lavorative proposte a chi sta scontando il suo debito con la giustizia. Il primo progetto di questo genere vide la luce nell'aprile del 2011, quando cinque detenuti vennero impiegati per la pulizia delle cunette al lato delle strade cittadine in maniera volontaria. L'ultima iniziativa in ordine di tempo che ha guadagnato le pagine della cronaca cittadina è invece quella del laboratorio di pelletteria 'Sprigion-Arti' realizzato grazie ai fondi della Chiesa Valdese, e agli insegnamenti dai volontari del gruppo Nonviolento: un progetto di successo, che porterà i prodotti realizzati dietro le sbarre sugli scaffali dei punti vendita del commercio equo e solidale. Il programma annunciato dal presidente Alessandro vedrà impiegati cinque detenuti, che per un periodo di sei mesi, ogni mattina dei giorni infrasettimanali, usciranno dalla casa circondariale spezzina per andare ad occuparsi della manutenzione della rete sentieristica del Parco delle Cinque Terre e delle colline cittadine. E, a differenza dei colleghi coinvolti nel progetto di tre anni fa, il loro operato sarà retribuito grazie a 15mila euro messi a disposizione in egual misura dall'ente Parco e dal Comune della Spezia. Ai detenuti-lavoratori saranno corrisposti 5 euro per ogni ora di lavoro. Perugia: riunione del Sappe nel carcere di Orvieto "l’emergenza non è superata…" www.orvietonews.it, 1 luglio 2014 Alla luce anche degli episodi avvenuti ad Orvieto giovedì scorso, resta alta l’attenzione sulle carceri in Italia. Il Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, tiene nel pomeriggio di lunedì 30 giugno una riunione con gli agenti di servizio. "In poche ore - anticipa il segretario generale Donato Capece - in due carceri italiane, si sono tolti la vita due detenuti. Uno a Firenze Sollicciano: aveva 33 anni, era del Marocco, in attesa di giudizio ed è morto inalando il gas butano dalle bombolette che l’Amministrazione Penitenziaria continua a far tenere in cella ai detenuti nonostante siano assicurati a tutti loro ogni giorno la colazione, il pranzo e la cena. L’altro detenuto si è ammazzato impiccandosi in cella a Cagliari, dove era rientrato a seguito dell’evasione dagli arresti domiciliari: sarebbe uscito tra meno di un anno, a febbraio 2015. A Santa Maria Capua Vetere, in ospedale, è infine deceduto un detenuto di 70 anni, ricoverato per le gravi condizioni di salute. Un dramma continuo, nonostante le affrettate rassicurazioni di chi va in giro a dire che i problemi delle carceri sono (quasi) risolti e non c’è più un’emergenza". Capece, a conferma che la situazione resta grave nelle carceri italiane, cita gli episodi accaduti nell’ultima settimana: "Una detenuta bulgara arrestata per furto si è uccisa a Teramo, nel carcere di Castrogno; un altro suicidio sventato a Taranto; l’aggressione a un poliziotto penitenziario a Sassari Bancali; una maxi rissa tra detenuti, con 5 feriti, sempre a Teramo; una rissa tra detenuti napoletani e casertani a Benevento e la spedizione punitiva contro un ristretto a Salerno; un altro agente di Polizia penitenziaria aggredito a Trieste, un detenuto evaso dall’Ospedale di Napoli dove era ricoverato, droga e telefoni cellulari trovati a Genova Marassi. E’ finita l’emergenza nelle carceri, allora? Ha risolto tutti i problemi la vigilanza dinamica delle carceri voluta dai vertici dell’Amministrazione Penitenziaria?" Il Sappe contesta in particolare questa scelta del dap: "In pratica, si vuole cercare di tenere tutta la giornata aperti i detenuti per farli rientrare nelle loro stanze solo per dormire, lasciando ad alcune telecamere il controllo della situazione. Il Sappe si batte da tempo contro questo improvvido provvedimento che si ritiene assolutamente destabilizzante per le carceri italiane. E’ infatti nostra opinione che, lasciando le sezioni detentive all’autogestione dei detenuti, si potrebbero ricostituire quei rapporti di gerarchia tra detenuti per cui i più potenti e forti potrebbero spadroneggiare sui più deboli. In secondo luogo, sempre a nostro avviso, si sta ignorando l’articolo 387 del codice penale per il quale potrebbe essere comunque l’agente, anche se esiliato davanti a un monitor, a rispondere penalmente di qualsiasi cosa accada nelle sezioni detentive. Ancora più grave potrebbe essere l’accentuarsi in maniera drammatica di episodi di violenza all’interno delle stanze ove i detenuti non sono controllabili". Per questo, conclude Capece, "lanciamo un appello al Ministro della Giustizia Orlando perché si fermi questo insensato progetto che, se applicato in maniera indiscriminata, potrebbe portare ad una situazione di estrema emergenza per l’ordine pubblico sia all’interno che all’esterno delle carceri". Teramo: certificati senza visita ad un agente penitenziario, medico rischia il processo di Alessia Marconi Il Tempo, 1 luglio 2014 Chiesto il rinvio a giudizio per Alessandra Pilotti per presunti favori a un agente di custodia. Non l’avrebbe mai visitato, limitandosi semplicemente a firmargli quei certificati medici con i quali Giancarlo Arnoni, il poliziotto di polizia penitenziaria accusato di aver fatto tutta una serie di favori ad alcuni detenuti ed ex detenuti del carcere di Castrogno, si sarebbe più volte assentato dal lavoro percependo così indebitamente stipendio ed indennità di malattia. Un’accusa che dopo la richiesta di rinvio a giudizio per falso in atto pubblico e truffa in concorso, firmata dal pm Luca Sciarretta, porterà Alessandra Pilotti davanti al gup nella stessa udienza in cui si deciderà sulla richiesta di patteggiamento a due anni ed otto mesi presentata da Arnoni. Perché dei due reati la donna, medico di base di Teramo, risponde in concorso con il poliziotto, che ha però chiesto il rito alternativo. Ma in quell’udienza, fissata già per venerdì, il gup non si troverà a decidere solo sulla richiesta di patteggiamento di Arnoni e su un eventuale processo per la Pilotti, ma anche sulla richiesta di rinvio a giudizio per un detenuto accusato in concorso con Arnoni di corruzione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Sarebbe stato proprio quest’ultimo, infatti, a corrompere Arnoni per far entrare la droga in carcere. Droga che l’agente avrebbe introdotto in cambio non di soldi ma di salumi, formaggi, vino. Accuse che adesso troveranno un primo banco di prova davanti al gup, che venerdì dovrà anche decidere se la pena chiesta per Arnoni con il patteggiamento sia o meno congrua. Le indagini che hanno portato la Procura a chiedere il rinvio a giudizio per la dottoressa e per il detenuto e a dare parere positivo alla richiesta di patteggiamento di Arnoni erano partite alcuni mesi fa quando sul tavolo del pm Luca Sciarretta era finito uno stralcio di un’indagine della Dda di Napoli. Dda di Napoli che indagando su alcune persone legate al clan dei Casalesi avevano scoperto strani rapporti tra l’agente e detenuti ed ex detenuti del carcere di Castrogno legati alla camorra. Rapporti che in poco tempo avevano convinto la Procura a chiedere ed ottenere la sospensione dal servizio dell’agente di polizia penitenziaria. Perché dalle indagini, portate avanti anche attraverso l’ausilio di intercettazioni, sarebbe emerso come Arnoni, in più occasioni, avrebbe fornito ad un ex detenuto legato alla camorra e a parenti di alcuni detenuti informazioni sui trasferimenti di questi ultimi e su chi avrebbero trovato in cella. Da qui l’accusa di rivelazione dei segreti d’ufficio, alla quale si aggiunge quella di procurata inosservanza della pena per aver favorito la latitanza di un pescarese che doveva scontare una pena definitiva di quattro anni e sei mesi. Latitante di cui Arnoni sarebbe riuscito ad avere il numero di cellulare, che avrebbe poi fornito ad un camorrista invece di avvertire le autorità. Ma non solo. Perché nell’ambito di quelle stesse indagini la Procura avrebbe scoperto anche di quell’accordo tra Arnoni e uno dei detenuti per far entrare la droga in carcere e l’uso disinvolto che Arnoni avrebbe fatto dei certificati medici. Certificati che sarebbe riuscito ad ottenere tramite la complicità di una dottoressa che, forse solo per una mera superficialità, gli avrebbe attestato una lombo sciatalgia senza nemmeno visitarlo. Tanto da rischiare, adesso, di finire a processo. Ferrara: i detenuti chiedono consigli per scrivere lettere d’amore di Matteo Bianchi La Nuova Ferrara, 1 luglio 2014 Il primo impatto quando si entra in un carcere sono le sbarre da superare: quante sbarre da lasciarsi alle spalle per arrivare al cuore del colosso di cemento. Ma da qui i cuori dei detenuti, almeno quelli, riusciranno a prendersi una pausa? I sentimenti di chi le grate nemmeno le nota più riusciranno a evadere di tanto in tanto? "Di certo i libri aiutano a pensare ad altro e altrove" - ha risposto Licia Vignotto, la giovane bibliotecaria che da quattro anni si occupa di ordinare gli scaffali in via Arginone. Il servizio interno è nata grazie a una convenzione stipulata tra la Casa Circondariale, le Biblioteche Comunali e l’Associazione "Amici della Biblioteca Ariostea", che ha messo a disposizione le sue risorse. Tuttavia l’idea di chiamare i ragazzi del Gruppo del Tasso a raccontare agli interessati delle nostre pene d’amore riportate su un mucchio di fogli sparsi, è stata sua. Si tratta di un vero e proprio pubblico di interessati, che "sono soliti chiedere raccolte di poesie d’amore per apprendere immagini - ha spiegato Licia - quindi versi non per indagare il mondo, ma per imparare l’approccio con le donne care", con la persona che si aspetta per mesi e, magari, per essere più gentili col suo corpo, passando per gli occhi. "Infatti sono molto apprezzati Prévert, García Lorca e Neruda, o qualche vivente sconosciuto che si dimostra immediato"; Licia è attenta ed evidenzia la ricerca di una poesia concreta, decisa, che lasci il segno a destinazione. Una poesia nata dalla necessità di comunicare fuori da sé. Per di più, la letterata ha addirittura messo da parte negli anni i volumi sui quali i condannati hanno abbandonato le loro tracce: le "brutte" di lettere da spedire all’esterno, forse per la mancanza di carta, e datate sino agli anni 70. E lei se n’è presa cura, nella maniera in cui si dà peso e spessore alle dimostrazioni di affetto. Ma non è finita, siccome da un libro all’altro chi lo aveva tra le mani segnava in seconda di copertina alcune righe di commento, un’opinione furtiva per la mano a seguire. Delle riflessioni personali sopravvissute lì dentro. "C’è chi non legge per niente e chi moltissimo - ha proseguito - chi si è prenotato tutto Pennac, che non è poco, o gli immancabili Faletti e Follett del momento. Stephen King continua a piacere, forse per passa parola, e i classici vanno sempre. Ovviamente appaiono richieste impensabili, così quella pressante di testi di fisica quantistica, preferita da un ventenne russo". Sebbene il sistema inter-bibliotecario con le altre sedi comunali e provinciali permetta una scelta maggiore da un paio d’anni, la fisica quantistica rimane ardua da reperire pure per Licia. "Si dà la caccia alle filosofie orientali e al Buddismo pronto all’uso", che fanno da supporto psicologico forse più delle persone, e specialmente agli innumerevoli incarcerati per spaccio o detenzione illegale di stupefacenti. "Un detenuto è stato preparato appositamente per sistemare gli scaffali e l’inventario - ha aggiunto - per consegnare i libri "a domicilio", di cella in cella, dopo aver ricevuto le preferenze attraverso un catalogo cartaceo, fruibile in ciascuna sezione della struttura". Ricorda il protagonista de Le ali delle libertà, che inforcati gli occhialini tondi con un carrello di legno prendeva le prenotazioni e intanto studiava per il diploma. I detenuti, difatti, si possono recare in biblioteca in autonomia un giorno alla settimana, soltanto alla presenza di Licia stessa. Sono molto gentili e disponibili con lei… ma l’ambiente è plumbeo per conformazione e statuto. Ha sfumature angoscianti. Tra loro c’è partecipazione e affiatamento, a certi estremi, ad altri ci si mena per una parola detta di traverso. Ma sempre di parole volanti si stratta, quelle che rimangono si sfogliano in silenzio. L’assurdità è insita nei muri per costituzione: si consiste di rapporti "binari", bisogna vivere di bianco o nero, di buoni o cattivi, ma non alla Vasco Rossi. I carcerati, poi, sono chiacchieroni, raccontano dei loro amori, anche quando si scordano di andare a trovarli. In fondo, però, riecheggiano le brutte storie, di gelosia o passione incontrollata, finite male in rosso sangue. Qui, si sa, l’assurdità, se davvero di assurdità si tratta, è che la verità non si può scrivere, ma si può leggere ogni volta che si vuole. Caserta: teatro itinerante per la legalità, con i detenuti del carcere di Arienzo www.casertanews.it, 1 luglio 2014 L’Associazione di Volontariato "Koinè" continua a promuovere la "Legalità" sul territorio della Valle di Suessola, al fine di sensibilizzare la cittadinanza verso l’impegno civile. Il nuovo appuntamento è previsto a Cancello Scalo, presso la sede dell’Associazione "Viviamo Cancello", in Piazza Castro Marcelli, il giorno domenica 6 luglio alle ore 18. L’evento rientra nelle attività del progetto "Teatro Itinerante per la Legalità", finanziato con il Bando della Micro Progettazione Sociale 2013 del CSV Asso.Vo.Ce., realizzato dalla stessa Koinè in rete con Athena e Il Club degli Amici e in collaborazione con La Casa Circondariale di Arienzo e Il Sogno è Sempre. Lo spunto per il dibattito sulla legalità è la proiezione del video documentario sull’esperienza dei detenuti della Casa Circondariale di Arienzo, i quali hanno realizzato le scene e i costumi dello spettacolo teatrale "Silvia ed i suoi colori", dedicato a Silvia Ruotolo, vittima innocente della camorra, uccisa nel 1997 a Napoli. Al laboratorio di scenografia e costumi, tenuto da Teresa Papa, hanno partecipato undici detenuti che sono usciti anche i permesso per allestire le scene nei teatri. Dopo la proiezione del documentario, i detenuti, usciti in permesso speciale, testimonieranno la propria esperienza personale che sulla realtà carceraria, e il loro desiderio di riscatto sociale all’insegna della legalità. Nella sede dell’evento sarà allestito uno spazio per mostrare il risultato del laboratorio dei ristretti, dando la possibilità agli intervenuti di vedere i costumi ed alcuni oggetti di scena dello spettacolo "Silvia ed i suoi colori". Al dibattito parteciperà anche la direttrice della Casa Circondariale di Arienzo, la dottoressa Maria Rosaria Casaburo. La direttrice spiegherà l’importanza per i detenuti di tali progetti ai fini educativi. Darà il suo contributo al dibattito anche la dottoressa Francesca Pacelli, l’educatrice che ha seguito i detenuti che hanno partecipato al laboratorio. Il dibattito sarà moderato dalla giornalista Eliana Riva del presidio Libera di S. Maria a Vico. Dopo il dibattito ci sarà un buffet e una degustazione di vini a cura del sommelier Carmine Guida, tutti uniti per la legalità. L’obiettivo del progetto è educare i giovani alla legalità, suscitare nella coscienza giovanile il desiderio dell’impegno civile, facendo comprendere loro che la "camorra" e la criminalità causano danni irreparabili a livello individuale, familiare e sociale. Il fine è arrivare alle coscienze con un messaggio chiaro: "il crimine non paga, è soltanto fonte di morte, dolore, sofferenza e solitudine". Televisione: su Rai3 "Lo stato della follia", documentario di Francesco Cordio sugli Opg Il Velino, 1 luglio 2014 Domani, 2 luglio, alle ore 23:50 "Doc3", il contenitore per documentari della terza rete Rai manderà in onda Lo Stato della Follia, il documentario di Francesco Cordio che denuncia la condizione degli Ospedali psichiatrici giudiziari italiani. Come sottolineato dal capostruttura di rai Tre Annamaria Catricalà, "Francesco Cordio ha trovato la chiave per denunciare questo orrore e Rai 3 farà la sua parte". Dal 2008, infatti, i grandi documentari d’autore provenienti da ogni parte del mondo hanno trovato spazio nella tv di stato che li propone al pubblico il mercoledì sera in seconda serata. Cordio - ha aggiunto - con questo lavoro si è fatto alfiere dello scandalo dei manicomi criminali ancora esistenti in Italia, denunciando lo stato di degrado in cui versano le strutture e facendoci conoscere una realtà dimenticata, troppo spesso anche dallo Stato". Il sindaco di Roma, Ignazio Marino che è stato presidente della Commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale nella precedente legislatura, avviando un’indagine sugli Opg e riuscendo a far approvare dal Parlamento una norma per disporne la loro chiusura, a proposito del film Ha dichiarato: "il film di Francesco Cordio è importante: perché rompe il velo del silenzio che su questo tema sta calando di nuovo. E lo fa da testimone di una storia: perché ha documentato il lavoro della Commissione d’inchiesta e anche grazie al suo prezioso lavoro abbiamo dato la voce a persone emarginate e dimenticate da tutti. l’inchiesta - aggiunge - ci ha impegnato come uomini e come politici e, personalmente, è uno dei motivi per cui sono orgoglioso di essere stato un parlamentare della Repubblica". Il regista ha detto: "L’ho pensato, scritto, diretto, prodotto e distribuito da solo e con pochi amici in tutta Italia. Mi fa piacere che la tv di stato abbia deciso di sostenerne la diffusione, d’altra parte - aggiunge Cordio - il tema così forte e attuale non poteva sfuggire al servizio pubblico. Spero sinceramente che il mio lavoro continui ad alimentare una campagna di civiltà". Le istituzioni infatti sono rimaste per troppo tempo estranee e impermeabili alla cultura psichiatrica riformata perché il meccanismo di internamento non è stato interessato dalla legge del 1978 che prevedeva la chiusura degli ospedali psichiatrici. Ora, grazie ad un decreto del Consiglio dei Ministri, firmato dal Presidente della Repubblica Napolitano, l’abolizione degli O.P.G. è stata prorogata al 31 marzo 2015 e non al 2017 come precedentemente richiesto dalle Regioni. Il rischio che la loro chiusura venisse posticipata di altri tre anni, a causa dell’impossibilità delle Regioni ad accogliere i detenuti presenti negli Ospedali, è stato così parzialmente fugato. Il film di Francesco Cordio, è il frutto del lavoro di due anni, è nato a seguito dei sopralluoghi realizzati all’interno dei 6 Ospedali Psichiatrici Giudiziari esistenti in Italia per conto della Commissione d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale presieduta dal senatore Ignazio Marino. Francesco Cordio accompagna lo spettatore, in quei luoghi dove le persone, fin dagli inizi del ‘900, sono state relegate e disumanizzate dal trattamento farmacologico, dall’abbrutimento delle celle di isolamento e dei letti di contenzione. Il documentario mostra la più totale privazione dei più elementari diritti costituzionali alla salute, la cura, la vita di tanti malati mentali che vivono all’interno degli Opg. L’attore protagonista è Luigi Rigoni, ex internato di un Opg che nel film, con grande generosità e intensità, racconta la sua vita all’interno di un Opg. Lo Stato della follia è stato prodotto da Francesco Cordio con Teatri di Nina in associazione con Independent Zoo Troupe. Il documentario è stato scritto da Francesco Cordio, Leonardo Angelini, Diego Galli. Le musiche sono di Gianluca Misiti e Daniele Silvestri, il montaggio è di Giacobbe Gamberini, Michele Castelli, la fotografia è di Mario Pantoni. Le riprese sono state effettuate negli Opg di Filippo Saporito, ad Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto a Messina, Castiglione delle Stiviere a Mantova, Villa Ambrogiana a Montelupo Fiorentino, Secondigliano a Napoli, Reggio Emilia, Teatro comunale di Todi. Televisione: "Marialuna, una vita tutta in salita", 50.000 spettatori per i ragazzi di Nisida Il Velino, 1 luglio 2014 Ieri pomeriggio è andata in onda su Rai 5 alle ore 16.12 "Marialuna, una vita tutta in salita" l’opera del cantautore Pino De Maio prodotta da Rai Trade e realizzata insieme ai ragazzi detenuti nell’Istituto penale per minorenni di Nisida nella fascia d’orario tra le più seguite della rete culturale della Rai, che oscilla tra i 45.000 e i 50.000 spettatori (Dati Auditel). "Sono trascorsi 4 anni dal debutto di Marialuna, frutto di un percorso di laboratorio che ha coinvolto detenuti, non detenuti, studenti e giovani professionisti. Molti attori dell’opera, allora detenuti, oggi sono onesti lavoratori e questo rappresenta per me il più grande successo. C’è chi oggi lavora a New York esportando l’arte della pizza e chi invece addirittura fa il cantante chitarrista" afferma De Maio "non è sicuramente facile, per ogni ragazzo salvato ce ne sono tanti altri che entrano nel tunnel della malavita, ma risultati come questi ci spingono ad andare avanti nella nostra azione di contrasto alla malavita attraverso la diffusione della cultura e dei suoi valori". "Marialuna una vita tutta in salita" è la sintesi umana e artistica di Pino De Maio. Una testimonianza che imprime in un’opera l’impegno artistico e sociale di un ventennio e più. L’autore, anch’egli ex minore a rischio, incontra da giovane la sua ancora di salvezza, la chitarra e grazie ad essa costruisce la sua vita in musica. Allora non poteva sapere che un giorno la sua storia sarebbe diventata un romanzo scritto da Pietro Gargano (Lo scugnizzo fuori dal branco) ed esempio per molti giovani che come lui avevano avuto la sfortuna di nascere "nel posto sbagliato e costretti ad affrontare una vita tutta in salita". L’incontro con James Senese e i Napoli Centrale, la collaborazione come autore con Sergio Bruni, lo studio viscerale della canzone napoletana e l’amore per l’arte di Raffaele Viviani, contribuiscono a segnare il profilo di un artista che nel corso degli anni inciderà decine di dischi pubblicati dagli Usa alla Russia e suonato in tutto il mondo. Le testimonianze di stima e affetto arrivano dai più grandi daLuciano Pavarotti a Marcello Mastroianni, da Sergio Bruni a Roberto Murolo fino a Tara Gandi e il Presidente Giorgio Napolitano. I suoi lunghi viaggi si concludono però sempre a Napoli, dove l’amore per la famiglia, l’impegno a favore dei minori a rischio e quel mare, bisogno primordiale, lo terranno ben saldo alle sue radici. E così fonda La Villanella, la sua bottega d’arte, e apre le porte ai giovani napoletani. Siamo all’inizio degli anni novanta quando Pino si spinge oltre e inizia a collaborare con il Carcere di Nisida. Lontano dai riflettori, nel freddo delle celle, con una chitarra e giovani duri che attraverso la musica danno voce alla loro anima più indifesa, nasce "Ue guagliù". Sono ormai centinaia i ragazzi che ha incontrato. Oggi molti di loro sono uomini e alcuni si sono salvati. Marialuna è tutto questo. È l’incontro tra giovani detenuti e non che in un percorso comune sono diventati un gruppo e hanno imparato l’uno dall’altro. Maraluna è una storia di speranza per credere che un giorno qualcosa cambierà. Lo spettacolo è stato applaudito in questi 4 anni da circa 40.000 spettatori, attraverso diversi cicli di mattinate con gli studenti delle scuole di Napoli e provincia. Ha ricevuto la Medaglia dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha assistito allo spettacolo all’interno del Carcere in occasione della sua ultima visita a Napoli. È stato patrocinato moralmente dal Presidente della Repubblica, il Ministro di Grazia e Giustizia, della Pubblica Istruzione, l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, dal Comune di Napoli, Regione Campania e Provincia di Napoli, dall’Unione Industriale di Napoli, oltre che dall’Unicef Italia e del Cardinale Crescenzio Sepe. Teatro: "Mercuzio non deve morire", la Compagnia della Fortezza a Palazzo Strozzi Ansa, 1 luglio 2014 "Mercuzio non deve morire" la celebre pièce della Compagnia della Fortezza, nata e messa in scena in carcere, approda a Palazzo Strozzi in occasione della mostra "Pontormo e Rosso Fiorentino". L’appuntamento è per il 3 luglio e al pubblico è stato chiesto dalla Compagnia della Fortezza, formata da Detenuti-attori del carcere di Volterra, fondata e diretta da Armando Punzo, di portare un libro e una valigia. Lo spettacolo sarà presentato in una versione site specific, appositamente studiata per gli spazi di Palazzo Strozzi, e cercherà di fare emergere il filo che lega idealmente le opere dei due grandi maestri Pontormo e Rosso Fiorentino e le creazioni artistiche della Compagnia della Fortezza, creando un dialogo con gli spettatori. Gli attori daranno vita dunque a una rilettura del Romeo e Giulietta di Shakespeare, dove protagonista è Mercuzio, vittima nel dramma shakespeariano dello scontro tra Capuleti e Montecchi e che prova a sottrarsi al destino già scritto per lui. La forma teatrale viene letteralmente aperta: il pubblico diviene protagonista attraverso il coinvolgimento in alcune azioni simboliche: da qui la singolare richiesta rivolta ad ogni spettatore di portare con sé un libro e una valigia. Immigrazione: Lauri (Sel): Cie Gradisca non più riaperto, incompatibile con diritti umani Asca, 1 luglio 2014 "Avevamo in programma una visita di consiglieri regionali, sindaci e rappresentanti delle associazioni umanitarie che aderiscono alla Campagna "Lasciateci Entrare" a Gradisca proprio domani, ma qualche giorno fa la Prefettura ci ha chiesto di rimandarla con la motivazione che non aveva personale per accompagnarci e farcelo visitare in sicurezza, ma forse non volevano che fossero proprio le organizzazioni umanitarie a denunciare ciò che sta avvenendo. Le immagini del Cie di Gradisca pubblicate oggi da Il Piccolo sono ancora più agghiaccianti di quelle che rimangono nella memoria dei pochi consiglieri regionali, deputati e giornalisti che hanno potuto visitarlo quando ancora era in funzione". A dichiararlo è Giulio Lauri, capogruppo di Sinistra ecologia libertà in Consiglio regionale, all’indomani del primo reportage che documenta la ripresa dei lavori di ristrutturazione del Cie di Gradisca, già chiuso alla fine del 2013. E aggiunge: "Per come è stato concepito, per come è stato costruito e, ancor di più, per come lo stanno ristrutturando, il Cie è una struttura incompatibile con il rispetto dei diritti umani e non deve riaprire, mai più. E si badi bene che, ampliando quello esistente, non può essere trasformato nemmeno in un Cara, il cui scopo è l’accoglienza per i richiedenti asilo e non condizioni di trattamento che rasentano la tortura e che hanno standard molto peggiori di quelli di un carcere. "Il Ministro Alfano e il Governo prendano atto che questo territorio e la popolazione del Friuli Venezia Giulia non vogliono violazioni dei diritti umani sul suo territorio, che i problemi legati all’immigrazione vanno affrontati su scala europea e con strumenti diversi da quelli individuati nella Bossi - Fini, e che il semestre di Presidenza italiana può dare un impulso in questa direzione. "I lavori che il Governo sta eseguendo in una struttura che non deve riaprire, e in tutti gli altri Cie presenti in Italia, assieme alla loro gestione, rappresentano per di più uno spreco enorme di denaro pubblico. Il tema è stato già affrontato in passato dalla maggioranza in Consiglio regionale e dalla Giunta, ma torneremo a ripeterlo tutte le volte che serve fino a che al Governo non lo capiranno". Lauri ha inoltre reso noto che il 19 giugno 2014 era stata già depositata in Consiglio regionale una mozione nella quale - prendendo spunto dagli incidenti che portarono a perdere la vita Abdel Majid El Kodra, giovane cittadino marocchino deceduto il 30 aprile scorso in seguito a quasi nove mesi di coma dovuti alle gravissime ferite riportate durante la repressione delle proteste, e dall’esito della visita al Cie dei tecnici delle Ass, in cui si mettono in evidenza le carenze strutturali e igienico sanitarie di Gradisca - si ribadisce con fermezza la contrarietà a un’eventuale riapertura del Cie e alla riconversione dei locali per un’eventuale ampliamento del Cara e si impegna la Giunta a sostenere il lavoro delle associazioni affinché eventuali violazioni dei diritti umani perpetrate in passato al suo interno trovino dei responsabili; si sollecita inoltre il Governo nazionale a equiparare la normativa che regola l’accesso al Cie all’art. 67 della legge nazionale 354 del 26 luglio 1975 ("Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà"). Guinea Equatoriale: s’aggravano le condizioni di Roberto Berardi nella prigione di Bata www.giornalettismo.com, 1 luglio 2014 L'imprenditore edile è detenuto per impedirgli di testimoniare nelle cause contro il figlio del dittatore Obiang. Roberto Berardi ha avuto la cattiva idea di accettare l’invito del figlio del dittatore Teodoro Obiang, che ora lo ha incarcerato per evitare che possa testimoniare su come la società che avevano in comune sia stata usata per riciclare i proventi della corruzione. Giornalettismo ha seguito la storia di Roberto Berardi fin dall’inizio, quando si è avuta notizia della sua detenzione e della contemporanea fuga dei suoi dipendenti dalla Guinea Equatoriale. Fuga provvidenziale, dopo la quale i loro beni sul posto sono stati saccheggiati e il loro datore di lavoro, la società Eloba, non ha corrisposto loro quanto dovuto. Proprio Eloba è la chiave di questo scandalo perché, assecondando gli obblighi imposti da diritto locale, si tratta di una società che Berardi ha costituito come socio di minoranza, in questo caso con il figlio del dittatore Toedoro Obiang, conosciuto con il soprannome di Teodorin. A differenza del padre, assurto al potere dopo aver assassinato lo zio nel lontano 1978, zio per il quale faceva il capo della polizia e il torturatore in capo, Teodorin ama il lusso e frequentare il bel mondo, così ha ammassato proprietà milionarie all’estero, soprattutto in Francia e negli Stati Uniti. Paesi nei quali esistono leggi per il contrasto del riciclaggio dei proventi illeciti e dove la magistratura locale ha aperto diversi provvedimenti contro Teodorin, sequestrandogli immobili per decine di milioni di dollari e anche una collezione di supercar. Gli inquirenti americani in particolare gli hanno sequestrato una enorme villa a Malibu e hanno tracciato la provenienza del denaro, scoprendo che la società Eloba era stata usata per dissimularla. Denaro che proviene dalla rendita petrolifera, che fa della Guinea Equatoriale un paese con un Pil pro-capite allineato a quelli europei, anche se la stragrande maggioranza del suo mezzo milione d’abitanti è mantenuta dalla dittatura nella miseria più nera. Berardi, all’insaputa di tutto questo, ha continuato a fare il suo mestiere d’imprenditore edile, proprio per quello era stato invitato nel paese da Obiang, che aveva apprezzato alcune sue realizzazioni nei paesi vicini. Poi è successo il disastro e il figlio del dittatore non ha trovato di meglio che farlo arrestare e processare per furto, nonostante Berardi abbia investito più di quanto ricavato in Eloba e lo ha sbattuto in galera, dove non se la passa bene. Inutili le interrogazioni parlamentari e le manifestazioni in suo favore, la Farnesina si è segnalata per la sua assenza e lo stesso ha fatto la chiesa, che pure sul cattolico papà Obiang sembra conservare qualche ascendente. Obiang infatti apprezza moltissimo venire a Roma in occasione delle più importanti manifestazioni papali e non fa mancare il suo robusto obolo, ma la chiesa per Berardi non si scomoda. Nelle ultime ore il fratello di Roberto, Stefano, ci ha inviato la lettere che volentieri pubblichiamo di seguito, nella quale lancia l’allarme per le condizioni di salute del fratello, detenuto nell’insalubre prigione di Bata: "Caro Senatore Manconi e amici di Roberto, sono Stefano il fratello di Roberto. Come voi tutti sapete, chiamo giornalmente Roberto per dargli forza, e sapere come sta. Oggi ore 20.51 del 29 giugno Roberto non riusciva quasi a parlarmi, perché era colto ogni 30 secondi da conati di vomito e aveva la febbre molto alta con violenti colpi di tosse (spero che non sia Tubercolosi ). Il console Italiano Sig. Spano (che non hanno mai fatto entrare da mesi nella prigione) è stato informato nel pomeriggio da persone locali che hanno ricevuto le informazioni delle condizioni di salute di Roberto da altri detenuti. Roberto deve uscire da quella maledetta cella e essere in Ospedale per fare le flebo, perchè ormai le ultime medicine contro la malaria e gli antibiotici non fanno più effetto, il dottore gli è negato, e la sbobba del mangiare è regolarmente vomitata da due giorni, perchè il corpo non arriva a trattenerla. Visto che l’Ambasciatore Pontesilli non è più in carica in Camerun, e nessuno della Farnesina mi ha mai comunicato chi è il nuovo Ambasciatore oppure con chi comunicare in Camerun, chiedo ancora una volta prima che sia troppo tardi che mandino qualcuno della Croce Rossa immediatamente, ripeto immediatamente per l’urgenza. Visto che altro non posso fare, a questo punto considero queste violenze portate fino al punto di non ritorno. Vi chiedo ancora di attivare tutto quello che è possibile". Messico: "basta violenza fisica contro i detenuti…", la denuncia del Vescovo di Saltillo Agenzia Fides, 1 luglio 2014 Elementi del "Gruppo armi e tattiche speciali" (Gate) sono entrati per malmenare i prigionieri detenuti all’interno delle carceri di Coahuila: lo ha denunciato il Vescovo della diocesi di Saltillo, Coahuila (Messico), Sua Ecc. Mons. Raul Vera Lopez, O.P. Questo sta diventando un metodo sistematico delle autorità per mantenere il controllo ed estorcere confessioni, afferma il Vescovo in una nota pervenuta a Fides. Gli abusi e i pestaggi da parte della polizia contro le persone fermate come sospette, non solo si verificano impunemente sulle strade, ma anche all’interno delle istituzioni di riabilitazione sociale. Mons. Vera ha parlato ieri, 29 giugno, dopo la Messa della domenica, commentando la morte di un detenuto avvenuta la settimana scorsa. Secondo le prime notizie, è morto in seguito alle aggressioni subite da questi gruppi militari. "Abbiamo saputo, e abbiamo già denunciato, come questi militari entrano nelle carceri per fare servizio, in particolare il Gate, e poi aggrediscono e picchiano i ragazzi - ha detto il Vescovo. Sembra che regni la legge del più forte per avere il controllo, ma non lo possiamo permettere". "Gli stessi detenuti sono consapevoli che già pagano per il loro errore rimanendo li dentro, ma non ci deve essere anche la punizione fisica" ha sottolineato il Vescovo che in più di una occasione è andato di persona a visitare i prigionieri. Irlanda: un drone trasporta della droga e atterra in una prigione di Manuel Giannantonio www.2duerighe.com, 1 luglio 2014 I pusher di droga nelle carceri usano sempre metodi fantasiosi per ideare stratagemmi finalizzati al trasporto della preziosissima merce. Questa volta, hanno ricorso all’utilizzo delle ultime tecnologie per arrivare al loro scopo: un drone imbottito di droga. I droni sono piccoli elicotterini usati per lo più dagli eserciti. Il fondatore di Amazon Jeff Bezos, che è recentemente diventato direttore dell’autorevole "Washington Post" (quello dello scandalo Watergate per intenderci), ha già svelato i particolari di un progetto che prevede la consegna dei pacchi a casa degli utenti tramite questi dispositivi tecnologici. C’è qualcuno però che ha deciso di impiegarli diversamente e si sa, i detenuti nel tempo ci hanno abituato a colpi davvero geniali. Dalla lima nella torta consegnata nel penitenziario, al filo sospeso per il trasporto del fumo, siamo arrivati al drone telecomandato a distanza che atterra nella prigione. È esattamente quello che è accaduto nella prigione di Weathfield, a Dublino. Il drone era equipaggiato di una telecamera, di una memory card e di una corda tramite la quale il "pacchetto" veniva depositato. Un’onda di detenuti si è precipitata per ricevere la consegna del drone. Le guardie sono arrivate troppo tardi, la droga infatti, è stata recuperata in gran parte dai detenuti. Il pilota del drone ha successivamente tentato di far decollare il proprio dispositivo ma si è incastrato nei fili della sicurezza colpendo anche la mano di un detenuto ferendolo. Le guardie quindi, hanno potuto recuperare comodamente il drone una volta a terra. È stata subito aperta un’inchiesta, la polizia spera di trovare dati nella memory card del drone, o di risalire alla persona che ha acquistato l’apparecchio attraverso il numero di serie. Il modello è disponibile anche online alla cifra di 2000€. Gli investigatori non sono ancora riusciti ad ottenere informazioni supplementari concernenti la natura della droga, ma si sospetta possa trattarsi di cocaina. Libia: rilasciati due diplomatici tunisini sequestrati mesi fa dal gruppo Shebab al-Tawhid La Presse, 1 luglio 2014 Due diplomatici tunisini che erano prigionieri in Libia del gruppo militante Shebab al-Tawhid son stati rilasciati. Lo fa sapere il premier tunisino, Mehdi Jomaa. I due dipendenti dell’ambasciata, Mohammed Ben Cheikh e Laroussi Kontassi, saranno presto riportati a Tunisi. Erano stati rapiti a marzo e aprile dal gruppo, che chiede il rilascio dei libici detenuti in Tunisia per accuse di terrorismo. Il ministro degli Esteri tunisino, Mongi Hamdi, ha negato ci siano stati negoziati con i rapitori per ottenere il rilascio. Egitto: condanna a 6 mesi di carcere ad una maestra cristiana copta per blasfemia La Presse, 1 luglio 2014 La Corte d’appello di Luxor, in Egitto, ha confermato il verdetto di colpevolezza per blasfemia a carico di un’insegnante cristiana copta, condannandola a sei mesi di prigione. Lo rende noto l’agenzia di stampa Mena, affermando che la maestra elementare Dimyana Abdel-Nour avrebbe insultato l’islam di fronte ai suoi allievi. Il tribunale ha emesso il suo verdetto ieri, dopo che sia la donna sia la procura avevano fatto ricorso in appello. I procuratori, in particolare, sostenevano che la sola multa di 100mila sterline egiziane (pari a circa 10.200 euro) imposta in primo grado non fosse una pena sufficiente. La maestra era stata denunciata da tre suoi allievi di 10 anni, i quali avevano affermato che Abdel-Nour aveva mostrato disgusto verso l’islam nel corso di discussioni in classe.