Giustizia: l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite "boccia" le carceri italiane di Damiano Aliprandi Il Garantista, 17 luglio 2014 Ennesimo rimprovero all’Italia per quanto riguarda il sistema penitenziario e giudiziario, compresa la protezione dei diritti dei migranti. Questa volta è il turno dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, il quale senza mezzi termini dichiara attraverso l’esperto Mads Andenas: "Quando gli standard minimi non possono essere garantiti in altro modo, il rimedio è la scarcerazione". Il Gruppo di lavoro dell’Onu è giunto in Italia per monitorare le loro richieste fatte dopo la visita del 2008. "Per garantire il rispetto delle nonne sui diritti umani ora all’Italia è richiesta un’azione rapida e decisa - sottolinea Andenas - quindi chiediamo alle autorità italiane di dare seguito alle nostre raccomandazioni sul sovraffollamento e alla sentenza Torreggiarli della Corte europea dei diritti dell’uomo". La segretaria di Radicali Italiani, Rita Bernardini - in sciopero della fame dal 30 giugno per chiedere a governo e parlamento risposte immediate sulle cure negate ai detenuti, per scongiurare le morti in carcere e anche sulla tortura del 41bis - denuncia che il rapporto dell’organismo dell’Onu è stato completamente censurato dai mezzi di informazione. E, insieme al leader radicale Marco Pannella - che da ieri ha intrapreso un digiuno totale della fame e della sete - si domanda se la censura non sia per caso determinata da qualche "manina super informata", per non disturbare il, premier Renzi e il ministro della Giustizia Orlando. Il Gruppo di esperti dell’Onu ha accolto con favore le recenti riforme per ridurre la durata delle pene, il sovraffollamento nelle carceri e il ricorso alla custodia cautelare. Secondo l’articolo 8 del Decreto Legge n. 92 del 2014 la custodia cautelare non può essere più applicata nei casi in cui il giudice ritenga che l’imputato, se riconosciuto colpevole, sarà condannato a meno di tre anni. "Questo limiterà il ricorso improprio alla custodia cautelare, usata come pena" osserva sempre Andenas, Ma per il gruppo di lavoro dell’Onu c’è ancora preoccupazione per l’elevato numero di detenuti in attesa di giudizio e resta la necessità di monitorare e contenere il ricorso sproporzionato alla custodia cautelare nel caso di cittadini stranieri e rom, anche minorenni. Per questo motivo l’esperto ha osservato che molte delle raccomandazioni contenute nella Lettera al Parlamento del Presidente Napolitano del 2013 sulla detenzione, comprese le proposte in materia di amnistia e provvedimenti di clemenza, sono oggi più urgenti che mai per garantire il rispetto del diritto internazionale. Per quanto riguarda i diritti dei migranti, il Gruppo di lavoro ha accolto con favore la recente abolizione del reato di clandestinità, tuttavia ha notato con preoccupazione che quest’ultimo rimane sempre un illecito amministrativo. "Restiamo inoltre seriamente preoccupati per la durata della detenzione amministrativa (con un limite massimo stabilito per legge di 18 mesi) e per le condizioni di detenzione nei Centri di Identificazione ed Espulsione (Cie), ma siamo incoraggiati dalle recenti iniziative legislative per ridurre il periodo massimo di trattenimento a 12 mesi, o addirittura a se" riferisce Andenas. Destano preoccupazione le segnalazioni relative a rimpatri sommari di individui, compresi minori non accompagnati e adulti richiedenti asilo: "Questi rimpatri sommari violano gli obblighi dell’Italia, derivanti dal diritto nazionale, europeo ed interazionale, di garantire una procedura di asilo equa ed evitare il respingimento, e il divieto di espulsione dei minori non accompagnati" sottolinea Andenas. Il gruppo di lavoro dell’Onu ha poi osservato che il carcere duro del 41 bis non è stato ancora adeguato ai requisiti internazionali in materia di diritti umani. Pur accogliendo con favore la sentenza della Corte Costituzionale in materia di accesso alla difesa, gli esperti sì rammaricano che il governo non abbia ancora adottato alcuna misura per migliorare e accelerare il controllo giurisdizionale delle ordinanze che impongono o estendono questo regime detentivo. "Queste misure restrittive devono essere riesaminate periodicamente al fine di garantire la conformità con i principi di necessità e proporzionalità", ha dichiarato sempre Andenas. L’Altro commissariato dell’Onu esorta il Governo italiano ad istituire un’autorità nazionale indipendente per i diritti umani in conformità con i Princìpi di Parigi e ha inoltre incoraggiato la rapida approvazione del disegno di legge sul reato specifico di tortura. Il gruppo di lavoro promette di presentare una ulteriore relazione al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, con osservazioni e suggerimenti più dettagliati, augurandosi che il loro sguardo indipendente possa essere accolto come un contributo costruttivo ai processi politici, legislativi e giudiziari italiani. Giustizia: 10mila detenuti in meno dalla sentenza Torreggiani della Corte di Strasburgo di Donatella Stasio Il Sole 24 Ore, 17 luglio 2014 I reclusi nelle patrie galere sono scesi a 55.800, il minimo storico degli ultimi dieci anni, escluse le brevi boccate d’ossigeno dei provvedimenti di clemenza. Per la prima volta, negli ultimi 20 anni, si registra una diminuzione progressiva senza indulti e ammistie nonché il livello più basso nel rapporto tra posti regolamentari (49mila) e detenuti presenti. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando quantifica in 10mila unità la riduzione rispetto alla sentenza Torreggiani della Corte di Strasburgo. Merito sia della sentenza della Cassazione sulle droghe sia delle misure "svuota-carceri" approvate nei mesi scorsi. L’ultima è il decreto legge entrato in vigore il 28 giugno sia per risarcire (in danaro o con uno sconto di pena) i detenuti che abbiano subito una cerebrazione in tutto o in parte "inumana e degradante", sia per escludere la custodia cautelare in carcere quando il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena da eseguire non sarà superiore a 3 anni (articolo 8 del dl). Norma, quest’ultima che aveva provocato "l’allarme scarcerazioni" dell’Anm con riferimento a una serie di reati di "alta pericolosità sociale": stalking, furti in abitazione, piccole rapine, maltrattamenti in famiglia ma anche reati dei colletti bianchi (dalla corruzione al finanziamento dei partiti ai reati finanziari). Ieri, con il primo sì al dl carceri della commissione Giustizia della Camera, la norma è stata parzialmente corretta con un emendamento del relatore David Ermini (Pd), che esclude dal divieto di carcerazione preventiva i delitti a elevata pericolosità sociale, come mafia, terrorismo, rapina, estorsione, stalking, furto in abitazione, maltrattamenti in famiglia, lasciando aperte le porte del carcere anche quando non siano possibili gli arresti domiciliari per mancanza di un luogo idoneo. La correzione, invece, non riguarda i reati dei colletti bianchi, per ì quali le porte del carcere resteranno chiuse ogni volta che la "prognosi" del giudice sarà contenuta nei limiti dei 3 anni di pena definitiva. Dunque, per costoro resta soltanto l’ipotesi-domiciliari. Alle critiche dell’Anm ("La "prognosi" non viene fatta sulla pena edittale, ma su quella concretamente irrogata, che quindi può ben scendere al di sotto del minimo previsto dalla legge"), Ermini replica che non è così: "La pena non va calcolata al lordo di riti alternativi e attenuanti generiche, ma con riferimento solo al minimo edittale, che per corruzione e concussione supera i 3 anni" spiega il relatore, buttando acqua sul fuoco. Ma non convince Rodolfo Sabelli, presidente dell’Anm, secondo cui "la legge impone" di tener conto almeno delle "generiche". In ogni caso, saranno a "rischio" scarcerazione (con passaggio agli arresti domiciliari) gli indagati per reati gravi come l’induzione (da 3 a 8 anni), l’abuso d’ufficio (da 1 a 4), i reati finanziari. "Se un giudice decide di mandare in prigione un indagato si prende una grossa responsabilità e quindi - conclude Ermini - potrà motivare che, allo stato, la pena finale si prospetta superiore a 3 anni". Il problema si è già posto - indirettamente - per Giancarlo Galan e per altri detenuti in attesa di giudizio: a maggio, prima dell’entrata in vigore del dl, i colletti bianchi in carcere erano "quasi raddoppiati" rispetto all’anno scorso e poiché il di si applica ai procedimenti in corso, molte carcerazioni preventive si stanno già trasformando in arresti domiciliari (ad uscire sono soprattutto gli appellanti, anche se condannati in primo grado). Difficile quantificare visto che non ci sono automatismi. In generale, va registrata la quasi quotidiana uscita di 2-300 detenuti: l’emergenza sovraffollamento potrebbe quindi essere superata a breve. Il dl carceri andrà in aula tra venerdì e lunedì e dovrà essere convertito in legge entro il 26 agosto. Oltre ai risarcimenti e al divieto (temperato) di custodia in carcere se la pena finale è contenuta in 3 anni, prevede anche l’ulteriore divieto del carcere preventivo nei confronti degli infra-venticinquenni. Finora il limite era 21 anni, ma il di stabilisce che nella fascia 21-25 anni spetterà al giudice valutare la situazione di pericolosità. Giustizia: decreto detenuti; esame emendamenti in Commissione concluso, in Aula giovedì Public Policy, 17 luglio 2014 La commissione Giustizia della Camera ha concluso l’esame degli emendamenti al dl Detenuti. Da quanto si apprende il provvedimento - a causa della mancanza dei pareri - dovrebbe arrivare in aula giovedì della prossima settimana. Nomina veloce magistrati sorveglianza Il Consiglio superiore della magistratura potrà attribuire le funzioni di magistrato di sorveglianza, al termine del tirocinio, anche prima del conseguimento della prima valutazione di professionalità. È quanto prevede un emendamento del relatore, David Ermini (Pd), al dl Detenuti, approvato dalla commissione Giustizia alla Camera. Nel dettaglio l’emendamento - come anticipato da Public Policy - specifica che la speciale nomina potrà essere disposta solo verso i 370 nuovi magistrati ordinari assegnati con il decreto ministeriale del 20 febbraio 2014, e solo nel caso in cui "sussista una scopertura superiore al 20% dei posti di magistrato di sorveglianza in organico". Anticipo scadenza commissario carceri La commissione Giustizia ha approvato l’emendamento del relatore, David Ermini (Pd), al dl Detenuti che - come anticipato da Public Policy - anticipa la scadenza del commissario straordinario del governo per le infrastrutture carcerarie, il prefetto Angelo Sinesio, al 31 luglio 2014 anziché al 31 dicembre 2014. Esclusione stalker da revoca custodia cautelare La non applicabilità della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari, valida in caso di sospensione condizionale della pena o di pena non superiore ai tre anni, non si applicherà ai reati di lesione aggravata per maltrattamenti in famiglia, stalking e ai reati gravissimi - come quelli, per esempio, di mafia o di terrorismo - contenuti nel comma 4-bis della legge n. 354 del 26 luglio 1975. È quanto prevede, in sintesi, un emendamento del relatore, David Ermini (Pd), al dl Detenuti approvato dalla commissione Giustizia alla Camera. La non applicabilità della custodia cautelare è contenuta nell’articolo 8 del decreto. Dipendenti dap non ricollocabili in ministeri Il personale appartenente ai ruoli del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) oltre a non poter essere comandato o distaccato - per i prossimi due anni - presso altre pubbliche amministrazioni, come stabiliva inizialmente il testo del Decreto Detenuti - non potrà essere trasferito nemmeno in altri ministeri. È quanto chiarisce un emendamento del Movimento 5 stelle al dl Detenuti approvato dalla commissione Giustizia della Camera. L’emendamento, nello specifico, interviene sull’articolo 7 del decreto sulle Misure in materia di impiego del personale appartenente ai ruoli del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Giustizia: caro Renzi… ecco due o tre cose da fare subito per essere davvero garantisti di Emilia Rossi Il Garantista, 17 luglio 2014 Dirsi garantista oggi è un outing coraggioso più o meno come dirsi gay una trentina di anni fa, soprattutto se a farlo è un leader della sinistra italiana che, come noto, ha sostenuto per oltre vent’anni l’insindacabilità assoluta della mano giudiziaria e la coincidenza schiacciante tra giudizio penale e responsività politica. Ma quando uno invoca il garantismo, usa una parola grossa e impegnativa. Lo sa, il Presidente Renzi? Lo sa, per dire, che garantismo non vuol dire innocentismo, soprattutto quando si tratta di amici, ma significa un complesso molto ampio di cose, un’opzione di fondo che potremmo sintetizzare con la regola che il cittadino e i suoi diritti nel confronto con l’autorità dello Stato vengono prima di ogni altra cosa, compresa la migliore vittoria sul Male? Qualche dubbio viene, a ripensare alle recenti dichiarazioni del Renzi ante-outing che, a proposito dello scandalo Expo, diceva che il problema non erano le regole (che non avevano bisogno di modifiche), ma i ladri. I ladri. Detto di persone indagate e arrestate da poche ore, ancora in attesa di poter dire la loro, altro che della sentenza definitiva. Anche i primi programmi leopoldiani, se ci si fa mente locale, qualche perplessità sull’outing garantista del Premier la facevano venire: l’idea di Zingales di trattare la corruzione della politica con una pacificazione in stile sudafricano, concedendo amnistia tombale in cambio di confessioni generali e preventive con la solenne rinuncia ad ogni futura intenzione di impegno politico, era proprio la morte del garantismo. Magari adesso Matteo Renzi l’ha capito che quello non è garantismo e che un paese onesto è costruito sull’onestà delle regole, non su quella delle persone. E allora ce lo dimostri, che è garantista. Dica chiaramente e con coraggio che il nostro sistema di giustizia garantista non è e richiede una riforma integrale, a partire dalle fondamenta. Dalla madre di tutte le regole garantiste, quella per cui chi giudica dev’essere diverso da chi accusa e da chi difende. Metta la sua etichetta garantista in testa ai dodici punti di intervento sulla giustizia presentati con il ministro Orlando e li intitoli, tutti, alla realizzazione dei principi del giusto processo, sanciti, ancora solo teoricamente, dall’articolo 111 della Costituzione. Così potremo essere tranquilli del fatto che quando si parla di prescrizione, in quei punti, non si intende tirare al rialzo dei termini, dichiarando ai cittadini che in Italia non bastano 7 anni e mezzo per fare un processo per i reati di minore gravità e non ne bastano dodici o trenta, per quelli puniti con sene più alte e, quindi, più gravi. E saremo sicuri che non è intenzione sua e del suo ministro di giustizia bloccare la prescrizione al l’esercizio dell’azione penale o alla sentenza di primo grado, come piace ai pubblici ministeri, barattando la fine-mai del processo e della potestà punitiva dello Stato con l’obiettivo illusorio di persegui re ogni male della società. E potremo tirare un respiro di sollievo di fronte al le ipotesi di eliminazione del giudizio d’appello pure queste suggerite da autorevoli esponenti delle Procure, che sembrano annidarsi nella non meglio definita "accelerazione del processo penale". Che queste cose sono incompatibili con il garantismo e con i principi del giusto processo. Non è garantista costruire un processo che siccome non è soggetto al limite della prescrizione del reato assoggetta il cittadino, imputato o vittima, a soste nere la pressione e le conseguenze fino a un momento imponderabile, ad assoluta discrezione di chi ha il potere di decidere. Non è garantista abbattere il diritto di difesa del cittadino togliendogli la facoltà di replica alla sentenza di condanna di primo grado, tanto per pareggiare i conti della ragionevole durata del processo, squilibrati dal tempo infinito che senza il limite della prescrizione si concederebbe a pm e giudici per arrivare alla conclusione del giudizio. Se il premier è garantista dovremo aspettarci una legge sulla responsabilità civile dei magistrati che, senza inscenare rese dei conti, restituisca rispetto alla volontà popolare espressa con il referendum radicale del 1987, tradita con un meccanismo che non consente nemmeno di accedere alla richiesta della riparazione del torto subito. E anche una riforma del Csm che metta fine sul serio al dominio delle correnti, di cui abbiamo visto le migliori performances nelle ultime ore, prevedendo magari, perché no, un meccanismo elettorale a sorteggio. Il premier è garantista? Ci faccia vedere, allora, che la rivoluzione garantista della giustizia la vuole davvero, a prescindere dalle consultazioni popolari. E dai diktat o dai veti pronunciati dalla magistratura associata, da quella delle stanze del Governo o dell’aula del Csm. E qui, proprio qui, nella capacità di resistere e contrastare questi imperativi, che viene il bello dell’essere garantisti. Garantisti sul serio, non perché è cool. Giustizia: dieci proposte concrete per riformare il sistema di Valerio Spigarelli (Presidente Unione Camere Penali) Il Garantista, 17 luglio 2014 Tutti oggi parlano di riforma della giustizia, ma al di là degli slogan, pronti ad essere abbandonati alla prima difficoltà, non si va, allora proviamo ad immaginare quelli che potrebbero essere 10 punti sui quali costruire una riforma vera. 1) Riformare il Titolo Quarto della Costituzione, assicurando l’indipendenza dell’ordine giudiziario nel suo complesso e quella dei singoli magistrati, tanto verso l’esterno che all’interno, garantendo l’accesso "laterale" in magistratura anche a docenti universitari ed avvocati di riconosciuta esperienza. Attuare l’articolo 111 della Costituzione. assicurando la terzietà del giudice attraverso la modifica dell’ordinamento giudiziario con la separazione delle camere tra magistratura requirenti e giudicante, Ristabilire un corretto rapporto tra poteri dello Stato, delineando con precisione le funzioni dell’organo di governo autonomo della magistratura in rapporto alla funzione legislativa ed a quella esecutiva. Limitare la collocazione fuori ruolo dei magistrati a casi del tutto eccezionali. In particolare sdoppiare il. Csm, istituendone uno per la magistratura requirente ed uno per quella giudicante, modificando il sistema elettorale in. modo da limitare l’influenza delle correnti per l’elezione dei membri togati e riequilibrando il rapporto numerico tra laici e togati. Infine, istituire una Alta Corte di disciplina, composta da magistrati e giuristi di chiara fama, che sia esterna rispetto agli organi di governo autonomo ed abbia giurisdizione su tutte le magistrature - ordinaria, contabile ad amministrativa - e anche sugli avvocati in grado di appello. 2) Garantire la corretta ed uniforme applicazione del principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge in rapporto alla attività giudiziaria, ciò attraverso l’adeguamento costituzionale del principio di obbligatorietà dell’azione penale, da esercitarsi nell’ambito delle indicazioni legislative espresse dal Parlamento, curando di escludere formo di sottoposizione del Pm all’esecutivo. 3) Correggere la logge sulla responsabilità dei magistrati, escludendo il titolo di ammissibilità preliminare delle azioni e rivedendo le ipotesi di colpa grave con inclusione di casi di erronea applicazione della legge, ma mantenendo la cosiddetta responsabilità indiretta e la preclusione dell’azione fino all’esito del giudizio in cui matura l’asserito errore professionale del magistrato. 4) Riformare il corso di studi in giurisprudenza, adottando forme di programmazione del numero dei laureati con indirizzo giudiziario, ossia destinati alla magistratura ed all’avvocatura, istituendo una scuola superiore delle professioni giudiziarie ad indirizzo specialistico post laurea. Ciò allo scopo sia di arginare il numero eccessivo degli avvocati, sia di favorire la costruzione di una comune cultura delle regole tra coloro che sono chiamati a far parte del mondo giudiziario, sia, infine, dì promuovere la circolazione delle diverse componenti giudiziarie dall’ una altra funzione. In tale contesto occorre anche potenziare la specializzazione all’interno dell’avvocatura migliorando a questo scopo le norme dell’ ordinamento forense che da ultimo l’hanno introdotta. 5) Semplificare il sistema penale con una significativa depenalizzazione e, con l’introduzione, a livello costituzionale, della "riserva di codice", ciò al fine di contrastare l’eccessivo ricorso allo strumento penale che produce una normazione reattiva, caotica, disorganica ed emergenziale. 6) Nominare una commissione di studio con l’incarico di verificare gli esiti dei lavori sui progetti di codice penale degli ultimi vent’anni (commissioni Pagliaro, Grosso. Nordio e Pisapia) al fine di redigere un disegno dì legge delega per il varo di un nuovo codice penale che preveda: il recupero del principio di tassatività delle norme penali: lo snellimento e la riduzione al minimo delle fattispecie: la riorganizzazione sistematica dell’indice per la parte speciale (ribaltando la. prospettiva ereditata dallo stato autoritario, e quindi ponendo al primo posto la persona e poi lo Stato); l’ampliamento delle ipotesi di perseguibilità a querela; la riscrittura del sistema sanzionatone in modo non più "carcero-centrico"; l’abrogazione dell’ergastolo. 7) Intervenire organicamente sul codice di procedura penale prevedendo: la semplificazione di alcuni casi di doppia notifica a difensore/ imputato; l’introduzione di ipotesi di improcedibilità per irrilevanza del fatto; il potenziamento del patteggiamento e del decreto penale di condanna, l’abrogazione dell’ immediato cautelare; 1’inserimento di meccanismi di controllo giurisdizionale sulla tempistica di iscrizione delle notizie di reato nel relativo registro; la repressione dell’indebita circolazione degli atti processuali in violazione dell’ articolo 114 e.p.p., in. special modo quelli relativi alle intercettazioni di conversazioni ed alla captazione di immagini; rendere effettivo il. divieto di ascolto delle comunicazioni tra avvocato e indagato; la riforma del sotto sistema delle misure cautelari, sia sul punto delle esigenze che sulle procedure applicative e di controllo successivo, ciò al fine dì contrastare la distorta applicazione della detenzione prima della condanna definitiva come forma di anticipazione della pena; la riforma del sistema delle impugnazioni con procedure semplificate nel caso dì appello ai soli finì del contenimento della pena ed eliminazione di una serie di casi di ricorribilità diretta in cassazione ed il ricorso personale dell’imputato. 8) Intervenire sul regime della prescrizione garantendo la ragionevole durata del processo distinguendo la prescrizione del reato, dell’azione e del processo. 9) Introdurre il reato di tortura al fine di garantire l’incolumità fisica e morale delle persone che si trovano nelle mani dello Stato, contestualmente abrogare l’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario e chiudere, sul serio, gli Opg (Ospedali Psichiatrici Giudiziari). 10) Licenziare un vasto provvedimento di amnistia, per ridare funzionalità al sistema, ed un indulto per restituire le condizioni di detenzione alia legalità costituzionale e convenzionale. Il tutto si potrebbe portare a compimento - destinando alla riforma una specifica sessione parlamentare straordinaria ovvero, per le modifiche costituzionali, istituendo una commissione bicamerale - nell’arco di due anni, nel corso dei quali talune misure (come la depenalizzazione, la riforma del sistema sanzionatone e cautelare), una volta delineate, ben potrebbero essere licenziate autonomamente. Si può non essere d’accordo con alcune di queste proposte ma, perlomeno, questa sarebbe una riforma vera non uno slogan. Giustizia: Bernardini (Ri); il settore minorile è uno dei pochi che funziona, ma subirà tagli Ansa, 17 luglio 2014 "Il Ministero della Giustizia sta per smantellare - è questione di ore - uno dei pochi settori funzionanti, quello della giustizia minorile, da sempre impegnata con successo nel recupero dei ragazzi che entrano a far parte del circuito penale. Ciò accade mentre gli si affidano nuovi compiti, come quello di accogliere anche i giovani detenuti da 21 ai 25 anni". Lo dice la leader dei radicali Rita Bernardini. "Il Dipartimento della Giustizia Minorile (Dgm), infatti, è quello sul quale sembra voler abbattersi con maggiore violenza la mannaia dei tagli in quanto il Governo ha previsto sia la scomparsa dell’attuale specifica Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari, sia la drastica riduzione dei dirigenti di seconda fascia, cuore del Dgm. Come se ciò non bastasse, la scure si abbatterà anche su assistenti sociali, educatori e amministrativi peraltro già notevolmente ridimensionati dalle cesure precedenti. Insomma, il Governo italiano si appresta ad annientare l’unico settore della Giustizia italiano non raggiunto dalle condanne sistematiche della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Al Satyagraha che sto portando avanti nella forma dello sciopero della fame da 16 giorni, con Marco Pannella e altri 190 cittadini, aggiungo anche questo obiettivo, questa volta non per ripristinare la legalità perduta, ma per mantenere quella c’è in un comparto che finora l’Italia ha potuto mostrare in Europa come un fiore all’occhiello", conclude Bernardini. Giustizia: perché il decreto svuota carceri crea molti più problemi di quanti ne risolva di Giorgio Ponziano Italia Oggi, 17 luglio 2014 Il decreto svuota carceri sta creando più problemi di quanti non ne risolva: vecchi spacciatori condannati in via definitiva accedono a sconti di pena e tornano in libertà, mentre i nuovi spacciatori vengono arrestati e rimessi subito in libertà. Sono gli effetti del superamento della Fini-Giovanardi mediante il decreto che il Guardasigilli, Andrea Orlando, ha firmato il 26 giugno. Lì si prevede che "non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva da eseguire non sarà superiore a tre anni". Inoltre se il giudice prevede che la pena sarà inferiore a due anni e dunque coperta dalla condizionale, non può comminare neppure i domiciliari, neanche se è recidivo o colto in flagrante. Bolognese, studentessa, 16 anni. È salva per miracolo. Stava studiando con un’amica, s’è recata in bagno. Non vedendola tornare, l’amica è corsa e l’ha trovata a terra con una siringa conficcata nel braccio. Ha dato l’allarme e gli operatori del 118 sono riusciti a salvarla. I carabinieri hanno bloccato colui che ha venduto (la ragazzina lo ha riconosciuto) l’eroina letale: è un tunisino con una lunga serie di precedenti. Era in carcere. La cella s’è aperta grazie alla nuova norma che esclude (quasi) la detenzione per i reati che prevedono meno di tre anni di pena. E appena varcata la soglia della prigione il tunisino ha ripreso a spacciare, anche ai minori. Il decreto svuota carceri sta creando non pochi allarmi. Alza la voce anche la comunità di San Patrignano: "Vecchi spacciatori condannati in via definitiva accedono a sconti di pena e tornano in libertà, mentre i nuovi spacciatori vengono arrestati e rimessi subito in libertà senza un solo giorno di carcere. Sono gli effetti del decreto legge approvato in parlamento per porre rimedio alla bocciatura della Fini-Giovanardi: piazze dello spaccio più vive che mai e spacciatori tutelati anziché contrastati". Continua la comunità: "La responsabilità è in una legislazione sbagliata e che deve essere modificata. Come comunità di recupero in azione da trent’anni per restituire alla vita le vittime del mercato delle droghe, San Patrignano non può accettare l’indifferenza delle istituzioni di fronte a piazze dello spaccio sempre più prosperose. Perché a pagarne le spese sono solo i più giovani, i più fragili. Il governo non può ignorarlo, ha il dovere di intervenire". Quindi carceri meno sovraffollate ma solo perché non vengono scontate le pene. Il che provoca anche disaffezione da parte delle forze dell’ordine, costrette a fermare e liberare, pure nel caso di reati di una certa entità ma che possono rientrare al di sotto dei tre anni di reclusione: furto, truffa, immigrazione clandestina, ricettazione, lesioni, detenzione di stupefacenti, stalking. A Genova, per esempio, sono usciti in pochi giorni 70 detenuti. E così sta avvenendo in tutt’Italia. È vero che il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha cercato di gettare acqua sul fuoco: è un intervento con cui il governo ha corretto una norma già approvata da Camera e Senato che, invece, stabiliva il divieto di qualunque misura cautelare detentiva, sia carcere che arresti in casa, nel caso della previsione di una pena non superiore ai tre anni. Ora sarà il giudice ad esprimere in concreto una prognosi sulla pena concretamente applicabile all’esito del processo, al solo scopo di evitare che l’imputato subisca una limitazione della propria libertà in via cautelare rispetto a una pena che non dovrà essere eseguita all’esito della condanna". Al di là del politichese, rimangono i fatti. Cioè che il decreto che il ministro ha firmato il 26 giugno prevede che "non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva da eseguire non sarà superiore a 3 anni". Inoltre se il giudice prevede che la pena sarà inferiore a 2 anni e dunque coperta dalla condizionale, non può comminare neppure i domiciliari, neanche se è recidivo o colto in flagrante. Uno degli ultimi scarcerati in base alla nuova norma, a Milano, stava per essere condannato a 2 anni e 8 mesi per "violenze fi siche e psicologiche continuative e abituali su moglie e fi glia". A seguito del decreto il giudice ha stabilito i domiciliari anziché il carcere. Quale domicilio?, ha chiesto. E lui ha risposto: quello in cui vivo con mia moglie e mia fi glia, è l’unica abitazione che ho. Ed è tornato a casa. A Bologna il presidente dei gip, Maurizio Millo, ha rimesso in libertà due cittadini rumeni, ladri abituali. Non ha potuto incarcerarli e neppure inviarli ai domiciliari perché privi di un alloggio. A Prato un arrestato in flagranza, condannato a due anni di reclusione senza la sospensione condizionale, arrestato dalle volanti della polizia con l’accusa di aver aggredito e rapinato pochi minuti prima un anziano che aveva fatto un prelievo a un bancomat, è stato liberato grazie al decreto. E così via. Dice il gip torinese Francesco Gianfrotta: "Che i detenuti in Italia siano troppi lo sostengo da molto tempo, ma bisogna agire sulle sanzioni alternative al carcere, non sulle esigenze cautelari precedenti alla condanna. Sono piani diversi e non bisogna confonderli". Gli fa eco Giuseppe Capece, segretario generale del Sappe, il sindacato di polizia penitenziaria: "Quello dell’impunità è un pericolo evidente. Purtroppo ciò accade quando le norme vengono fatte in fretta senza calcolare e valutare quella che può essere la ricaduta sociale. I tecnici che hanno strutturato il decreto non si sono accorti che è davvero sbagliato prevedere il loro ritorno a casa. O meglio, pericoloso". Aggiunge il presidente dell’Associazione nazionale magistrati dell’Emilia-Romagna, Fabio Fiorini: "Il decreto è problematico nei suoi effetti sociali poiché manca una strategia di supporto per il reinserimento. Il rischio è che siano imputate al magistrato le conseguenze delle scarcerazioni dei soggetti a rischio". Sicuri dell’impunità sono ora anche i pirati della strada, con buona pace di chi invoca l’introduzione di uno specifico reato. Ovvero inutile aggravare il quadro normativo quando neppure quello blando attuale produce qualche effetto repressivo. Il colpevole di un incidente mortale, anche se provocato da un comportamento di guida assolutamente riprovevole, riceve dai giudici il minimo della pena, 2 anni, per l’omicidio colposo. Poi però vengono concesse le attenuanti, il che significa una riduzione di un terzo: totale 1 anno e 4 mesi. Abbondantemente al di sotto dei due anni e quindi al sicuro, col nuovo decreto, anche dai domiciliari. Ma l’ombra dell’impunità si staglia addirittura anche sui reati di mafia. Il tribunale di sorveglianza di Agrigento ha scarcerato il boss di Cosa nostra, Carmelo Vellini, e il magistrato ed ex sottosegretario del quarto governo Berlusconi, Alfredo Mantovano, lancia l’allarme, solo in Campania potrebbero essere scarcerati mille condannati per mafia. Il fatto è che provvedimenti come questi, battezzati svuota carceri, non risolvono neppure il problema del sovraffollamento carcerario: dopo l’esodo post-decreto dalle prigioni, i detenuti sono comunque 58 mila rispetto a una capacità di 45 mila posti letto. Né sta avviandosi, al di là dei bei discorsi, un piano (in verità più volte annunciato) di costruzione di nuovi istituti di pena. Molise: dall’Osapp presto un dossier sulle tre strutture penitenziarie della Regione Ansa, 17 luglio 2014 L’Osapp ha terminato da poco un giro nelle tre carceri molisane e a breve renderà noto un dossier sulle tre strutture, mentre a settembre saranno effettuate nuove visite, stavolta anche con documentazione fotografica. È quanto ha annunciato il segretario regionale del Sindacato della Polizia Penitenziaria, Mauro Moffa, parlando con i giornalisti a margine della visita nel carcere di Campobasso effettuata oggi dalla consigliera regionale del Movimento 5 Stelle Patrizia Manzo. "Ad avviso del sindacato - ha spiegato Moffa - tra le tre strutture molisane quella di Campobasso è quella che comporta i maggiori disagi per il personale. Disagi che con poco potrebbero essere risolti, migliorando così le condizioni di vivibilità all’interno della struttura sia dei detenuti e sia di chi è mandato a lavorare con loro". Poi ha concluso: "È noto che se chi lavora all’interno del carcere sta bene e riesce ad essere più sereno, la sua serenità la può riversare anche nei confronti di chi, in condizioni di disagio, ha bisogno più di una parola di conforto che di stare a contatto con chi, stressato già di suo per le condizioni lavorative, non riesce ad essere sereno". Attualmente nel penitenziario di Campobasso ci sono circa 80 detenuti e 130 agenti della Polizia penitenziaria. Liguria: il Sappe protesta per gli episodi di violenza nelle carceri e la carenza di organico www.imperiapost.it, 17 luglio 2014 "Per fronteggiare quest’attività è necessario altro personale di Polizia Penitenziaria, la Liguria è in sottorganico di circa 300 unità, non possiamo dimenticare che senza la Polizia Penitenziaria crollerebbe tutto il sistema carcere". Seria e positiva l’attività della Polizia Penitenziaria della Liguria, che benché l’organico sia costantemente in sofferenza, maggiormente in questo periodo di ferie estive, è riuscito a fronteggiare una serie di eventi critici che vanno dalle aggressioni al contrasto del traffico delle sostanze stupefacenti al tentato suicidio. Cosi il Sappe della Liguria evidenzia l’intesa ma proficua attività svolta dalla polizia penitenziaria in diverse e distinte operazioni di servizio La Liguria negli ultimi giorni è stata contraddistinta da una serie di eventi critici come ad Imperia dove c’è stata un’ aggressione da parte di un detenuto ad un poliziotto penitenziario. Solo la capacità intuitiva del collega ha evitato peggiori conseguenze riuscendo a schivare il fendente impartito dal detenuto armato con una rudimentale arma ricavata da una lametta. Su Genova Marassi invece accade che la polizia penitenziaria sia particolarmente impegnata a neutralizzare gli innumerevoli tentativi da parte d’ignoti, per far entrare sostanze stupefacenti all’interno dell’istituto genovese. È di oggi la notizia di un sequestro di un involucro contenente stupefacente, forse ascisc, lanciato dall’esterno del muro di cinta e diretto al cortile passeggio. Strategia questa che è maggiormente praticata dai famigli dei detenuti. Ancora Marassi ed ancora la polizia penitenziaria che, implementando l’attività di controllo, ha scovato in una cella detentiva, una sim abilmente nascosta in un panino. Sempre a Marassi, un detenuto straniero alcool dipendente si è auto lesionato con una lametta da barba procurandosi una ferita sul braccio suturata con 10 punti. Il detenuto è stato prontamente soccorso dal poliziotto di servizio. Anche Pontedecimo è stata coinvolta in un evento critico, qui la Polizia Penitenziaria ha sventato un tentativo di suicidio perpetrato da un detenuto, benché questi tra qualche giorno lascerà l’istituto per termine pena. Questi episodi - continua il Sappe - oltre a confermare il grado di maturità raggiunto e l’elevate doti professionali del Personale di Polizia Penitenziaria ci ricordano che il primo compito della Polizia Penitenziaria è quello di garantire la sicurezza dei luoghi di pena e impongono oggi più che mai una seria riflessione sul bilanciamento tra necessità di sicurezza e bisogno di trattamento dei detenuti. Il segretario regionale Michele Lorenzo, ha più volte sollecitato l’Amministrazione penitenziaria a fornire un maggiore impulso all’attività della sicurezza, ma a oggi non si è ottenuto alcun riscontro. Per fronteggiare quest’attività è necessario altro personale di Polizia Penitenziaria, la Liguria è in sottorganico di circa 300 unità, non possiamo dimenticare che senza la Polizia Penitenziaria crollerebbe tutto il sistema carcere. Auspichiamo, continua il Sappe, che l’Amministrazione penitenziaria ligure recepisca le nostre osservazioni e dia maggiore attenzione ai compiti istituzionali della polizia penitenziaria, che deve assicurare la sicurezza a tutto quello che attiene la carcerazione del soggetto detenuto. Il Sappe è convinto che la formazione sia uno strumento utile per la sicurezza; ma non sono stati organizzati corsi riservati ai compiti istituzionali del poliziotto. Il Sappe ribadisce che è utile ponderare l’utilità di carcerazione quando questa si contrappone con la necessità di bisogno di trattamento dei detenuti. Vi è la necessità di riformare il sistema di giustizia criminale nei confronti dei reclusi affetti da una vera e propria malattia quale è la dipendenza da alcool o sostanze stupefacenti che abbiamo commesso reati in relazione al loro stato di malattia. A costoro la carcerazione non e utile, bisogna utilizzare interventi alternativi, da attivare già durante la fase del processo per direttissima, di cura e riabilitazione "controllate e gestite" in regime extracarcerario con l’ausilio dei servizi pubblici e delle comunità terapeutiche". Calabria: Sappe; il Prap accorpato alla Puglia, sistema penitenziario ancora penalizzato Agi, 17 luglio 2014 "Ancora una volta il sistema penitenziario calabrese viene penalizzato dalle scelte del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dal ministero della Giustizia. Infatti, nel recente decreto presentato dal Ministro della Giustizia, è stata prevista la soppressione del Provveditorato regionale della Calabria che verrà accorpato a quello della Puglia. Un vero e proprio disastro organizzativo, se si pensa che un agente che dovrà difendersi in consiglio di disciplina per un procedimento disciplinare, se in servizio a Reggio Calabria, dovrà recarsi a Bari". Lo affermano, in un comunicato stampa, Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe, e Damiano Bellucci, segretario nazionale dello stesso sindacato. "Già - scrivono - questa è una sanzione pecuniaria, se si pensa alle spese che l’agente dovrà sostenere, per il viaggio, il pernotto e il mangiare. Un territorio così complesso e problematico come quello calabrese verrà privato del suo vertice regionale. Ricordiamo che in Calabria ci sono 11 strutture penitenziarie, molte delle quali ospitano detenuti appartenenti alla criminalità organizzata. Inoltre - proseguono - la Calabria e" una delle poche regioni che si era dotata della centrale operativa regionale per il servizio traduzioni, una delle più organizzate ed efficienti d’Italia. Mentre tutti discutevano della chiusura del carcere di Lamezia e della nuova sede del provveditorato regionale il ministro ha pensato di chiudere lo stesso provveditorato. Diciamo no a queste scelte scellerate e lunedì 28 luglio - annunciano - terremo una conferenza stampa nel carcere di Cosenza, a partire dalle ore 10.30, nel corso della quale annunceremo una probabile manifestazione regionale. Speriamo - concludono - che qualche politico calabrese si svegli dal torpore e incominci a pensare ai problemi veri". Brescia: "vittime penalizzate…", l’allarme del Procuratore Capo per i minorenni Avezzù di Mara Rodella Corriere della Sera, 17 luglio 2014 Lo chiamano "svuota carceri", il nuovo decreto introdotto un paio di settimane fa a titolo di "risarcimento" per i detenuti. Che in cella dovrebbero però essere sempre meno. Canton Mombello su tutte. Fatto sta che la modifica all’articolo 275 del codice di procedura penale parla chiaro: "Non può applicarsi la misura di custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva da eseguire non sarà superiore a tre anni". Il problema è che, da sola, questa disposizione comprende un’infinita gamma di casi. E imputazioni. "Mi dica lei: ora, stalking e maltrattamenti finiranno al vento. Se penso a tutte le battaglie portate avanti e vinte di recente per tutelare le vittime...e adesso?". Scuote la testa il procuratore dei minori Emma Avezzù. I rischi del provvedimento Facciamo un esempio. Un padre in aula per maltrattamenti in famiglia: il giudice per le indagini preliminari decide di non mandarlo in cella prima del processo, assodato che rischia una condanna inferiore ai tre anni. E quindi dispone a suo carico i domiciliari. Nella stessa casa in cui le forze dell’ordine sono andati a prenderlo, perché non ha altro posto in cui andare. Quindi? "La modifica normativa non prevede alcun margine di discrezionalità per il giudice, palesemente in contrasto con le disposizioni di appena un anno fa". Dal canto suo Emma Avezzù, che deve preoccuparsi di eventuali minori, teme che "ci troveremo di fronte a provvedimenti tali per cui saremo costretti in sede civile ad allontanare, per esempio, i bambini, visto che un eventuale padre violento tornerà a casa". Ad oggi, ancora nessun provvedimento al Palagiustizia di Brescia, "ma qui abbiamo il caso di due ragazzini zingari arrestati per furto. Cosa faremo? Del resto loro un domicilio non ce l’hanno". Di più. Perché "nemmeno nel caso in cui uno stalker evadesse gli arresti potrebbe essere mandato in carcere con questa normativa. Quindi? Tutto ricomincerebbe da capo, senza pensare all’epilogo peggiore. Perché guardi che potrebbe succedere". Le telefonate con i colleghi si sprecano: ci si confronta con la procura generale, si condividono i dubbi e le attese prima della conversione del testo in legge. Le modifiche auspicate "Quando una condanna che non supera i tre anni diventa definitiva, può essere sospesa con l’affidamento in prova. Attenzione però, tranne che per i così detti reati ostativi: violenze, rapine, furti aggravati o in casa, maltrattamenti e stalking. Va da sé che in genere non mandavamo in carcere chi avrebbe potuto beneficiare dell’affidamento, esprimendo invece parere contrario per gli ostativi. Ma adesso? C’è ben poco da fare. Le disposizioni non prevedono alcuna eccezione o esclusione di alcuni reati specifici. Per lo stalking e i maltrattamenti si torna indietro, ecco cosa succede". L’auspicio è che "in sede di conversione siano applicate le modifiche necessarie per non vanificare gli sforzi fatti", si augura il procuratore. Per esempio, appunto, escludere alcuni reati. Di novità ne è stata introdotta anche un’altra. "La detenzione nel carcere minorile è stata posticipata a 25 anni. Le carceri minorili diventeranno un’altra cosa: un luogo cioè in cui convivranno 16enni e 25enni, e bisogna essere pronti ad affrontarlo". Un altro tassello per "svuotare" i carceri degli adulti. Torino: allarme in Procura, le nuove norme salvano i disturbatori della quiete pubblica di Paola Italiano La Stampa, 17 luglio 2014 Mentre il futuro dei Murazzi e i nuovi orari imposti ai locali fanno discutere, oggi si apre l’udienza preliminare per gli indagati nell’inchiesta che aveva portato a mettere i sigilli alle arcate lungo il Po. Il sequestro che silenziò le notti di quello che fino a due anni fa era il cuore della movida, oggi non sarebbe più possibile. E quell’indagine, che ha portato poi a indagare anche l’ex assessore Altamura e altri dirigenti comunali accusati di aver favorito alcuni gestori, forse non sarebbe neppure iniziata. Perché il governo, un paio di mesi fa, ha depenalizzato il reato di disturbo al riposo delle persone. La misura è contenuta nella legge cosiddetta "svuota-carceri", che all’articolo 2 prevede di trasformare in illeciti amministrativi alcuni reati, tra cui il 659, contestato anche a una decina di ex gestori dei Muri. Il coordinamento nazionale dei comitati anti-movida aveva già rivolto un appello al presidente Napolitano perché intervenisse contro la depenalizzazione. Si attendono ancora i decreti attuativi, ma una cosa è già certa: l’uscita della contestazione dall’ambito penale toglie alla magistratura lo strumento del sequestro giudiziario contro chi supera le emissioni sonore. Che furono proprio uno dei motivi che portarono a mettere i sigilli ai Murazzi, e che in passato erano già state contestate in altri casi che portarono al sequestro giudiziario, come quello del Biberon, a San Salvario, la cui titolare è stata anche condannata in primo grado, con tanto di risarcimenti riconosciuti ai residenti che si erano costituiti parte civile. Per quanto riguarda i Murazzi, il processo con citazione immediata di una decina di gestori a cui è contestato il disturbo della quiete si aprirà a dicembre. Era già, dunque, a rischio prescrizione, ma il problema è superato: il giudice, date le nuove norme, potrebbe decidere per il non luogo a procedere. E per i residenti che volessero costituirsi parte civile, significherebbe nessuna possibilità di risarcimento. L’udienza preliminare che si apre oggi riguarda l’abuso d’ufficio per cui la procura chiede di processare, tra gli altri, l’ex assessore al commercio Alessandro Altamura e gli ex manager Cesare Vaciago e Giuseppe Ferrari. Al centro dell’accusa, la delibera del 2009 che concedeva ai locali delle arcate uno sconto sul canone e la rateizzazione dei debiti per gli affitti non versati: favore inspiegabile, per il pm Andrea Padalino, perché proprio per le inadempienze le concessioni avrebbero dovuto essere revocate. Bologna: si è svolto ieri un convegno sulle norme introdotte dopo la Sentenza Torreggiani Ansa, 17 luglio 2014 Le misure legislative seguite alla sentenza Torreggiani dell’8 gennaio 2013 che ha condannato l’Italia per i "trattamenti inumani e degradanti" all’interno delle strutture penitenziarie sono state il tema di un convegno che si è tenuto a Bologna, in Regione, organizzato dal Garante delle persone private della libertà personale della Regione Emilia-Romagna, Desi Bruno. "I recenti interventi normativi, alcuni dei quali ancora in gestazione - ha detto Desi Bruno - hanno avuto un impatto positivo sul numero dei detenuti presenti, specialmente per quanto riguarda la limitazione degli ingressi. La sentenza Torreggiani ha indubbiamente imposto un grande sforzo all’amministrazione penitenziaria, che nell’ultimo anno ha lavorato per una effettiva applicazione del Regolamento penitenziario, ad esempio per quanto riguarda la necessaria separazione di imputati e condannati in via definitiva. Resta, però, ancora molto da fare: superata l’emergenza dello spazio vitale da garantire alle persone detenute, occorre tornare a ragionare sul contenuto che la pena deve assumere, specialmente per quanto riguarda il lavoro, che rappresenta l’elemento centrale e imprescindibile di qualunque percorso di risocializzazione". Letizio Magliaro (ufficio Gip) ha auspicato l’intervento del legislatore in sede di conversione del Dl 92/2014, laddove è previsto che il giudice non possa disporre la custodia cautelare in carcere tutte le volte in cui ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva da eseguire non sarà superiore a tre anni. Se questa disposizione, ha detto il giudice, ha lo scopo di evitare il passaggio dal carcere di persone che prevedibilmente potrebbero usufruire di misure alternative, tuttavia non tiene in adeguato conto della significativa pericolosità di alcune condotte criminali (quali, ad esempio, i reati di stalking) che richiedono di poter procedere con gli interventi cautelari più idonei per il caso concreto. Per la Procura di Bologna è intervenuto il procuratore aggiunto Valter Giovannini, che ha citato gli interventi in materia di stupefacenti successivi alla sentenza della Corte costituzionale che ha determinato la reviviscenza della distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti, segnalando come il tema sia particolarmente delicato, in quanto sostanze come hashish e marijuana vengono cedute con quantitativi di principio attivo estremamente pericolosi a livello neurologico. Inoltre, il Pm, in riferimento agli ultimi interventi normativi del Governo, ha sottolineato che "pur con il lodevole intento di adeguare la situazione carceraria agli standard europei, è stato spezzato un faticoso punto di equilibrio tra i diritti individuali dei detenuti e la necessità di contenere persone anche pericolose". Giovannini si è detto comunque convinto che in sede di conversione, il parlamento porrà rimedio. Catanzaro: Commissario Ferro "i parlamentari si mobilitino in difesa del Prap regionale" Il Giornale di Calabria, 17 luglio 2014 "Occorre che l’intera deputazione parlamentare calabrese, senza distinzione di schieramento, si opponga al progetto del Governo Renzi di sopprimere il provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria in Calabria". È quanto afferma il Commissario straordinario della Provincia di Catanzaro, Wanda Ferro, che prosegue: "La razionalizzazione del sistema non può passare per la cancellazione dei più importanti presidi di sicurezza sul territorio. Va assolutamente scongiurata l’ipotesi contenuta nello schema di decreto del presidente del Consiglio per l’introduzione del regolamento di organizzazione del Ministero della Giustizia, che prevede l’accorpamento dei Provveditorati regionali di Calabria e Basilicata a quello della Puglia, senza neppure chiarire se gli uffici di Catanzaro resteranno come sede distaccata, o se tutte le strutture dipenderanno dal Provveditorato di Bari, che diventerà un macro-provveditorato che non solo comporterà gravi difficoltà logistiche, quanto soprattutto farà venire meno la preziosa funzione di prossimità con gli istituti e i servizi penitenziari, oltre che l’indispensabile rapporto di cooperazione istituzionale sul territorio che negli anni ha consentito di valorizzare tutte quelle efficaci attività di natura non semplicemente custodiale. Il progetto del Governo ha già provocato la reazione dei sindacati della Polizia penitenziaria e della dirigenza, che ricordano giustamente che il sistema penitenziario costituisce nel suo insieme una struttura dello Stato deputata a contribuire al mantenimento della sicurezza pubblica ed è quindi parte integrante delle strutture di sicurezza del Paese. Quando il presidente Renzi è venuto in Calabria e ha esortato i calabresi a condurre in prima persona la battaglia per l’affermazione della legalità, non pensavamo che quell’affermazione sarebbe stata soltanto il preludio ad un totale disimpegno del governo nei confronti della Regione sul fronte della sicurezza e della giustizia. Insomma, una sorta di "è un problema vostro, vedetevela da soli". I continui tagli alle strutture giudiziarie e delle forze dell’ordine, la totale disattenzione verso la richiesta di potenziamento degli organici degli uffici giudiziari, la soppressione di importanti presidi del territorio, restituiscono la sensazione di un Governo che sta disertando quella battaglia per la sicurezza e la legalità che, con le parole, dice di voler condurre". Udine: Cgil-Cisl; esecuzioni penali in tilt a causa di "svuota carceri" e "messa alla prova" Messaggero Veneto, 17 luglio 2014 Decreto "svuota carceri", "messa alla prova" degli imputati e rivisitazione del sistema giudiziario mandano in tilt l’Uepe - Ufficio esecuzioni penali esterne di Udine-Pordenone e Gorizia, che si ritrova con un organico di assistenti sociali ormai ridotto all’osso e in pochi mesi si è visto maggiorare il carico di lavoro dell’80%. A focalizzare la grave condizione lavorativa sono le stesse categorie della Funzione pubblica di Cgil e Cisl che ieri, in un incontro, hanno denunciato "una situazione insostenibile che ora rischia il collasso". Non solo, infatti, "l’Uepe di Udine opera con un numero di organico sottostimato, potendo contare su 9 assistenti sociali, di cui 4 a tempo pieno, 3 parziale e il resto destinati ad altri servizi, quando ne sarebbero previsti 24" spiega Salvo Montalbano della Cisl Fp regionale, ma in seguito ai provvedimenti governativi assunti negli ultimi anni è aumentata l’utenza a carico degli uffici. Ad aggravare la situazione, si è aggiunta la soppressione del Tribunale di Portogruaro e il passaggio delle competenze a quello di Pordenone, che ha allargato il bacino territoriale anche a parte della provincia di Venezia e comportato l’aumento di attività dell’Uepe che, da gennaio, sta gestendo 1995 utenti, rispetto ai 2630 di tutto il 2013. "Carichi di lavoro inaccettabili" per Claudio Alpini della Fp Cgil di Udine, "che compromettono sia l’organizzazione, sia la tutela psicofisica dei lavoratori, disattendendo le norme sulla sicurezza nei posti di lavoro" e denuncia una "situazione insostenibile anche per gli utenti" l’assistente sociale Maria Rita Bonura, "ai quali non siamo in grado di dare una risposta di qualità, andando a violare anche il codice deontologico". Teramo: siglata un’intesa tra Università e Provveditorato per dei corsi rivolti ai detenuti Il Tempo, 17 luglio 2014 Se la pena deve tendere alla riabilitazione del detenuto il percorso per ridare speranza a chi si trova dietro le sbarre di una cella non può prescindere dal fornirgli quegli strumenti necessari, una volta uscito dal carcere, per rifarsi una vita. Un obiettivo ambizioso e che troppo spesso si scontra contro la triste realtà e che a Teramo trova nuova linfa in un protocollo d’intesa appena siglato tra l’Università e il Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria per l’Abruzzo e Molise volto ad istituire un vero e proprio polo universitario all’interno del carcere di Castrogno. Tutto con l’intento di permettere ai detenuti di avviare o proseguire gli studi di livello universitario e di mettere in piedi un progetto di formazione dei dipendenti dell’amministrazione penitenziaria attraverso corsi specifici per il conseguimento della laurea in servizi giuridici. Il protocollo d’intesa, che sarà presentato lunedì mattina nella sala delle lauree della facoltà di scienze della comunicazione dal rettore Luciano D’Amico, non è che l’ultima di una serie di iniziative volte a dare al carcere un volto più umano e a cercare di garantire quel principio di riabilitazione sociale che oggi sembra solo una chimera. Tanto che lunedì, in occasione della presentazione del protocollo, il Rettore illustrerà anche tutta un’altra serie di iniziative volte all’impiego lavorativo dei detenuto. Iniziative che saranno presentate insieme al preside della facoltà di giurisprudenza Floriana Cursi, al provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria per l’Abruzzo e Molise Bruna Brunetti e al dirigente dell’ufficio detenuti e trattamento del provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria Fiammetta Trisi. La speranza è che questo nuovo corso sia di aiuto anche nell’allentare quelle tensioni che spesso si registrano al carcere di Castrogno. Un istituto che, come denunciato più volte dagli agenti di polizia penitenziaria, è spesso sovraffollato e caratterizzato da un’ormai cronica carenza di organico. Un mix esplosivo, soprattutto considerato che il carcere di Teramo è l’unico in Abruzzo ad ospitare anche una sezione femminile e ad accogliere detenuti che devono rispondere delle più svariate tipologie di reati. Oltre a quelli che soffrono di gravi patologie e che arrivano a Castrogno in quanto unico penitenziario regionale con attiva una guardia medica h24. Reggio Calabria: il Csv dei Due Mari promuove il volontariato negli istituti penitenziari www.strill.it, 17 luglio 2014 È stato presentata stamane l’iniziativa formativa del Centro Servizi al Volontariato dei Due Mari volta a implementare la presenza del volontariato negli istituti penitenziari. Un progetto che persegue un duplice obiettivo. Da una parte mirare a favorire l’incremento del numero dei volontari attraverso idonee iniziative di informazione e sensibilizzazione e dall’altra predisporre dei percorsi formativi in grado di dare maggiore consapevolezza e idonei strumenti operativi a chi sceglierà o ha già scelto questo importante e delicato servizio. Da tempo ormai i Centri di Servizio al Volontariato operanti nelle cinque province della Calabria hanno avviato un dialogo ed una collaborazione con il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per la promozione e valorizzazione della presenza del volontariato negli istituti penitenziari regionali. Una prima giornata di studio si era già svolta lo scorso novembre a Lamezia Terme. Un incontro pilota cui hanno partecipato i dirigenti del Prap e dell’Uepe della Calabria, nonché i direttori di alcuni istituti penitenziari, i responsabili del Seac e della Conferenza Volontariato Giustizia e molti volontari provenienti da tutte le province. Dal dialogo apertosi durante il seminario è emersa la necessità di proseguire, nei singoli territori, l’azione di promozione e formazione del volontariato penitenziario. Proprio in questa direzione è stato organizzato il corso di formazione del Csv reggino. Le iscrizioni si chiuderanno entro il prossimo 15 settembre. L’obiettivo del corso (aperto a tutti coloro che intendono presentare domanda per prestare il servizio presso gli Istituti penitenziari della Provincia di Reggio Calabria) è quello di formare volontari penitenziari per interventi di sostegno nei confronti della popolazione reclusa, con la funzione primaria di promuovere l’accesso ai diritti e favorire il recupero ed il reinserimento lavorativo e sociale. Il corso si rivolge sia a volontari penitenziari che intendono perfezionare la propria conoscenza delle tematiche proposte, sia a nuovi volontari ai quali si chiede un interesse verso le tematiche della marginalità, dell’esclusione sociale e la disponibilità a spendersi nel servizio. Obiettivo primario del corso è rendere consapevoli i volontari del contesto complesso cui sono chiamati ad operare e fOnure loro strumenti e conoscenze che li mettano in grado offrire assistenza e servizi efficaci. Saranno fOnute le principali nozioni di carattere giuridico necessarie per comprendere le problematiche legali connesse alla detenzione in carcere ed all’esecuzione della pena in regime di misura alternative. E si curerà la formazione specifica del volontario come operatore d’aiuto ed agente di cambiamento. Avellino: Camere Penali; visita dell’Osservatorio carcere all’istituto di Bellizzi Irpino www.camerepenali.it, 17 luglio 2014 A chi crede che andare per carceri costituisca una perdita di tempo, che ormai si sa già tutto, suggeriamo di riflettere su queste poche annotazioni. C’è un carcere, in Irpinia, dove un Direttore illuminato e un Comandante per bene, coadiuvati da personale costernato per le condizioni in cui opera, tutti i giorni vede 5 bimbi (il più piccolo ha due mesi) rinchiusi nelle celle, proprio dietro le sbarre. In quei luoghi maledetti, i bimbi crescono guardando il futuro a strisce. In quel carcere, al reparto ex transito (dove, appunto, si dovrebbe sostare per poco tempo), decine di detenuti "protetti"(sex offenders, collaboratori, ex appartenenti alle forze dell’ordine) stanno chiusi in cella per 20 ore al giorno, e quando escono vanno all’aria di nuovo chiusi in una cella, una gabbia di 4 metri x 2, di cemento e ferro arrugginito, dove non hanno neanche lo spazio per girarsi. Stanno lì, come animali allo zoo. Ora che abbiamo tempo, ancora un anno, di grazia, possiamo liberare corpi, abbattere muri, aprire le celle? Questa era l’ultima visita dell’attuale Osservatorio Carcere Ucpi, ma non ci stancheremo mai di dire che i diritti non hanno prezzo; qualsiasi sia il motivo che ti ha portato in galera, si va in carcere perché si è puniti, non per essere puniti. Firenze: da detenuti a cuochi nelle mense universitarie, quattro ammessi al lavoro esterno Adnkronos, 17 luglio 2014 Seguire un percorso formativo nelle mense universitarie per gettare le basi di una nuova vita lavorativa. È il fine di un progetto che coinvolgerà quattro detenuti e presentato nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Medici Riccardi dal presidente della Provincia di Firenze, Andrea Barducci, dal Provveditore dell’Amministrazione penitenziaria regionale, Carmelo Cantone e dal Presidente del Dsu Toscana Marco Moretti. "Il progetto include un target, quello dei detenuti giunti al termine della detenzione, che è innovativo per i percorsi di inserimento lavorativo - sottolinea Barducci. L’impegno della Provincia in questo ambito non è estemporaneo; l’iniziativa di oggi arriva infatti ad un anno esatto dal consiglio provinciale straordinario all’interno di Sollicciano". Le persone che seguiranno i percorsi formativi saranno individuate dalla Direzione delle Strutture penitenziarie tra coloro che sono ammessi al lavoro esterno e alle misure alternative. Il percorso formativo prevede una prima parte teorica per l’acquisizione delle competenze in ambito igienico del settore alimentare. La parte pratica sarà svolta con l’inserimento attivo presso i servizi di ristorazione universitaria del Dsu Toscana a Firenze. "Il Dsu Toscana grazie a progetti di questo tipo - spiega il Presidente del Dsu Toscana Marco Moretti - rafforza la sua funzione sociale. I quattro detenuti che parteciperanno all’iniziativa saranno inviati all’interno delle mense universitarie Calamandrei e a quella di Morgagni. Speriamo inoltre di poter ripetere presto la stessa azione a Siena". I percorsi formativi avranno la durata di 6 mesi ed i destinatari saranno inseriti in un ambiente lavorativo consolidato, dove saranno coinvolti nel processo formativo tramite la supervisione di un tutor interno alle strutture individuate. L’atto convenzionale è stato stipulato dall’Amministrazione Penitenziaria (soggetto garante), il Dsu Toscana (soggetto ospitante), ed i Centri per l’impiego della Provincia di Firenze come soggetto promotore. "Speriamo che quella presentata oggi sia un’iniziativa che diventi presto una ìbuona prassì da esportare in più realtà - spiega il Provveditore dell’Amministrazione penitenziaria regionale, Carmelo Cantone - Un passaggio in più per poter velocizzare il riavvicinamento al mondo del lavoro dei detenuti coinvolti". Il progetto è stato promosso dalla Provincia di Firenze, il progetto prevede che siano attivati quattro tirocini presso alcune mense universitarie a Firenze, previa la firma di una convenzione tra la Provincia, l’Uepe di Firenze con le Direzioni delle case circondariali di Sollicciano, Gozzini, Empoli e l’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario della Toscana. Trento: Consiglio provinciale approva mozione Matteo Civico per miglioramento carcere Ansa, 17 luglio 2014 Discussa e approvata dal Consiglio provinciale di Trento la mozione di Mattia Civico (Pd) finalizzata al miglioramento della situazione del carcere di Trento, a partire dalla nomina di un direttore stabile della struttura. "L’impegno a non sovraffollare la capienza del carcere, che sarebbe di 240 detenuti massimo, è costantemente disatteso, attestandosi in circa 280 il numero medio di carcerati ospiti a Trento", ha sottolineato Civico. "Quello che è inaccettabile, però - ha aggiunto - è che a distanza di due anni e mezzo manchi ancora una direzione fissa. Ci sono direzioni a singhiozzo e a scavalco, ma non sono sufficienti: una mancanza che ha delle ricadute inevitabili in termini di progetti di recupero alla legalità, di contrasto della recidiva o in altre direzioni di valorizzazione dell’attività dei soggetti". Bari: pizzaiola fa lavorare ex detenuti per reinserirli "cerchiamo di far cambiare loro vita" di Valentino Sgaramella La Gazzetta del Mezzogiorno, 17 luglio 2014 Come fare per tentare un reinserimento di detenuti che scontano la pena e cercano di reinserirsi nella società? Al quartiere San Paolo ci provano. È sorta da poco un’iniziativa che punta a dare lavoro a persone meno fortunate. Ne parla Cristina Barone, titolare di un ristorante pizzeria, il "Plaza del sol", e di una pescheria. "Sono ex detenuti usciti dal carcere che chiedono un lavoro che non riescono a trovare. Noi cerchiamo di far cambiare loro vita. Non sono nostri parenti". Gli ex reclusi sono assunti come dipendenti con un contratto a tempo indeterminato. Per ora, Cristina ne ha assunti due. Per un terzo si stanno avviando pratiche con il suo legale di fiducia, quando avrà terminato di scontare la pena o se dovesse godere del regime di semilibertà. Si tratta di un progetto per l’integrazione degli ex detenuti nella società. Cercare di offrire loro una possibilità concreta di trovare un posto di lavoro. Creare i presupposti per favorire il loro reinserimento molto spesso negato di fronte alle esperienze negative fatte in precedenza. "Vanno aiutati, non emarginati", dice Cristina. Una volta fuori dal carcere non riescono a trovare un’occupazione stabile perché spesso la fedina penale non limpida rende diffidenti i datori di lavoro. "Sono persone che hanno famiglia e figli e hanno patito anche la fame - prosegue la titolare. Per loro l’unico sistema per sopravvivere sarebbe rubare". E sono tutti residenti al quartiere San Paolo. Ci sono imprenditori, insomma, che credono fortemente in un percorso di riabilitazione. "Gli ideatori sono una realtà capace di mescolare buona cucina, cultura e serate a tema, che in poco tempo è diventata un punto di riferimento al quartiere San Paolo di Bari". "Meno male che ci siamo noi a vivacizzare l’ambiente; qui non c’è mai nulla questa è una piazza morta". Nella pizzeria si tengono serate musicali, a tema. "Organizziamo serate con danze caraibiche e giochi. Sono già intervenuti dei brasiliani con un loro spettacolo mentre servivamo ai tavoli un menu italiano". Ma anche karaoke, balli di gruppo. Il locale è in piazza Europa, accanto al centralissimo Polisportivo nato da poco all’interno del quartiere. L’obiettivo è ambizioso in una realtà difficile: creare uno spazio di raccoglimento per idee, progetti e manifestazioni che sono anche curate e organizzate dalla Falcicchio Event’s di Bari. Si tratta di un’agenzia che organizza spettacoli. Di recente si è esibita "L’allegra compagnia" con una rappresentazione teatrale. Ma questa dell’assunzione di ex detenuti è la più importante. Si tratta di persone in carcere comunque per reati minori, piccoli furti. "I due ex detenuti assunti servono ai tavoli e portano a domicilio cene da asporto ma fanno le pulizie ed altro". Nuove idee e progetti per rinnovare il concetto di divertimento, rivolto non soltanto ai giovani. "Qui vengono interi nuclei familiari, anche anziani, soprattutto sabato e domenica ma anche serate infrasettimanali a tema". Campobasso: Manzo (M5S) visita il carcere "edificio del 1800 che necessita di interventi" Ansa, 17 luglio 2014 Visita nel carcere di Campobasso della consigliera regionale del Movimento 5 Stelle Patrizia Manzo, accompagnata da segretario regionale dell’Osap (il sindacato della Polizia Penitenziaria), Mauro Moffa. "Con questa iniziativa - ha spiegato Manzo al termine, in una conferenza stampa - vogliamo dare voce anche ai cittadini che devono pagare la loro pena e che però vogliono farlo con dignità. Questo aspetto non va dimenticato, altrimenti viene meno anche la funzione rieducativa che il carcere deve avere". L’esponente del Movimento ha quindi evidenziato alcune criticità che ha riscontrato nella struttura di via Cavour: "È un edificio del 1800 e solo alcune parti sono state ristrutturate, altre necessitano di interventi". Quanto alle condizioni dei detenuti, invece, ha spiegato che alcuni di loro lamentano carenze nel sistema sanitario: "L’Asrem - ha detto - passa solo due volte a settimana per prendere le prescrizioni dei farmaci". Infine un accenno anche alla situazione nelle celle: "Ce ne sono alcune da dieci metri quadrati con tre detenuti. Hanno un bagnetto con il water e il bidet, mentre il lavandino è nella cucina e le docce sono in comune". Firenze: Cgil; agenti presi a calci e pugni, tagli di ministero mettono in pericolo lavoratori Dire, 17 luglio 2014 Ancora una volta agenti della Polizia penitenziaria sono stati aggrediti a calci e pugni a Sollicciano. Ieri mattina, denuncia la Cgil-Funzione pubblica, nella sala colloqui del carcere di Sollicciano, un detenuto è andato in escandescenza e ha aggredito gli agenti presenti. Il sindacato si dice preoccupato del "crescente clima di tensione che si sta verificando da tempo all’interno del carcere di Sollicciano e dell’assoluta difficoltà della polizia penitenziaria di far fronte alle continue emergenze che si verificano dentro i perimetri detentivi". Per la Cgil sono i "continui tagli ai finanziamenti al ministero della Giustizia e la mancanza cronica di personale" a mettere "in grave pericolo l’incolumità dei lavoratori del settore penitenziario. "È ora che il governo e l’amministrazione penitenziaria mettano mano a quei provvedimenti che restituiscano dignità ed efficacia all’istituzione carceraria, che da tempo non ha più quella funzione di tutela della sicurezza dei cittadini e di rieducazione di coloro che si sono macchiati di reati contro la società stessa, ma è solo un cattivo tampone momentaneo alle contraddizioni e ai drammi sociali che la società civile esprime in questo momento". Benevento: nasconde cocaina per figlio detenuto tra viveri e vestiti, donna arrestata Ansa, 17 luglio 2014 Tenta di introdurre cocaina in carcere, nascosta fra viveri e vestiti, per passarla al figlio detenuto ma viene scoperta e arrestata dalla polizia penitenziaria. Å successo nella casa circondariale di Benevento. A darne notizia è Donato Capece, segretario generale del Sappe, il sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria. La donna, finita ai domiciliari, doveva vedere il figlio per un colloquio e nel pacco che gli aveva portato, tra viveri e abbigliamento, ci aveva messo anche due ovuli di cocaina. La droga è stata però scoperta e sequestrata da un agente della Polizia penitenziaria. "Questi episodi - sottolinea Capece - confermano il grado di maturità e le elevate doti professionali del personale di Polizia Penitenziaria in servizio a Benevento". Per Capece, è necessario "riformare il sistema di giustizia criminale nei confronti delle persone tossicodipendenti che hanno commesso reati. Bisogna evitare la carcerazione - conclude il segretario generale del Sappe - attraverso interventi alternativi, da attivare già durante la fase del processo per direttissima, di cura e riabilitazione, controllate e gestite in regime extracarcerario con l’ausilio dei servizi pubblici e delle comunità terapeutiche". Stati Uniti: per giudice California pena morte anticostituzionale "arbitrario e intempestivo" Ansa, 17 luglio 2014 Per un giudice federale della California la pena di morte nel Golden State è anticostituzionale. Secondo Cormac Carney, della United States District Court nel Distretto Centrale della California, il sistema che amministra la "morte di Stato" è così difettoso che deve essere abolito. Nella risposta alla petizione di un detenuto da quasi vent’anni nel braccio della morte di San Quintino, il giudice ha osservato che le esecuzioni i California non sono effettuate in alcun modo ragionevole, prevedibile e organizzato. "Ritardi disordinati e imprevedibili hanno creato un sistema in cui pochissimi delle centinaia di condannati alla pena capitale sono stati messi a morte o lo saranno", ha scritto Carney: "Siamo davanti a un sistema in cui fattori arbitrari e non legittimi come la natura del delitto o la data della condanna a morte, sono quelli che determinano se una persona sarà effettivamente giustiziata". La pena di morte è stata reintrodotta in California nel 1976 e da allora è stata applicata solo 13 volte, l’ultima nel 2006. Nel 2012 una proposta di abolirla per referendum è stata bocciata con il 52 per cento dei no. Stati Uniti: non solo Guantánamo, sciopero della fame anche tra detenuti in Afghanistan Tm News, 17 luglio 2014 I detenuti di Guantánamo hanno guadagnato l’attenzione degli organi d’informazione internazionali con lo sciopero della fame. Non sono, però, gli unici a combattere una guerra silenziosa contro gli Stati Uniti: numerosi prigionieri non afgani detenuti in Afghanistan protestano per le loro condizioni, arrivando a compiere la stessa scelta dei prigionieri del centro di detenzione che, sull’isola di Cuba, è stato creato dopo l’11 settembre 2001. A parlare dei detenuti "più segreti" degli Stati Uniti è il Guardian, che cita diverse fonti e testimonianze dirette di ex detenuti, a proposito di una prigione su cui praticamente non si hanno informazioni. Gli Stati Uniti si rifiutano, scrive il Guardian, di far sapere le condizioni di 38 uomini, in gran parte pachistani, che si trovano in una sezione della prigione di Parwan, nella periferia di Bagram, dove invece non ci sono più detenuti afgani. A questi detenuti, al contrario di quelli di Guantánamo, non è riconosciuto alcun diritto legale, ma gli osservatori per i diritti umani che vanno di continuo sull’isola di Cuba non sono mai stati a Bagram; solo la Croce Rossa internazionale ha avuto accesso al carcere in un’occasione, a patto di non diffondere alcuna notizia. Francia: il Consiglio di Stato sospende distribuzione di cibo "halal" a musulmani detenuti La Presse, 17 luglio 2014 Il Consiglio di Stato francese ha sospeso un piano per la distribuzione di cibo halal ai musulmani detenuti in prigione. Una sentenza del massimo organo amministrativo ha decretato che fOnure la carne halal nel carcere di Saint Quentin Fallavier a Grenoble, nell’est della Francia, era impraticabile "a causa del suo costo e delle elevate esigenze amministrative". Il ministro della Giustizia, Christiane Taubira, ha aggiunto che il piano violerebbe le leggi francesi sulla laicità, che vietano le espressioni religiose nei luoghi pubblici. L’Alta corte di giustizia avrà l’ultima parola. Il piano, che sarebbe stato un banco di prova per tutte le prigioni nazionali, era stato stilato dopo la richiesta di un detenuto musulmano nel novembre scorso. La Francia ha la più numerosa popolazione musulmana dell’Europa occidentale, con circa 5 milioni di persone. Stati Uniti: infermiere di Guantánamo si rifiuta di alimentare forzatamente detenuti Ansa, 17 luglio 2014 Un infermiere della Marina Usa in servizio nella Base Usa di Guantánamo, a Cuba, si è rifiutato di continuare la pratica dell’alimentazione forzata dei detenuti che da 18 mesi sono in sciopero della fame nel supercarcere americano. È la prima ribellione - resa nota - contro la politica che prevede la nutrizione forzata dei prigionieri di Guantánamo che rifiutano di mangiare per protestare contro la detenzione senza processo. "Non posso forzare così un individuo", avrebbe detto. Slovenia: l’ex premier Janez Janša deputato "galeotto", eletto anche se si trova il carcere Il Piccolo, 17 luglio 2014 L’elezione del leader della Sds getta nell’imbarazzo il nuovo Parlamento sloveno. E divide i giuristi di Mauro Manzin. Il suo partito, la Sds (centrodestra), ha perso le elezioni ma lui, il suo leader, una piccola-grande battaglia l’ha vinta eccome, mettendo in grave crisi di coscienza e politica l’intero nuovo Parlamento. Janez Janša, infatti, ex premier sloveno e attualmente detenuto nel carcere di Dob dove sconta la pena di due anni per corruzione nel cosiddetto "Affare Patria", domenica scorsa è stato regolarmente eletto deputato alla Camera di Stato alla quale si era candidato. E adesso? La legge slovena recita che se un deputato è stato condannato a una pena detentiva e definitiva maggiore di sei mesi decade dalla sua carica. Ma cosa succede se questa persona è stata condannata prima di essere eletta? I sostenitori di Janša sostengono che non ci può essere decadenza per il loro leader. E la parola nonché il dibattito passa nel campo dei giuristi. Secondo Rajko Pirnat, sentito dall’agenzia di stampa slovena Sta, afferma che il Parlamento dovrà comunque confermare l’elezione di Janša, ma sarà poi la volontà dei deputati a decidere se successivamente toglierli il mandato o meno. Il Parlamento, infatti, può decidere che una persona condannata in modo definitivo a più di sei mesi di reclusione può lo stesso svolgere le funzioni di deputato ma deve acclarare che la pena detentiva non ostacolo lo svolgimento della sua funzione di deputato. Questioni di lana caprina. O meglio, una questione che diventa dannatamente politica. Troppo politica. Al punto che il giurista Janez Pogorelc sostiene che la Sds deve rendersi conto che Janša "non è un prigioniero politico, ma un politico che è finito in galera". Secondo Pirnat, inoltre, dopo una sentenza esecutivo a suo carico al deputato non è più possibile applicare l’immunità parlamentare e sostiene inoltre che non si può interpretare la legge in modo tale da pretendere dopo l’elezione la cessazione della pena. I pareri sono molti e, nel caso Janša, portatori di grave imbarazzo tra gli addetti ai lavori. Chi è convinto invece che a Janša i deputati dovranno togliere il mandato è il giurista Janez Pogorelc che a Radio Slovenija spiega che altrimenti si creerebbe un caso di diseguaglianza di fronte alla legge tra chi condannato a sei mesi decade dalla carica di deputato e chi, invece, nonostante la sentenza esecutiva no. "Sicuramente - precisa Pogorelc - alcuni diranno che gli elettori sapevano bene che Janša è stato condannato in forma definitiva a due anni di carcere, ma nonostante ciò lo hanno eletto perché questa è la democrazia. Una tesi che potrebbe anche essere valida - conclude - ma gli elettori sapevano anche bene che questo candidato se eletto non potrà espletare la sua funzione". Ma la Sds ha dichiarato le elezioni di domenica scorsa "illegittime" e si dice pronta a non partecipare ai lavori del Parlamento, cui, peraltro è obbligata altrimenti niente paga per i giorni di assenza ingiustificata. Stati Uniti: Amnesty International; disumana prassi di isolamento dei detenuti a Florence www.internazionale.it, 17 luglio 2014 Amnesty International denunciato la crudele e disumana prassi di tenere i detenuti per lunghi periodi di tempo in celle d’isolamento attuata dall’unica prigione federale di "super sicurezza" degli Stati Uniti, situata nei pressi di Florence, in Colorado. In un rapporto diffuso oggi, intitolato "Sotterrati. L’isolamento nel sistema delle prigioni federali degli Usa", Amnesty International descrive le conseguenze prodotte, sul piano fisico e mentale, dell’isolamento per 22, se non addirittura 24 ore al giorno: ansia, depressione, insonnia, ipertensione, paranoia estrema, alterazione della percezione sensoriale e psicosi. Alcuni detenuti della prigione, conosciuta come Adx Florence.si sono gravemente feriti o hanno commesso suicidio. La capacità del carcere è di 490 posti. I detenuti trascorrono almeno 12 mesi in cella d’isolamento prima che possa essere presa in considerazione una mitigazione del trattamento. In realtà, il tempo effettivo trascorso in isolamento è assai maggiore, in media otto anni e due mesi. Nella maggior parte dei casi, i detenuti in regime d’isolamento si trovano in celle dalle pareti di cemento e a tenuta stagna, chiuse da una porta di metallo per impedire qualsiasi contatto con gli altri prigionieri. Da una sottile finestra è possibile vedere un pezzo di cielo o un muro di mattoni. "Non è neanche immaginabile l’impatto devastante che lunghi periodi in cella d’isolamento possono avere sulla salute fisica e mentale di un detenuto", ha dichiarato Erika Guevara Rosas, direttrice del Programma Americhe di Amnesty International.