Giustizia: l’Onu chiede per l’Italia amnistia e indulto... ed è censura pressoché totale www.radicali.it, 16 luglio 2014 Dichiarazione congiunta di Rita Bernardini (Segretaria di Radicali italiani) e di Marco Pannella (Presidente del Senato del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito). La vera notizia è che la "notizia" è stata quasi totalmente censurata dai mezzi di informazione. Tranne pochissime agenzie, fra le quali, l’Ansa, nessuna televisione pubblica o privata l’ha data, nessun giornale ne ha parlato (tranne, meritoriamente, Il Manifesto che però non ha citato né la parola amnistia, né la parola indulto richiesti dalla delegazione Onu). In internet, se selezionate le parole "Mads Andenas", cioè il nome del norvegese che ha guidato la delegazione delle Nazioni Unite che è venuta in visita in Italia dal 7 al 9 luglio, la notizia è passata solo sui seguenti siti internet: DaringToDo.com, Blastingnews.com, il Velino.it e Corriere.it. Cosa hanno dichiarato e chiesto gli esperti dell’Onu sulla detenzione arbitraria all’Italia per bocca del capodelegazione Mads? 1) Di adottare "misure straordinarie, come per esempio soluzioni alternative alla detenzione, al fine di eliminare l'eccessivo ricorso alla detenzione e proteggere i diritti dei migranti". 2) "Quando gli standard minimi non possono essere altrimenti rispettati, il rimedio è la scarcerazione". 3) "Chiediamo alle autorità italiane di rispettare le nostre raccomandazioni" del 2008 e "quanto statuito dalla sentenza Torreggiani". 4) Secondo l'esperto - scriveva l’Ansa - raccomandazioni come quelle formulate dal Presidente Giorgio Napolitano nel 2013, incluse le proposte in materia di amnistia e indulto, sono "quanto mai urgenti per garantire la conformità al diritto internazionale". 5) Sui migranti, oltre ad esprimere rammarico per i "rimpatri forzati", la delegazione Onu "resta preoccupata per la durata della detenzione amministrativa e per le condizioni detentive nei Centri di identificazione ed espulsione". Infine, udite udite, gli esperti Onu si esprimono anche sull’illegalità del 41-bis di cui, come forza politica, si occupano solo i radicali, anche con lo sciopero della fame in corso: "il regime detentivo speciale previsto dall'articolo 41-bis" per i mafiosi non è ancora stato allineato agli obblighi internazionali in materia di diritti umani". Temiamo che la censura sia stata anche determinata da qualche manina super-informata che abbia deliberatamente deciso di non far circolare la notizia e ci auguriamo che non si tratti di quella di qualche associazione che normalmente si occupa di diritti umani. Che non abbiano voluto disturbare - come ormai fan quasi tutti - il Premier Renzi e il Guardasigilli Orlando, mentre il Governo si appresta a nominare il Garante Nazionale dei detenuti e il Capo del Dap? C’è un’altra notizia totalmente censurata dai media (tranne Radio Radicale): si tratta della mozione approvata dal Comitato Nazionale di Radicali Italiani tenutosi lo scorso week-end a Roma. Comitato Nazionale di Radicali Italiani 11-13 luglio 2014 Mozione generale e documenti aggiuntivi Il movimento radicale nella sua storia sessantennale ha più volte dovuto attraversare lunghi periodi di resistenza che hanno poi consentito all’Italia di realizzare grandi conquiste nel campo dei diritti umani, sociali e civili o perlomeno di rallentare il processo di desertificazione della democrazia perseguito via via con sempre maggiore violenza dal regime partitocratico nelle sue diverse manifestazioni. Oggi questo processo ha prodotto un deserto che è soprattutto di idee e si manifesta ormai nella forma della supremazia della ragion di Stato sullo Stato di diritto democratico e federalista. Il diritto alla conoscenza è ormai negato al popolo italiano fino ad un punto di non ritorno. Il Centro d’Ascolto dei programmi radiotelevisivi ha dimostrato la precisa corrispondenza tra la percentuale di ascolti consentita ai leader e alle forze politiche in occasione della recente consultazione europea e il risultato conseguito dalle varie liste. Clamoroso il caso del Presidente del Consiglio Matteo Renzi e del PD: 41,1% di ascolti consentiti, 40,8% il risultato elettorale conseguito. Quanto al movimento radicale, altrettanto eloquente è il dato che vede Marco Pannella al 349° posto ed Emma Bonino addirittura espulsa dalla classifica dei 512 esponenti politici monitorati in merito alle trasmissioni della Rai-TV. Sulla totale illegalità del "sistema giustizia" italiano e delle carceri, ambedue pluricondannati in sede europea - il primo per l’irragionevole durata dei processi e il secondo per i trattamenti inumani e degradanti - paradigmatico è il caso del ponderoso dossier inviato il 22 maggio da Radicali italiani al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa chiamato, il 5 giugno scorso, ad esprimersi sul rispetto da parte del nostro paese della Sentenza di condanna "Torreggiani": la burocrazia europea ha illegalmente omesso di consegnarlo, con meschine azioni di occultamento, ai 47 delegati degli Stati favorendo così un esito benevolo verso la tesi difesa dal Governo italiano, che ha ammesso la forzatura, dichiarando "sulle carceri, per ora, ci abbiamo messo una pezza". Persino sulle misure compensative e riparatorie, il Governo italiano non si è fatto scrupolo - con l’ultimo decreto - di gabbare la Cedu: là dove la condanna ordinava all’Italia di prevedere ricorsi interni "effettivi" e "idonei", il Governo Renzi ha fissato il "prezzo della tortura" in 1 giorno di sconto pena per ogni 10 giorni vissuti in carcere oppure, per chi è uscito dal carcere, in 8 euro per ogni giorno di prigionia inumana e degradante. Accedere a tale "mercimonio" sarà oltretutto impraticabile considerata l’impossibilità per magistrati di sorveglianza e giudici civili di verificare per ciascun soggetto quali siano state materialmente le condizioni di detenzione. Il Comitato Nazionale di Radicali italiani, riunito a Roma l’11-12 e 13 luglio 2014 Ribadisce come obbligato un provvedimento di amnistia e di indulto quale unica riforma strutturale in grado di fermare il mancato rispetto della Costituzione italiana e dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, anche secondo quanto affermato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con il suo ostracizzato messaggio alle Camere. Il Comitato sostiene il Satyagraha in corso di Marco Pannella, Rita Bernardini e di altri 150 cittadini esplicitamente volto, in questa fase, a fermare le morti in carcere e a garantire le cure necessarie ai detenuti malati. Da questo punto di vista è con ogni evidenza emblematico - e perciò richiamato espressamente come obiettivo dello sciopero della fame - il caso dell’ottantunenne boss di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano, tuttora trattenuto in regime di 41-bis benché le Procure della Repubblica di Palermo, Caltanissetta e Firenze si siano pronunciate nei suoi confronti per la cancellazione del "carcere duro" e malgrado non sia più chiamato a intervenire nei processi in cui è ancora coinvolto perché "incapace di intendere e di volere". Il Comitato rileva che la inutile crudeltà di questa situazione non fa che qualificare lo Stato italiano ad un livello di criminalità, se possibile, addirittura superiore a quella del condannato. Nella condizione di antidemocrazia in cui si trova il Paese, il Comitato di Radicali italiani richiama il movimento alla forza e alla conseguente necessità della pratica della nonviolenza e della disobbedienza civile, nel difficile tentativo di ricercare e aprire varchi di agibilità politica nei quali la sovranità del popolo possa finalmente affermarsi. Il Comitato auspica che il ricorso alle Giurisdizioni nazionali, europee e transnazionali sia sempre più praticato da tutti gli organi di Radicali italiani per affermare, con il ripristino della legalità, i diritti fondamentali dei cittadini. Da questo punto di vista, il Comitato esprime il massimo plauso al Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito, all’Associazione Luca Coscioni, e al nostro stesso movimento per tutte le iniziative già intraprese con successo, in attesa di pronunciamento o pressoché prossime alla presentazione. Il Comitato impegna gli organi dirigenti a dare il massimo supporto all’Avv. Deborah Cianfanelli affinché il dossier sulla giustizia, riguardante l’irragionevole durata dei processi civili e penali, sia al più presto aggiornato e depositato presso la Corte EDU. Il Comitato sostiene altresì l’iniziativa volta a presentare un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale causato dallo Stato italiano ai suoi cittadini. Il Comitato ribadisce che partendo dall’analisi radicale sulla permanenza e vigenza di un sistema economico finanziario fondato su capitalismo inquinato, sottocapitalizzato, bancocentrico e di relazione, le campagne in corso #sbanchiamoli, #menoinquinomenopago e l’insieme di proposte sul capitalismo locale delle società partecipate da Enti locali e Regioni, oggi si confermano più che mai centrali nell’azione utile a rilanciare legalità, concorrenza, merito e innovazione, nonché a contenere il debito pubblico e quello ecologico, la spesa pubblica, la pressione fiscale e l’intermediazione indebita della politica e dei Partiti nell’economia. Il Comitato invita il governo Renzi, oltreché a far sue le misure citate, ad attivare al più presto un piano di riduzione dei trasferimenti anticompetitivi alle imprese nell'ambito del programma di tagli di spesa delineati dal commissario Cottarelli. Il Comitato rivolge un accorato appello a tutti coloro che siano raggiunti da questa "mozione" e ne condividano premesse e obiettivi, affinché si iscrivano a Radicali italiani, al Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito così come a tutte le Associazioni dell’area radicale ricordando che solo il versamento "dell’obolo di uno scellino" da dignità e forza ad una partecipazione responsabile. Giustizia: le carceri e le colpe dell’Italia di Giovanni Palombarini (Magistratura Democratica) Messaggero Veneto, 16 luglio 2014 Pare proprio che sia impossibile per l’Italia adeguarsi ai principi europei (e della civiltà) in materia di trattamento da riservare alle persone arrestate o fermate dalla polizia. A suscitare allarme non ci sono soltanto le ricorrenti cronache giudiziarie relative a processi contro agenti accusati di avere provocato la morte di qualche giovane. Ci sono anche le sentenze delle Corti internazionali a ricordarci la situazione. Nel giro di una settimana, infatti, l’Italia ha riportato due condanne dinanzi alla Corte europea dei diritti umani, una per i maltrattamenti inflitti dalle forze dell’ordine a una persona in stato di arresto (sentenza 24 giugno 2014, Alberti contro Italia), e un’altra, otto giorni dopo, per i maltrattamenti a molti detenuti nel carcere di Sassari (sentenza Saba contro Italia). Non si tratta di sentenze che stabiliscono nuovi principi di diritto. Entrambe costituiscono semplici conferme della giurisprudenza della Corte di Strasburgo in materia di divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti (art. 3 della Convenzione). Esse meritano tuttavia attenzione perché ricordano, una volta ancora, che in Italia le violenze fisiche e morali perpetrate dalle forze dell’ordine sulle persone in Stato di privazione della libertà personale rimangono prive di adeguate sanzioni. Il caso Saba, in particolare, è esemplare. I fatti risalgono all’aprile del 2000, quando alcuni detenuti del carcere di Sassari denunciarono le violenze di ogni genere subite da parte della polizia penitenziaria in occasione di una perquisizione della struttura (agenti di altri stabilimenti vennero inviati a Sassari per rafforzare la guarnigione locale). Dopo vari tentativi di insabbiamento o di minimizzazione da parte di alcune pubbliche autorità, grazie all’opera di un coraggioso pubblico ministero, Mariano Brianda, si aprirono le indagini che portarono alla richiesta di rinvio a giudizio per novanta persone tra agenti ed altri membri dell’amministrazione penitenziaria in relazione ai delitti di violenza privata, lesioni personali aggravate ed abuso d’ufficio, commessi nei confronti di un centinaio di detenuti. Dei sessantuno imputati che scelsero il rito abbreviato solo dodici furono condannati, con pene da quattro mesi a un anno e mezzo di reclusione, tutte sospese, per i delitti di violenza privata aggravata e abuso di autorità contro arrestati o detenuti (art. 608 del codice penale). In appello le condanne divennero definitive per nove di loro, ad alcuni dei quali vennero altresì applicate lievi sanzioni disciplinari. Quanto agli altri ventinove imputati, soltanto in nove vennero rinviati a giudizio, mentre per venti fu pronunciata sentenza di non luogo a procedere. Pur ritenendo accertato che si fosse verificato un episodio violenza inumana e gratuita, nel corso del quale i detenuti erano stati costretti a denudarsi, insultati, minacciati e in taluni casi anche picchiati (sono queste le parole dei giudici), il Tribunale prosciolse tutti gli imputati: due di loro per carenza di prove, gli altri sette per sopravvenuta prescrizione dei reati. Oltre al rammarico per la gravità dei fatti e per la cattiva fama che il nostro paese si va costruendo a livello internazionale, ciò che colpisce è la modestia delle conseguenze che subiscono coloro che quella cattiva fama determinano. La prescrizione è la regina delle ciambelle di salvataggio. Ma l’assenza nel nostro ordinamento del reato di tortura (la cui introduzione, prevista da convenzioni sottoscritte dall’Italia, è stata più volte sollecitata anche da organismi internazionali), determina per coloro che sono riconosciuti colpevoli l’inflizione di pene modestissime, di regola sospese. E le misure disciplinari che conseguono a condanne simboliche sono altrettanto simboliche. Ciò induce a pensare che siano forti in molti ambienti i sentimenti di solidarietà verso coloro che violano le regole a danno delle persone detenute. Infatti, sono trascorsi più di dieci anni dai fatti di Sassari, ma la situazione, anche normativa, non si è modificata. Giustizia: Sabelli (Anm); responsabilità civile non è priorità, governo si confronti con noi di Liana Milella La Repubblica, 16 luglio 2014 "L’Anm non intende procedere con diktat, così come la politica non ne accetterebbe, ma una cosa sono i diktat, un’altra il confronto. E sulla disponibilità a praticarlo il ministro è stato chiaro". Parta da qui il presidente dell’Anm Rodolfo Maria Sabelli per parlare di responsabilità civile dopo il testo del ddl Orlando reso noto da Repubblica. Nonostante le garanzie di Renzi e Orlando in conferenza stampa sulla discussione preventiva, questa non c’è ancora stata sulla responsabilità civile, forse il tema più delicato per le toghe. Ma è proprio necessario mettere mano a questa riforma o le urgenze sono ben altre? "Al top c’è la necessità di fare leggi per garantire l’efficacia del processo civile e penale. E proseguire su carceri, corruzione e mafia". Quindi l’attuale governo, come quello di Berlusconi, sta facendo un’inutile forzatura? "Un problema lo ha sollevato la Corte Europea sulla responsabilità dello Stato per manifesta violazione del diritto comunitario. Un tema del tutto diverso da quello della responsabilità personale dei magistrati. Per fare un discorso serio bisogna sgombrare il campo dai pregiudizi e dalla superficialità con cui spesso si affronta l’argomento". Cambiare le regole ora non è un segnale di ostilità verso voi magistrati? "Non voglio cadere io stesso nell’errore del pregiudizio. Il tema è delicato e per esprimere una valutazione piena bisogna leggere il testo riga per riga perché la trappola si può nascondere anche in una virgola". Il ddl Orlando esclude la responsabilità diretta. È già un pericolo in meno? "Il ministro ha escluso pubblicamente forme di responsabilità diretta. Che sono del tutto bandite da qualsiasi ordinamento europeo. Il solo prevederla sarebbe un grave squilibrio del sistema complessivo e anche processuale". Aver eliminato del tutto il filtro ai risorsi non è di per sé un pericolo? "L’esperienza m’insegna che ogni processo civile e penale ha un forte tasso di conflittualità tra le parti che rischia di sfociare sempre in un attacco al magistrato a seconda che dia torto all’uno o all’altro dei contendenti. Il filtro finora ha evitato azioni strumentali e palesemente infondate. Se salta bisogna comunque prevedere un argine che impedisca il moltiplicarsi dei ricorsi". Il concetto di "danno allargato" è un pericolo? "Qui la questione si fa molto tecnica, perché l’ambito del danno risarcibile e i casi di responsabilità dipendono da come sarà scritta la norma. È importante evitare che il sovraccarico di lavoro e situazioni organizzative che non dipendono dal magistrato finiscano per ricadere nella sua responsabilità". Ritiene che le toghe saranno libere d’interpretare la legge? "Parliamo del cuore stesso della loro attività. Limitarne la libertà d’interpretazione sarebbe un colpo al cuore della giurisdizione. Escludo che il governo voglia farlo". E come la mette col testo del socialista Buemi che al Senato ipotizza di tenere conto delle sentenze delle sezioni unite della Cassazione? "Noi già ne teniamo conto, ma attenzione a introdurre un obbligo di legge a pena di responsabilità civile che stravolgerebbe il nostro sistema giuridico". Giustizia: decreto su risarcimento ai detenuti, alla Camera si esaminano gli emendamenti Asca, 16 luglio 2014 Scaduto ieri il termine per presentare emendamenti, la commissione Giustizia della Camera prosegue in settimana la discussione del dl 92/2014 "Disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all’ordinamento del corpo di polizia penitenziaria e all’ordinamento penitenziario, anche minorile". Chiusa la discussione preliminare e svolte alcune audizioni, la seconda commissione si appresta a entrare nel merito del provvedimento con l’illustrazione delle proposte di modifica. Giustizia: Sappe; riorganizzazione sopprime 5 provveditorati regionali, è atto gravissimo Ansa, 16 luglio 2014 "Non è pensabile chiudere strutture importanti di raccordo tra carcere, istituzioni e territorio come i Provveditorati Regionali dell’Amministrazione Penitenziaria di Calabria, Liguria, Umbria, Marche e Basilicata a meno che non si voglia paralizzare il sistema ed avere del carcere l’esclusiva concezione custodiale che lo ha caratterizzato fino ad oggi. Vuole il Governo Renzi essere ricordato per questo attacco ai presidi di sicurezza del Paese?". È il commento del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, il primo e più rappresentativo della Categoria, per voce del segretario generale Donato Capece, allo schema di decreto concernente la riorganizzazione dell’Amministrazione Penitenziaria trasmessa dal Ministro della Giustizia Orlando alla Funzione Pubblica. "Serve ottimizzare le risorse sul territorio ma non cancellare i presidi di sicurezza penitenziaria in questi cinque importanti regioni. La situazione, nelle carceri italiane, resta grave e questo determina difficili, pericolose e stressanti condizioni di lavoro per gli Agenti di Polizia Penitenziaria. Nei 206 penitenziari del Paese il sovraffollamento resta significativamente alto rispetto ai posti letto reali, quelli davvero disponibili, non quelli che teoricamente si potrebbero rendere disponibili. Un problema è la mancanza di lavoro, che fa stare nell’apatia i detenuti. Ma va evidenziato anche che l’organico di Polizia Penitenziaria è sotto di 7mila unità. Che non è pensabile chiudere strutture importanti di raccordo tra carcere, istituzioni e territorio come i Provveditorati Regionali dell’Amministrazione Penitenziaria a meno che non si voglia paralizzare il sistema. Che il carcere non può continuare con l’esclusiva concezione custodiale che lo ha caratterizzato fino ad oggi". Lombardia: il Consiglio regionale approva Risoluzione per risolvere criticità delle carceri Italpress, 16 luglio 2014 Il Consiglio regionale approva, all’unanimità, la proposta di risoluzione presentata da Fabio Fanetti (Lista Maroni), presidente della Commissione speciale carceri di Regione Lombardia, che invita il governatore lombardo Roberto Maroni e la sua Giunta a promuovere "una efficace collaborazione tra le istituzioni locali e l’amministrazione penitenziaria" per risolvere le criticità strutturali degli istituti di pena di Brescia, Varese e Cremona; "un’intesa presso la Conferenza Stato-Regioni e il ministero della Giustizia" perché vengano erogate risorse per risolvere le carenze strutturali delle 3 case circondariali, per garantire salute, benessere e rispetto della dignità umana dei detenuti e ad accelerare le procedure già in corso per la soluzione delle problematiche strutturali. È stato aggiunto, inoltre, l’emendamento proposto dalla consigliera Lucia Castellano (Patto civico), ex direttore del carcere di Bollate, che prevede l’estensione dei contenuti del documento a tutte le carceri lombarde, non solo i 3 istituti menzionati. In particolare, però, quello di Canton Mombello (Bs), presenta gravi carenze strutturali, tanto che andrebbe dismesso, e una situazione di sovraffollamento. Per risolvere tali criticità, il comune di Brescia, ha individuato la possibilità di ampliamento del carcere di Verziano. Entrambi i problemi, carenze strutturali e sovraffollamento, sono stati rilevati, anche nel carcere di Varese, la cui amministrazione comunale ha individuato un’area per realizzare un nuovo istituto di pena o, in alternativa, l’ampliamento di quello esistente, cooptando i locali adiacenti del comando di polizia locale. Infine, alcuni dirigenti dell’Asl di Cremona hanno evidenziato criticità strutturali che hanno reso inagibili 2 sezioni, per la cui ristrutturazione il ministero di Giustizia ha stanziato le risorse necessarie. Assessore Mantovani: urgente intervento organico "È urgente un interventi organico e non occasionale" sulle strutture carcerarie lombarde, molte in stato di degrado. Lo dichiara il vicepresidente di Regione Lombardia e assessore alla Salute Mario Mantovani, durante il suo intervento in Consiglio regionale, in merito alla proposta di risoluzione presentata dal presidente della Commissione speciale carceri Fabio Fanetti. "La situazione degli istituti di pena lombardi è nota all’amministrazione regionale", assicura Mantovani e spiega che le Asl effettuano "ispezioni semestrali", nelle varie case di reclusione, trasmettendo, poi, "un verbale, al ministero della Giustizia, alla direzione del carcere e alla direzione generale della Sanità di Regione Lombardia", in cui si ravvisa che "le situazioni di disagio sono legate a carenze strutturali, alla salute e alla qualità di vita dei detenuti". Nella relazione vengono segnalati, inoltre, gli interventi necessari e una scheda tecnica con i dati di capienza, della struttura e del personale. Per quanto riguarda i 3 istituti menzionati nella proposta di Fanetti, Mantovani riporta alcune annotazioni dell’ultima visita dell’Asl di competenza. Per il carcere di Varese si parla di "rimozione delle grate superiori che ostruiscono i finestroni, carenze nella sala di socialità e nella cucina, bonifica di pareti e soffitti di alcuni locali, necessità di spogliatoi nei vani doccia". A Cremona ci sono "infiltrazioni d’acqua" e a Brescia "un sovraffollamento costante con 487 detenuti, distribuiti in 100 celle, su una capienza massima di 198 persone". Infine, Mantovani constata la mancanza di "requisiti minimi per le prestazioni sanitarie per mancanza di fondi nella maggioranza degli istituti" e sottolinea "l’urgenza nei tempi di realizzazione, della proposta, in tutte le carceri lombarde". Varese: Consiglio regionale; per il Miogni servono ampliamento e ammodernamento www.ininsubria.it, 16 luglio 2014 Dopo la Commissione speciale è toccato stamane al Consiglio regionale che ha approvato la risoluzione relativa alla condizione delle strutture penitenziarie di Varese, Cremona e Brescia. Il documento rappresenta la sintesi delle istanze raccolte in occasione delle visite in loco dei commissari. Si tratta di un documento che impegna la Giunta Maroni ad attivarsi, nelle sue possibilità e competenze, per risolvere i problemi dei detenuti e di chi lavora all’interno delle carceri. In particolare si chiede di porre in essere tutte le azioni per promuovere efficace collaborazione tra le Istituzioni locali e l’Amministrazione penitenziaria al fine di trovare soluzioni idonee a risolvere le criticità strutturali presenti nelle carceri di Varese, Brescia e Cremona; promuovere un’intesa presso la Conferenza Stato-Regioni e presso il Ministero di Giustizia affinché siano messe a disposizioni adeguate risorse per carenze strutturali in quelle carceri per garantire salute, benessere ai detenuti e dignità umana; accelerare le procedure per la definizione delle problematiche strutturali degli istituti penitenziari e riferire alla Commissione speciale della Regione sulla situazione carceraria in Lombardia circa le azioni e le iniziative intraprese. Per quanto riguarda il carcere di Varese il documento ricorda che il Pgt ha individuato in un’area di via Friuli la zona dove edificare una nuova struttura in alternativa all’ampliamento e ristrutturazione dell’esistente. Nel Pgt del Comune di Varese è stata individuata in via Friuli un’area da destinare alla realizzazione del nuovo carcere o, in alternativa, è stato ipotizzato di recuperare e ampliare l’attuale struttura mediante la cessione dell’attigua proprietà di via Sempione, che attualmente ospita il comando della Polizia locale. "Il voto odierno ci dà indicazioni importanti per quanto riguarda il carcere di Varese - commenta la consigliera varesina Francesca Brianza, Lega Nord. La prima è la revoca, il più velocemente possibile, del decreto di dismissione del 2001 che ne prevedeva la chiusura e che ha bloccato di fatto l’arrivo dei finanziamenti. La seconda è la riqualificazione della struttura dei Miogni, preferibile alla realizzazione di un nuovo edificio perché ridurrebbe i tempi e i costi. Un ammodernamento che comprenda un ampliamento nei limiti del possibile e garantisca migliori condizioni per detenuti e operatori carcerari. La soluzione del problema non passa da indulti o amnistie ma dalle ristrutturazioni delle case circondariali". Brescia: carcere di Canton Mombello, torna ipotesi di ampliamento nell’area di Verziano www.bsnews.it, 16 luglio 2014 Il Consiglio regionale lombardo ha oggi approvato una risoluzione volta a risolvere le problematiche che interessano gli istituti di pena lombardi e in particolare quelli di Canton Mombello, Varese e Cremona. Relatore della risoluzione è stato Fabio Fanetti, presidente della Commissione speciale sulla situazione carceraria in Lombardia. "Attraverso la risoluzione - ha spiegato Fanetti - il Consiglio invita la Giunta regionale a porre in atto tutte le azioni possibili per promuovere una efficace collaborazione tra le istituzioni locali e l’amministrazione penitenziaria per trovare soluzioni idonee a risolvere le criticità strutturali presenti negli istituti penitenziari. Inoltre, tramite la promozione di un’intesa presso la Conferenza Stato Regioni e il Ministero di Giustizia, ci auguriamo che possano essere messe a disposizione le risorse necessarie per sopperire alle carenze strutturali riscontrate in particolare in alcuni istituti, a seguito delle visite effettuate dalla Commissione regionale, affinché possano essere garantiti la salute e il benessere dei detenuti". "Nel caso di Canton Mombello - ha affermato il presidente Fanetti - è necessario far sì che il Ministero, di concerto con l’Amministrazione comunale, possa al più presto dare il via libera al progetto per la realizzazione del nuovo carcere, per risolvere l’annoso problema del sovraffollamento. Il Piano di governo del territorio ha individuato nell’area adiacente a Verziano lo spazio per ampliare l’istituto di pena. Tale soluzione permetterebbe di dismettere la struttura di Canton Mombello, oggi resa maggiormente vivibile grazie al lavoro del direttore, degli operatori e alla collaborazione della presidente del Tribunale di Sorveglianza". "Per quanto riguarda l’istituto penitenziario di Varese, Fanetti auspica che "venga al più presto trovata una soluzione per salvaguardare la struttura e che si arrivi al più presto a revocare il decreto del 2001 che ne prevedeva la chiusura e che ha bloccato di fatto l’arrivo dei finanziamenti". "A Cremona - ha spiegato Fanetti, a seguito di specifici sopralluoghi, sono state evidenziate forti criticità strutturali di alcuni reparti, determinate da infiltrazioni idriche nell’impianto elettrico, che hanno reso inagibili le sezioni E ed F, con il conseguente trasferimento dei detenuti. Sappiamo che per quanto riguarda il padiglione F sono già stati appaltati i lavori per il suo rifacimento, ma è necessario che la situazione si sblocchi al più presto anche per la sistemazione della sezione dell’isolamento e della caserma della polizia penitenziaria". Lucca: visita dell’Usl al carcere, per valutare le condizioni dei detenuti e della struttura www.lagazzettadilucca.it, 16 luglio 2014 Una visita al carcere di Lucca, nell’ambito della collaborazione sempre più stretta tra l’Azienda Usl 2 e l’Amministrazione della Struttura Penitenziaria di Lucca. Il direttore generale dell’azienda Usl 2 Joseph Polimeni si è recato ieri all’interno della Casa Circondariale lucchese, accompagnato dalla Responsabile del Ser.T. dell’Azienda USL 2 Lucca e Referente Aziendale per la Salute in Carcere Ellena Pioli, dal Direttore della Salute Mentale Adulti di Lucca Roberto Sarlo e dal Direttore del Dipartimento della Prevenzione Alberto Tomasi. Ad accoglierli il Direttore della Casa Circondariale di Lucca Francesco Ruello, che lo scorso 21 giugno aveva a sua volta effettuato un sopralluogo alla sezione di degenza riservata ai detenuti all’interno del Nuovo Ospedale di Lucca, già attiva dalla metà di giugno, esprimendo soddisfazione per la nuova struttura presente al "San Luca" che consente una gestione adeguata dei pazienti detenuti ed un livello sempre più elevato di sicurezza. La visita di ieri era finalizzata ad approfondire essenzialmente tre questioni di grande rilevanza: le condizioni igienico-sanitarie in Carcere, l’organizzazione dei servizi sanitari all’interno della struttura carceraria e gli aspetti connessi al benessere psichico dei detenuti. Per quanto riguarda gli spazi a disposizione delle attività sanitarie, già in un precedente sopralluogo del Dipartimento della Prevenzione del 10 dicembre 2013 era emersa la necessità di un loro miglioramento. Il Direttore Ruello ha confermato l’impegno ad un ampliamento in particolare dell’area infermieristica e di quella dedicata alle visite mediche utilizzando una parte di locali attualmente utilizzati come magazzino. Per garantire una gestione autonoma delle attività sanitarie l’Azienda ha dato la sua disponibilità a dotare la struttura carceraria di una sterilizzatrice per i ferri chirurgici da utilizzare per piccoli interventi e ha confermato la sua attenzione alle problematiche legate alle patologie infettive. Nel corso della visita i professionisti dell’Azienda USL 2 hanno potuto constatare la presenza nella Casa Circondariale di una sorta di "intensità di sicurezza", con un servizio particolare dedicato agli ingressi. L’accoglienza dei "nuovi giunti" è infatti multidisciplinare ed è mirata ad individuare con tempestività i bisogni sociali e di salute (generale, psicologica e psichiatrica) dei detenuti ed a coinvolgere in una progettualità condivisa tutti gli operatori. In tale fase vengono individuati precocemente interventi di tipo terapeutico, specialistico, logistico e di sorveglianza. Lo screening d’ingresso è molto articolato e "personalizzato" in base alle caratteristiche del detenuto. Nel caso emergano situazioni di rischio o di particolare disagio, possono essere richiesti provvedimenti di intensificazione delle misure di custodia. Per quanto concerne la questione del benessere psichico dei detenuti, viene attuato regolarmente il protocollo siglato nel 2012 dalla Direzione dell’Azienda Usl 2 e da quella della Carcere di Lucca, che raccoglie le direttive internazionali ("World Health Organization") nazionali e regionali in tema di "prevenzione del suicidio in Carcere" e che permette di attuare un’efficace azione preventiva. Il protocollo, che pone Lucca all’avanguardia a livello regionale, è nato dalla considerazione che la carcerazione è un fattore specifico di vulnerabilità che induce ai gesti auto-aggressivi, inequivocabili segnali del grave stato di disagio in cui vivono i detenuti. Vengono quindi monitorati costantemente e con grande attenzione tutti i casi più a rischio da questo punto di vista. Si sta inoltre implementando nel carcere di Lucca l’utilizzo della cartella clinica informatizzata, in grado di facilitare i rapporti interni e quelli in rete con gli altri istituti carcerari, grazie anche all’utilizzo di una modulistica uniforme per la valutazione sanitaria dei detenuti. È stato infine elaborato dall’Azienda Usl 2 un progetto per un incremento dell’assistenza infermieristica nella Casa Circondariale, con una proposta che verrà presentata nei prossimi giorni alla dottoressa Daniela Matarrese, Dirigente Regionale che segue nello specifico la materia. Voghera (Pv): denuncia del Sippe per le condizioni di grave degrado della caserma agenti La Provincia Pavese, 16 luglio 2014 Nuova tegola per il carcere di Voghera. Dopo l’inchiesta della procura di Roma sui lavori dell’ala di massima sicurezza, con il sospetto di irregolarità negli appalti (ipotizzati i reati di corruzione, falso e abuso d’ufficio), ora la denuncia del Sippe, uno dei sindacati di Polizia penitenziaria, per le condizioni di grave degrado della caserma riservata al personale di custodia. I dieci neo-agenti destinati alla casa circondariale vogherese, a conclusione del 168° corso, sarebbero stati accolti in una struttura, "con materassi e lenzuola sporche, macchie di muffa sulle pareti, profonde incrostazioni nei servizi igienici, mattonelle staccate dal muro, armadi e porte rotte". Alessandro De Pasquale, segretario generale del Sippe, ha subito inviato un esposto al nucleo territoriale lombardo del Visag (il Servizio di vigilanza sull’igiene e la sicurezza dell’amministrazione della giustizia), informando anche il Dipartimento centrale dell’amministrazione penitenziaria, la direzione del carcere, le altre organizzazioni sindacali. "I locali della caserma - scrive De Pasquale - sembrerebbero in pessime condizioni igienico-sanitarie, a tal punto da creare un vero e proprio disagio abitativo. La situazione denunciata attraverso la documentazione fotografica richiederebbe un’immediata dichiarazione di inabitabilità della struttura per l’evidente presenza di uno stato di pericolo per la salute e la sicurezza delle persone". L’esposto del Sippe, in sostanza, sollecita la chiusura della casermetta fino al ripristino di condizioni di decoro. I dieci neo-poliziotti sono stati mandati a Voghera per rafforzare l’organico del corpo di guardia dopo l’apertura del nuovo padiglione di massima sicurezza capace di ospitare fino a 220 detenuti, che ha aumentato sensibilmente la popolazione carceraria. "In realtà - avverte De Pasquale - i dieci arrivi hanno coinciso con cinque partenze per cui il potenziamento del personale c’è stato solo in parte. La nuova ala al centro delle indagini della magistratura capitolina - nel mirino anche i lavori alle carceri di Lodi e Frosinone - è stata realizzata tra il 2011 e il 2013. "È paradossale - conclude De Pasquale - che si spenda tanto per il benessere dei detenuti e neppure un euro per quello degli agenti". di Filippo Tronca L’Aquila: Fns-Cisl; celle sovraffollate, mancanza di personale e penuria di mezzi blindati www.abruzzoweb.it, 16 luglio 2014 Una realistica rappresentazione della condizione in cui versano le carceri abruzzesi è l’episodio accaduto il 27 giugno al Tribunale dell’Aquila, in occasione degli interrogatori degli imprenditori Michele Bianchini e dei fratelli Alfonso, Cipriano e Domenico Di Tella, finiti in cella nell’ambito dell’inchiesta "Dirty Job" su presunte infiltrazioni camorristiche nella ricostruzione post-sisma e reclusi nella Casa circondariale "Le Costarelle" del capoluogo abruzzese. Per essere riportato in carcere, uno dei fratelli Di Tella ha infatti dovuto attendere quasi un’ora piantonato in una stanza del Tribunale, perché non c’erano a disposizione mezzi blindati nel numero necessario. Con gli agenti costretti a fare la spola con quello che avevano a disposizione. Episodio solo in apparenza marginale, perché è sintomo delle gradi difficoltà in cui versano le carceri abruzzesi, come del resto parecchie strutture in tutta Italia. Lo conferma Corrado Clementoni, segretario generale Fns-Cisl Abruzzo e Molise. "La situazione delle carceri in Abruzzo rispecchia il quadro nazionale e può essere definito ancora molto problematico, anche se si è registrato qualche miglioramento, ma solo perché l’Europa ha minacciato il nostro Paese di una maxi multa – spiega. Il problema del sovraffollamento resta critico e anche quello della carenza di mezzi e di organico, in Abruzzo infatti in servizio il 25 per cento in meno dei poliziotti penitenziari". Le carceri abruzzesi, del resto, sono quelle dei numeri drammatici da sovraffollamento. In base ai dati più aggiornati, a fronte di una capienza complessiva di 1.533 detenuti, ve ne sono oggi 1.935 con una eccedenza di 402 detenuti. Nel 2013, negli istituti di pena abruzzesi sono avvenuti 118 casi di grave autolesionismo, 31 tentativi di suicidio e un suicidio. "L’episodio accaduto all’Aquila non mi sorprende, con la spending review sono stati effettuati consistenti tagli lineari del budget e non ci sono soldi per fare la manutenzione del parco macchine, le camionette blindate sono contate di numero, e gli addetti ai nuclei di traduzione sono in crescente difficoltà - aggiunge Clementoni. Si pensi che alcune volte al pieno di carburante, devono provvedere con soldi propri i poliziotti penitenziari". A denunciare la mancanza di mezzi blindati, questa volta nel carcere di Sulmona (L’Aquila), era stato a maggio il segretario provinciale della Uil Penitenziari, Mauro Nardella. "Abbiamo a disposizione un solo mezzo e per di più non blindato - aveva tuonato il sindacalista - fino a qualche anno fa erano decine i mezzi messi a disposizione del carcere sulmonese. Oggi per far fronte alle moltissime traduzioni ci si deve confrontare con non più di due mezzi e per di più non idonei al trasporto dei detenuti reclusi a Sulmona. Resta la speranza oramai mal nutrita di poter contare sull’acquisto di nuovi mezzi, che sostituiscano quelli obsoleti e che spesso hanno più di 600 mila chilometri percorsi". Il rischio è insomma che, in caso di avaria, i detenuti non partecipino alle udienze o non possano essere curati in ospedale. A causa della spending review, rivela Clementoni, vengono messi a rischio anche i sistemi di sicurezza. "Se si guasta un metal detector non ci sono soldi per ripararlo o sostituirlo, e accade che le perquisizioni sui detenuti vengono effettuate a mano, ma senza la necessaria velocità e affidabilità", conclude. Arezzo: incontri sul futuro della Casa circondariale, organizzati dal Partito Democratico www.saturnonotizie.it, 16 luglio 2014 Venerdì 18 luglio, visita alle carceri di Arezzo da parte dell’onorevole Alessia Morani, responsabile Giustizia del Pd. Il Partito Democratico di Arezzo ha deciso di rafforzare e ampliare il dialogo sul problema delle carceri ed in particolare sulla Casa circondariale di Arezzo con l’evento "Carceri: Cantieri in corso". Il 18 luglio faranno visita alle carceri di Arezzo la Segretario comunale Elisa Bertoli e l’On. Alessia Morani (nella foto), Responsabile Giustizia e membro della Segreteria nazionale Pd, insieme ad una delegazione del Pd comunale. "Riteniamo il tema delle carceri essenziale per la nostra città - dice la Segretario Bertoli. La situazione del sovraffollamento va assolutamente risolto e riteniamo che si debba decidere un percorso certo e definitivo per la soluzione di questo tema che ormai si trascina da troppi anni". Dopo la visita del carcere, l’evento si sposterà, alle ore 21.15, presso la Casa delle Culture in Piazza Fanfani dove interverranno l’On. Alessia Morani, l’On. Marco Donati, la Sen. Donella Mattesini, la consigliere regionale Lucia De Robertis e la segretario comunale Elisa Bertoli. Irene Agnolucci, dell’Organizzazione Pd, ha annunciato oggi in conferenza stampa lo svolgimento dell’incontro: "abbiamo deciso di organizzare un dibattito aperto alla cittadinanza in cui sarà possibile conoscere tutte le problematiche e i possibili percorsi da intraprendere sia a livello nazionale che locale. La serata prevede un primo intervento dell’On. Morani, sulla situazione delle carceri in Italia e in Toscana, toccando temi quali le condizioni strutturali, il sovraffollamento e organizzazione e programmi tesi alla rieducazione ex art. 27 della Costituzione. In seguito interverranno gli amministratori che in questi anni si sono interessati e hanno portato avanti il tema della Casa circondariale e organizzazione penitenziaria. Parteciperanno all’evento anche le associazioni che si occupano delle attività all’interno del carcere". Grosseto: il carcere mandamentale di Pitigliano aspetta da 10 anni un progetto di rilancio di Alberto Celata La Nazione, 16 luglio 2014 Immerso nel verde dell’entroterra maremmano, a pochi metri da un relais con acque termali e alle porte del paese, sorge quel che resta del carcere mandamentale di Pitigliano. Una struttura sorta nel 1987, destinata a detenuti con pena definitiva e a quelli sottoposti a regime di semilibertà, e che dal 2004 è stata chiusa. Dieci armi di non utilizzo, di abbandono, come testimoniano inferiate e cancelli completamente arrugginiti. Al suo interno gli unici ospiti sono piccioni e cornacchie, che svolazzano qua e là. Una struttura che ha atteso quasi dieci anni dall’approvazione del progetto al suo effettivo funzionamento e che è stata operativa per diciassette anni e che ora giace inutilizzata da dieci. L’approvazione del progetto, da parte del Ministero di Grazia e Giustizia e il conseguente stanziamento dei finanziamenti, risale al 1978: in tutto sono stati spesi due miliardi delle vecchie lire. Il carcere, che non è stato quasi mai al completo, poteva ospitare un massimo di 15 detenuti e poteva avvalersi dell’apporto di quattro agenti. Tutti i detenuti, alcuni con pena definitiva altri in regime di semilibertà, uscivano la mattina per svolgere un’attività lavorativa, in particolare la pastorizia, e tornavano la sera. In realtà ben presto il personale si è trovato sotto organico e negli ultimi anni, quando il destino del carcere era ormai deciso, in servizio c’era una sola persona. Da un paio d’anni l’edificio è passato dal Ministero di Grazie e Giustizia al Demanio, a cui il direttore del carcere di Grosseto, Maria Cristina Morrone, da cui la struttura dipendeva, ha consegnato le chiavi. E adesso? Adesso, a dieci anni esatti dalla sua chiusura, qualcosa si muove. Il sindaco di Pitigliano, Pierluigi Camilli, ha deciso di farsi carico della struttura. "Personalmente non parlerei in questi termini - ricorda il primo cittadino. Per come la vedo io, non si tratta di farsi carico di qualcosa, ma al contrario di cogliere un’occasione. Qualche mese fa, infatti, il comune di Pitigliano ha fatto una manifestazione di interesse per l’acquisizione dell’immobile, il Demanio ci ha dato una prima risposta e adesso aspettiamo quella definitiva. La nostra aspirazione, usando fantasia e creatività, è quella di realizzare un ostello per il turismo giovanile, salvaguardando però la memoria di cosa ha rappresentato questo luogo". Ma Camilli non si ferma qui. "Nostra intenzione è anche quello di realizzare al suo interno la sede dell’archivio comunale, ma soprattutto la sede per le molte associazioni culturali che operano nel nostro territorio e che renderanno vitale una struttura abbandonata da dieci anni". Un ottimo progetto, ma, visti i tempi biblici della burocrazia italiana, la prudenza è d’obbligo. La storia del carcere A Pitigliano, in provincia di Grosseto, nel 1987 apre il nuovo carcere mandamentale. Il progetto per la sua realizzazione era stato approvato dal Ministero di Grazia e Giustizia quasi una decina di anni prima, nel 1978, anno in cui furono anche assegnati i relativi finanziamenti. La struttura costò due miliardi di lire. Il carcere mandamentale resta aperto dal 1987 al 2004. In questo periodo ha sempre ospitato detenuti cosiddetti definitivi, ovvero quelli già stati giudicati, tra loro anche quelli in regime di semilibertà, che durante il giorno svolgevano attività lavorative, tra cui la pastorizia. Il carcere poteva ospitare fino a un massimo di 15 detenuti. Quando il carcere chiude, nel 2006, la struttura ormai non ospitava nessun detenuto e al suo interno era rimasto un solo agente dei quattro originari. Da oltre un anno il carcere è passato al Demanio, a cui ili Comune di Pitigliano ha rivolto una manifestazione di interesse per realizzarci un ostello per la gioventù e la sede di molte associazioni culturali locali. Nelle intenzioni del sindaco l’immobile potrebbe essere riconvertito in un ostello. Nuoro: Socialismo Diritti Riforme; non chiudere il carcere di Macomer, ma specializzarlo Ansa, 16 luglio 2014 "La struttura penitenziaria di Macomer non deve essere chiusa ma inserita in un progetto riabilitativo e di riallocazione sociale dei detenuti. Deve diventare un centro penitenziario specializzato utile alla prevenzione sociale e al recupero di chi ha sbagliato". Lo sostiene Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione "Socialismo Diritti Riforme", con riferimento al provvedimento del Ministro della Giustizia Andrea Orlando che ha sancito la definitiva chiusura del carcere di Macomer suscitando la reazione degli amministratori locali e dei consiglieri regionali del territorio. "Il Ministero deve rivedere il sistema penitenziario della Sardegna - afferma - alla luce di un’impostazione non afflittiva ma di reale reintegrazione sociale e nell’ottica della territorialità della pena. Le megastrutture di recente apertura come Massama e Bancali stanno evidenziando numerosi limiti soprattutto perché accolgono detenuti in regime di alta sicurezza provenienti prevalentemente dalle aree del Paese maggiormente esposte a fenomeni mafiosi. La Casa Circondariale di Bonu Trau come quella di Iglesias, proprio per le dimensioni, si prestano maggiormente a ospitare persone private della libertà da sottoporre a trattamenti specifici". "Occorre progettare finalità operative - conclude la presidente di Sdr - evitando di disperdere ciò di cui si dispone evitando di procurare danni non solo al territorio ma anche ai familiari dei detenuti costringendoli a lunghe estenuanti trasferte per effettuare i colloqui. Le piccole strutture inoltre favoriscono un rapporto positivo con la comunità e con le istituzioni locali maggiormente attente a promuovere iniziative per rafforzare la funzione rieducativa della pena. L’auspicio è che prevalga il buon senso e si inizi a considerare la sicurezza sociale quella derivante dall’abbattimento della recidiva". Firenze: da detenuti a cuochi nelle mense universitarie, progetto promosso dalla Provincia www.provincia.fi.it, 16 luglio 2014 Un progetto promosso dalla Provincia di Firenze coinvolgerà quattro reclusi tra coloro che sono ammessi al lavoro esterno e alle misure alternative. Seguire un percorso formativo nelle mense universitarie per gettare le basi di una nuova vita lavorativa. È il fine di un progetto che coinvolgerà quattro detenuti e presentato nel corso di una conferenza stampa mercoledì 16 luglio, alle ore 10.30, nella sala stampa Fallaci di Palazzo Medici Riccardi, alla presenza del Presidente della Provincia di Firenze Andrea Barducci e del Provveditore dell’Amministrazione penitenziaria regionale, Carmelo Cantone. Le persone svantaggiate che seguiranno i percorsi formativi saranno individuate dalla Direzione delle Strutture penitenziarie tra coloro che sono ammessi al lavoro esterno e alle misure alternative. Promosso dalla Provincia di Firenze, il progetto prevede che siano attivati 4 tirocini presso alcune mense universitarie a Firenze, previa la firma di una convenzione tra la Provincia, l’Uepe di Firenze con le Direzioni delle Case circondariali di Sollicciano, Gozzini, Empoli e l’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario della Toscana. Parma Uil-Pa; da quando c’è Dell’Utri molte visite politici ma scarso interesse per Istituto Ansa, 16 luglio 2014 Da quando è detenuto a Parma Marcello Dell’Utri ha già ricevuto 20 visite da oltre una decina tra parlamentari e consiglieri regionali, ma quelle visite "quasi mai" si sono "trasformate in occasione di riflessioni sulle criticità del sistema penitenziario". È la stoccata di Eugenio Sarno, segretario Uil-Pa Penitenziari. Perché, ironizza, "se si arriva a chiedere l’installazione di condizionatori in ambienti sanitari dove è ristretto Dell’Utri, ignorando le gravi e indegne condizioni in cui versano i detenuti e le infamanti condizioni di lavoro del personale, forse sarebbe il caso di procedere in via sperimentale ad edificare un carcere per soli detenuti Vip, ovviamente con condizionatori nelle sezioni e semmai anche con piscine e gazebo nei passeggi. Ciò potrebbe favorire il crescere dell’interesse della classe politica verso il mondo penitenziario". Sarno non la nomina, ma il riferimento potrebbe essere a Daniela Santanché. "In poco meno di due mesi abbiamo potuto registrare una impennata di interesse di alcuni politici verso il carcere di Parma. Sebbene da anni sosteniamo che ogni occasione che consenta di illuminare la scena sulle condizioni detentive deve essere salutata con favore, quando quei politici esercitano le proprie prerogative per visitare solo ed esclusivamente un detenuto qualche dubbio sul reale interesse di costoro verso le criticità del sistema penitenziario ci sovviene". Il segretario rimarca che il sindacato apprezza "la sensibilità di chi ritiene dover portare conforto morale a chi è privato della libertà" ma aggiunge che "ci puzza un po’ quando questa esigenza si manifesta solo verso una particolare, e numericamente insignificante, categoria di detenuti. È del tutto evidente, quindi, che l’insensibilità spesso dimostrata dai politici in processione ai loro colleghi detenuti verso tutto il resto del mondo penitenziario non può non alimentare un ulteriore sentimento di distanza e distacco verso coloro che dovrebbero rappresentare tutto il popolo". Lanciano (Ch): Uil; agente penitenziario aggredito con un manico di scopa da un detenuto www.abruzzo24ore.tv, 16 luglio 2014 Ieri sera, dopo la chiusura dei detenuti, un agente è stato aggredito da un giovane detenuto con un manico di una scopa; fortunatamente la prontezza di riflessi dell’agente ed il fatto che tra i due vi fossero le sbarre della cella hanno evitato il peggio, i motivi dell’aggressione sono in corso di accertamento. L’agente è stato curato ed ha avuto una prognosi di 5 giorni per le ferite al braccio, in ogni caso le sue condizioni non destano preoccupazione. Semmai a destare preoccupazione, a quanto pare solo alla Uil Penitenziari, è il mancato assestamento dell’istituto a seguito del cambio al vertice; parliamo di atteggiamenti e decisioni prese che mal si prestano a favorire il lavoro della Polizia Penitenziaria e di tutti gli altri operatori nei vari settori del carcere di Lanciano. In una lettera dettagliata inviata al Provveditore Regionale Dott.ssa Bruna Brunetti nel lontano 15.05.2014 avevamo accennato anche a questo tipo di problemi, chiedendo un incontro urgente teso a chiarire la complessa situazione nell’istituto frentano, le difficoltà riscontrate con l’attuale gestione e la reale situazione sul fronte del personale di Polizia Penitenziaria. Ma a tutt’oggi non abbiamo avuto nessun riscontro dal locale Provveditorato, tant’è che abbiamo inoltrato un’altra nota di sollecito, l’ultima, a causa del mancato interessamento della Dott.ssa Bruna Brunetti. Invero un segnale d’interesse verso il carcere di Lanciano c’è stato, il richiamo in sede di quasi tutti i distaccati che fino a ieri operavano a Lanciano ed il trasferimento di una unità da Lanciano a Pescara. Quindi non solo non abbiamo avuto rinforzi ma il poco personale è stato ulteriormente ridotto di 7/8 unità; nel frattempo gli agenti del carcere di Lanciano svolgono turni di 10/12 ore continuative, in barba alle normative che prevedono un massimo di 9 ore di lavoro e solo in caso di eccezionali esigenze di servizio. Pertanto chiediamo, ancora una volta, al Provveditore Regionale Dott.ssa Bruna Brunetti di voler intervenire immediatamente per: favorire l’affidamento definitivo degli incarichi di dirigenza e comando nel carcere di Lanciano; verificare quanto denunciato da questa O.S., magari attraverso una ispezione mirata a constatare le nostre lagnanze; accertare direttamente la precaria situazione numerica del personale di polizia Penitenziaria in servizio nel carcere frentano. In caso contrario siamo pronti a mettere in atto tutte le prerogative sindacali per ottenere il rispetto dei diritti e della dignità della Polizia Penitenziaria. Firenze: Sappe; detenuto si barrica nella sala colloqui, con ostaggio moglie e 3 figli minori Ansa, 16 luglio 2014 Clamorosa protesta di un detenuto italiano, R.A. di 47 anni, ristretto per numerosi reati (tra i quali traffico di droga, armi, violenza, lesioni) e con fine pena nel 2025, che pochi minuti fa, all’interno del carcere di Firenze Sollicciano, si è barricato nella sala colloqui n. 4 del penitenziario con la moglie e 3 figli minori. A darne notizia è il segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe Donato Capece. "È un episodio inquietante, che sembra essere scaturito dal divieto - previsto dal regolamento - di cedere ai familiari alcuni oggetti senza aver preventivamente chiesto l’autorizzazione alla Direzione. Il detenuto ha dato in escandescenza ed ha colpito l’Ispettore di Polizia Penitenziaria che gestisce il servizio, barricandosi poi nella sala n. 4 dei colloqui e tenendo con sè la moglie e i 3 figli minori che erano arrivati per il colloquio. La Polizia Penitenziaria sta gestendo l’evento critico nel modo migliore, anche per la presenza dei familiari e soprattutto dei minori, e a beve dovrebbe arrivate sul posto anche il direttore del carcere per convincere il ristretto a recedere dall’insano gesto". Nei giorni scorsi, il detenuto era stato trovato con un telefono cellulare e per questo messo in isolamento in attesa di un trasferimento in altra sede. Proprio sul possesso del cellulare, aggiunge il leader dei Baschi Azzurri del Sappe. "Tali situazioni dovrebbero far riflettere la nostra Amministrazione circa la vulnerabilità del nostro sistema penitenziario: eppure, poco o nulla viene fatto dal Dap, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Basti pensare ad alcune soluzioni rapide ed efficaci, come la possibilità di schermare gli istituti penitenziari per neutralizzare la possibilità di utilizzo di qualsiasi mezzo di comunicazione non consentito e la possibilità di dotare tutti i reparti di Polizia Penitenziaria di appositi rilevatori di telefoni cellulari per ristabilire serenità lavorativa ed efficienza istituzionale, anche attraverso adeguati ed urgenti stanziamenti finanziari, che però vengono trascurati dall’attuale dirigenza del Dap". L’auspicio del Sappe è ora quello che la situazione possa tornare alla normalità nei tempi più brevi. Palermo: ai domiciliari chattava su Facebook nonostante il divieto, rimesso in carcere Agi, 16 luglio 2014 Vietato navigare su Internet dagli arresti domiciliari, ma Christian Nicolosi, 23 anni, ha violato la prescrizione del giudice e a un controllo nella sua abitazione di Terimini Imerese (Palermo) i carabinieri lo hanno sorpreso su Facebook, dove dispone di tre profili. I militari hanno poi ricostruito un fitto scambio di messaggi tra il pregiudicato e altri utenti del social network, e hanno presentato un rapporto alla Procura di Termini Imerese che ha emesso per Nicolosi ordinanza di custodia in carcere, con l’accusa di aver violato il divieto di comunicare imposto a chi si trova in detenzione domiciliare, e che è valido anche per le comunicazioni on line. Torino: sei nuovi laureati al Polo Universitario Unito per studenti-detenuti www.controcampus.it, 16 luglio 2014 Venerdì 18 luglio, alle 10.00, presso la Casa Circondariale Lorusso e Cutugno (Via Adelaide Aglietta, 35, Torino) discuteranno le loro tesi di laurea 5 studenti del Polo Universitario per studenti detenuti. Un sesto studente, che fruisce di permessi, discuterà la sua tesi di laurea al Campus Luigi Einaudi il 16 luglio. Alla seduta di laurea al Polo Universitario presenzieranno, oltre ai detenuti del Polo Universitario, i familiari dei laureandi e i docenti impegnati in carcere, il nuovo direttore della Casa Circondariale, il dott. Domenico Minervini, una rappresentanza della Compagnia di San Paolo, gli educatori e gli operatori della Polizia penitenziaria e i volontari che accompagnano i detenuti del Polo. Sono stati invitati i Garanti dei diritti dei detenuti della Regione Piemonte, Bruno Mellano, e della Città di Torino, Maria Pia Brunato. Gli studenti del Polo Universitario conseguiranno tre diverse lauree triennali: Due in Diritto delle imprese e delle istituzioni (Dipartimento di Giurisprudenza): A. D. P.: Discussione e riflessione sull’eutanasia - relatrice la prof.ssa Elisabetta Palici di Suni. D. G.: L’incidenza delle misure alternative sulla recidiva - relatrice la prof.ssa Cecilia Blengino. Due in Scienze del diritto e dell’attività normativa (Dipartimento di Giurisprudenza): A. I.: L’autonomia dell’ordinamento sportivo - relatore il prof. Mariano Protto. G. L.: Artt. 2621-2622: false comunicazioni e false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci e dei creditori - relatrice la prof.ssa Alessandra Rossi. Padova: un agente del carcere sotto accusa "sono cocainomane, ma non ho mai spacciato" di Cristina Genesin Il Mattino di Padova, 16 luglio 2014 In due sono rimasti zitti, mentre un collega ha parlato. Per raccontare la "sua verità" al gip Mariella Fino, il magistrato che ha firmato l’ordinanza destinata a spedire in carcere due rappresentanti della polizia penitenziaria del carcere Due Palazzi (l’assistente Pietro Rega responsabile del 5° piano e l’agente Luca Bellino), agli arresti domiciliari quattro agenti (Roberto Di Profio, Angelo Telesca, Paolo Giordano e Giandomenico Laterza), mentre altri nove colleghi sono indagati in stato di libertà. Roberto Di Profio ha cercato di difendersi, respingendo ogni accusa, pur ammettendo la propria dipendenza dalla cocaina. L’agente ha raccontato che, da alcuni anni, assume la "polvere bianca". Difficile negarlo: le intercettazioni telefoniche contenute nell’ordinanza confermano che, quasi quotidianamente, Di Profio contattava al telefono pusher nordafricani per ordinare la cocaina da consumare "in tre... quattro...". Droga che, secondo gli investigatori, veniva anche venduta ai detenuti. L’agente (assistito dall’avvocato Eleonora Danieletto) ha voluto difendere il suo onore e ha insistito "voglio curarmi". Pur confessando i propri sbagli, l’uomo ha detto di essersi sempre comportato correttamente sul lavoro. La prova? Avrebbe spesso aiutato i detenuti, contribuendo alla loro rieducazione: nel suo piano (il 6° e il 7°) molti si laureano in Filosofia. Mai spacciato droga, poi, ha insistito. Anche loro difesi dall’avvocato Danieletto, hanno preferito avvalersi della facoltà di non rispondere gli assistenti Paolo Giordano (l’aspirante porno-attore che distrubuiva i suoi filmini hard dietro le sbarre, soprannominato il poeta o il pittore) e Angelo Telesca (il Condor). Il primo deve rispondere di spaccio aggravato; il secondo è in una posizione più critica perché accusato pure di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Giordano, peraltro, è agli arresti domiciliari in un alloggio riservato al personale nel complesso del Due Palazzi e condivide la stanza con un collega indagato in stato di libertà. Già interrogati Pietro Rega (difensore l’avvocato Roberta Barin) e Luca Bellino (avvocato Annamaria Marin), rinchiusi nel carcere militare di Santa Maria Capua a Vetere: entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Roma: assolto poliziotto che uccise un pregiudicato al temine di un inseguimento in auto di Andrea Ossino Il Tempo, 16 luglio 2014 Michele Paone, l’agente che al termine di un inseguimento sul grande raccordo anulare di Roma sparò a Bernardino Budroni uccidendolo, è stato assolto: secondo la corte della settima sezione penale del tribunale di piazzale Clodio il fatto non costituisce reato. Praticamente, secondo i giudici, il poliziotto che esplose due colpi all’indirizzo della vittima non commise un omicidio colposo aggravato ma usò l’arma in maniera legittima. La vicenda inizia il 30 luglio del 2011, quando Bernardino Budroni, quarantenne di Fonte Nuova, ha una discussione accesa con la sua ex. Non è la prima volta. La ragazza chiama le forze dell’ordine, l’uomo si allontana e una pattuglia staziona sotto casa della donna per oltre un’ora. La situazione appare tranquilla ma all’alba Bernardino Budroni torna nell’appartamento dell’ex compagna, in via Quintilio Varo, zona Tuscolana. I due litigano, arriva la polizia e inizia un’inseguimento sull’anello viario della Capitale. Una scena da telefilm americano, dove due volanti della polizia e una gazzella dei carabinieri sfrecciano sul raccordo anulare per oltre trenta minuti, nel tentativo di fermare la Ford Focus su cui viaggia il fuggitivo. Sul lato passeggero della volante numero 10 c’è Michele Paone, all’epoca ha ventinove anni e in servizio non ha mai sparato un colpo d’arma da fuoco. L’uomo, secondo la procura, "quando ormai la vettura del Budroni era costretta a fermarsi e ad accostare sul margine destro della strada, esplodeva da distanza ravvicinata due colpi di pistola in direzione della gomma posteriore sinistra della Ford Focus, con l’intenzione di impedire nuovi tentativi di fuga e di speronamento, mirando alto e colpendo con uno dei due colpi Bernardino Budroni". Infatti la macchina della vittima, secondo i periti, è praticamente ferma, lo dimostrerebbe la posizione del freno a mano, correttamente inserito. Il primo colpo si conficca nel parafango del veicolo. Il ragazzo, impaurito, si abbassa ma il secondo proiettile, afferma il legale di parte civile Fabio Anselmo, "entra nella portiera, esce dalla portiera, entra nel corpo di Budroni, esce dal corpo di Budroni e si conficca nella portiera opposta". La pallottola colpisce infatti la schiena della vittima, trapassa il fegato, perfora un polmone e ferisce il cuore. È inutile l’intervento dell’autoambulanza e la corsa dei sanitari verso l’ospedale Pertini. I medici possono solo constatare il decesso dell’uomo. La procura di Roma apre un fascicolo, l’agente viene rinviato a giudizio. "Appena ci siamo fermati, direi quasi contestualmente all’arresto dei veicoli, ho sentito due colpi di pistola - aveva riferito agli inquirenti il militare dell’arma dei carabinieri, Emiliano Dei Giudici - uditi i colpi aprivo lo sportello, scendendo repentinamente vedevo Budroni che era immobile e mi parve alzare le mani in segno di resa. Non era armato. Subito dopo si è accovacciato". La battaglia processuale che vede l’agente Michele Paone accusato di omicidio colposo si combatte anche sull’intervallo di tempo, sui millesimi di secondo trascorsi tra il primo e il secondo sparo. "Si è parlato di colpi in rapida successione che hanno causato una morte praticamente immediata - continua il legale che assiste i parenti del defunto - Non è così". L’avvocato accende un registratore in aula, il giudice sente la registrazione della conversazione radio, la madre della vittima ascolta in aula gli ultimi istanti della vita di suo figlio. Il secondo colpo in "rapida successione" non è presente in quella riproduzione. "Non mi fu ordinato... temevo che fosse armato di coltello - aveva testimoniato a piazzale Clodio l’imputato. Ecco perché nel momento in cui ci siamo affiancati al passeggero ho estratto la pistola. Il bersaglio deve essersi improvvisamente spostato cosicché i colpi non hanno colpito la ruota", aveva concluso l’agente. Ieri il giudice monocratico ha ritenuto che nessun reato è stato commesso. Roma: presentazione del Rapporto 2014 sulla pena di morte di Nessuno Tocchi Caino www.radicalparty.org, 16 luglio 2014 Venerdì 18 luglio 2014, alle 11.45 in Via di Torre Argentina 76 a Roma si terrà la presentazione del Rapporto 2014 di Nessuno Tocchi Caino: La pena di morte nel mondo e il conferimento del premio Abolizionista dell’anno 2014. Partecipano: Emma Bonino, il Ministro degli Esteri del Benin Nassirou Bako Arifari, l’editorialista di The New Republic Ben Crair, padre Guido Bertagna, il Sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova, Marco Pannella, Sergio D’Elia e Elisabetta Zamparutti, rispettivamente presidente, segretario e tesoriera di Nessuno Tocchi Caino. Il Rapporto 2014 di Nessuno Tocchi Caino, edito da Reality Book, dà conto dei fatti più importanti relativi alla pratica della pena di morte nel 2013 e nei primi sei mesi del 2014. Tre Paesi illiberali, Cina, Iran e Iraq, sono risultati essere nel 2013 i primi tre "Paesi-boia" del mondo, ma i dati mostrano anche un passo indietro nei Paesi cosiddetti "democratici", dove sono aumentate le esecuzioni e il sistema capitale si è rivelato essere per molti aspetti coperto da un velo di segretezza. Durante l’evento saranno illustrati anche gli obiettivi della campagna di Nessuno Tocchi Caino per l’abolizione e la moratoria sull’uso della pena di morte in Africa e le proposte per rafforzare la nuova Risoluzione sulla Moratoria Universale che l’Assemblea Generale dell’Onu voterà nel dicembre 2014. Il Premio "Abolizionista dell’Anno 2014", promosso da Nessuno Tocchi Caino quale riconoscimento alla personalità che più di ogni altra si è impegnata sul fronte dell’abolizione, è conferito quest’anno al Presidente del Benin Boni Yayi che interverrà in video-conferenza. Per maggiori info: Elisabetta Zamparutti: Tel. 06.68979212 - 06.68803848 - fax 06.68979211. cell. 335.8000577 - e mail: e.zamparutti@radicali.it. Aosta: detenuti-attori a Brissogne, il teatro fa di nuovo il suo ingresso in carcere www.aostacronaca.it, 16 luglio 2014 Dopo il successo dello scorso anno un nuovo spettacolo, aperto al pubblico, andrà in scena nel cortile della Casa circondariale di Aosta alle 19 di giovedì 7 agosto. Il titolo della performance è "Nessuno - azione teatrale rinchiusa per riconsiderare il viaggio" . A recitare un gruppo di detenuti seguiti e diretti dall’attore Andrea Damarco di Replicante Teatro che da tempo segue come volontario un laboratorio teatrale. Promosso dall’Associazione valdostana di volontariato carcerario (Avvc) e dalla Direzione della Casa circondariale, lo spettacolo è aperto al pubblico, seppur con la limitazione di 100 posti. Per partecipare è obbligatoria la prenotazione per la preventiva autorizzazione all’ingresso nel carcere, che può essere fatta segnalando nome, cognome, data di nascita e recapito telefonico al Csv (0165.230685) o inviando una mail con gli stessi dati all’indirizzo avvc.onlus@gmail.com Le segnalazioni devono arrivare entro il 21 luglio. Il pubblico prenotato dovrà poi presentarsi a partire dalle ore 18 per espletare le ultime formalità necessarie all’ingresso del carcere munito di documento di riconoscimento. Non è consentito l’ingresso di telefoni cellulari, macchine fotografiche e altre apparecchiature elettroniche. Droghe: caro Renzi, vediamoci presto…. di Riccardo De Facci (Vice presidente del Cnca) Il Manifesto, 16 luglio 2014 Caro Presidente Renzi, il 26 giugno 2014 in occasione della Giornata mondiale per la lotta all’abuso di droghe, Le abbiamo scritto una Lettera aperta con la richiesta di un incontro urgente per avviare un confronto sulla riforma di una politica segnata per troppi anni da una visione ideologica crollata con la dichiarazione di incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi. Non abbiamo ricevuto ancora risposta e per questo ribadiamo le nostre ragioni e i nodi urgenti. Un sistema di intervento pieno di eccellenze e di moderne proposte di intervento che non ha da anni più luoghi istituzionali di riferimento, di decisione, di monitoraggio e sviluppo ( senza più direttore del Dipartimento nazionale, senza referente politico esplicito, senza più raccordo tra decisionalità europea, nazionale, regionale e locale) e che rischia una condizione di solitudine ed abbandono. Una continua evoluzione di fenomeni, problemi e domande che non trovano luoghi unici di lettura e rilancio, con la conseguente completa assenza dell’Italia dai luoghi decisionali europei, soprattutto all’inizio del semestre europeo a guida italiana che invece dovrebbe vederci attori protagonisti anche in questo campo. Dopo la cancellazione della Fini Giovanardi abbiamo raggiunto un importante risultato, ma che ci consegna a vari livelli una grossa responsabilità su molti temi sia a livello politico, che legislativo (pensiamo alle migliaia di persone in attesa di revisione della pena) che dell’ammodernamento del sistema dei servizi e dell’adeguamento ai nuovi bisogni. Perché tutto ci riporta ad una legislazione del 1990 che su questo settore è davvero vecchia, del secolo scorso ( pensiamo solo per esempio all’invadenza del gioco d’azzardo ancor non certificabile nei Lea e delle possibilità di acquisto di sostanze sempre più varie via internet o della diffusione della cocaina ed altro). Come per altri settori la modernizzazione richiede una nuova riprogrammazione strutturale tra direzione, coordinamento ed indirizzi nazionali, rilancio del ruolo delle regioni e dei servizi pubblici e privati delle dipendenze. Ripartire insieme dopo un periodo di assoluta distanza tra un atteggiamento autocratico e distante del dipartimento nazionale molto ideologico e indifferente ai fenomeni ed un sistema delle regioni che ci ha portato ad avere 20 sistemi di intervento diversi poco confrontabili tra loro e con pregi, contraddizioni e criticità su cui è necessario probabilmente intervenire. Come ripensare ad un sistema nazionale di intervento, che sia capace di premiare e valorizzare eccellenze e migliorare le criticità affinché si possa ricreare quel clima di collaborazione e riconoscimento reciproco così necessario. La necessità di riavviare una seria riflessione moderna in Parlamento ma anche nella società (attraverso una riorganizzazione dei servizi, una nuova legislazione, nuovi atti di indirizzo ed approfondimenti seri e condivisi) che sia capace di promuovere il ruolo dei servizi rispetto a consumi e dipendenze problematiche in rapida trasformazione. Forse meno tossicodipendenza ma più abusi e consumi problematici su cui lavorare. Contemporaneamente saper anche rilanciare una seria politica di contrasto ai mercati ed alle mafie parallelamente con un miglioramento del sistema di prevenzione, riduzione del danno e presa in carico precoce di nuove domande e fenomeni ( pensiamo alla diffusione ed ai nuovi modelli di consumo dell’alcool, binge drinking, delle varie nuove droghe sintetiche, del diverso diffondersi di cocaina ed eroina). Il Cnca e le altre associazioni impegnate su questo delicato terreno attendono con fiducia un segno di attenzione. India: a Ostuni (Br) uno striscione per non dimenticare i fucilieri della Marina detenuti www.puglialive.net, 16 luglio 2014 "Ostuni vi aspetta" recita lo striscione appeso al balcone di Palazzo San in onore di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due fucilieri della Marina ancora detenuti in India. "Ovviamente mi auguro che lo striscione resti appeso il meno possibile" ha detto il sindaco nel corso di una breve cerimonia "questo vorrebbe dire che Salvatore e Massimiliano sono tornati tra noi. Ovviamente la diplomazia è al lavoro e speriamo di poter ospitare quanto prima il ritorno dei nostri ragazzi". Alla cerimonia, oltre al Sindaco, sono intervenuti rappresentanti delle autorità militari, forze dell’ordine, forze combattentistiche e d’armi e associazioni di protezione civile. Irlanda del Nord: "Siamo qui", associazione per il reiserimento degli ex detenuti politici di Fabio Polese La Repubblica, 16 luglio 2014 Si chiama Tar Anall - "Siamo qui", appunto - ed è la struttura che si trova nelle vicinanze di Falls Road street, cuore della Belfast nazionalista. Aiuta gratuitamente oltre 3mila persone attraverso corsi, attività culturali, sociali e offre assistenza psicologica e psichiatrica. Tar Anall, che in gaelico irlandese significa "siamo qui", è la più vecchia associazione che si occupa del reinserimento nella società civile degli ex detenuti politici repubblicani e delle loro famiglie. La struttura, nata nel 1995, si trova nelle vicinanze di Falls Road street, cuore della Belfast nazionalista e aiuta gratuitamente oltre 3mila persone attraverso corsi, attività culturali, sociali e offre assistenza psicologica e psichiatrica. La pesante eredità della guerra. "Questa è una delle molte strutture di reinserimento che lavorano a supporto dei detenuti politici repubblicani e delle loro famiglie in un territorio che registra un alta percentuale di suicidi e di disturbi psicologici post conflitto". A parlare è Giulia Caruso, una giornalista freelance italiana che due anni fa si è trasferita a Belfast per scrivere un romanzo ambientato in Irlanda del Nord ed ora insegna italiano e francese nella sede di Tal Anall. "Mi trovo a lavorare in un territorio in cui pesa ancora molto l'eredità di trent'anni di guerra intestina tra occupanti ed occupati, nonostante i famosi troubles - i disordini più pesanti tra la comunità repubblicana irlandese e i lealisti inglesi - siano finiti da sedici anni con gli accordi del Venerdì santo del 10 aprile del 1998". Una comunità umile e motivata. Tra i corsi maggiormente frequentati ci sono quelli relativi agli addetti di sicurezza, alla guida turistica e alla seconda lingua. "Gli allievi del mio corso - spiega la Caruso - sono persone molto motivate ad ampliare i loro orizzonti culturali attraverso l'apprendimento di una lingua straniera". La fascia d'età di chi frequenta i corsi varia dai 30 ai 60 anni e "molti di loro portano ancora sulla propria pelle i segni di anni e anni di carcere e la sofferenza dovuta alle aggressioni inglesi quando l'occupazione britannica mostrava il suo volto più feroce". Nonostante questo, puntualizza la giornalista, "ho avuto modo di incontrare il cuore vivo di questa comunità che si differenzia per umiltà e cortesia". Combattevo per la giustizia sociale. "Queste strutture sono molto utili per la popolazione e vanno incentivate", dice Jack Duffin, ex membro della Official Irish Republican Army (Ira), l'esercito repubblicano irlandese, prima della scissione che portò alla nascita della Provisional Irish Republican Army (Pira), più nazionalista e quella di ispirazione marxista socialista dell'Irish National Liberation Army (Inla). "Nel 1964, quando avevo 16 anni ed andavo ancora a scuola, ho deciso di arruolarmi nell'Ira perché volevo combattere per la giustizia sociale, contro le ingiustizie e le discriminazioni di cui la mia gente era vittima". "Dopo alcune azioni che servivano per vedere se ero la persona giusta da prendere, sono entrato a far parte del Battaglione Belfast, nell'unità D-Company nel quartiere di Ardoyne". Ma questo è il passato. Un passato che non rinnega, nonostante ora supporti il partito repubblicano irlandese dello Sinn Féin - secondo partito dell'Irlanda del Nord - anche se si dice "molto preoccupato della possibilità che la dirigenza possa tradire le aspettative del nostro popolo". Bisogna trasmettere l'eredità storica. Ora Duffin studia francese al Tar Anall assieme a molti suoi vecchi compagni di lotta e lavora come guida turistica in quello che viene chiamato il "turismo del conflitto". "Molti veterani fanno questo lavoro al meglio per non raccontare falsità", dice l'ex combattente dell'Ira. "L'associazione turistica di cui faccio parte, la Coiste Irish Political Tours è esclusivamente costituita da vecchi combattenti che hanno vissuto i troubles sulla propria pelle". "Raccontare il passato - conclude Duffin - significa trasmettere la nostra eredità storica a tutte le persone del mondo che visitano Belfast". Perché chi ricorda, salda la propria identità nazionale.