Giustizia: "diritti garantiti o scarcerazioni…", la richiesta dell’Onu all’Italia di Eleonora Martini Il Manifesto, 13 luglio 2014 Sovraffollamento. L’Onu invia in Italia un gruppo di osservatori sulla detenzione arbitraria. Andenas chiede a Roma misure straordinarie e si dice preoccupato per i Cie e i rimpatri forzati. "Quando gli standard minimi non possono essere garantiti in altro modo il rimedio è la scarcerazione". La frase, inequivocabile, compare alla quarta riga del comunicato emesso dal "Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria" dopo una visita in Italia effettuata dal 7 al 9 luglio per verificare lo stato delle carceri e dei Cie rispetto all’ultima loro ispezione, nel 2008. Anche questa volta, come allora, gli inviati dell’Onu - che durante il loro viaggio hanno ascoltato oltre alle istituzioni anche l’associazione Antigone e Save the Children - al termine della visita hanno rivolto al governo italiano alcune richieste. In particolare ora si sono soffermati sulle "misure straordinarie" ancora da adottare, "come le misure alternative alla detenzione", per "porre fine al sovraffollamento delle carceri e per proteggere i diritti dei migranti". Un giudizio, questo dell’Onu, evidentemente troppo severo per il Guardasigilli Andrea Orlando che ieri da Agrigento, dove ha fatto tappa per un convegno durante il suo tour siciliano, ha voluto smentire, seppur indirettamente, i delegati: "Senza troppo clamore siamo progressivamente usciti dalla situazione di sovraffollamento nelle carceri - ha detto il ministro - I dati di questi giorni ci dicono che il gap tra posti disponibili e detenuti attualmente è intorno ai sette-ottomila posti. Vuol dire che non c’è più un detenuto al di sotto dei tre metri quadri". Cosa di per sé vera, come ha riconosciuto la Corte di Strasburgo concedendo all’Italia un altro anno per risolvere i problemi strutturali della nostra Giustizia. Secondo Orlando, "questo è avvenuto anche grazie a un’azione del Parlamento molto importante e al fatto che abbiamo iniziato a fare in modo più sistematico i rimpatri dei detenuti stranieri e al fatto che abbiamo ormai firmato 13-14 convenzioni con tutte le regioni per fare in modo che i detenuti tossicodipendenti possono scontare una parte della pena in comunità". Ma il risultato è stato ottenuto anche con il trasferimento in massa di detenuti in istituti (come quelli in Sardegna che avevano molti posti disponibili) distanti dalla residenza, come da tempo denuncia la segretaria di Radicali italiani, Rita Bernardini, in sciopero della fame dal primo luglio anche per difendere i diritti di Bernardo Provenzano, il boss mafioso che versa in gravissime condizioni di salute, incompatibili col regime di 41 bis a cui è sottoposto. Regime che secondo gli osservatori Onu "non è stato ancora reso conforme agli standard internazionali in materia di diritti umani". Il Gruppo di lavoro diretto dall’esperto di diritti umani Mads Andenas ha "accolto con favore le recenti riforme per ridurre la durata delle pene, il sovraffollamento nelle carceri e il ricorso alla custodia cautelare". Giudicata positiva anche "la sentenza della Corte Costituzionale che ha abrogato le sanzioni indiscriminatamente elevate per i reati minori connessi alla droga, ristabilendo quella proporzionalità tra reato e pena prevista dal diritto internazionale. Lo stesso vale per le pene oggi meno sproporzionate per i recidivi". E apprezzamenti pure per l’"abolizione della circostanza aggravante della immigrazione irregolare". "Tuttavia - si legge nel comunicato - c’è ancora preoccupazione per l’elevato numero di detenuti in attesa di giudizio, e resta la necessità di monitorare e contenere il ricorso sproporzionato alla custodia cautelare nel caso di cittadini stranieri e rom, anche minorenni". Ma, come sottolinea lo stesso Gruppo dell’Onu, il Decreto legge 92 del 2014 voluto dal ministro Orlando stabilisce che la custodia cautelare non può essere più applicata nei casi in cui l’imputato rischia meno di tre anni di carcere. "Questo - ha commentato Andenas - limiterà il ricorso improprio alla custodia cautelare, usata come pena". Secondo Orlando al testo di conversione in legge del decreto il Parlamento potrà arrivare "entro la pausa estiva". Andenas e i suoi colleghi, però, restano "seriamente preoccupati per la durata della detenzione amministrativa" degli immigrati, "per le condizioni di detenzione nei Cie" e per i "rimpatri sommari di individui, compresi in alcuni casi minori non accompagnati e adulti richiedenti asilo". Prassi, queste, avvisa l’Onu, che "violano gli obblighi dell’Italia, derivanti dal diritto nazionale, europeo ed internazionale". Giustizia: Orlando; detenuti i diminuiti, siamo usciti dalla situazione di sovraffollamento Ansa, 13 luglio 2014 "Senza troppo clamore siamo progressivamente usciti dalla situazione di sovraffollamento nelle carceri. I dati di questi giorni ci dicono che il gap tra posti disponibili e detenuti attualmente è intorno ai sette-ottomila posti". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, oggi ad Agrigento. "Vuol dire che non c’è più un detenuto al di sotto dei tre metri quadri.- ha aggiunto. Più di quel che dico io vale quel che ha detto la Corte di Strasburgo che ha riconosciuto i significativi progressi fatti dal nostro Paese". Per Orlando: "Questo è avvenuto anche grazie a un’azione del Parlamento molto importante e al fatto che abbiamo iniziato a fare in modo più sistematico i rimpatri dei detenuti stranieri e al fatto che abbiamo ormai firmato 13-14 convenzioni con tutte le regioni italiane per fare in modo che i detenuti tossicodipendenti possono scontare una parte della pena in comunità". "Questo insieme di fattori ci porta a dire che, anche se non abbiamo ancora un sistema penitenziario che sia all’altezza della civiltà del nostro Paese, - ha concluso - perché molto c’è ancora da fare, la situazione emergenziale può essere considerata alle nostre spalle". Scende ancora numero detenuti, sono poco più di 58mila Continua a scendere il numero dei detenuti in Italia: dai dati del Dap, aggiornati al 30 giugno scorso, i reclusi sono 58.092, oltre 800 in meno rispetto al 5 giugno, data in cui l’Europa "promosse" il nostro Paese per le misure messe in campo per risolvere l’emergenza carceraria. Dei 58.092 detenuti, 19.401 sono stranieri. La capienza regolamentare delle nostre carceri è di 49.461 posti e la regione con il maggior numero di reclusi è la Lombardia (8.297), seguita da Campania (7.570), Sicilia (6.487) e Lazio (6.277). I detenuti per i quali non è ancora stata pronunciata una condanna definitiva sono 9.985, mentre 9.999 sono quelli in attesa di primo giudizio. Quasi 37mila (36.926), invece, sono i reclusi che stanno scontando una pena passata in giudicato. La maggior parte dei detenuti si trova in carcere per reati contro il patrimonio (32.427) e contro la persona (22.974). Sono invece 21.314 i reclusi per violazione delle norme in materia di stupefacenti. Nel primo semestre del 2014, emerge dai dati del Dap, sono stati 14.561 i permessi premio concessi. L’Europa ci richiama su lunghezza processi "Siamo stati chiamati a Strasburgo per le carceri, ma anche per la lunghezza dei processi - in particolar modo quelli civili - perché un terzo dei detenuti è in attesa di giudizio". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che ha incontrato ad Agrigento avvocati e magistrati e ha evidenziato che l’Italia viene punita dall’Europa in maniera doppia, per una sorta di "lentezza di primo e di secondo grado". "Siccome, su richiesta dell’Europa, abbiamo fatto una legge, la cosiddetta legge Pinto, che risarcisce il danno di chi attende un processo molto lungo, - ha spiegato - ora siamo chiamati rispondere sulla Pinto, cioè sul fatto che, siccome ci sono dei risarcimenti per i processi troppo lungo e siccome questi risarcimenti non vengono conferiti, c’è un ulteriore reclamo da parte di chi è danneggiato perché giustamente non gli viene riconosciuto un danno. Quindi siamo alla lentezza di secondo grado". Il ministro si è pronunciato anche sulle cosiddette "corsie preferenziali" per i processi più delicati e importanti. "La corsia preferenziale - ha detto Orlando - è una banalizzazione, una schematizzazione per spiegare che dobbiamo assecondare un grado di specializzazione dei tribunali che consenta di differenziare la risposta a fronte di una domanda di giustizia che diventa sempre più articolata, rispetto alla quale il giudice tuttologo è una figura che rischia inevitabilmente di restare obsoleta. La logica della specializzazione sta accompagnando l’evoluzione di tutti i sistemi giuridici europei". Giustizia: Antigone; seguire le indicazioni dell’Onu, meno ricorso alla custodia cautelare Ristretti Orizzonti, 13 luglio 2014 "Provvedimenti straordinari, come le misure alternative alla detenzione, al fine di superare il sovraffollamento carcerario". È quanto ha chiesto il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria al Governo italiano al termine di una visita tenutasi dal 7 al 9 luglio al fine di verificare l’attuazione delle raccomandazioni fatte dopo l’ultima loro visita in Italia nel 2008. Durante questi giorni, oltre alle istituzioni italiane, gli esperti dell’Onu hanno anche audito Antigone e Save The Children. Secondo l’Onu importanti passi avanti sono stati fatti per quanto riguarda l’attuazione di quelle raccomandazioni, tuttavia si fa presente come serva ora un’azione rapida e determinata al fine di garantire il rispetto dei diritti umani. Il Gruppo di lavoro ha accolto con favore in particolare le recenti riforme per far fronte al sovraffollamento negli istituti penitenziari e il ricorso eccessivo alla custodia cautelare. Secondo l’articolo 8 del Decreto Legge 92/2014, la custodia cautelare non può essere più applicata nei casi in cui il giudice ritenga che l’imputato, se riconosciuto colpevole, sarà condannato a meno di tre anni o gli verrà data la sospensione condizionale della pena. "Questo - secondo gli esperti del Gruppo di lavoro - limiterebbe l’uso improprio della custodia cautelare, usata come pena". Destano preoccupazione anche l’eccessiva durata della detenzione amministrativa degli stranieri (con un limite massimo stabilito per legge di 18 mesi) e le condizioni di detenzione nei Centri di Identificazione ed Espulsione (Cie), anche se vengono ritenute incoraggianti le recenti iniziative legislative per ridurre il periodo massimo di trattenimento a dodici o anche sei mesi. Apprezzamento va anche alla decisione di abrogare il reato di "ingresso e soggiorno illegale", anche se la preoccupazione resta per il fatto che questo si configuri ancora come un illecito amministrativo. Si è discusso anche di Ospedali Psichiatrici Giudiziari, dove la contrarietà del Gruppo di lavoro per la mancata chiusura viene in parte controbilanciata dal fatto che "le ultime iniziative legislative prevedono la valutazione di tutti i singoli casi, nonché criteri rigorosi di monitoraggio e documentazione dei progressi compiuti". Il Gruppo di lavoro commenta inoltre la recente ratifica della Convenzione contro la tortura e l’istituzione del Garante nazionale dei diritti dei detenuti, ritenendoli due passaggi importanti. Infine si sofferma sul regime carcerario del 41 bis che - secondo il gruppo di lavoro - non è stato ancora reso conforme agli standard internazionali in materia di diritti umani. "Si seguano le indicazioni dell’Onu e non il sentire dell’opinione pubblica" dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. "È folle pesare che si recluda preventivamente chi, per reati lievi (con pene fino a tre anni) in carcere non andrà da condannato. Per questo abbiamo fatto notare al Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite, che ha condiviso la nostra impostazione, come sia importante che il decreto approvato dal governo sulla custodia cautelare non venga riformato". "Si approvi urgentemente il reato di tortura e - conclude Gonnella - si proceda urgentemente ad affrontare tutte le criticità che le Nazioni Unite hanno evidenziato in questa loro ricognizione, nominando anche un garante nazionale delle persone detenute autorevole e indipendente". Giustizia: il "decreto detenuti" alla Camera, scade domani termine per gli emendamenti Asca, 13 luglio 2014 È stato fissato a domani, lunedì, il termine per presentare emendamenti al dl 92/2014 in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all’ordinamento del corpo di polizia penitenziaria e all’ordinamento penitenziario, anche minorile. In settimana la commissione Giustizia della Camera ha concluso l’esame preliminare del testo e ha svolto l’audizione informale di rappresentanti dell’Associazione Nazionale Magistrati e dell’Unione Camere Penali Italiane. Nel corso della discussione il vice ministro della Giustizia Enrico Costa ha chiarito la portata dell’articolo 8 del dl - che modifica l’articolo 275 del codice di procedura penale, in merito alla custodia cautelare - che ha lo scopo di evitare la custodia cautelare in carcere per colui che in caso di condanna non eseguirà comunque la pena in carcere. Una conseguenza di tale ratio dovrebbe essere la non applicabilità della custodia cautelare in carcere al soggetto che in caso di condanna usufruirà, secondo una prognosi del giudice, di misure alternative al carcere. Contrario al testo il deputato della Lega nord Nicola Molteni secondo il quale la maggioranza continua a sostenere provvedimenti che cercano di risolvere il problema delle carceri attraverso scarcerazione di detenuti ai quali viene ridotta in tal modo la pena comminata. Del tutto irrazionale - ha detto - è la disposizione sul risarcimento dei danni, di cui all’articolo 1, che pare del tutto priva di fondamento oggettivo specialmente laddove fissa in 8 euro la somma da liquidare a titolo di risarcimento per ogni giornata nella quale il detenuto abbia subito un pregiudizio a causa delle condizioni di detenzione. Del tutto sbagliato nel merito è anche il risarcimento in forma specifica, secondo cui si può ridurre la pena detentiva ancora da espiare in una misura pari a un giorno per ogni dieci durante i quali sia stato subito il pregiudizio. Anche in questo caso ci saranno scarcerazioni ingiustificate. A suo avviso il problema del sovraffollamento carcerario deve essere risolto non attraverso scarcerazioni, come continua a fare il Governo, bensì costruendo e ristrutturando carceri. Giustizia: allarme Oms su diffusione dell'Aids, i detenuti tra le categorie a rischio Asca, 13 luglio 2014 Stiamo tornando indietro? Ora ci voleva anche l'aumento dell'allarme Aids oltre al ritorno di malattie che sembravano scomparse come la tubercolosi. L'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha lanciato un nuovo allarme Aids, avvertendo che si registra un boom delle infezioni da Hiv tra gli omosessuali. Da qui, l'appello a prendere medicinali antiretrovirali come ulteriore metodo preventivo. "Stiamo assistendo all'esplosione dell'epidemia", ha affermato il capo dipartimento Hiv all'Oms, Gottfried Hirnschall, sottolineando che oggi il rischio di contagio tra i gay è 19 volte più alto che nel resto della popolazione. Oltre trent'anni dopo la scoperta dell'Aids, con le foto di malati scheletrici che impressionarono il mondo, la comunità omosessuale torna al centro della lotta contro la sindrome da immunodeficienza. Il problema, ha sottolineato Hirnschall, è che le nuove generazioni, cresciute con farmaci che allungano la vita e rendono possibile convivere a lungo con la malattia, sono meno informati. Nell'ultimo rapporto diffuso, l'Oms per la prima volta "raccomanda fortemente agli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini di considerare di prendere medici antiretrovirali come metodo aggiuntivo di prevenzione dall'infezione da Hiv". Le autorità americane avevano già lanciato un analogo appello nel maggio scorso. Una simile profilassi medica, insieme all'uso del preservativo, si stima che possa tagliare l'incidenza dell'Hiv tra gli omosessuali del 20-25%, il che potrebbe evitare "fino a un milione di nuove infezioni in 10 anni". Tra i gruppi a rischio, non ci sono solo i gay, ma anche transgender, detenuti, tossici e prostitute, che insieme rappresentano quasi la metà delle nuove infezioni al mondo, categorie che hanno meno accesso ai servizi medici. Importanti passi in avanti hanno segnato la diminuzione dell'Aids nel mondo, con il numero di nuovi infettati crollato di un terzo tra il 2001 e il 2012, quando 2,3 milioni di persone hanno contratto il virus. E per la fine del 2013, circa 13 milioni di persone ricevevano il trattamento antiretrovirale, riducendo fortemente il numero di decessi. Ma, ha concluso l'Oms, bisogna fare di più per superare i pregiudizi verso la malattia che spesso condizionano i gruppi a rischio, aumentando gli sforzi nella lotta contro l'Hiv. Lettere: il popolo web riforma la giustizia risponde Furio Colombo Il Fatto Quotidiano, 13 luglio 2014 Il ministro della Giustizia Orlando ha detto, come il ministro per la Riforma della Pubblica amministrazione, Madia, di avere consultato i cittadini attraverso la Rete, prima di scrivere la sua riforma della Giustizia. Ci hanno dato persino l’indirizzo: www.governo.it. Non sarà una presa in giro per farci sentire partecipi come i bambini che credono di cucinare accanto alla mamma? Ludovico Di certo l’iniziativa (consultazione popolare) è illusoria e impossibile. In particolare lo è per la riforma della Giustizia, un argomento circondato, per tutti i non competenti, da uno spesso strato di forme giuridiche del tutto impenetrabili ai non addetti ai lavori. Come dimostrano le vicende di molti carcerati che -studiando e ristudiando il sistema che li ha condannati - diventano giuristi espertissimi, niente vieta che chiunque si faccia competente e partecipe di questioni complesse come la riforma del processo penale o l’accelerazione del processo civile. Ma non è mai qualcosa che avviene sui due piedi. Orlando, il ministro che mette la Giustizia in Rete, sta governando da pochi mesi, e anche se avesse chiesto subito il consiglio di chi lo segue in Rete, avrebbe dovuto raccoglierne il frutto in pochi giorni. Ovviamente dalle carceri avrà ricevuto molta posta ma, temo, non tanto su aspetti giuridici della carcerazione, quanto sui 3 metri della cella che ospita 4 persone per molti anni nelle prigioni italiane. Un problema che, francamente, viene vigorosamente segnalato sia al ministro sia a tutti i legislatori, quasi senza interruzione, da una insistente campagna morale e politica dei Radicali (ma solo dei Radicali). Gli altri cittadini avranno raccontato, come avviene nelle email dei giornali e nei blog, ciò che li tormenta, l’esperienza ingiusta, la attesa troppo lunga, la disattenzione patita, il torto subìto e impunito. Venti o trenta giorni di raccolta di questi sfoghi sacrosanti, personali e diversi, non possono essere chiamati "consultazione popolare sulla giustizia". Tra l’altro come nel precedente e poco esemplare caso Madia, non abbiamo mai saputo il numero di coloro che hanno accolto l’invito di partecipazione in rete né mai avuto un esempio o due di un simile contributo. Sia chiaro che qui non si tratta di svalutare il possibile contributo popolare della Rete, ma di dire al ministro che non ci racconti ciò che non può essere accaduto e dunque non può, onestamente, essere usato come motivazione di una scelta o dell’altra. Tipico di tutti i ministri del giovane governo Renzi (beh, quasi tutti) è di andare in bicicletta senza mani e di farcelo notare con orgoglio. Ognuno è fierissimo di non avere alcuna esperienza accademica o professionale del campo di cui si occupa. Senza dubbio ce la mette tutta, ma se il risultato Orlando è come quello Madia, temo che, con o senza il popolo della Rete, non andremo molto lontano. Lettere: ho il cancro, chiedo la grazia di Rosa Federici (Avvocato) Il Garantista, 13 luglio 2014 Ritengo sia necessario e importante portare all’attenzione la storia di un uomo che si trova attualmente agli arresti domiciliari, le cui condizioni di salute sono drammatiche. La persona in questione è Aristide Angelillo, condannato all’espiazione di oltre trenta anni di carcere. La sua è una vicenda che richiede attenzione soprattutto sotto il profilo umano. Si tratta infatti di un soggetto malato di cancro alle ghiandole endocrine al quale è stata riconosciuta la condizione di "persona handicappata" con invalidità al 100%. Fino all’età di 38 anni Aristide è stato una persona incensurata. Arrestato nel 2001 insieme alla propria coniuge, è stato accusato e condannato per spaccio di droga. Si è sempre dichiarato innocente. E le uniche prove nei suoi confronti, sono alcuni tabulati telefonici che testimoniano che conosceva uno dei trafficanti, effettivamente incontrato per caso in un ristorante. Aristide, la cui situazione processuale si è ulteriormente complicata, ha trascorso in carcere diversi anni in condizioni igieniche disumane e senza la minima assistenza: costretto a vivere tra escrementi e scarafaggi in una cella di 2 metri per 3, su una branda di acciaio senza la possibilità di muoversi. Dal 2006 ha ottenuto i domiciliari a causa della sua obesità (è arrivato a pesare 318 kg) e perché gravemente malato. Ma non basta. Sono anni che quest’uomo sta cercando di chiedere la grazia al presidente della Repubblica sul residuo della pena, affinché possa tentare di curarsi in maniera adeguata. Tramite un blog, detenutobeso.myblog.it, ha voluto far conoscere la sua tragica condizione pubblicando le foto del suo corpo nudo ricoperto da piaghe. Una scelta difficile, ma necessaria. Per tentare di salvarsi la vita. Toscana: la Regione pagherà la realizzazione di una struttura per le detenute con bambini La Repubblica, 13 luglio 2014 Lo stesso giorno in cui un bambino che da cinque anni viveva a Sollicciano viene separato dalla madre detenuta e portato in istituto, il governatore della Toscana Rossi annuncia di aver trovato i fondi necessari per aprire a Firenze un centro per la custodia attenuata per le carcerate che abbiano figli piccoli da far crescere insieme a loro. Una soluzione che, in ogni caso, non avrebbe riguardato il piccolo Giacomo. Sua mamma sta scontando una pena per reati che non prevedono in nessun caso la custodia attenuata ma non è certo causale il nesso tra le due vicende. "I bambini non hanno nessuna colpa e non devono vivere reclusi", dice Rossi. "Per questo, pur non essendo una nostra competenza ma del ministero di Giustizia, abbiamo deciso di finanziare un Istituto a custodia attenuata per madri con bambini". La Regione aveva già stanziato 641mila euro per adeguare un immobile messo a disposizione dalla Madonnina del Grappa che dovrà essere ristrutturato seguendo tutte le regole per la sicurezza e la sorveglianza imposte dal ministero, che lo gestirà una volta finiti i lavori insieme alla Madonnina e ad associazioni di volontariato. Il personale di Polizia penitenziaria vestirà abiti civili e seguirà corsi di formazione curati dall’Istituto degli Innocenti. I bambini andranno a scuola e ai centri estivi d’estate, faranno una vita il più possibile normale anche se la loro casa sarà diversa da quelle dei compagni. Domani il consiglio comunale dovrebbe approvare l’ultimo nulla osta edilizio che porterà alla realizzazione dell’istituto. Ieri il consigliere regionale del Pd Enzo Brogi è andato a Sollicciano per far visita alla madre di Giacomo, da cui il bimbo è stato allontanato senza preavviso. "È disperata e minaccia il suicidio", racconta Brogi, che non è riuscito a parlare faccia a faccia con la donna impegnata in un colloquio col suo avvocato. "È in isolamento, sorvegliata a vista, temono che faccia qualche sciocchezza. Ora però bisogna pensare al bambino, anche lui soffrirà tantissimo per il distacco, vivevano e dormivano insieme da cinque anni, immagino che sarà disperato. L’avevo già incontrato varie volte, so che è stato assistito con ogni cura. C’è bisogno di un’accelerazione delle procedure e di percorsi specifici per le madri detenute e i loro figli, perché possano restare insieme in comunità o strutture controllate, o siano affidati a parenti che abbiano le possibilità e qualità per tenerlo e per farlo incontrare spesso alla madre". Rossi: sì a struttura esterna, bimbi non crescano in cella (La Presse) "I bambini non hanno nessuna colpa e non devono crescere in carcere. Per questo, pur non essendo una nostra competenza ma del Ministero di grazia e giustizia, abbiamo deciso di finanziare la realizzazione di un Istituto a custodia attenuata per madri con bambini". Lo ha detto il presidente della Regione, Enrico Rossi in riferimento alla vicenda del piccolo Giacomo che ha vissuto fino all’età di sei anni a Sollicciano con la madre. Il problema delle madri con figli minori detenute o in attesa di giudizio è noto da tempo, tanto che la Regione ha finanziato, con un primo stanziamento di 420.000 euro e con uno successivo di 221.000 euro approvato nell’ottobre scorso, la realizzazione a Firenze in un immobile destinato ad ospitare 8 madri imputate o detenute con altrettanti figli fino a tre anni di età, visto che complessivamente il fabbisogno storico in Toscana per questo genere di detenute è appunto di 8 unità. Troverà posto in una struttura di proprietà dell’Opera Divina Provvidenza Madonnina del Grappa situata in via Pietro Fanfani 17 e appositamente ristrutturata. L’Icam, ovvero l’Istituto a custodia attenuata per madri con bambini, verrà ultimato entro la primavera del 2015. L’immobile si comporrà di camere singole e avrà molti spazi in comune per attività sociali, culturali, cucina, giardino. La Madonnina del Grappa ha messo a disposizione l’immobile, la Regione ha finanziato l’intervento, la Società della salute di Firenze (che ha presentato il relativo progetto) ne curerà la realizzazione e il Ministero si occuperà della gestione. Una volta ultimato, l’Icam prevede che per la sua gestione il Ministero della Giustizia potrà contare sul supporto di tanti soggetti che si occuperanno degli aspetti sociali di sostegno alle mamme e ai bambini, prima tra tutti le Madonnina del Grappa. Quella che tecnicamente si presenterà come una sezione a custodia attenuata, avrà un’organizzazione interna di tipo comunitario. Il personale di polizia penitenziaria vestirà abiti civili. Per selezionare il personale sarà avviato un apposito percorso formativo che verrà curato dall’Ospedale degli Innocenti. Ai bambini sarà garantito l’accesso ai servizi territoriali. Pare che proprio dopodomani il Consiglio comunale di Firenze approverà l’ultimo nulla osta edilizio che porterà alla realizzazione dell’istituto. Oristano: udienza collettiva in carcere per 72 detenuti AS col Magistrato di Sorveglianza di Caterina Cossu La Nuova Sardegna, 13 luglio 2014 In 72 avevano presentato tempo fa un reclamo generico, dove denunciavano in tre punti le criticità del carcere di Massama. Detenuti sottoposti a regime di carcere duro, come il 416bis, che ieri mattina hanno avuto la possibilità di farsi ascoltare direttamente dal magistrato di Sorveglianza di Cagliari, Elisabetta Murgia. L’udienza è scaturita proprio da quel reclamo. Circa 15 detenuti hanno parlato direttamente, tanti altri hanno depositato tramite i propri legali delle memorie, dove hanno approfondito i propri dilemmi. Il clima è intuibile dall’indiscrezione trapelata di un allontanamento di un ergastolano dall’aula durante l’audizione. I detenuti non hanno fatto altro che ribadire in prima persona le loro lamentele. Dal sovraffollamento nelle celle, vietato dall’articolo 3 della Convenzione dei diritti dell’uomo, alle condizioni igienico sanitarie del carcere. C’è poi chi ha problemi con i collegamenti con l’esterno, e che per regime carcerario li ha centellinati e li vorrebbe vedere garantiti. Ci sono i detenuti che vivono in tre in celle da due persone. C’è chi rivendica attività rieducative e di reinserimento mai avviate, ma già sperimentate con successo in altre carceri. Il pubblico mistero ha però giocato la contromossa nei confronti del collegio difensivo, composto da una decina di avvocati e tra i quali, per il foro di Oristano, ci sono gli avvocati Simone Prevete e Rita Violante. Si tratta di una relazione, stilata dagli agenti di Polizia penitenziaria, che ribatte alle rivendicazioni dei detenuti. Descrivendo, per esempio, le attività già messe in programma per la rieducazione e il reinserimento. Di particolare interesse, la planimetria delle celle allegata nella relazione, dalla quale emergerebbe una dimensione al netto degli arredi di circa 11 metri quadri per ambiente. Per celle da due persone, dunque, rispettose dei minimo 4 metri quadri per detenuto imposto dal Cpt, ma insufficienti quando il numero degli occupanti della cella sale. Gli avvocati hanno proposto opposizione al documento del pm. Il magistrato di Sorveglianza ha acquisito tutte le nuove carte, rimandando qualsiasi decisione alla prossima udienza, il 17 ottobre. Macomer (Nu): carcere a rischio chiusura, i sindacati convocati dal provveditore di Piero Marongiu La Nuova Sardegna, 13 luglio 2014 Dopo la lettera inviata alla stampa qualche giorno fa, in cui i detenuti ospitati nel carcere di Macomer avevano lanciato un appello al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, perché revocasse il provvedimento di chiusura della struttura, qualcosa si muove. Mercoledì prossimo alle 11, tutti i rappresentanti sindacali sono stati convocati a Cagliari dal provveditore carcerario Silvio Di Gregorio. Ma sui motivi della convocazione non è dato sapere nulla, anche se non è difficile intuire che si parlerà del provvedimento riguardante la struttura di Macomer e di Iglesias. Il provveditore è irraggiungibile e dalla segreteria cagliaritana si limitano a rispondere che gli uffici sono aperti dal lunedì al venerdì. Il provvedimento, firmato lo scorso 28 maggio dal ministro, prevede la chiusura immediata (comunque non oltre il 13 o il 16 del prossimo mese di settembre). Motivo: sarebbe fatiscente e antieconomica. Un’analisi che non convince i detenuti e neppure il personale della polizia penitenziaria che vi presta servizio. Nella struttura macomerese sono rimasti soltanto una quarantina di detenuti comuni. La settimana scorsa gli ultimi 12 di fede islamica sono stati trasferiti in altri istituti di pena. Qualche anno fa in quella struttura erano ospitati anche detenuti in regime di 41 bis. Tra essi c’erano anche Mohammed Al Masri (l’egiziano), del quale si dice che fosse una delle menti che aveva ideato la strage di Madrid dell’11 marzo 2004, e Rachid Ilhami, uno dei predicatori del centro culturale "Pace" di Macherio che progettava di far saltare in aria il Duomo di Milano. Solo nel 2009, quella struttura veniva considerata importantissima per l’istituzione carceraria tanto da essere classificata "As2", cioè: idonea a ospitare personaggi accusati di terrorismo internazionale. Nell’estate dello stesso anno ne arrivarono 27, tra accusati e condannati, per il reato di terrorismo internazionale. A distanza di cinque anni, da carcere di massima sicurezza, la struttura di Bonu Trau viene considerata fatiscente e antieconomica e pertanto dovrà chiudere. Se l’ordine del ministro non dovesse rientrare, sul territorio si abbatterà un altro colpo di mannaia che farà aumentare il numero dei disoccupati. "Se il carcere dovesse chiudere - scrive il personale della casa circondariale, in una lettera inviata al sindaco Antonio Succu - sarà tutto il territorio a risentirne". Padova: corruzione dentro il carcere, direttore sentito come "persona informata sui fatti" di Sabrina Tomè Il Mattino di Padova, 13 luglio 2014 Verrà sentito come persona informata sui fatti il direttore del carcere Salvatore Pirruccio. Gli inquirenti, che lo hanno convocato per il prossimo 22 luglio, intendono ottenere da lui informazioni utili a completare l’inchiesta "Apache" sulla corruzione al Due Palazzi. Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile di Marco Calì e coordinate dal pm Sergio Dini, hanno portato martedì all’arresto di 15 persone tra cui sei secondini accusati di fornire ogni tipo di merce - droga, telefonini, film porno - ai detenuti e in particolare ai boss mafiosi in regime carcerario duro, in cambio di soldi e di sostanze stupefacenti. La verità del direttore. Le ricostruzioni di Pirruccio sono importanti per gli inquirenti per definire i contorni della corruzione che, stando a quanto emerge dal quadro accusatorio, imperversava all’interno del Due Palazzi. In particolare la Procura intende capire se c’erano persone che sapevano degli scambi illeciti tra guardie e detenuti e che hanno taciuto. Insomma si tratta di accertare eventuali, ulteriori, responsabilità. Lo spacciatore dei secondini ammette. Intanto, ieri mattina, è stato interrogato dal gip Mariella Fino, e difeso dall’avvocato Leonardo Arnau, Karim Ayari detto Kimu, 27 anni, residente in via Dini a Padova, ritenuto il pusher dei secondini. Le sue parole hanno sostanzialmente confermato l’impianto della Procura. Il giovane ha infatti ammesso le cessioni di cocaina contestate: tra i suoi acquirenti c’è l’assistente di polizia penitenziaria Roberto Di Profio detto Kelos. Che, stando a quanto emerge dalle intercettazioni, si rivolgeva a lui in modo estremamente amichevole e non lesinava di mandare "bacioni" in chiusura di telefonata. Interrogata ieri a Rovigo anche Michela Marangon, l’avvocato di 51 anni di Porto Viro finito ai domiciliari. Secondo l’accusa, la donna avrebbe a sua volta fatto consegnare merce all’interno del carcere per i detenuti. In due occasioni, poi, avrebbe dato 500 euro a Pietro Rega, guardia con un ruolo di primo piano nella vicenda. "È tutto un grosso equivoco", ha detto ieri la donna al giudice negando ogni addebito. Schede sim negli armadi. Le deposizioni di ieri di Karim Ayari rendono più difficile la posizione degli assistenti di polizia penitenziaria. Ma non ci sono soltanto le dichiarazioni degli indagati, le intercettazioni telefoniche e le immagini registrate da telecamere nascoste all’interno del Due Palazzi, a rendere complessa la situazione delle guardie indagate. Gli investigatori, nel corso delle perquisizioni, hanno rinvenuto all’interno degli armadietti di alcuni agenti ben dodici schede telefoniche (peraltro prive della confezione che le ricopriva) e otto telefonini. Come spiegare tutto quel materiale? È, appunto, quello che dovranno fare le guardie i cui interrogatori di garanzia inizieranno lunedì prossimo. Nuovi coinvolgimenti. Intanto spuntano nuove persone coinvolte nell’inchiesta che ha aperto un inquietante squarcio sul mondo del carcere. Tra le indagate figura anche la convivente di Karim Ayari che lo scorso dicembre era stata arrestata dalla Mobile per spaccio. Coinvolta inoltre la madre di Riccardo Bano, uno dei ragazzi della baby gang della Guizza Empoli: "Estate… al fresco", grande successo di "Amor dammi quel fazzolettino" Ristretti Orizzonti, 13 luglio 2014 L’Otello di Shakespeare interpretato dalle ospiti della Casa Circondariale di Empoli e dalle allieve de "Il Pontormo". Travolgente, emozionante, straordinario. Il dentro ed il fuori che si incontrano in una notte d’estate, sotto il chiaro di luna che rifletteva di luce propria, il cortile dell’area verde della Casa Circondariale Femminile di Empoli. Sul campo di palla a volo erano disposte duecento sedie, come fossimo in un vero teatro all’aperto. Sullo sfondo, un grande schermo, ed un percorso a "bandierine" che di lì a poco il pubblico, che fremeva fuori dai cancelli nell’attesa di entrare, avrebbe dovuto seguire sotto la "guida" di quelle attrici speciali, che andando in scena hanno regalato una serata indimenticabile. Erano davvero in tanti ieri sera (venerdì 11 luglio) alla Casa Circondariale Femminile di Empoli per la prima della rassegna estiva "Estate … al Fresco" edizione 2014, tornata alla luce dopo un lungo periodo di silenzio. In scena la liberissima rielaborazione di "Otello", un classico di Shakespeare, intitolato "Amor dammi quel fazzolettino", realizzato dalle operatrici teatrali Maria Teresa Delogu e Rossella Parrucci della Compagnia Giallo Mare di Empoli con il sostegno della Regione Toscana all’interno del progetto regionale "Teatro-Carcere" e dal liceo delle scienze umane "Il Pontormo" di Empoli. Il muro di cinta che circonda il carcere empolese, sembrava non esistere più. Il pubblico ha applaudito, pianto, riso: ha chiesto a gran voce il bis. Davvero un bellissimo spettacolo. Lucia Mostardini, assessore ai servizi sociali del Comune di Empoli, presente all’iniziativa, ha detto: "Mi avete travolta in una grande emozione dalla quale non voglio uscire. Siete state tutte bravissime. Per caso, ma conoscendo il tema della rappresentazione teatrale, ho indossato come voi, un paio di scarpe rosse contro la violenza di genere. Grazie ragazze". Graziano Pujia, direttore della Casa Circondariale Femminile di Empoli, ha ringraziato tutte le Istituzioni a partire dal Comune di Empoli, la Regione Toscana, la Compagnia Giallo Mare, il dirigente del liceo Il Pontormo, Silvano Salvadori, tutto il volontariato empolese, il personale di Polizia Penitenziaria senza il quale queste manifestazioni non sarebbero realizzabili, e ha dato appuntamento alle prossime due iniziative della rassegna "Estate… al fresco!": martedì 22 luglio 2014 con la serata delle arti distratte trampolieri e "Circo Ribalta" per la quale è necessario prenotarsi entro lunedì 14 luglio 2014 agli indirizzi email cc.empoli@giustizia.it e lucia.scaramuzzino@giustizia.it e mercoledì 30 luglio 2014 con la serata musicale pop rock con il concerto dei Nichel e secondo Appartamento sempre su prenotazione da effettuare entro martedì 22 luglio 2014 agli indirizzi email cc.empoli@giustizia.it e lucia.scaramuzzino@giustizia.it. Speciale visita a sorpresa dell’assessore regionale alla Presidenza, Vittorio Bugli, che ha incontrato le ospiti della Casa Circondariale nella sala polivalente del carcere, insieme al direttore Pujia, con la promessa di essere presente ad uno dei prossimi appuntamenti di "Estate… al fresco!". Libri: "Sono Giovanni e cammino sotto il sole", una raccolta di favole degli ergastolani Io Donna, 13 luglio 2014 "Gli uomini ombra non si possono né vedere, né sfiorare, non si può ascoltarne la voce". Questa frase è scritta sulla copertina del libro "Sono Giovanni e cammino sotto il sole". Gli uomini ombra sono ergastolani che firmano le favole raccolte da Grazia Paletta. Lei è un’insegnante genovese, ha quattro figli, una laurea in Pedagogia, un ruolo direttivo nell’Associazione Fuori dell’ombra‚ un’attività di sostegno nelle carceri di Marassi e Voghera. Il volume è pubblicato dalla Loquendo editrice per dare voce a chi non ce l’ha, per dare spazio a chi ha il destino segnato dal "fine pena mai". La presentazione lo spiega perfettamente: "La raccolta di fiabe nasce dalle comunicazioni epistolari tra l’autrice ed alcuni ergastolani, con le fiabe gli autori hanno voluto dimostrare al mondo la loro anima e il loro cuore. Ritrovando la propria interiorità hanno inventato storie dedicate ai bambini: quelle che non hanno mai potuto raccontare ai propri figli, ma che ora potranno essere lette ai loro nipotini. Spesso, attraverso le metafore narrative, è possibile riconoscere testimonianze delle loro vite, ricche di insegnamenti, con la speranza per un futuro migliore. Ad incorniciare le storie si sviluppa una filastrocca creata dall’autrice per evidenziare i significati e gli insegnamenti sottintesi ed ogni fiaba è accompagnata da un’illustrazione realizzata da persone con esperienze differenti, sia libere che detenute, a dimostrazione di come il mondo delle anime possa essere senza mura". Immigrazione: il ministro Alfano; nel 2014 nei Cie trattenuti 2.124 stranieri Asca, 13 luglio 2014 Attualmente sono 5 i Centri di identificazione ed espulsione (Cie) in funzione - Bari, Caltanissetta, Roma, Torino, Trapani - con una disponibilità totale di 500 posti. Sono al momento chiusi, Bologna, Brindisi, Crotone, Gradisca d’Isonzo e Milano. Nel 2013 sono stati trattenuti nei Cie 6.016 stranieri e ne sono stati rimpatriati 2.749, mentre nel 2014 sono stati 2.124 i trattenuti e 1.036 i rimpatriati. I tempi medi di trattenimento sono, per il 2014, 55 giorni a Bari, 24 a Caltanissetta, 32 a Roma e Torino, 50 a Trapani. Queste le cifre fornite dal ministro dell’Interno Angelino Alfano nel corso dell’audizione svolta il 9 luglio davanti alla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani sugli indirizzi della politica dell’immigrazione del Governo. Sempre in relazione ai Cie, Alfano ha spiegato che è stato aperto un tavolo tra ministero dell’Interno e ministero della Giustizia per attuare le procedure di identificazione in carcere degli stranieri, prevista dal decreto-legge n. 146 del 2013 con l’obiettivo di evitare il repentino trasferimento dei detenuti stranieri dal carcere al Cie. In questo senso - ha sottolineato il ministro - è indispensabile la collaborazione dei consolati dei paesi di provenienza. Esistono accordi con Egitto e Tunisia e buoni rapporti di collaborazione con le autorità diplomatiche di Nigeria e Algeria. Occorre tuttavia intensificare in particolare i rapporti con Tunisia e Marocco, all’interno degli accordi di partenariato. La gestione dei Cie è oggetto di una serie di interventi con l’obiettivo di migliorare e uniformare i servizi offerti dagli enti gestori puntando sulla prossimità con le esigenze dei migranti. Sono allo studio un nuovo schema di capitolato, un nuovo regolamento (unico a livello nazionale) e un atto di indirizzo relativo agli aspetti sanitari. Sono inoltre di imminente adozione linee guida ministeriali per uniformare i regolamenti interni dei centri. In questo processo, centrale è il ruolo delle associazioni e delle organizzazioni coinvolte nel progetto Praesidium (Save the Children, Oim, Unhcr e Croce Rossa). L’orientamento per il futuro è di non ricorrere a un ente gestore unico su tutto il territorio nazionale, che dovrebbe necessariamente sub-appaltare i servizi con un aumento considerevole dei costi, ma, puntando su economicità ed efficienza, continuare a prevedere gare d’appalto per ogni singolo centro, gestite dalla Prefettura competente, come avviene adesso. Il controllo sulla gestione resterebbe alla Prefettura, ma con la collaborazione di associazioni ed organizzazioni indipendenti, attraverso l’istituzione di Commissioni miste. Maggiore impulso sarà dato ai rimpatri volontari assistiti, finanziati attraverso il fondo europeo per i rimpatri: nel 2013 ne sono stati effettuati 1.083, nel 2014 sono stati 612. Quanto ai Centri per i richiedenti asilo, Alfano ha detto che stanno funzionando oltre la loro capacità ricettiva ed è necessario attivare una procedura per il riconoscimento della protezione che sia più rapida, in grado di dare una risposta in tempi brevissimi. Per questo motivo le Commissioni territoriali che decidono sull’asilo, attualmente in numero di dieci, cui si aggiungono altre dieci sottocommissioni, vedranno un ulteriore incremento. Così come è stato incrementato il sistema Sprar, un sistema d’accoglienza d’eccellenza gestito a livello di enti locali, che vede ora la possibilità di offrire ospitalità a 20.000 persone su tutto il territorio. Guinea Equatoriale: Roberto Berardi, un imprenditore italiano nella trappola africana di Andrea Spinelli Barrile Vita, 13 luglio 2014 Si trova da gennaio 2013 nella putrida galera di Bata dove subisce ogni giorno maltrattamenti, pestaggi, vessazioni; riceve un solo, misero, pasto al giorno, dorme su un materasso di gommapiuma. Ha contratto più volte la malaria, un enfisema polmonare, la febbre tifoide ed ha perso circa una trentina di chili Roberto Berardi, 49enne di Latina, ha lavorato in Africa una vita: nella culla dell’umanità Berardi, che di mestiere ha sempre fatto l’imprenditore, ha trovato la "sua America". In Africa ha costruito palazzi, strade, ponti, dighe, in Africa ha creato società e dato lavoro; lo sviluppo infrastrutturale del continente è stato, in parte, anche merito suo e delle persone come lui che hanno deciso di investire energie, soldi, tempo, la propria vita professionale, per questo continente. Berardi si trova da gennaio 2013 nella putrida galera di Bata, una piccola città della Guinea Equatoriale: qui l’imprenditore subisce ogni giorno maltrattamenti, pestaggi, vessazioni; riceve un solo, misero, pasto al giorno (fine settimana esclusi, durante i quali digiuna), dorme su un materasso di gommapiuma buttato in terra, vive in una cella di due metri per tre con una minuscola finestra troppo alta per essere raggiunta e in regime di isolamento totale da oltre 7 mesi. In quella cella Berardi ha contratto più volte la malaria, un enfisema polmonare, la febbre tifoide (giunta al quarto stadio) ed ha perso circa una trentina di chili, ma non la speranza di tornare libero, un giorno. Era in Camerun fino a un paio di anni fa: qui entrò in contatto con Teodoro Nguema Obiang Mangue, detto Teodorin "il Principe" (immagine in copertina), figlio di Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, Presidente della Guinea Equatoriale dal 1979. Un paese in rapida crescita, nonostante l’80% della popolazione viva con meno di 2 dollari al giorno: la fortuna di "galleggiare" sopra ingenti risorse naturali (petrolio e gas) è anche la fortuna della famiglia Obiang, che utilizza il Paese come proprio bancomat personale. Ma di questo Berardi non era al corrente, come non era al corrente delle indagini dell’Interpol e della Corte americana della California proprio su Teodorin Obiang, accusato di appropriazione indebita di denaro e riciclaggio internazionale. Quando Teodorin (che è anche vicepresidente) gli propone di creare una società per realizzare grandi opere in Guinea Berardi accetta: si crea così la Eloba Construcion SA, avente come soci Berardi (40%) e Obiang (60%), come da prassi nel continente africano. Gli affari sembravano procedere, fino a quando l’imprenditore italiano non scopre, nel dicembre 2013, ammanchi milionari dalle casse della società: mette a disposizione i propri averi, paga fornitori e dipendenti e chiede delucidazioni al socio africano, il quale per tutta risposta gli manda la polizia a casa e lo fa arrestare nel gennaio 2013. Il processo è una farsa: testimoni dell’accusa che scompaiono dopo la deposizione contro Berardi, nessun documento, accuse montate sul nulla, una condanna a due anni e mezzo di carcere e 1,5 milioni di dollari da restituire. Grazie ad alcune relazioni di una Corte penale americana però sappiamo con certezza che fu Teodorin "il Principe" a sottrarre quei soldi dalle casse della Eloba, soldi "investiti" nell’acquisto di memorabilia di Michael Jackson (tra cui il guanto tempestato di brillanti del video di "Bad") ed altre amenità extralusso per appagare i vezzi del "Principe". Sembra incredibile, ma le prove ci sono. Meno di un anno fa un tribunale francese ha sequestrato il pied-à-terre parigino di Teodorin Obiang, assieme a conti correnti e una collezione di auto da fare invidia ad un rapper americano; gli Stati Uniti hanno emesso un mandato di cattura internazionale per Teodoro e Teodorin e l’Interpol studia minuziosamente i loro rapporti inconfessabili con aziende e politici occidentali. Dal momento dell’arresto la vita di Berardi diventa un vero inferno: pestato quotidianamente, costretto a subire vessazioni, umiliazioni e torture, la storia di Berardi comincia faticosamente a permeare le mura del carcere e dell’informazione misteriosamente reticente solo a novembre 2013, quando i familiari, gli amici e gli ex dipendenti dell’imprenditore pontino cominciano a manifestare pubblicamente per chiederne la liberazione. Ovviamente l’Unità di Crisi della Farnesina è attiva da tempo, anche se (fino ad oggi) senza alcun risultato: l’Italia, che ufficialmente non ha rapporti con la Guinea (ma è il terzo maggior importatore), non ha un’ambasciata sul luogo, la più vicina si trova in Camerun, ma l’ambasciatore non è ancora stato nominato, e può avvalersi unicamente degli sforzi del console Massimo Spano, al quale viene impedito l’ingresso nell’inferno del carcere di Bata. Un luogo che la famiglia Obiang utilizza per commettere i peggiori crimini contro l’umanità, contro il loro stesso popolo: Radio Macuto, una radio indipendente equatoguineana, ha recentemente trasmesso alcuni audio registrati nel carcere di Bata, grazie ai quali ha documentato le torture quotidiane che subiscono i detenuti. Detenuti che, spesso, diventano desaparecidos. La famiglia Berardi si è così rivolta anche al Vaticano affinché facesse pressioni sul regime degli Obiang, cattolici osservanti nonostante le pratiche criminali e le condizioni di vita drammatiche cui costringono l’intero popolo guineano. Ma il nunzio apostolico in Guinea Equatoriale, mons. Piero Pioppo, ha detto chiaramente loro di non poter fare nulla per aiutarli. Nel frattempo la detenzione di Berardi si fa drammatica: tenta la fuga grazie ad alcuni complici ma viene catturato mentre implora invano all’ambasciata spagnola di Bata di aprirgli il cancello per salvarlo. Spedisce drammatiche fotografie alla famiglia nelle quali documenta le torture che subisce; di recente Berardi, dopo giorni di febbre alta tenuta a bada con le aspirine, è stato ricoverato presso un malconcio ospedale pubblico, dove gli è stata diagnosticata la febbre tifoide. Ritradotto in carcere con l’inganno (la promessa era trasferirlo in una clinica per fargli effettuare alcune analisi), solo da tre giorni Berardi si trova nuovamente in clinica: lavato ("un sogno") e fotografato. Sembra però, dalle indiscrezioni di queste ore, che purtroppo ancora una volta gli Obiang lo abbiano fatto tornare in cella. Proprio oggi. La diplomazia, ovviamente, fa il suo corso: il Presidente Obiang, nel dicembre scorso, sembrava propenso a concedere la grazia a Roberto Berardi (le autorità equatoguineane sostengono di averla concessa, ma siccome l’imprenditore è stato condannato al pagamento di un risarcimento da 1,5 milioni lo tengono dentro: un vero e proprio sequestro di persona) ma quell’atto istituzionale fu strappato dal figlio Teodorin. Sempre il Presidente Obiang, in visita a Bruxelles, promise "l’imminente liberazione" di Roberto Berardi all’allora Commissario Europeo Antonio Tajani, come la promise un’altra volta in occasione della sua visita a Roma da Papa Francesco per la recente canonizzazione dei due papi. In quell’occasione nessuno della Farnesina si fece vivo con Obiang, che ebbe un colloquio con il Papa, il quale a dicembre invocò la liberazione di Berardi durante la recita dell’Angelus. La volontà di liberare Berardi è stata inoltre manifestata di recente dall’ambasciatrice della Guinea Equatoriale a Roma, sorella del Presidente Obiang, alla moglie di Berardi ed al senatore Luigi Manconi del Pd, unico nello scibile politico italiano a prendersi a cuore la drammatica vicenda dell’imprenditore pontino. Ma a quella manifestazione di belle intenzione non è seguito nulla; i fatti smentiscono clamorosamente le parole degli Obiang: il console Spano ha dovuto lottare non poco per il ricovero di Berardi, come ha dovuto lottare per fargli pervenire le medicine quando fu ritradotto in carcere con l’inganno (un inganno non solo a Berardi ma anche al console ed alla Croce Rossa Internazionale), come ha dovuto lottare per un suo nuovo ricovero, presso la clinica La Paz di Bata (dove si trova in questo momento e dove tutto è a pagamento). Secondo Human Rights Watch il regime di Obiang ("il più sanguinario d’Africa" ora che Gheddafi non c’è più) detiene Berardi per paura che egli possa rivelare cose che non si devono sapere (le colpe di Teodorin, le torture subite dai detenuti equatoguineani, i rapporti inconfessabili degli Obiang). Di fatto Roberto Berardi è da 20 mesi prigioniero di un regime sanguinario in terra straniera, trattato come un animale e in condizioni fisiche estremamente precarie. Uno dei circa 3000 italiani detenuti all’estero il cui caso è formalmente seguito anche dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica: l’obiettivo è riportare a casa Roberto Berardi, detenuto ingiustamente nell’inferno africano del carcere di Bata. Iraq: Human Right Watch; truppe di Baghdad hanno massacrato 255 prigionieri sunniti Reuters, 13 luglio 2014 Le forze di sicurezza irachene e alcune milizie sciite filo-governative avrebbero effettuato alcune esecuzioni sommarie in risposta alle violenze dei jihadisti sunniti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil). La denuncia arriva dagli attivisti di Human Right Watch (Hrw), secondo i quali almeno 255 prigionieri delle forze di sicurezza sarebbero stati giustiziati nell’ultimo mese. Le esecuzioni si sarebbero verificate in diverse città a partire dal 9 giugno e tra le vittime ci sarebbero almeno otto minorenni. L’ong spiega di aver incrociato numerose testimonianze di esecuzioni extragiudiziarie di prigionieri a Mosul e Tal Afar (provincia settentrionale di Nineveh), a Baaquba e Jumarkhe (provincia orientale di Diyala) e a Rawa (provincia occidentale di Anbar). Nel rapporto di Hrw si sottolinea come gran parte del personale di sicurezza coinvolto nelle esecuzioni sia di fede sciita, mentre le vittime sarebbero sunniti. "Le uccisioni di massa extragiudiziarie possono costituire una prova di crimini di guerra o crimini contro l’umanità e sembrano essere atti di vendetta per le atrocità commesse dall’Isil", si legge nel rapporto degli attivisti di Hrw. Stati Uniti: va a trovare il figlio in carcere, ma si perde e resta intrappolato per 31 ore Il Mattino, 13 luglio 2014 Ha passato gran parte del week-end rinchiuso in una sala visite del carcere di Cook County, a Chicago. Protagonista di questa disavventura è un uomo, la cui identità non è stata rivelata. La notizia, annunciata dalle autorità del carcere e rilanciata dal Chicago Tribune, è stata diffusa martedì scorso. L’uomo, come tutte le settimane, lo scorso sabato era andato a fare visita al figlio, detenuto da 13 mesi per reati legati agli stupefacenti. Il giovane, però, era stato trasferito in un’altra ala della prigione e il padre si è perso, entrando in una sala visite inutilizzata nei week-end attraverso una porta socchiusa, richiudendola poi alle sue spalle. L’uomo, dopo aver realizzato di essere rimasto intrappolato, ha iniziato ad urlare e a bussare ripetutamente, ma a quanto pare nessuno lo ha sentito. Solo nella notte tra domenica e lunedì, dopo 30 ore di prigionia, l’uomo ha avuto l’intuizione di utilizzare uno degli sgabelli presenti nella sala per rompere i vetri ed allertare così la sicurezza. Qualche minuto dopo, i vigili del fuoco sono arrivati a soccorrerlo. Cara Smith, il direttore del carcere, fa fatica a nascondere l’imbarazzo per l’accaduto: "Siamo davvero mortificati per quello che è successo, è stata una serie davvero sfortunata di coincidenze. In quell’area non ci sono telecamere ma le avremmo installate a breve, e la sala in cui l’uomo è rimasto imprigionato non era controllata dal momento che non la utilizziamo nei week-end".