Giustizia: il Gotha delle toghe a casa per decreto, da Bruti Liberati… a Tamburino di Liana Milella La Repubblica, 17 giugno 2014 Ben 445 toghe su 9.410 oggi in servizio. Tante, con il decreto Renzi sul taglio dell’età pensionabile, se ne andranno a casa in tre anni. Quasi il 5 per cento, numero certamente significativo. È il Gotha della magistratura. I capi più prestigiosi degli uffici. I vertici più famosi di Milano, Torino, Venezia, Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Bari, Palermo. I nomi? Uno più noto dell’altro: Maddalena (Torino), Canzio con Minale, Pomodoro e Bruti Liberati (Milano), Calogero (Venezia), Lucentini e Branca (Bologna), Drago e Tindari Baglione (Firenze), Bonajuto (Napoli), Savino (Bari), Guarnotta (Palermo). Ma via anche famosi Magistrati di Sorveglianza, l’uscente del Dap Tamburino, il giudice dell’esecuzione di Berlusconi Nobile De Santis, quello del caso Franzoni Maisto. E tanti altri in città più piccole. Poi un colpo alla Suprema Corte che ha fatto gridare alla decapitazione il sempre prudente e ovattato presidente Santacroce. Lì, i freddi numeri del Csm, che da ieri figurano in bell’ordine nelle tabelle dell’ufficio statistica di palazzo dei Marescialli, dicono che solo quest’anno vanno a casa 42 super toghe con funzioni direttive, parliamo praticamente di quasi tutti i presidenti di sezione, quelli che oggi decidono sentenze che segnano la giurisprudenza in Italia. Non basta, sempre in Cassazione, ci sono anche 26 giudici col piede sulla porta. E nei prossimi due anni, se il tetto resta a 70 anni senza deroghe per chi non è un capo, vanno in pensione altri 30 magistrati del "palazzaccio". Per la Corte, se le sostituzioni tardano come inevitabilmente tarderanno ad arrivare, potrebbe essere la paralisi. Per gli altri uffici italiani c’è il rischio serio di vederli senza dirigenti per un bel po’. I numeri, innanzitutto. Oggi, in Italia, i palazzi di giustizia sono "comandati" da 427 magistrati con funzioni direttive e 730 vice. Bene. Con il decreto Renzi - stop all’ingresso in pensione a 75 anni, ci si va a 70, unica deroga per i capi attuali fino al dicembre 2015 - sono costretti a lasciare la toga, tra chi compie 70 anni quest’anno, 142 capi e 68 vice, oltre a 96 giudici con funzioni ordinarie. Ovviamente, bisogna guardare anche a chi compie 70 anni il prossimo anno e quello successivo. Nel 2015 arrivano al tetto della nuova età pensionabile 23 capi e 20 vice (27 gli ordinari). L’anno successivo ecco altri 26 capi, 16 vice, 23 magistrati ordinari. Che sommati ai primi 308 ci porta alla cifra totale di 445. Di questi solo 210 potranno usufruire della speciale deroga per rimanere in servizio l’anno prossimo. Ma, per la magistratura, non è solo una questione di numeri, ma soprattutto di facce. E di procedure complesse non solo per diventare una toga, ma per essere promosso. Per questo la categoria è in profondo allarme. La speranza delle toghe è che il decreto, durante la fase di conversione alla Camere, sia cambiato. Il primo referente è il Guardasigilli Andrea Orlando che, durante la fase di discussione sul decreto, si è dimostrato una colomba rispetto ai falchi. Lui ipotizzava quella gradualità nell’entrata in vigore - ogni anno, da qui in avanti, ne aumentava uno dell’età pensionabile - che avrebbe evitato "la brusca decapitazione". Di questo parlano al Csm, mentre guardano le tabelle fresche degli uffici, i presidenti della commissione per gli incarichi direttivi Roberto Rossi e di quella per le riforme Riccardo Fuzio. Dice il primo: "Il principio è giusto, ma realizzato così pone dei problemi organizzativi che rischiano di paralizzare il Csm e la stessa macchina della giustizia". Rossi si è concentrato soprattutto sui capi delle città più importanti e il prospetto che ha sotto mano è desolante. Città come Torino, Milano, Bologna, vedono cadere d’un colpo presidente di corte di appello, procuratore generale, presidente del tribunale, capo della procura. Nel decreto è scritto che la sostituzione deve essere accelerata. Rossi lo ritiene impossibile: "Innanzitutto ho già dovuto bloccare concorsi in attesa che il decreto sia convertito. Poi questo consiglio sta per scadere e dovrà arrivare quello nuovo. E poi, con una norma del genere il contenzioso amministrativo salirà alle stelle". L’unica speranza è che il decreto "ammazza uffici", com’è ormai stato ribattezzato qui al Consiglio, venga cambiato. Il presidente della Cassazione Giorgio Santacroce, che di diritto fa parte del Csm, ha già avviato un monitoraggio. Una mano importante potrebbe arrivare dal Quirinale, visto che il presidente della Repubblica è il capo del Csm e che al Colle lavorano toghe che conoscono bene sia la Cassazione, come l’ex presidente Ernesto Lupo, oggi consigliere giuridico del capo dello Stato, e Stefano Erbani, ex dell’ufficio studi del Csm. Dove il battage anti-decreto è molto forte. Si è mosso Fuzio, che ha chiesto e ottenuto di poter esprimere subito un giudizio tecnico sul decreto. Lui è di Unicost, ma lo appoggia tutta la sinistra di Area (Cassano, Borraccetti, Carfì, Vigorito, Rossi)che ieri ha sollecitato una discussione rapidissima del decreto, visti anche i tempi ormai stretti che restano al Consiglio. Da Milano, una toga esperta di organizzazione giudiziaria come Claudio Castelli, per anni in via Arenula e ora al vertice dell’ufficio dei gip, scrive nelle mailing list che "un obiettivo in astratto condivisibile viene perseguito in modo gravemente sbagliato". Lui vede solo conseguenze negative, le stesse che a Roma enuclea Rossi, "l’improvvisa scopertura degli organici dove già oggi c’è un deficit del 12,4%, un concorso accelerato che non consentirebbe una seria selezione, comunque una pensione che resta un miraggio per le giovani toghe". Per questo, a Roma, Fuzio non dà tregua sul decreto: "Devono cambiarlo, non può restare così, c’è anche il rischio di una ricaduta sui processi in corso". Una frecciata alla politica e a Renzi che, in questa veste, sarebbe un normalizzatore. Giustizia: il pm che sbaglia non pagherà, testo Camera sarà rivoluzionato in Senato di Maria Giovanna Maglie Libero, 17 giugno 2014 Riforma della giustizia espressa al tavolo 6, al 5 aspettano la pubblica amministrazione. Venghino siori, venghino, al circo delle meraviglie del Renzi Matteo, uno che le spara grosse ma grosse, e tutti ci credono, sulla sua volontà riformatrice lib-lab, perché uno straccio di opposizione vera non c’è; l’opposizione vera è di quelle sempre sul pezzo, di quelle che intanto che sulla giustizia non dici sì, per esempio, sull’abolizione del reato di clandestinità, non tratti sulla peggior riforma possibile del Senato, figurarsi se ti mostri paralizzata dalle faide interne. Non c’è, inutile fingere il contrario, e anche sulla pseudo riforma della giustizia il Renzi farà impunemente come con le tasse: chiacchiere. Sentite questa dichiarazione ovunque ripresa acriticamente. "Potete stare certi", afferma uno stretto collaboratore del premier, "che nella riforma della giustizia che sta preparando il Guardasigilli Orlando ci saranno norme che faranno venire il mal di pancia ai magistrati. Non per cattiveria, ma perché se è giusto che un sindaco o un parlamentare che sbaglia paghi, è altrettanto giusto che un giudice che mette in galera impropriamente un innocente o abusa dei suoi poteri, ne paghi le conseguenze". L’idea - continua il pistolotto - è quella di rimettere mano, come del resto chiede l’Unione europea, alla responsabilità civile dei magistrati. Oh, meno male, ma la responsabilità civile per dolo o colpa grave l’hanno già votata alla Camera, no? Qui la confusione regna suprema. L’emendamento della Lega è passato contro il governo, con i voti del centrodestra, con l’astensione dei 5 stelle e con il contributo di circa trentacinque franchi tiratori del Pd e di uno palese e determinato, Giachetti. Insieme al governo ha votato invece il Ncd di Alfano, quello che a chiacchiere si definiva la sentinella del centrodestra, i diversamente berlusconiani nel nome dell’antico garantismo. Eh no, tuona la solitamente desaparecida responsabile della Giustizia del Pd, Alessia Morani, in Senato verrà cancellato il colpo di mano della destra approvato alla Camera grazie ai franchi tiratori. Ma allora il Senato serve al governo, sia pura giorni alterni! E perché quella norma non va bene? Risposta dello stretto collaboratore del premier: "Non sta in piedi, con quella norma nessun giudice andrebbe più a sentenza per timore delle conseguenze"; invece Orlando presenterà un testo in cui verrà fatta valere questa responsabilità, ma con un "filtro" della Corte d’appello per evitare ricorsi arbitrari contro i giudici. E con una "corsia preferenziale " quando si ravveda l’esistenza di un dolo grave. "Il tutto senza alcuna volontà punitiva", garantiscono nell’entourage del Guardasigilli. Voi che cosa avete capito? Che il Renzi farà approvare una responsabilità fasulla di un giudice che qualsiasi altro giudice potrà invalidare, e potete giurarci che lo farà sempre e comunque; ma anche che il Renzi per essere o fingere di essere "il partito degli onesti che alza l’asticella dell’etica e della moralità" è pronto a restare sia pur non ufficialmente il partito alle Procure. Non lo sapessero i lettori, pare che ci siano contatti in corso tra il ministro della Giustizia Andrea Orlando e i parlamentari di Beppe Grillo, sul tavolo proprio l’anticorruzione, l’inasprimento del falso in bilancio e l’allungamento dei tempi per la prescrizione. Roba forte. Il ministro Orlando varerà almeno una riforma del Consiglio superiore della magistratura? "Su questo credo sia necessaria una riflessione - risponde - dobbiamo fare in modo che nella scelta dei magistrati del Csm vengano valorizzate di più le capacità, le professionalità e le personalità, piuttosto che l’appartenenza a una o all’altra corrente. E questo lavoro va fatto confrontandosi con le stesse organizzazioni delle toghe". Deve insomma trattare con l’Anm, associazione nazionale dei magistrati, che tradotto in lingua comprensibile significa che non se ne farà nulla, altro che rottamare. Il luogo comune, ahinoi ricorrente, vuole che una legge sulla responsabilità civile dei giudici che hanno agito per dolo e colpa grave la vogliano i corrotti. La vollero 20 milioni e 770.334 italiani (oltre l’80 per cento dei votanti) che nel novembre 1987 si espressero a favore di una sanzione per chi ha abusato del proprio potere essendo il custode dello Stato di diritto. La pensano ancora così i frastornati cittadini del 2014? Non lo so, ma Renzi doveva credere che la pensino ancora così se nell’ottobre 2013 per farsi bello e nuovo alla Leopolda diceva "La storia di Silvio ci dice che dobbiamo fare la riforma della giustizia: la storia di Silvio Scaglia. Scaglia affittò un volo privato per andare dai magistrati, e si fece arrestare. Da quel momento, 3 mesi di carcere e 9 mesi ai domiciliari. Dopo 12mesi fu liberato. Poi giudicato innocente. Ma vi sembra normale che noi in questi vent’anni abbiamo parlato di giustizia dedicata ad uno solo, e che un cittadino innocente venga messo in galera?". Che bugiardo. Giustizia: "Coniugare sicurezza e qualità dell’incontro", ricerca su genitorialità e carcere di Rocco Luigi Mangiavillano www.articolo21.org, 17 giugno 2014 "Coniugare sicurezza e qualità dell’incontro", è il titolo di una ricerca-studio, curata da Lia Sacerdote, fondatrice dell’associazione "Bambinisenzasbarre", risultato di un’intensa attività formativa condotta nelle carceri lombarde nel triennio 2010-2013, attraverso il Programma pilota di formazione, promosso dal gruppo di lavoro del Prap (Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria della Regione Lombardia) e condotto da Bambinisenzasbarre con il contributo, nella co-progettazione, dell’Università Bicocca di Milano. La formazione ha coinvolto 18 istituti del sistema penitenziario lombardo, 240 operatori, tra agenti, educatori e assistenti sociali, con particolare riferimento agli operatori penitenziari dell’accoglienza che operano a contatto con familiari e bambini che incontrano il genitore recluso. Il percorso formativo, oltre ad evidenziare buone prassi di accoglienza, azioni innovative e favorire omogeneità degli interventi nei 18 istituti della regione, ha creato di fatto, attraverso un approccio esperienziale, uno spazio "aperto" e "contaminante" dove per la prima volta gli operatori, a partire dal proprio vissuto esistenziale, hanno condiviso esperienze, valori, stereotipie, ma anche affrontato le difficoltà legate ad una professione particolare e complessa. Si lavora con "materiale" umano ad alta fragilità. Gli operatori sono chiamati a svolgere, spesso "in solitudine", quel difficile compito di mediazione centrato sulla dimensione umana, quella emozionale ed emotiva e sul rispetto delle regole di sicurezza. È in questo spazio di sensibilità, "esplorare l’esperienza per aprire lo sguardo", che risiede l’aspetto innovativo e trasformativo di questo intervento. Infatti, i partecipanti hanno riflettuto sui temi dell’accoglienza e delle relazioni interpersonali come elemento/legittimazione della propria professionalità in armonia con i vincoli e le regole legati alla sicurezza. Valorizzare il ruolo educativo degli operatori penitenziari ha così consentito di avviare un processo di consapevolezza che cambia lo sguardo nei confronti della cultura dell’accoglienza in carcere rivolta a famiglie e bambini: il risultato del loro intervento è nel processo di relazione di cui loro stessi sono lo strumento e, in questo contatto, il cambiamento di prospettiva si realizza nel saper ascoltare/riconoscere questi bambini e rendere loro comprensibile la realtà che li attende. La persona detenuta è anche padre e madre. Un carcere accogliente, può rappresentare non solo quel contesto educativo e di benessere per tutti i soggetti che lo abitano, comprese le famiglie e i bambini che vi accedono, ma anche un luogo dove aver cura del mantenimento dei rapporti familiari, innanzitutto a tutela dei minori, assicurando loro un adeguato sviluppo psico-affettivo e il diritto alla continuità del legame con il genitore. Un lavoro proteso fortemente al "dopo" la detenzione. In tal senso Bambinisenzasbarre, attraverso questo programma di formazione pilota, pone in evidenza le potenzialità di coinvolgimento degli altri sistemi educativi e della società "esterna", sistema di cui anche il carcere è parte, affinché i legami di quest’ultimo con il territorio e la società libera si traducano concretamente in una comunicazione dinamica costruttrice di opportunità di reale inserimento sociale delle persone rimesse in libertà. Questo è l’aspetto su cui Bambinisenzasbarre da sempre pone l’accento, fin dalle prime esperienze avviate all’interno del Gruppo carcere Mario Cuminetti, primo gruppo in Italia ad usufruire dell’articolo 17 dell’Ordinamento penitenziario, per fare volontariato in carcere e creare un collegamento con il territorio. Già dai primi incontri di sostegno con mamme detenute, aiutate a recuperare un’identità genitoriale persa o da ricostruire, si dedica al dramma dei bambini vittime di una relazione affettiva spezzata, accompagnandoli in un processo di rielaborazione conseguente alla mutata situazione relazionale. Da qui prendono forma le varie attività di Bambinisenzasbarre, tra cui il Sistema di accoglienza dei bambini Spazio giallo, attualmente modello di accoglienza delle tre carceri milanesi, la sensibilizzazione per il superamento delle barriere legate al pregiudizio e alla discriminazione unitamente all’attività di ricerca, studio e formazione, come partner del Ministero della Giustizia e, in ambito europeo, come membro della direzione Children of Prisoners Europe. Le implicazioni politiche e sociali di questa esperienza le ritroviamo nel Protocollo di intesa che lo scorso marzo il Ministero della Giustizia, il Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria), l’Autorità garante per l’infanzia e Bambinisenzasbarre hanno firmato per garantire la tutela del minore, il diritto alla genitorialità e il sostegno delle relazioni familiari durante e oltre la detenzione, istituendo un Tavolo permanente di monitoraggio sull’attuazione di questo accordo. Ora, nonostante il valore di questo risultato, Bambinisenzasbarre non cede a facili entusiasmi. La legge 62 del 2011, entrata in vigore solo quest’anno delude le aspettative: non chiarisce i reati per i quali una mamma con un bambino al di sotto dei 6 anni non debba essere detenuta mentre i domiciliari escludono molte mamme straniere e rom. Sono introdotte le Case famiglia protette, che sganciate dal mondo penitenziario e affidate agli enti locali ormai senza risorse rischiano di non partire, e infine gli Istituti di custodia attenuata per madri in Italia sono soltanto tre. L’Europa ha concesso all’Italia un anno di tempo per intervenire sulla situazione delle carceri. Riusciremo a rispettare i parametri stabiliti dall’Ue? E ancora, quale sarà l’impatto sociale dei molti prossimi alla rimessa in libertà, come ad esempio per effetto dell’incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, se non ci si affretta a predisporre quell’impianto di welfare, compresa l’integrazione lavorativa che li possa accogliere? Forse, se a tutto ciò aggiungiamo il problema del sovraffollamento e la disperazione dei Cie (i Centri di identificazione ed espulsione), la preoccupazione di Bambinisenzasbarre non è del tutto infondata. Giustizia: l’emergenza carceri in diretta su Twitter, l’idea di Leo Beneduci dell’Osapp Il Fatto Quotidiano, 17 giugno 2014 Internet entra in carcere. Su Twitter, con l’hashtag #meteocarcere, Leo Beneduci, segretario generale del sindacato Osapp, ha inaugurato aggiornamenti in 140 caratteri dalle patrie galere. Obiettivo: "Denunciare in presa quasi diretta le emergenze dalle celle sovraffollate ma anche raccontare i progressi". Il carcere è una città invisibile nella città visibile di cui il web sa ancora troppo poco. Grazie al tweet di ispettori e agenti penitenziari dei vari istituti ci rendiamo conto che nel carcere di Velletri "c’è carenza di personale ma l’amministrazione decide di aprire un nuovo padiglione", che in quello di Castrogno "ci sono gli scarafaggi in mensa" e a San Vittore "hanno aperto lo sportello di supporto psicologico per gli agenti". Emilia Romagna: la Garante; non servono più i nuovi padiglioni a Bologna e Ferrara Adnkronos, 17 giugno 2014 Visto il calo di detenuti nelle carceri della Regione, i nuovi padiglioni previsti per i penitenziari di Bologna e Ferrara non servono più. Questa in estrema sintesi la posizione del Garante regionale delle persone private della libertà personale dell’Emilia Romagna che ha scritto un lettera al ministro della Giustizia Andrea Orlando e al Dipartimento di amministrazione penitenziaria. Ripensare "gli spazi di detenzione e sul loro utilizzo, rivedendo in maniera costruttiva il piano regionale e spostando le risorse dal finanziamento del piano di edilizia penitenziaria straordinaria con riferimento ai padiglioni ancora da costruire di Bologna e Ferrara" e "potenziare l’accesso alle misure alternative alla detenzione e di cura, come per esempio per la popolazione detenuta tossicodipendente", perché rispetto "alla data della dichiarazione da parte del Consiglio dei Ministri dello stato di emergenza per l’eccessivo affollamento degli istituti", cioè il 13 gennaio 2010, oggi "la previsione anche in questa Regione è di un progressivo auspicato diminuire delle presenze, anche per l’importante contributo delle recenti modifiche normative". Bruno ricorda come il "Piano carceri" fu avviato in Emilia-Romagna nel 2011 con la previsione della "di sei nuovi padiglioni, strutturalmente tutti uguali e di 200 posti ciascuno, a Ferrara, Parma (in corso di costruzione), Reggio Emilia (progetto poi abbandonato per il possibile utilizzo dell’istituto che contiene l’Opg, in corso di superamento), Bologna, Modena e Piacenza, questi ultimi già costruiti e funzionanti": allora però, rimarca la Garante, "al 30 giugno 2011 erano 4091 le presenze dei detenuti in Regione Emilia-Romagna, di cui a Bologna 1.168 su una capienza regolamentare di 497, a Ferrara 471 su 256, a Modena 410 su 221, a Piacenza 361 su 178 e a Parma 547 su 418". Oggi però invece "assistiamo a un trend di decrescita delle presenza di detenuti nelle carceri. Il dato regionale, al 30 aprile di quest’anno, è di 3.340 presenze, e negli istituti in cui è prevista e non ancora attuata la realizzazione del nuovo padiglione, è di 845 a Bologna e 333 a Ferrara", con il risultato quindi che "nessun detenuto in Emilia-Romagna si trova in camere di pernottamento con spazi inferiori a tre metri quadri". Secondo Bruno quindi ora è importante non dimenticare che "la detenzione è, sì, una questione di metri quadrati a disposizione, ma non solo": infatti "aprire nuovi padiglioni significa essere in condizioni di adeguare i numeri del personale civile e della polizia penitenziaria, la cui carenza è cronica, di poter adeguare le risorse, già adesso scarse, da destinare ai percorsi trattamentali per i detenuti, con la possibilità di partecipare a corsi di formazione e di espletare attività lavorative - ribadisce la Garante - e di destinarle, inoltre, a progetti terapeutici per la presenza di un numero elevato di persone tossicodipendenti e di persone con forte disagio psichico, a cui andrebbero rivolti interventi mirati". Il tutto considerando che "sullo sfondo restano spesso senza risposte strutturali le gravi carenze igienico-sanitarie dei vecchi edifici, con una evidente disparità di trattamento tra detenuti allocati nella vecchia struttura e quelli che stanno nel nuovo padiglione". Il dubbio quindi è "se l’intervento di edilizia penitenziaria straordinaria possa ancora ritenersi, proprio in Emilia-Romagna, e con riferimento ai padiglioni che devono essere aperti, una risposta attuale ad una situazione che va modificandosi". La proposta della Garante è allora "il potenziamento dell’offerta trattamentale intramuraria, soprattutto in tema di lavoro e formazione, e l’attuazione di forti politiche per potenziare l’accesso alle misure alternative alla detenzione e di cura, come per esempio per la popolazione detenuta tossicodipendente". Lombardia: 1.200 i detenuti che sono stati ricoverati e curati in ospedale nel 2013 Redattore Sociale, 17 giugno 2014 Nel 2013 la spesa per curarli è stata di 3,3 milioni di euro. Il 72% è italiano. L’ospedale che ha registrato più ricoveri è il San Paolo di Milano, dove esiste un reparto dedicato esclusivamente ai detenuti. I dati dell’assessorato alla Sanità. Nel 2013 gli ospedali lombardi hanno ricoverato e curato 1.241 detenuti, per una spesa totale a carico del sistema sanitario regionale di oltre 3,3 milioni di euro. È quanto emerge dai dati forniti dall’assessore alla sanità della Lombardia, Mario Mantovani, durante l’audizione in commissione salute del Consiglio regionale della Lombardia, che si è tenuta oggi. Il 72% dei detenuti ricoverati era italiano. L’analisi della situazione è partita da un’interrogazione presentata dai consiglieri regionali della Lega Nord Fabio Rolfi (primo firmatario), Massimiliano Romeo e Pietro Foroni. Un’interrogazione che scaturisce dal caso del boss della Sacra Corona Unita, Francesco Cavorsi, "ricoverato da diversi anni" all’ospedale Niguarda, scrivono i consiglieri della Lega Nord. Dai dati emerge che l’ospedale che ha registrato più ricoveri è il San Paolo di Milano, dove esiste un reparto dedicato esclusivamente ai detenuti: nel 2013 ne sono passati 615, sugli 800 curati in totale nel capoluogo lombardo. E la provincia di Milano è quella con più reclusi che hanno avuto bisogno di cure ospedaliere: 838. Seguita da Brescia (84), Bergamo (81), Pavia (80), Varese (48), Monza-Brianza (47), Como (29), Cremona (22), Mantova (7), Lodi (4) e Lecco (1). Cagliari: Sdr; detenuto fuori pericolo di vita, ma ancora grave, dopo un tentato suicidio Ansa, 17 giugno 2014 "Ha superato la fase più critica ma le sue condizioni di salute sono ancora piuttosto gravi. E. M., 30 anni, che 15 giorni fa aveva tentato di togliersi la vita nel carcere di Buoncammino, è in Rianimazione. Un caso che non può far dimenticare la fragilità emotiva di chi vive dietro le sbarre e spesso si sente solo e abbandonato". Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione "Socialismo Diritti Riforme", richiamando l’attenzione sulla situazione del giovane che all’inizio del mese di giugno aveva tentato il suicidio in una cella della Casa Circondariale cagliaritana. "Aldilà delle condizioni fisiche, in fase di stabilizzazione, a preoccupare maggiormente - sottolinea Caligaris - sono le conseguenze che il gesto potrebbe avere provocato al sistema neurologico. Nonostante il tempestivo intervento del medico di Buoncammino, determinante per salvargli la vita, il drammatico episodio potrebbe avere determinato importanti danni neurologici". "L’episodio ha scosso profondamente gli operatori e i detenuti. La stagione estiva peraltro comporta sempre una maggiore azione di prevenzione all’interno della struttura dove gli Agenti di Polizia Penitenziaria e gli Educatori sono costantemente impegnati a far fronte ai bisogni dei cittadini privati della libertà. Anche se spesso purtroppo il disagio dissimulato esplode in circostanze imprevedibili. Il ricorso alle pene alternative e la promozione di iniziative sociali dunque rappresentano - conclude la presidente di Sdr - gli unici strumenti utili per contenere il malessere più profondo. Ecco perché occorre rafforzare gli Uffici di Sorveglianza e quelli dell’Esecuzione Penale Esterna oltre alle figure di supporto psicologico e culturale dentro gli Istituti". Cagliari: due detenuti ricoverati in ospedale per tubercolosi, altri tre sono in isolamento www.unionesarda.it, 17 giugno 2014 È emergenza nel carcere di Buoncammino per alcuni casi di Tbc. Due detenuti sono stati ricoverati nel reparto infettivi del Santissima Trinità mentre altri tre sono stati messi in isolamento respiratorio tenuti sotto strettissima osservazione dai medici del servizio di infettivologia della casa circondariale. La situazione dovrebbe essere sotto controllo ma bisogna agire con prudenza perché i malati sono stati a contatto con altri detenuti, o compagni di cella o quelli incontrati durante l’ora d’aria. Per questo motivo in questi giorni si sta operando lo screening per verificare eventuali casi di contagio. Sappe: garantire tutele sanitarie ai poliziotti penitenziari "Noi vogliamo che la tutela della salute di chi lavora in carcere sia effettivamente esercitata, e non sia solo un argomento che occupa pagine di libri e dispense. Questo riguarda gli altri detenuti ma anche coloro che lavorano a stretto contatto con i detenuti - come i poliziotti penitenziari -, che devono essere messi nelle condizioni di operare con tutte le tutele, a cominciare da quelle sanitare". Il segretario generale del Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria (Sappe), Donato Capece, in questi giorni in Sardegna per una serie di visite ad alcune carcere regionali, interviene sui recenti 5 casi di tubercolosi che si sono verificati tra i detenuti del carcere Buoncammino di Cagliari. "Non è un mistero - prosegue il leader del Sappe - che la prevalenza della tubercolosi, sia essa conclamata o latente, è più alta nella popolazione carceraria rispetto alla popolazione generale, per cui e da tempo le organizzazioni sanitarie hanno messo l’accento sulla necessità di arrestare il contagio in questa popolazione a rischio. Recenti studi e ricerche hanno accertato come nella popolazione carceraria tra il 30 e il 40% delle persone abbiano l’epatite C, mentre l’epatite B attiva è intorno al 7%; oltre la metà dei detenuti (56%), inoltre, ha avuto contatti con l’epatite B; l’infezione della tubercolosi è oltre 50% nei detenuti stranieri. Questo fa comprendere in quali polveriere infettive lavorano ogni giorno le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria che devono avere ogni tutela e garanzia, anche e soprattutto a livello fisico". "Peraltro - rileva il sindacato - secondo recenti studi l’alta prevalenza di tubercolosi nella popolazione carceraria contribuisce all’aumento dell’infezione anche nella popolazione generale: i risultati hanno evidenziato una prevalenza 23 volte più alta nella popolazione carceraria per la Tbc conclamata e 26,4 volte più alta per la Tbc latente. Inoltre, l’8,5% dei contagi nella popolazione generale è attribuibile a contatti con la popolazione carceraria". Per queste ragioni "il Sappe, che è il primo e più rappresentativo Sindacato della Polizia Penitenziaria, auspica periodiche e continue visite di controllo e una profilassi ad hoc per i poliziotti, che lavorano a contatto con molte situazioni a rischio - come nel caso del carcere di Cagliari Buoncammino - ogni giorno, per 24 ore". Lucca: detenuto tenta il suicidio in carcere per due volte in poche ore, salvato dagli agenti www.luccaindiretta.it, 17 giugno 2014 Torna in primo piano l’emergenza sovraffollamento al carcere San Giorgio di Lucca. Stamani (16 giugno) un detenuto ha tentato per due volte il suicidio. E il sindacato di polizia Sappe torna a fare polemica, prendendo ancora una volta di mira, nel giro di pochi giorni, il progetto di ristrutturazione dell’ottavo settore del carcere, che costerebbe circa un milione di euro. Donato Capece, del Sappe, invita tutti a concentrarsi sulla questione del sovraffollamento e della scarsa sicurezza all’interno della casa circondariale. "Per fortuna - commenta - l’insano gesto non è stato consumato per il tempestivo intervento dei poliziotti penitenziari, ma l’ennesimo episodio accaduto in carcere a Lucca è sintomatico di quali e quanti disagi determina il sovraffollamento penitenziario", denuncia il segretario generale del Sappe, il primo e più rappresentativo dei baschi azzurri, che esprime ai poliziotti che hanno salvato la vita al detenuto "apprezzamento e l’auspicio che venga loro concessa una ricompensa ministeriale". Il sindacalista sottolinea che "negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della polizia penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 16mila tentati suicidi ed impedito che quasi 113mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze". "La situazione nelle carceri resta allarmante - aggiunge. Per fortuna delle istituzioni, gli uomini della polizia penitenziaria svolgono quotidianamente il servizio in carcere, come a Lucca, con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità, pur in un contesto assai complicato per l’esasperante sovraffollamento e per il ripetersi di eventi critici. Ma devono assumersi provvedimenti concreti: non si può lasciare solamente al sacrificio e alla professionalità delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria la gestione quotidiana delle costanti criticità delle carceri toscane e del paese tutto". Pescara: detenuto scrive "ho bisogno di un lavoro per ricominciare… vendo un rene" Il Centro, 17 giugno 2014 La lettera di un 44enne accusato di truffe e ricettazioni: "Ho bisogno di un lavoro per ricominciare da capo". Richiuso in carcere da otto mesi per reati connessi a truffe e ricettazioni chiede una possibilità e mette in vendita un rene. È nel carcere di San Donato dove il pescarese Stefano Paolini si trova rinchiuso perché, lo scorso anno, è passato dagli arresti domiciliari al carcere in seguito a un cumulo pene di circa tre anni che il 44enne ha preso carta e penna per dare voce alla sua disperazione e spiegare perché, con la speranza di un lavoro, "non commetterei più reati". "Ho perso il lavoro nel 2010", spiega l’uomo che si trova in carcere dall’ottobre scorso, "dopo quindici anni passati a fare l’autista per varie ditte e dopo essermi occupato di recupero e smaltimento di rifiuti", scrive Paolini arrestato in quell’anno dai carabinieri di Montesilvano sorpreso, insieme a un’altra persona, a rubare rame in un cantiere. "A causa dei miei precedenti penali", prosegue il 44enne, "non riesco più a trovare un lavoro anche se sono una persona competente non solo nel settore dei trasporti. Sono scoraggiato, deluso e stanco di lottare contro uno Stato che non incoraggia il lavoro. Potrei tornare a casa per finire di scontare la mia pena ma a causa della burocrazia sono ancora qui". Attualmente Paolini si trova in carcere con l’accusa di truffa e il suo avvocato Antonio Di Blasio ha depositato nell’ottobre scorso un’istanza per chiedere di riunire i procedimenti a carico dell’uomo e usufruire quindi di una riduzione della pena. In un’altra circostanza Paolini era stato sorpreso con alcuni assegni e i procedimenti, poi, si erano incardinati nelle varie procure di competenza. "Ho tre figli", dice ancora l’uomo dal carcere, "e mia madre, che percepisce 500 euro di pensione al mese, vive in una casa popolare con una protesi al ginocchio ma non ha nessuno che si occupi di lei. Mi accontenterei", scrive ancora, "anche di percepire poco, un compenso sufficiente a ridarmi dignità sia come uomo che come padre e poter esaudire, nel mio piccolo, i desideri dei miei figli". Anche se pende l’istanza presentata dal suo avvocato, manca ancora parecchio tempo prima che Paolini finisca di scontare la sua pena e lasci il carcere ma l’uomo rivolge comunque un appello e ha deciso di mettere in vendita un rene. "Dopo aver tanto pensato a come risolvere i miei problemi", dice nella lettera Paolini, "sono arrivato alla conclusione di vendere un rene: una scelta non facile e su cui ho tanto pensato ma non vedo alternative. Sono pienamente cosciente di quello che scrivo", prosegue l’uomo aggiungendo anche che "con la vendita del rene avrei l’occasione di comprare un camioncino che mi ridarebbe l’opportunità di ricominciare a lavorare dignitosamente e occuparmi della mia famiglia senza commettere reati". Sarebbe la possibilità di un lavoro, quando Paolini avrà terminato di scontare la pena, il deterrente per evitare di commettere ancora reati, quelli in cui l’uomo sarebbe incappato varie volte per furti, truffe e ricettazione e tra cui una anche nel luglio 2013 quando Paolini venne ancora arrestato dai carabinieri di Montesilvano mentre era arrampicato su una scala e stava rubando le grondaie di un’abitazione in corso Umberto a Montesilvano. Poi, è arrivata l’esecuzione all’ordine di sospensione provvisoria della misura alternativa della detenzione domiciliare e l’uomo è passato al carcere. "Non chiedo la luna", dice l’uomo, "ma solo un’opportunità dignitosa per non tornare a commettere reati. Voglio combattere per la mia famiglia e soprattutto per me". Quindi, il 44enne rivolge un appello: "Ho bisogno di essere aiutato e spero che qualcuno ascolti il mio grido", conclude l’uomo dal carcere. Parma: carcere di Via Burla, in arrivo un nuovo padiglione che ospiterà 200 detenuti Gazzetta di Parma, 17 giugno 2014 Il "Piano carceri" avviato in Emilia-Romagna nel 2011 - sottolinea la Garante regionale Desi Bruno, che chiede meno strutture nuove per il calo dei detenuti e più misure alternative - prevede "sei nuovi padiglioni, strutturalmente tutti uguali e di 200 posti ciascuno". Sono stati progettati "a Ferrara, Parma (in corso di costruzione), Reggio Emilia (progetto poi abbandonato per il possibile utilizzo dell’istituto che contiene l’Opg, in corso di superamento), Bologna, Modena e Piacenza, questi ultimi già costruiti e funzionanti". Ma al 30 giugno 2011, spiega, "erano 4.091 le presenze dei detenuti in Emilia-Romagna, di cui a Bologna 1.168 su una capienza regolamentare di 497, a Ferrara 471 su 256, a Modena 410 su 221, a Piacenza 361 su 178 e a Parma 547 su 418". Oggi, invece, "assistiamo a un trend di decrescita delle presenza". "Il dato regionale al 30 aprile di quest’anno, è di 3.340 presenze, e negli istituti in cui è prevista e non ancora attuata la realizzazione del nuovo padiglione, è di 845 a Bologna e 333 a Ferrara", con il risultato, quindi, che "nessun detenuto in Emilia-Romagna si trova in camere di pernottamento con spazi inferiori a tre metri quadri". Savona: Mazzeo; carcere in pessime condizioni, vergognoso non averne uno nuovo www.rsvn.it, 17 giugno 2014 "Il carcere di Savona è in pessime condizioni. Il progetto per realizzarne uno nuovo lo conosco bene ma si è arenato". Così ha esordito nel suo intervento questo pomeriggio il direttore del carcere Marassi di Genova Salvatore Mazzeo, durante il convegno "Giu le Sbarre oltre il castigo" organizzato in Comune a Savona da Legacoop e cooperativa il Faggio. Assente, in quanto trattenuto a Roma da altri impegni il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il direttore del penitenziario genovese insieme ad altri esperti e studiosi del settore presenti, sul sovraffollamento carcerario che quest'anno è sceso a quota 122% contro il 145% degli anni passati ha detto: "Dobbiamo evitare i tempi morti e l'ozio per i detenuti che vanno inseriti in contesti di attività lavorativa e rieducativa. Non tutti coloro che vivono nelle carceri italiane sono soggetti altamente pericolosi. Un terzo sono tossicodipendenti, un terzo sono persone in attesa di giudizio e comunque nessuno per il nostro ordinamento è un soggetto perduto". Mazzeo ha poi puntualizzato: "Le cooperative sono il futuro del lavoro nelle nostre carceri. Bisogna affidare loro i vari servizi interni con la clausola che vengano impiegati detenuti che nel contempo devono essere formati professionalmente. Se infatti avranno un lavoro già quando escono dal carcere, avranno meno probabilità di tornare a delinquere". Il progetto presentato oggi dalla Coop il Faggio si basa sul reinserimento sociale dei detenuti sul modello svedese che prevede la possibilità di impiegarli in attività lavorative e in contesti aperti. Benevento: Caputo (Pd); tre quarti delle celle sono sprovviste di doccia e acqua calda Ansa, 17 giugno 2014 "La convenzione tra Asl e Casa circondariale va integrata, non è possibile ricoverare i pazienti nell’ospedale di Sant’Agata dei Goti gestito dall’Asl e che dista 40 chilometri, mentre si potrebbe utilizzare il più vicino Ospedale Rummo. Le trasferte costituiscono un disagio oggettivo per i pazienti e un inutile dispendio di energie e risorse per la comunità". Lo ha dichiarato Nicola Caputo consigliere regionale del Pd e Presidente della Commissione Trasparenza nel corso della sua visita alla Casa Circondariale di Benevento. Una nuova tappa del percorso di indagine sui livelli di assistenza sanitaria erogati negli istituti penitenziari della Regione Campania. "L’istituto penitenziario ospita circa 430 ristretti di cui 18 donne, di questi 250 sono in regime di Alta Sicurezza. Sono presenti 300 agenti di Polizia penitenziaria e non c’è una condizione di sovraffollamento visto che la capienza regolamentare è di 440 unità. L’assistenza sanitaria è assicurata da 1 medico incaricato e 8 di guardia più una psicologa, coadiuvati da 6 infermieri convenzionati. Personale che garantisce la presenza di un medico ed un infermiere h24 in una situazione di continuità assistenziale. Inoltre - spiega Caputo - esiste una infermeria con 6 posti letto e un reparto "superamento Opg" con altrettanti posti in attesa del superamento definitivo del concetto di Ospedale Giudiziario attraverso la creazione delle Rems così come prevede la legge e di cui la Regione si dovrà fare carico in modo concreto e congruo". "La convenzione con l’Asl assicura che gran parte delle visite specialistiche siano effettuaste in tempi ragionevoli mentre va rivisto il sistema che costringe al trasferimento per i ricoveri all’Ospedale di Sant’Agata dei Goti. Tre quarti delle celle sono sprovviste di doccia e acqua calda. Servirebbero 150mila euro per completare i lavori. Scriverò al Ministro della Giustizia Andrea Orlando per capire come mai non si riesce a reperire una cifra relativamente esigua per consentire a tutti i ristretti del carcere di Benevento di avere condizioni igieniche adeguate", conclude Caputo. Catania: l’Osapp proclama agitazione personale Polizia penitenziaria del carcere Bicocca Agi, 17 giugno 2014 Il Sindacato della Polizia penitenziaria Osapp ha indetto lo stato di agitazione del personale del carcere Bicocca di Catania. La protesta è volta contro le carenze di organico lamentate dall’Osapp e già discusse un mese fa in un in contro con il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria. In quella sede, secondo il sindacato, era stato convenuto di chiedere al Dap il rientro delle unità distaccate presso la Scuola di formazione del personale di San Pietro Clarenza (Catania) o altre sedi. Ma la cosa non ha avuto seguito, di qui lo stato di agitazione. Lecco: Alessandra Gaetani è Garante comunale dei detenuti, non avrà alcuna indennità www.resegoneonline.it, 17 giugno 2014 Il Comune di Lecco ha la figura del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale: a ricoprire il ruolo è la dottoressa Alessandra Gaetani, nominata dal sindaco di Lecco il 26 maggio scorso. Il Garante dura in carica per tre anni e assume l’incarico a titolo onorifico: per lo svolgimento delle funzioni attribuite non è prevista alcuna indennità o rimborso spese. Come stabilisce il regolamento approvato dal Consiglio comunale, il Garante viene scelto fra persone residenti nella provincia di Lecco, di indiscusso prestigio e notoria fama nel campo delle scienze giuridiche, dei diritti umani, delle attività sociali, a seguito di avviso pubblico, per la candidatura, all’interno di una terna di nominativi formata dalla Commissione Capigruppo. L’incarico di Garante è incompatibile con l’esercizio di funzioni pubbliche nei settori della giustizia e della pubblica sicurezza e della professione forense. È inoltre esclusa la nomina nei confronti del coniuge, ascendenti, discendenti, parenti e affini fino al terzo grado di amministratori comunali e del personale che opera presso la Casa Circondariale. Cremona: delegazione Consiglio regionale visita carcere a seguito di segnalazione dell’Asl Agi, 17 giugno 2014 Ieri mattina la Commissione carceri del Consiglio regionale ha fatto visita al carcere di Cremona. "Una scelta saggia - secondo il consigliere regionale del Pd Agostino Alloni - che ha permesso di toccare con mano le condizioni strutturali del penitenziario. La visita è stata fissata dopo la segnalazione dell’Asl di Cremona intervenuta in audizione alcuni mesi fa in Commissione che denunciava l’inagibilità di quattro edifici: due di questi saranno oggetto di intervento da parte del ministero mentre il primo piano della caserma delle guardie penitenziarie e l’edificio dell’isolamento necessitano ancora di un intervento manutentivo urgente. Ad oggi non si sa ancora se i lavori verranno fatti nonostante l’acqua piovana abbia intaccato le strutture portanti. È un bene che la Commissione abbia deciso di visitare la struttura - continua - prima riusciamo a sottoscrivere una risoluzione che impegni la Giunta ad occuparsi della questione e meglio è". Presente alla visita anche il neo sindaco di Cremona Gianluca Galimberti interessato per i prossimi anni a sviluppare maggiore interazione tra l’interno e l’esterno del carcere. Larino (Cb): detenuti dietro i fornelli per la Cena di Solidarietà dell’Istituto Alberghiero di Dionisio Di Marzio Il Quotidiano del Molise, 17 giugno 2014 La Casa Circondariale di Larino è pronta ad aprire i propri cancelli al pubblico per un significativo evento di solidarietà che vedrà i suoi detenuti impegnati nella preparazione di una cena grazie alle competenze acquisite nel corso formativo promosso dalla Direzione e dall’Istituto Alberghiero. "L’attuale momento storico - economico - scrive la direttrice dell’istituto di Larino, Rosa La Ginestra - impone un nuovo stile di welfare, che riesca a far tesoro di ogni piccolo granello di solidarietà manifestata nei confronti del prossimo. La Casa Circondariale di Larino ha sempre cercato di utilizzare il sostegno del mondo esterno concretizzando iniziative che non finissero con l’esaurimento delle risorse, ma fossero volano per ulteriori progetti, avendo come obiettivo la sostenibilità futura di ogni attività. L’Istituto di pena cerca ancora una volta la collaborazione della comunità esterna per sostenere progetti formativi, proponendo una serata di intrattenimento all’interno del carcere. Alessandria: le infermiere del carcere vincono il primo round, dovranno essere riassunt Il Piccolo, 17 giugno 2014 Primo punto a favore di tre delle infermiere in servizio nelle due carceri alessandrine (Don Soria e San Michele) costrette ad andarsene quando la Cooperativa "Stella", per cui lavoravano aveva perso la gara d’appalto indetta dall’Asl e vinta dalla Medical Service srl di Roma. Il giudice del Lavoro, Alessandra Mainella, ha accolto i ricorsi presentati dal legale di tre delle infermiere, avvocato Oberdan Forlenza (che assiste anche altre posizioni) condannando la Medical a costituire un rapporto di lavoro con le stesse, con le mansioni, la qualifica e la sede in cui operavano, ed a risarcire il danno. Due le questioni sottoposte dall’avvocato Oberdan Forlenza, legale dei lavoratori, all’attenzione del giudice. La prima: l’applicabilità dell’articolo 2112 del codice civile che prevede il trasferimento d’azienda, configurabile anche in ipotesi di successione nell’appalto di un servizio, sempre che si abbia un passaggio di beni di non trascurabile entità. Castrovillari (Cs): il carcere pronto accogliere il Papa, sul posto gli uomini della sicurezza di Francesco Mollo Quotidiano della Calabria, 17 giugno 2014 Il Papa incontrerà i detenuti e i lavoratori del carcere con le loro famiglie, si tratterà di una visita privata con altissime misure di sicurezza. Proseguono i preparativi per la visita del Pontefice. Si è svolto in questa prospettiva un sopralluogo presso il carcere di Castrovillari dove il Santo Padre incontrerà in una visita privata prima i lavoratori del carcere e le loro famiglie e dopo anche i detenuti. Si tratterà di una visita squisitamente privata durante la quale non sarà ammessa altra presenza se non quella della sicurezza e del corteo del Papa e di qualche giornalista accreditato. All’incontro oltre al vescovo di Cassano e segretario generale della Cei monsignor Nunzio Galantino erano presenti anche le massime autorità del territorio e gli uomini della Gendarmeria che si occupano della sicurezza di Papa Francesco. La visita vivrà due distinti momenti. Il primo riguarda l’arrivo al carcere degli uomini della Gendarmeria che atterreranno con un primo elicottero nel piazzale del tribunale di Castrovillari. In seguito, tra le 8.30 e le 9 di sabato mattina arriverà al carcere l’elicottero con a bordo il Papa. La visita, è stato ribadito più volte, sarà a carattere privato e ad accogliere il pontefice al carcere ci saranno due bambini. Unica richiesta degli uomini del Vaticano è stata quella di predisporre un bagno per le necessità del Papa. Il Prefetto di Cosenza, Gianfranco Tomao, ha evidenziato come "siamo qui per definire le ultime misure perché la visita di Papa Francesco si svolga nella migliore maniera possibile. Abbiamo focalizzato l’attenzione su alcune criticità ed abbiamo fatto in modo di predisporre le adeguate misure di sicurezza. Stiamo facendo il possibile - ha concluso - per fare in modo che la visita di Papa Francesco sia una grande festa per tutti". Sul posto sarà garantita la massima sicurezza ed è stata esclusa per chiunque non sia un dipendente del carcere, un familiare di questi o un detenuto di poter incontrare in quella sede il pontefice. "Grazie alla generosità e all’impegno di tantissimi tra laici e sacerdoti i preparativi stanno andando veramente bene", ha affermato il vescovo di Cassano Galantino, "quella del Santo Padre - ha aggiunto - è una visita pastorale per cui sarà una visita a tutta la Chiesa ed a coloro che della Chiesa fanno parte. È chiaro che il Papa volendo privilegiare i malati, gli anziani ed i disabili vuole stimolare la nostra Chiesa a essere molto più attenta ed a sentirci molto più vicini a loro. Sicuramente la Parola di Papa Francesco, come la Parola di Dio, avrà efficacia se incontrerà dei cuori aperti, se incontrerà delle persone disponibili. Non sarà solo la semplicità - ha aggiunto - e il carisma del Santo Padre a cambiare noi. Dobbiamo mettercela pure noi la nostra parte. Quindi se noi cassanesi, noi calabresi saremo persone disponibili a lasciarci raggiungere dalla bellezza, dalla forza, dall’entusiasmo del Papa anche noi cambieremo". Lecce: progetto "Giardino radicale" per un carcere colorato, detenuti al lavoro con artisti di Marzia Paolucci Italia Oggi, 17 giugno 2014 Si chiama "Giardino radicale" il progetto messo in opera dal carcere di Borgo San Nicola a Lecce. I detenuti sono stati coinvolti nel miglioramento delle condizioni della struttura in cui vivono, supportati dai designer e artisti Maurizio Buttazzo e Roberto Dell’Orco. In particolare, hanno ridipinto e riqualificato gli spazi comuni dell’istituto di pena: la stanza del telefono, la barberia, l’ambiente dedicato al tempo libero e quella della palestra, vuota e senza attrezzi. Una ventata di fresco al carcere che i detenuti abitano pari a quella che ha appena attraversato il nostro sistema penitenziario nazionale e per la quale abbiamo appena passato il primo step di osservazione da parte del Consiglio d’Europa. Strasburgo ha infatti riconosciuto i nostri "significativi risultati" già ottenuti, rinviando tutto al 2015. In particolare, il riferimento va al "calo importante e continuo della popolazione carceraria e l’aumento dello spazio vitale ad almeno tre metri quadrati per detenuto". Nella decisione sulla esecuzione della sentenza Torreggiani, con cui la Corte europea dei diritti umani aveva condannato un anno fa l’Italia per le condizioni in cui erano costretti sette detenuti a causa del sovraffollamento carcerario, si legge infatti che il comitato riprenderà in esame la questione "al più tardi nella sua riunione del giugno 2015". Il progetto salentino, parte del più ampio percorso "Gap, la città come galleria d’arte partecipata", in tre mesi di lavori, ha interessato la sezione carceraria R2, quella maschile. L’iniziativa è stata finanziata dalla Fondazione con il Sud, ente non profit privato nato nel 2006 dall’alleanza tra le fondazioni di origine bancaria e il mondo del terzo settore e del volontariato per promuovere l’infrastrutturazione sociale del Mezzogiorno, con il coinvolgimento delle Manifatture Knos di Lecce e della regista teatrale Paola Leone che nel carcere ha dato anche vita a una corso di teatro. Un modo per rilanciare l’importanza di spazi più che vivibili per ritrovare colore e calore anche dentro le mura di un carcere. Con questo progetto, la stanza da cui i detenuti telefonano a parenti e avvocati, ha la tappezzeria che mancava e un tavolo per scrivere costruito da un paio di detenuti usciti con un permesso lavoro. L’altro spazio riqualificato è la barberia dove due detenuti sistemano barba e capelli agli altri. Oggi è una vera sala da barba con design vintage, illuminazione realizzata con oggetti riciclati e una mostra fotografica permanente che fa degli stessi frequentatori del locale i modelli. E poi una stanza per il tempo libero, adibita al gioco a carte e al karaoke che i detenuti guidati dai responsabili del progetto, hanno decorato con la tecnica dello stencil. E infine, una stanza per rinfrancare spirito e il corpo: "Avrebbe dovuto essere una palestra con gli attrezzi, ma gli attrezzi non sono mai arrivati quindi abbiamo portato dei materassini e abbiamo fatto yoga", ha dichiarato Francesca Marconi, ideatrice di "Giardino Radicale" e coordinatrice artistica di "Gap". Nella ristrutturazione di queste quattro stanze, i detenuti hanno collaborato, immaginato, avanzato proposte per poi mettersi concretamente al lavoro riportando il colore in ambienti che conoscevano solo il bianco e il nero. Un lavoro, il loro, documentato dalle foto in cui appaiono in tuta da lavoro intenti a rimettere mano ad arredi e pareti. Un laboratorio creativo che appare una sfida a una situazione di generalizzata emergenza spazi causata dal superamento della capienza massima dell’istituto dove quella regolamentare del carcere salentino è di 656 persone. Numeri superati di gran lunga dalla realtà: l’Associazione Antigone il 28 settembre del 2012 trova nelle celle 1.291 detenuti, diversi i suicidi dietro le sbarre. L’ultimo, nel marzo 2014. Non a caso, dalla struttura penitenziaria salentina nel 2010 sono partite due class action da parte dei detenuti per la condizione disumana in cui vivevano. Una situazione che è purtroppo al passo con tante altre in Italia, segno che, come ricordato anche di recente dal vicepresidente del Csm, Michele Vietti, l’indomani della decisione del Coe, non ci permette di abbassare la guardia sullo stato delle nostre carceri: "Continuiamo a essere sotto osservazione, tutti gli allarmi lanciati, a cominciare da quelli del capo dello stato, rimangono drammaticamente attuali". Savona: "Giù le sbarre", l’alternativa al carcere con il progetto de Il Faggio e Legacoop www.savonanews.it, 17 giugno 2014 Disdetta la presenza del Ministro della Giustizia, Andrea Orlando oggi a Savona. Mazzeo: "l lavoro è un strumento per combattere la recidiva e l’incremento della popolazione carceraria, infatti il 70% dei detenuti fa ritorno in carcere perchè non ha un lavoro" Misure alternative alla detenzione, questo al centro del progetto della Cooperativa Il Faggio in collaborazione con Legacoop Liguria. Il sovraffollamento degli istituti penitenziari e le iniziative legislative derivanti dal decreto svuota carceri impongono la necessità di progettare misure alternative alla reclusione attraverso azioni finalizzate al reinserimento della persona ristretta nel tessuto socioeconomico esterno attraverso percorsi di accoglienza abitativa e orientamento al lavoro. Il progetto è stato presentato questo pomeriggio in occasione del Convegno "Giù le sbarre, oltre il castigo. La via sperimentale per una restituzione sociale con le pene alternative". Disdetta invece la presenza del Ministro della Giustizia, Andrea Orlando oggi a Savona. Il convegno è stato accreditato per l’Educazione Continua in Medicina per le figure di Psicologi, Medico ed Educatore professionale e presso l’Ordine degli Avvocati di Savona per 3 crediti formativi. Il Convegno si è aperto con i saluti del Vicesindaco di Savona, Livio di Tullio e del Vicepresidente di Legacoop, Sandro Frega. Durante il convegno sono intervenuti: Sara Vaggi, vicepresidente della Cooperativa Sociale Il Faggio, Luca Lupària, Professore di Procedura Penale e Diritto Penitenziario Università degli Studi di Milano, Giovanni Fossa, collaboratore per la ricerca, Unità di Criminologia Università degli Studi di Genova, Salvatore Mazzeo, Direttore Casa Circondariale di Genova Marassi, Anna Canepa, Magistrato della Procura nazionale Antimafia, Andrea Salice, Avvocato, Direttore Scientifico del Progetto e Gianluigi Granero, Presidente Legacoop Liguria. I dati dell’emergenza carceraria sono significativi: la popolazione carceraria in Italia è di 59.000 detenuti a fronte di una capienza di 47.711 unità. Il Governo sta mettendo in campo delle risorse per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, nonostante ci sia stato un lieve miglioramento di affollamento, si è passati infatti dal 145% al 122% di affollamento. Un dato che esprime il Ministro Orlando in un messaggio di saluto agli organizzatori del progetto, letto durante il convegno dal neo presidente della cooperativa Il Faggio Sabrina Pastorino. "L’emergenza carceri è un punto di partenza per la riforma della Giustizia e per il sistema delle pene detentive nel suo complesso - afferma nella lettera il Ministro Orlando - bisogna rivedere la funzione rieducativa della pena come previsto dalla Costituzione". Infatti l’articolo 27 della Costituzione Italiana prevede che "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". "È oggi più che mai necessaria una riforma del sistema carcerario e giudiziario che metta al centro la persona - ha affermato Sandro Frega, vicepresidente Legacoop Liguria - con questo progetto si mettono in campo azioni di prevenzione che tutelano il detenuto attraverso il reinserimento al lavoro". "Il Faggio in collaborazione con Legacoop Liguria si è fatto promotore di un’iniziativa che, in collaborazione con il Ministero della Giustizia e con le amministrazione penitenziarie, possa proporre delle soluzioni alternative alla detenzione in carcere - afferma Sara Vaggi, vicepresidente Cooperativa Il Faggio e responsabile del progetto - una misura misure alternative è la detenzione in strutture all’interno delle quali i detenuti possano sviluppare percorsi formativi sia teorici che pratici in vista di un reinserimento nel mondo del lavoro. Ci siamo basati sul Modello Svedese che propone strutture chiuse, per i detenuti che hanno avuto una pena inflitta di una certa gravità, che seguendo un percorso possano, successivamente, essere ospitati in strutture aperte guidati da una equipe multidisciplinare che proporrà loro un percorso di reinserimento sociale e familiare". "La popolazione carceraria in questi anni è aumentata in maniera vertiginosa anche se il Governo ha varato una serie di misure per deflazionare il numero dei detenuti Infatti qualche calo si è avuto, si parla di 7.000 unità in meno - afferma Salvatore Mazzeo, Direttore della Casa Circondariale di Genova Marassi. Marassi invece conta il fatto di essere considerato il contenitore dei problemi della Liguria, essendo l’istituto più importante e anche dotato di centro clinico. infatti per questo, spesso, i detenuti più problematici vengo qui condotti". Sull’importanza del reinserimento al lavoro per i detenuti Mazzeo afferma: "Il lavoro è l’elemento fondamentale perchè venga avviato un processo di risocializzazione. È da considerare un dato: il 70% dei detenuti fa ritorno in carcere perchè non ha un lavoro. Se noi diamo impulso alle misure alternative al carcere e al reinserimento lavorativo, la recidiva scende dal 70% al 23%. Questo significa che il lavoro è un strumento per combattere la recidiva e l’incremento della popolazione carceraria". Sostegno al progetto da parte dell’Ordine degli Avvocati di Savona: " Ben vengano occasioni come queste di incontro e di studio per il reinserimento sociale dopo il carcere. Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Savona è favorevole affinché ci sia una divulgazione sui progetti che riguardano le alternative al carcere. Ringrazio le autorità, i relatori presenti, il Comune di Savona e il Faggio" ha affermato Simone Mariani, avvocato del Consiglio dell’Ordine di Savona. "Il progetto si pone all’interno di un procedimento per risolvere il sovraffollamento carcerario, la problematica più grossa da risolvere è la recidiva. È decisivo infatti il reinserimento sociale dei detenuti - afferma l’avvocato Andrea Salice, direttore scientifico del progetto - Il progetto sostiene la riforma della Giustizia. Il Ministro Orlando, che doveva essere presente qui oggi, ha accolto positivamente questa iniziativa". Bari "Caffè ristretto" - percorsi e discorsi dentro le mura, oggi l’ultimo appuntamento www.puglialive.net, 17 giugno 2014 Nella Casa circondariale di Bari secondo e ultimo appuntamento con "Caffè ristretto" - percorsi e discorsi dentro le mura. Martedì 17 giugno (15.30) gran finale con il Coro del Faro del maestro Paolo Lepore. Il Coro del Faro del maestro Paolo Lepore sposa "Caffè ristretto - percorsi e discorsi dentro le mura" per un pomeriggio di incontri tra musica e letteratura. Si chiude così martedì 17 giugno alle 15.30 la seconda edizione del laboratorio ideato e condotto dalla drammaturga Teresa Petruzzelli sui temi: famiglia /identità/ colpa. I 50 elementi che compongono il coro, accompagnati dalle maestre di canto E pianoforte Daria Palmisano e Adriana Mangione si esibiranno in una serie di brani: Shalom (canto popolare ebraico), Va pensiero, Lascia che io pianga, Conquest of paradise, Herès to you e Nessun dorma. Seguirà la lettura da parte di alcuni detenuti di passi tratti dall’Amleto di Shakespeare e di altri inediti scritti da loro stessi durante il laboratorio di scrittura creativa alla base del progetto. "Caffè ristretto - percorsi e discorsi dentro le mura" è un cantiere culturale promosso dall’istituto comprensivo "Massari Galilei" e finanziato in questa seconda edizione dall’assessorato alla Formazione della Regione Puglia. Aperto a 30 detenuti, attraverso laboratori, letture, cineforum e sollecitazioni musicali, il progetto ha coinvolto anche quest’anno le diverse sezioni del carcere di Bari. I detenuti insieme a insegnanti, giornalisti, scrittori, addetti ai lavori del mondo culturale e altri operatori, hanno costruito una serie di percorsi tematici per veicolare valori di legalità, integrazione e relazione. Il laboratorio segna uno dei momenti di rinnovamento voluti dalla nuova direzione della casa circondariale e nello specifico dalla direttrice Lidia de Leonardis con Francesca De Musso, comandante della Polizia Penitenziaria e Tommaso Minervini, responsabile dell’area educativa. Con questo evento "Caffè ristretto 2" volge al termine, non senza la speranza di poter diventare un laboratorio permanente all’interno del carcere di Bari. In questi primi due anni di attività infatti il piano di azione ha previsto almeno un intervento laboratoriale-educativo per ogni sezione detentiva ed è emersa sempre di più la necessità di interventi educativi strutturati, coordinati e coerenti per un percorso di osmosi culturale e artistica tra il dentro e il fuori. "Continueremo ad appoggiare e sostenere tutte le iniziative che, come "Caffè ristretto", vanno nella direzione di lavorare ad un percorso di riabilitazione e di crescita civile dell’intera popolazione carceraria. Ho partecipato e parteciperò a queste iniziative convinta che il ruolo delle istituzioni sia quello di offrire a tutti la possibilità di emancipazione e di crescita civile e morale", ha dichiarato Alba Sasso, assessore regionale al diritto allo studio. Il Coro del Faro. Il Coro è stato creato a Bari dal maestro Paolo Lepore nel gennaio 2014 e si avvale di due maestri collaboratori: la prof.ssa Adriana Mangione, pianista, e la prof.ssa Daria Palmisano, direttrice di coro. Nei suoi odierni dieci anni di attività, ha già partecipato a concerti con L’Orchestra Sinfonica di Bari e la Jazz Studio Orchestra nel Teatro Petruzzelli di Bari e per il Premio Ambiente Puglia si è esibito a Santa Teresa dei Maschi, ottenendo sempre un grandissimo successo. Dopo gli impegni con il carcere di Bari per Caffè ristretto il coro si esibirà ancora al Teatro Petruzzelli e sarà ospite principale nel bellissimo borgo millenario del Sovereto Festival 2014. Brasile: la pena del portiere rovina la festa a Pelè di Patrizio Gonnella Il Manifesto, 17 giugno 2014 Palla al piede. Calcio e carcere fanno parte dello stesso campo sociale. Dal Brasile mondiale, il caso limite di Edinho. Calcio e carcere fanno parte dello stesso campo sociale. In tutte le carceri si gioca a pallone e si guarda il calcio in televisione. Il film Fuga per la vittoria con Pelè protagonista è una visualizzazione della sovrapposizione del campo di prigionia con il campo di calcio. Il calcio salva l’anima e a volte salva anche i corpi. "Senza il calcio sarei morto o sarei in carcere", dice Carlos Tevez, centravanti juventino, alla rivista argentina La Garganta Poderosa, che prende il nome dalla mitica motocicletta del Che e di Alberto Granados. Carlos Tevez, insieme a Messi, Palacio e Higuain, è una delle punte dell’attacco stellare argentino. La giustizia penale non è estranea alla sua vita. L’anno scorso è stato condannato a 250 ore di lavori socialmente utili, più o meno come quelle di Berlusconi, per guida senza patente. Di calciatori ed ex calciatori, più o meno noti, finiti dietro le sbarre ce ne sono tantissimi in giro per il mondo: difensori, centrocampisti, attaccanti; innocenti o colpevoli, finiti dentro per droga, rapine, guida spericolata, omicidio; prigionieri comuni ma anche politici. Il primo sguardo è rivolto a chi in campo ha il ruolo più ingrato. Nella nostra internazionale "palla al piede" di portieri, come in tutte le convocazioni che si rispettano, ce ne sono tre, due dei quali carioca. Questi ultimi dovranno soggiornare, nelle non proprio raccomandabili carceri brasiliane, per svariati anni. Loro sono solo due dei 570 mila detenuti costretti a spartirsi i 357 mila posti letto disponibili in Brasile, nazione che ha un tasso di affollamento penitenziario finanche superiore a quello italiano. Il numero uno è Bruno Fernandes das Dores de Souza, portiere e capitano del Flamengo fino al 2010. Nel marzo 2013 finisce in prigione, condannato a 22 anni, per avere ammazzato la fidanzata e averne dato il corpo in pasto ai cani. Ma il calcio supera le barriere, anche quelle fatte da sbarre di ferro. Così dopo solo un anno di galera gli è stato concesso il permesso di uscire un giorno a settimana per giocare con il Montes Claros, nella serie cadetta brasiliana. Anche il secondo portiere è brasiliano. Si tratta di Edinho, figlio di Pelè al quale ha sicuramente rovinato la festa mundial. Lui che negli anni novanta giocava in porta nel Santos, pochi giorni fa è stato condannato a scontare ben 33 anni di galera per traffico di droga e riciclaggio. Il terzo portiere è José René Higuita Zapata, soprannominato El loco, colombiano, famoso per la parata con la Mossa dello Scorpione nonché per le sue scorribande fino all’aria avversaria. Scorribande che non sempre gli andavano bene. Nel mondiale del 1990 Roger Milla, il camerunense che segnò l’1 a 1 contro l’Italia, gli rubò il pallone a metà campo mentre El loco tentava un dribbling goffo, e andò a segnare facilmente. Nel 1993 finisce in carcere con l’accusa di sequestro di persona. Il quarto portiere non convocato è Mario Cassano. Giocatore del Piacenza finito in carcere nel febbraio del 2012 per calcio scommesse. Ma anche chi scrive, come Prandelli, ha un codice etico, per cui tutto è lecito, ma barare nel calcio non è ammesso. Egitto: insegnate cristiana condannata al carcere per blasfemia Aki, 17 giugno 2014 Un tribunale d’appello egiziano ha confermato una condanna per blasfemia a carico di una insegnante cristiana copta, che dovrà scontare sei mesi di carcere, contro una condanna al solo pagamento di un’ammenda che gli era stata inflitta in primo grado. La sentenza è stata emessa dal tribunale di Luxor, nel centro-sud, secondo il quale la maestra Dimyana Abdel-Nour avrebbe insultato l’Islam davanti ai suoi alunni. La donna era stata denunciata lo scorso anno dai genitori di tre dei suoi alunni di 10 anni, secondo i quali durante una lezione l’insegnante avrebbe mostrato disgusto per l’Islam. Condannata in primo grado a una multa da 100mila lire egiziane (oltre 10mila euro), la Abdel-Nour aveva impugnato la sentenza, ma lo stesso aveva fatto il procuratore, convinto che la blasfemia vada punita con il carcere. I processi per blasfemia si sono moltiplicati negli ultimi anni in Egitto, da quando i Fratelli Musulmani, ora estromessi dalla politica, hanno preso il potere nel 2011. Cina: 13 separatisti uighuri sono stati giustiziati per coinvolgimento in attacchi terroristici Agi, 17 giugno 2014 Tredici separatisti uighuri sono stati giustiziati nella regione nord-occidentale cinese dello Xinjiang per coinvolgimento "in attacchi terroristici e crimini violenti". Lo riferisce l’agenzia di stato cinese Xinhua. Il rapporto sulle esecuzioni capitali diramato dalla capitale Urumqi non fornisce ulteriore dettagli, ma cita sette episodi di violenze nella turbolenta regione a maggioranza musulmana in cui i 13 sarebbero stati coinvolti. Poche ore prima altre tre persone erano state condannate a morte da un tribunale della Cina occidentale per il loro coinvolgimento nell’attentato di piazza Tienanmen del 28 ottobre scorso, quando un suv con a bordo tre persone di etnia uighura, secondo i riscontri di polizia, si era schiantato contro le transenne della piazza ed era andato a fuoco dopo avere travolto quaranta persone, due delle quali erano rimaste uccise. A perdere la vita nell’attentato anche le tre persone a bordo del suv. Oltre alle tre condanne a morte, un’altra persona è stata condannata all’ergastolo, e altre quattro dovranno scontare pene dai cinque a venti anni di carcere, ha reso noto oggi l’emittente televisiva statale Cctv in un post apparso sul suo account di micro blogging. Le condanne rientrano nella campagna anti-terrorismo lanciata nelle scorse settimane a livello nazionale, dopo l’attacco al mercato all’aperto di Urumqi, in cui sono morte 43 persone e altre 90 erano rimaste ferite. L’attacco di Urumqi è stato l’ultimo di una serie di attentati avvenuti in varie parti del Paese negli ultimi mesi attribuiti ai gruppi separatisti uighuri, che chiedono l’indipendenza dello Xinjiang da Pechino.