Giustizia: lo "sciopero della paura"... dedicato a Marco Pannella di Alessandro Bergonzoni (attore e regista) L'Unità, 24 gennaio 20143 Sarei capace di fare lo sciopero della fame? E della sete? Non lo so, credo di sì, ma potrebbe essere letto come una forma di protagonismo e anche in ritardo: in ritardo in confronto a chi come Pannella lo fa davvero da un tempo lontano e profondo, in ritardo in confronto agli anni che ho perso a non considerarlo così fondamentale (anche se come molti altri ho cercato di capire o di vedere il carcere). Non basta più. Non serve più aver fatto il possibile, me lo devo ripetere alla noia, che col possibile le morti dentro, nostre, ma soprattutto loro, continuano aumentano si incrementano. Sì, è anche retorica certo, retorica di ritorno, che non farei se non esistesse la retorica di andata, quella di chi dice che non è mai il momento per fare una nuova legge, di chi dice che qualche miglioramento c’è stato, che una galera è una galera, che il danno creato non può non avere punizione adeguata al reato, che i numeri stanno cambiando. Ma quello che non cambia è il sistema metrico "decimante", che vede cadere ancora vite e esseri, che vede radere al suolo chi di adeguato dovrebbe avere il rispetto che non ha dato, la serenità che ha levato, le possibilità che ha tarpato, l’umanità che non ha capito. Come si fa ad imparare a forza di sanguinare, come si fa a capire dove si è sbagliato, se dove si deve vivere è sbagliato, se il dove si deve vivere è marcito, se dove si sta non è un posto né un luogo ma un truogolo...Non sono tutte così le celle, le prigioni, dicono....E allora quando si comincerà a dire che nessuna deve essere cosi? Eccezioni e regole: quale la differenza, quale l’essenza? Allora propongo non lo sciopero dell’indifferenza, troppo demagogico, né lo sciopero dell’indecenza. Propongo lo sciopero della paura. Non si può più alimentarla, foraggiarla, allevarla. La paura di conoscere fino in fondo perché non sopportiamo di alleviare la tortura (che in Italia non c’è come reato ma c’è di fatto) della punizione "sporca", dell’infliggere oltre ogni umana sembianza ad una persona il male, tanto per fare, tanto per lasciare andare. Chiediamo alla nostre paure di fermarsi, di non andare a incunearsi nell’anfratto della vendetta "giusta", della pena che non può essere buona, della colpa che deve essere espiata solo con alta sofferenza. Diciamolo alla nostra pavidità che anche se non ci toccherà nessuna galera, ci sta già toccando, che siamo conniventi nel pensiero nella coscienza nell’anima e nel corpo di chi ha un nostro corpo. Facciamo lo sciopero dell’accidia: smettiamola di non fare, di non fare caso (davanti ai troppi "casi"), di non fare niente, di non fare tutto, di non fare tanto. Il fare "finta di niente" è l’unico fare che non produce, che non cambia, che non dà, che non fa pensare; ecco, il pensiero: non è così inutile come si crede, non è così leggero da non trasformare. Sento già chi mi dice: "A parole o nelle intenzioni son capaci tutti... Siamo sicuri che la parola "intenzione", la parola "pensiero", non siano anche concetti portanti e trascendenti, che non siano l’inizio di un nuovo volere, di un contatto-contagio, che arriva fino a chi è vessato e violato, e che non arrivi anche a chi deve sentire i nostri pensieri per cambiare il suo, con una legge, con nuove regole? Siamo così certi che almeno raccontare ad un figlio ad un padre ad un amico cosa può cominciare a ripensare sul punire e umiliare, non dia frutti? L’energia di una volontà pensata desiderata e chiesta, non sarebbe un ennesimo incipit, una diversa genesi, per scoprirsi convinti che ciò che accade a chi ha peccato, non va accompagnato con altro peccato? Non sentiamo come questo concetto possa risuonare fino a far vibrare in maniera diversa, la corda di chi vuole impiccare o strangolare diritti inalienabili? Certo che si deve anche andare a vedere, dare, toccare, annusare, abbracciare: ma chi non può, non riesce, non lo senta come alibi per non poter fare il famoso niente: impari a credere che ci sono frequenze importanti (quasi pari al frequentare), che ci sono onde che possono arrivare, partite da ben più dentro, che solo apparentemente sembrano non utili o invisibili. Facciamo sciopero anche dell’incredibilità, dell’impossibilità, dell’inconcepibilità: a chi pena per esagerazione o menefreghismo, arriverà qualcosa di più che solo pensiero. Giustizia: Cancellieri; amnistia e indulto sarebbero importanti, ma decide il Parlamento Adnkronos, 23 gennaio 2014 "I processi pendenti purtroppo sono tanti, quanto ad un atto di clemenza sarebbe importante per i processi se fosse un’amnistia, mentre come indulto interverrebbe sul sovraffollamento carcerario. Ma naturalmente è sempre il Parlamento che decide, quindi mi rimetto alle decisioni del Parlamento". Lo ha affermato il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, rispondendo ai cronisti a Bologna, che le chiedevano se sia ipotizzabile mettere in campo atti di clemenza per risolvere alcuni dei problemi del sistema giudiziario e penitenziario. Giustizia: Pd; no alla liberazione anticipata "speciale" per spaccio e associazione mafiosa Public Policy, 23 gennaio 2014 La liberazione anticipata speciale (quella che aumenta da 45 a 75 i giorni di sconto concessi ogni semestre) non può essere concessa ai reati come l’eversione dell’ordine democratico, associazione mafiosa, prostituzione e pornografia minorile, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e legati al terrorismo. Lo chiede un emendamento Pd (a prima firma della presidente Donatella Ferranti) presentato al decreto Carceri, in esame in commissione Giustizia alla Camera. Giustizia: Commissione Csm; il decreto legge governativo sulle carceri non è un indulto Ansa, 23 gennaio 2014 Non è un indulto il dl governativo sulle carceri. Parola della Sesta Commissione del Csm, che in un parere al Guardasigilli definisce di "scarso fondamento" le obiezioni mosse al riguardo alla norma sulla liberazione anticipata, che prevede uno sconto di 75 giorni anziché di 45, ogni semestre di pena scontata. La Commissione definisce però "imprescindibile una verifica dell’adeguatezza degli organici della magistratura di sorveglianza", senza cui "è difficile pronosticare il pieno successo delle iniziative messe in campo". Giustizia: Protocollo Farfalla, il patto "fantasma" tra Dap e Sisde su cui indaga l'Antimafia Il Fatto Quotidiano, 23 gennaio 2014 Un patto che ufficialmente non esiste ma di cui affiorano diverse tracce, su cui indaga la Commissione Antimafia. È il Protocollo Farfalla, accordo segreto che sarebbe stato siglato tra il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e il Sisde, in base al quale i servizi segreti potevano entrare in contatto con i detenuti in regime di articolo 41-bis, senza che colloqui o incontri fossero documentati. Gli 007, insomma, erano liberi di chiedere informazioni ai boss in segretezza. A parlare per primo del Protocollo, nel 2011, fu il procuratore di Messina Sebastiano Ardita, ex capo ufficio detenuti del Dap. Interrogato come teste nel processo Mori, parlò del documento, spiegando però di non conoscerne il contenuto. Lo scorso 9 dicembre, sentito dall’Antimafia, il ministro della Giustizia Cancellieri ha detto: "Non ho informazioni sul Protocollo". Il 14 gennaio in commissione si è presentato il direttore dell’Aisi, Arturo Esposito. Secondo l’Ansa, Esposito ha negato l’esistenza del Protocollo. A suo dire, nel 2005 e nel 2006 il Sid svolse due operazioni, "Farfalla" e "Rientro", per accedere ai detenuti sottoposti al 41-bis. Dal 2010 esiste una convenzione tra Aisi e Dap che prevede lo scambio di informazioni sui detenuti. Lettere: riformare la giustizia, per gli indifesi Europa, 23 gennaio 2014 Cara Europa, mi farebbe piacere se, tra le riforme urgenti relative alle istituzioni e al loro funzionamento, Renzi inserisse quella della giustizia, di cui si parla da decenni, ma che è bloccata dall’interesse personale che ad essa porta Berlusconi. Per evitare che costui, coi suoi miliardi e i suoi avvocati milionari, vi si sottragga completamente, si cerca di far poco, e quel poco, come il "giusto processo" messo in Costituzione alcuni anni fa, sempre in funzione dell’interesse concreto del Cavaliere, con la scusa dell’interesse generale. Intanto, sono curioso di ascoltare, nell’imminente inaugurazione dell’anno giudiziario, le relazioni dei procuratori generali: voglio divertirmi (scusate il cinismo) a confrontarle con quelle dell’anno scorso, tante volte fossero fotocopie. Emilio Barillà, Teramo Risponde Federico Orlando Caro Barillà, credo che saranno fotocopie dell’anno scorso, perché nel frattempo non è successo niente. E così risparmieranno anche tempo, visto che ne hanno così poco, i nostri magistrati, che la loro ministra Cancellieri, riferendo sul tema alla Camera martedì scorso, ci ha ripetuto per la milionesima volta che sono "pendenti" 5 milioni e mezzo di processi civili e 3 milioni e mezzo di processi penali. Sempre gli stessi numeri, tanto che i giornali d ieri non ne hanno riportato una parola. Nove milioni di mancati pronunciamenti, alla faccia di altrettante persone, offese dai reati o accusate senza fondamento, che li aspettavano. Si chiama denegata giustizia ed è un crimine a sua volta. Intanto gli avvocati brulicano nei tribunali come in nessun paese del mondo occidentale: credo che (a parità di popolazione) abbiamo dieci volte più avvocati della Francia. La patria del diritto è la patria delle "pagliette", come nella Napoli della belle époque chiamavano i nullafacenti che oziavano negli ambulacri dei tribunali, per offrirsi a imputati o parti civili senza mezzi; o per sentirsi assegnare dalle corti di giustizia qualche difesa d’ufficio. Perché a salvare la forma non si rinunciava. A questa corporazione formidabile (su 900 parlamentari quasi 200 sono pagliette o avvocati, e ce li meritiamo, perché siamo un popolo litigiosissimo), fa da pendant la corporazione dei magistrati: che è l’unica nel paese delle corporazioni i cui membri possono permettersi di compiere errori spaventosi, anche mandare all’ergastolo chi è accusato d’aver ucciso persone vive e vegete; e quando la verità viene alla luce non pagano una lira di tasca propria, non sono espulsi dall’ordine giudiziario, non sono adeguatamente puniti dall’auto giustizia di casta, di cui godono grazie al Csm. E pensare che se un maestro si permette di bocciare un alunno ignorante, i genitori ricorrono al Tar, che gli dà ragione, squalificando scuola e insegnanti. Contro la malagiustizia il Presidente della Repubblica, il Partito Radicale, settori d’opinione non timorosi d’apparire succubi degli interessi di Berlusconi e della sua congrega, chiedono al parlamento provvedimenti "demenziali", premessa d’una nuova giustizia. Per la quale occorrono: delegificazione, depenalizzazione dei reati minori (ha cominciato il senato con l’immigrazione clandestina), riduzione dei tribunali, tempi massimi di istruzione e celebrazione di ogni processo a pena di decadenza di questo e di retrocessione dei magistrati coinvolti, eccetera eccetera. "Cose note, cose contemplate in mille gride", diremmo parafrasando l’azzeccagarbugli. Proprio per questo, forse, condannate a restare inascoltate. Lettere: mafia, la parola che la politica non ha il diritto di dimenticare di Walter Veltroni (Ex segretario del Pd) Corriere della Sera, 23 gennaio 2014 Ci sono parole che la politica dimentica, affannata com’è. Ci sono sempre nuove priorità: alcune vere, altre oziose. E poi fa fatica e noia parlare sempre delle stesse cose, anche perché i riflettori, a inquadrare sempre lo stesso soggetto, finiscono col renderlo tappezzeria. Ci si abitua, così. A tutto. Ci si abitua al fatto che il capo della mafia lanci proclami e minacce da un carcere in cui peraltro non dovrebbe, non dovrebbe proprio, parlare con un boss della camorra. È un colloquio tremendo. Che esce da quel luogo, perforando il muro del 41 bis, e arriva agli uomini di Cosa nostra (e della camorra?) come una indicazione, se non un ordine. Parole che contengono una minaccia al Pm Di Matteo che sarebbe sbagliato sottovalutare: "E allora organizziamola questa cosa! Facciamola grossa e non ne parliamo più. Perché questo Di Matteo non se ne va... gli hanno rinforzato la scorta, e allora se fosse possibile... ad ucciderlo... una esecuzione come eravamo a quel tempo a Palermo con i militari". Nelle parole di Riina c’è l’odio per i magistrati, "Mi viene una rabbia a me... ma perché questa popolazione non vuole ammazzare a nessun magistrato?", la rivendicazione repellente degli omicidi di Falcone e Borsellino, il primo definito "una mangiata di pasta" e il secondo così descritto: "Domenica deve andare da sua madre... ah, gli ho detto, allora preparati, aspettiamolo lì... Devono essere tutte le cose pronte... logicamente si sono fatti trovare pronti. Gli ho detto: se serve mettetegli qualche cento chili in più". E poi gli uomini delle scorte, definiti "paperelle" da far saltare. Non ci si abitui, non si dimentichi. Davvero, in questo caso, "per carità di Patria". E non si consideri normale che tre persone, tra i quali un bambino di tre anni, vengano uccisi e bruciati in una campagna calabrese. Non è, non può essere, un fatto di cronaca come altri. E, purtroppo, succede in tante regioni italiane, non solo nel Sud, ogni giorno. Non è normale neanche che le mafie si stiano impadronendo, sfruttando la crisi, di tanti esercizi commerciali, di tante imprese. Come è stato dimostrato dalla retata di uomini della camorra compiuta ieri dalla Direzione distrettuale antimafia e dai carabinieri in diverse regioni italiane. Davvero in questo Paese, nell’Italia del 2014, il discorso pubblico si è "annoiato" di chiamare a raccolta le coscienze e di ricordarci, come un mantra per restare lucidi e vivi, che nulla di tutto ciò è ordinario, ovvio, imbattibile? L’indifferenza è il peggiore dei mali, il prodromo alle catastrofi collettive. Mi è capitato, prima delle ultime elezioni , di auspicare che lo Stato pronunciasse in Parlamento una vera e propria Dichiarazione di guerra alla mafia. Non è successo. Ma ciò che sta accadendo è che si sta persino rimuovendo la lotta alle organizzazioni criminali dall’agenda delle priorità, non capendo che senza la pulizia necessaria, profonda e radicale, non ci sarà mai ripresa economica. E che l’Italia tutta finirà come la Salerno-Reggio Calabria, che le mafie impediscono da anni di completare. La mafia non è un problema solo del Sud, il che già basterebbe. Ora le organizzazioni criminali sono davvero in tutto il Paese e controllano interi rami di impresa e cicli produttivi e attività finanziarie. Camorra, ‘ndrangheta, mafia condizionano la vita politica e istituzionale. Lo fanno ai livelli più bassi, nei piccoli comuni, lo fanno con soldi e preferenze a livelli più alti, lo hanno fatto, con le stragi, mutando il destino della nostra Nazione. Lo Stato non deve lasciare soli coloro che combattono le organizzazioni criminali in prima fila. Le parole non bastano, è vero. Ma non è un giorno felice quello in cui persino le parole vengono rimosse o considerate di importanza secondaria. Mafia è una parola che la politica non ha il diritto di dimenticare. Emilia Romagna: la Garante Bruno; lieve calo dei detenuti ma l’emergenza-carceri continua Ansa, 23 gennaio 2014 "Le due morti di persone detenute avvenute in pochi giorni in Emilia-Romagna - la prima per suicidio nel carcere di Parma e la seconda per malattia (come risulterebbe dai primi riscontri presumibilmente per infarto) nel carcere della Dozza di Bologna - impongono una continua e costante attenzione alle problematiche connesse alle condizioni di vita in carcere, sia per quanto riguarda la salute, sia per il rischio suicidario, particolarmente presente nelle persone in stato di custodia cautelare". È quanto afferma la Garante regionale dei detenuti della Regione, Desi Bruno. "Nonostante gli interventi normativi posti in essere - prosegue Bruno - e la flessione delle presenze negli istituti penitenziari, peraltro contenuta, siamo ancora lontani dal ritenere superata l’emergenza carceraria, acuita dalle risorse umane e materiali insufficienti a rispondere ai bisogni primari delle persone presenti negli istituti, detenute e non". Puglia: il Consigliere Amati; si apra discussione su grave disagio sociale nelle carceri Agenparl, 23 gennaio 2014 "Il virtuoso esempio di civiltà giunto dalla Regione Toscana, che ha sottoscritto con il Ministero della giustizia un Protocollo tematico sulla promozione di una serie di iniziative e progetti finalizzati al generale miglioramento delle condizioni del sistema carcerario regionale, merita di essere attentamente valutato e auspicabilmente replicato anche in Puglia, dove numerose restano le condizioni di estrema difficoltà". Lo ha detto il Consigliere regionale Fabiano Amati alla vigilia delle audizioni da lui stesso richieste in sede di commissione consiliare del presidente della Giunta regionale, o suoi delegati, del presidente dell’Anci Puglia, dei presidenti dei tribunali di sorveglianza dei distretti di Corte d’appello di Bari e Lecce, del garante regionale dei detenuti e dei dirigenti regionali comunque competenti sull’argomento, in programma domani mattina, 23 gennaio. "Confido nella possibilità - ha dichiarato Amati - di contribuire a migliorare quelle condizioni carcerarie, spesso brutali, che in ogni mia visita nelle diverse strutture pugliesi ritrovo impietosamente, se pur con qualche minima differenza. Il superamento del sovraffollamento, la tutela della salute dei detenuti, l’integrazione del sistema carcerario con il territorio, la promozione del lavoro di pubblica utilità, la destinazione delle comunità residenziali di detenuti che possono usufruire di misure alternative rappresentano alcune delle iniziative ispirate al modello toscano, che spero possano essere intraprese anche in Puglia. Ringrazio i presidenti delle commissioni II e III per aver prontamente risposto alla mia richiesta di audizione di quanti spero possano domani contribuire ad aprire una discussione proficua su una grande condizione di disagio sociale". Sardegna: è iniziata "l’eliminazione" di psicologi e criminologi penitenziari di Alessandro Bruni (Società Italiana Psicologia Penitenziaria) Ristretti Orizzonti, 23 gennaio 2014 Il 21 gennaio 2014 in Sardegna è iniziata l’annunciata eliminazione di psicologi e criminologi penitenziari che per decenni avevano garantito gli interventi in ambito penitenziario: sono stati convocati i "nuovi" esperti selezionati tramite un bando che valutava i titoli solo dopo il 2005, non valutava il lavoro svolto ma solo stage/tirocini e in questo modo sono stati eliminati molti colleghi impegnati da anni (addirittura l’eliminazione è avvenuta in fase dell’accettazione della domanda prevista solo per mail e non anche per posta ordinaria creando così problemi sulle modalità di accettazione della firma). Inoltre, il 14 gennaio 2014 il Consiglio di Stato si è espresso a favore del ricorso di psicologi e criminologi ritenendo che le ragioni dei ricorrenti fossero apprezzabili favorevolmente e tutelabili con la fissazione a breve della udienza di merito da parte del Tar. Tale Ordinanza del Consiglio di Stato avrebbe dovuto suggerire una certa cautela prima di rendere esecutive le nuove Selezioni. Comunque, al di là degli aspetti giuridici, abbiamo in più occasioni denunciato la Circolare del Dap e le Selezioni avviate dai Prap basate su criteri anomali e la scelta che in futuro in un carcere si potrà lavorare al massimo quattro anni: non è certo un modo per dare un futuro ai "nuovi" colleghi e permettere di maturare una esperienza adeguata. Da tempo proponiamo un aumento significativo del monte ore a disposizione per gli interventi per garantire un servizio a tutti i detenuti: solo tramite una aumento delle ore è possibile inserire "nuovi" colleghi e non sostituendo che già lavora e senza offrire prospettive ai "nuovi". La nostra proposta non significa che chi lavora da tempo non voglia essere sottoposto a valutazione: proprio nel mese di dicembre abbiamo inviato al Vice Capo Vicario del Dap una proposta in cui era presente il suggerimento che le Direzioni degli Istituti penitenziari avrebbero dovuto "esprimere una valutazione (positiva o negativa) dell’operato del professionista negli anni precedenti" prima del rinnovo della convenzione. Speriamo che il Dap metta nelle condizioni tutti i Prap, compreso quello della Sardegna, di evitare l’eliminazione di una esperienza iniziata nel 1978, attraverso l’accoglimento delle nostre semplici richieste a "costo zero": 1. proroga delle convenzioni per il 2014; 2. moratoria della Circolare e delle Selezioni (effettuate, in corso e da avviare). Veneto: il Presidente Zaia; no a leggi svuota-carceri, ma pene più severe per sicurezza Ansa, 23 gennaio 2014 Convincere il parlamento a varare leggi più severe, garantire la certezza della pena e la costruzione di nuove carceri. Sono le condizioni basilari, per il presidente del Veneto Luca Zaia, per innalzare il livello di sicurezza in Italia. "Chi delinque deve stare in galera - ha spiegato oggi Zaia parlando con i giornalisti a margine di un intervento istituzionale a Chioggia - penso che la sicurezza sia fondamentale per i nostri cittadini. Chi è in carcere è dentro per qualche cosa di veramente grosso. Per questo siamo contro lo svuota carceri". "Quando prendo il treno in stazione a Padova non mi sembra che le facce che circolano lì siano molto rassicuranti. L’importante è che la sicurezza sia una garanzia per i nostri cittadini". Lo afferma Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, intervenendo sui problemi della sicurezza a Padova. "Io avrei una cura: investire il nostro Parlamento di fare leggi più severe, far sì che ci sia la certezza della pena - insiste Zaia. Chi va in carcere, ed è per questo che sono contro il decreto svuota-carceri, deve averne combinata davvero una di grossa per andarci. In Italia con quattro anni di condanna, non si va in carcere, questa è la verità". Inoltre, secondo il governatore, bisogna realizzare nuove carceri: "Abbiamo un sacco di caserme chiuse". Veneto: inaugurazione anno giudiziario, sistema penale ingolfato da misure cautelari Ansa, 23 gennaio 2014 "La giustizia penale in Veneto ingolfata con un aumento delle misure cautelari che portano al sovraffollamento delle carceri". Lo ha detto il presidente della Corte d’Appello di Venezia Antonino Mazzeo Rinaldi che comunque ha ribadito la necessità di nuove carceri. "Il processo penale - ha rilevato, in vista dell’apertura dell’anno giudiziario sabato prossimo - così com’è oggi è un lusso; impossibile pensare ad una giustizia che permette ad esempio di far ricorso in Appello e risalire fino alla Cassazione anche per la condanna in primo grado per un divieto di sosta". I dati del sovraffollamento carcerario nel distretto veneto al 30 giugno 2012, contro una presenza regolamentare di 1.679 detenuti ed una tollerabile di 2.666, negli istituti di pena erano presenti 3.207 ristretti, contro i 3.193 presenti al 30 giugno 2011. Al 30 giugno 2013, contro una presenza regolamentare di 1.640 detenuti ed una tollerabile di 2.604, erano invece presenti 3.107 ristretti. Lucera (Fg): detenuto si impicca in carcere, il Sindaco proclama il lutto cittadino Ansa, 23 gennaio 2014 "Ho proclamato il lutto cittadino durante il funerale per evidenziare una situazione anomala che ha riguardato Alberigo Di Noia che il 14 gennaio si è impiccato a 38 anni nel carcere di Lucera". Lo spiega il sindaco di Zapponeta, Giovanni Riontino (Lista Civica), che ha voluto anche protestare, decidendo di indire il lutto cittadino, il 20 gennaio scorso, "contro un sistema che non ha funzionato". "Volevano chiudere il caso dopo poche ore, facendoci credere che Di Noia, padre di tre bambini, era morto d’infarto. E invece si era impiccato all’interno della cella di isolamento. L’uomo fra un mese sarebbe uscito e invece, si è suicidato. Deve essere successo qualcosa". "Non capisco perché - prosegue il sindaco - i genitori della vittima per due giorni siano stati fuori del carcere in attesa che qualcuno li ricevesse e desse loro delle spiegazioni su quanto avvenuto. Ieri ho inviato una e-mail all’associazione Antigone che si occupa dei diritti dei carcerati, spiegando quello che era successo a Di Noia e ho chiesto loro se, nel caso si dovesse aprire un procedimento, sarebbero disposti a costituirsi parte civile in un processo contro l’amministrazione penitenziaria, con l’eventuale accusa di istigazione al suicidio. Attendo una eventuale risposta per poi decidere cosa fare". Alberigo Di Noia era in carcere dal mese di marzo del 2012 per tentata estorsione nei confronti di una donna conosciuta tramite chat. Si sarebbe impiccato in una cella di isolamento, secondo quanto raccontano i familiari, dopo aver avuto un alterco con una guardia penitenziaria. Bari: Carlo Saturno si uccise in carcere a 24 anni, chiesto maxi risarcimento La Repubblica, 23 gennaio 2014 Piovono richieste di risarcimento milionarie per i presunti abusi commessi nel carcere minorile di Lecce. Il processo penale a carico di tre agenti di polizia penitenziaria è finito senza un colpevole ma sugli imputati, "aiutati" dalla prescrizione (dichiarata nel giugno 2012), pende ora la spada di Damocle di un procedimento davanti al giudice civile. Al suo cospetto si riaprirà il caso di Carlo Saturno, dall’età di 15 anni detenuto nell’istituto penitenziario leccese e a 24 anni morto in circostanze misteriose in quello di Bari, pochi giorni dopo una lite con un poliziotto in seguito alla quale si sarebbe impiccato. La famiglia Saturno ha citato in giudizio il comandante degli agenti in servizio nel carcere salentino, Gianfranco Verri, due suoi collaboratori, Giovanni Leuzzi e Ettore Delli Noci, e il ministero della Giustizia, responsabile "di un regime di repressione, intimidazione e svilimento morale" instaurato nei confronti di adolescenti. Salato il conto da pagare, secondo gli avvocati Tania Rizzo e Piero Mongelli, che hanno quantificato in 250.000 euro il danno imputabile ai tre agenti e in 500.000 quello che dovrebbe pagare il Governo. Poco più di un milione di euro per risarcire comportamenti che già la Procura di Lecce ha ritenuto disumani e degradanti, al punto da chiedere e ottenere nel 2008 il rinvio a giudizio dei tre uomini e di altri sei tra poliziotti e medici accusati di maltrattamento verso minori e abuso di autorità. L’atto di citazione parla di "ragazzini picchiati, umiliati, denudati e perquisiti", di "dichiarazioni autoaccusatorie estorte con la forza"; di giornate intere trascorse in cella d’isolamento "completamente nudi, senza coperte né materasso". In relazione al caso Saturno viene ricordata la violenta testata sferrata da un agente nel luglio 2003ei conseguenti danni all’orecchio, l’aggressione a da parte di altri poliziotti e le botte inflitte dal comandante, che gli avrebbe provocato danni all’apparato dentale. Le continue vessazioni a cui Carlo sarebbe stato sottoposto avrebbero determinato in lui "uno stato di sofferenza e turbamento psicoemotivo lesivo della sua integrità". Cuneo: detenuto curato per asma aveva un cancro, morì nell’ottobre 2013 La Stampa, 23 gennaio 2014 Per dieci mesi è stato curato con Ventolin e Tachipirina, perché respirava con difficoltà e non stava bene. Sulle cartelle cliniche - spesso è diagnosticata una "sindrome influenzale". Giacomo Marchisone è morto il 18 ottobre 2013 per un cancro ai polmoni che si era diffuso in altre parti del corpo. Secondo lui - quando ancora era malato terminale - e la moglie, a ridurlo così è stata la condizione di detenuto non adeguatamente curato. Ora la querela per omicidio colposo nei confronti del personale medico-sanitario del carcere Cerialdo di Cuneo é sulla scrivania del sostituto procuratore Cristina Bianconi. Nessun commento dalla Casa circondariale. A scoprire che il sessantottenne di Murello - condannato a scontare una pena di sette anni per concorso in rapina - aveva un tumore ai polmoni all’ultimo stadio, ormai inoperabile, furono i medici del Centro diagnostico terapeutico penitenziario di Pisa ad aprile 2013, a 10 mesi dall’arresto. Era stato mandato lì da Cuneo per un intervento di ernia iatale. Viterbo: recupero dei detenuti, firmata intesa tra Comune e Casa circondariale di Domenico Savino www.viterbonews24.it, 23 gennaio 2014 Fersini: "Crediamo nell’inclusione sociale"; soddisfatta la direttrice Mascolo. Palazzo dei Priori e l’amministrazione penitenziaria di Mammagialla vanno di pari passo nell’ottica del recupero dei detenuti. È stato firmato un protocollo d’intesa tra il Comune e la Casa circondariale di Viterbo riguardo una serie di interventi sociali da realizzare all’interno e all’esterno del carcere. Il protocollo prende vita da una iniziativa del Ministero di Grazia e giustizia e l’Anci (associazione comuni italiani) in tema di reinserimento sociale dei detenuti. Inizialmente verranno portati avanti progetti per cui il Terzo settore ha già avuto finanziamenti, poi si passerà ad altre iniziative i cui fondi sono regionali e si attestano sui 200mila euro. Si tratta di attività poste in essere da cooperative e associazioni che operano fattivamente all’interno del penitenziario attraverso aiuto ai detenuti e ai loro familiari, laboratori teatrali, creazione di storie attraverso pannelli disegnati dai detenuti stessi. Nella fattispecie il protocollo, illustrato nella sala del Consiglio di Palazzo dei Priori dall’assessore ai servizi sociali Fersini, dal sindaco Michelini e dalla direttrice della Casa Circondariale Teresa Mascolo, prevede attività di sensibilizzazione e informazione sulla condizione carceraria, collaborare per la raccolta e scambio di dati sulla condizione dei detenuti e su percorsi per il loro reinserimento, definire con cadenza annuale un piano di interventi da realizzare all’interno e all’esterno della Casa circondariale coinvolgendo il Terzo settore, promuovere la crescita della cultura della legalità, favorire l’inclusione sociale e il reinserimento lavorativo dei detenuti, sostenere l’azione delle altre istituzioni, monitorare il buon funzionamento degli interventi avviati al fine di consentire una eventuale riprogrammazione in itinere e una loro maggiore efficacia. L’assessore ai servizi sociali Fabrizio Fersini si sofferma sul concetto di inclusione sociale: "Questo protocollo vuole sollecitare una serie di politiche nei confronti di chi è escluso. Si tratta di azioni e progetti che favoriscono l’inclusione nella società di coloro che vivono una condizione di ristrettezza della propria libertà. In carcere ci sono storie e vite di persone che non hanno potuto scegliere. E programmi di questo tipo servono ad aiutare queste persone. Il recupero di un detenuti è un valore per la società". La direttrice di Mammagialla Teresa Mascolo allarga il discorso anche ai volontari: "Senza l’aiuto della comunità esterna l’amministrazione penitenziaria può fare poco. Il protocollo è la formalizzazione di intenti che vengono da entrambe le amministrazioni finalizzato anche alla sicurezza del territorio". Plaude all’iniziativa il sindaco Michelini: "La collaborazione tra Comune di Viterbo e istituto penitenziario è il frutto di un senso di responsabilità verso il territorio. Questi progetti possono rappresentare una occasione di speranza per coloro che vivono in carcere. In tal modo anche queste persone potranno sentirsi utili alla società". Gorgona (Li): vino prodotto dai detenuti, Napolitano riceve Tamburino e Frescobaldi La Nazione, 23 gennaio 2014 Il capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Giovanni Tamburino con il presidente della Marchesi de Frescobaldi, Lamberto Frescobaldi, hanno illustrato al capo dello stato i primi risultati del progetto sociale "Frescobaldi per Gorgona" realizzato con l’impegno dei detenuti della casa di reclusione dell’isola dell’arcipelago toscano. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricevuto questa mattina al Quirinale il capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Giovanni Tamburino con il presidente della Marchesi de Frescobaldi, Lamberto Frescobaldi, che gli hanno illustrato i primi risultati, sul piano della produzione vinicola, del progetto sociale "Frescobaldi per Gorgona" realizzato con l’impegno dei detenuti della casa di reclusione dell’isola dell’arcipelago toscano. "Nel primo anno - spiega Lamberto Frescobaldi - sono state prodotte 2.700 bottiglie, vendute in pochi mesi nei migliori ristoranti ed enoteche d’Italia, Usa e Germania. Nella prossima primavera sarà impiantato un altro ettaro di vigna sull’isola e a maggio si presenterà la nuova annata di Gorgona". "Per tutti questi risultati e per questo progetto sociale e vinicolo che mi sta particolarmente a cuore - sottolinea ancora Frescobaldi - ringrazio il Presidente Napolitano che ha voluto ricevermi oggi, il Presidente del Dap, l’Amministrazione Penitenziaria di Gorgona, la Direttrice Giampiccolo prima e il Direttore Mazerbo oggi, i partner che hanno sposato il progetto e soprattutto i detenuti che hanno lavorato con i nostri agronomi in vigna e in cantina. È un progetto che mostra come anche in Italia ci siano degli esempi di buona amministrazione carceraria. Frescobaldi per Gorgona nasce ad agosto 2012 e, prima ancora di essere un vino, è un progetto pluriennale con valenza sociale che nasce grazie alla collaborazione tra l’azienda vitivinicola toscana e l’isola Gorgona, parte del Parco Nazionale Arcipelago Toscano e sede di una colonia penale, realizzata inizialmente come succursale di quella di Pianosa nel 1869. Gorgona oggi è l’ unica isola-penitenziario rimasta in Italia e rappresenta un esempio felice di sistema penitenziario: qui i detenuti trascorrono l’ultimo periodo del loro periodo detentivo, lavorando e vivendo a contatto con la natura, cercando un’opportunità per reinserirsi nella realtà lavorativa e nella comunità sociale. È in questo ambito che Frescobaldi ha ideato, in collaborazione con la Direzione della colonia penale, un progetto il cui obiettivo è permettere ai detenuti dell’isola di fare un’esperienza concreta e attiva nel campo della viticoltura. I detenuti, con la collaborazione e la supervisione degli agronomi e degli enologi di Frescobaldi coltivano un ettaro di vigneto dell’isola e a brevissimo è previsto di impiantarne un altro ettaro Il progetto, nato così tra le splendide vigne dell’isola, termina in cantina, dove viene prodotto un vino in edizione limitata, Frescobaldi per Gorgona, un bianco a base di vermentino e ansonica. Infine, i detenuti che lo vorranno, una volta terminato il periodo detentivo, potranno essere assunti come operai agricoli presso una delle tenute del gruppo. La realizzazione di questo importante progetto è stato reso possibile grazie alla collaborazione prima di tutto con la colonia detentiva della Gorgona e la sua Direttrice, Maria Grazia Giampiccolo, e di diversi partner, che hanno messo a disposizione la propria professionalità, oltre a strumenti di lavoro indispensabili per lavorare le vigne. Giorgio Pinchiorri, patron dell’Enoteca Pinchiorri, uno dei ristoranti italiani più conosciuti al mondo, partecipa al progetto scegliendo di contribuire, con la sua cucina esclusiva, a promuovere il patrimonio enogastronomico dell’isola della Gorgona. A partire dall’estate, infatti, nel menu dell’Enoteca sarà inserito un piatto ispirato proprio all’isola, ai suoi colori e ai sapori più caratteristici. L’Argotractors, società del Gruppo Argo nata nel 2007 con l’obiettivo di creare un polo trattoristico di valenza mondiale, ha dato in comodato d’uso un trattore da frutteto per le attività da svolgere in vigna; Simonetta Doni dello Studio Doni & Associati, specializzato nella creazione di etichette di vini, ha realizzato a titolo gratuito la veste grafica del vino, interpretando le caratteristiche che rendono unica l’isola e il progetto. Sassari: manca l’acqua nel carcere, i detenuti minacciano rivolte di Andrea Massidda La Nuova Sardegna, 23 gennaio 2014 “Manca l’acqua? E allora noi per protesta non rientriamo in cella”. Momenti di estrema tensione, lunedì mattina, nel nuovissimo carcere di Bancali, dove i detenuti hanno minacciato molto seriamente di non far ritorno dai cosiddetti passeggi dell’ora d’aria se i rubinetti fossero rimasti ancora a secco. Così, alla fine, anche con l’accordo della prefettura, prima che la situazione precipitasse si è deciso di utilizzare le autobotti - alcune della quali sono giunte dalla colonia penale di Mamone - e di riempire senza esitazioni i vasconi di scorta. Per tutto il fine settimana scorso, infatti, la pressione idrica all’interno del penitenziario si era abbassata di molto a causa di alcuni lavori effettuati da Abbanoa in tutta la provincia, sino a cessare del tutto (anche per esaurimento del prezioso liquido) all’inizio della settimana. Sul posto, anche loro con diverse autobotti, sono intervenuti i vigili del fuoco. A spegnere gli animi dei detenuti infuriati ci hanno invece pensato gli agenti della polizia penitenziaria, spiegando che il servizio di erogazione dell’acqua sarebbe stato ripristinato in tempi ragionevoli. Protesta rientrata, dunque, tuttavia si è trattato soltanto di una soluzione tampone, perché le autobotti sono dovute intervenire anche ieri. La minacciata rivolta per l’acqua, per quanto rientrata, ha fatto emergere ancora una volta il malessere che si vive all’interno del nuovo carcere. Malessere spesso segnalato anche dal Sindacato autonomo della polizia penitenziaria. “Il Dipartimento e l’amministrazione locale - commenta Antonio Cannas, segretario provinciale del Sappe - devono ricordarsi sempre che stanno gestendo detenuti. A nostro avviso non è assolutamente ammissibile che, proprio come è accaduto lo scorso fine settimana, siano in ferie sia il direttore che il comandante del carcere”. Milano: detenuti in gioco, da Bollate arrivano i giocattoli Vivawood Tm News, 23 gennaio 2014 Il riscatto dei detenuti del carcere di Bollate parte dai bambini. Carcerati ed ex carcerati del penitenziario milanese, si sono messi in gioco per realizzare la prima linea di giocattoli Vivawood, realizzata interamente in legno e presentata a Homi, la fiera dell’abitare presso il polo di Rho-Pero. A gestire questa iniziativa la cooperativa Estia, impegnata nel recupero di persone temporaneamente detenute. Anna Nicolai, responsabile marketing della cooperativa: "Vivawood nasce nella primavera del 2013 da un’idea della cooperativa Estia che gestisce la falegnameria del carcere di Bollate". Otto i prodotti che compongono l’intera linea, scelti al termine di una accurata selezione: "Abbiamo creato un concorso per questi toy designer che hanno realizzato dei progetti di giochi e complementi di arredo per l’infanzia. E la falegnameria di Bollate ha realizzato col supporto dell’istituto per la sicurezza del giocattolo ha realizzato questi prototipi". La prima produzione è Teseo, un appendino per bambini regolabile in base alla crescita dei più piccoli. Caratteristiche comuni a tutti i prodotti della linea: "Di giocattoli in legno se ne trovano tanti, per noi però l’importante è che fossero sicuri, belli ma soprattutto che dessero la possibilità al bambino di interagire col giocattolo". Napoli: telefono cellulare trovato dalla Polizia penitenziaria nel carcere minorile di Nisida Adnkronos, 23 gennaio 2014 Un telefono cellulare è stato trovato nel carcere minorile di Nisida dal personale di polizia Penitenziaria. "I poliziotti penitenziari hanno intercettato i comportamenti anomali dei detenuti - afferma Donato Capece, segretario generale del Sappe - Al Dipartimento della Giustizia Minorile come a quello dell’Amministrazione Penitenziaria chiediamo interventi concreti come, ad esempio, la dotazione ai Reparti di Polizia Penitenziaria di adeguata strumentazione tecnologica per contrastare l’indebito uso di telefoni cellulari o altra strumentazione elettronica da parte dei detenuti nei penitenziari italiani". Nisida ha una media di 5 ingressi giornalieri ed una presenza media di 44 minori. "Il rinvenimento è avvenuto - spiega Capece - grazie all’attenzione, allo scrupolo ed alla professionalità di Personale di Polizia Penitenziaria in servizio ". Il Sappe ricorda che "sulla questione relativa all’utilizzo abusivo di telefoni cellulari e di altra strumentazione tecnologica che può permettere comunicazioni non consentite è ormai indifferibile adottare tutti quegli interventi che mettano in grado la Polizia Penitenziaria di contrastare la rapida innovazione tecnologica e la continua miniaturizzazione degli apparecchi, che risultano sempre meno rilevabili con i normali strumenti di controllo". "A nostro avviso - conclude il sindacalista - appaiono pertanto indispensabili, nei penitenziari per adulti e per minori, interventi immediati compresa la possibilità di "schermare" gli istituti penitenziari al fine di neutralizzare la possibilità di utilizzo di qualsiasi mezzo di comunicazione non consentito e quella di dotare tutti i reparti di Polizia Penitenziaria di appositi rilevatori di telefoni cellulari per ristabilire serenità lavorativa ed efficienza istituzionale, anche attraverso adeguati ed urgenti stanziamenti finanziari". Alessandria: un progetto sulle carceri minorili al liceo "Peano" di Tortona www.tuononews.it, 23 gennaio 2014 I ragazzi delle classi III A, III B e IV A delle Scienze Umane, del liceo Peano di Tortona, per l’anno scolastico 2013/2014 hanno aderito, con le loro inseganti, al progetto avente come tematica le carceri minorili, che nasce sulla scia del precedente, sostenuto lo scorso anno, dalle medesime classi, che assieme avevano studiato "di bullismo". La strutturazione del progetto grosso modo la stessa: un libro come ausilio allo studio, letto in orario curricolare, i cui autori sono gli stessi dello scorso anno: i due educatori cagliaritani, Bruno Furcas e Salvatore Bandinu. Se lo scorso anno i liceali di Tortona hanno analizzato il volume "I dolori del giovane bullo", quest’anno è la volta di "Boati di solitudine". Entrambe editi da Arkadia Editore. "Siete in controtendenza. mentre i media, politica e multinazionali lavorano duramente e senza sosta per omologare e sopire menti, iniziative come la vostra squarciano la cortina di qualunquismo e iniziano a far filtrare la luce in menti giovani e attente. Non a caso tutta la pubblicità e la programmazione televisiva e non è tesa a "colonizzare" menti in via di sviluppo con il solo e unico scopo di "domarle" e uniformarle. Sappiate allora che quello che state facendo non si limita solamente ad uno studio o in un approfondimento: state preparando i cittadini di domani." Queste sono le parole di uno dei due autori, Salvatore Bandinu, scritte in una lettera recapitata agli alunni del liceo e alle insegnanti. I ragazzi oltre a leggere il volume, visione di film inerenti alla tematica, ascolteranno le esposizioni di esperti in materia di competenza. Quattro gli incontri dislocati ciascuno per mese, a partire da sabato 25 cm, in cui a parlare di carceri minorili in materia giuridica sarà il dott. Matteo Riccardi, praticante avvocato. Sarà poi la volta di Silvia Dondi laureanda in psicologia, Jacopo Maruffo laureando in giurisprudenza e infine di Stefania Scapolan, laureata in politiche sociali. A seguire i ragazzi saranno impegnati con una tappa che li vedrà al carcere de Le Vallette di Torino, occasione in cui, con coetanei 18enni, coloreranno assieme delle magliette bianche, coi colori dell’arcobaleno: così si chiama il blocco in cui sono detenuti ed è questo l’elemento che in natura fa pensare ad una quiete dopo una tempesta, ad un po’ di luce dopo il grigiore. I ragazzi dopo aver immagazzinato queste esperienze e nozioni, si vedranno protagonisti di un’uscita didattica alla città di Cagliari, dall’8 all’11 maggio, e il giorno 10 sarà forse la giornata più importante per loro. I tortonesi si incontreranno con altre due scuole sarde, che hanno aderito al progetto scolastico: l’istituto Primo Levi di Quartu Sant’ Elena (Ca) e il Liceo Classico di Villacidro (Vs). Al mattino del 10 maggio le tre scuole si incontreranno a Quartu per promuovere un confronto sulla tematica del disagio adolescenziale e sul bullismo scolastico, sino alle carceri minorili. E l’intento è anche quello di promuovere un gemellaggio tra le scuole. Nel pomeriggio i ragazzi parteciperanno ad un giornata ricreativa all’Ipm di Quartucciu (Ca), e più tardi presso gli spazi della Mediateca del Mediterraneo di Cagliari, si terrà la presentazione del progetto, che vedrà coinvolti anche rappresentanti della municipalità, tra i quali il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda. Salvatore Bandinu conclude così la sua lettera: "Sono orgoglioso che sia stato scelto il libro mio e di Bruno. Profondamente onorato. Mentre lo scrivevamo, pensavamo (e speravamo) proprio in qualche cosa del genere. Ma non potevamo pensare che addirittura diverse classi lo adottassero.... grazie. Davvero di cuore". Aosta: progetti di riparazione per giovani, nasce una rete tra enti assistenziali e istituzioni Ansa, 23 gennaio 2014 Nasce in Valle d’Aosta una rete per dare ai minori e ai giovani condannati occasioni di riscatto. L’iniziativa, promossa dall’assessorato regionale alle politiche sociali, ha riunito il Consorzio degli enti locali, l’Ufficio per la pastorale giovanile della Diocesi di Aosta, la Fédération des Coopératives e gli assessorati regionali dell’istruzione e cultura, dell’agricoltura e risorse naturali e del turismo, sport, commercio e trasporti che hanno siglato una serie di convenzioni. Gli accordi permetteranno a minori o a giovani adulti sottoposti a provvedimenti penali di essere coinvolti in percorsi di recupero alternativi alla carcerazione. Gli enti coinvolti si sono resi disponibili ad essere contattati per un progetto di riparazione disposto dall’organo giudiziario per un minore o un giovane adulto che ha commesso reato. Gli accordi sono stati anche dal Ministero della Giustizia. "L’iniziativa, che non obbliga tuttavia le strutture coinvolte ad avviare i progetti e non comporta oneri economici a loro carico, - spiegano dall’assessorato alle politiche sociali - è il risultato di un lungo lavoro che ha coinvolto l’Assessorato attraverso un apposito gruppo di lavoro, con l’obiettivo di offrire a giovani in difficoltà un’opportunità concreta per la riparazione della pena". Bologna: permesso premio ai detenuti per dare l’ultimo omaggio al maestro Abbado Ansa, 23 gennaio 2014 Un gruppo di detenuti del carcere della Dozza di Bologna, che fanno parte di un coro voluto da Claudio Abbado, andrà in permesso premio alla camera ardente di S. Stefano per rendere omaggio al maestro. Lo rende noto la direzione della Casa Circondariale di Bologna, che esprime profondo cordoglio ai familiari per la scomparsa di "un uomo eccezionale, che al talento univa umanità e senso civico rari e profondissimi". I detenuti fanno parte del Coro Papageno, composto anche da non reclusi. Il coro, attivo dal mese di ottobre 2011, diretto dal maestro Michele Napolitano, in questi anni ha coinvolto oltre 80 detenuti e detenute della Casa Circondariale di Bologna ed è stato fortemente voluto dal grande maestro. Il comunicato del carcere ricorda anche le parole di Abbado: "In un coro ogni persona è sempre concentrata sulla relazione della propria voce con le altre. L’ascolto dell’altro è quindi alla base del canto corale e in generale del fare musica insieme. Imparare a cantare insieme significa imparare ad ascoltarsi l’un l’altro. Il coro quindi, come l’orchestra, è l’espressione più valida di ciò che sta alla base della società: la conoscenza e il rispetto del prossimo, attraverso l’ascolto reciproco e la generosità nel mettere le proprie risorse migliori a servizio degli altri". "La prosecuzione del laboratorio coristico voluto dal maestro - spiega il carcere - è un obiettivo che perseguiremo con ogni energia, sperando di trovare il sostegno di chi, come noi e come lui, crede che la salvezza della società passi attraverso la generosità nel mettere le proprie risorse migliori a servizio degli altri". Ferrara: progetto teatrale "Passi Sospesi", Traitsis continua a fare incetta di premi di Samuele Govoni La Nuova Ferrara, 23 gennaio 2014 È arrivato inaspettato, forse sperato ma non preteso il Premio della critica teatrale 2013 a Michalis Traitsis; regista e direttore artistico di Balamòs Teatro per il progetto teatrale "Passi Sospesi", diretto dal 2006 negli istituti penitenziari di Venezia. La premiazione, svoltasi lo scorso 1 novembre al Teatro Paisiello di Lecce, ha visto Traitsis, greco trapiantato a Ferrara, sotto le luci dei riflettori per la consegna di un alto riconoscimento che certamente rappresenta un importante passo per la sua carriera. L’artista alcuni mesi fa aveva ricevuto pure l’encomio della Presidenza della Repubblica, un altro illustre traguardo per la sua attività segnata da costante impegno e sacrifici. Michalis Traitsis dal 2005 conduce i laboratori teatrali presso il Centro Teatro Universitario di Ferrara e spesso ha ideato progetti pedagogici specifici che prevedevano laboratori teatrali misti tra studenti e detenute/i e in alcune occasioni la creazione di spettacoli, sempre con la partecipazione di detenuti e universitari. Nel corso degli anni si è impegnato per creare nuove collaborazioni, cercare strade alternative e contaminazioni per fondere diversi stili narrativi e recitativi. Ha rischiato, si è messo in gioco dimostrando, oltre al coraggio, anche tanta passione per la sua professione. "Si apprezza da sempre e moltissimo - hanno motivato i critici ha gli hanno conferito il premio - il lavoro di Michalis Traitsis innanzitutto come artista, come presenza registica capace di consegnare competenza e infondere fiducia in chi lavora con lui, ma anche per il modo rigoroso, colmo d’infinite attenzioni, con cui accudisce ogni cosa, i nodi essenziali, i passaggi principali, e contemporaneamente tutti i più piccoli particolari". In una intervista rilasciata al nostro giornale, il regista spiegava che "Il teatro non è un luogo dove ci si mostra; è un luogo dove ci si espone. Bisogna avere molto coraggio". Non ha cambiato idea e nonostante le infinite difficoltà il progetto nelle case circondariali continua con ancora maggior convinzione: "La cultura può servire - dice Traitsis; è importante ampliare, diffondere la cultura teatrale dentro e fuori gli istituti penitenziari; serve a chi sta dentro ma pure a chi sta fuori dalle carceri". Caserta: arte e solidarietà, spettacolo per i detenuti del carcere di Santa Maria CV www.campanianotizie.com, 23 gennaio 2014 Musica e risate per esprimere vicinanza e solidarietà ai detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Venerdì prossimo, 24 gennaio, a partire dalle ore 15, presso il teatro dell’istituto di pena casertano, si svolgerà uno spettacolo con l’intento non solo di offrire una opportunità di svago e socializzazione per i reclusi ma anche per sensibilizzare la pubblica opinione su una particolare tematica sociale e umana quale quella dei diritti dei detenuti. Ancora una volta a promuovere questo particolare genere di eventi sono l’Associazione Casmu, presieduta da Mario Guida, e la Rassegna Nazionale di Teatro scuola PulciNellaMente, rappresentata dal direttore Elpidio Iorio, che - d’intesa con i vertici della Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere, diretta da Carlotta Giaquinto - hanno ideato uno spettacolo tanto intenso quanto emozionante. "Ormai sono anni - sottolinea Mario Guida, coordinatore dell’evento - che insieme al direttore di PulciNellaMente Elpidio Iorio, organizziamo manifestazioni per e con i detenuti ospitati nelle varie strutture della Campania. Lo scorso mese presso l’Ospedale Psichiatrico di Aversa abbiamo un importante e riuscito evento che ha suscitato una notevole attenzione di istituzioni, associazioni e organi d’informazione. Anche con questo evento, alla cui organizzazione hanno dato un grande contributo la direttrice Giaquinto e il personale amministrativo e di polizia penitenziaria del carcere sammaritano, ci proponiamo di sensibilizzare la collettività su temi importanti che meritano attenzione sul piano sociale, nello spirito di attivare forme di coinvolgimento e informazione sociale attraverso la cultura e, nel caso specifico, attraverso la musica e l’arte in genere". Tanti gli artisti che prenderanno parte allo spettacolo si citano in particolare "Il Trio le Note di Napoli", i comici "Albertuccio e Mariolino", la cantante Emiliana Cantone. Presenterà Renato De Carmine mentre Antonio Belardo curerà i services tecnici di audio e luci. Immigrazione: Fondazione Moressa, verso abrogazione di una norma inefficace Adnkronos, 23 gennaio 2014 L’abrogazione del reato di clandestinità non rappresenterà di sicuro uno "svuota carceri": nel 2013 meno dell’1% dei detenuti in Italia è in carcere per reati legati alla legge sull’immigrazione, la cosiddetta Bossi-Fini. Negli ultimi sei anni si è registrata una forte diminuzione di tutti i valori relativi all’applicazione del reato di clandestinità: numero di detenuti, espulsioni per via giudiziaria e provvedimenti amministrativi. La Fondazione Leone Moressa ha confrontato i dati ufficiali del Ministero della Giustizia sui detenuti nelle carceri italiane con i dati del Ministero dell’Interno sui provvedimenti amministrativi. Dimezzato il numero di detenuti per reati sull’immigrazione. Negli ultimi sei anni sono diminuiti del 50,2% i detenuti per reati legati alla legge sull’immigrazione, passando da 2.357 nel 2008 a 1.174 nel 2013. La diminuzione è dovuta in parte alla trasformazione nel 2011 di alcune pene da incarcerazione a pecuniarie, che hanno portato il reato di clandestinità ad essere punito solo con un’ammenda (da 5.000 a 10.000 euro). I detenuti per questo tipo di reati rappresentano nel 2013 appena lo 0,9% del totale dei detenuti, e anche considerando i soli stranieri la quota arriva appena al 2,8%. Niente "svuota carceri" dunque. Quasi azzerate le espulsioni decise dal giudice. Osservando i dati relativi al monitoraggio dell’applicazione della legge Bossi-Fini, si osserva una drastica riduzione del numero di persone coinvolte nei provvedimenti giudiziari (e di conseguenza di quelle condannate ed espulse), cominciata nel 2011 e divenuta ancora più massiccia nel 2012. Il calo del 2011 è dovuto alla sentenza della Corte Europea del 28/04/11, che aveva reso inapplicabile la pena della reclusione relativa ai procedimenti in corso (costituenti la maggioranza dei procedimenti iscritti), giudicandola troppo aspra e contraria a quanto stabilito dalla Direttiva "rimpatri" 2008/115/CE. I giudici, pertanto, hanno provveduto, per i procedimenti in corso a limitare le condanne. Con il D.L. n. 89/11, la pena è stata trasformata in una multa. A seguito di queste modifiche legislative, dunque, nel 2012 le espulsioni per via giudiziaria sono state appena 112 (-98,3% rispetto al 2008) e questo tipo di provvedimento ha coinvolto complessivamente (tra assolti e condannati) meno di un migliaio di cittadini stranieri. Dimezzato il numero di persone coinvolte in provvedimenti amministrativi. L’espulsione amministrativa, disposta dal Ministero dell’Interno o dal Prefetto per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, ha fatto registrare dal 2008 al 2012 una forte riduzione nel numero di persone coinvolte (-49,2%). Nonostante l’aumento dei respingimenti alla frontiera (+6,4%), le persone allontanate dall’Italia sono complessivamente diminuite (- 23,3%). Il rapporto tra allontanamenti e persone coinvolte è di circa 1 ogni 2, più alto rispetto al dato del 2008 (1 ogni 3). Secondo i ricercatori della Fondazione Leone Moressa "negli ultimi anni la normativa sull’immigrazione ha perso gran parte della propria efficacia, come dimostrano le riduzioni drastiche del numero di detenuti, condannati ed espulsi. In tale situazione, appare opportuno l’intervento legislativo avviato in Senato volto a modificare le legge vigente, trasformando in illecito amministrativo il reato di ingresso illegale e limitando il rilievo penale solo ad alcune violazioni specifiche". Immigrazione: da Lega emendamento per ripristinare reato clandestinità Ansa, 23 gennaio 2014 La Lega Nord non si arrende all’abolizione del reato di immigrazione clandestina, votata ieri dal Senato. "La settimana prossima - annuncia durante il sit-in a Montecitorio il capogruppo del Carroccio in Commissione Giustizia alla Camera, Nicola Molteni - presenteremo un emendamento al cosiddetto svuota-carceri in cui chiederemo di ripristinare il reato di immigrazione clandestina, come vogliono i cittadini". La prova che la Lega va nella direzione indicata "dal popolo" è, a detta di Molteni, nel "referendum dei radicali che chiedeva l’abolizione di questo reato: hanno raccolto appena 20 mila firma, ben lontani dal traguardo delle 50 mila. I cittadini vogliono sicurezza e legalità". Olanda: soluzione contro la crisi economica "i detenuti si paghino la cella" di Maurizio Stefanini Libero, 23 gennaio 2014 Tariffa da 16 euro al giorno da saldare anche a pena scontata. Pure in Italia il detenuto sarebbe tenuto al rimborso, ma la legge non viene mai applicata. La nuova legge obbligherebbe i detenuti a pagare 16 euro al giorno per le spese di soggiorno. Il detenuto può pagare anche a pena scontata con il lavoro che troverebbe in seguito. Il risparmio annuo per l’Olanda sarebbe di 65 milioni. Le carceri olandesi hanno una capienza da 12.100 posti con una media di tre mesi di reclusione per ogni detenuto. Il costo è di ben 200 euro a cella, soprattutto per il fatto che ognuna ha un massimo di due ospiti, salvo alcuni edifici molto vecchi dove si arriva a sei. Divampa la polemica nei Paesi Bassi per la nuova legge che obbligherebbe ai detenuti a pagare 16 euro al giorno per le spese di soggiorno, in modo da risparmiare 65 milioni di euro. Ma il governo del primo ministro Mark Rutte ricorda che già molti Paesi al mondo e nella stessa Europa hanno già adottato la stessa misura: lui ha citato la Danimarca e la Germania, ma anche l’Italia ha una legge del genere, anche se poi i costi sono meno di un decimo di quelli olandesi e alla fine non li paga quasi nessuno. Il tutto risulta dagli accordi di governo che hanno formato la grande coalizione tra liberali e laburisti, ma adesso è iniziato il controllo di legittimità da parte di Procura Generale dello Stato e Consiglio di Magistratura, in modo da poter poi presentare la proposta in Parlamento. "Bisogna che il detenuto comprenda che forma parte della società, e se commette un delitto ha l’obbligo di contribuire alla spesa che provoca", spiega il portavoce del ministero della Giustizia Johan van Opstel. "I suoi atti non possono essere economicamente pagati solo dal resto della cittadinanza". In questo momento le carceri olandesi hanno una capienza da 12.100 posti, la media di tre mesi di reclusione per ogni detenuto e costano ben 200 euro a cella: anche per il fatto che ognuna ha un massimo di due ospiti, salvo alcuni edifici molto vecchi dove si arriva a sei. Per far quadrare i conti, si dovrebbe arrivare a farsi rifondere 11.680 a detenuto. Come spiega sempre Van Opstel, sarebbe un debito incancellabile che però non potrà eccedere i due anni di reclusione: il resto, come dire, è offerto dallo Stato. Per i pagamenti si potrà ricorrere ai patrimoni dei detenuti, al loro lavoro in carcere e a quanto i detenuti guadagneranno una volta liberi: se necessario, rateizzato. Secondo un altro progetto di legge i detenuti dovrebbero contribuire anche a coprire il costo delle indagini che hanno portato alla loro condanna. L’idea ha provocato la protesta ad esempio dell’associazione per la difesa dei diritti dei detenuto presieduta da Pieter Vleeming, secondo cui "il piano è contro le normative europee sui diritti umani". Ma, appunto, in realtà norme del genere sono presenti in molti Paesi proprio dell’Ue, in base a quella tendenza all’ammortizzamento delle spese di detenzione per cui ad esempio negli Stati Uniti ormai oltre un decimo delle carceri sono gestite da privati. Ma anche nelle carceri federali Usa i detenuti spesso lavorano, producendo il 100% di materiale militare come elmetti, nastri da munizioni, giubbotto anti-proiettile, tute mimetiche, tende, zaini, borracce e piastrine d’identità fabbricati negli Stati Uniti; il 93% dei pennelli e vernici; il 92% dei fornelli da cucina; il 46% delle armature individuali; il 36% degli elettrodomestici; il 30% dei microfoni e cuffie; il 21% dei mobili da ufficio. Peraltro negli Stati Uniti ci sono anche celle di lusso per detenuti danarosi, che nel carcere californiano di Freemont vengono 155 dollari a notte più un contributo una tantum di 45 dollari. In Italia, la quota per il "mantenimento carcere" prevista dalla legge 354 del 1975 è relativamente modica: 1,7 euro, detratta ai detenuti che lavorano direttamente dalla busta paga. Se ne sa poco, però, perché chi arriva alla liberazione col debito può chiedere la remissione per disagiate condizioni economiche, che in caso di buona condotta è concessa quasi automaticamente. In alternativa, si può chiedere la trasformazione del debito in libertà vigilata, in ragione di 150 euro per ogni giorno. Insomma, con dieci giorni di firme col registro si ammortizzano le spese di 4 anni di alloggio carcerario. Gran Bretagna: sempre più rigore con gli immigrati, niente sussidi ai disoccupati Redattore Sociale, 23 gennaio 2014 L’ultima stretta messa in cantiere dal governo Cameron riguarda gli aiuti per la casa. Anche i laburisti favorevoli a ridurre l’indennità di disoccupazione per gli stranieri da poco residenti. Ma un sondaggio rivela le false percezioni degli inglesi. Niente sussidi per la casa né possibilità di usufruire di progetti di edilizia sociale per i migranti disoccupati nel Regno Unito, anche se vengono da un paese Ue. E l’ultima di una serie di misure messe in cantiere dal governo britannico di David Cameron per scoraggiare la mobilità dei lavoratori europei e per fermare quella che, secondo la coalizione conservator-liberale al potere oltremanica, potrebbe essere un’ondata di bulgari e rumeni pronti a invadere l’Inghilterra. Sul tabloid Daily Mail, il ministro dell’Interno di Sua Maestà Theresa May e il ministro per il Lavoro e le Pensioni Iain Dunkan Smith hanno annunciato che il provvedimento entrerà in vigore da aprile, e impedirà che vi siano abusi, da parte degli stranieri, del sistema di protezione sociale britannico. I due ministri hanno sottolineato poi come i sudditi della regina si sentano "traditi" dal sistema lassista in vigore attualmente nel Regno Unito. Dall’altra parte il Financial Times ha raccolto le preoccupazioni di diversi stati membri, alleati del governo inglese su diversi dossier politici, che l’approccio draconiano di Cameron rischi di danneggiare il progetto europeo, con le sue posizioni contrarie a qualsiasi tipo di immigrazione e le misure che sta attuando per limitare la mobilità dei lavoratori all’interno dell’Ue. Dal canto loro, nemmeno i laburisti inglesi restano a guardare, anzi nonostante l’etichetta di centro-sinistra salgono sul vagone della retorica anti migranti: Rachel Reeves, ministro ombra per il Lavoro e le Pensioni, ha annunciato che i labour sono in favore di test per valutare le capacità dei lavoratori che richiederanno di godere di sussidi sociali da parte del governo britannico. E sui media inglesi, Reeves dichiara di star pensando anche ad aumentare di venti sterline a settimana (circa cento euro al mese) il sussidio di disoccupazione per chi ha pagato i contributi previdenziali negli ultimi cinque anni. Come fa notare il Guardian, una discriminazione che andrà a svantaggio principalmente dei nuovi arrivati in Gran Bretagna, i quali cinque anni prima non erano nemmeno nel paese, figuriamoci se potevano pagare la previdenza sociale. Un sondaggio pubblicato dal settimanale Sunday Mirror, dimostra come la percezione del problema è basata su falsi miti e completamente fuorviante da parte degli inglesi: la maggior parte degli intervistati, infatti, ha dichiarato che dei 2,2 milioni di immigrati attualmente presenti nel Regno Unito, quattrocentomila godrebbero del sussidio di disoccupazione, mentre in realtà a beneficiarne sono solo in sessantamila. Da parte dell’UE, sono state molteplici le espressioni di preoccupazione nei confronti di questa nuova deriva politica del governo Cameron: la commissaria per i diritti fondamentali, Viviane Reding ha sottolineato che - sebbene i sistemi di welfare di alcuni stati possano a volte essere sin troppo generosi - il diritto dei lavoratori alla mobilità all’interno dell’Unione Europea resta una delle spinte maggiori che possono stimolare la ripresa economica. E il parlamento Europeo, riunito la scorsa settimana a Strasburgo, ha sottolineato come qualsiasi tentativo di porre limiti a questa mobilità o di discriminare i lavoratori immigrati da un altro paese Ue rappresenti una violazione dei diritti fondamentali dei cittadini Ue. Grecia; è caccia serrata a Cristodoulos Xiros, terrorista evaso dal carcere di Korydallos Ansa, 23 gennaio 2014 Proseguono serrate in Grecia le ricerche per la cattura di Cristodoulos Xiros, il terrorista greco evaso il 7 gennaio dal carcere di Korydallos, dove scontava una condanna a sei ergastoli e altri 25 anni di prigione per complicità in sei omicidi, attentati e rapine. La polizia e l’antiterrorismo hanno effettuato una serie di controlli, ad Atene e a Salonicco, nelle case di parenti di Xiros e di persone che aveva incontrato nei giorni in cui si trovava in permesso. Ad Exarchia, il quartiere anarchico della capitale greca, la polizia ha arrestato un uomo dopo che in casa sua è stata trovata una pistola con alcune pallottole. Nello stesso tempo è stata rafforzata la guardia ai probabili obiettivi dei terroristi nel timore che Xiros cercherà di mettere a segno un’azione di grande significato simbolico durante la presidenza di turno greca dell’Unione europea. La polizia ritiene che il terrorista sia nascosto ancora nella regione dell’Attica e che ad aiutarlo nella fuga siano stati non solo membri del gruppo eversivo "Cospirazione dei Nuclei di Fuoco" con i quali ha avuto rapporti in carcere, ma anche di elementi della cosiddetta guerriglia urbana. Da parte sua, il Dipartimento di Stato Usa ha ribadito ieri la propria preoccupazione circa la fuga di Xiros. "Siamo profondamente preoccupati che il detenuto Christodoulos Xiros, elemento di spicco del gruppo terroristico "17 Novembre" che ha ucciso cinque dipendenti dell’ambasciata Usa ad Atene, sia ancora in fuga e lanci nuovi appelli alla violenza", ha detto un portavoce del Dipartimento di Stato ricordando che gli Usa "restano impegnati con le autorità elleniche riguardo questo caso e continuano a fare appello al governo di Atene affinché trovi Xiros e lo riporti in carcere". Svizzera: detenuti buttano avanzi dalle finestre, il dipartimento di giustizia riduce porzioni www.info.rsi.ch, 23 gennaio 2014 "Vogliamo più carne". Questo in estrema sintesi il contenuto di una lettera che i detenuti del carcere cantonale della Stampa a Cadro hanno scritto al Consigliere di Stato Norman Gobbi e la risposta non si è fatta attendere. "Come Dipartimento abbiamo indicato che come in tutti gli altri settori dello Stato dobbiamo fare dei risparmi per migliorare i conti. - spiega Giorgio Battaglioni- capo della Divisione della giustizia. Si parla - evidentemente - di piccole somme, ma ognuno deve fare la sua parte". Inoltre, ha spiegato Battaglioni: "Siamo intervenuti sui pasti perché la direzione delle strutture carcerarie ha costatato, che vi erano degli sprechi: resti o avanzi di pranzi venivano gettati dalle finestre. Sono cose intollerabili sulle quali abbiamo voluto intervenire evidentemente nel rispetto della qualità e dei contenuti proteici". Ma a quanto ammonta la riduzione del budget riservato all’alimentazione dei detenuti? "Siamo passati da 770.000 a 650.000 franchi. Sono indicazioni di massima contenute nel Preventivo 2014 e verranno discusse dal parlamento nei prossimi giorni. Vedremo alla fine dell’anno quali risultati daranno questi nostri sforzi di contenimento. Sottolineo anche che sulla qualità dei pasti abbiamo lavorato in stretta collaborazione con l’Ufficio della refezione e dei trasporti scolastici, che ha dato la sua approvazione". Per voi la vicenda è chiusa qui? "Non torneremo sull’argomento. L’offerta che viene garantita oggi è conforme alle disposizioni, per cui non vedo cos’altro si potrebbe fare". Siria: ministero giustizia nega uccisione e torture su migliaia detenuti "rapporto Cnn è falso" Aki, 23 gennaio 2014 Il ministero della Giustizia siriano ha negato le accuse di aver torturato e giustiziato migliaia di detenuti nelle carceri del Paese dallo scoppio del conflitto nel marzo 2011. Il riferimento è al rapporto diffuso ieri dalla Cnn e dal Guardian nel quale, in base a 55mila fotografie digitali scattate da un disertore, si sostiene che il regime di Damasco abbia torturato e ucciso almeno 11mila detenuti dal marzo 2011 all’agosto 2013. Con questa accusa, il regime siriano rischia di essere condannato per crimini di guerra e contro l’umanità. Citato dall’agenzia di stampa Sana, il ministero della Giustizia parla di rapporto "politicizzato" affermando che le fotografie correlate sono "false". "Il ministero della Giustizia nega categoricamente la veridicità del rapporto", recita il documento rilanciato dalla Sana. "È un rapporto politicizzato che manca di obiettività e professionalità", prosegue il testo. "Chiunque opera nel campo delle indagini penali può affermare che queste foto sono un falso e che non hanno alcun rapporto con i detenuti nelle carceri siriane", ha aggiunto il ministro. Alcune delle persone ritratte nelle immagini sono "terroristi stranieri" uccisi durante attacchi alle forze governative e altri sono stati torturati a morte da "gruppi terroristici armati", afferma il ministero. Inoltre "le prigioni siriane rispettano i migliori standard internazionali", prosegue il comunicato. Usa: 31 generali in pensione chiedono la chiusura del carcere di Guantanámo di Manuel Giannantonio www.notiziegeopolitiche.net, 23 gennaio 2014 Trentuno generali americani in pensione hanno chiesto, martedì 21 gennaio, al Presidente americano di fare quanto possibile per assicurare la chiusura di Guantánamo accelerando i trasferimenti dei detenuti, in una lettera pubblicata dall’organizzazione Human Rights First. Concordi con l’idea di Obama, manifestata ripetutamente nel corso della sua attività di Presidente degli Stati Uniti, gli ex ufficiali ricordano che "Guantánamo non serve gli interessi dell’America" e "continuerà a minare la sicurezza del paese" finché non sarà chiuso. Tra i firmatari figurano l’ex comandante del Corpo dei Marines, il generale Charles Krulak, l’ex capo di Stato maggiore dell’Air Force, il generale Merrill Mc Peak, e ancora l’ex direttore delle forze americane in Medio Oriente, il generale Joseph Hoar. Queste persone hanno assistito cinque anni fa, nell’ufficio Ovale, alla firma di Barack Obama ai primi decreti che prevedevano la chiusura di Guantánamo e la condanna delle torture verificatesi all’interno della struttura. Circa 155 detenuti su 179 spediti a Guantánamo, restano prigionieri nella base americana di cuba, mentre 76 di loro, di cui 55 yemeniti, sono considerati come liberi. Dopo aver irrigidito le condizioni di trasferimento dei detenuti verso paesi terzi, il Congresso ha assopito la propria posizione lo scorso dicembre, conferendo un margine di manovra maggiore al Presidente. Nelle lettere i 31generali hanno manifestato la loro inquietudine di fronte ai "falsi dibattiti che si stanno prolungando sull’uso della tortura da parte della Cia (Central Intelligence Agency)". Inoltre i generali desiderano la declassificazione di un rapporto segreto di 6mila pagine realizzato per la commissione del Senato sui programmi di detenzione e d’interrogatori dopo l’11 settembre. "Noi pensiamo che studiando i fatti, gli americani saranno d’accordo per riconoscere che la tortura non vale la pena, e che in quanto paese non dovremmo mai tornare su un sentiero così oscuro", hanno sentenziato nelle loro lettere. Stati Uniti: esecuzione di un messicano in Texas, per Messico "legge violata" Il Mondo, 23 gennaio 2014 L’uomo è stato arrestato illegalmente 20 anni fa New York, 22 gen. Mancano ormai poche ore all’esecuzione del messicano Edgar Arias Tamayo, nel braccio della morte di un carcere del Texas dal 1994 per aver ucciso un poliziotto con tre colpi di pistola alla tempia a seguito di una rapina. Se, come probabile, oggi verrà portata a termine l’iniezione letale, potrebbe incendiarsi un caso diplomatico che già da settimane crea tensione tra Washington e Città del Messico. L’arresto di Tamayo ha infatti violato le leggi internazionali: gli agenti che lo misero in manette non gli dissero che aveva il diritto di rivolgersi al Consolato messicano, cosa che avrebbe potuto evitargli la pena di morte. Nella vicenda sono già intervenuti il segretario di stato americano John Kerry e il ministero degli Esteri messicano, che in coro hanno chiesto al governatore repubblicano del Texas Rick Perry di fermare l’esecuzione. Nel 2004 la Corte internazionale dell’Aia aveva già richiesto allo Stato del Texas la revisione del caso di Tamayo, insieme a quella di altri 50 cittadini messicani finiti nel braccio della morte in America. Ma è servito a poco: il Texas ha già ucciso due di questi detenuti e si prepara a uccidere il terzo.