Giustizia: buon anno ai carcerati, cittadini da tutelare come gli altri di Fabio Marcelli www.ilfattoquotidiano.it, 1 gennaio 2014 Un amico medico che si è trovato a visitare di recente il carcere di Rebibbia mi ha parlato delle condizioni davvero vergognose nelle quali vivono gli ospiti di detta casa circondariale. In venti e più per una doccia. Condizioni analoghe si registrano in quasi tutti gli stabilimenti di pena italiani. Dovrebbe quindi risultare evidente, anche al più esasperato dei giustizialisti e degli amanti perversi di fruste, catene e sbarre come, in tali condizioni, sia impossibile realizzare il dettato dell’art. 27, comma 3, della Costituzione, che prescrive che "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". La disumanità delle carceri italiane per effetto del sovraffollamento è stata del resto chiaramente stabilita dalla Corte europea dei diritti umani, la quale ha chiesto misure urgenti per risolvere il problema, sotto pena di notevoli sanzioni pecuniarie. Che finirà saremo costretti a pagare, aggiungendo al danno dell’inutile sofferenza dei carcerati (e delle guardie carcerarie vittime anch’esse della situazione), quello per le esauste casse erariali e i contribuenti. Sarà, temo, l’ennesimo risultato negativo della competizione fra forze politiche a chi è più forcaiolo. Si sa del resto che il piccolo borghese incattivito per la crisi e la negazione dei suoi diritti più elementari, tende a trovare qualche target su cui scaricare la propria rabbia nel modo più economico e facile possibile. Chi meglio dei carcerati, che oltre ad essere deboli, poveri (in carcere com’è noto ci finiscono solo loro con pochissime eccezioni) hanno anche qualche stigma di colpe da espiare? Se è vero che le carceri sono uno dei luoghi da cui si può valutare la civiltà dei Paesi, stiamo quindi messi proprio male. Se gli Stati Uniti sono il Paese con il più alto numero di carcerati, in assoluto e in percentuale, l’Italia è senza dubbio uno di quelli con le peggiori e più disumane condizioni carcerarie. Quali le soluzioni praticabili? Una, che ho più volte indicato, è quella dell’abolizione delle misure che moltiplicano il numero dei carcerati unicamente per soddisfare "elettoralisticamente" i pruriti forcaioli della peggiore parte della società italiane e che portano i nomi di Fini, Bossi, Giovanardi, Cirielli e simili. Fa piacere constatare come anche Renzi sia d’acc0rdo sull’abolizione di queste leggi. Si passi ora dalle parole ai fatti. Sarebbe ora. Ma a questo punto, data l’urgenza e l’insopportabilità della situazione carceraria, vanno varate anche misure come l’amnistia e l’indulto. Tali misure vanno concepite in modo tale da escludere, dato il loro allarme sociale, i reati collegati alla corruzione e ai disastri ambientali che rappresentano la vera emergenza del nostro Paese. Anche a tale riguardo peraltro va osservato che i corrotti e i corruttori andrebbero colpiti, a maggior beneficio delle casse erariali e dei cittadini, soprattutto nel portafoglio e nel patrimonio. L’amnistia deve invece riguardare in particolare coloro che sono in carcere per aver partecipato a lotte e mobilitazioni sociali in difesa del territorio. Vanno poi aboliti tout-court i centri di identificazione ed espulsione destinati ad ospitare i migranti, dove pure si vivono condizioni a volte perfino peggiori di quelle cui sono soggetti i carcerati. L’esistenza di tali centri costituisce infatti, di per sé, una chiara violazione dei principi costituzionali relativi alla tutela della libertà personale. A meno di considerare che la giurisdizione da burla esercitata al riguardo dai giudici di pace rappresenti una garanzia adeguata, cosa che evidentemente nessuna persona in buona fede e dotata di un minimo di raziocinio può nemmeno lontanamente immaginare. L’esistenza di tale legislazione e tali centri, unitamente alla forte percentuale di migranti rinchiusi nelle patrie galere sono del resto, come ho avuto più volte modo di notare, altrettante manifestazioni di razzismo istituzionale. Le varie forme di detenzione rappresentano in molti casi la risposta distorta e disumana delle istituzioni alle domande sociali inevase. A una riduzione dello Stato sociale corrisponde un aumento dello Stato poliziesco e carcerario. Ma si tratta di una risposta miope ed autodistruttiva. Ferma restando la necessità della detenzione per gli autori dei reati più gravi e di effettivo allarme sociale, non ci si può certo illudere di risolvere i problemi del Paese a suon di carcere e leggi penali. I grandi crimini contro la società e contro l’ambiente vanno prevenuti con la mobilitazione e la vigilanza popolare. E sia data ai carcerati, in armonia con la Carta costituzionale, la possibilità di rieducarsi. Giustizia: carceri, indulto e amnistia, ultime news 2013 e roadmap 2014 di Calogero Giuffrida www.supermoney.eu, 1 gennaio 2014 Il 2013 è stato un anno ricco in tema di politiche e norme penitenziarie, ma molto di più lo sarà il 2014 considerando che entro maggio l’Italia deve rientrare nei parametri di accoglienza dignitosa nelle carceri previsti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la Costituzione italiana. Sono in attesa di risposte la Corte Europea che l’8 gennaio scorso ha condannato l’Italia per condizioni degradanti nelle carceri e il messaggio alle Camere del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dell’8 ottobre scorso in cui il Capo dello Stato ha chiesto a deputati e senatori di intervenire con indulto e amnistia. Indulto e amnistia sono così entrati nell’agenda politica. Aperto il dibattito tra i partiti e avviati iter legislativi per misure alternative e riforma della custodia cautelare. Diversi partiti propongono la modifica delle leggi ex Cirielli sulla prescrizione, la Bossi-Fini sull’immigrazione irregolare e la Fini-Giovanardi sulle droghe leggere. Intanto si muove anche il mondo dell’associazionismo, promossa a Roma la marcia di Natale e a Firenze la marcia di Capodanno per indulto e amnistia. Delle carceri si è occupato anche Papa Francesco, che il 13 marzo ha celebrato la messa Giovedì Santo non nella Basilica Vaticana ma all’interno del carcere minorile di Roma: "L’esempio ce lo dà il Signore che lava i piedi perché fra noi il più alto deve essere al servizio degli altri. È un simbolo: lavare i piedi - ha detto Papa Bergoglio - significa essere al servizio, aiutarci l’un l’altro". Il governo è intervenuto nel 2013 già due volte con due decreti legge nel tentativo di alleggerire il sovraffollamento carcerario ma la situazione non è cambiata; permangono in tanti casi situazioni degradanti per i detenuti. I risultati di alcuni interventi che puntano a "svuotare le carceri" si vedranno forse nel 2014. A giugno il consiglio dei ministri ha approvato un primo decreto legge che ha introdotto meno automatismi nell’ingresso in carcere con l’obiettivo di favorire l’uscita dei detenuti di non elevata pericolosità sociale e di ampliare l’affidamento ai servizi sociali e i lavori di pubblica utilità per i detenuti e altre misure alternative al carcere. Un nuovo decreto legge cosiddetto "svuota carceri" approvato il 18 dicembre scorso dal Governo Letta. Prevede: arresti domiciliari, rimpatri dei detenuti stranieri e uscite anticipate, l’uso del braccialetto elettronico, e introduce il reato di cosiddetto "spaccio lieve" per il reinserimento di tossicodipendenti e istituisce il Garante nazionale dei detenuti. La stima è di circa tremila detenuti in uscita. Gli ultimi dati diffusi dal Dap confermano la scarsa tendenza alla riduzione: 65 mila i detenuti alla fine del 2012, sono 63.628 al 18 dicembre 2013, a fronte di una capienza massima di 47.667 posti detentivi. La verifica dell’effetto reale che i due decreti "svuota carceri" avranno per la popolazione carceraria si potrà fare dunque solo nel 2014. Intanto il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri ha annunciato 10.000 nuovi posti detentivi in strutture adeguate entro il 2015; mentre i detenuti, i familiari, i radicali e il Capo dello Stato continuano a invocare al Parlamento provvedimenti di indulto e amnistia. Giustizia: amnistia e indulto, nuove iniziative in programma a partire da oggi… di Annalisa Dorigo www.supermoney.eu, 1 gennaio 2014 La Marcia di Capodanno a Firenze, nuovi sit-in in Sicilia e visite in carcere a Roma. Il problema del sovraffollamento delle carceri e delle impossibili condizioni di vita dei detenuti continua ad essere uno dei primi che il governo italiano dovrà affrontare nel nuovo anno. Ricordiamo infatti che la Corte di Strasburgo ha intimato l’Italia a trovare una soluzione, anche se parziale, entro e non oltre il maggio del 2014. Numerose sono le iniziative, promosse in primis dai Radicali con la collaborazione di numerosi altri parlamentari, che hanno lo scopo di sensibilizzare il popolo italiano, l’opinione pubblica e il mondo politico su questo drammatico problema. Il 25 dicembre si è svolta a Roma una manifestazione nella quale i Radicali, partendo da via della Conciliazione, ha voluto sfilare davanti al carcere Regina Coeli per dimostrare la propria vicinanza ai detenuti. Vi hanno preso parte anche il sindaco di Roma Ignazio Marino e numerosi altri esponenti di Camera e Senato. Il primo gennaio altri esponenti del partito radicale, tra cui in primis il leader Marco Pannella, si recheranno a far visita ai detenuti del carcere Regina Coeli il mattino e di Rebibbia nel pomeriggio. Il vice presidente della Camera dei Deputati, Roberto Giachetti appartenente al PD, andrà invece dai detenuti del carcere sardo di Tempio Pausania, in provincia di Olbia. A Firenze, città di Matteo Renzi, contrario da sempre a risolvere il problema delle carceri con amnistia o indulto, è prevista per Capodanno una nuova marcia indetta dai radicali, che partirà da piazzale Michelangelo a mezzogiorno. Anche la Sicilia farà la sua parte: ad Agrigento sono previste iniziative tra Capodanno e l’Epifania prima davanti al carcere di contrada Petrusa, poi a seguire nuove manifestazioni in prossimità dei penitenziari di Sciacca e Castelvetrano. Giustizia: Napolitano nel discorso di fine anno ricorda il sovraffollamento delle carceri La Presse, 1 gennaio 2014 "Né si dimentichi, nel fuoco di troppe polemiche sommarie, che l’Europa unita ha significato un sempre più ampio riconoscimento di valori e di diritti che determinano la qualità civile delle nostre società. Valori come quelli, nella pratica spesso calpestati, della tutela dell’ambiente, basti citare il disastro della Terra dei fuochi, del territorio, del paesaggio. Diritti umani, diritti fondamentali: compresi quelli che purtroppo sono negati oggi in Italia a migliaia di detenuti nelle carceri più sovraffollate e degradate". È un passaggio del discorso del capo dello Stato Giorgio Napolitano di fine anno. Giustizia: il ministro Cancellieri invia auguri al personale dell’Amministrazione penitenziaria Adnkronos, 1 gennaio 2014 "Voglio rivolgere a voi, donne e uomini della Polizia Penitenziaria e a tutti gli operatori del sistema penitenziario, i miei auguri più affettuosi e sinceri ed il mio più vivo ringraziamento per l’impegno e la dedizione con cui quotidianamente assolvete al vostro delicato ruolo". Con queste parole il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, ha indirizzato, in un video messaggio pubblicato sul sito della Polizia Penitenziaria, gli auguri di fine anno al personale del Corpo della Polizia Penitenziaria e di tutta l’Amministrazione Penitenziaria. "Sono sicura di interpretare il sentimento dei vertici dell’Amministrazione e del governo -ha proseguito il Guardasigilli- nel rinnovarvi l’apprezzamento e la riconoscenza per lo sforzo, l’entusiasmo e l’abnegazione con cui ci consentite di affrontare l’importante e fondamentale sfida di riportare il sistema penitenziario italiano all’altezza della tradizione di civiltà giuridica del nostro Paese". Il ministro della Giustizia ha quindi sottolineato la professionalità e la passione civile ed umana di chi comprende la responsabilità e l’importanza del proprio ruolo rivolgendo un augurio sincero anche alle famiglie del personale della Polizia Penitenziaria e a tutti gli operatori del sistema carcerario: "Mi auguro con tutto il cuore che il 2014 possa portare a voi e alle vostre famiglie, che con spirito di sacrificio sopportano il peso della vostra assenza e dei rischi cui siete giornalmente esposti, la serenità che meritate e il giusto riconoscimento per la straordinaria capacità professionale che sempre sapete dimostrare". Lettere: psicologi e criminologi penitenziari, dopo 35 anni, per la prima volta, non verranno riconfermati di Alessandro Bruni (Società Italiana Psicologia Penitenziaria) Ristretti Orizzonti, 1 gennaio 2014 Nonostante l’attuale attenzione sul carcere, si sta consumando in modo silenzio l’eliminazione di psicologi e criminologi penitenziari: dopo 35 anni, per la prima volta, non verranno riconfermati. Si tratta di quegli operatori che, a partire dal 1978, collaborano con l’amministrazione penitenziaria per il sostegno, l’osservazione della personalità e il trattamento dei detenuti per favorire il cambiamento e combattere la recidiva, un lavoro delicato con forti ricadute sulla sicurezza sociale e sulla salute dei detenuti, un lavoro che richiede una lunga esperienza. Il Ministero della giustizia, con una Circolare ad inizio estate i cui effetti si stanno vedendo in questi giorni, ha azzerato 35 anni di esperienza ed inaugurato lo psicologo/criminologo ad orologeria: via tutti i "vecchi" e i "nuovi" lavoreranno al massimo per quattro anni. Una parte dei "vecchi" ha commesso un peccato originale: ha chiesto negli anni scorsi ai giudici del lavoro il riconoscimento del lavoro dipendente (convenzioni rinnovate per decenni, timbrare il cartellino, rispettare ordini di servizio, ecc.); tale richiesta era avvenuta, peraltro, in modo parallelo al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria aveva chiesto la "stabilizzazione" di tale lavoro. Nessuno pensava di macchiarsi di lesa maestà, ma anzi di spingere verso una inevitabile soluzione: perché tenere in un regime precario e contrattualmente anomalo circa 450 "esperti" che svolgevano una attività ritenuta da tutti fondamentale? A tale "contenzioso", che era stato preceduto da anni di richieste per rendere stabile il lavoro e che lo stesso Dap nel 2005 in uno specifico protocollo aveva riconosciuto come una richiesta legittima, non è stato risposto con la ricerca di una soluzione adeguata (come ad esempio un contratto idoneo), ma con una politica difensiva e reattiva. Per eliminare i "vecchi" già ritenuti idonei tramite una selezione per titoli ed esame e in servizio (i primi dal 1978), si cancella con una Circolare l’idoneità acquisita, si costringere a fare una selezione già effettuata e che d’ora in avanti avverrà ogni 4 anni e con criteri di valutazione che cancellano l’esperienza: - si valutano i titoli solo dopo il 2005; - viene valutato solo tirocinio/stage e non il lavoro svolto! I primi risultati, ampiamente previsti, si sono concretizzati in questi giorni e si concretizzeranno nelle prossime settimane: in Campania (Napoli), ed esempio, un collega che lavora da anni è al 220° posto a 0 (zero) punti. Questa mattina, 31 dicembre 2013, abbiamo inviato al Dap e per conoscenza a Ministro e Sottosegretari alla giustizia, una richiesta di rinvio dell’applicazione della Circolare e la proroga delle convenzioni per un anno: in questo modo si favorirebbe la continuità del servizio e si eviterebbe l’eliminazione di psicologi e criminologi che lavorano da moltissimi anni. Tale rinvio permetterebbe, inoltre, la ricerca di una soluzione che tuteli contemporaneamente il Ministero della giustizia, gli psicologi e i criminologi penitenziari e, soprattutto, i detenuti a cui sono rivolti i nostri interventi. Questa nota è diretta sicuramente a sensibilizzare i vertici del Dap e il Ministero della Giustizia, ma è diretta anche ai Garanti dei detenuti, ai Magistrati di sorveglianza, ai Direttori degli istituti penitenziari e degli uffici dell’esecuzione penale esterna, agli educatori, agli assistenti sociali, alla polizia penitenziaria e ai volontari affinché offrano il loro contributo per evitare che l’importante patrimonio umano e professionale maturato da psicologi e criminologi penitenziari venga disperso. Lettera ai vertici del Dap Al Capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria Giovanni Tamburino Al Vice Capo Dipartimento Vicario Luigi Pagno Al Vice Capo Dipartimento Francesco Cascini Al Direttore Generale Personale e Formazione Riccardo Turrini Vita Al Direttore Generale Detenuti e Trattamento Roberto Calogero Piscitello Al Direttore Generale Esecuzione Penale Esterna Emilio Di Somma Ai Provveditori Regionali Amministrazione Penitenziaria e, p.c. Al Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri Ai Sottosegretari alla Giustizia Giuseppe Berretta e Cosimo Maria Ferri Oggetto: Richiesta rinvio applicazione Circolare 3645/6095 dell’11 giugno 2013 "Impiego degli esperti di cui all’art. 80, comma 4, della legge 26 luglio 1975, n. 354" e delle relative Selezioni e proroga Convenzioni. Inviamo questa lettera di fine anno per chiedere il rinvio della applicazione della Circolare di giugno sull’impiego degli esperti": la nostra richiesta è quella di una proroga per un anno delle convenzioni in atto e non rendere esecutive le nuove selezioni. Tale richiesta avviene dopo l’incontro del 4 dicembre 2013 al DAP e il permanere, ad oggi, delle difficoltà legate al "contenzioso" aperto in passato: avere un anno a disposizione potrebbe favorire la ricerca di una soluzione diversa dall’eliminazione di chi già lavora, individuando anche percorsi legislativi nei primi mesi del 2014. La nostra richiesta, argomentata in più occasioni, è ulteriormente rafforzata anche dall’esito dei primi elenchi dove colleghi psicologi e criminologi che lavorano con impegno da anni si trovano a zero punti e oltre il duecentesimo posto (sono stati considerati i titoli maturati solo prima del 2005, non è stata valutata l’esperienza di lavoro, ma solo stage e tirocini e al colloquio non è stato assegnato alcun punteggio). In attesa di un riscontro positivo, vista la delicatezza della questione e in una fase di cambiamento del sistema penitenziario, si inviano cordiali saluti. Alessandro Bruni (Società Italiana Psicologia Penitenziaria) Calabria: l’Assessore Salerno; la Regione sarà protagonista in progetti recupero dei detenuti Ansa, 1 gennaio 2014 "Così come preannunciato ed in considerazione degli impegni espressi ed assunti a livello nazionale dalla Commissione politiche sociali al fine di costituire uno specifico gruppo di lavoro che consenta di approfondire il tema dalla formazione e dell’avvio al lavoro di detenuti ed ex detenuti, ho visitato oggi il carcere di Siano, con l’istituto minorile a Catanzaro e la struttura detentiva di Palmi". Lo afferma in una nota l’assessore regionale alle Politiche sociali Nazzareno Salerno. "Il tema - prosegue - è di quelli che riguarda direttamente la politica nazionale ma la sua drammaticità impone a tutti, nell’ambito delle rispettive competenze e possibilità, un impegno costante e quotidiano. L’art. 3 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo sottolinea che "le condizioni detentive di ogni ristretto siano compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongano l’interessato ad un disagio o ad una prova d’intensità superiore all’inevitabile livello di sofferenza inerente alla detenzione e che, tenuto conto delle esigenze pratiche della reclusione, la salute e il benessere del detenuto siano adeguatamente assicurate". E quando ci si relaziona a temi come questi naturalmente si pensa subito alla necessaria riduzione del numero complessivo dei reclusi ma ugualmente importanti e decisive sono tutte quelle azioni necessarie a rendere dignitose le condizioni di detenzione, non solo i luoghi e gli spazi dunque ma anche e soprattutto all’attuazione concreta del dettato costituzionale che assegna alla pena una funzione rieducativa. Da questo punto di vista la formazione e le prospettive lavorative sono elementi che conferiscono alla pena da scontare un significato civile ed etico in vista di quel reinserimento che rappresenta un obiettivo irrinunciabile per una democrazia che possa dirsi piena e matura. Formazione, recupero e reinserimento lavorativo sono, dunque, aspetti che spesso e purtroppo vengono posti in secondo piano rispetto ad altre drammatiche emergenze, le visite agli Istituti penitenziari sono servite dunque innanzitutto a questo e cioè verificare direttamente, e sotto questi profili, la condizione attuale nelle carceri calabresi. In particolare ho potuto apprezzare alcuni esempi di assoluta positività, nell’Istituto minorile di Catanzaro i due laboratori dedicati alla cucina ed alla pasticceria, nel carcere di Siano invece due strutture nelle quali si sperimenta e si insegna la lavorazione del legno e della ceramica; esempi positivi a partire dai quali è possibile ragionare di recupero e reinserimento con approcci autenticamente concreti. Mi ha anche confortato rispetto a queste strutture la non esistenza di quel drammatico problema del sovraffollamento e la possibilità di verificare con quanto impegno e dedizione il personale si dedichi ad un lavoro che certamente non è tra i più semplici anche avendo riguardo ad una carenza di organico evidente e che richiederebbe immediate soluzioni. Nel carcere di Palmi, invece, ho verificato come il problema del sovraffollamento e la carenza di organico renda necessari, per questa struttura, interventi radicali che certo non possono essere rimandati". "In aderenza al percorso avviato a livello nazionale dalla Commissione Politiche sociali, la Regione, sulla base del monitoraggio effettuato - conclude Salerno - sarà protagonista di un rinnovato percorso per la definizione di progetti e programmi utili alla formazione ed al reinserimento lavorativo dei detenuti". Cagliari: Socialismo Diritti Riforme; fine anno a Buoncammino con due neonate in cella Ristretti Orizzonti, 1 gennaio 2014 Il 2014 inizierà a Buoncammino con due neonate dietro le sbarre. Sono infatti ancora rinchiuse nella Casa Circondariale di Cagliari S. e V. di 30 e 32 giorni di vita, giunte la sera di Natale. Le piccole condividono la limitazione della libertà insieme alle due giovani mamme di 24 e 31 anni processate per direttissima per tentato furto e condannate a due anni e due mesi. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione "Socialismo Diritti Riforme", delineando luci ed ombre sulla situazione dell’Istituto Penitenziario nell’ultimo giorno del 2013. "La presenza delle piccole - dichiara Caligaris -, monitorate costantemente dai Medici e dalle Agenti della Polizia Penitenziaria, è vissuta con particolare apprensione. La tenerissima età in un ambiente difficile anche per persone adulte, richiama ancora una volta l’urgenza di disporre in Sardegna di un Istituto a custodia attenuata per madri detenute". L’anno si conclude purtroppo con problemi di sovraffollamento nell’Istituto cagliaritano, in particolare nel Centro Clinico dove a fronte di 30 posti si trovano una quarantina di ricoverati. "Grazie alla Magistratura di Sorveglianza e all’Area educativa dell’Istituto sono stati concessi 70 permessi per le Festività, ma nella Casa Circondariale si trovano oltre 380 reclusi (18 donne) contro i 345 posti regolamentari. La riduzione delle presenze è dovuta in parte all’apertura di Sassari-Bancali dove sono stati trasferiti una trentina di detenuti le cui famiglie sono residenti nel Sassarese, e cittadini extra comunitari. Le principali novità dell’anno hanno riguardato l’inaugurazione delle nuove carceri di Tempio, Sassari e Oristano". "Anche il 2013 - ricorda Caligaris che ha effettuato con il segretario Gianni Massa diversi sopralluoghi nella nuova struttura - è trascorso inutilmente per quanto riguarda la consegna del Villaggio Penitenziario in fase di realizzazione nel territorio di Uta, nonostante la custodia degli edifici a ottobre sia stata trasferita dal Ministero delle Infrastrutture a quello della Giustizia. Quest’anno si sono acuiti i conflitti di carattere sindacale per il mancato regolare pagamento dei salari ai lavoratori da parte dell’impresa "Opere Pubbliche". Sfumate le ipotesi di apertura di ottobre e di dicembre, la prossima tappa indicata è quella di gennaio ma si pensa già a un altro rinvio per l’inaugurazione a metà marzo. Per avere certezze tuttavia occorrerà rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono di portare a termine la Casa Circondariale che ospiterà 650 detenuti, 90 dei quali in regime duro". Napoli: i detenuti, dopo la visita del cardinale Crescenzio Sepe… aspettano il Papa di Dario Del Porto La Repubblica, 1 gennaio 2014 "Carissimi amici, ho vivamente desiderato che, durante la mia visita pastorale alla città ed alla diocesi di Napoli, non mancasse questa sosta nell’istituto di Poggioreale e sono particolarmente lieto di trovarmi fra voi". Cominciò così, l’11 novembre 1990, il memorabile discorso tenuto da Giovanni Paolo II ai reclusi del carcere cittadino, allora come oggi alle prese con gravi problemi di sovraffollamento. Quasi un quarto di secolo dopo, un altro pontefice si prepara a incontrare i detenuti di Napoli. "Sicuramente, oltre alle istituzioni, papa Francesco vorrà un contatto con realtà concrete che potrebbero certamente essere un carcere e un ospedale", ha spiegato il cardinale Crescenzio Sepe a margine della messa celebrata ieri a Poggioreale. L’arcivescovo ha incontrato papa Bergoglio prima di Natale. Insieme hanno cominciato a gettare le basi per la visita del Papa a Napoli, prevista per il nuovo anno. "Conoscendo papa Francesco - ha aggiunto Sepe - credo che certamente la visita a un carcere o a un ospedale non la mancherà. Se dovesse venire qui, naturalmente questi detenuti gli parleranno, perché oltre le istituzioni ci vuole un contatto diretto. Credo che la stessa cosa potrebbe esserci anche per un ospedale. Dipende poi da quante ore riesce a fermarsi, visto che avrà certamente anche un incontro con i sacerdoti". Al pranzo organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio nel carcere di Secondigliano ha preso parte invece il sindaco Luigi de Magistris che si è intrattenuto con gli 83 reclusi insieme al direttore dell’istituto Liberato Guerriero. A Poggioreale, il cardinale ha celebrato la messa insieme a don Franco Esposito, il cappellano del carcere, alla presenza di circa 300 detenuti dell’istituto più affollato d’Italia. "I reclusi non sono esclusi dalla società", ha sottolineato il presule, ricordando che "la situazione di difficoltà dei carcerati è nota anche a livello internazionale e pure il presidente Napolitano sta cercando risposte. Qualcosa si sta muovendo, per dare a voi fiducia, speranza di redenzione e di reinserimento nella società". Ai napoletani, il presule ha augurato "serenità e soprattutto lavoro, lavoro, lavoro". Il direttore del carcere di Poggioreale, Teresa Abate, ha ricordato la visita del Capo dello Stato e la riorganizzazione del sistema dei colloqui: "Le famiglie non aspettano più all’esterno e per i figli minori dei detenuti c’è un’area verde per un colloquio più umano con il padre". Alla cerimonia era presente anche il presidente del Tribunale di Sorveglianza, Carminantonio Esposito, che ha espresso "cauto ottimismo per la situazione delle carceri, soprattutto se confrontata a quella del 2012". Ma l’applauso più forte è arrivato quando il cardinale Sepe ha garantito: "Fino a quando ci sarò io, potrete sempre vedere le partite del Napoli". La Curia infatti ha donato all’istituto il collegamento per vedere il calcio in tv. Sulmona (Aq): Sasà, il detenuto cantautore che scrive per Gragnianiello Il Centro, 1 gennaio 2014 Da detenuto del carcere di Sulmona ad autore di canzoni per affermati cantautori napoletani. È la storia di Sasà, al secolo Salvatore Cosenza, napoletano di Fuorigrotta, che dopo la drammatica esperienza del carcere è riuscito a reinserirsi alla grande nel mondo di tutti i giorni. Una storia esemplare e di riscatto sociale, quella di Sasà, che è stata scritta grazie alle sue capacità e alla sua grande forza di volontà. Ma anche grazie all’incontro con Frank Mastrogiuseppe, educatore del carcere che lo ha seguito nella sua permanenza tra le sbarre. Nel periodo della sua carcerazione scrive 18 racconti nei quali trasmette i suoi sentimenti quotidiani e il percorso tortuoso del carcere. Sasà doveva scontare una pena per ricettazione ed estorsione, fino all’agosto 2015. In virtù del comportamento esemplare, ha ottenuto dal giudice di sorveglianza, l’affidamento ai servizi sociali. Dai suoi racconti nasce il disco "Malasorte", che vede la collaborazione e la partecipazione di Enzo Gragnaniello, Ciccio Merolla, Franco Del Prete. India: dopo quasi 2 anni di battaglie legali, i marò sono ancora detenuti Asca, 1 gennaio 2014 Quasi due anni di battaglie legali e i due marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, sono ancora detenuti in India. La controversa vicenda comincia il 15 febbraio del 2012, quando un mercantile battente bandiera italiana, la Enrica Lexie, incrocia un’imbarcazione di pescatori locali nel corso di un’operazione anti-pirateria internazionale. I due fucilieri del Reggimento San Marco - secondo le accuse delle autorità locali - aprono il fuoco contro i due civili scambiandoli per pirati. Muoiono due padri di famiglia originari del Kerala, Ajesh Binki e Valentie. L’incidente scatena uno scontro diplomatico tra Roma e Nuova Delhi. Latorre e Girone vengono arrestati con l’accusa di omicidio e, dopo alcuni giorni, trasferiti nel carcere di Thiruvananthapuram. L’allora governo italiano di Mario Monti attiva immediatamente i canali diplomatici necessari al rilascio dei due militari. A prescindere dalla dinamica del presunto attacco, l’Italia rivendica la competenza giuridica del caso poiché - sostiene - avvenuto in acque internazionali. Le autorità keralesi, dal canto loro, si oppongono con fermezza ed aprono un processo giudiziario nei confronti dei due marò. Un processo che nel 2013 - a un anno dal fatto - subisce nuovi capovolgimenti. Tra i molti il passaggio delle indagini in mano alla Nia, l’autorità indiana competente per i reati di terrorismo. In un primo momento trapela la notizia che i due fucilieri possano essere condannati alla pena di morte. L’inviato speciale del governo, Staffan de Mistura, smentisce categoricamente, garantendo su un accordo scritto raggiunto tra i due Paesi che escluda la pena capitale per i due militari. Nelle scorse settimane la fase delle indagini è stata finalmente chiusa e la sentenza della Corte Suprema - a cui è passata la giurisdizione del caso - è attesa per marzo. Intanto, per questo Natale, a differenza del 2012, Latorre e Girone non hanno potuto disporre di alcuna licenza speciale per rientrare in Italia dalle loro famiglie. Capodanno con parenti, amici e qualche sorpresa È stato un Capodanno all’insegna della semplicità quello festeggiato con famigliari ed amici nel compound dell’ambasciata d’Italia a New Delhi dal capo di prima classe della Marina Massimiliano Latorre e dal secondo capo Salvatore Girone, bloccati in India da oltre 22 mesi in attesa del processo in cui sono implicati per la morte di due pescatori il 15 febbraio 2012 al largo delle coste del Kerala. Semplice, ma con qualche gradita sorpresa, come le due magliette del Milan, con il n.1 e i cognomi dei due fucilieri di Marina, regalate con "molto affettuosi auguri" dal vicepresidente della società Adriano Galliani. O come il video-messaggio inviato da Dubai dall’"equipaggio tutto" della portaerei Cavour, che ha "commosso" i marò. In esso si dice che "quello che avete visto viene dal cuore di tutti noi. Ve l’avranno detto in tanti, ma noi non abbiamo mai smesso di vedere in voi una parte della nostra stessa vita. Avete dimostrato di che pasta sono fatti gli italiani". Grazie anche ad una nottata non particolarmente rigida, la terrazza di una delle abitazioni del personale in servizio nella rappresentanza diplomatica italiana ha ospitato l’attesa del Nuovo Anno di Latorre, con la compagna Paola Moschetti, e di Girone, con la moglie Vania Ardito, insieme ad una ventina fra altri parenti e persone care. Brindisi rituale e qualche botto alle 24, poi mezz’ora dopo tutti seduti per ascoltare il presidente della repubblica Giorgio Napolitano leggere alcune delle lettere inviategli da cittadini comuni. E per sentirlo dire: "Voglio ricordare (...)l’impegno dei nostri militari nelle missioni internazionali tra le quali quella contro la nuova pirateria a cui partecipavano i nostri marò Salvatore Girone e Massimiliano La Torre, ai quali confermo la nostra vicinanza". Al termine del messaggio di Napolitano, l’applauso di tutti, e poi via ad una intensa attività di saluti, via cellulare e Skype, fra cui, toccante, quello di Massimiliano con la mamma di 82 anni che per motivi di salute non ha potuto viaggiare fino in India. Stati Uniti: Lillo Brancato, la star della serie Tv "I Soprano" che esce dal carcere di Maghdi Abo Abia www.giornalettismo.com, 1 gennaio 2014 Il New York Post ci parla di Lillo Brancato, l’attore diventato famoso grazie alla serie Tv "I Soprano", e della sua scarcerazione che arriverà oggi, ponendo così fine ad un periodo di detenzione di otto anni al quale è stato condannato per la sua partecipazione ad una rapina finita con la morte di un poliziotto fuori servizio. Brancato, attore colombiano adottato da una famiglia messinese trasferitasi in America, ha comunicato la sua felicità su Twitter scrivendo che ieri, lunedì, sarebbe stato il suo ultimo giorno da carcerato. L’attore si fece conoscere al grande pubblico nel 1993 grazie al film "Bronx", diretto da Robert De Niro, che lo scoprì mentre era impegnato in una nuotata. La vita dell’oggi 37enne cambiò però nel 2005 quando venne arrestato per una rapina finita male conclusasi con la morte di un poliziotto, Daniel Enchautegui. L’attore in quell’occasione prese parte ad una rapina nel Bronx nella casa di un suo amico per rubare della droga assieme al padre della fidanzata ma l’azione degenerò ed il colpo si concluse con la morte del poliziotto ed il ferimento dell’attore, colpito da due pallottole sparate da Enchautegui. Il 23 dicembre 2008 venne assolto dall’accusa di omicidio ma il 9 gennaio 2009 venne condannato a dieci anni di carcere per rapina, di cui tre già scontati. Ed oggi potrà godere di uno sconto di pena grazie ad un accordo particolare che prevede per lui la libertà vigilata per i prossimi cinque anni con coprifuoco alle ore 22. Un accordo sicuramente strano, visto che il suo rilascio era previsto per luglio senza alcuna condizione, a scadenza di un periodo detentivo di otto anni. Secondo le indagini a colpire l’agente Enchautegui è stato il complice di Brancato, Steven Armento, che l’ha colpito nel petto dopo che il poliziotto, fuori servizio, aveva sentito strani rumori provenire dalla casa. Una volta visto Brancato che prendeva a calci una finestra ha sparato ferendo i due per poi essere ucciso. La sua uscita dal carcere ha indignato la sorella del poliziotto ucciso, Yolanda Rosa: "Sono ancora dispiaciuta per il fatto che non sia stato condannato per omicidio e che non abbia passato abbastanza tempo dietro le sbarre -ha detto la donna che ha poi aggiunto- non so come si sentirà domani quando camminerà libero per strada mentre mio fratello non potrà più farlo". La donna ha spiegato che l’attore in galera si è comportato come un detenuto modello anche se sembra che lo scorso anno abbia picchiato con una cornetta del telefono un compagno di cella. Il presidente della Patrolmen’s Benevolent Association, Pat Lynch, ha assicurato che gli agenti vigileranno fino in fondo sul rispetto da parte di Brancato della libertà vigilata. E se anche dovesse sgarrare di un solo minuto, e questa sembra una promessa, l’attore tornerà dentro per scontare la pena. Stati Uniti: liberati ultimi tre uiguri detenuti a Guantánamo, ora sono in Slovacchia Ansa, 1 gennaio 2014 Il Pentagono ha annunciato la liberazione dei tre ultimi uomini cinesi di etnia uigura detenuti nel supercarcere di Guantánamo e il loro trasferimento in Slovacchia, il Paese che ha accettato di accoglierli, chiudendo così un caso imbarazzante per gli Stati Uniti. I tre - di religione musulmana, catturati in Afghanistan nel 2001 e sospettati di terrorismo - erano stati giudicati non colpevoli nel 2008, con tanto di ordinanza di scarcerazione da parte del giudice militare. Ma la loro liberazione è stata di volta in volta rinviata per l’impossibilità fino ad oggi di trovare un luogo sicuro in cui trasferirli. Tornando nel loro Paese di origine, la Cina, rischierebbero infatti la persecuzione. Le autorità slovacche hanno confermato che i tre uomini sono già arrivati nel Paese slavo e si trovano attualmente in un campo per immigrati. Il trasferimento è avvenuto col consenso degli ex prigionieri. Cina: dai campi di rieducazione alle "celle nere"? di Alessandro Graziadei www.unimondo.org, 1 gennaio 2014 Il 2014 è alle porte. È tempo di bilanci e in materia di diritti umani non tutti sono positivi, almeno in Cina, dove le analogie con la Corea del Nord (raccontate solo qualche settimana fa) non sembrano limitarsi alle prossimità geografiche. Il 15 novembre scorso la Cina aveva ufficializzato l’abolizione del longevo sistema della rieducazione attraverso il lavoro, che per decenni era stato usato per trattenere arbitrariamente centinaia di migliaia di persone senza né accusa, né processo. Un passo sollecitato e lungamente atteso da molte organizzazioni per i diritti umani anche perché il percorso "rieducativo" prevedeva spesso la tortura affinché i reclusi rinunciassero alle loro idee politiche o religiose e alle loro opinioni personali. Non è un caso, infatti, se dai campi della rieducazione attraverso il lavoro della Cina sono arrivate negli anni tante tremende testimonianze come quella di Zhang Lianying che è stata per tre volte nei campi per la rieducazione a causa della sua fede religiosa. Nel famigerato campo di Masanjia (raccontato dal fotoreporter cinese Du Bin, che su Masanjia ha girato uno sconvolgente documentario e scritto un libro), la Lianying è stata sottoposta regolarmente, anche 20 volte al giorno, alla tortura della cremagliera: sdraiata su un telaio di legno, braccia e gambe legate a dei tiranti che venivano fatti girare provocando dolore intenso. A volte la denudavano e fino alla fine del "trattamento" non poteva andare in bagno, bere o mangiare. Adesso pestaggi, scariche elettriche, annegamento simulato (il "water boarding" di cui molto si parla a proposito degli interrogatori di sospetti terroristi da parte della Cia), iniezioni di sostanze sconosciute, minacce nei confronti dei familiari, diniego del cibo e delle visite dei parenti sembrano finalmente finite, ma le ricerche di Amnesty International dimostrano che le autorità stanno incrementando l’uso di altri sistemi per punire le persone da "rieducare". In un documento in inglese e dall’ironico quanto amaro titolo "Changing the soup but not the medicine?": Abolishing re-education through labour in China reso pubblico la scorsa settimana Amnesty International ha dichiarato che "l’abolizione del sistema della rieducazione attraverso il lavoro rischia di essere una modifica di facciata, poiché le autorità cinesi stanno già mettendo in opera altre forme di persecuzione".??Secondo Amnesty International, mentre i campi della rieducazione attraverso il lavoro vengono chiusi, le autorità cinesi ricorrono sempre di più alle cosiddette "celle nere" cioè dei centri per la riabilitazione obbligatoria dei tossicodipendenti e dei "centri per il lavaggio del cervello". "Abolire il sistema della rieducazione attraverso il lavoro è stato un passo nella giusta direzione. Tuttavia, pare trattarsi di una mera modifica di facciata per evitare la condanna dell’opinione pubblica nei confronti di un sistema in cui la tortura era la norma - ha dichiarato Corinna-Barbara Francis, ricercatrice di Amnesty International sulla Cina - È evidente che la politica di fondo di punire le persone per le loro attività politiche o per la loro fede religiosa, non è mutata. Gli abusi e le torture continuano, solo in modo diverso". A quanto pare i vecchi campi per la rieducazione attraverso il lavoro vengono ora ristrutturati o viene loro semplicemente cambiato nome. Alcuni hanno riaperto o sono stati meramente chiamati "centri per la riabilitazione dei tossicodipendenti" anche se la maggior parte di questi offre ben pochi trattamenti disintossicanti e opera in modo praticamente identico ai campi per la rieducazione attraverso il lavoro, in cui i detenuti possono rimanere per anni, sottoposti a duro lavoro forzato e a maltrattamenti.?? Le autorità hanno inoltre aumentato anche l’uso dei cosiddetti "centri per il lavaggio del cervello", talvolta denominati ufficialmente scrive Amnesty "classi per l’educazione legale", destinati prevalentemente ai praticanti del Falun Gong con l’obiettivo dichiarato di farli rinunciare alla loro fede attraverso i maltrattamenti e la tortura. Sempre dal rapporto Changing the soup but not the medicine? risultano in aumento anche l’uso delle cosiddette "celle nere". Si tratta di strutture detentive non ufficiali, spesso allestite casualmente in alberghi o edifici abbandonati, per imprigionare i promotori delle petizioni di protesta. Queste carceri non hanno alcuna base legale nella legge cinese e le autorità continuano a negarne l’esistenza, lasciando i detenuti potenzialmente ancora più a rischio di subire violazioni dei diritti umani che nei campi per la rieducazione attraverso il lavoro. "Molti detenuti, dopo aver trascorso anni nei campi per la rieducazione attraverso il lavoro, ora vengono trasferiti nelle celle nere, nei centri per il lavaggio del cervello o nei centri per la riabilitazione dei tossicodipendenti, solo perché si ostinano a non rinunciare ai loro diritti e alle loro idee" ha denunciato la Francis. Occorre quindi un cambiamento profondo e non solo di facciata nelle politiche cinesi che sono alla base della repressione e che privano i detenuti dei loro diritti più elementari. Per questo "Le autorità cinesi devono porre immediatamente fine a ogni forma di detenzione arbitraria e assicurare che le leggi a tutela dei detenuti siano in linea con gli standard internazionali sui diritti umani" ha concluso la Francis, che ha ricordato come "Fino a quando queste politiche saranno in vigore, le autorità cinesi si limiteranno a trovare una forma al posto di un’altra per punire le persone che considerano una minaccia". Secondo dati diffusi dal Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite, attualmente sarebbero ancora circa 190 mila i cinesi ancora rinchiusi nei 320 campi di lavoro in fase di "smantellamento". Molti di loro non possono più sopportare semplicemente un cambiamento di nome alla loro "rieducazione".