Giustizia: emergenza carceri, il tempo corre... la politica no di Danilo Paolini Avvenire, 16 gennaio 2014 Di certo, per ora, c’è soltanto il sovraffollamento ormai cronico delle nostre prigioni e la data entro la quale l’Italia dovrà compiere una missione che, allo stato, sembra ancora impossibile. La Corte europea per i diritti dell’uomo, infatti, ci ha dato tempo fino al 28 maggio per rendere dignitosa la permanenza in cella dei detenuti. In caso contrario, la stessa Corte accoglierà tutti i ricorsi per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea (che, detto per inciso, riguarda la "proibizione della tortura" e sotto questa voce include anche i trattamenti degradanti dovuti al sovraffollamento penitenziario) analoghi a quello che ha condotto alla sentenza pilota: "Torreggiani più sei contro l’Italia". Quella causa è infatti già stata vinta dai sette, reclusi per mesi negli istituti di Piacenza e Busto Arsizio in celle triple con a disposizione meno di quattro metri quadrati a persona: il risarcimento complessivo è stato fissato in circa 100mila euro. Se le cose non cambiano, altre centinaia di ricorsi varcheranno le Alpi con ottime probabilità di essere accolti. Sarebbe un ulteriore passivo per le casse dello Stato, nonché un nuovo danno d’immagine per le nostre istituzioni. Sono i pericoli ai quali si va incontro quando si tengono oltre 62mila persone in 206 strutture che ne potrebbero ospitare al massimo 48mila. Di questa vergogna nazionale ha parlato più volte (e da anni) il presidente della Repubblica, osservando che la "mortificante sentenza" dei giudici europei ha messo "in gioco il prestigio e l’onore dell’Italia". Concetti rimarcati da Napolitano anche con uno degli strumenti che la Costituzione mette a disposizione del capo dello Stato, il messaggio alle Camere. Un messaggio stringente, quello datato 8 ottobre 2013, nel quale il presidente, ricordando la scadenza inderogabile di fine maggio, elencava una serie di possibili soluzioni: "Innovazioni di carattere strutturale" come le pene alternative al carcere; aumento della "capienza complessiva degli istituti penitenziari" con il recupero di spazi oggi in disuso per vari motivi; eventuali "rimedi straordinari" come l’indulto e l’amnistia. Da quel giorno sono ormai trascorsi più di tre mesi e nessuna delle due Camere ha ritenuto di mettere all’ordine del giorno un dibattito sul messaggio del Quirinale. In compenso, alcune delle indicazioni presidenziali sono state recepite in provvedimenti varati dal governo o d’iniziativa parlamentare. È il caso del "decreto Cancellieri", che aumenta da 45 a 75 giorni "l’abbuono" di detenzione per ogni 6 mesi di pena scontata a partire dal 2010. Per il momento, secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il numero dei detenuti sta scendendo in media di 200 a settimana, ma nel frattempo i Tribunali di sorveglianza lamentano di essere già sommersi di richieste che non riescono a esaminare. Il provvedimento inoltre, derubricando i reati legati al piccolo spaccio, prevede l’affidamento terapeutico per i tossicodipendenti e l’espulsione dei condannati extracomunitari. Altri testi in itinere sono la riforma della custodia cautelare (già approvata dalla Camera, ora in attesa del voto del Senato) e la messa alla prova (che sta facendo il medesimo percorso), istituto già sperimentato con buoni risultati nel processo penale minorile. Qualcuno resta però convinto che l’unico modo per disgorgare nei tempi consentiti il circuito carcerario è l’amnistia, magari accompagnata da un indulto che eliminerebbe preventivamente altre condanne al carcere e, in più, alleggerirebbe il lavoro dei tribunali. Ma con quattro mesi a disposizione, con il segretario del Pd Renzi contrario e con il Parlamento diviso, questa sembra ormai un’ipotesi di scuola. Casellati (FI): "Puntare sul lavoro per diminuire il tasso di recidiva" (Intervista di Giovanni Grasso) "Dobbiamo puntare di più sulla rieducazione attraverso il lavoro. Le statistiche ci dicono chiaramente che se c’è reinserimento si abbassano le recidive e, quindi, i rientri in carcere che oggi sembrano avere le porte girevoli". Elisabetta Casellati, già sottosegretario alla Giustizia nell’ultimo governo Berlusconi, punta il dito sulla complessità della questione. "Il problema è molto antico - spiega - e in passato si è fatto poco per dar vita a provvedimenti strutturali. Bisogna cercare le soluzioni, anche in vista della scadenza europea, su livelli paralleli". Forza Italia cosa propone? C’è intanto il problema degli stranieri in carcere. Bisogna continuare quello che si era cominciato a fare con il governo Berlusconi, ossia promuovere accordi bilaterali in modo da far scontare la pena ai detenuti stranieri nei loro Paesi di origine. I detenuti tossicodipendenti sono circa il 30 per cento della popolazione carceraria. Per una parte di loro, quelli cioè che non hanno commesso delitti gravi, si potrebbe studiare la possibilità di scontare la parte finale della pena nelle comunità terapeutiche. Poi c’è la necessità di depenalizzare i reati a scarso impatto sociale. E quella di riformare la carcerazione preventiva. Ci spieghi meglio... Nel 2007 sono entrati in carcere, per custodia cautelare, 94 mila persone con una media di tre giorni di detenzione. Si tratta di una massa di persone che provocano uno stress pesantissimo sull’organizzazione delle strutture carcerarie. Dovremo pensare a creare strutture apposite, più leggere. Dambruoso: "Misure strutturali, quelle d’emergenza sono inadatte" (Intervista di Vincenzo R. Spagnolo) "Non manca molto a fine maggio, quando scadrà l’ultimatum della Corte di Straburgo. Ma confido che il Parlamento saprà portare a termine in tempo le riforme di giustizia avviate con le norme "svuota carceri"...". Stefano Dambruoso, già magistrato antiterrorismo e ora questore di Scelta civica a Montecitorio, è fiducioso. Le misure per ridurre il vergognoso sovraffollamento carcerario, afferma, "si faranno in tempo, ma è bene che siano misure strutturali, non emergenziali". Non teme che, senza il ricorso ad amnistia e indulto, non si raggiunga in tempo l’obiettivo di tornare a parametri normali? Credo che lo si possa raggiungere, senza per forza dover ricorrere a provvedimenti una tantum che in passato si sono rivelati inadatti a risolvere i problemi. Lo dico nel rispetto dell’appello rivolto dal capo dello Stato, osservando solo che le statistiche confermano come occasionali atti di clemenza non producano gli effetti di riforme strutturali. Come quella che restringe il ricorso alla custodia cautelare in carcere, ora al vaglio del Senato. Come la valuta, da ex pm? Credo che sia opportuna. Si possono garantire le esigenze cautelari e quelle di sicurezza senza per forza dover ricorrere al carcere. Per molti casi c’è un ventaglio di misure, a partire dagli arresti domiciliari, cui fare ricorso. Ma vorrei aggiungere una cosa... Dica... Nell’affrontare la questione carcere e detenuti, non vorrei che dimenticassimo le difficoltà e le carenze d’organico degli agenti penitenziari. E neppure i problemi di chi è vittima di un reato. Come Sc, metteremo l’accento anche su questo. Molteni (Lega): "Rispediamo i detenuti stranieri nei Paesi d’origine" (Intervista di Giovanni Grasso) No netto della Lega "contro ogni forma di indulto mascherato". Spiega Nicola Molteni, membro della commissione Giustizia della Camera: "Dobbiamo partire da un dato: con le aziende che chiudono, la disoccupazione generale che tocca il 12 per cento e quella giovanile che con il 42 per cento tocca la sua punta massima, quella delle carceri non è la priorità del Paese". Però c’è il rischio che a maggio l’Italia venga sommersa da ricorsi e da richieste di indennizzo... Il problema è che in Italia l’emergenza viene gestita sempre con provvedimenti d’urgenza. Anche le norme in discussione alla Camera sulle misure alternative alla carcerazione testimoniano il fallimento della politica carceraria. Si è costretti a varare continui provvedimenti svuota carceri facendo venire meno quel caposaldo della cultura giuridica che è la certezza della pena. Ossia l’assunto che chi sbaglia paga. Alcuni di questi provvedimenti, come quello che porta lo sconto di pena da 45 a 75 giorni, è una vergognosa forma di indulto mascherata. In gioco c’è anche il bene primario della sicurezza dei cittadini. L’urgenza però bisognerà pur affrontarla. La Lega che ricetta ha? Niente provvedimenti svuota carceri, rilancio dell’edilizia carceraria, anche attraverso il restauro di quei 38 carceri abbandonati. Ci domandiamo che fine hanno fatto i 650 milioni (poi ridotti a 400) stanziati dal governo Berlusconi per costruire nuovi istituti. Infine gli stranieri: sono il 33 per cento della popolazione carceraria. Bisogna incentivare gli accordi con i Paesi di provenienza, in modo che costoro possano scontare la pena nel loro Paese. Cappelletti (M5S): "Amnistia inutile, molto meglio depenalizzare" (Intervista di Luca Mazza) "Amnistia e indulto? Non li voteremo mai. C’è lo zero per cento di possibilità. E non cambiamo idea neanche di fronte al limite di fine maggio posto dalla condanna della Corte dei dritti di Strasburgo". Enrico Cappelletti, capogruppo del M5S nella Commissione Giustizia al Senato, non lascia aperto nemmeno uno spiraglio. Purtroppo il tempo stringe... Insisto: amnistia e indulto non servono. Basta ricordare la lezione del 2006. Dopo due anni è riesplosa l’emergenza. Del resto anche Napolitano, nel messaggio alle Camere, ha inserito queste due soluzioni in fondo alla lista degli interventi da attuare. Siamo d’accordo con lui". Quali misure immediate propone M5S? Cominciamo a depenalizzare i piccoli reati. Compresi quelli che relativi all’utilizzo di modeste quantità di droghe leggere. Liberalizzare le droghe non sembra essere una grande idea... Alternative? In Italia ci sono 23mila detenuti stranieri. La quasi totalità proviene da tre o quattro Paesi (Romania, Albania, Marocco e Tunisia). Abbiamo proposto al ministro Cancellieri di stipulare accordi bilaterali che permettano di far scontare la pena nel Paese d’origine. Finora non abbiamo ricevuto risposta. Cosa prevede il vostro piano carceri? Lo abbiamo portato al Colle due mesi fa. Prende spunto da un programma elaborato da funzionari del Dap e consiste nella costruzione di un unico istituto da 800 posti nel Napoletano. Si propone, inoltre, il recupero funzionale di carceri mal utilizzate, sezioni chiuse e riallocazioni di cubature per creare oltre 20mila nuovi posti. Solo a Roma e a Milano sarebbero 2.500 in più rispetto a quelli attuali. Costo complessivo? Non più di 250 milioni di euro. Giustizia: entro fine mese alla Camera dibattito sul messaggio di Napolitano per le carceri 9Colonne, 16 gennaio 2014 Già la prossima settimana o, al più tardi, quella successiva l’aula della Camera avvierà il dibattito sul messaggio inviato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alle Camere all’inizio di ottobre sul tema del sovraffollamento carcerario. Lo ha annunciato, al termine della conferenza dei capigruppo di Montecitorio, il presidente dei deputati di Forza Italia Renato Brunetta, che ha parlato di "ritardo ingiustificato nei confronti di un atto di grande rilevanza". "Sulla base di una mia richiesta - ha riferito Brunetta ai cronisti - c’è finalmente una data per il dibattito, che si terrà dopo le comunicazioni del ministro Cancellieri sulla giustizia". Dopo la relazione del Guardasigilli, prevista la mattina di martedì 21 gennaio, sarà una nuova capigruppo a stabilire la data in cui portare il dibattito in aula. Brunetta (Fi): quasi 4 mesi dall’invio, un ritardo ingiustificato "Grazie a noi la capigruppo ha deciso che entro la fine del mese ci sarà un dibattito in aula sul messaggio inviato lo scorso ottobre dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, alle Camere" sul tema giustizia e carceri. È quanto dice, al termine della capigruppo di Montecitorio, il presidente dei deputati di Forza Italia, Renato Brunetta, che ieri aveva scritto una lettera alla presidente della Camera, Laura Boldrini, sulla questione . "Si discuterà- spiega Brunetta- partendo dalla relazione fatta dalla commissione Giustizia dopo che, da parte della capigruppo, le era stato affidato il compito di fare una istruttoria. I gruppi poi daranno il loro contributo sui vari temi. Il dibattito ci sarà la prossima settimana o al massimo quella successiva" comunque non prima delle comunicazioni del ministro Cancellieri sull’amministrazione della Giustizia previste per martedì 21 gennaio. "Per decidere la data- conclude il capogruppo Fi - ci sarà una nuova capigruppo ma intanto oggi è stato preso l’impegno a discuterne entro gennaio nonostante un ritardo che io considero ingiustificato dopo quasi mesi dall’invio del messaggio alle Camere. Un ritardo poco commendevole e disdicevole nei confronti di un atto del presidente della Repubblica di grande rilevanza e pregnanza". Giustizia: al Senato rinvio voto del ddl sulla messa alla prova, per afonia relatore Casson Italpress, 16 gennaio 2014 Rinvio da parte del Senato del ddl sulla messa alla prova, quello che contiene l’abrogazione del reato di immigrazione clandestina. Lo slittamento è dovuto al fatto che il relatore Felice Casson (Pd) al momento è raffreddato e completamento afono e dunque non in grado di replicare e di dare i pareri sugli emendamenti. Il presidente di turno dell’aula del Senato, Maurizio Gasparri, sentiti i rappresentati degli altri gruppi, ha preso atto della situazione passando al punto seguente all’ordine del giorno dell’assemblea. Bitonci (Lega): nostra vittoria rinvio esame ddl messa in prova "La nostra opposizione a oltranza ha portato i suoi frutti. È una vittoria della Lega Nord il rinvio dell’esame della legge sulla messa in prova (che comprende anche l’abrogazione del reato di immigrazione clandestina, ndr), ennesimo svuota carceri del governo Letta. L’auspicio è che questi giorni siano utili per una pausa di riflessione sui contenuti, si rinvii in commissione il testo. Maggioranza e Governo meditino su quello che stanno facendo, non si può andare avanti con gli svuota carceri, ritirino questa legge e diano al Paese un segno di civiltà con la certezza della pena e per la sicurezza dei cittadini. Noi continueremo la nostra battaglia e sabato saremo in presidio davanti alle carceri del Nord per protestare contro leggi del genere che liberano i delinquenti". Lo dichiara Massimo Bitonci, presidente della Lega Nord al Senato, commentando il rinvio dell’esame in Aula del disegno di legge sulla messa alla prova. Barani (Gal): buon testo in linea con Costituzione "Il provvedimento oggi in esame si pone perfettamente in linea con l’art. 27 della Costituzione il quale prescrive l’esigenza che le pene tendano alla rieducazione del condannato. Destinare l’imputato a ‘lavoro di pubblica utilità’, ergo alla prova, fulcro del provvedimento, attraverso prestazioni non retribuite in favore della comunità, si inserisce, a mio avviso, a pieno titolo nel solco del dettato costituzionale". Così il senatore Lucio Barani (Gal) nel corso del proprio intervento nell’emiciclo di Palazzo Madama, durante la discussione sulla delega al governo in materia di pene detentive non carcerarie. "In Commissione Giustizia - prosegue il parlamentare - è stato fatto un ottimo lavoro, ispirato anche dal messaggio che il Capo dello Stato mesi fa ha ritenuto di inviare al Parlamento per sensibilizzare le Camere sull’annosa problematica del sovraffollamento carcerario". "Il testo in esame va anche in questa direzione - conclude Barani - e personalmente ritengo sia estremamente positivo intervenire sull’alleggerimento della vergognosa situazione in cui versano i penitenziari italiani e sull’inconcepibile altissimo numero di processi pendenti, come ha avuto modo di illustrare il Sen. Casson, relatore del provvedimento, nel corso del suo intervento". Pagano (Ncd): via risarcimento equitativo, è follia "Il decreto del ministro Cancellieri su risarcimento equitativo va eliminato. La norma, così come prevista nel decreto, è un’assoluta follia, mette a serio rischio il quadro finanziario non solo del sistema carcerario ma dell’intero sistema Paese". Lo dichiara, in una nota, Alessandro Pagano, deputato del Nuovo centrodestra e membro della commissione giustizia alla Camera. "L’impatto economico che deriverebbe da tale disposizione sarebbe devastante: un risarcimento di 100 euro al giorno per ciascuno detenuto, nel caso di mancata osservazione delle disposizioni imposte dal magistrato di sorveglianza, porterebbe, nella più rosea delle previsioni, ad un costo complessivo di 365 milioni di euro, ovvero, tanto quanto la cifra stanziata per l’intero piano carcerario", aggiunge Pagano. "Per non parlare - spiega - della questione dei trasferimenti dei detenuti che potrebbe raggiungere un costo ipotetico di 2 miliardi di euro l’anno. Una follia, insostenibile per le casse dello Stato. Ma c’è di più. Il Dap, l’amministrazione penitenziaria, dovrebbe cedere il passo alle decisioni dei singoli magistrati, mandando in tilt un sistema che, fino ad oggi, ha funzionato". Pagano conclude: "Le norme, così come concepito nel dl, finiscono per spogliare l’amministrazione del suo potere strategico complessivo, che sarebbe demandato alla magistratura ordinaria, quella di sorveglianza che, oltretutto, vedrebbe accrescere i propri compiti, senza alcun adeguamento di organico e di risorse". Comaroli (Lega): Governo non ha coraggio di chiamarlo indulto "La questione del condono e dell’indulto, in quest’Aula, è già stata affrontata negli anni passati, sempre da un Governo di sinistra. Almeno in quella legge si aveva il coraggio di dare il giusto titolo al provvedimento, parlando di concessione di indulto. Oggi non si ha con questo coraggio e lo si chiama "delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili". Il provvedimento resta però un indulto: anche allora si sosteneva l’argomento che le carceri sono troppo piene, che dobbiamo fare un atto di civiltà, che dobbiamo svuotare le carceri per rispettare la dignità umana e così via. Anche allora c’erano persone che dicevano che il modo migliore per rendere giustizia a chi sta scontando la pena è quello di farlo vivere almeno in ambienti in cui sia rispettata la dignità della persona. Sono passati tanti anni e le carceri sono peggiorate: ora le carceri sono diventate peggiori di prima e non solo per l’affollamento. Quelle persone (mi pare fossero 11.000), che allora godettero di quel provvedimento, in grandissima parte sono tornate in carcere, dimostrando che l’indulto è un provvedimento inutile. Ebbene, signora Presidente, questo provvedimento ricorda la situazione di un paziente che ha male ad un braccio, va dal medico e costui, anziché verificare le cause del dolore, curare il male e cercare di prevenire, che cosa fa? Taglia il braccio: visto che il braccio non c’è più, anche il dolore non c’è più". Lo dice la leghista Silvana Comaroli, nel dibattito al Senato sul ddl sulle carceri. "È proprio ciò che sta facendo questo Governo. C’è il problema del sovraffollamento delle carceri e la soluzione migliore che trova questo Governo è abbuonare sei anni di reclusione ai condannati. Siete sicuri di volere che i pedofili vadano in giro tranquillamente senza preoccuparsi di essere arrestati e di finire in carcere?". Pansa (Polizia: braccialetto? usarlo bene e prevedere sanzioni "Se usiamo il braccialetto elettronico facciamolo bene". Lo ha sottolineato il capo della polizia, Alessandro Pansa, in una audizione in commissione Giustizia alla Camera dei deputati. Nel corso del suo intervento, che si è svolto nell’ambito dell’esame del decreto legge carceri predisposto dal guardasigilli, Annamaria Cancellieri, il prefetto ha poi evidenziato: "L’unica cosa di cui mi preoccuperei è che qualsiasi violazione da parte del soggetto cui è stato messo il braccialetto sia poi sanzionata con vigore". Pansa ha poi parlato della nuova gara che si dovrà fare per l’appalto dei nuovi braccialetti elettronici, dato che l’attuale convenzione con la Telecom è stata dichiarata illegittima da parte del Consiglio di Stato: "Speriamo di trovare tecnologie più avanzate ad un costo inferiore rispetto a quello attuale che è di 9.082.000 euro". Il capo della polizia ha spiegato che 9 milioni effettivamente è "un costo enorme, soprattutto considerando il numero di soggetti interessati". Quella con Telecom, ha aggiunto Pansa, "è una vecchia convenzione del 2001, rinnovata nel 2011, ed è ovvio che se oggi andassimo sul mercato troveremmo di meglio. Rinnovare questo contratto è stato un errore da parte nostra, abbiamo sbagliato". La convenzione con Telecom sarà comunque giudicata dalla Corte di giustizia europea, alla quale l’azienda ha fatto ricorso. "Siamo sulla linea giusta ma dobbiamo continuare a lavorare per perfezionare alcuni aspetti", ha detto commentando quanto previsto dal decreto per i braccialetti elettronici la presidente della commissione Giustizia, Donatella Ferranti. Giustizia: la Lega contro decreto "svuota-carceri" occupa la presidenza del Senato Ansa, 16 gennaio 2014 I senatori del Carroccio contestano la decisione di accelerare la discussione del decreto, che contiene anche la norma che abolisce il reato di immigrazione clandestina. Il capogruppo Bitonci: "Provvedimento vergognoso". Protesta dei senatori della Lega Nord al Senato: gli esponenti del Carroccio hanno occupato gli uffici del presidente Grasso a Palazzo a Madama. I leghisti protestano contro la ripresa in aula dell'esame del decreto svuota-carceri, che prevede anche la cancellazione del reato di immigrazione clandestina. "Avevamo chiesto una Capigruppo - spiega il senatore della Lega Raffaele Volpi - e non è stata convocata. Come se niente fosse sono tornati in Aula". Nonostante il sit-in, l'Aula di Palazzo madama sta andando regolarmente avanti nell'esame del provvedimento. I senatori del Carroccio, nelle ore scorse avevano portato avanti l'ostruzionismo, prima di salire al secondo piano di Palazzo Madama, dove si trovano gli uffici della presidenza. "Io dormo qua, devono portarmi via le forse dell'ordine", ha detto il capogruppo del partito Massimo Bitonci, prima di aggiungere "E' uno sberleffo nei confronti della Lega che ha fatto opposizione tutta la settimana su questo tema. Noi occupiamo gli uffici ella presidenza ad oltranza e continueremo ad oltranza a fare interventi su ogni emendamento. Bitonci definisce lo svuota-carceri un "provvedimento vergognoso" e giudica la decisione del Senato "un gravissimo blitz contrario agli accordi presi". Bitonci: pronti a stare in Senato tutto weekend "Siamo asserragliarti e restiamo qui fino a quando non si rispetteranno gli accordi che erano quelli di continuare con l'esame del provvedimento la prossima settimana. Ieri in Aula si era cominciata la discussione generale di una altro testo, quello sulle demolizioni abusive, e oggi all'improvviso si è cambiato l'ordine del giorno per continuare con quello sulla messa alla prova. E' davvero inaccettabile". Il capogruppo della Lega Nord al Senato Massimo Bitonci spiega così ai cronisti come i leghisti non lasceranno gli uffici della presidenza almeno fino a quando non verrà convocata una Conferenza dei capigruppo per "ristabilire il calendario dei lavori deciso ieri sera". "Siamo pronti a passare qui tutto il fine settimana - avverte Bitonci - da qui non ci spostiamo. Resteremo qui fino a quando non riceveremo una risposta seria sul calendario dei lavori. Ci daremo i cambi, chiederemo viveri, ma da questi uffici non usciamo fino a quando, ripeto, non verranno rispettate le regole. Non si era mai visto che si cambiasse l'ordine del giorno così, senza nemmeno chiedere una votazione sull'inversione dell'ordine del giorno". "Gasparri ieri aveva detto che si sarebbe tornati a parlare di quello che noi chiamiamo "svuota-carceri" quando fosse tornata la voce a Casson? Ma credo che l'afonia del senatore si possa definire tranquillamente "un'afonia da decreto"...". "Non ci si comporta così...", conclude. Zanda (Pd): ostruzionismo? seduta non stop o tempi ridotti "Da parte della Lega Nord è stata annunciata una tattica ostruzionistica sul ddl sulle pene. Ogni senatore su ogni emendamento chiederà la parola per dieci minuti. Con questo sistema, con il calendario che abbiamo approvato, oggi non riusciremo nemmeno ad approvare una parte degli emendamenti all'articolo 1". Il capogruppo Pd al Senato Luigi Zanda non nasconde la sua preoccupazione sull' annunciato ostruzionismo del Carroccio sui circa 250 emendamenti, quasi tutti firmati dai leghisti e in Aula chiede alla presidenza del Senato di valutare la convocazione della conferenza dei capigruppo, "in modo - dice - che ci consenta di contingentare i tempi o di andare avanti con i lavori tutto il giorno o tutta la notte fino a quando non si approverà il provvedimento". Giustizia: Pannella ringrazia il Parlamento sospende sciopero della sete per l’amnistia Notizie Radicali, 16 gennaio 2014 "Da questa sera, per valorizzare i segnali che arrivano dal potere - visto che le nostre iniziative nonviolente, la nostra fame e sete, sono sempre finalizzate a fornire al potere l’energia di realizzare la propria legalità - interromperò lo sciopero della sete". Lo ha detto Marco Pannella, nel corso di un intervento in diretta a Radio Radicale, alla luce della decisione dell’ufficio di Presidenza della Camera di calendarizzare e discutere entro due settimane il messaggio del Presidente Napolitano su giustizia e carceri, inviato alle Camere oltre 3 mesi fa. "Le dichiarazioni di Renato Brunetta e di Marina Sereni, che ho sentito a Radio Radicale sono una prima risposta", ha detto Pannella. "Si tratta di dichiarazioni che hanno messo in evidenza la questione del messaggio del Capo dello Stato e della sua discussione nell’Aula della Camera, per il sostegno al diritto, e per una risposta al Presidente della Repubblica, alla sua attesa anche morale di vedere onorata almeno formalisticamente la nostra Costituzione", ha detto Pannella. "Come ringraziamento, presa d’atto e difesa dell’annuncio della calendarizzazione e delle altre dichiarazioni di Brunetta e Sereni, in modo particolare, passo dalla mezzanotte dallo sciopero della fame e della sete a quello della sola fame. Lo faccio però non per mollare ma per confermare ed allargare questa forma di lotta, perché dal nostro partito venga fuori un auspicio formale e un invito a tutta l’opinione pubblica per continuare questo digiuno. Un digiuno - lo ripeterò fino alla noia - non di protesta ma di proposta, per la legalità, per la Costituzione italiana e il diritto europeo", ha concluso Pannella. Giustizia: sabato presidi Lega davanti ai penitenziari per protesta contro leggi svuota-carceri Tm News, 16 gennaio 2014 Al motto di "criminalingalera" e "bastaclandestini" la Lega sabato prossimo, 18 gennaio, alle 11 sarà davanti a decine di carceri del Nord per protestare contro i folli provvedimenti del governo cosiddetti svuota-carceri e salva-delinquenti. Il segretario della Lega Matteo Salvini sarà al presidio di Milano alle 11 davanti al carcere di San Vittore. Ne ha dato notizia il responsabile Giustizia del Carroccio Nicola Molteni. Coinvolti nell’iniziativa i parlamentari e amministratori leghisti che distribuiranno materiale informativo e spiegheranno ai cittadini "gli effetti devastanti sulla sicurezza degli svuota-carceri e dell’abolizione del reato di clandestinità" "In 9 mesi questo Governo - ha sottolineato Molteni - ha agito con celerità solo per liberare delinquenti. Condannati per stalking, furto, prostituzione minorile, frode fiscale non andranno più in carcere. Questa è l’unica strada individuata dal governo per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario". Giustizia: Esposito (Aisi); due operazioni con detenuti sottoposti al 41-bis, ma ora chiuse Ansa, 16 gennaio 2014 Nel 2005 e nel 2006 il Sid ha svolto due operazioni - chiamate "Farfalla" e "Rientro" - che avevano come obiettivo l’accesso a detenuti sottoposti al 41-bis. Nel 2007 sono state chiuse e c’è un’inchiesta della magistratura in corso su eventuali procedure illegali seguite. Dal 2010 c’è una convenzione tra Aisi e Dap che prevede lo scambio di informazioni su detenuti. Lo ha detto, secondo quanto apprende l’agenzia Ansa, il direttore dell’Aisi, generale Arturo Esposito, ascoltato in audizione secretata dalla commissione Antimafia. Non è dunque mai esistito - avrebbe sottolineato il generale - il cosiddetto Protocollo Farfalla tra le due amministrazioni, ma si è trattato in realtà di un’operazione delimitata nel tempo e negli obiettivi. Esposito avrebbe parlato anche della protezione ai magistrati siciliani minacciati dalla mafia: "Protezione massima-dice Esposito-ma è improbabile un ritorno alla stagione stragista di Cosa Nostra, quella dei primi anni 90". Giustizia: Cassazione; credo zen e cibo vegetariano… più tutela per i detenuti buddisti La Stampa, 16 gennaio 2014 I reclami dei detenuti buddisti, che chiedono cibo vegetariano e la visita di un maestro zen, devono essere trattati come violazioni di diritti, attivando così la procedura giurisdizionale (Cassazione sentenza 41474/13). Un detenuto denunciava la lesione dei suoi diritti da parte della direzione della casa circondariale nella quale era ristretto, in quanto gli avevano negato la somministrazione di cibo vegetariano e l’ingresso di un maestro buddista zen. La Cassazione ha annullato senza rinvio il provvedimento del magistrato di sorveglianza impugnato; ribadendo un principio affermato dalla Corte Costituzionale (sent. n. 26/1999), ha precisato che "lo stato detentivo non elimina la titolarità dei diritti in capo al detenuto e che al riconoscimento della titolarità di un diritto non può non accompagnarsi il potere di farlo valere innanzi a un giudice". In pratica, visto che "l’attuale sistema di tutela giurisdizionale dei detenuti nei confronti dei provvedimenti dell’amministrazione penitenziaria non risulta disciplinato compiutamente dalla legge", è dovere del magistrato di sorveglianza "impartire disposizioni dirette ad eliminare eventuali violazioni dei diritti dei condannati e degli internati". È per questo che la Cassazione non ritiene soddisfacente la risposta del magistrato, che si era limitato a consigliare alla direzione del carcere di sostituire l’impresa fornitrice del vitto. Per quanto riguarda l’accesso del maestro buddista zen, invece, lo stesso magistrato aveva fatto presente che queste cose dipendevano dal Ministero. Adesso servono risposte concrete. In conclusione - affermano gli Ermellini - "se implicitamente o esplicitamente una domanda afferma di denunciare una violazione di un diritto, il fondamento di quella domanda è quel diritto e la procedura attivata". Pertanto, la domanda potrà essere ritenuta infondata, ma la procedura "è doverosa perché il condannato ha lamentato la lesione di un diritto". Abruzzo: Melilla (Sel), situazione delle otto carceri della regione è estremamente grave Agi, 16 gennaio 2014 "La situazione degli otto istituti carcerari abruzzesi è estremamente grave: a fronte di una capienza complessiva di 1.533 detenuti , ve ne sono oggi 1.935 con una eccedenza di 402 detenuti, che sarebbe ancora più grave se non vi fossero 77 posti vacanti nelle strutture carcerarie di Vasto e L’Aquila". Lo scrive, in una interpellanza al ministro della Giustizia, il deputato Sel Gianni Melilla. "Il sovraffollamento delle carceri abruzzesi - afferma il parlamentare - richiede un intervento urgente non solo sul piano dell’edilizia penitenziaria, ma soprattutto sull’adozione di scelte politiche e amministrative che raccolgano i contenuti del recente messaggio al Parlamento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano". Nel dettaglio la situazione delle carceri abruzzesi è la seguente: Teramo, 393 detenuti al posto dei 229 previsti; Sulmona, 471 al posto di 306; Lanciano, 273 al posto di 196; Avezzano, 71 al posto di 51; Chieti, 111 al posto di 83; Pescara, 282 al posto di 271; Vasto, 170 al posto di 204; L’Aquila, 138 al posto di 191. "Nel corso del 2013 - ricorda Melilla - nelle carceri abruzzesi si sono verificati 118 casi di grave autolesionismo, 31 tentativi di suicidi e 1 suicidio; da evidenziare che nel carcere di Sulmona negli ultimi 10 anni ci sono stati ben 13 suicidi a testimonianza di una triste e intollerabile situazione". Al ministro Cancellieri Melilla ha quindi chiesto "quali iniziative intenda assumere per contrastare il fenomeno del sovraffollamento delle carceri in Abruzzo nel quadro della grave situazione di emergenza nazionale che contraddistingue la condizione dei detenuti italiani". Toscana: un protocollo tra i Garanti dei detenuti e l’Amministrazione Penitenziaria regionale di Leonardo Soldati www.gazzettadipistoia.it, 16 gennaio 2014 Tutti i Garanti toscani dei diritti per le persone private della libertà personale avranno libero accesso alla Casa Circondariale di Pistoia, così come in tutti gli altri istituti penitenziari nella Regione, accompagnati dal direttore o da un suo delegato secondo le disposizioni del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap), per una piena tutela dei diritti dei detenuti, il miglioramento della qualità della vita ed il rispetto della legalità nei carceri, ai fini del reinserimento sociale dei reclusi. Lo stabilisce un protocollo d’intesa stipulato tra il Provveditorato regionale dell’Amministrazione Penitenziaria e appunto gli Uffici dei Garanti toscani, che adesso possono avere ufficialmente colloqui con i reclusi in appositi locali o in quello riservato al Garante quale Sportello dei diritti, anche contestualmente alla visita all’istituto, con l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, o dialogare con loro durante le visite raccogliendo le segnalazioni, senza però fare osservazioni sulla vita dell’istituto in presenza di detenuti o trattare con imputati argomenti relativi al processo penale in corso. Se i Garanti ravvisano situazioni di violazione dei diritti costituzionali dei detenuti, inadempienza dell’Ordinamento penitenziario o di disagio per le quali è necessario il ripristino della legalità o il miglioramento delle condizioni di vita, devono segnalarlo al Provveditorato ed alle Direzioni degli istituti, con richiesta d’intervento. Segnalazioni ed incontri di verifica congiunta rappresentano la moral suasion che i Garanti devo prioritariamente adottare nei confronti dei vari livelli dell’Amministrazione Penitenziaria, solo successivamente possono richiedere l’intervento delle altre autorità competenti. Spetta a loro sollecitare, suggerire e valutare l’attività degli organismi regionali, provinciali e comunali competenti in materia di diritto alla salute, studio e formazione, lavoro e formazione professionale, preparazione alla dismissione e sostegno alla misura alternativa alla detenzione ed in ogni altra materia riferita alla competenza regionale ex art. 128 d.lgs n. 112/1998 e l. 328/2000. Stipulabili quindi Patti annuali tra Garanti ed Amministrazione Penitenziaria per la tutela e promozione dei diritti dei detenuti, il miglioramento delle condizioni di vita interne ed il potenziamento dei percorsi di reinserimento sociale, impegnandosi a condividere, nel corso dell’anno, momenti congiunti di formazione ed aggiornamento degli operatori. In un incontro, a cadenza annuale, tra Garanti, Provveditore e Direzioni degli istituti e degli Uffici dell’esecuzione penale esterna (Uepe) viene verificata l’attuazione degli impegni assunti, il protocollo ha validità di un anno ed è tacitamente rinnovato se non disdetto entro tre mesi dalla scadenza. Un apposito Patto per la riforma, stabilito sempre tra Provveditorato e Garanti della Toscana, favorisce quindi le buone pratiche nell’ambito dei diritti dei detenuti, del miglioramento delle condizioni di vita interne e del potenziamento dei percorsi trattamentali e di reinserimento sociale, con la finalità di creare un’esperienza pilota nella Regione che renda il carcere un luogo non separato dal territorio e dalla società, valorizzando la responsabilità dei detenuti ai fini del loro reinserimento sociale previsto dall’art. 27 della Costituzione. Questi gli obiettivi concreti del Patto: monitoraggio sull’applicazione del Regolamento di esecuzione dell’Ordinamento Penitenziario negli istituti, per sviluppare un piano di applicazione integrale; confronto con Regione e Asl per il passaggio della sanità penitenziaria al Sistema Sanitario Nazionale per il pieno riconoscimento del diritto alla salute; promozione di lavori di pubblica utilità esterni secondo il protocollo Dap-Anci; chiusura dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino e della sezione Casa di Cura e Custodia di Firenze Sollicciano; promozione di Case per la semilibertà in collaborazione con i Comuni sede e di Case per madri detenute con figli; ampliamento del lavoro esterno, miglioramento delle aree destinate all’incontro con i familiari soprattutto con minori, relazione più intensa con la magistratura di Sorveglianza per incrementare le misure alternative alla detenzione, potenziamento di programmi per tossicodipendenti anche per detenuti stranieri, con affidamenti terapeutici e detenzioni domiciliari sotto ai 18 mesi di pena in collaborazione con Comunità terapeutiche; incremento dell’offerta culturale, formativa lavorativa e sportiva interna agli istituti di concerto con soggetti del territorio, soprattutto per i gruppi maggiormente vulnerabili come donne madri o tossicodipendenti. Lucera (Fg): detenuto di 38 anni si impicca in cella di isolamento Ristretti Orizzonti, 16 gennaio 2014 Da inizio anno è il terzo suicidio in cella, nel 2013 si sono tolti la vita 49 detenuti. Alberico Di Noia, originario di Zapponeta (Fg), ieri mattina si è tolto la vita impiccandosi in una cella di isolamento del carcere di Lucera. L’uomo era in cella da solo, tecnicamente "in osservazione" da cinque giorni, poiché aveva avuto un alterco con una guardia penitenziaria. Dall’episodio, su decisione del Consiglio di disciplina dell’Istituo di pena, era scaturito il suo trasferimento ad altro istituto di pena, che sarebbe dovuto avvenire nella stessa giornata. Quando l’uomo è stato soccorso dal personale penitenziario è stato trovato già vestito e in attesa della partenza. A nulla sono valsi i tentativi di rianimarlo. Di Noia era in carcere dal mese di marzo 2012, accusato di tentata estorsione nei confronti di una donna che aveva conosciuto tramite una chat. La Procura della Repubblica dovrà pronunciarsi sull’eventuale effettuazione dell’autopsia. Napoli: Presidente Napolitano interviene per detenuto malato "istruttoria grazia sia rapida" Italpress, 16 gennaio 2014 "La Presidenza della Repubblica ha seguito e continua a seguire il caso di Vincenzo Di Sarno, detenuto in difficili condizioni di salute, attualmente recluso nel carcere di Poggioreale di Napoli a causa di una condanna per un grave reato". È quanto si legge in una nota del Colle, che prosegue: "La prima domanda di grazia era stata presentata dalla madre del detenuto il 12 settembre 2013, mentre la condanna del figlio non era ancora definitiva e dunque non poteva in ogni caso essere oggetto di esame per l’eventuale provvedimento di clemenza. L’avvio dell’istruttoria su una successiva domanda è stato quindi possibile presso il Ministero della Giustizia soltanto dopo il 19 novembre 2013. Nel frattempo, la Presidenza della Repubblica ha chiesto e ottenuto dal Dipartimento Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia la garanzia che le condizioni di salute di Vincenzo Di Sarno siano costantemente ed adeguatamente controllate - spiega ancora il Quirinale -. In contatti con l’Ufficio del Garante diritti dei detenuti della Campania, è inoltre emersa l’opportunità di attivare anche, dinanzi alla magistratura di sorveglianza, la richiesta di sospensione dell’esecuzione della pena carceraria a causa delle condizioni di salute. Pur consapevole che il reato commesso dal detenuto in questione è stato fonte in altri di dolore che merita rispetto e considerazione, il Presidente Napolitano si augura che sia l’esame della richiesta di sospensione dell’esecuzione della pena sia la procedura per la grazia siano condotte in tempi commisurati alla gravità delle condizioni di salute di Vincenzo Di Sarno", conclude il Colle. Madre detenuto malato: ringrazio Napolitano "Ringrazio di cuore il Presidente Giorgio Napolitano, che è intervenuto per la situazione di mio figlio". Così all’Adnkronos Maria Cacace, la madre di Vincenzo Di Sarno, commenta l’intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha chiesto che si esamini in tempi brevi la richiesta di sospensione dell’esecuzione della pena in carcere e la procedura per la grazia per Di Sarno. Chiusa istruttoria Dap, inviata a magistrato Il Dap ha chiuso la pratica relativa alla situazione di Vincenzo Di Sarno, il detenuto affetto da tumore su cui è intervenuto il Capo dello Stato. L’istruttoria riguarda gli aspetti sanitari e comportamentali ed è stata inviata al tribunale di sorveglianza, che dovrà valutarla per l’eventuale sospensione dell’esecuzione pena. Per quanto riguarda la grazia, ora il tribunale di sorveglianza sta preparando il relativo dossier che dovrà pervenire al ministero della Giustizia. Il fine pena è previsto nel 2023. Anche il carcere di Poggioreale ha già concluso la sua istruttoria sul detenuto Vincenzo Di Sarno e ha inoltrato tutti gli atti al tribunale di sorveglianza di Napoli, a cui compete la decisione sull’istanza di sospensione della pena. Il caso di Di Sarno, gravemente malato, già da tempo è all’attenzione del Dap e del ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri. Cappellano Poggioreale: chi è malato di cancro ha bisogno della famiglia "Il bisogno di un detenuto che ha avuto il cancro, che ha i postumi di questa malattia, che sta perdendo peso, è soprattutto l’affetto della famiglia". Lo sottolinea il Cappellano di Poggioreale, don Franco Esposito, dopo l’appello al Capo dello Stato rivolto da Vincenzo Di Sarno, detenuto malato di cancro nel penitenziario di Napoli. "Purtroppo non è l’unica situazione" , afferma il cappellano alla Radio Vaticana-. Diciamo che questa è quella più appariscente, ed è una situazione che noi stiamo seguendo da anni. Lui è stato spostato - dopo la lettera scritta a Napolitano, dopo che ci siamo interessati - dal padiglione dove si trovava al centro clinico, centro che, in realtà, è formato da ulteriori celle dove comunque i detenuti sono rinchiusi per 22 ore al giorno. Lui esce solamente per fare delle terapie che non sono quelle di cui in realtà avrebbe bisogno". "La dignità dell’uomo in queste situazioni va veramente a farsi friggere - denuncia il sacerdote -. Diciamo che Poggioreale a volte diventa il simbolo, ma non è l’unico. In un carcere dove non ci sono spazi e dove manca il personale, se la direzione o l’amministrazione vogliono fare qualcosa non ci riescono. Allora le poche attività che si fanno per quel cinque percento delle persone rinchiuse, come i laboratori - sono 1800 i detenuti che attualmente sono a Poggioreale - diventano poi in un certo senso un alibi per continuare a dire che in carcere si fanno delle attività. In realtà il carcere è l’istituzione più illegale che possa esistere in una democrazia, nella nostra società". Venerdì Berretta visita Poggioreale e incontra Di Sarno Adnkronos) - Il sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Berretta sarà venerdì in visita al carcere napoletano di Poggioreale. In occasione della visita, informa una nota, il sottosegretario incontrerà il detenuto Vincenzo Di Sarno "affetto da una grave patologia, per sincerarsi personalmente delle sue condizioni". Coccia (Pd): da Napolitano gesto di grande sensibilità "Ringrazio il presidente Napolitano per un gesto che dimostra ancora una volta la sua sensibilità sul tema delle condizioni dei detenuti e un’attenzione particolare nei confronti di chi sconta la detenzione in condizioni fisiche tali da metterne a repentaglio la vita stessa. Come ribadisce il presidente della Repubblica, la drammatica malattia di Vincenzo Di Sarno richiede un’azione tempestiva". Lo afferma Laura Coccia, deputata del Pd. Patriarca (Pd): quanti i casi Di Sarno in Italia? "Quanti sono i casi Di Sarno in Italia? La riforma della sanità penitenziaria ha bisogno di una verifica". Lo afferma il deputato del Pd Edoardo Patriarca. "Casi di questo tipo vengono all’attenzione dell’opinione pubblica solo quando denunciati dai giornali - continua Patriarca - Il nostro non è un sistema da Paese civile". Impegno (Pd): lunedì vedrò Di Sarno "Il grido di dolore lanciato dal signor Vincenzo Di Sarno, detenuto a Poggioreale, nonostante sia affetto da un tumore al midollo osseo, pone sì un problema di coscienza, ma anche e soprattutto un problema concreto a cui dare risposta, non solo alla politica ma all’intera società, agli operatori del diritto, ai medici, ai religiosi, ai filosofi. Come parlamentare, mi sono attivato per ottenere un appuntamento, già fissato per lunedì mattina, con il signor Di Sarno e saluto con grande piacere l’accelerazione del Presidente della Repubblica sulla possibilità di concedergli la grazia". Così il deputato del Pd Leonardo Impegno. "Lunedì, a Poggioreale, andrò per cercare di capire come è possibile che uno stato civile e democratico tenga recluso un uomo in queste condizioni di salute. Ci sono, nella vicenda del signor Vincenzo, tutte le questioni lasciate in sospeso dalla politica e dalla cultura del nostro Paese: dalla drammatica condizione carceraria che richiede provvedimenti legislativi quale l’amnistia e l’indulto da tempo sollecitati dal Presidente Napolitano, a tutte le questioni cosiddette eticamente sensibili, fino alla possibilità di riconoscere per legge, a condizioni estreme, la possibilità per il singolo individuo di decidere di mettere fine alla propria vita", conclude. Sarno (Uilpa): su malati serve attenzione e rigore "Non si può negare che sui tempi per chiudere le pratiche connesse con le istanze provenienti dai detenuti, quali quelle di sospensione dell’esecuzione della pena, possano incidere anche i passaggi burocratici. Allo stesso tempo e per ovvie ragioni, quando si richiedano valutazioni sanitarie, è necessario che siano rigorose e accertino un quadro non compatibile con il carcere". Lo afferma Eugenio Sarno, segretario della Uilpa Penitenziari, sindacato della polizia penitenziaria, parlando delle procedure connesse con le richieste dei detenuti nel giorno in cui il Capo dello Stato ha chiesto un’istruttoria veloce sul caso di Vincenzo Di Sarno, il detenuto rinchiuso a Poggioreale e malato di tumore che proprio a Napolitano ha scritto dicendo di preferire l’eutanasia alla morte in cella. Il sindacalista non entra nel merito di questa specifica vicenda, ma spiega come funziona l’iter: "Se un detenuto chiede la sospensione dell’esecuzione della pena prima che la condanna sia definitiva, la pratica è di competenza dell’autorità giudiziaria procedente: tribunale, corte d’appello, corte d’assise e così via a seconda del reato e del grado di giudizio. Se interviene la condanna definitiva, allora la competenza passa al magistrato di sorveglianza e l’intera pratica deve essere nuovamente istruita. Probabilmente questo produce lungaggini burocratiche, perché forse basterebbe una trasmissione degli atti già istruiti dall’autorità giudiziaria competente al magistrato di sorveglianza. Ma così non è. Detto questo, di fronte a problemi di salute del detenuto, il magistrato di sorveglianza è chiamato a stabilire se il quadro che gli forniscono i sanitari è compatibile o meno con il carcere e quindi a decidere se ci sono gli estremi per procedere a una scarcerazione, concedendo per esempio i domiciliari o decretando la sospensione dell’esecuzione pena". Corbelli (Diritti Civili): concedere grazia detenuto gravemente malato Il leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, ha inviato una lettera al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, per sollecitare la grazia nei confronti di un detenuto di 35 anni, malato di tumore e recluso nel carcere di Poggioreale. Corbelli chiede inoltre al Governo di "affrontare e risolvere subito la prima vera drammatica emergenza delle carceri italiane: i detenuti gravemente malati che continuano a morire in cella. Questi reclusi che sono incompatibili con il regime carcerario vanno immediatamente scarcerati. Altri casi di detenuti gravemente malati, addirittura con arti imputatati, continuano ad essere denunciati. Questa non è giustizia, ma crudeltà! È una autentica barbarie, certamente è qualcosa che non è degna di un paese civile". Bari: ergastolano in sciopero della fame "lo Stato mi vuole morto, scelgo io come uccidermi" di Gianluigi De Vito Gazzetta del Mezzogiorno, 16 gennaio 2014 Diciassette chili persi in poco più di quindici giorni. E il primo segnale di morte è arrivato con la precisione di un orologio svizzero. Giovedì scorso, il digiuno totale lo avrebbe spedito al cimitero se non fosse stato per una flebo attaccata dopo lo crisi provocata dalla completa disidratazione. Giuseppe Sanzone, ragusano di Vittoria, 65 anni, in carcere da quando di anni ne aveva 22, sconta sulla sedia a rotelle un ergastolo e un’odissea di reati. È rinchiuso in un cubicolo della sezione paraplegici del Centro diagnostico terapeutico (Cdt) della casa circondariale di Bari. La sua vita è legata a un filo sottile e a un tormento che rode come una marea senza tregua. Il 5 dicembre, il tribunale di sorveglianza ha rigettato la richiesta di rinviare l’esecuzione della pena per potersi curare fuori dalla cella. Quel "no" ha scatenato la scelta di un addio di pietra sulla vita: "Ho dato tutto quello che potevo dare allo Stato, 44 anni di carcere. Sono entrato in carcere a 22 anni, a maggio ne faccio 66. Mi trovo in carrozzina per errori fatti dal chirurgo del carcere di Cagliari, ho subito sette interventi. Visto che loro pensano di farmi morire in carcere, ma non lo dicono, scelgo io come morire". L’inizio dello sciopero della fame e il rifiuto di farmaci salvavita è scattato poco prima di Natale: "Non scelgo una cosa plateale, impiccarsi, tagliarsi. Non sono un autolesionista, non ne sarei capace. Ma scelgo questa forma dello sciopero totale della fame e delle terapie così mi hanno tutti i giorni sotto gli occhi. Devono rendersi conto di quello che sta avvenendo". Un gesto plateale farebbe parlare "un giorno", poi, "tutto finito ". Le notizie delle ultime ore inquietano. Dopo lo choc di giovedì, Sanzone ha accettato di sospendere la forma più dura di protesta. Ma ha già detto che la riprenderà al più presto. I medici sanno che sarà così e che quel giorno potrebbe essere domani o domani l’altro. Perché dietro la scelta del digiuno c’è la voglia di non accettare l’indifferenza dopo un richiesta negata. Nei primissimi giorni di digiuno, è un relitto contorto e desolato, "zio" Giuseppe. Lo chiamano così in carcere. Perché è tra più anziani. E perché si è conquistato il rispetto che ha sempre dato. Guarda dritto quando parla, infila in un italiano senza più la flessione siciliana il peggio e il meglio di una vita che ora appare come una frontiera lungo la quale è difficile separare il giusto e l’ingiusto, l’anima risanata e riabilitata da quella nascosta e criminale, se mai ci fosse ancora. "Se le relazioni dicono che io non ho più la pericolosità, il giudice deve tenerne conto, perché così tu (giudice, ndr) sminuisci il lavoro che fanno all’interno del carcere. Tu non mi conosci, mi conoscono gli agenti di polizia penitenziaria che operano tutti i giorni nel carcere, quindi sarebbe opportuno interpellare gli agenti. Invece non viene fatto o viene fatto da parte dell’area terapeutica-comportamentale e loro ne prendono visione, e fanno una relazione che va al magistrato. Ma allora io non dovrei mai uscire? Io chiedo di essere messo fuori, come vogliono loro, voglio curarmi. Ho tante patologie che qui non possono essere curate. Se non sono più pericoloso perché tenermi ancora in carcere?" Il perché è in un passato che toglie il fiato ed è esplicitato nelle sei pagine dell’ordinanza nelle quali il Tribunale non ha potuto né voluto passare sopra quel curriculum criminale. Furto, rapina, tentato omicidio, evasione, omicidio, sequestro di persona. Più di tutto pesa la condanna all’ergastolo: Sanzone era nel commando che il 19 settembre 1988 sequestrò l’ imprenditore dell’acciaio Gianfranco Trezzi, davanti alla sua villa di Crescenzago, periferia nordorientale di Milano. L’industriale fu ucciso, fatto in 72 pezzi e sepolto nel giardino della "Tana del lupo", una villa sulle rive del Ticino in provincia di Pavia. Anche dopo l’ omicidio, il commando continuò a chiedere il riscatto alla famiglia. Quella ferocia, scolpita nella cronaca, è memoria giudiziaria viva. Come pure l’evasione e la rapina di poco più di cinque anni fa. A 60 anni, era uno dei più anziani tra i "fine pena mai" rinchiusi nelle carceri italiane. Era nel penitenziario milanese di "Opera". A gennaio del 2008 ottenne gli arresti domiciliari e fu affidato a una parente che avrebbe dovuto prendersi cura di lui. Il 27 maggio finisce in manette per una rapina a una gioielleria tentata con un complice, Pasqualino Serra, 59 anni, volto noto alle forze dell’ordine che indagano nel narcotraffico milanese. Un’altra azione criminale. Già. Nonostante la carrozzina. Nonostante l’ergastolo. Perché? Possibile che avesse deciso a cuor leggero di gettare nel cesso l’opportunità dei domiciliari? È stata scritta tutta la verità su quell’episodio? Fatto è che finisce di nuovo all’inferno, lui, il sequestratore spietato, il siciliano che "ha sempre avuto rapporti alla pari" con gli uomini d’onore, ma mai con una condanna per "associazione mafiosa". Le fiamme dell’inferno sono più alte perché fomentate da delusione e rabbia. Eppure sono trascorsi cinque anni. Pochi per credere alla "notevole inversione di cambiamento comportamentale e di affidabilità pedagogico-trattamentale", messa nero su bianco dalla direzione del carcere il 4 dicembre scorso nella "relazione di sintesi dell’osservazione"? Troppo pochi per fidarsi di un soggetto che ora "analizza criticamente gli agiti trascorsi con equilibrio e maturità difficilmente riscontrabile nella popolazione carceraria"? In cinque anni l’abiura ha viaggiato assieme alla malattia: "neoplasia uroteliale" (tumore alla vescica) e "cardiopatia dilatativa" (un ictus gli ha scatenato una nevrite ottica che lo costringe a leggere poco e solo con una lente d’ingrandimento). La non-vita sulla sedia a rotelle è uno slalom faticoso in una cella. Lo costringe a continui interventi sul catetere e, soprattutto, a una serie di esami clinici che il Cdt non è in grado di assicurare. Ma per il tribunale di sorveglianza, analizzata la documentazione inviata, "le sue condizioni generali di salute risultano sostanzialmente stabili" e le terapie necessarie "sono assicurate in regime carcerario con l’ausilio di eventuali presidi sanitari territoriali". Sanzone attende ancora l’urustocopia e la pet/tac total body, prescritte dai medici. Ma chi avrebbe dovuto scrivere le parole-chiave nella osservazione sanitaria non lo ha fatto. E le parole chiave sono: "stato di salute incompatibile con il carcere". Il resto, "allarmante pericolosità sociale" scritto dalle forze dell’ordine dopo la rapina alla gioielleria, c’è eccome e ha pesato più della relazione della direzione del carcere. E lo "zio" giura che riprenderà a lasciarsi morire, lentamente sotto gli occhi di tutti. Il futuro "fuori" è negato, il purgatorio "dentro" è in uno spazio che umilia. Non solo per Sanzone. Perparim Lika, di origini albanesi, 29 anni appena compiuti, in Italia dal 1998, è nel carcere di Bari da maggio 2013. Uscirà a luglio quando sarà terminato il suo conto con la giustizia maturato per spaccio di droga, evasione, documenti falsi. Anche lui è nel Cdt, per problemi di salute: spondilite anchilosante progressiva. In pratica una sorta di Sla che lo immobilizza ogni giorno di più. Pure Perparim ha trovato chiuse le porte del tribunale di sorveglianza. Vorrebbe tornare in fretta a Firenze dove dice di avere un sponda che gli darebbe cure e affetto. Ma deve lottare contro il tempo e contro un’assurdità: ha bisogno di una terapia talmente pericolosa per gli effetti collaterali e particolare (ambienti totalmente antisettici) che perfino i medici del Policlinico non s’arrischiano a somministrare. Figuriamoci il carcere. Dove il gioco crudele inchioda ogni fibra "malata" alla ruota di un tempo senza futuro. Parma: la Garante Bruno; nel carcere problemi per detenuti malati e gestione ergastolani La Repubblica, 16 gennaio 2014 Le criticità degli istituti penitenziari di Parma al centro di una missiva di Desi Bruno: numero eccessivo di persone portatrici di gravi malattie, provenienti da tutto il territorio nazionale. A seguito di ripetuti colloqui effettuati con i detenuti e delle lettere collettive a firma congiunta dei detenuti stessi indirizzate al suo ufficio, la Garante regionale delle persone private della libertà personale, Desi Bruno, ha provveduto a segnalare alle autorità competenti (in particolare al ministro della Giustizia e al capo dell’Amministrazione penitenziaria) alcune criticità che affliggono gli Istituti penitenziari di Parma: in particolare, la presenza di un numero eccessivo di persone portatrici di gravi malattie, provenienti da tutto il territorio nazionale. Ciò avviene, spiega una nota, in ragione della presenza del Centro diagnostico e terapeutico (Cdt), gestito dall’Ausl di Parma, per il trattamento di patologie in fase acuta o cronica in fase di scompenso, non sufficiente a far fronte al numero delle persone inviate. È noto come l’invio presso gli Istituti penitenziari di Parma spesso derivi dalla presenza e di personale medico ritenuto idoneo e sufficiente per affrontare gravi problematiche sanitarie; pertanto, molte persone inviate a Parma, affette da patologie, anche psichiche, sono in attesa di fare ingresso al Cdt o di essere allocati nella sezione per tetraparaplegici e minorati fisici. In senso analogo, si è recentemente espresso il Comitato nazionale per la bioetica (Cnb), con l’approvazione, il 27 settembre 2013, del parere "La salute dentro le mura", avente ad oggetto il tema del diritto alla salute per le detenute e i detenuti; il Comitato ha segnalato in particolare la mancanza di adeguatezza delle cure, anche rilevando la criticità relativa all’eccessivo numero dei ricoveri nei reparti sanitari esistenti all’ interno dei penitenziari, a fronte di un numero carente e di una disomogenea dislocazione sul territorio nazionale degli stessi. Nell’articolare il parere in questione, il Cnb dà una interpretazione del diritto alla salute che riafferma la centralità della persona, anche in condizioni di privazione della libertà personale. Si ritengono fondamentali, per la tutela della salute del detenuto, azioni, tra le altre, quali: l’adeguatezza degli spazi detentivi e dei servizi erogati; la necessità di dare attenzione alle richieste dei detenuti; la sopportabilità del regime carcerario. Registrata l’inidonea allocazione di persone malate negli ambienti delle sezioni comuni, la Garante ha provveduto a segnalare alle autorità competenti della criticità, chiedendo una più razionale assegnazione delle persone detenute agli istituti penitenziari di Parma, più rispettosa delle condizioni di salute della popolazione detenuta e delle singole esperienze detentive e di tutti coloro che operano in carcere. Inoltre, la Garante ha segnalato la criticità relativa al rilevante numero di persone condannate all’ergastolo (80 alla data dell’11 ottobre 2013), molte delle quali in regime di ostatività, che impone di valutare l’opportunità di assicurare il pernottamento in camere singole; una soluzione che, pur se ritenuta anche dalla Corte di Cassazione oggetto di una mera aspettativa, in concreto pare necessaria nel percorso di "umanizzazione della pena intrapreso con grande vigore dal Provveditore alle carceri di questa regione". Milano: avvocati in rivolta contro i giudici… "in appello ci impediscono le arringhe" di Luca Fazzo Il Giornale, 16 gennaio 2014 Diritti negati per snellire i processi in appello. La denuncia di un legale milanese: "Ci impediscono le arringhe". "I giudici non ci stanno più neanche a sentire, anzi ci interrompono se cerchiamo di parlare. Come se il nostro lavoro non fosse più quello di difendere gli imputati ma di accompagnarli al patibolo". Sono le 10.30 di ieri mattina, e un avvocato milanese racconta così come sta cambiando la macchina della giustizia. In nome dell’efficienza e della celerità, dicono gli avvocati, vengono calpestati i diritti degli imputati. La conseguenza è che i tempi delle sentenze rimangono biblici, ma in compenso le garanzie delle difese previste dalla legge finiscono azzerate. Anche questa è malagiustizia. Non è un grido di dolore isolato, quello dell’avvocato che si sente ridotto a un accompagnatore. Ieri mattina, nella saletta al primo piano del palazzaccio, si riuniscono i penalisti milanesi. Quasi ognuno di loro ha una storia da raccontare su quanto accade, soprattutto nelle aule dei processi d’appello. Nell’autunno scorso la Camera penale di Milano invitò gli avvocati a mettere per iscritto le loro storie di ingiustizia vissuta. All’appello ha risposto appena una manciata di professionisti: perché inimicarsi i giudici è sempre imprudente. Ma basta la lettura di questi pochi racconti, e ascoltare i racconti assai più numerosi che viaggiano per via orale, per rendersi conto che qualcosa sta cambiando. E non in meglio. C’è un caso, uno solo, in cui un avvocato racconta di essersi ribellato al giudice che cercava di zittirlo: ne è nato un pandemonio. Ma nella maggior parte dei casi i difensori scelgono di subire, per non peggiorare la situazione. A essere indicati come i protagonisti della svolta repressivo-sbrigativa sono soprattutto i giudici della Corte d’appello, in alcuni casi con nome e cognome. Il processo d’appello dovrebbe iniziare con la relazione di uno dei giudici: ma questo, dicono i legali, ormai non avviene praticamente più, la relazione viene "data per letta": "E così per noi diventa impossibile capire cosa i giudici abbiano capito del processo che devono celebrare". Poi c’è la requisitoria della procura generale, che quasi sempre chiede la conferma delle condanne. Poi, in teoria, la parola dovrebbe passare al difensore: che però viene sempre più spesso invitato a "riportarsi", ovvero a stare zitto e a sperare che i giudici abbiano letto con attenzione il suo ricorso. "Se un avvocato rifiuta di riportarsi e rivendica il suo diritto a intervenire - racconta un legale in uno degli esposti - il suo processo viene trattato per ultimo". E quasi sempre sugli atti che decidono della sorte di un uomo piomba il timbro: condanna confermata. Modena: faccia a faccia avvocati-magistrati "intercettati i colloqui con i clienti detenuti" di Daniele Franda Modena Qui, 16 gennaio 2014 "Siamo tutti intercettati quando parliamo con i nostri clienti, questo non è affatto corretto". A dirlo è Enrico Fontana, presidente della Camera penale di Modena, durante un incontro con la magistratura modenese sul tema del diritto di difesa. Il faccia a faccia, andato in scena stamattina nell’ex aula della Corte d’Assise del Tribunale di Modena, ha visto la partecipazione del giudice Domenico Truppa, degli avvocati Fontana e Luca Brezigar, e del sindaco Giorgio Pighi, anch’egli avvocato. In platea una folta schiera di penalisti, molto attenti e interessati alle tematiche dibattute. Quella delle intercettazioni dei colloqui tra assistiti e difensori è solo una delle tematiche toccate nell’incontro di stamattina, che arrivava a conclusione della tre giorni di sciopero indetto proprio dai penalisti. Altro tema dibattuto è quello sull’abuso della custodia cautelare: oltre il 40% dei detenuti del Sant’Anna si trova in regime di custodia cautelare, ovvero non è ancora stato giudicato, per la prima volta o in maniera definitiva. Una media in linea alle altre situazioni carcerarie italiane. La Corte Europa dei diritti dell’uomo, ricorda l’avvocato Fontana, ritiene tutto ciò un abuso sbalorditivo. Proprio l’abuso della custodia cautelare è stato uno dei tre pilastri su cui è stata imperniata la protesta dello scorso settembre, culminata nell’astensione per sette giorni e in una raccolta firme davanti al Tribunale: "Il nostro ordinamento - spiegò all’epoca il presidente della Camera Penale di Modena - prevede che la custodia cautelare sia l’extrema ratio, in realtà è da considerare un’anticipazione della pena. Le misure alternative? Le leggi ci sono ma non vengono applicate. La statistica ci dice che quando si sconta una pena fuori dal carcere i tassi di recidiva sono molto bassi". Avellino: convegno "Carcere e povertà. Strumenti e metodologie di partecipazione" www.irpiniareport.it, 16 gennaio 2014 "Carcere e povertà. Strumenti e metodologie di partecipazione", è il tema dell’incontro transnazionale che si svolgerà dal 16 al 19 gennaio nella provincia di Avellino. L’incontro si inserisce nel progetto ICE (Increasing participation and Citizenship in Europe- Aumentare la partecipazione e la cittadinanza in Europa), finanziato da Grundtvig – partenariati di apprendimento, e vuole indagare sui legami tra carcere e povertà, puntando a far conoscere la realtà delle carceri italiane e delle buone pratiche che si possono attuare anche in contesti difficili. Tra gli obiettivi, anche quello di dare voce, ascoltare e apprendere le persone socialmente escluse, mettendo a confronto modelli e metodi di partecipazione applicati dai partner del progetto, per mettere a punto modelli poi trasferibili nei diversi contesti nazionali. In seguito, si vuole formare un gruppo di persone svantaggiate ad animare questi gruppi, senza il sostegno esterno di professionisti. L’incontro è organizzato da Cilap (Collegamento Italiano di Lotta alla Povertà), EAPN European Anti Poverty Network, in collaborazione con Caritas Firenze, Centro Nazionale per il Volontariato, associazione La certezza del recupero e vede tra i partner locali la Caritas diocesana di Avellino, la Casa di reclusione di Sant’Angelo dei Lombardi, l’associazione di volontariato Don Tonino Bello, la cooperativa sociale Il Germoglio e l’associazione Ucraini Irpini. I lavori nella giornata del 17 gennaio si svolgeranno nei locali della Casa di reclusione di Sant’Angelo dei Lombardi (AV), con interventi sulla povertà e realtà carceraria in Italia. Intervengono: se possiamo mettere almeno il direttore della casa di reclusione, il provveditore e il prefetto sarebbe perfetto! Il 18 gennaio presso la Casa di Nicodemi si terranno incontri dei coordinatori del progetto ICE e tra gli operatori nelle carceri. Alle 19 ci sarà la visita all’associazione Enzo Aprea di Atripalda (indirizzo?) e a seguire, lo spettacolo musicale de I sognatori. Il 19 gennaio…? Nicoletta Teodosi, presidente del Cilap, ha dichiarato: "Particolarmente interessante e originale è la giornata del 17 gennaio, i cui lavori si svolgeranno nei locali della Casa di reclusione di Sant’Angelo dei Lombardi, con la partecipazione dei detenuti, e delle associazioni che lavorano nelle carceri. Per costruire percorsi di crescita e ascolto tra persone in povertà, operatori e amministratori e interrogarsi, tutti assieme, sui legami tra carcere e povertà". Parteciperanno circa 60 persone: persone in povertà, detenuti ma anche chi lavora con loro o con gruppi svantaggiati, operatori nei servizi, cooperative sociali, associazioni di volontariato. Saranno presenti inoltre 12 persone delle organizzazioni partner del progetto ICE, provenienti da Ungheria, Paesi Bassi e Austria. Nei giorni dell’incontro saranno inviati testimonianze e ulteriori aggiornamenti. Firenze: Scino (Pd); massima preoccupazione per la rissa avvenuta nel carcere di Sollicciano Agi, 16 gennaio 2014 "Prima che la situazione degeneri invito il Ministro Cancellieri e Renzi ad inserire questo problema tra le principali priorità della loro agenda". "Esprimo massima preoccupazione per la maxi rissa avvenuta ieri nel carcere fiorentino di Sollicciano così come segnalata dal Sindacato di Polizia penitenziaria Osapp". Così il consigliere del Pd Salvatore Scino che aggiunge: "L’Osapp riferisce di una quarantina di detenuti delle sezioni undici, dodici e tredici inserite nel progetto "Vigilanza dinamica" che si sono fronteggiati a pugni e a calci e alcuni avrebbero riportato anche ferite importanti. Il sindacato lancia l’allarme e precisa ancora una volta le principali responsabilità di una situazione che peggiora ogni giorno e vede il venir meno nel carcere fiorentino le regole della civile convivenza. Le tante e gravi carenze del carcere di Sollicciano in questi anni sono state più volte denunciate da tutti gli operatori: agenti di Polizia penitenziaria, Garante dei detenuti, operatori sociali, detenuti e volontari vari. Voglio ricordare - spiega Scino - che in data 14 marzo 2011 si è anche svolto un Consiglio comunale straordinario all’interno del Carcere e anche in tale occasione sono state fortemente evidenziate le gravi criticità presenti nella ormai superata e obsoleta struttura carceraria. Il Garante Corleone più volte, con proprie relazioni, ha denunciato al Consiglio comunale e alla città tali criticità, la Commissione consiliare Pace, Diritti Umani, Solidarietà e Relazioni internazionali ha udito negli anni sia i sindacati di Polizia penitenziaria sia le rappresentanze dei detenuti e tutti hanno lanciato il grido di allarme di situazione estremamente grave e pericolosa. Pertanto prima che la situazione degeneri ulteriormente all’interno della struttura carceraria, dopo questo campanello d’allarme sfociato in rissa, invito il Guardasigilli Cancellieri e il Sindaco di Firenze Renzi ad inserire tra le principali priorità della loro agenda le gravi problematiche del carcere fiorentino e nazionale e di volersi recare, al più presto, con una delegazione di Autorità preposte in visita alla struttura di Sollicciano". Lensi (Radicali): Renzi e Barducci visitino Sollicciano Ancora un invito del consigliere provinciale Radicale, Massimo Lensi, affinché le istituzioni seguano la situazione di vera emergenza del carcere di Sollicciano. Lensi invita Renzi e Barducci a un incontro con direzione del carcere, detenuti e associazioni Ancora un invito del consigliere provinciale Radicale, Massimo Lensi, affinché le istituzioni seguano la situazione di vera emergenza del carcere di Sollicciano. Lensi invita Renzi e Barducci a un incontro con direzione del carcere, detenuti e associazioni. Ancora un’emergenza nel carcere di Sollicciano. Questa volta una maxi rissa, durante una partita di calcio nel campetto dell’istituto, che avrebbe coinvolto una quarantina di detenuti. "E ancora una volta - lamenta il consigliere provinciale Massimo Lensi, radicale nel Gruppo Misto - le istituzioni cittadine fanno finta di niente, come se la vita interna di uno degli istituti penitenziari più sovraffollati d’Italia fosse materia privilegiata per chissà quale lontana istituzione". Il carcere, invece, "è parte integrante del delicato ecosistema urbano, è parte di una città e della sua comunità. E i segnali che arrivano da Sollicciano sono preoccupanti, sintomo di un malessere che deve essere affrontato anche e soprattutto dalle istituzioni cittadine, Sindaco in testa". Lensi rinnova quindi "il mio invito al Sindaco di Firenze e al Presidente della Provincia: si rechino al più presto nell’istituto penitenziario fiorentino e affrontino con i detenuti, la direzione, il corpo di polizia penitenziaria e le associazioni del volontariato i problemi interni di vita quotidiana: problemi che devono essere risolti al più presto e che stanno diventando, giorno dopo giorno, sempre più insopportabili per i detenuti". Ferrara; Sappe; rissa tra detenuti tunisini e albanesi nel cortile dei "passeggi" Ansa, 16 gennaio 2014 Rissa tra detenuti albanesi e tunisini nel carcere di Ferrara. Lo riferisce il Sappe, il sindacato autonomo della polizia penitenziaria. "Il 14 gennaio, all’interno della casa circondariale di Ferrara - affermano Donato Capece, segretario generale Sappe, e Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto - nei locali passeggi, c’è stata una rissa tra due fazioni di detenuti, albanesi e tunisini. Alcuni di loro hanno riportato ferite giudicate guaribili in trenta giorni. Sembra che la rissa sia stata preceduta da una scazzottate, sempre tra albanesi e tunisini. Solo grazie al pronto intervento della Polizia penitenziaria, alla quale va il nostro plauso, la situazione non è degenerata ulteriormente". "Questo grave episodio - sottolineano - si aggiunge a quello ancora più grave di questa mattina, avvenuto a Reggio Emilia, dove un agente è stato aggredito da un detenuto ed ha riportato ferite al volto e la probabile frattura del setto nasale. È del tutto evidente che la situazione delle carceri continua a diventare sempre più difficile da gestire, sia per il sovraffollamento, sia per la carenza di personale. A tal proposito risulta davvero assurda la scelta del governo, nella legge di stabilità, di prevedere assunzioni straordinarie per tutti gli altri corpi di polizia, tranne che per la polizia penitenziaria. Auspichiamo che il ministro provveda al più presto a sanare tale ingiusta sperequazione". Reggio Emilia: Sappe; detenuto di origine tunisina aggredisce agente Ansa, 16 gennaio 2014 "Questa mattina un detenuto di origine tunisina ristretto nel carcere di Reggio Emilia, ha aggredito un agente della polizia penitenziaria. L’agente si era recato nella stanza per invitare il detenuto a recarsi al lavoro, considerato che si tratta di un lavorante. L’uomo, infastidito perché stava dormendo, ha prima iniziato ad inveire contro l’agente e poi lo ha colpito con una testata al setto nasale ed un pugno all’orecchio, provocandogli una ferita al lobo e la probabile frattura del setto nasale: sono in corso gli accertamenti presso l’ospedale". Lo rendono noto Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe - il sindacato autonomo della Polizia penitenziaria - e Francesco Campobasso, segretario regionale. "L’uomo - spiegano - è detenuto per spaccio e rapina e dovrebbe terminare la pena ad ottobre 2014, pena che, a questo punto, speriamo venga opportunamente prolungata da un’adeguata e severa condanna, oltre al procedimento disciplinare ed alla chiusura dall’attività lavorativa, un privilegio nelle attuali carceri italiane che sicuramente non merita, così come, insieme a tanti altri, non merita di stare nel regime aperto, a custodia attenuata, dove, bisogna evidenziare, a causa della carenza di personale, viene impiegato un solo agente. A Reggio Emilia sono presenti 230 detenuti, dei quali 127 definitivi, 57 imputati, 32 appellanti, 9 ricorrenti e 5 donne. Gli internati presenti nell’ospedale psichiatrico giudiziario sono 167". Massa Carrara: progetto per detenuti, saranno impiegati in lavori di pubblica utilità Il Tirreno, 16 gennaio 2014 Nella commissione Sociale (presieduta da Carlo Boni) il Garante provinciale dei detenuti Umberto Moisè, ha illustrato le modalità per aderire al percorso sposato dalla Regione Toscana e dal presidente Enrico Rossi in particolare: quello previsto dal decreto sulle carceri previsto dal Ministro Anna Maria Cancellieri e che toccherà principalmente il settore dei detenuti tossicodipendenti. Accordo già siglato nella maggior parte dei Comuni toscani, come, oltre Massa, tra gli altri, Firenze, Prato, Pistoia, Lucca, Livorno, Pisa. L’Amministrazione carrarese sarebbe tra le ultime a sottoscrivere l’adesione e, anche per questo, il sostegno della commissione è stato unanime. Il progetto è rivolto ai detenuti che verranno impiegati, tramite un minimo rimborso spese (che si aggirerà intorno ai 20/25 euro), per lavori socialmente utili nel territorio. Essendo Amia la società individuata per l’assorbimento di un numero di detenuti ancora da stabilire (il Comune di Massa ne ha impiegati 4 presso il Tribunale) viene immediatamente fugato il timore che questo genere di inserimento vada ad inficiare le possibilità di assunzione da parte della stessa Amia, dei lavoratori delle cooperative. "Il lavoro che svolgerebbero i detenuti - afferma Moisè - non rientra nella tipologia di quello che, normalmente, viene affidato alle cooperative". Si tratterebbe insomma di un primo passo verso il futuro reinserimento all’interno della società, quel reinserimento, come afferma la dirigente al Sociale Daniela Tommasini, "mai scontato". Modena: Sindaco Pighi favorevole a proposta di trasformare Cie in officina per i detenuti Modena Qui, 16 gennaio 2014 "La proposta del gruppo carcere-città per il riutilizzo dello spazio del Cie va nella direzione giusta": il sindaco di Modena Giorgio Pighi promuove l’idea di trasformare l’edificio del Centro per l’identificazione ed espulsione in un’officina per i detenuti del vicino carcere di Sant’Anna. "Già una volta suggerii una concezione più ampia, cioè di destinare quella sede alle misure alternative alla detenzione, come i domiciliari o l’affidamento ai servizi sociali. Oggi c’è un gran numero di condannati che potrebbero accedervi, ma non possono perché non hanno un luogo di residenza. A questi si aggiungono coloro che non hanno un lavoro. Lo spazio del Cie potrebbe rappresentare un’occasione anche per loro, rispondendo anche in parte al problema del sovraffollamento del carcere". "Abbiamo - spiega il gruppo carcere-città - un edificio vuoto: perché non trasformarlo in un luogo di speranza?". Piacenza: al carcere delle Novate nuovo padiglione entro fine mese, critici i sindacati Il Piacenza, 16 gennaio 2014 Il nuovo padiglione del carcere delle Novate potrebbe aprire i battenti entro la fine del mese. La rassicurazione è venuta direttamente dal provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria Pietro Buffa. Il dirigente ha incontrato a Bologna i rappresentanti di otto sigle sindacali. Il nuovo padiglione del carcere delle Novate potrebbe aprire i battenti entro la fine del mese. La rassicurazione è venuta direttamente dal provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria Pietro Buffa. Il dirigente ha incontrato questo pomeriggio a Bologna i rappresentanti sindacali di otto sigle: Sappe, Osapp, Ugl, Cigl-Cisl-Uil, Sinappe e Cnpp. All’incontro era presente anche il direttore della casa circondariale Caterina Zurlo. Sul tappeto numerosi problemi legati in parte anche all’apertura del moderno padiglione che dovrà ospitare 200 detenuti. Secondo i sindacati, il caos che si è determinato e lo stato di tensione tra il personale è dovuto anche alla mancanza di progettazione del lavoro degli agenti sia nel nuovo padiglione sia nel vecchio. Responsabili di questo stato di cose sarebbero i vertici della polizia penitenziaria. Non organizzare l’impiego del personale, infatti, ha portato i sindacati a chiedere l’incontro con il provveditore, incontro di cui i sindacalisti si sono detti "soddisfatti delle rassicurazioni fornite". Dei miglioramenti offerti dai nuovi spazi ne beneficeranno sia i poliziotti sia i detenuti. La nuova struttura, a norma in ogni piccolo particolare, è tecnologicamente avanzata e consente un risparmio di personale per la vigilanza. Per i detenuti, i sindacati hanno ricordato che porterà miglioramenti della qualità della vita dietro le sbarre, un passo necessario anche per riparare alle situazioni di degrado che sono costate all’Italia una condanna da parte della Corte dei diritti umani di Strasburgo. Lucca: Sappe; come svuotare il carcere San Giorgio? rispediamo a casa i detenuti stranieri La Gazzetta di Lucca, 16 gennaio 2014 Il San Giorgio di Lucca resta lì, con tutti i suoi guai. Mentre arriva l’ennesimo "svuota carceri" e quasi nessuno pare ricordarsi della convenzione di Strasburgo del 1983, la quale, seppur di complicata applicazione, potrebbe aiutare le galere italiane a respirare con il rimpatrio volontario di parte dei detenuti stranieri, anche nella terra dei Marcucci e dei Baccelli se ne sentono di tutti i colori. Ma qual è la situazione vista da chi frequenta quotidianamente la galera? Quali sono i diritti e i doveri effettivi dei detenuti? Com’è la vita di chi si trova dietro le sbarre? A testimoniarlo alla Gazzetta di Lucca è un addetto ai lavori. Il Sappe, sindacato autonomo di polizia penitenziaria, qualche settimana fa ha proposto di rimpatriare gli stranieri, poiché rappresentanti più di un terzo dei detenuti su suolo italiano tra i 65 mila presenti, circa 17 mila più del consentito. Così i numeri tornerebbero nella normalità. È davvero la soluzione? Sicuramente rappresenterebbe una bella forbice. All’interno del San Giorgio siamo a una percentuale di stranieri pari a 75 punti. Quindi rimpatriando il 70, l’80 percento dei reclusi stranieri, l’Italia avrebbe obiettivamente una normale presenza di detenuti. Le leggi Bossi-Fini e, soprattutto, Fini-Giovanardi, rispettivamente su immigrazione e droga, hanno contribuito in modo rilevante a riempire il San Giorgio? Secondo me sì. In ogni caso anche prima era strapieno. Ora sono aperte quattro sezioni, per circa 100 posti letto: i detenuti si aggirano sui 150, ma sono anche stati raggiunti picchi di 220 persone, in passato. Le celle sono di tre metri per quattro, o quattro per cinque circa, e ognuna ospita tre o quattro detenuti, con due letti a castello. Anche a Lucca si stanno verificando sempre più spesso rivolte interne al carcere, dove talvolta a rimetterci, o comunque a rischiare, sono gli agenti di polizia penitenziaria. Queste esasperazioni sono figlie di un San Giorgio definito, recentemente e a più riprese, una vergogna dai senatori Marcucci e Granaiola? Non ci sono state rivolte al San Giorgio, ma solo manifestazioni di dissenso. Il direttore ha delle idee sue. Diciamo che il carcere non offre grandi svaghi: ad esempio sono tenuti corsi di teatro e di cucina, ma il campo per correre è molto piccolo e di cemento, non c’è spazio. L’edificio è vecchio e maltenuto, mai modernizzato. Le celle sono anguste, ciascuna ha un angolo cottura, la turca e il lavandino. Il fornello è a gas e spesso i detenuti si gasano per sballarsi. La terza sezione è la peggiore: è dove tengono, o comunque mettono in prima battuta, i detenuti problematici. L’ambiente circostante condiziona, gli operatori ne rimangono depressi. I secondini fanno fatica a scindere la vita privata dal lavoro. Il carcere, invece di reinserirlo nella società, peggiora l’individuo? Il San Giorgio non rieduca perché non dà scopi né sfoghi al detenuto. Ci sono casi umani, come chi spaccia per cercare di mandare avanti la famiglia. Aumenta, così, la potenzialità criminologica, il soggetto si evolve in peggio. Può essere decisa anche la vigilanza a vista, cioè un agente che sta seduto tutto il giorno davanti alla cella per controllare il detenuto. Il nuovo direttore e il comandante della polizia penitenziaria, però, sono molto in gamba e hanno cambiato in meglio tante cose, ad esempio riducendo il numero dei detenuti, facendoli smistare in altre carceri. Ci sono delle gerarchie tra i detenuti? Chi è in possesso della leadership è evidente: in particolare c’è un detenuto del sud che è servito dagli altri. In carcere ci sono due modi per ottenere rispetto: comportandosi da criminali o facendo leva sul piano economico. I soldi sono importanti: servono per fare la spesa da fuori e vengono utilizzati anche per commissionare regolamenti di conti. E comunque tra i detenuti, in un certo senso, non ci sono più quelli di un tempo. Leone, arrestato a giugno per pedofilia, non lo hanno menato. La seconda sezione è piena di gente italiana del sud. Tutti, un tempo, lo avrebbero menato. E anche gli stranieri sono senza sentimenti e ideali. Però c’è un prete che cerca di aiutare tutti: il lunedì c’è la messa e lui porta indumenti da fuori o prova a soddisfare le altre richieste. Sempre i due esponenti Pd hanno dichiarato che Lucca, pur essendo nelle sue possibilità normative, non ha istituito la figura del Garante per i diritti del detenuto. Dobbiamo immaginarci un San Giorgio sulla falsariga di Guantanamo? I detenuti hanno o non hanno diritti? Non sono disinformati. Il carcere è pieno di telecamere, anche nelle zone di medicazione. I detenuti sono sindacalisti, nel senso che conoscono perfettamente i loro diritti e hanno grandi strumenti di tutela. E per quanto riguarda eventuali privilegi? I detenuti non pagano nulla, soltanto la spesa che fanno fuori. Non hanno contanti, ma un conto corrente. Ci sono degli specialisti sanitari a loro disposizione. Ad esempio un dentista pagato dai contribuenti. Lo Stato paga la pulizia dei denti ai detenuti, quando alcuni di questi non hanno mai lavato i denti in vita loro. Gli fanno dentiere costosissime. In un caso è stata fatta la protesi per una gamba. Tutto gratis. Anche fuori dal parlamento si spinge per svuotare le carceri. Tra le motivazioni del referendum radicale vi è quella per cui molti dei detenuti sono tali poiché in regime di custodia cautelare. Ancora il sovraffollamento, dunque. Ma la soluzione più logica, oltre che meno dispendiosa, non sarebbe quella di ristrutturare le carceri già esistenti e non utilizzate? Certo. Anche perché, se le svuoti, dopo due mesi dall’indulto sono di nuovo piene. Il San Giorgio va chiuso e portato fuori dalle Mura. I detenuti hanno la tv, il vitto e l’alloggio gratis in barba ai contribuenti, sì, ma non i vetri, e d’inverno è freddo anche per loro. Ma, in definitiva, qual è in linea di massima la giornata tipo di un detenuto? Svolge qualche tipo di attività utile alla società o a far sì che in questa vi rientri? Delle quattro sezioni del San Giorgio, una è quella dei semiliberi: escono la mattina e rientrano alle 22, cioè vanno a lavoro e poi tornano. Ma sono tutte situazioni utili a loro stessi e al carcere. Manca una proiezione d’impiego utile alla società, quando, invece, i detenuti sarebbero contenti di svolgere qualche attività in tal senso. Potrebbero curare la città, gli spazi verdi, le strade. Farebbero di tutto per uscire qualche ora. In tal senso vi è anche il business delle terapie rivendute. Capita che non ingoino i medicinali e li risputino: lo fanno per i soldi, da una parte, e per cercare di passare del tempo all’ospedale, dall’altra. Possibile che, onde evitare la completa remissione del debito da parte dello Stato, nei casi in cui accade, non ci sia modo di far lavorare tutti senza andare incontro ai vari trattati umanitari firmati dall’Italia? Be’, pare ci sia un italiano che lavorando in carcere ha maturato la pensione. Difatti sembra che il ministero paghi i detenuti lavoratori regolarizzandone i contributi. Ovviamente, per lo svolgimento dell’impiego serve prima una valutazione medica e del comando. Comunque esistono detenuti stipendiati: alcuni svuotano i cestini, altri fanno lavori di muratura, ci sono gli scrivani e altri ancora fanno il barbiere, ad esempio. Qual è, invece, la situazione della polizia penitenziaria a Lucca? Il loro numero è proporzionato a quello dei detenuti? Tanti marcano visita, quindi già non sono molti. Qualche volta sono sotto organico minimo. E poi ci sono tanti impieghi: devono stare dietro alle udienze, alle visite, alle terapie d’intervento. Quello di Pisa è il carcere peggiore, c’è anche il 41 Bis. È forse questa sproporzione tra le due parti uno dei problemi di Lucca? Qual è il motivo per cui non si riescono a prevenire le aggressioni o, comunque, le situazioni a rischio? Non bisogna portare all’esasperazione i detenuti. Quando si capisce che uno si comporta male, va allontanato subito. Ma, a onor del vero, negli ultimi anni non ci sono stati grandi problemi. Mi viene in mente un detenuto che doveva esser trasferito, e con l’olio bollente ha aggredito gli agenti della polizia penitenziaria. Il fatto è che spesso non c’è abbastanza riservatezza: le notizie circolano dentro e fuori. Lecce: "Storie d’amore e libertà", il carcere diventa una fucina culturale www.leccesette.it, 16 gennaio 2014 L’associazione "Antigone" promotrice di un progetto per i detenuti di Borgo San Nicola: Street art, musica e un corso di scrittura e la creatività supera le sbarre del carcere. Street art per la sezione femminile, musica e scrittura per quella maschile. Borgo San Nicola, uno dei carceri più grandi e complessi d’Italia, diventa il luogo dove la creatività si fa strumento per superare le barriere architettoniche e opportunità di reinserimento sociale. Comincia oggi e andrà avanti per circa sei mesi il progetto "Storie d’amore e libertà" , voluto dall’associazione Antigone Onlus in collaborazione con l’associazione culturale leccese Bfake. Vedrà il coinvolgimento di circa 15 detenuti e prevede un corso di Street Art rivolto alla sezione femminile e di un corso di musica e scrittura creativa per la sezione maschile. Partner principale, il Garante dei diritti dei detenuti, Piero Rossi, benché lo stesso Comune di Lecce abbia manifestato apprezzamento per il progetto. Il sindaco Paolo Perrone, ne ha difatti sottolineato il valore sociale e culturale e ha garantito il proprio appoggio. L’idea nasce dal confronto e dalla sinergia fra Mariapia Scarciglia, avvocato e responsabile per Lecce e Taranto dell’associazione Antigone, ed i soci dell’associazione Bfake, attiva sul territorio nella realizzazione di progetti all’insegna della libera circolazione e condivisione dei saperi. "La passione per i diritti e l’impegno civico sono stati fondamentali per spingere il progetto all’interno del carcere leccese" spiega Scarciglia, "struttura piuttosto grande che ospita circa 1.200 detenuti. L’obiettivo è quello di creare un vero e proprio spazio neutrale, in cui i detenuti possono sentirsi liberi di esprimersi in discipline che notoriamente migliorano il benessere psicofisico della persona, obiettivo, questo alla base della finalità della pena. Dopo una serie di proficui incontri con i detenuti all’interno della casa circondariale di Lecce, resi possibili grazie all’entusiasmo dimostrato nei confronti del progetto dal direttore Antonio Fullone, ben due classi composte da quindici detenuti sono già pronte a confrontarsi con arte, musica, scrittura e creatività. A fronte della attività per i detenuti già avviate all’interno del carcere, fra le quali ricordiamo un corso di teatro ed i laboratori di sartoria e falegnameria, la scelta di traghettare all’interno della Casa Circondariale due corsi espressamente rivolti all’arte ed alla creatività non è affatto casuale". Grazie al corso di Street Art i partecipanti potranno immediatamente confrontarsi con tutte le moderne tecniche artistiche proprie dell’arte di strada. Graffiti, stencil, disegni e collage, grazie alla guida di insegnanti esperti, diverranno strumenti di libertà e partecipazione mentre, grazie al corso di musica e scrittura creativa, i mille pensieri che affollano la mente di chi vive all’interno di una cella potranno diventare, nell’ottica di un lavoro coordinato e corale, il testo di un brano rap da scrivere, registrare e condividere. Il corso di Street Art sarà curato da Francesco Ferreri e Ania Kitela mentre il corso di musica sarà gestito da Ennio Ciotta e Massimo Armenise. Al termine del progetto, una mostra sarà allestita difatti nel carcere, per poi diventare itinerante. Al tempo, grazie alla collaborazione di artisti di fama, come i Sud Souind System e gli Opa Cupa, che hanno garantito la propria collaborazione, sarà realizzato un cd musicale. Le produzioni artistiche potranno quindi essere poi vendute per far conoscere la realtà positiva e creativa dei detenuti e finanziare ulteriori progetti. Solo ieri la Ministra Annamaria Cancellieri aveva definito Borgo San Nicola un "carcere modello". Dichiarazione che non vede però l’approvazione della stessa portavoce di Antigone: "Trovo azzardato riferirsi al carcere di Lecce in questi termini. Certamente, grazie al nuovo direttore, si stanno facendo dei passi avanti, ma la struttura ancora mostra una serie di gravi criticità. L’emergenza sanitaria è tutt’ora attuale, così come una serie di altri casi di autolesionismo o addirittura di suicidi. Per quanto sia consapevole che sia una realtà complessa e di difficile gestione, è necessaria e urgente una ristrutturazione totale". Avellino: i detenuti del carcere di Bellizzi e i "Racconti di Papa Francesco" www.ilciriaco.it, 16 gennaio 2014 Trecento copie del libro "I racconti di Papa Francesco" regalate ai detenuti del carcere di Bellizzi, che a loro volta hanno consegnato un veliero biancoverde. Il tutto si è svolto questa mattina presso la casa circondariale dove i detenuti hanno ricevuto la visita dell’A.S. Avellino, del presidente della Calcestruzzi Irpini ed editore della rivista Link, Silvio Sarno, e dello scrittore e giornalista Rai, Rosario Carello, autore del libro che raccoglie ottanta piccole storie con protagonista Papa Bergoglio. "Il Pontefice - ha spiegato Carella - sta conquistando tutti, a cominciare dai non credenti e i detenuti. Quest’ultimo vedono in lui una persona vicina che li conosce e sentono il suo affetto". Non a caso molti detenuti hanno affidato dei messaggi al giornalista chiedendogli di recapitarli a Papa Francesco. "Molto emblematico e commovente quello che mi è stato affidato da un detenuto - ha spiegato Carello - perché mi ha affidato la foto del figlio da dare al Pontefice. In quella foto sono racchiusi tutti i sogni di un papà". Le copie regalate ai detenuti sono state offerte dall’A.S. Avellino e dalla Calcestruzzi Irpini. "Al Papa ho voluto dedicare, oltre la copertina, anche un capitoletto - ha dichiarato l’editore di Link, Silvio Sarno - il percorso che ha intrapreso il Pontefice sta rappresentando un modello di cambiamento per la vita di tutti noi". Dal canto loro, i detenuti, hanno donato al presidente dell’Avellino Calio, Walter Taccone, un veliero biancoverde con le immagini dei giocatori, da loro realizzato, con l’auspicio che quel veliero possa condurre l’Avellino in serie A. "La nostra volontà è quella di regalare un sogno a tutta la provincia - ha sottolineato Taccone - siamo pronti a salire su questo veliero e farci portare verso mete ambiziose". Immigrazione: abolizione del reato di clandestinità, in tilt la maggioranza di Eleonora Martini Il Manifesto, 16 gennaio 2014 Lega e centrodestra alzano il muro: "Difendere le frontiere è un dovere. Non accetteremo mai un percorso che porta allo ius soli automatico". La depenalizzazione del reato di clandestinità, inserita dalla commissione Giustizia del Senato nel disegno di legge delega sulle pene detentive non carcerarie e sulla messa alla prova e arrivata ieri in Aula, manda in tilt la maggioranza di governo. La Lega, ormai lanciata verso un’escalation razzista alla Le Pen, può perfino sopportare di discutere della liberalizzazione della marijuana, ma di "clandestini" proprio no. Per il centrodestra - nuovo e vecchio - invece sono tabù entrambi gli argomenti. Proprio mentre a Montecitorio il presidente dei deputati di Forza Italia, Renato Brunetta, annuncia che "grazie a noi" la conferenza dei capigruppo ha finalmente deciso di fissare entro la fine di gennaio la discussione in Aula del messaggio alle Camere sull’inaccettabile sovraffollamento carcerarie inviato lo scorso 8 ottobre dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, gli scranni di Palazzo Madama si surriscaldano sul provvedimento che criminalizza gli immigrati presenti sul territorio italiano senza documenti regolari. La norma varato dalla commissione Giustizia abroga l’articolo 10 bis introdotto nel testo unico sull’immigrazione dal primo pacchetto sicurezza di Maroni con la legge 94/2009. Anche per effetto di questa legge - generalmente il combinato disposto del reato di clandestinità e di altri reati, spesso bagatellari - sono stranieri il 35% dei detenuti nelle carceri italiane. Per il capogruppo del Pd Luigi Zanda si tratta di un testo "buono che ora va approvato dall’Aula" perché, come risulta ormai evidente a tutti, perfino agli iscritti on line del Movimento 5 Stelle, "il reato di immigrazione clandestina non ha prodotto alcun beneficio, né al nostro Paese, né agli immigrati. È quindi sufficiente garantire la sanzione amministrativa". E invece no: per il Ncd "la difesa delle frontiere è un dovere verso noi stessi e verso gli altri Paesi membri dell’Unione", afferma il capogruppo Maurizio Sacconi. "Non potremmo mai accettare una politica delle porte aperte - aggiunge l’ex ministro del Lavoro - perché destinata a compromettere ulteriormente la coesione sociale e a rendere vani i tentativi di costruire percorsi di ingresso qualificati in partenza, attraverso la formazione nei Paesi di origine". Dunque per il Ncd "la materia dovrebbe essere considerata nel contesto del provvedimento più ampiamente dedicato al governo dei flussi migratori e ai criteri di riconoscimento della cittadinanza". Da parte sua, Forza Italia prefigura già "effetti devastanti" della depenalizzazione: "Contrasteremo sempre in Parlamento - promette Maurizio Gasparri - chiunque voglia sostenere un percorso che parta dall’abolizione del reato di immigrazione clandestina e poi arrivi allo ius soli automatico". L’animosità della Lega è stata invece arginata, giocoforza, dalla raucedine del relatore del provvedimento, il democratico Felice Casson, che, completamente afono, ha dovuto rinunciare al suo intervento in Aula. La discussione è stata quindi rinviata, come richiesto dallo stesso presidente della commissione Giustizia, Francesco Nitto Palma. Ma per il leghista Massimo Bitonci si è trattato di un chiaro segno (divino): "La maggioranza è in difficoltà per merito della Lega". Pronta la battuta del più timorato Gasparri: "Non si prenda il merito del malessere di Casson o si fa una cattiva fama". Immigrazione: basta Cie, identificare gli immigrati nelle carceri di Luigi Manconi, Valentina Brinis e Valentina Calderone L’Unità, 16 gennaio 2014 Negli ultimi mesi i Centri di identificazione ed espulsione hanno spesso fatto notizia e l’occasione per parlare dei Cie è solitamente data da proteste o rivolte che accadono al loro interno. Che i Cie siano privi di efficacia rispetto al fine previsto dal legislatore lo dicono i dati: solo il 46% dei trattenuti in quei centri viene rimpatriato e questi rappresentano solo l’1% degli immigrati irregolari nel nostro Paese. Un sistema dispendioso e inutile ma, prima di questo, un sistema disumano che ci porta a dire, ormai da tempo, che quei centri andrebbero semplicemente e definitivamente chiusi. Purtroppo questo non avverrà a breve, ma c’è almeno una questione su cui si può intervenire subito. La popolazione che transita all’interno dei Cie è composta, per la maggior parte, da persone che provengono dal carcere. Finito di scontare la pena, cioè, uomini e donne che hanno ricevuto provvedimenti di espulsione amministrativi, giudiziari, o entrambe le cose, vengono portate nei centri per essere identificate ed espulse. La domanda che può venire in mente anche a un non esperto in materia è: una persona che è stata in carcere come può avere bisogno di essere ancora identificata? Il problema, per l’identificazione ai fini dell’espulsione, è la collaborazione del consolato del Paese di cui la persona è cittadina. Dopo il riconoscimento del console, questi prepara il documento di viaggio necessario per effettuare il rimpatrio. Per questa procedura può volerci molto tempo, e nel nostro Paese è contemplato il trattenimento per 18 mesi, mesi che in questo caso si sommano a una pena detentiva già scontata, dando l’impressione allo straniero di essere punito due volte. È per questo che all’interno del cosiddetto decreto "svuota carceri" il governo ha proposto delle modifiche al Testo unico sull’immigrazione, proprio per ovviare al problema della "doppia detenzione". Secondo l’Asgi, l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, la proposta del governo potrebbe essere più efficace. Nel decreto, come nota l’Asgi nelle sue osservazioni, l’identificazione dello straniero in carcere viene proposta solo per chi è destinatario di espulsione a titolo di sanzione alternativa alla detenzione, mentre per gli altri - coloro i quali hanno un’espulsione amministrativa o giudiziale per motivi di sicurezza - continuerebbero a transitare nei Cie. È inutile, poi, gravare di decreti di espulsione persone che si fa fatica a rimpatriare, in quel caso sarebbe meglio sospendere l’espulsione momentaneamente ineseguibile e, nel caso di pericolosità sociale, convertirla con una differente misura di sicurezza. In concreto, ciò che prima era di competenza del ministero dell’Interno, cioè gli accordi con i vari consolati per l’identificazione, adesso deve essere condiviso con il ministero della Giustizia, così da agevolare il riconoscimento per tutti durante il periodo di detenzione in carcere. Se ciò avvenisse, non sarebbe cosa da poco: gli stranieri ex detenuti rinchiusi nei Cie sono quasi il 70%. India: caso marò, lunedì la decisione.. imputazioni o scarcerazione di Fabrizio Caccia Corriere della Sera, 16 gennaio 2014 La vicenda dei due Marò è a una svolta: la Corte Suprema indiana esaminerà già il 20 gennaio prossimo il ricorso presentato lunedì scorso dal governo italiano. E in quella sede i giudici dell’Alta Corte potrebbero valutare il rilascio di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre per i ritardi infiniti del processo indiano. A riferirlo, ieri, la rete televisiva Ndtv, che ha intervistato il ministro degli Esteri, Salma Khurshid. Il capo della diplomazia indiana ha ammesso di ritenere "imbarazzante" la lentezza della giustizia di New Delhi nell’avvio del processo contro Girone e Latorre, controfirmando in pratica le ragioni del ricorso italiano. "Quando lamentano che sono passati due anni e loro non sono stati neppure ancora incriminati per la morte dei due pescatori del Kerala - ha detto ieri Khurshid - provo un sincero imbarazzo". Lunedì prossimo, dunque, si decide: l’Italia chiede alla Corte di "chiudere il caso, visto che dopo due anni gli investigatori non sono stati in grado di presentare i capi di accusa". O, in alternativa, "di autorizzare i due fucilieri di Marina a rientrare in Italia" nell’attesa dei futuri sviluppi. Nel ricorso presentato dal team legale si sostiene, infatti, che il comportamento tenuto fino ad oggi dalle autorità indiane costituisce "un’offesa al massimo tribunale", cioè alla stessa Corte Suprema di Delhi, perché per un anno intero, dal 18 gennaio 2013, cioè da quando l’Alta Corte si pronunciò per la prima volta sulla vicenda, sono state disattese tutte le sue raccomandazioni. In sintesi: le indagini sui fatti del 15 febbraio 2012 non si sono ancora concluse, il processo non è mai iniziato e ora addirittura si vorrebbe adottare la legge antiterrorismo (il Sua Act) che prevede nei casi più gravi la pena di morte. Ma la Corte Suprema, quel 18 gennaio, escluse categoricamente che il Sua Act potesse venire applicato ai due marò. Le parole del capo della diplomazia, comunque, devono aver avuto il loro peso, se è vero che poco dopo il ministero dell’Interno - da sempre fautore della linea dura - ha fatto sapere che starebbe esaminando l’ipotesi di abbandonare per i capi d’accusa contro Girone e Latorre l’uso del Sua Act, scacciando così definitivamente lo spettro della pena di morte. "I due italiani possono avere ecceduto nelle loro funzioni, ma non sono certo terroristi", ha concluso Khurshid. Intanto, tornerà oggi a Roma l’inviato del governo, Staffan de Mistura, per fare il punto con Enrico Letta. E mentre è in partenza per l’India una missione di parlamentari italiani, il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, fa sapere che non parteciperà il 24 gennaio al ricevimento per la Giornata della Repubblica dell’India, a Palazzo Clerici. Sulla sua decisione avrebbe influito proprio il caso dei due marò. Per lo stesso motivo, in segno di protesta, resterà vuota anche la sedia riservata a Roberto Maroni, il governatore della Lombardia. Stati Uniti: ok Corte suprema a pena capitale senza pentobarbital in Ohio La Presse, 16 gennaio 2014 Verrà eseguita la sentenza di morte di Dennis McGuire, detenuto dell’Ohio condannato per lo stupro e l’omicidio dell’allora 22enne Joy Stewart. La Corte suprema degli Stati Uniti ha infatti rifiutato di bloccare la condanna, il che significa che McGuire sarà il primo condannato a morte le cui sentenza sarà eseguita con un tipo di iniezione letale mai utilizzato prima. McGuire verrà infatti ucciso alle 16 ora italiana con un metodo a due farmaci che non prevede l’utilizzo del pentobarbital, precedentemente usato per le esecuzioni capitali. L’Ohio ha dovuto ricorrere alla soluzione a due farmaci, un sedativo e un antidolorifico, in seguito all’esaurimento delle scorte di pentobarbital, avvenuto perché la casa produttrice ha vietato che venisse usato per uccidere i detenuti. Gli avvocati di McGuire avevano cercato di fermare l’esecuzione sostenendo che il loro cliente avrebbe sofferto molto a causa dal nuovo metodo, soprattutto a causa di una condizione definita "fame d’aria". Lo Stato dell’Ohio non è tuttavia dello stesso avviso. Spagna: nessuna concessione a detenuti dell’Eta, respinta mediazione presidente basco Ansa, 16 gennaio 2014 Il Governo spagnolo non cambierà la sua politica penitenziaria, quindi non adotterà alcun provvedimento che favorisca l’uscita dal carcere dei detenuti del gruppo terroristico basco Eta. Lo ha ribadito il premier, Mariano Rajoy, appena tornato dagli Usa dove ha incontrato, tra gli altri, il presidente Usa, Barack Obama, e la direttrice del Fondo monetario internazionale (FMI), Christine Lagarde. Rajoy ha così risposto indirettamente al presidente dell’esecutivo basco, Iigo Urkullu, che aveva proposto che il Partito nazionalista basco (Pnv) e il governo regionale siano "garanti" del processo di pace nei Paesi Baschi. Urkullu aveva anche parlato della "necessità di rendere più flessibile la politica penitenziaria, per un reinserimento individuale e progressivo dei detenuti dell’Eta". Fonti governative riportate dai media hanno detto che il premier ha "rifiutato categoricamente" l’idea di pensare a un’amnistia o qualcosa di simile che possa consentire la scarcerazione dei prigionieri dell’Eta o di rilasciare i detenuti malati. Inoltre, ha smentito di avere in programma a breve un incontro con Urkullu, come sostenuto da quest’ultimo. La posizione ribadita da Rajoy conferma quanto detto dal ministro dell’interno, Jorge Fernandez Diez: "La politica carceraria, che fa parte di una legge, non cambierà sotto la spinta di una o due manifestazioni". Chiaro il riferimento a quella di sabato scorso a Bilbao, quando oltre 100 mila persone sono scese per le strade chiedendo la scarcerazione dei detenuti dell’Eta. La manifestazione era stata organizzata dai partiti indipendentisti o nazionalisti Sortu, EA, Aralar, Alternatiba, Ela e Lab e dallo stesso Pnv, particolare, quest’ultimo che ha indispettito non poco il Governo spagnolo. Ucraina: Servizio penitenziario; la Tymoshenko non potrà parlare con giornalisti Tm News, 16 gennaio 2014 Yulia Tymoshenko, la leader dell’opposizione ucraina che si trova detenuta, non potrà parlare direttamente ai giornalisti. L’ha stabilito il Servizio penitenziario ucraino, secondo quanto riferisce oggi l’agenzia di stampa Interfax. "Tutte le richieste da parte della detenuta Tymoshenko di permettere a rappresentanti dei media l’accesso sono state esaminate dall’amministrazione penitenziaria. Non c’è base, né possibilità, di dare risposta positiva a queste richieste", si legge in un comunicato. Tymoshenko è una detenuta per un grave reato, spiega ancora l’amministrazione penitenziaria. Inoltre, al momento, su sua richiesta la detenuta non è in un carcere ma in un ospedale. Nel comunicato emerge chiaramente qual è la preoccupazione dell’amministrazione penitenziaria rispetto all’attivismo politico della leader dell’opposizione. La pena, spiega, ha lo scopo di permettere "alla persona di correggersi, non di impegnarsi a rendere popolare la propria persona a spese delle istituzioni penitenziarie". Tymoshenko è stata condannata a sette anni di carcere per abuso di potere. La leader dell’opposizione e i suoi sostenitori insistono che la condanna è frutto di una persecuzione politica da parte del regime incarnato dal presidente Viktor Yanukovich. L’ex primo ministro aveva chiesto all’amministrazione penitenziaria di permetterle di parlare alla stampa, secondo un comunicato pubblicato sul suo sito internet personale. In particolare aveva fornito una lista di 12 giornalisti a cui avrebbe voluto parlare. Brasile: un centinaio detenuti del carcere di Pedrinhas in sciopero fame da lunedì Adnkronos, 16 gennaio 2014 Un centinaio di detenuti del carcere brasiliano di Pedrinhas hanno iniziato oggi il loro terzo giorno consecutivo di sciopero della fame come segno di protesta per la presenza della polizia militare nella struttura. L’anno scorso, nel carcere dello stato di Maranhao sono morte 62 persone per gli scontri tra fazioni rivali. Come ha confermato Cezar Bombeiro, vicepresidente di un sindacato locale, lo sciopero è iniziato lunedì per chiedere che "la polizia militare se ne vada, perché adesso il sistema è diventato più rigoroso". Svizzera: smantellata l’unità La Pâquerette, centro in cui lavorava la socioterapeuta uccisa www.tio.ch, 16 gennaio 2014 Il Centro di reinserimento sociale ginevrino La Pâquerette, presso il quale lavorava la socioterapeuta Adeline e dov’era ospitato il suo presunto assassino Fabrice A., è stato smantellato. La sua missione sarà rilevata da Curabilis, lo stabilimento concordatario che aprirà i battenti nelle vicinanze del carcere di Champ-Dollon (Ge) in aprile. Le sette persone che si trovavano alla Pâquerette sono state rinviate nei cantoni che li avevano affidati al centro di reinserimento destinato ai delinquenti particolarmente pericolosi, indica il portavoce del Dipartimento ginevrino della sicurezza Laurent Forestier, confermando la notizia data dal sito internet di "Le Temps". Dalla morte di Adeline, uccisa il 12 settembre 2013, La Pâquerette funzionava al rallentatore: le uscite erano state sospese e le attività terapeutiche interrotte, rileva Forestier. Non aveva quindi alcun senso conservare il centro, mentre Champ-Dollon è sovrappopolato. Attualmente, il carcere ginevrino ospita 800 detenuti per 370 posti disponibili. I locali della Pâquerette permetteranno di accogliere 25 detenuti. Destinato ai detenuti potenzialmente pericolosi e afflitti da turbe mentali, Curabilis disporrà di 92 posti. Per la socioterapia è previsto un padiglione di 15 posti.