Giustizia: nuovo ministro Guardasigilli è Andrea Orlando, dall’Ambiente a via Arenula Ansa 22 febbraio 2014 Dopo due anni e mezzo di ministri "tecnici" torna un politico alla guida del dicastero di via Arenula. Ligure (è nato alla Spezia), 45 anni, ministro dell’Ambiente nell’esecutivo Letta, Andrea Orlando ha cominciato a far politica giovanissimo; e i temi della giustizia li conosce visto che è stato responsabile del settore per il Pd per tre anni, su nomina di Pierluigi Bersani, e componente della Commissione Giustizia della Camera. Il suo esordio in politica nel 1989 come segretario provinciale della Fgci. Nel 1990 viene eletto nel consiglio comunale nella sua città; nel 1997 è assessore prima alle attività produttive, poi alla pianificazione territoriale. Nel 1996 l’approdo in Parlamento nelle liste dell’Ulivo. Tra i fondatori del Pd, nel 2007 ne diventa il primo responsabile dell’Organizzazione. Rieletto deputato nel 2008 per il Pd, è componente delle commissioni Bilancio e Antimafia, e viene quindi nominato portavoce del Pd da Walter Veltroni, incarico confermato da Dario Franceschini. Tra i suoi tanti ruoli anche quello di commissario del Pd di Napoli. Da ministro dell’Ambiente Orlando ha dovuto affrontare dossier scottanti: portano la sua firma il decreto sulle emergenze ambientali ed industriali per Terra dei fuochi e Ilva, la legge (ancora da approvare in via definitiva) per fermare il consumo di suolo, il Piano per ridurre lo spreco alimentare. Anche in via Arenula lo aspettano compiti tutt’altro che facili. La prima grana è la questione sovraffollamento delle carceri: l’Italia deve mettersi in regola entro maggio, per evitare una condanna da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo a pagare cifre enormi ai detenuti ristretti in condizioni disumane. Il Parlamento ha appena convertito in legge il decreto del governo Letta sulle carceri e la Consulta ha bocciato la Fini-Giovanardi sulla droga, atti che dovrebbero alleggerire la pressione sui penitenziari, ma che non sono certo risolutivi. Il nuovo premier si è detto contrario a un indulto, ma ritiene urgente una riforma della custodia cautelare, con cui il Guardasigilli si dovrà certamente misurare. Orlando dovrà anche decidere la sorte da dare al ddl sulla giustizia civile, approvato dal governo Letta e il cui iter parlamentare deve ancora cominciare: sul suo tavolo c’è già la richiesta degli avvocati, scesi in piazza ieri in diecimila, di revocare il provvedimento, contro il quale hanno proclamato tre nuove giornate di sciopero. Così come dovrà affrontare i nodi ancora aperti legati al taglio dei tribunali. Penalisti: Orlando ha giuste qualità "Nei giorni scorsi abbiamo espresso l’auspicio che il prescelto alla guida di via Arenula fosse persona in grado di interpretare alla lettera lo spirito garantista della Costituzione ed in grado di affrontare con coraggio gli enormi problemi della giustizia. Siamo convinti che Orlando abbia queste qualità ed, essendo un politico esperto, sappia anche contenere le invasioni di campo di quei settori dello Stato che tradizionalmente pretendono di condizionare la politica proprio in tema di giustizia". Lo dichiara in una nota l’Unione Camere Penali. "Mai come in questo momento - continuano i penalisti - si sente il bisogno di un ministro in grado di affrontare con equilibrio gli ostacoli frapposti al diritto di difesa nei processi, nelle indagini e persino nei costi di accesso alla giustizia, che finiscono per privare i cittadini di un loro diritto costituzionale. Mai come in questo momento c’è bisogno di un ministro che sappia far comprendere che la riforma della giustizia è un problema politico di centrale importanza nella più generale questione della riforma dello Stato senza dimenticare la tutela dei diritti fondamentali che il nostro sistema carcerario viola. Al ministro Orlando, dunque, i sinceri auguri di buon lavoro, dai penalisti italiani". Sappe: bene nomina Orlando, priorità per le carceri "Salutiamo con favore la nomina di Andrea Orlando a Ministro della Giustizia. La serietà, la competenza e la professionalità che contraddistinguono la sua storia politica e professionale ci fanno ben sperare rispetto ad un incarico ministeriale che ci auguriamo possa incidere positivamente sulle criticità penitenziarie e sulla irrinunciabile riforma strutturale che deve riguardare il Corpo di Polizia Penitenziaria". Lo sottolinea Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. Il Sappe ritiene "assolutamente necessaria e non più rinviabile una complessiva ed organica riforma del Corpo, indispensabile al riassetto gerarchico e funzionale della Polizia Penitenziaria ad oltre 20 anni dalla precedente riforma. È necessario riallineare i ruoli dei vice Sovrintendenti, dei vice Ispettori e dei vice Commissari della Polizia Penitenziaria, oggi penalizzati rispetto ai pari grado della altre Forze di Polizia, per rendere le progressioni di carriera davvero in linea e senza più alcuna differenziazione a seconda del Corpo di appartenenza. È insomma necessaria una nuova e non più rinviabile riforma della Polizia Penitenziaria, partendo anche dalla necessità di istituire, nell’ambito del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, una Direzione generale del Corpo sulla cui ragion d’essere ogni giorno di più siamo fermi e convinti sostenitori". Giustizia: il nuovo ministro Andrea Orlando, un garantista che piace a Napolitano di Andrea Fabozzi Il Manifesto, 22 febbraio 2014 Un ligure che veniva da quella storia lì c’è già stato, al ministero di Grazia e giustizia; fece anche l’amnistia. Ma si chiamava Palmiro Togliatti e non è il caso di fare paragoni. Andrea Orlando oltretutto è spezino - il Migliore genovese - e chissà se riuscirà a trovare la famosa scrivania usata dal compagno Ercoli che Oliviero Diliberto, l’unico altro comunista in via Arenula, ha raccontato di aver fatto nascondere al momento di lasciare l’incarico, per evitare che fosse "profanata". Molto a sorpresa anche per il diretto interessato che contava di restare all’Ambiente, e non proprio come prima scelta di Renzi, un politico puro torna alla Giustizia, dopo gli anni dei tecnici (Cancellieri, Severino) e quelli bui di Alfano. Ma forse il paragone più giusto è quello con un altro democratico dal profilo severo, Piero Fassino, che però la materia la masticava meno. Di Alfano ministro, Orlando doveva essere il primo avversario, quando Bersani lo impose responsabile della giustizia del partito (prima era stato Veltroni a volerlo portavoce del Pd, aveva all’ora l’età che oggi ha Renzi). Eppure lui, nel fuoco delle polemiche contro le leggi ad personam, processo breve, legittimo impedimento, se ne uscì con una proposta in cinque punti di riforma della giustizia. Una proposta fatta al governo del "Caimano". Pubblicata addirittura dal Foglio di Giuliano Ferrara, una pagina intera (9 aprile 2010). In giurisprudenza non si è mai laureato, ma Orlando rivendica di essere sempre stato garantista - e per questo racconta di essersi preso anche l’accusa di "migliorista" dai compagni - che sia per questo simpatico a Napolitano? Allora scrisse parole sacrosante, attaccando "l’ipertrofia delle norme penali" causata dalla "ossessione securitaria" e dalla "sbornia forcaiola". L’antiberlusconismo le annegò. Per aver toccato i tabù dell’obbligatorietà dell’azione penale, del peso delle correnti togate nel Csm e soprattutto dell’azione disciplinare "domestica" delle toghe e addirittura della "necessaria distinzione dei ruoli tra i magistrati dell’accusa e i giudici" (a un passo dalla separazione delle carriere) si prese un vagone di accuse dai sostanzialisti in servizio permanente. Fu messo all’indice nel partito. In parte ritrattò. Dal punto di vista di Berlusconi, Orlando in via Arenula è meglio di molti altri, quasi di tutti gli altri evocati nel toto ministri. Ma prima o poi bisognerà smetterla di misurare i propri giudizi su quelli del Cavaliere. Lo aspettiamo all’opera, di dossier aperti ne trova molti, dalla riforma della custodia cautelare ai nodi della giustizia civile, suo pallino. Ma prima di tutto c’è l’emergenza carceri, con il termine concesso dalla Corte di Strasburgo che scade a maggio. Fin qui Orlando è rimasto assai prudente, svicolando le domande su amnistia e indulto dietro i soliti discorsi del Pd sugli interventi strutturali da fare prima. Con la spinta di Napolitano può trovare il coraggio di non far rimpiangere Cancellieri. Giustizia: "Fai il Guardasigilli…", poi Renzi va al Colle e cancella Gratteri dalla squadra di Beatrice Borromeo Il Fatto Quotidiano, 22 febbraio 2014 Dall’incremento dell’edilizia carceraria all’inasprimento del 41-bis, le soluzioni già annunciate dal procuratore Resta da capire come giustificherà, Giorgio Napolitano, il veto sul nemico numero uno della ‘ndrangheta, il pm Nicola Gratteri. Che fino a pochi minuti prima dell’incontro tra Matteo Renzi e il presidente della Repubblica, aveva in tasca il ministero della Giustizia. Un incarico che l’entourage del premier aveva confermato per telefono al magistrato calabrese ieri pomeriggio. Una vicenda, questa, che è stata raccontata e confermata al Fatto Quotidiano da tre fonti che hanno chiesto di rimanere anonime. E se l’incontro al Quirinale è stato così lungo - più di due ore - il motivo è stato proprio che la scelta di Gratteri, per il capo dello Stato, era inaccettabile. Un veto che fa riflettere anche sull’excusatio non petita di Napolitano, che ha azzardato il ricorso all’ironia per provare a negare il suo ruolo nella bocciatura di Gratteri: "Vorrei rassicurare i cultori di ricostruzioni giornalistiche a tinte forti, che il mio braccio non è stato sottoposto, né l’altro ieri né oggi, ad alcuna prova di ferro. Lo trovate, spero, in buone condizioni". Un tentativo, quello di smorzare il suo intervento, che forse tendeva a scaricare la responsabilità della marcia indietro su qualcun altro. Per esempio Angelino Alfano, che aveva già espresso la sua contrarietà alla nomina di Gratteri (non voglio un Guardasigilli "giustizialista", aveva detto). Ma il peso del neo ministro degli Interni non era bastato a far cambiare idea a Renzi: e infatti, durante la telefonata di ieri, gli uomini del premier avevano rassicurato il pm sul fatto che l’accordo era stato trovato. C’è anche chi ipotizza che sia stato Silvio Berlusconi a opporsi. Versione smentita da diversi berlusconiani che raccontano un aneddoto emblematico: nei giorni scorsi, il Cavaliere ha freneticamente telefonato ai suoi amici calabresi per informarsi su "questo signore, che conosco troppo poco". La sua unica paura era che il pm potesse appartenere a Magistratura Democratica. Ma Gratteri non fa parte di nessuna corrente e non ha mai espresso apprezzamenti su alcun partito. Tanto è bastato per ottenere il via libera di B. Insomma, è stato proprio il presidente della Repubblica - come ha raccontato una delle persone presenti all’incontro - a escludere categoricamente la nomina di Gratteri, dicendo che non può consentire a un magistrato di diventare Guardasigilli. Tanto più se è ancora in servizio. Una motivazione che non ha convinto né Renzi né il suo braccio destro, Graziano Delrio. I due, prima di piegarsi, si sono battuti per cercare di far passare Gratteri, che era il loro cavallo di battaglia (e uno dei nomi più celebrati sui social network). A poco è servito ricordare che un pm alla Giustizia c’era già stato di recente (Nitto Palma). O che Gratteri non si è mai candidato, e di conseguenza la questione dell’indipendenza proprio non si poneva. Il suo ruolo, era chiaro da subito, sarebbe stato esclusivamente tecnico. Anche perché le sue ricette per rimettere in piedi la macchina della giustizia erano già note. Proposte già pronte come "l’emergenza" per eccellenza: il sovraffollamento delle carceri. Gratteri l’avrebbe risolta così: "Serve la realizzazione in tempi brevi di nuove strutture penitenziarie". Inoltre, spiegava, "bisognerebbe riorganizzare gli spazi secondo il modello americano: chiusi nelle celle dovrebbero restare solo i detenuti di alta sicurezza (41bis e individui socialmente pericolosi), mentre gli altri potrebbero usufruire degli spazi esterni, e lavorare per il reinserimento sociale". Poi le misure alternative: "Soprattutto per tossicodipendenti e baby-criminali". Ma la mossa fondamentale, sosteneva il procuratore aggiunto, era quella di fare accordi bilaterali per far scontare ai detenuti la pena nei loro paesi d’origine. Gratteri ha parlato anche della riforma del codice di procedura penale. Tra le tantissime idee, sottoposte già all’ex premier Enrico Letta, c’era quella di garantire l’informatizzazione di tutta la cancelleria. E poi un appello alla razionalità: se il giudice viene sostituito durante il processo, oggi è necessario - a parte rare eccezioni - rinnovare l’istruttoria dibattimentale, riascoltando nel contraddittorio tutti i soggetti che si erano già espressi. E questa, sosteneva Gratteri, "è una delle principali cause che permette la dilatazione della durata dei processi", e lo sperpero di denaro pubblico e di forza lavoro. La proposta era semplice: utilizzare le dichiarazioni già rese. Poi, ancora, bisognava rendere obbligatorio l’uso della posta elettronica certificata per effettuare le notifiche, così da risparmiare tempo e denaro. Altra proposta: l’inasprimento del 41-bis, imponendo ai detenuti di restare totalmente isolati. Non mancava anche una visione sulle doti indispensabili per diventare onorevole ("per lo meno, la fedina penale intonsa. Ci vuole uno sbarramento netto, chiaro, feroce"). "La politica avrebbe senso farla solo se si avesse il potere di cambiare davvero le regole del gioco, nel rispetto della Costituzione", aveva detto qualche mese fa. Ma Gratteri non aveva fatto i conti col fatto che l’arbitro supremo l’Italia ce l’ha già: Giorgio Napolitano. Giustizia: Tamburino (Dap); dal 2010 detenuti diminuiti, ma c’è ancora sovraffollamento Adnkronos, 22 febbraio 2014 "I posti regolamentari nelle carceri italiane sono circa 48.000, ma abbiamo oggi una presenza di oltre 61.000 detenuti, quindi anche se si è ridotta rispetto ai quasi 69.000 del 2010, siamo ancora molto di sopra di una capienza regolamentare di 48 mila posti e il numero di detenuti". Lo ha detto il capo del Dap Giovanni Tamburino a margine della firma di un protocollo d’intesa a Palermo tra Regione e Ministero della Giustizia. Il Provveditore regionale per l’Amministrazione penitenziaria Maurizio Veneziano parla invece dei numeri delle carceri in Sicilia: "Mentre fino a pochi anni fa la popolazione carceraria superava gli 8.000 detenuto, ad esso siamo arrivati a 6.600 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 5.500, ma ci sono interventi importanti che stiamo realizzando". Decreto carceri provvedimento equilibrato Il decreto approvato al Senato "è un provvedimento equilibrato, che ha trovato una collocazione e un equilibrio corretto tra la tutela della sicurezza sociale e le esigenze che ci sono di fare fronte a un sovraffollamento che superava i limiti di accettabilità". Così il capo del Dap Giovanni Tamburino commenta il decreto approvato in Senato dopo numerose polemiche. "Non dimentichiamo che ci sono state diverse sentenze, a partire dalla Corte europea alla Corte costituzionale intervenuta sul tema del sovraffollamento delle carceri". Sui mafiosi mai cedimenti neppure simbolici "Il pericolo che mafiosi potessero uscire dal carcere è stato eliminato nel passaggio del decreto legge in aula, la Camera ha eliminato la possibilità per i reati più gravi a cominciare da quelli di mafia. Devo anche dire che la differenza per tutti i detenuti è la differenza di un mese a semestre, ed è riferita a un periodo limitato, un periodo da considerare di emergenza". Lo ha detto il capo del Dap Giovanni Tamburino, a Palermo, parlando delle polemiche che ci sono state sul pericolo che con il decreto svuota-carceri potessero uscire anzitempo dei detenuti in carcere per mafia. "Non si sarebbe trattato, comunque, di un’incidenza - dice ancora Tamburino. È stata una cosa simbolica che io, peraltro, apprezzo. Non si deve mai mostrare nessun cedimento, neppure simbolico. Si sarebbe trattato di un ritocco rispetto a una riduzione che sta nella legge del 1975". Giustizia: Fondazione Moressa; tre carceri su quattro sovraffollate... ma anche posti liberi 9Colonne, 22 febbraio 2014 Mentre in Parlamento veniva convertito in legge il decreto "svuota carceri", la Fondazione Leone Moressa ha analizzato i dati del ministero della Giustizia sulla situazione dei singoli istituti penitenziari, evidenziando le contraddizioni anche all’interno delle stesse Regioni. Su 205 carceri italiane, il 76% ospita più detenuti di quanti potrebbe, mentre molti istituti presentano posti liberi. In molti casi, soprattutto al Nord, i detenuti sono il doppio rispetto alla capienza del carcere. Secondo i dati del ministero della Giustizia, al 31 gennaio 2014 in Italia sono detenute 13.738 persone in più rispetto alla portata degli istituti penitenziari, pari ad un eccesso del 28,8%. La situazione più drammatica in Puglia, con 3.713 detenuti contro una capienza di 2.444. Esclusa la Puglia, fra le prime cinque Regioni ben quattro sono del Nord. Le uniche Regioni che non soffrono di sovraffollamento sono Basilicata, Valle d’Aosta e Sardegna. Le carceri sovraffollate in Italia sono 156 su 205 (76%). In molti casi i detenuti ospitati sono più del doppio rispetto alla capienza dell’istituto. Guida questa classifica Modena (con 556 detenuti su 221 posti disponibili), seguita da Busto Arsizio (397 su 167) e dal carcere femminile di Pozzuoli (209 detenute su 89 posti). Di contro, molti istituti italiani ospitano un numero di detenuti molto inferiore rispetto alla propria capienza: la più alta percentuale di "posti liberi" si registra a Gorizia (73%), Arezzo (82%) e Crotone (93%). La tipologia di reato più diffusa è quella contro il patrimonio (24,7%), seguita dai reati per droga (17,7%) e contro la persona (17,4%). Poco più di un reato su quattro (27,9%) è commesso da stranieri: per quanto riguarda l’incidenza degli stranieri sulle tipologie di reato essa è, naturalmente, molto alta per i reati legati alla legge sull’immigrazione (91%). Elevata è anche l’incidenza percentuale per i reati relativi alla prostituzione (78%); il 40% dei detenuti per produzione e spaccio di stupefacenti è costituito da stranieri, incidenza che scende al 31% esaminando i reati contro la persona, al 29% per i reati contro il patrimonio ed al 9% per i reati legati alle armi. Sui 21 mila detenuti stranieri, le nazionalità più presenti sono Marocco (18,5%), Romania (16,1%) e Albania (13,4%). Le nazionalità con la più alta componente femminile sono Ex-Jugoslavia (13,9%) e Nigeria (11,3%). Secondo i ricercatori della Fondazione Leone Moressa "i dati del ministero della Giustizia evidenziano le contraddizioni del nostro sistema carcerario. Tre carceri su quattro sono sovraffollate, mentre in alcuni casi il 90% del penitenziario è libero. Lo svuota-carceri, insomma, può essere una soluzione temporanea, ma il problema richiede soluzioni organiche e a lungo termine". Giustizia: Cnoas; preoccupazione per il futuro dei minorenni del circuito penale minorile www.cnoas.it, 22 febbraio 2014 Continua la preoccupazione per l’annunciata riorganizzazione del Dipartimento per la Giustizia Minorile riportata dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri recante il "Regolamento di organizzazione del Ministero della Giustizia e riduzione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche del Ministero della Giustizia". Il Consiglio nazionale dell’Ordine degli Assistenti sociali, dopo aver denunciato il proprio sconcerto solo alcuni giorni fa, vuole ribadire ancora una volta il suo no ai tagli di personale alle aree funzionali rappresentate da assistenti sociali ed educatori e il suo no alla riduzione del personale dell’area dirigenziale che si occupa del coordinamento dei servizi minorili del Dipartimento. "Questo nuovo Regolamento mette una pesante ipoteca sul futuro del Dipartimento per la Giustizia Minorile, riconosciuto a livello internazionale come modello di buone pratiche nel settore penale minorile" - dichiara Silvana Mordeglia, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine. La riorganizzazione ipotizzata rischia di allontanare l’Italia dal pieno rispetto dell’art. 40 della Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia (ratificata dall’Italia con la legge 27.5.1991, n.176), che sancisce "il diritto del minore sospettato, accusato o riconosciuto colpevole di aver commesso un reato ad un trattamento tale da favorire il suo senso della dignità e del valore personale, che rafforzi il suo rispetto per i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali e che tenga conto della sua età nonché della necessità di facilitare il suo reinserimento nella società e di fargli svolgere un ruolo costruttivo in seno a quest’ultima". "Il sistema penale ha come obiettivo il reinserimento sociale del minore attraverso il mantenimento e la ricostruzione dei percorsi educativi - continua Mordeglia. E il processo penale, per legge, deve vedere il coinvolgimento di tutti gli attori operanti nel settore all’interno del quale il servizio sociale ha un ruolo centrale. Gli assistenti sociali, infatti, tenendo conto delle peculiarità del minore, costruiscono insieme a lui un percorso, personale ed individualizzato, di reinserimento sociale. Il rischio evidente, qualora venisse approvato il suddetto Regolamento, è che si venga a perdere la specificità dell’azione penale minorile. Oggi come oggi, circa 350 assistenti sociali sull’intero territorio nazionale seguono oltre 20.000 minori nei percorsi di uscita dal circuito penale. E grazie alle attività svolte all’interno del Dipartimento, e all’applicazione delle misure specifiche quali la sospensione del processo e la messa alla prova, il tasso di recidiva dei minori autori di reato è ridottissimo. Davvero si vuole ipotecare il futuro di questi ragazzi per un ipotetico risparmio attualmente da dimostrare, conti alla mano?". Giustizia: Sap; il decreto svuota-carceri è immorale, inutile e costoso per lo Stato Adnkronos, 22 febbraio 2014 "Continuare a rimettere in libertà migliaia di criminali, a causa dell’ennesima legge svuota carceri, oltre ad essere immorale perché vanifica il lavoro delle forze di polizia e incrementa l’insicurezza dei cittadini, è anche economicamente insostenibile, soprattutto in un momento in cui siamo sottoposti alla mannaia della spending review". Lo afferma in una nota Gianni Tonelli, presidente nazionale del sindacato di polizia Sap che aggiunge: "Ci chiediamo qual è la politica di contrasto alla criminalità del nostro Paese. Arrestare delinquenti e malfattori comporta, oltre alla fatica e ai rischi personali dei poliziotti, costi elevatissimi per lo Stato, sia per l’apparato della sicurezza che per il sistema giustizia". "La politica politicante - afferma Tonelli - continua a rispondere all’emergenza carceraria con norme tampone che non servono a niente e che nel giro di un paio di anni ci riporteranno alla stessa situazione di oggi. Non solo. All’esame della Commissione Giustizia al Senato sono in discussione quattro provvedimenti di legge relativi all’amnistia e all’indulto. Si tratterebbe di una resa definitiva dello Stato a cui non possiamo restare inerti. Non è neppure pensabile giustificare questi provvedimenti con la scussa della minaccia di sanzioni da parte dell’Europa". "Se dobbiamo risolvere l’emergenza carceraria creando emergenza sicurezza, non andiamo da nessuna parte. E noi come sindacato - conclude - di polizia ci opporremo con tutte le forze a questa pericolosa deriva". Lazio: Fns-Cisl; diminuisce il numero dei detenuti, ma i problemi restano sempre gli stessi www.romatoday.it, 22 febbraio 2014 La denuncia è della Federazione Nazionale della Sicurezza del Lazio. Il 31 gennaio scorso i reclusi nella Regione erano 6.849, oltre 2.011 in più rispetto ai posti disponibili. Adesso si attendono investimenti sul personale. "Un passo avanti importante e rilevante, utile alla deflazione delle carceri ma i problemi restano gli stessi". Così la Federazione Nazionale della Sicurezza Cisl del Lazio ha commentato il decreto svuota carceri approvato alcuni giorni fa in via definitiva dal Senato che prevede uno sconto di pena per buona condotta aumentato da 45 a 75 giorni per ogni 6 mesi di detenzione (ad accezione di reati gravi quali omicidio, violenza sessuale, mafia, rapina aggravata ed estorsione). I dati, infatti, parlano chiaro. Secondo il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, il 31 gennaio 2014 i reclusi presenti nei 14 istituti della Regione erano 6.489, oltre 2.011 in più rispetto ai 4.838 posti disponibili. Numeri sempre più preoccupanti perché si sommano alla cronica carenza di personale di Polizia Penitenziaria e di risorse finanziarie necessarie a garantire il funzionamento degli istituti e le manutenzioni ordinarie. Drammatico il caso del Nucleo Traduzioni e Piantonamenti del Polo di Rebibbia, costretto a turni massacranti e a lavorare in condizioni di assoluta mancanza di sicurezza. "Adesso" spiega la Fns "ci auspichiamo che la medesima e solerte attenzione sia riservata agli investimenti per attuare finalmente un deciso secondo moduli e criteri avanzati. Servono investimenti per potenziare numericamente e professionalmente l’organico degli educatori, degli psicologi e di tutte quelle figure che operano nei servizi sociali dell’esecuzione penale esterna". Umbria: dalla Regione 500mila euro, per l’inclusione sociale e lavorativa dei detenuti Agi, 22 febbraio 2014 Ammontano a 500 mila euro le risorse messe a disposizione dalla Regione Umbria per l’inclusione sociale e lavorativa delle persone sottoposte ad esecuzione penale, compresa l’area minorile. Con l’obiettivo di definire la prossima programmazione in materia, che potrà contare sulle risorse aggiuntive dell’Asse inclusione sociale del Por Fse 2007- 2013, la vicepresidente della Regione Umbria con delega al welfare e all’istruzione, Carla Casciari, ha convocato il Tavolo inter-istituzionale regionale che rappresenta una task force integrata tra le diverse amministrazioni impegnate nel percorso di inclusione socio-lavorativa dei detenuti. In apertura dell’incontro la vicepresidente Casciari, dopo aver espresso "soddisfazione" per l’approvazione all’unanimità in Consiglio regionale della mozione per il mantenimento in Umbria del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, ha auspicato che, al "più presto, si arrivi anche alla nomina del Garante dei detenuti, una figura basilare per assicurare il rispetto della dignità delle persone ristrette". La vicepresidente ha ricordato che "la detenzione ha un senso se finalizzata al reinserimento sociale e lavorativo delle persone recluse. Di conseguenza è fondamentale che, durante il periodo di detenzione, venga acquisito un bagaglio di esperienze da spendere in seguito, nel mondo del lavoro. La Regione Umbria continua con impegno a garantire all’interno delle carceri le varie attività dedicate ai detenuti, prima tra tutte le iniziative di formazione al lavoro. Nella precedente programmazione, con i 580mila euro messi a disposizione, la Provincia di Perugia ha realizzato 4 progetti che hanno coinvolto 185 detenuti, di cui 75 reclusi nella Casa circondariale di Capanne (31 donne e 44 uomini), 100 detenuti della Casa di reclusione di Spoleto, 10 soggetti in capo all’Ufficio per l’esecuzione penale esterna". "Per la fascia di età compresa tra i 16 ed i 21 anni è determinante investire sulla formazione per poi poter garantire un futuro a questi ragazzi", ha concluso la vicepresidente sottolineando che "nel 2013 l’Ufficio di servizio sociale per i minorenni dell’Umbria ha preso in carico 499 giovani denunciati a piede libero, di cui il 36 per cento ultra diciottenni, il 30 per cento prossimi a compiere la maggiore età". Napoli. allarme suicidi in carcere, due morti in due giorni a Poggioreale e Secondigliano di Giuseppe Crimaldi Il Mattino, 22 febbraio 2014 Due detenuti si sono tolti la vita nelle carceri di Poggioreale e Secondigliano in sole 48 ore. È accaduto mercoledì a Poggioreale e ieri a Secondigliano. Un terzo caso di suicidio si era verificato, poi, martedì scorso tra le mura del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Tre tragedie in pochi giorni che ripropongono prepotentemente l’emergenza carceraria e le condizioni in cui vive la popolazione detenuta negli istituti penitenziari della Campania. Tutti e tre i morti non avevano ancora subìto una condanna definitiva. Ricapitoliamo. Ieri mattina, all’interno dell’Ospedale psichiatrico giudiziario del carcere di Secondigliano è stato trovato impiccato un uomo residente a Frosinone che era stato arrestato per porto di coltello e dal 2012 si trovava recluso in misura di sicurezza provvisoria. Mercoledì, a Poggioreale, si era suicidato un altro pregiudicato. Era recluso in una cella del padiglione "Roma" (detenuti comuni) dopo essere stato arrestato per detenzione di sostanze stupefacenti. Per uccidersi ha inalato il gas contenuto nella bomboletta collegata al fornello utilizzato per cuocere il vitto. Martedì scorso a togliersi la vita era stato un detenuto che scontava la carcerazione preventiva perché indagato in un’inchiesta sulla criminalità organizzata. Anche in questo caso l’uomo si è suicidato impiccandosi Perugia: morte di Aldo Bianzino, Pg chiede conferma condanna per agente penitenziario Adnkronos, 22 febbraio 2014 Il sostituto procuratore generale Giuliano Mignini ha chiesto oggi alla Corte d’Appello di Perugia la conferma della sentenza di condanna a un anno e mezzo di reclusione emessa a carico dell’agente della polizia penitenziaria Gianluca Cantoro, a cui venivano contestati i reati di omissione di soccorso e omissione di atti d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta nata dalla morte del detenuto nel carcere di Perugia Aldo Bianzino. Nell’udienza di oggi il sostituto procuratore generale ha richiamato quanto emerso nel corso delle indagini e dichiarato da alcuni detenuti che si trovavano nello stesso corridoio del detenuto morto e cioè che sentirono Bianzino chiamare aiuto, e non ricevere assistenza. In giornata hanno preso la parola anche gli avvocati di parte civile dei famigliari di Bianzino, Fabio Anselmo, Massimo Zaganelli e Cinzia Corbelli, che si sono associati alla richiesta dell’accusa. Il processo è stato rinviato al 16 aprile prossimo per l’arringa della difesa dell’imputato, le eventuali repliche e la sentenza. Agrigento: Rosario Bellavia suicida in carcere. Il Tribunale "nessuna lettera ricevuta" www.agrigentonotizie.it, 22 febbraio 2014 Il presidente del Palazzo di giustizia, Luigi D'Angelo, si riferisce alla lettea che avrebbe lasciato l'imputato nel prcesso "Nuova cuola" prima di uccidersi. In corso di svolgimento, innanzi la Seconda Sezione Penale del Tribunale di Agrigento, il processo scaturito dall'operazione antimafia "Nuova cupola", nel quale figurava imputato Rosario Bellavia, deceduto per suicidio il 23 dicembre 2013 mentre era detenuto all’interno della casa circondariale di Caltanissetta. All’udienza del 8 gennaio 2014, la prima successiva al suicidio, il difensore di Bellavia aveva dichiarato che era stato presentato un esposto al Consiglio superiore della magistratura, in quanto erano rimasti senza risposte, né riscontro i problemi che, poco prima della sua morte, Bellavia aveva rappresentato in un’istanza inviata al presidente del collegio giudicante. "Numerosi articoli di stampa - afferma il presidente del Palazzo di giustizia di Agrigento, Luigi D'Angelo - hanno riportato le dichiarazioni anzidette, nei termini "suicidio annunciato" e di "indagine del Csm". Con riferimento al contenuto di quanto riportato dai mezzi d’informazione, e premesso che non risulta l’avvio di alcuna indagine da parte del Csm, il dramma umano sotteso alla vicenda ha imposto una doverosa, immediata verifica circa l’eventuale trasmissione di tale lettera al Tribunale di Agrigento. In particolare, è apparso necessario accertare se la missiva non era pervenuta al Tribunale perchè mai spedita o a causa di un disguido postale, ovvero per una qualsivoglia trascuratezza nell’inserimento degli atti da parte del personale di cancelleria. Queste erano le ipotesi plausibili, in quanto nel fascicolo processuale del Tribunale non risulta mai inserita alcuna lettera del detenuto se non quella che il difensore ha depositato in udienza solo successivamente al suicidio; lettera che, peraltro, non attiene a comunicazioni o istanze di interesse processuale, ma riguarda doglianze inerenti la gestione penitenziaria e che, pertanto, esulano dagli ambiti di intervento del giudice del dibattimento penale. Ciò posto, il riscontro formale richiesto al funzionario responsabile della Cancelleria del Tribunale ha attestato che nessuna richiesta o istanza del Bellavia risulta pervenuta dalla data in cui gli atti del processo sono stati trasmessi dal Tribunale di Palermo al 7 gennaio 2013. Inoltre, certamente decisiva è la nota del 21 gennaio 2014 con la quale il direttore della casa dircondariale di Caltanissetta ha formalmente rappresentato che, "successivamente al suicidio, la lettera in questione era stata rinvenuta al protocollo generale della stessa casa circondariale in attesa del completamento delle previste formalità d’inoltro e trasmissione a mezzo posta; che la trasmissione non era stata più effettuata a seguito del decesso di Bellavia; che la lettera era successivamente stata portata all’attenzione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta, che l’ha sequestrata nell’ambito degli accertamenti relativi al decesso del detenuto". Tanto rende palese l’assoluta infondatezza delle censure mosse al Tribunale, frettolosamente denigrato, proprio mentre è impegnato - con immutata, serena compostezza - nella celebrazione di un processo certamente delicato". Biella: detenuto tenta il suicidio in cella cercando di impiccarsi, ma è salvato da un agente La Stampa, 22 febbraio 2014 Coraggioso gesto di un agente della polizia penitenziaria di Biella, che ha salvato un detenuto da un tentativo di suicidio. L’episodio è avvenuto un paio di notti fa, quando uno dei reclusi, in cella da almeno dodici anni, riceve una notizia riguardante la sua famiglia che lo getta nello sconforto. Attende che il compagno di cella si addormenti, annoda un pezzo di stoffa a mò di cappio e vi infila la testa, lasciandosi andare. È in quel momento che l’agente sopraggiunge e nota qualcosa di strano. Uno dei detenuti in cella dorme profondamente, mentre l’altro non si vede. È questione di un attimo, intuisce cosa sta succedendo, apre la porta e si precipita dentro, in tempo per prenderlo per le gambe, per alleggerire la pressione e farlo respirare. In pochi istanti arrivano i colleghi, mentre dalla direzione parte la chiamata per il 118. Quando i medici giungono sul posto, grazie all’intervento dell’agente, devono solo visitare il recluso che non ha riportato gravi conseguenze dal suo drammatico gesto. Pordenone: bando per il nuovo carcere, viavai di imprese nell’ex Caserma Dall’Armi Messaggero Veneto, 22 febbraio 2014 Numerose ditte compiono sopralluoghi nell’ex caserma Dall’Armi di San Vito al Tagliamento per partecipare eventualmente al bando, che scadrà il 17 marzo, per la costruzione del nuovo istituto penitenziario da 300 posti. I sanvitesi notano sempre più movimenti intorno al sito scelto per il carcere, tanto che in settimana anche un consigliere comunale ha chiesto al municipio spiegazioni in merito. C’era chi ipotizzava si trattasse di giornalisti (d’altronde, il carcere sanvitese inaugura il Piano carceri nazionale), ma anche di persone interessate a fare affari nelle immediate vicinanze. Non sono mai cessate dalla scorsa estate, a questo proposito, le voci intorno al vicino ex bar: in questi giorni si mormora che al suo posto nasca un hotel, ma la famiglia che gestiva l’esercizio non commenta in alcun modo. Tornando al carcere, i movimenti notati in zona nell’ultimo periodo, come si riferisce dal Comune, sono in realtà riconducibili a varie ditte eventualmente interessate a partecipare al bando di gara per l’appalto di progettazione (definitiva ed esecutiva) ed esecuzione dei lavori di realizzazione del penitenziario. Come viene fatto notare, già mettere nero su bianco un simile progetto comporta un investimento notevole, che a spanne supera il centinaio di migliaia di euro: la necessità di eseguire dei sopralluoghi preliminari sul posto è dunque di primaria importanza. Già una decina di rappresentanti di aziende avrebbero ispezionato gli spazi dell’ex caserma, su permesso del Comune, e molte altre starebbero per farlo: l’ente di palazzo Rota ha fissato un calendario per le visite, che vengono "certificate". Il bando era stato pubblicato il 21 dicembre sul supplemento alla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il valore stimato dell’appalto, Iva esclusa, è di 25 milioni 568 mila 100 euro. Dall’aggiudicazione ci saranno al massimo 630 giorni per l’esecuzione. Il termine per le offerte è alle 12 del 17 marzo 2014. Alle 11 del 24 marzo saranno aperte le buste. Cresce l’attesa per capire che aspetto definitivo avrà il carcere e chi lo costruirà: indicativamente, si recupereranno le due palazzine attuali per l’amministrazione penitenziaria e si costruirà ex novo lo stabile per celle e spazi comuni. Intanto, dalla Dall’Armi si recuperano pezzi: la copertura in metallo da 800 metri quadri nel cortile sarà riutilizzata come copertura della pista di pattinaggio di Savorgnano. Modica (Rg): Senato approva Odg, Governo riveda decisione sulla chiusura del carcere www.radiortm.it, 22 febbraio 2014 Il Senato della Repubblica ha accolto un ordine del giorno, presentato dalla senatrice del Pd Venera Padua, avente ad oggetto il carcere di Modica a rischio soppressione. Nell’Odg in questione s’impegna il Governo "a valutare l’opportunità di revocare il decreto di soppressione della casa circondariale, una volta accertate le reali condizioni economiche e di vita presenti nella struttura carceraria, considerando che le condizioni detentive dignitose e rispettose dell’uomo, garantite nella struttura in questione, e le opportunità offerte per la rieducazione e l’integrazione nella società civile debbano prevalere sui principi di mera economicità e su operazioni di taglio lineare ed indiscriminato anche di realtà che, invece, costituiscono esempi di eccellenza anche sul piano finanziario e gestionale". Il carcere di Modica, è spiegato ancora nel documento approvato al Senato, dal punto di vista strutturale e di rapporto tra detenuti, volontari, personale carcerario, "si fonda sul pieno rispetto dell’articolo 27 della Costituzione che prevede che l’esecuzione della pena debba tendere alla rieducazione del condannato". "Abbiamo compiuto un altro passo - spiega la senatrice Padua - per evitare che il carcere sia soppresso dopo la proroga al decreto in questione che avevamo già ottenuto la scorsa estate. In questa fase, in aula, si registra parecchia difficoltà nella gestione anche delle cose più semplici. Ecco perché cerchiamo di essere sempre vigili per evitare colpi di coda che rischiano sempre di verificarsi. L’obiettivo è di tutelare al meglio il territorio. Anche con atti del genere tendenti a scongiurare, come in questo caso, l’eventuale soppressione". Ragusa: incontro sulla realtà carceraria… poi i detenuti-attori saliranno sul palco Corriere del Mezzogiorno, 22 febbraio 2014 Il progetto della "Compagnia dell’Arte in Grata" per gli ospiti della Casa Circondariale di Ragusa. Quando anche un laboratorio teatrale può essere un’arma vincente per toccare aspetti profondi del proprio vissuto, affrontando con maggiore consapevolezza di sé il percorso penitenziario ed umano, finalizzato ad una ripartenza che permetta la piena integrazione nella società. È l’esperienza proposta dal laboratorio teatrale della "Compagnia dell’Arte in Grata", formata dai reclusi della Casa Circondariale di Ragusa, con l’intento di creare occasioni di confronto e riflessione sul tema della legalità con gli alunni delle scuole secondarie di primo e secondo grado. "L’esperienza teatrale può e deve diventare" afferma Rosetta Noto, capo area trattamentale del carcere di Ragusa "luogo privilegiato per rafforzare i processi di conoscenza dei detenuti e di conseguenza migliorare e calibrare gli interventi diretti agli stessi, affinché il periodo di espiazione della pena diventi propedeutico al futuro reintegro della società". Per sabato 22 febbraio, alle ore 10, presso l’istituto di pena di via Di Vittorio, è in programma un incontro su " Legalità e realtà carceraria in Italia" con la partecipazione dei senatori Mario Giarrusso e Giuseppe Lumia, della Commissione Giustizia del Senato, il presidente del tribunale Giuseppe tamburini, il procuratore capo Carmelo Petralia, dei sindaci di Ragusa e Vittoria, Federico Piccitto e Giuseppe Nicosia e del direttore della Casa circondariale Santo Mortillaro. A seguire uno spettacolo di teatro - canzone, un genere inventato da un gigante della musica leggera italiana quale fu Giorgio Gaber, dal titolo "Liberi di…" proposto dalla Compagnia dell’Arte in Grata. Un intreccio simbiotico di testi e recitazione mescolato a musica e canti tradizionali, curato dal regista ragusano Gianni Battaglia. Camerino (Mc): convenzione tra l’Università e il Prap, corsi per detenuti e personale Ansa, 22 febbraio 2014 Firmata una convenzione tra l’Università di Camerino e il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per le Marche alla presenza del rettore dell’Ateneo Flavio Corradini e del provveditore Ilse Runsteni. I due enti collaboreranno in attività didattiche istituzionali curriculari, di alta formazione, nelle altre tipologie di attività formative previste dagli ordinamenti attivi presso l’Ateneo, in attività formative finalizzate alla specializzazione professionale, al perfezionamento e all’aggiornamento. Destinatari sono i detenuti e il personale dell’Amministrazione Penitenziaria in servizio presso istituti penitenziari, uffici per l’esecuzione penale esterna e il Provveditorato Regionale. "Unicam si impegna a collaborare attivamente all’opera di rieducazione delle persone in stato di detenzione - spiega Corradini, proponendo corsi di studio ed altri interventi culturali per favorire, anche attraverso corsi di formazione professionale, il loro reinserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro. Il nostro Ateneo intende favorire l’iscrizione dei detenuti ai corsi di studio e di formazione professionale anche tramite facilitazioni economiche e altre agevolazioni, come l’e-learning. Previsti anche corsi di formazione e di aggiornamento professionale per il personale dell’amministrazione penitenziaria in tutte le strutture delle Marche". Bergamo: Sappe; in pochi giorni trovati due telefoni cellulari e due sim-card in carcere Ristretti Orizzonti, 22 febbraio 2014 "È salito a 25 il numero di telefonini cellulari rinvenuti presso la casa circondariale di Bergamo nell’ultimo anno. Sabato 15 febbraio u.s. sono stati rinvenuti dal personale di Polizia penitenziaria della casa circondariale di Bergamo durante la perquisizione ordinaria mattutina, due apparecchi cellulari, uno occultato negli slip di un detenuto italiano e l’altro, congiuntamente alla sim-card, nascosto in incavo ricavato all’interno di una bomboletta del gas vuota nella cella di tre detenuti extracomunitari. Nella giornata di mercoledì invece è stata rinvenuta un’ulteriore sim-card durante la perquisizione di un detenuto che doveva recarsi al processo. Questi sono i risultati della nostra amatissima vigilanza dinamica voluta dai vertici del Dap". Lo sottolinea Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. Il Sappe ricorda che "sulla questione relativa all’utilizzo abusivo di telefoni cellulari e di altra strumentazione tecnologica che può permettere comunicazioni non consentite è ormai indifferibile adottare tutti quegli interventi che mettano in grado la Polizia Penitenziaria di contrastare la rapida innovazione tecnologica e la continua miniaturizzazione degli apparecchi, che risultano sempre meno rilevabili con i normali strumenti di controllo". "A nostro avviso - conclude Capece - appaiono pertanto indispensabili - nei penitenziari per adulti e per minori - interventi immediati compresa la possibilità di "schermare" gli istituti penitenziari al fine di neutralizzare la possibilità di utilizzo di qualsiasi mezzo di comunicazione non consentito e quella di dotare tutti i reparti di Polizia Penitenziaria di appositi rilevatori di telefoni cellulari per ristabilire serenità lavorativa ed efficienza istituzionale, anche attraverso adeguati ed urgenti stanziamenti finanziari". Televisione: stasera su Rai 3 documentario "Liberi a meta(‘)" su squadra rugby detenuti La Presse, 22 febbraio 2014 Sabato 22 febbraio alle 23.25, Rai3 propone "Liberi a meta(‘)". Regia di Gughi Fassino Sceneggiatura di Gughi Fassino e Sara Benedetti. Nel braccio Arcobaleno del carcere di Torino vive e si allena "La Drola", la prima squadra di rugby al mondo interamente formata da detenuti. Completamente nuovi al gioco, dopo solo due mesi di allenamento i ragazzi affrontano il loro primo campionato in serie C3 della federazione italiana rugby. Guidati dalla "ghigna", la voglia di vincere, lottano in campo fino all’ultimo minuto per realizzare la meta, ma dentro di sé ognuno ne ha una più grande: saper cogliere la sua seconda occasione, cambiando così il proprio destino. Il documentario "Liberi a meta(‘)" vuole raccontare l’incontro del quadrato e dell’ovale, della società che si dà regole perfette e dell’essere umano imperfetto e sorprendente. È una riflessione sulla funzione rieducativa e non punitiva degli istituti di correzione, sul percepirsi squadra e non outsider, sulla possibilità che attività alternative alla detenzione tradizionale possano influire sulle scelte da compiere, una volta riammessi alla società civile. Cinema: "Agenti reclusi", un documentario racconta l’altra faccia dell’inferno carcere Redattore Sociale, 22 febbraio 2014 Sono più di 100 il numero delle guardie carcerarie che dal 2000 ad oggi si sono tolte la vita. L’ultima vittima è un soprintendente penitenziario di 46 anni che si è sparato nel parcheggio della Casa circondariale di Novara. Agenti che, col tempo, finiscono loro stessi per sentirsi dei reclusi; come nel titolo di un incisivo documentario girato nel 2012 da Riccardo Di Grigoli. Il giornalista e collaboratore del gruppo Repubblica - L’Espresso, dopo aver visitato le Case circondariali di Biella e Torino, oltre al carcere minorile torinese (il cosiddetto "Ferrante Aporti"), ha voluto chiamare il suo lavoro proprio con quell’amaro gioco di parole, "Agenti reclusi". "Come in molte carceri italiane - ricorda Di Grigoli, che con quell’inchiesta vinse la prima edizione del premio giornalistico in memoria di Giuseppe D’Avanzo - al "Lorusso" di Torino il numero dei carcerati superava di molto la capienza della struttura. Questo comportava che spazi inizialmente progettati per una persona dovessero essere condivisi". "Di qui, - conclude il giornalista - un cortocircuito difficile da fermare. Diminuendo la vivibilità delle carceri, peggiorano le condizioni psicofisiche dei detenuti; ma a peggiorare sono anche le condizioni di lavoro degli agenti, che devono far fronte alle crescenti tensioni e al concreto rischio rivolte; mettendo spesso a rischio la loro stessa incolumità". India: i marò italiani non saranno giudicati in base alla "Sua Act", la legge anti-pirateria Agi, 22 febbraio 2014 Ancora una seduta importante lunedì nella Corte Suprema indiana sul caso marò, ma stavolta potrebbe essere davvero il momento della svolta per l’odissea giudiziaria dei marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, dal febbraio 2012 trattenuti in India perché accusati della morte di due pescatori locali, al largo delle coste del Kerala, e tuttora, dopo due anni, senza incriminazione. Secondo Times of India, il governo di New Delhi ha deciso di abbandonare la richiesta del Sua Act, la legge antiterrorismo che prevede tra l’altro obbligatoriamente la pena di morte se condannati; e ha deciso di ricorrere al codice penale ordinario indiano. L’ultima parola spetta comunque al presidente della Corte, il giudice B.S. Chauhan, lunedì. Ma la novità è notevole: far cadere il Sua Act, comporta a cascata il decadere del ruolo dell’agenzia Nia, la National Investigation Agency, ma il governo lunedì - secondo il quotidiano - chiederà anche di lasciare comunque il caso alla Nia: una sorta di mix creativo, che potrebbe però giocare a favore dell’Italia, perché velocizzerebbe i tempi, visto che la Nia ha già fatto le indagini. La decisione del governo indiano, aggiunge il quotidiano, è la chiave per risolvere "la purulenta crisi diplomatica" con l’Italia, perché innanzitutto sgombera il campo dal rischio della pena di morte. In realtà già nelle scorse settimane il governo indiano aveva cercato di annacquare questo rischio, accettando di far ricorso a un passaggio del Sua Act che prevede 10 anni di carcere in caso di condanna in base alla legge. Ma all’Italia non era bastato: il problema per l’Italia rimaneva tale, perché secondo la Farnesina è comunque inaccettabile il ricorso, sotto qualsiasi forma, alla legge anti-pirateria per i due marò. I rapporti tra i due Paesi si erano inaspriti a tal punto che, complice anche l’ennesimo rinvio giudiziario, il governo italiano, lunedì ha deciso di richiamare per consultazioni in Italia l’ambasciatore, Daniele Mancini. Adesso, invece, la novità del governo, che -secondo le indiscrezioni del quotidiano e la tempistica che era stata prevista già lunedì scorso- ha preso la decisione di far decadere ‘tout court’ il Sua Act e lo comunicherà alla Corte Suprema lunedì prossimo, chiedendo in aggiunta che venga lasciata alla Nia il bagaglio di indagini fin qui condotte. E l’eventuale ‘via liberà del giudice avrebbe il vantaggio di accorciare i tempi. Algeria: gruppo diritti umani; autorità non sostengono cittadini detenuti all’estero Nova, 22 febbraio 2014 Le autorità algerine non offrono sostegno ai cittadini detenuti all’estero. È quanto ha denunciato la Lega algerina per la difesa dei diritti umani (Laddh) in un rapporto presentato quest’oggi nel quale si evidenziano "gravi violazioni dei diritti degli algerini arrestati". "L’assenza di contatti e di sostegno attraverso le rappresentanze diplomatiche all’estero priva spesso i detenuti all’estero di una difesa equa", ha dichiarato il Laddh. Secondo i dati dell’organizzazione, gli algerini detenuti all’estero sarebbero almeno 6.500, 2.018 dei quali in Francia, 950 in Spagna, 893 in Belgio, 400 in Grecia, 300 in Bulgaria, 70 in Tunisia. In Libia, infine, si troverebbero oltre 400 detenuti algerini, 500 in Marocco. Nel rapporto pubblicato oggi, la Lega algerina ha evidenziato come i detenuti affetti da patologie o in precarie condizioni di salute siano spesso soggetti all’interruzione delle cure e al rapido deterioramento dello stato di salute. Il 70 per cento degli algerini detenuti all’estero sono accusati di immigrazione clandestina, ha rilevato ancora la Laddh, secondo cui il governo algerino dovrebbe fare di più per stare vicino ai detenuti e per tenere le famiglie informate sulle loro condizioni. Norvegia: sempre più stranieri nelle carceri scandinave di Antonio Scafati www.news.you-ng.it, 22 febbraio 2014 Sul finire dell’anno scorso ha fatto il giro del mondo la notizia della Norvegia intenzionata ad affittare quattro carceri svedesi per spedirci i propri detenuti. A motivare la richiesta di Oslo (poi respinta), un problema di sovraffollamento: troppa gente dietro le sbarre. Negli ultimi anni, a crescere è stata soprattutto la popolazione carceraria di origine straniera. Ma se si fa un giro in Scandinavia, si scopre che quello della Norvegia non è affatto un caso isolato. In Finlandia, circa il 14 per cento dei detenuti è composto da immigrati: dati dell’International Centre for Prison Studies aggiornati al 2012. Il numero è in crescita: sempre più stranieri (soprattutto estoni) finiscono dentro. Ogni anno Helsinki riesce a rimandare nel paese d’origine solo una manciata di condannati. Situazione simile in Danimarca, dove più di un detenuto su quattro è nato da qualche altra parte nel mondo. Nei corridoi degli istituti penitenziari si sente sempre più spesso parlare lingue dell’est Europa, romeno e lituano in particolare. Il numero di detenuti provenienti dai paesi dell’est è cresciuto del 10 per cento dal 2011. In Islanda, la scorsa estate, il deputato del Partito progressista Frosti Sigurjónsson ha proposto di rispedire a casa gli stranieri (poche decine, per la cronaca) ospiti delle prigioni dell’isola e risparmiare così denaro da destinare allo stato sociale. In alternativa, Sigurjónsson ha chiesto maggiore affidamento ai servizi sociali e libertà vigilata. Negli stessi giorni in cui Oslo contattava Stoccolma, un ispettore della contea di Vestfold in Norvegia suggeriva di spedire i detenuti stranieri (un terzo del totale, sempre secondo l’International Centre for Prison Studies) in un’ex base militare nell’estremo nord del paese, così da alleggerire il sovraffollamento carcerario. Perché proprio un’ex base lontana da tutto? Perché perfetta per carcerati nati oltre confine, gente che spesso non deve ricevere visite settimanali e non ha legami con la Norvegia. L’unica nazione ad andare controcorrente in Scandinavia è la Svezia, dove il numero di quelli che finiscono dietro le sbarre è in costante diminuzione ormai da una decina d’anni: in media un calo dell’1 per cento sin dal 2004, con un’accelerazione negli ultimi anni, dove si sono toccate punte del -6 per cento. Tanti i motivi. Dopo una sentenza della Corte Suprema, che nel 2011 ha ridefinito i criteri delle pene per i crimini legati alla droga, i giudici svedesi emettono ad esempio condanne mediamente più miti. Quando si può, si tende a tenere la gente fuori dalle prigioni, optando per misure come la libertà vigilata o l’assegnazione ai servizi sociali. Raramente le condanne superano i 10 anni. Dal 2004 si è registrata una flessione del 36 per cento dei furti e del 12 per cento dei crimini violenti. Organizzazioni di volontariato aiutano di ex detenuti a reinserirsi nella società. Il processo di riabilitazione funziona. La percentuale degli ex carcerati che torna a commettere crimini in Svezia si aggira tra il 30 e il 40 per cento. In Gran Bretagna la percentuale è praticamente doppia. Svizzera: "non ascolta il personale"… licenziato il direttore delle carceri ticinesi www.ticinonews.ch, 22 febbraio 2014 Fabrizio Comandini sarà sostituito a interim da Marco Zambetti. Lui replica: "Decisione ingiustificata". Una clamorosa notizia è emersa oggi durante la conferenza stampa del Dipartimento delle Istituzioni in merito alla riorganizzazione delle carceri ticinesi. È stato infatti comunicato che il direttore delle carceri Fabrizio Comandini è stato licenziato. Sarà sostituito a interim da Marco Zambetti. Nel frattempo, sarà pubblicato il concorso per l’assunzione di un nuovo Direttore. Il motivo del licenziamento di Comandini, che era in carica dal 2008, è da ricondurre a pecche di tipo organizzativo e ad una gestione ritenuta troppo dirigista. L’audit realizzato dall’azienda di consulenza Tc Team Consult su mandato del Dipartimento delle Istituzioni per analizzare il settore dell’esecuzione delle pene ha infatti mostrato un certo malessere delle guardie nei suoi confronti. Comandini sarebbe stato troppo distante dal personale per cui il dipartimento ha deciso di prendere questa decisione che suona tanto di fulmine a ciel sereno. La prossima settimana il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi incontrerà insieme al direttore ad interim e al direttore della Divisione della giustizia Giorgio Battaglioni tutto il personale delle Strutture carcerarie per illustrare personalmente i cambiamenti in atto nonché la nuova organizzazione. "Prendo posizione unicamente per quanto riguarda la mia persona" afferma dal canto suo Comandini, intenzionato ad opporsi al provvedimento. "Reputo infondate le considerazioni nei miei confronti e ingiustificata la decisione. Valuterò i mezzi legali a mia disposizione." Stati Uniti: i detenuti possono videochiamare a casa… ma gli costa 1 dollaro al minuto Ansa, 22 febbraio 2014 Nel Wisconsin hanno approvato un sistema di comunicazione simile a Skype con cui dal carcere si potrà comunicare con amici e parenti, rispettando una serie di regole. Al costo di un dollaro al minuto. I detenuti di Chippewa, nel Wisconsin, possono ricevere amici e parenti. Usando internet e un sistema di comunicazione della Securus Technologies, molto simile a Skype. Un’iniziativa che sicuramente migliorerà la qualità delle relazioni dei detenuti con i loro cari, al costo di un dollaro al minuto, per un collegamento minimo di venti minuti. Come a dire, tutto ha un prezzo, e negli Stati Uniti non hanno perso l’occasione di far fruttare la novità introdotta nella vita in carcere. La Contea ha già pagato 2mila dollari per il nuovo sistema, mentre Securus ne ha messi circa 100 mila. Addebitare il costo delle videochiamate ai detenuti o ai loro cari, come fosse un collegamento da un internet point, potrà consentire di recuperare l’investimento. Gli incontri telematici comunque saranno regolati da controlli, se possibile, ancora più stretti di quelli che vigilando sui meeting vis à vis. Chi si collega deve sottoscrivere una serie di obblighi ben precisi e deve acconsentire al fatto che le sue conversazioni saranno tutte registrate, e inoltre c’è l’esplicito divieto di mostrare nudità. Trasgredire non conviene affatto, poiché comporta la perdita di diritto di visita sia dell’ospite sia del carcerato. Medio Oriente: il numero dei "detenuti amministrativi" delle carceri israeliane sale a 200 www.infopal.it, 22 febbraio 2014 Alcuni dati mostrano come il numero dei palestinesi detenuti nelle carceri dell’occupazione sotto regime di detenzione amministrativa, senza accusa né condanna, sia di recente salito a 200. La fondazione "Solidarietà internazionale" per i diritti umani ha dichiarato in un comunicato stampa diffuso oggi, 21 febbraio, da Quds Press, che il numero dei detenuti amministrativi assiste ad un continuo aumento causato dalle campagne di aggressione portate avanti quotidianamente da Israele. Il comunicato ha affermato che non meno del 90 per cento dei detenuti amministrativi sono ex prigionieri e leader di organizzazioni palestinesi. La fondazione ha spiegato che le autorità d’occupazione fanno riferimento a "dossier segreti" per giustificare l’applicazione della detenzione amministrativa nei confronti dei palestinesi, senza basarsi su prove o indizi chiari per formulare una specifica accusa per il prigioniero. Inoltre all’avvocato viene proibito l’accesso a tali dossier che le autorità d’occupazione pretendono di tenere per sé in quanto riservati. Stati Uniti: "Un figlio con un condannato a morte", va in prigione la secondina Nancy di Paolo Mastrolilli La Stampa, 22 febbraio 2014 New York: ha partorito il loro bambino, Justus, ma è stata giudicata colpevole di aver violato le regole delle guardie carcerarie e di "abuso sessuale" nei confronti di un detenuto. Al processo il suo avvocato la difende: "La mia cliente è una sopravvissuta, sta solo cercando di smettere di soffrire". Finirà in prigione Nancy Gonzales, la secondina di New York che aveva fatto scandalo, restando incinta dopo la relazione con un condannato a morte. Ha partorito il loro bambino, Justus, ma è stata giudicata colpevole di aver violato le regole delle guardie carcerarie e di "abuso sessuale" di un detenuto. Quindi finirà anche lei dietro alle sbarre, per almeno un anno. Ronell Wilson era stato condannato a morte per l’omicidio di due detective, avvenuto nel 2003 a Staten Island. La Corte di appello però aveva annullato la sentenza, e in attesa del secondo processo lui era stato trasferito nel Metropolitan Detention Center, una prigione federale a Brooklyn. Qui lavorava Nancy, una donna di trent’anni con un passato difficile: da ragazza era stata violentata nella sua stessa famiglia, e aveva avuto problemi di droga, prima di trovare lavoro come secondina. Il suo compito era fare la guardia notturna, ma in breve il rapporto col detenuto che doveva controllare aveva cambiato aspetto. Gli altri prigionieri vedevamo che spesso i due si appartavano in stanze nascoste, ma non sapevano cosa stesse accadendo. Se ne sono accorti tutti poco dopo, quando Nancy è rimasta incinta. Nel marzo scorso la Gonzales ha partorito Justus, e qualche mese dopo Wilson è stato condannato a morte per la seconda volta. Lei invece è stata incriminata per "abuso sessuale" di un detenuto, perché nella condizione di guardia carceraria era sua responsabilità evitare il rapporto. Nel frattempo, a novembre, un giudice le ha tolto il bambino e lo ha mandato in una casa di assistenza, dopo che Nancy era stata fermata mentre guidava intossicata dalla droga. Al processo il suo avvocato ha tentato di difenderla puntando sulla sua vita difficile: "La mia cliente è una sopravvissuta, sta solo cercando di smettere di soffrire". Il giudice è stato conciliante, anche perché la secondina non sembrava in grado di prendere decisioni coerenti, però ha insistito sul fatto che il reato era avvenuto e non poteva essere ignorato, vista la sua posizione. La condanna sarà di circa un anno, ma Nancy potrebbe uscire prima per buona condotta. Il vero problema, a quel punto, sarà cosa potrà fare della sua vita. Siria: 38 uomini liberati a Homs dopo evacuazione, ancora 200 i detenuti Asca, 22 febbraio 2014 Un gruppo di 38 persone è stato oggi rilasciato a Homs dopo lunghi interrogatori. A seguito infatti dell’evacuazione della città siriana da parte dell’Onu e della Croce Rossa, oltre 380 uomini erano stati arrestati dalle forze locali per essere interrogati. "Adesso che la loro posizione è stata chiarita sono liberi di andare dove vogliono", ha dichiarato il governatore provinciale Talal Barazi. Al momento però sono circa 200 gli uomini ancora in stato di fermo. "Molti dei detenuti - ha spiegato Barazi - volevano approfittare dell’amnistia concessa lo scorso anno per evitare il servizio militare obbligatorio". Le Nazioni Unite hanno dichiarato che "non sono previste altre evacuazioni né ulteriori distribuzioni di aiuti fino a che le 195 persone arrestate non verranno rilasciate". Egitto: lavori forzati per ministro informazione di Mubarak, condannato per corruzione Adnkronos, 22 febbraio 2014 Il tribunale penale del Cairo ha condannato Anas al-Fiqqi, ministro dell’Informazione sotto Hosni Mubarak, a un anno di lavori forzati, altri tre anni di carcere con la condizionale e una multa da 800mila lire egiziane (circa 85mila euro) per guadagni illeciti procurati tramite la sua posizione di ministro. Lo riportano i media del Cairo, spiegando che la pena è stata ridotta rispetto alla richiesta della procura perché al-Fiqqi ha restituito il denaro ottenuto illegalmente e a causa delle sue precarie condizioni di salute. La vicenda giudiziaria riguarda in particolare l’acquisto di un appartamento e di un terreno. A settembre 2012, al-Fiqqi era già stato condannato a sette anni di carcere per un’altra vicenda relativa alla concessione ad alcune tv satellitari dei diritti per la trasmissione del campionato di calcio del 2009, 2010 e 2011. Insieme a lui, era stato condannato a cinque anni di carcere Osama al-Sheikh, ex capo della tv di stato. La sentenza, tuttavia, è stata annullata a dicembre dalla Cassazione, che ha chiesto un nuovo processo.