La Corte Costituzionale ha "cancellato" la legge Fini-Giovanardi di Carmelo Musumeci Ristretti Orizzonti, 20 febbraio 2014 La ricetta di rendere sociale il soggetto antisociale, mettendolo in una situazione asociale, insegnandogli cioè a nuotare fuori dell’acqua, è fallita. Solo nella società si può educare alla società. (Gustav Radbruch). Finalmente una buona notizia, i giudici della Corte Costituzionale hanno "cancellato" una legge crudele e ingiusta, la Fini-Giovanardi, che da otto anni riempiva le carceri di giovani (e a volte meno giovani) che facevano uso dei derivati della cannabis. Adesso rimane l’amarezza di tante vite rovinate da una legge, così disumana da non fare distinzione tra droghe leggere e pesanti, che ha fatto scendere all’inferno migliaia di persone. E chissà in questi otto anni quante persone si sono tolte la vita per essere state sbattute in carcere per possesso di droghe "leggere". In tanti non sanno (o non gli interessa neppure saperlo) che molte di queste persone che fanno uso di stupefacenti sono sbattute nelle carceri giudiziarie e in sezioni che sono delle vere bolge infernali. Io per fortuna o sfortuna (a secondo dei punti di vista) sono sempre stato detenuto nelle sezioni di Massima Sicurezza. A volte però quando andavo a Firenze per sostenere gli esami universitari mi appoggiavano nel carcere di Sollicciano in queste brutte sezioni. E vedevo cose che difficilmente la maggioranza degli umani potrà mai un giorno vedere. Le celle erano sporche, i muri erano imbrattati di sangue, le televisioni non funzionavano, numerose brande erano senza cuscino e spesso senza materasso e i detenuti erano accatastati uno a fianco e sopra l’altro. C’era un miscuglio di persone, nativi di tutte le parti del mondo, con mille problemi di emarginazione addosso. E per evitare casi di autolesionismo la maggioranza dei detenuti era intossicata con dosi massicce di psicofarmaci. C’erano detenuti che si tagliavano, imprecavano, bisticciavano elemosinavano sigarette e al passeggio le cicche non riuscivano a toccare per terra perché c’era subito un detenuto pronto a raccoglierle. La povertà in queste sezioni era quasi assoluta e mi ricordo che molti detenuti mi chiedevano magliette, ciabatte e asciugamani. Arrivavo con lo zaino pieno e partivo con uno vuoto con i rimproveri della mia compagna che mi chiedeva che fine faceva la mia biancheria. Un giorno un giovane turco mi aveva chiesto un bollo prioritario, con relativa busta e foglio, perché doveva scrivere a casa perché gli era morto il padre. Dopo qualche giorno mi aveva chiesto la stessa cosa, ma con un pretesto differente, che stava male la madre. La cosa mi aveva fatto sorridere e mi ero sentito sollevato pensando che anche la scusa dell’altro giorno non era vera e che il padre probabilmente era vivo e vegeto. In seguito prendendo confidenza gli avevo detto che non c’era bisogno che moriva qualcuno per chiedermi un bollo postale per scrivere a casa. Adesso spero che grazie a questa sentenza dei giudici della Corte costituzionale nelle carceri italiane torni un po’ di legalità, un po’ di spazio, un po’ di umanità e amore sociale. Giustizia: dal penale, al civile, alla situazione delle carceri… il banco di prova per Renzi di Eva Bosco Ansa, 20 febbraio 2014 Luglio. È questo il mese per affrontare i nodi della giustizia indicato da Renzi nel suo cronoprogramma. A dettare i tempi è lo stesso premier incaricato, al termine delle consultazioni, dopo che ieri già aveva fornito la tabella di marcia per legge elettorale (febbraio), lavoro (marzo), Pa (aprile) e fisco (maggio). Sabato Renzi dovrebbe presentare la squadra. Per la casella della Giustizia si è fatto insistentemente il nome di Livia Pomodoro, presidente del Tribunale di Milano ("è a un passo", dichiara in un’intervista al Quotidiano Nazionale Alessia Morani, responsabile giustizia della segreteria Pd). Nelle ultime ore è tornato a circolare anche l’ipotesi Andrea Orlando, ora all’Ambiente, ex responsabile del Forum Giustizia, ma appare poco probabile. Nomi a parte, il nuovo Guardasigilli dovrà prendere in mano numerosi capitoli aperti. L’ultimo pacchetto che Annamaria Cancellieri, ministro uscente, portò in Consiglio dei ministri il 17 dicembre, conteneva il decreto carceri, approvato oggi al Senato in via definitiva, e un ddl per rendere più snello il processo civile, il cui iter parlamentare deve ancora cominciare. A gennaio era atteso un analogo pacchetto sul penale, ma le incertezze sul ministro, segnato dal caso Ligresti, e le voci insistenti di rimpasto che si sono rincorse per settimane, hanno ingessato l’attività. Nel provvedimento che non ha visto la luce dovevano essere inseriti la revisione dei meccanismi di impugnazione in Cassazione; strumenti di deflazione in fase di indagine, come l’archiviazione per irrilevanza del fatto; il potenziamento dei riti speciali, anche col patteggiamento in appello; un rafforzamento delle garanzie degli imputati in custodia cautelare con possibili interventi anche sul Riesame. La riforma della custodia cautelare è uno dei cavalli di battaglia dello stesso Renzi, che a ottobre, alla vigilia del meeting della Leopolda, aveva citato il caso del fondatore di Fastweb, Scaglia, rimasto un anno in custodia cautelare e poi assolto. Renzi era poi tornato sulla necessità di una riforma complessiva della giustizia, con un netto "no" alle riforme ad personam e un’apertura sulla responsabilità dei magistrati da studiare, però, insieme alle toghe. Ora il premier è atteso al banco di prova dei fatti. E al di là del capitolo giustizia nel suo complesso, una vera emergenza è quella delle carceri, su cui pende la sentenza della Corte di Strasburgo, che ha condannato l’Italia per il sovraffollamento e le ha dato tempo fino a fine maggio per individuare soluzioni: dopo scatteranno gli indennizzi ai detenuti. La scadenza è dietro l’angolo e sarà preceduta da verifiche intermedie. È vero che con le misure varate da Cancellieri e Severino, i detenuti sono scesi da oltre 65mila a 61mila e si conta di andare sotto i 60mila. I posti però sono 47mila e anche se il Dap vuole portarli a 50 mila, lo scarto resta alto. La questione, tra l’altro, non è solo di metri quadri, ma di condizioni carcerarie. Un tema ineludibile per il nuovo governo, che a Strasburgo potrà portare di certo il decreto carceri approvato proprio oggi in via definitiva e anche gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale sulla Fini-Giovanardi, con la riduzione delle pene per lo spaccio di droghe leggere, ma di certo non i risultati ben più massicci di un indulto, sul quale Renzi si è sempre detto contrario. Giustizia: il decreto-carceri è legge, dal braccialetto elettronico al garante dei detenuti Agi, 20 febbraio 2014 Più diritti ai detenuti ma soprattutto misure per sfoltire le carceri. Ed ecco il braccialetto elettronico per tutti. Queste le novità del decreto carceri approvato dai due rami del Parlamento con il sì di oggi del Senato. "Con il voto favorevole del Senato alla conversione del decreto carceri si compie un deciso passo in avanti per risolvere l’emergenza carceraria nel nostro Paese", ha commentato il sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Berretta. Queste le novità: anzitutto i braccialetti elettronici, che saranno la regola. Oggi, nel disporre i domiciliari, il giudice li prescrive solo se necessari; da domani dovrà prescriverli in ogni caso, a meno che non ne escluda la necessità. E ancora, il piccolo spaccio: l’attenuante di lieve entità nel delitto di detenzione e cessione illecita di stupefacenti diventa reato autonomo. Per il piccolo spaccio niente più bilanciamento delle circostanze, con il rischio (come è oggi) che l’equivalenza con le aggravanti come la recidiva porti a pene sproporzionate. Ai minorenni tossicodipendenti accusati per piccolo spaccio sono applicabili le misure cautelari con invio in comunità. Inoltre arriva fino a 4 anni il limite di pena (anche residua) che consente l’affidamento in prova ai servizi sociali, ma su presupposti più gravosi rispetto all’ipotesi ordinaria che resta tarata sui 3 anni. In via temporanea (dal 1 gennaio 2010 al 24 dicembre 2015) sale da 45 a 75 giorni a semestre la detrazione di pena concessa con la liberazione anticipata. Esclusi i condannati di mafia o per altri gravi delitti (come omicidio, violenza sessuale, rapina aggravata). Quanto alla detenzione domiciliare, acquista carattere permanente la disposizione che consente di scontare presso il domicilio la pena detentiva (anche se parte residua) non superiore a 18 mesi. Mentre per i detenuti stranieri è ampliato il campo dell’espulsione come misura alternativa alla detenzione. Vi rientra lo straniero che debba scontare 2 anni di pena, ma anche chi è condannato per un delitto purché la pena prevista non sia superiore nel massimo a 2 anni e chi è condannato per rapina o estorsione aggravate. Infine il Decreto prevede l’istituzione la figura del Garante dei Detenuti. Giustizia: ma questo decreto non svuota le carceri… fuori dalle celle solo 1.300 detenuti di Virginia Piccolillo Corriere della Sera, 20 febbraio 2014 Nessuna modifica accolta. A due giorni dalla scadenza, con 147 sì e 95 no, il Senato ha convertito in legge il cosiddetto decreto "svuota carceri". Quello che stabilisce, tra l’altro, un ulteriore sconto di pena per i detenuti in via definitiva (dagli attuali 45 a 75 giorni di liberazione anticipata). Tra le proteste dei Cinquestelle, già protagonisti di un duro ostruzionismo alla Camera e della Lega che ha agitato in aula uno striscione con su scritto: "Evasione di Stato. Otto milioni di delinquenti fuori dal carcere grazie al Governo", subito ritirato dai commessi. Il governo, con il sottosegretario alla Giustizia, Giuseppe Berretta invece parla di "deciso passo in avanti per risolvere l’emergenza carceraria e per rimettere al centro del sistema la dignità delle persone detenute". Ma quanti detenuti riguarda? I numeri su questo provvedimento il Dap li ha forniti solo in questi giorni. E mostrano che dall’entrata in vigore del decreto, lo scorso 31 dicembre, sono usciti dalle celle solo 1.311 detenuti, 749 dei quali stranieri. Al 18 febbraio scorso infatti il numero totale dei detenuti era di 61.225. Certo il provvedimento continuerà ad avere effetti anche nei prossimi 2 anni, via via che la liberazione anticipata verrà applicata. Ma certo è che i dati lasciano aperti molti spazi al dubbio che il provvedimento, contestato per motivi di sicurezza, non sia neanche utile a risolvere il problema del sovraffollamento carcerario che ci espone a una possibile condanna europea nel prossimo maggio. Come hanno sempre sostenuto i radicali, favorevoli all’amnistia. Analogo destino, del resto, avevano avuto i provvedimenti precedenti. L’effetto del cosiddetto "porte girevoli", varato nel 2011, dopo oltre un anno, fece passare la popolazione carceraria da 66.897 a 66.695. Il primo svuota carceri varato nello scorso giugno la fece scendere in tre mesi da 66.028 a 64.758. Ma ebbe effetto anche la stretta sulla custodia cautelare (non più applicabile ai reati fino a 4 anni, ma a fino a 5). "Così per evitare condanne saremo costretti a fare comunque indulto o amnistia, con il sistema alterato - fa notare il presidente della Commissione giustizia del Senato, Nitto Palma (Fi) - eravamo d’accordo per modificare alcuni punti, ma il governo era contrario e la calendarizzazione non ha permesso il nuovo passaggio alla Camera. Ma ci sono errori. Sui tossicodipendenti che non resteranno in carcere nemmeno dopo un secondo reato grave (se poi uno esce, si mette alla guida e uccide qualcuno, non prendetevela con il giudice di sorveglianza). O sull’espulsione degli stranieri prevista anche dopo rapina a mano armata o estorsione grave (così alla camorra converrà utilizzarli come riscossori del pizzo)". Ma se la prende anche con Forza Italia il Movimento 5 Stelle che denuncia come "Fi e Pd, con l’aiuto del vergognoso voto segreto richiesto dai berlusconiani, hanno votato contro il nostro emendamento che prevedeva di non estendere il beneficio dello sconto del 40% di pena ai condannati per corruzione e concussione". "Chi ha votato lo svuota carceri avrà sulla coscienza migliaia di nuovi delitti", twitta Matteo Salvini, segretario della Lega. "Lo Stato getta la spugna", aggiunge Giorgia Meloni (FdI). "Resa dello Stato rincara Antonio Di Pietro. Mentre l’Unione delle Camere penali lamenta che l’iter di conversione in legge ha "ridotto drasticamente l’ambito di applicazione della liberazione anticipata estesa, esponendola alla quasi certa declaratoria di incostituzionalità. Giustizia: il decreto-carceri convertito in legge, commenti di politici, giuristi e operatori Ristretti Orizzonti, 20 febbraio 2014 Ferri: decreto non è un generico svuota carceri "Il dl carceri, oggi approvato in via definitiva dal Parlamento, non rappresenta un indiscriminato svuota-carceri". Lo ha dichiarato in una nota il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri. "Innanzitutto, non è stato previsto - ha spiegato - alcun automatismo generalizzato nella concessione di benefici a favore dei detenuti: la liberazione anticipata speciale verrà concessa solo dopo una valutazione da parte del magistrato di sorveglianza che dovrà verificare se il condannato sta continuando a dare prova di partecipazione all`opera di rieducazione. In secondo luogo, l`istituto della liberazione anticipata speciale avrà un`applicazione temporanea, limitata ad un periodo di soli due anni". "Soprattutto, va evidenziato - ha sottolineato ancora il sottosegretario - che è stata espressamente esclusa la possibilità di applicare la liberazione anticipata speciale agli autori di gravi reati (come mafia, violenza sessuale di gruppo, delitti con finalità di terrorismo, riduzione in schiavitù, prostituzione minorile, pornografia minorile, tratta di persone, sequestro a scopo di estorsione, associazione per il traffico di stupefacenti, associazione finalizzata al contrabbando). Sono state, inoltre, ampliate le possibilità di applicazione del braccialetto elettronico e della misura dell`espulsione degli stranieri dall`Italia, oltre che dell`affidamento in prova ai servizi sociali. Il decreto prevede anche ulteriori misure per assicurare ai detenuti la possibilità di presentare reclami per far valere i loro diritti, oltre alla istituzione della figura del Garante nazionale dei diritti dei detenuti". "Il decreto, in definitiva, non mira - ha spiegato ancora Cosimo Ferri - ad un indiscriminato svuotamento delle carceri, ma ha una portata più ampia ed articolata: da un lato, garantire ai detenuti condizioni minime di detenzione che siano degne di un Paese civile, anche perché, diversamente, l`Italia dovrebbe pagare cifre enormi per indennizzare i detenuti; dall`altro, mantenere in carcere chi ha commesso reati veramente gravi, nel contempo ampliando il ricorso a misure alternative alla detenzione per gli autori di tutti gli altri reati". "Resta fermo, comunque, che si tratta di misure-tampone, valide solo temporaneamente, e che l`obiettivo che dobbiamo porci è quello di realizzare nuove carceri nella consapevolezza che il numero complessivo dei detenuti in Italia rientra nella media dei Paesi europei e che l`anomalia italiana è data dall`indice di sovraffollamento, ossia dal rapporto tra numero dei detenuti e capienza degli istituti penitenziari". "Del resto, anche se ci limitassimo a considerare solo la questione della copertura finanziaria, comunque la costruzione di nuove carceri dovrebbe essere considerata come una misura economicamente vantaggiosa per lo Stato italiano. Infatti, l`onere economico che lo Stato dovrebbe sopportare per realizzare nuovi istituti penitenziari - ha concluso Ferri - sarebbe comunque notevolmente inferiore rispetto ai costi che comporterebbe il dover indennizzare le persone detenute in condizioni di sovraffollamento qualora queste situazioni di detenzione incivile dovessero continuare anche dopo il termine di maggio di quest`anno impostoci dalla Corte europea". Maisto: a maggio le carceri non potranno essere in regola Il decreto svuota carceri è legge ma la strada per decongestionare gli istituti di pena appare in salita. I Tribunali di Sorveglianza sono chiamati ora ad un aggravio di lavoro per l’applicazione delle norme che non presentano automatismi ma necessitano sempre della valutazione di un giudice. Il tutto è reso più difficile dai tempi ristretti legati alla risposta che l’Italia deve alla corte di Strasburgo entro il 28 maggio. Davanti al Tribunale di Sorveglianza dell’Emilia-Romagna, ad esempio, pendono 1.677 istanze per liberazione anticipata speciale, la prima misura alternativa alla detenzione prevista dallo "svuota carceri". Ma negli uffici di Bologna le istanze presentate dagli avvocati e dai detenuti sono ammassate in cancelleria: non c’è abbastanza personale per registrarle. C’è infatti una sola persona addetta alla registrazione, ma si deve occupare anche delle attività di sportello. È la situazione paradossale con cui deve fare i conti chi gestisce un tribunale di sorveglianza. Nel distretto di Bologna sono in servizio 6 magistrati, dovrebbero essere 9. Peggiore è la situazione del personale amministrativo: lo scoperto supera il 40%. In soldoni, su 40 impiegati previsti, al lavoro ce ne sono sì e no una ventina. In regione ci sono 11 istituti di pena. I magistrati che lavorano a Bologna, Modena e Reggio Emilia "hanno la gestione in media di 150 condannati in più a testa della media italiana", spiega il presidente del Tribunale di Sorveglianza, Francesco Maisto. Dal paradosso non si esce: perché "se spostassi un impiegato alla registrazione delle istanze, non potrebbe lavorare agli adempimenti istruttori dei fascicoli ed alla esecuzione delle ordinanze" spiega. Invece il tribunale dal 24 dicembre, giorno in cui è entrato in vigore il decreto, al 12 febbraio, ne ha trattati 828 (a Bologna 449, 266 a Reggio Emilia, 113 a Modena). La situazione si è creata per Maisto perché manca nel complesso "una visione sistemica della gestione. Se apri, per esempio, un nuovo padiglione carcerario da 200 persone a Modena, dovresti ricalibrare personale amministrativo e magistrati. Invece questo non avviene mai". Insomma, "chi governa le carceri bada solo a quello, chi governa l’organizzazione della giustizia pensa solo a quella, come chi deve gestire il personale amministrativo". Così il pachiderma dell’amministrazione penitenziaria non riuscirà mai a correre, fino a che "non si ragionerà che è un unicum, che tutto il sistema è in emergenza e si deve muovere per uscirne". Per Maisto difficilmente l’Italia riuscirà entro maggio a superare la situazione di violazione dei diritti umani che hanno portato alla condanna per trattamenti degradanti da parte della Corte dei diritti dell’Uomo di Strasburgo. "Io non mi auguro per nulla la condanna dell’Italia, ma credo che in queste condizioni non arriveremo ad essere in regola". E dire che per il magistrato non è un problema di mancanza di risorse economiche, ma per lo più di una loro razionalizzazione: "per esempio, un detenuto tossicodipendente in carcere costa al giorno 200 euro, in comunità terapeutica circa 50. Spendiamo bene il nostro denaro?". Gonnella (Antigone): ora continuare processo riforme "L’approvazione dello svuota-carceri è un passo importante ma anche un atto dovuto che ci è stato chiesto dalla Corte europea per i diritti dell’uomo". Lo dichiara Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone che si batte per i diritti nelle carceri. "L’Italia resta sotto giudizio per il termine imposto dalla Corte a fine maggio - aggiunge Gonnella - Dunque il processo di riforma non si deve fermare, ma proseguire nel rafforzamento del sistema delle misure alternative e nella gestione di una vita penitenziaria realmente improntata al rispetto dei diritti fondamentali". Gonnella sottolinea, inoltre, con soddisfazione che "finalmente viene istituito il garante nazionale delle persone private della libertà che Antigone rivendica dal 1997". "Al senatore Giovanardi, secondo cui le norme dello svuota-carceri confermano l’impianto della legge Fini-Giovanardi, voglio spiegare - prosegue Gonnella - che tali norme sono state inserite nel decreto proprio per correggere la sua legge che peraltro poi la Consulta ha dichiarato incostituzionale". Il presidente di Antigone infine si augura che "il prossimo ministro della Giustizia sia scelto in funzione di questo processo di riforma da portare avanti e prosegua su questo solco". Assistenti sociali: il decreto parte in salita Il "decreto svuota carceri approvato oggi in Senato presenta, di fatto, un grave handicap di partenza: l’ampliamento delle misure alternative alla detenzione previsto nella norma potrà difficilmente avere risvolti positivi duraturi dal momento che non vengono ampliate le risorse professionali e finanziarie indispensabili alla loro implementazione". Lo rileva il Consiglio nazionale dell’Ordine degli Assistenti sociali, sottolineando che "gli organici degli Uffici di Esecuzione Penale Esterna che hanno reso possibile, tra mille difficoltà, attraverso l’attività professionale degli assistenti sociali, l’affermazione del sistema delle misure alternative non saranno infatti potenziati. Come garantire dunque percorsi riabilitativi efficaci che consentano il reinserimento sociale dei detenuti?". "Pur in presenza dell’istituenda figura del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute - dichiara Silvana Mordeglia, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Assistenti sociali - che, auspichiamo, vigilerà sul rispetto dei diritti umani nelle carceri e nei Cie e la previsione di altri istituti che mirano a limitare il sovraffollamento nelle carceri, tale carenza getta un’ombra sulla efficacia della norma". Mordeglia ricorda che "l’Ordine del giorno presentato il 12 febbraio da alcuni senatori Pd impegna il governo a reindirizzare le politiche di tagli alla spesa che possano interessare l’Amministrazione penitenziaria per evitare che siano dirette a ridurre il numero degli assistenti sociali o, comunque, a penalizzarne l’apporto professionale". Garante detenuti Emilia Romagna: poca indipendenza per il lavoro dei Garanti Il via libera al dl "svuota-carceri" arrivato dal Senato è un fatto "positivo", ma secondo il garante dei diritti dei detenuti dell’Emilia-Romagna, Desi Bruno, rimane un "neo": "Non viene garantita la massima indipendenza al lavoro dei Garanti, come avevamo richiesto. Speriamo si possa nel tempo risolvere questo aspetto". Secondo Desi Bruno, interpellata sull’approvazione in Senato, la nuova legge contiene degli "aspetti positivi" come la "valorizzazione delle misure alternative" in grado di "ridurre le presenze in carcere". Si tratta di "piccoli passi che però possono già dare dei risultati concreti riducendo, anche in Emilia-Romagna, il numero dei detenuti per reati minori". "Rimane un neo - ha aggiunto. È bene che ci sia un punto di riferimento a livello nazionale per le istanze di noi garanti sui territori regionali, ma non viene garantita la massima indipendenza che noi avevamo chiesto. Speriamo che nel tempo si possa risolvere". Garante detenuti Lazio: luci e ombre su decreto carceri "Anche se taluni aspetti potevano essere senza dubbio migliorati, e manca ancora una riforma complessiva del codice penale, il giudizio sul Decreto svuota carceri è senza dubbio positivo, perché segna una prima inversione di tendenza rispetto ad un recente passato, caratterizzato dal quasi esclusivo ricorso alla carcerazione in risposta alla domanda di sicurezza dell’opinione pubblica". Lo dichiara il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni commentando la conversione in legge, da parte del Senato, del Decreto che introduce misure volte a ridurre il sovraffollamento nelle carceri. Fra le misure che il Garante giudica con più favore, l’innalzamento a 4 anni della soglia per l’affidamento in prova al servizio sociale, che potrebbe avere concreti effetti sul numero dei reclusi. Giudizio positivo anche per la previsione dell’estensione del diritto di reclamo ai detenuti e per l’identificazione in carcere degli stranieri, volta a ridurre il numero dei trattenimenti nei Centri di Identificazione ed Espulsione. La parte del Decreto relativa agli stupefacenti è stata, invece, in parte superata dalla recente sentenza della Corte Costituzionale. "Si poteva fare di più - ha aggiunto Marroni - su temi importanti come le misure cautelari e l’immigrazione. L’esclusione della liberazione anticipata per i condannati per i reati di cui all’art. 4-bis riduce, invece, in maniera significativa la platea dei beneficiari. Un altro potenziale rischio è legato al sovraccarico di lavoro cui andranno incontro i Tribunali di Sorveglianza che, prevedibilmente, saranno inondati di richieste di liberazione anticipata. Sarebbe stato molto utile, invece, introdurre nel testo la cosiddetta irrilevanza del fatto, prevista nel nostro ordinamento solo nel rito minorile". Ferranti (Pd): decreto importante passo, ma investire di più "Un altro importante passo avanti verso carceri più vivibili e detenzioni più dignitose". È quanto afferma Donatella Ferranti, presidente della commissione Giustizia alla Camera. "Il decreto approvato oggi in via definitiva, insieme agli altri interventi strutturali già approvati o in via di approvazione (come la messa alla prova e la riforma del cautelare), credo potrà utilmente essere speso in sede europea evitando dopo la sentenza Torreggiani la procedura di infrazione e l’esborso di vari milioni di euro". ‘esame parlamentare ha "migliorato il testo governativo, che rappresenta ora un buon punto di equilibrio tra garanzie umanitarie ed esigenze di sicurezza. Non c’è alcun cedimento - assicura l’esponente del Pd - nei confronti dei delitti gravi e di mafia, nessun indulto mascherato, nessuna liberazione automatica". Ferranti sollecita però politiche di investimento: "In questi mesi abbiamo messo a punto un pacchetto normativo che se da un lato ridimensiona la centralità del carcere come pena ampliando il ricorso a sanzioni alternative dall’altro rende certa ed effettiva la reclusione a condizioni sostenibili, ma il nuovo governo che Matteo Renzi sta formando - dice la presidente della commissione Giustizia - dovrà mettere in campo anche risorse economiche. Servono investimenti oculati per attuare finalmente un deciso piano edilizio secondo moduli e criteri avanzati, servono investimenti per potenziare numericamente e professionalmente l’organico degli educatori, degli psicologi, di tutte quelle figure che operano nei servizi sociali dell’esecuzione penale esterna. E servono investimenti - conclude Ferranti - per ovviare alla cronica carenza di personale che attanaglia gli agenti penitenziari, costretti, come denunciato anche ieri nel carcere di Rebibbia, a turni massacranti e a lavorare in condizioni di assoluta mancanza di sicurezza". De Cristofaro (Sel): è mancato il coraggio di cambiare strada "Il decreto sulle carceri approvato oggi al Senato è l’ennesima occasione perduta". Lo afferma il senatore di Sel Peppe De Cristofaro, vicepresidente della commissione Esteri. "Ci sono alcuni passi avanti - prosegue De Cristofaro - ma timidissimi e del tutto inadeguati a fronteggiare la situazione d’emergenza in cui versano le carceri in Italia. Su molti punti, la camera ha peggiorato il testo uscito dal Senato sino a renderlo irriconoscibile. È mancato il coraggio di invertire una direzione di marcia rivelatasi fallimentare e di iniziare ad adottare un approccio diverso al sistema delle pene e alla politica carceraria". "Per questo motivi - conclude il senatore di SEL - abbiamo votato contro il provvedimento, per motivi opposti a quelli delle altre opposizioni a cui persino questo decreto sembra troppo. Siamo fortemente delusi per questa occasione sprecata per paura di scontentare i peggiori istinti di una parte del Paese". Buemi (Psi): varata una legge necessaria, ma con molti limiti "Con l’approvazione del decreto sulla ‘Riduzione popolazione carceraria’ il sistema detentivo del nostro Paese si avvia nella direzione di un maggior rispetto dei principi di civiltà - ha dichiarato il senatore Enrico Buemi, relatore del provvedimento e Capogruppo Psi in commissione Giustizia - che devono sovrintendere anche il nostro sistema sanzionatorio e, in particolare, la sanzione detentiva. Una maggiore proporzionalità ed equilibrio tra gravità reati e pena detentiva eviterebbe, inoltre, l’applicazione di misure di riduzione della pena di una certa entità fermo restando che il sistema premiale ha dato importanti risultati nella gestione della detenzione in carcere". "Si mantiene, e questo è importante rilevarlo, nella discrezionalità del giudice per i reati più gravi la valutazione per l’applicazione dei benefici escludendo, inoltre, i reati di maggiore allarme sociale e di grande livello criminale", ha osservato il senatore socialista. "Purtroppo l’utilizzo del sistema della decretazione e un limitatissimo tempo riservato al Senato per l’approvazione del provvedimento senza possibilità di rinvio alla Camera, se modificato, non ha consentito una fine messa a punto delle norme in esso contenute", ha continuato Buemi. "Una riflessione aggiuntiva si impone per coloro che vogliono affrontare il sistema del superamento del bicameralismo perfetto, in particolare in materie di cosi grande rilevanza per le libertà dei cittadini - ha sottolineato Buemi - perché una doppia lettura vera nei due rami del Parlamento eviterebbe approssimazioni e incertezze interpretative che, in qualche misura, sono presenti anche in questo provvedimento." "Di fatto l’assenza di un tempo per modificare il decreto legge ha limitato fortemente, anzi escluso - ha concluso il senatore del Psi - la possibilità di correzioni lasciando al sistema monocamerale, che si realizza nell’applicazione di una riforma della Costituzione materiale a cui assistiamo, la responsabilità del contenuto del decreto, in quanto il Senato si è trovato nella condizione di prendere o lasciare in toto". Sdr: bene decreto ma rafforzare tribunali sorveglianza "L’approvazione definitiva del decreto carceri è un importante segnale per la giustizia detentiva e per fare fronte al sovraffollamento. Serve però rafforzare il numero dei magistrati, dei cancellieri e degli assistenti sociali dei Tribunali di Sorveglianza. L’applicazione della legge altrimenti rischia di incontrare l’ostacolo dei lunghi tempi di applicazione con risultati inadeguati all’emergenza". Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione "Socialismo Diritti Riforme", ricordando che nel Tribunale di Sorveglianza di Cagliari operano un Presidente, con compiti di coordinatore, e due Magistrati che devono occuparsi delle istanze dei detenuti di Cagliari, Isili, Oristano, Iglesias e Lanusei circa la metà dei duemila detenuti ristretti nelle carceri isolane". "Qualunque istanza presentata dal singolo cittadino privato della libertà o dal suo legale per ottenere i benefici previsti dalle leggi passa - sottolinea Caligaris - al vaglio dei Magistrati che con pochissimi mezzi devono far fronte quotidianamente a decine di richieste di permessi di necessità o premio, istanze per la liberazione anticipata oppure per altri bisogni. È quindi indispensabile per rendere efficace il nuovo provvedimento garantire l’operatività degli Uffici territoriali. La disciplina approvata dal Parlamento avrà effetti positivi significativi solo se la sua applicazione sarà rapida. La previsione di una disciplina specifica a garanzia del rispetto da parte del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria delle decisioni del Magistrato di Sorveglianza va in questa direzione ma ha senso solo se i Tribunali possono agire rapidamente". "In particolare l’affidamento in prova, la detenzione domiciliare, l’impiego del braccialetto elettronico e la ridefinizione delle pene relativamente al piccolo spaccio richiedono un lavoro straordinario. Alleggerire le carceri - conclude la presidente di SdR - non deve solo servire a evitare le sanzioni europee ma deve diventare l’occasione vera per una giustizia giusta in grado di salvaguardare chi ha subito il danno e recuperare chi ha compiuto un’azione contro le leggi". M5S: da Fi e Pd no ad abolire sconti pena a corrotti e mafiosi "Pd e Forza Italia di nuovo a braccetto dicono "no" all’abolizione degli sconti di pena per i condannati per corruzione e concussione". Lo hanno denunciato in una nota i senatori M5S dopo che ha voto segreto l’aula di palazzo Madama ha respinto un emendamento il tal senso al dl sulle carceri. "È passato qualche giorno - hanno affermato gli M5S-dall’umiliante relazione dell’Unione Europea che attribuisce all’Italia l’infausto primato della corruzione in Europa. Si tratta di un cancro nazionale che si porta via almeno 60 miliardi di euro all’anno. Sarebbe stato giusto aspettarsi dal Parlamento una reazione. Ad esempio un inasprimento delle pene, o meglio una proposta per rendere più agevole ed efficace il perseguimento di questo reato, od ancora un intervento per arginare il fenomeno (per inciso, il M5S ha presentato dei ddl che vanno esattamente in questa direzione e che sono attualmente in discussione in commissione). Ma il mondo, visto dal Parlamento, gira spesso al contrario. Dopo la bocciatura in Commissione Giustizia venerdì scorso: Forza Italia e Pd, con l’aiuto del vergognoso voto segreto richiesto dai berlusconiani, hanno votato contro l’emendamento del M5S che prevedeva di non estendere il beneficio dello sconto del 40% di pena (previsto dal Decreto "svuota carceri"), ai condannati per corruzione e concussione". "Bocciando questo emendamento - hanno affermato ancora i senatori M5S - i detenuti presenti e (per qualche anno) futuri per corruzione e concussione potranno tranquillamente contare, oltre che ad una normativa colabrodo che quasi mai consente di pervenire a sentenza definitiva, anche a questo grasso sconto di pena. Una sola parola: vergogna ancora più grande se si pensa che a parole molti colleghi del Pd firmano appelli di sacrosante campagne come quella "Riparte il Futuro" di Libera contro la corruzione. Poi votano il contrario...". Giustizia: dalle Associazioni del Terzo settore un progetto di legge sulle misure alternative Public Policy, 20 febbraio 2014 "Il carcere costa circa 3 miliardi l’anno. Investiamo sulle pene alternative e l’accoglienza". Lo dice in una nota il gruppo "La certezza del recupero", che oggi ha consegna ai parlamentari una bozza di una proposta di legge sulle misure alternative al carcere. L’obiettivo - si legge - è quello di raggiungere "una nuova normativa per riconoscere le misure alternative alla pena". Nella bozza di pdl si chiede "il riconoscimento normativo e amministrativo dell’accoglienza di persone in esecuzione penale e in fase di reinserimento sociale; la predisposizione di un piano di risorse immediate e urgenti per progetti di reinserimento sociale; la riformulazione degli articoli 73-77 sul Consiglio di aiuto; il sostegno istituzionale a iniziative di accoglienza e accompagnamento; la costituzione un tavolo di lavoro permanente dedicato al tema delle misure alternative alla pena". Secondo l’associazione "lo scorso anno il sistema carcerario è costato 2,8 miliardi di euro. La spesa media di un detenuto, nel 2013, è stata di 116 euro al giorno. Ma se fosse inserito in un percorso di educazione e reinserimento, alle comunità di accoglienza costerebbe non più di 50 euro". Giustizia: da Vigevano ad Acireale, quando il carcere prova a rieducare per davvero di Roberto Galullo Il Sole 24 Ore, 20 febbraio 2014 Secondo la Costituzione italiana, le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato (articolo 27, comma 3). Facile a dirsi, difficile a farsi. La sensibilità e la preparazione sempre più raffinate dei vertici delle carceri e la risposta di molti soggetti privati, professionisti, cittadini e volontari, rendono possibile dare corso, con maggiore frequenza rispetto al passato, al precetto costituzionale. Prendiamo, a esempio, la casa circondariale di Vigevano (Pavia). Nell’ambito del percorso triennale "Educarsi alla libertà", gestito dal regista Mimmo Sorrentino (partner il Comune di Vigevano, la Provincia di Pavia, il Rotary Cairoli di Vigevano, e altre associazioni del territorio che hanno contributo a vario titolo con risorse finanziarie e di personale) i detenuti-attori che hanno aderito al progetto, giovedì 13 febbraio hanno messo in scena la rappresentazione "Terra e acqua" al Teatro Elfo Puccini di Milano. Prima di calcare quelle scene, per oltre tre mesi, i detenuti-attori (molti dei quali hanno già avviato un percorso di rieducazione e di revisione delle scelte devianti) hanno effettuato le prove all’interno del carcere lomellino. Già due anni fa, però, nell’ambito dello stesso percorso rieducativo, un’analoga rappresentazione si era svolta in tre diverse serate nell’area "passeggi" interna alla zona detentiva. Nel 2013, invece, la rappresentazione era stata portata all’esterno, presso la Chiesa del Beato Matteo di Vigevano. La risposta del pubblico vigevanese è stata molto positiva. Nella serata milanese (riuscitissima) ogni detenuto-attore (al quale è stato concesso un permesso premio ad hoc per partecipare all’evento) ha affidato ad un compagno il compito di mettere in scena una preghiera laica, vale a dire l’espressione intima dei propri sentimenti ed emozioni vissute nell’ambito della detenzione. Oltre a questo, hanno rappresentato momenti della giornata-tipo: dai colloqui con i familiari alla necessità di uscire dalla cella all’attesa della telefonata o della posta. Nello spettacolo i detenuti-attori hanno interagito con il personale della Polizia penitenziaria, il direttore del carcere Davide Pisapia, il sindaco di Vigevano Andrea Sala, il Vescovo della Diocesi Don Maurizio Gervasoni, Fiorenzo Grassi direttore del Teatro Elfo Puccini, il comico Stefano Chiodaroli, una rappresentante del Rotary, oltre ad alcuni giovani. Ciascuno di loro ha raccontato le proprie prigioni, insomma il proprio carcere interiore. Qui Palermo. Imparare a fare scelte economiche consapevoli e sostenibili, diventando cittadini responsabili. È questo, invece, l’obiettivo del corso intitolato "Da una buona idea a una buona impresa" promosso da Unicredit, che la scorsa settimana ha coinvolto un gruppo di giovani detenuti del carcere minorile Malaspina (Palermo). L’iniziativa rientra nel programma più ampio di educazione bancaria e finanziaria chiamato "In-formati" proposto gratuitamente da UniCredit in tutta Italia a giovani, anziani, famiglie, immigrati e soggetti no profit. Durante l’incontro al Malaspina gli specialisti commerciali di Unicredit hanno spiegato ai ragazzi del carcere minorile come sviluppare un’idea di impresa, come scrivere un business plan, ma anche come tutelare il risparmio. Abruzzo: Radicali istituiscono "Referente regionale dei detenuti", è Francesco Lo Piccolo Ansa, 20 febbraio 2014 Nonostante l’approvazione della legge regionale che lo istituisce, la Regione Abruzzo non ha mai nominato il Garante dei detenuti e allora i Radicali Abruzzo hanno deciso di "rompere gli indugi e istituire un Referente regionale dei detenuti". Tra tutte le regioni in cui non è ancora stata introdotta la figura del Garante, quella abruzzese è la prima iniziativa di questo tipo. La figura scelta come referente, individuata "fuori dal mondo politico, è il giornalista Francesco Lo Piccolo, fondatore dell’associazione "Voci di dentro", nata per promuovere la solidarietà e l’inserimento sociale dei detenuti e degli ex detenuti. A fare il punto della situazione, in conferenza stampa, assieme a Lo Piccolo, è stato il segretario regionale dei Radicali Abruzzo, Alessio Di Carlo. "Al referente - ha spiegato il segretario - abbiamo affidato le stesse prerogative che la legge attribuisce al Garante dei detenuti. Inoltre abbiamo chiesto ai parlamentari abruzzesi e ai consiglieri regionali di affiancare le attività del referente ed abbiamo avuto la disponibilità del deputato Gianni Melilla (Sel) e del consigliere Riccardo Chiavaroli (Fi)". In tal senso, Melilla ha presentato un’interrogazione parlamentare sulla vicenda di un detenuto tunisino 29enne, rinchiuso nel carcere di Chieti. "Il tunisino - racconta Lo Piccolo - a breve finirà di scontare la pena. Ha chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno, ma quasi sicuramente gli verrà negato. In carcere ha seguito un percorso virtuoso, si è fatto ben volere e l’impresa edile per cui lavorava vuole assumerlo a tempo indeterminato. Il mancato rinnovo del permesso, a causa della legge Bossi-Fini, vanificherà tutti gli sforzi e il grande lavoro fatto". Dal canto suo Di Carlo ha fatto anche il punto della situazione sulle carceri abruzzesi, sottolineando che l’istituto di Teramo "è quello messo peggio sia come qualità della vita carceraria sia in termini di sovraffollamento". Sicilia: agricoltura sociale, al via un programma che coinvolgerà anche i detenuti www.siciliainformazioni.com, 20 febbraio 2014 L’Assessorato regionale dell’Agricoltura persegue, tra gli altri, l’obiettivo di riqualificare il patrimonio delle aziende regionali, anche al fine di contribuire al miglioramento del benessere, della qualità della vita e dello sviluppo del territorio siciliano. Il mondo agricolo e rurale costituisce un luogo privilegiato per l’avvio di percorsi di inserimento sociale e lavorativo di soggetti svantaggiati, grazie alle intrinseche capacità inclusive che caratterizzano le attività agricole. Tali attività, infatti, sono in grado di conferire dignità al lavoro svolto da soggetti che vivono situazioni di disagio (detenuti, ex detenuti, soggetti in trattamento psichiatrico, soggetti affetti da disabilità psico-motorie, etc.), rendendoli protagonisti attivi del loro percorso di reinserimento sia sociale che lavorativo. Allo scopo di agevolare la realizzazione degli interventi sopra descritti, è stata avviata una collaborazione con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e l’Ente di Sviluppo Agricolo volta alla programmazione di una serie di attività di agricoltura sociale che coinvolgano soggetti detenuti nelle carceri dislocate nel territorio regionale. Poiché l’Azienda agricola sperimentale "Campo Carboj", gestita dall’E.S.A. con la consulenza scientifica dell’Università degli studi di Palermo, si trova in prossimità degli Istituti penitenziari di Castelvetrano, Sciacca e Trapani dispone di terreni e fabbricati idonei allo svolgimento di attività lavorative extramurarie, è stato elaborato un protocollo di intesa per la realizzazione di un programma sperimentale di agricoltura sociale in favore di soggetti ivi detenuti. La sottoscrizione del protocollo di collaborazione avverrà in data 21 febbraio alle ore 10:00 alla presenza del Presidente della Regione Rosario Crocetta presso il Palazzo d’Orleans, sala Alessi. Saranno presenti il Sottosegretario di Stato alla Giustizia Giuseppe Berretta, il Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Tamburino, il Commissario straordinario dell’Ente di Sviluppo Agricolo Francesco Concetto Calanna, il Provveditore regionale per l’Amministrazione penitenziaria Maurizio Veneziano, il Consigliere del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Alfonso Sabella, il Responsabile nazionale Sicurezza dell’Anci Antonio Ragonesi, il Senatore della Commissione Giustizia del Senato della Repubblica Giuseppe Lumia e il Dirigente Generale del Dipartimento regionale dell’Agricoltura Rosaria Barresi. Novara: Sappe; poliziotto penitenziario si suicida nel parcheggio del carcere Ristretti Orizzonti, 20 febbraio 2014 "Ancora una tragedia nei Baschi Azzurri della Penitenziaria, ancora un poliziotto suicida. È avvenuto oggi alle 16 nel parcheggio del carcere di Novara. A togliersi la vita è stato un Sovrintendente della Polizia Penitenziaria di 46 anni, sposato e padre di una bambina, che si è sparato un colpo di pistola a bordo della sua auto. Siamo sconvolti e sgomenti", commenta Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. "Una tragedia senza un perché", aggiunge, "anche si sembrerebbe che avrebbe annunciato pochi istanti prima del gesto la moglie mediante un sms. Noi ci stringiamo con tutto l’affetto e la solidarietà possibili al dolore indescrivibile della moglie, della figlia, dei familiari, degli amici, dei colleghi. Ma una riflessione deve essere fatta sulla piaga dei suicidi tra i poliziotti. 100 casi dal 2000 ad oggi sono una enormità. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: l’istituzione di apposite convenzioni con Centri specializzati di psicologi del lavoro in grado di fornire un buon supporto agli operatori di Polizia - garantendo la massima privacy a coloro i quali intendono avvalersene - può essere un’occasione per aumentare l’autostima e la consapevolezza di possedere risorse e capacità spendibili in una professione davvero dura e difficile, all’interno di un ambiente particolare quale è il carcere, non disgiunti anche dai necessari interventi istituzionali intesi a privilegiare maggiormente l’aspetto umano ed il rispetto della persona nei rapporti gerarchici e funzionali che caratterizzano la Polizia penitenziaria. Su queste tragedie non possono e non devono esserci colpevoli superficialità o disattenzioni". Bari: nuove indagini sul presunto suicidio in carcere di Carlo Saturno di Nazareno Dinoi www.lavocedimanduria.it, 20 febbraio 2014 Clamorosa decisione del gip del tribunale di Bari, Giovanni Anglana, che ha riaperto le indagini di cui il pm aveva chiesto l’archiviazione, sul presunto suicidio in carcere di Carlo Saturno, il ventitreenne manduriano che il 30 marzo del 2011 fu trovato impiccato e in fin di vita nella cella del carcere di Bari dove era detenuto. Il giorno prima Saturno aveva avuto una violenta colluttazione con due agenti di custodia. Il gip Anglana ha accolto in toto le istanze avanzate dall’avvocatessa leccese, Tania Rizzo, che per conto della famiglia Saturno chiede un approfondimento delle indagini con l’ascolto del compagno di cella del presunto suicida, di altri detenuti, dei medici che lo hanno avuto in cura e di altri testimoni, tutti mai sentiti dagli inquirenti, presenti la mattina in cui ci fu la lite con i poliziotti. Nella sua ordinanza il gip Anglana, oltre alla richiesta di ascolto dei testimoni mai sentiti, chiede approfondimenti investigative sulle ferite che Saturno presentava sul volto e sulla testa il giorno che fu trovato impiccato. "È necessario che il pm - scrive - provveda a svolgere le indagini intese ad accertare … le condizioni fisiche del ragazzo durante la sua permanenza nelle celle 1 e 2 della terza sezione della casa circondariale di Bari e le cause delle ferite riscontrate al viso, al capo e all’orecchio destro di Saturno dal personale sanitario". Tali ferite furono diagnosticate dal medico del carcere subito dopo lo scontro avuto con le due guardie. Si trattò di una lite molto furiosa e violenta tanto è vero che uno dei due poliziotti coinvolti ebbe la frattura di un polso. Subito dopo quell’episodio di cui non si conoscono le cause che lo provocarono, Saturno fu rinchiuso in cella di isolamento dove poi fu trovato in fin di vita con il lenzuolo attorno al collo legato alla sbarra del letto a castello. "Ad oggi - scrive invece l’avvocatessa Rizzo nella sua opposizione all’archiviazione - le indagini non hanno chiarito chi e perché abbia provocato sul Saturno quelle escoriazioni ed ecchimosi e chi e perché lo abbia poi introdotto in una cella di contenimento, essendo a conoscenza della labile situazione del ragazzo ed impedendo anche alla educatrice dottoressa Settanni di conferire con lo stesso". Sul profilo psicologico del ventitreenne, lo psichiatra Elio Serra, consulente della difesa, riporta che "è utile sottolineare come le condotte degli operatori della casa circondariale di Bari siano state inadeguate, se non contrarie, alle disposizioni impartite dai superiori, anche in merito alla grande sorveglianza". I consulenti del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria), escludono ogni profilo di responsabilità degli operatori sanitari ma affermano che "se errore v’è stato, è da ricercare nella gestione delle fasi immediatamente successive l’avvenuto conflitto con gli agenti di polizia penitenziaria". Più avanti i consulenti del Dipartimento pur inquadrando lo stato psicologico di Saturno incline all’autolesionismo, riconosce che "l’istituzione carceraria di Bari, in occasione di quanto è accaduto il 30 marzo 2011 (l’aggressione, ndr), si è dimostrata chiaramente inadeguata a gestire la situazione clinico-esistenziale del sig. Saturno, tanto da rispondere ad una situazione emotivamente stressante quale lo spostamento di sezione, con atteggiamenti punitivi e repressivi, differendo, senza valido motivo, un intervento di ordine contenutivo psicologico quale il colloquio con l’educatrice (che fu invece impedito, ndr)". I famigliari del ventitreenne non hanno mai creduto alla tesi del suicidio. Sospetto che venne anche alla Procura che all’indomani della morte del giovane, avvenuta nella rianimazione del policlinico di Bari due settimane dopo l’impiccagione, aprì un fascicolo con l’ipotesi di istigazione al suicidio. Ad alimentare i sospetti della famiglia, la vicenda delle violenze da parte degli agenti di custodia nel carcere minorile di Lecce dove Saturno era stato precedentemente recluso per lungo tempo. Le sue coraggiose testimonianze fecero andare alla sbarra undici poliziotti in servizio in quegli anni al minorile. Dopo la morte di Saturno, testimone chiave delle accuse, il processo penale consumato nel tribunale di Lecce si è chiuso con la prescrizione mentre è ancora in corso il procedimento di natura civile. Santa Maria Capua Vetere (Ce): laurearsi in carcere, il riscatto arriva grazie a Unicusano Adnkronos, 20 febbraio 2014 Giorno di festa nella casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere. Un detenuto della struttura si è laureato oggi in Scienze Politiche all’Università Niccolò Cusano. Il neo Dottore ha discusso la propria tesi di laurea in Storia delle Dottrine Politiche dal titolo "La riforma protestante e la vita politica" di fronte alla Commissione inviata dall’Ateneo romano nel carcere campano e formata dalla Preside di Scienze Politiche dell’Unicusano Prof. Maria Paola Pagnini, al suo Relatore, il Prof. Alberto Clerici (Storia delle Dottrine Politiche), il Prof. Silvio Berardi (Storia Contemporanea) e il Prof. Alfonso Giordano (Geografia dei Processi Migratori). Il candidato, 35 anni, ha riportato la votazione di 100/110. Grande la commozione tra gli amici e i parenti dell’uomo presenti alla discussione della tesi nell’accogliente sala messa a disposizione dalla struttura penitenziaria dove il trentacinquenne è rinchiuso in attesa di giudizio. Iscritto all’Unicusano prima dell’ingresso in carcere, il neo Dottore ha potuto proseguire gli studi con successo anche dietro le sbarre e raggiungere un traguardo prestigioso grazie al sistema didattico dell’Ateneo romano. L’Unicusano permette infatti a tutti i propri studenti di seguire le lezioni in tempo reale ovunque si trovino, dunque anche in carcere, o di rivederle in ogni momento attraverso l’innovativa piattaforma telematica. Non solo. Così come ogni altro studente, anche il detenuto del carcere di Santa Maria Capua Vetere ha potuto usufruire durante tutto il suo percorso di studi, dei consigli e del sostegno del Tutor e del Consulente Didattico che l’Ateneo romano mette a disposizione di ogni suo studente. L’Università Niccolò Cusano si congratula dunque con il neo Dottore in Scienze Politiche, augurandogli che la laurea sia solo il primo passo di un suo pronto riscatto e di una lunga serie di successi. Chieti: interrogazione al ministro sulla vicenda di Tarek, a fine pena rischia l’espulsione www.primadanoi.it, 20 febbraio 2014 Alessio Di Carlo, segretario di Radicali Abruzzo, ha presentato ieri il Referente dei detenuti per la Regione Abruzzo. Si tratta di Francesco Lo Piccolo, giornalista, presidente dell’Associazione Voci di dentro, una Onlus che opera in alcune carceri abruzzesi con corsi e attività varie tesi al recupero e al reinserimento dei detenuti. Ha detto Di Carlo: "Abbiamo deciso di istituire il nostro Referente vista l’assenza della figura del Garante Regionale, previsto da una legge regionale del 2011 che però è rimasta lettera morta, visto che fino ad ora non c’è stata alcuna designazione. Di qui la nostra scelta privata perché i detenuti non potevano più aspettare". Lo Piccolo si avvarrà del sostegno di Gianni Melilla (deputato Sel) e del consigliere regionale Riccardo Chiavaroli (Fi) che hanno raccolto l’invito formulato. Come prima iniziativa è stato affrontato il caso di Tarek Sgaieri, un detenuto tunisino ormai a fine pena e a rischio espulsione perché in base alla legge Bossi-Fini continua ad essere ritenuto "pericoloso socialmente". Secondo i Radicali si vanificherebbe dunque "un lavoro di anni ed esempio di una buona prassi". L’uomo è stato arrestato il 22 ottobre 2008 per aver commesso una rapina e per essere stato trovato in possesso di un modesto quantitativo stupefacenti. Per questi motivi, gli è stata inflitta una pena la cui scadenza è prevista per il prossimo 24 febbraio. Una storia emblematica Ha spiegato Lo Piccolo: "La storia di Tarek è emblematica di come la parola rieducazione è una parola vuota e di come il carcere sia in realtà solo punizione fine a sé stessa. E di come il pregiudizio (chi sbaglia ha sbagliato per tutta la vita) sia radicato non solo tra la pubblica opinione, ma tra gli stessi apparati dello Stato… come se l’uomo sempre fosse improntato al male senza possibilità di redenzione. Tarek uscirà a breve dal carcere dopo un percorso virtuoso operato all’interno delle mura dell’Istituto di Madonna del Freddo a Chieti e dalla Regione". Ha partecipato a corsi dentro il carcere, è stato inserito al lavoro per cui da un anno è operaio in un cantiere edile, ha la stima e l’apprezzamento dei compagni, il datore di lavoro lo vorrebbe assumere a tempo indeterminato. "Nonostante questo a breve ci sarà l’espulsione", continua Lo piccolo. Di fatto il giudizio di oggi (pericoloso socialmente) basandosi sui fatti del passato e sul pregiudizio butta alle ortiche il lavoro svolto dal personale del carcere e ignora l’investimento per restituire alla società una persona migliore. E soprattutto nega la speranza in chi dopo averla persa era riuscito a ritrovarla". L’interrogazione al ministro Per questo sul suo caso, il deputato Gianno Melilla (Sel) ha presentato una interrogazione parlamentare. "L’attività svolta", ricostruisce il parlamentare, "ha consentito al giovane di ottenere una seppur modesta indipendenza economica ed una concreta aspettativa di stabilità. Si pensi ad esempio che il datore di lavoro ha sin d’ora preannunciato la propria disponibilità a trasformare, alla scadenza e previo rinnovo del permesso di soggiorno (onde non incorrere lui stesso in sanzioni), l’attuale contratto di tirocinio formativo in assunzione a tempo indeterminato". Sgaieri ha dato mandato al proprio legale il compito di inoltrare alla Questura di Chieti la richiesta di rilascio del permesso di soggiorno: documento senza il quale, stante la legislazione vigente, il lavoratore non potrebbe continuare a soggiornare in Italia. Ma è arrivato il no. Anche relativamente alla sistemazione abitativa, c’è stata l’offerta, da parte di una famiglia residente in provincia di Chieti che ha conosciuto il giovane e la sua storia tramite i suoi colleghi di lavoro, di mettere a disposizione gratuitamente un alloggio per consentire all’uomo di continuare a soggiornare nel circondario. "Siamo dunque in presenza", scrive Melilla nella sua interrogazione ai Ministeri della Giustizia e dell’Interno, "di una situazione che potremmo definire piacevolmente eccezionale: quella, cioè, di un giovane che in pochi anni è riuscito a passare dalla condizione di rappresentare l’archetipo dell’extracomunitario "cattivo" a quella di dimostrazione concreta che un’opportunità c’è, solo che la si voglia cogliere; abbandonare Sgaieri a se stesso sarebbe un errore imperdonabile; vorrebbe dire obbligarlo a fare immediato ritorno in Tunisia: Paese dal quale manca ormai da molti anni (circa 10-12) e presso il quale non potrebbe fare affidamento nemmeno sui legami affettivi, vista l’ostilità che familiari ed (ex) amici nutrono nei confronti del giovane, reo di essersi convertito ormai da molti anni alla religione cristiano-evangelica" Teramo: archiviato caso dell’audio shock sul pestaggio. Il pm: nel carcere troppa omertà Il Centro, 20 febbraio 2014 Nel 2008 il carcere di Castrogno era balzato agli onori della cronaca nazionale per l’inchiesta su un presunto pestaggio di un recluso e sull’audio shock con la frase "un detenuto non si massacra in sezione, si massacra sotto". L’inchiesta, nel corso della quale vennero indagati l’ex comandante della polizia penitenziaria e quattro agenti, è stata archiviata dopo due richieste. La prima era stata respinta dal gip Marina Tommolini (ora in servizio alla Corte d’appello di Ancona) che aveva disposto ulteriori indagini al pm Irene Scordamaglia. Indagini fatte scrupolosamente dal magistrato che al termine di nuove audizioni e ulteriori verifiche ha presentato una nuova richiesta di archiviazione. Nella richiesta il magistrato ha sottolineato e rimarcano più volte l’impossibilità di poter dimostrare i fatti anche per l’omertà registrata proprio nell’ambiente carcerario. La stessa cosa aveva sottolineato il pm David Mancini (all’epoca dei fatti in servizio a Teramo e ora all’Aquila) nella prima richiesta d’archiviazione. Busto Arsizio: cento posti in più e uno spazio verde, il carcere risponde a Strasburgo www.varesenews.it, 20 febbraio 2014 Presto saranno completati i lavori anche per l’ampliamento della sala colloqui. Soddisfazione del direttore Orazio Sorrentini: "Sforzo congiunto per migliorare la qualità della vita dei detenuti". È passato poco più di un anno da quando la corte europea per i diritti umani di Strasburgo ha condannato l’Italia per il suo sistema carcerario e oggi il direttore della casa circondariale di Busto Arsizio Orazio Sorrentini comincia a tracciare un primo bilancio di quanto si sta facendo per migliorare la qualità della vita dei detenuti, circa 400, attualmente sistemati in via per Cassano: “Non appena il meteo sarà più clemente organizzeremo una visita per la stampa - racconta - nella nuova sala colloqui in fase di ampliamento e nell’area verde che stiamo attrezzando”. Si tratta di un primo miglioramento realizzato in economia dal carcere, ovvero con fondi propri. Sorrentini è ottimista anche sui lavori al piano detentivo: “I lavori procedono speditamente anche su questo fronte - racconta - entro maggio dobbiamo essere pronti per evitare multe dall’Unione Europea e gli operai stanno lavorando velocemente per trasformare l’area che ospitava i detenuti tossicodipendenti in un’ala per il trattamento avanzato destinato ad ospitare coloro che lavorano all’interno della struttura carceraria nella cioccolateria e nella panetteria”. Saranno loro, dunque, ad occupare le nuove celle, tutte dotate di water e doccia, che garantiranno circa un centinaio di posti in più rispetto all’attuale capienza. Una vera rivoluzione per la casa circondariale di Busto Arsizio e per coloro che ci devono scontare la pena, dopo anni di denunce e di appelli qualcosa si sta muovendo per riportare la struttura a livelli accettabili. La risposta data, forse, non sarà sufficiente a riportarla nella media europea ma lo sforzo, sia da parte della direzione che dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, va nella giusta direzione. L’abolizione della Fini-Giovanardi farà uscire il 10% dei detenuti Saranno circa 40, tra condannati e imputati, coloro che potranno uscire dal carcere per effetto del decadimento della legge sugli stupefacenti deciso dalla Corte. La sentenza della Corte Costituzionale che abolisce la legge sugli stupefacenti cosiddetta Fini-Giovanardi avrà effetti importanti anche all’interno della casa circondariale di via per Cassano a Busto Arsizio. Il suo decadimento in quanto incostituzionale ha riportato la situazione alla fase precedente, facendo rientrare i vigore la Iervolino-Vassallo e reintroducendo di fatto la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti: “Questo cambiamento sta già avendo qualche effetto e alcuni detenuti in attesa di giudizio sono già usciti per effetto di questo provvedimento - spiega il direttore del carcere Orazio Sorrentini - con tutta probabilità molti condannati potranno chiedere il ricalcolo della pena alla luce del fatto che il decadimento di una legge e l’entrata in vigore di una legge precedente, fa decadere anche le pene inflitte sulla base della Fini-Giovanardi portando ad un ricalcolo delle stesse”. L’effetto decadimento - dunque - potrebbe far uscire dal carcere di Busto una quota di detenuti che si aggira attorno al 10%, circa 40 su 400. Non usciranno di galera i veri trafficanti e spacciatori di droga ma solo coloro che, arrestati per possesso di modiche quantità di sostanze stupefacenti leggere, sono stati condannati come spacciatori. A livello nazionale si calcola possano essere circa 5-6 mila i detenuti che potrebbero uscire. A questo va aggiunto anche l’effetto che produrrà il cosiddetto decreto svuota-carceri, convertito in legge proprio ieri dal Parlamento, e che introdurrà tutta una serie di possibilità per scontare la pena e la custodia cautelare al di fuori del carcere. Agrigento: progetto "Iride", il Comune di Aragona dà lavoro a un detenuto www.agrigentonotizie.it, 20 febbraio 2014 Il nuovo progetto prevede l’affidamento in prova al servizio sociale di Aragona di un detenuto per un periodo uguale alla pena da espiare. Si rinnova e si rafforza l’impegno del Comune di Aragona per il recupero di individui detenuti: un nuovo documento, che verrà presto siglato nella sede competente per l’impiego, dà il via ad un nuovo progetto, voluto fortemente dall’amministrazione Parello. Si chiama "Iride", acronimo che sta per "Interventi di recupero di individui detenuti", e coinvolge il settore Formazione professionale e Politiche del lavoro del Comune di Aragona, la Casa circondariale "Petrusa" di Agrigento, il Tribunale di Sorveglianza di Palermo, l’ufficio esecuzione penale esterna di Agrigento e l’associazione Onlus "Andromeda". Il sindaco Salvatore Parello afferma: "Il progetto, sottoscritto insieme con l’associazione Andromeda, prevede azioni finalizzate all’orientamento, formazione professionale e politiche attive del lavoro con lo scopo di facilitare l’inserimento o il reinserimento socio lavorativo delle persone in esecuzione di pena, incentivando la disponibilità del mondo dell’imprenditoria e della cooperazione alla loro assunzione. Tutto questo senza dimenticare che con una azione di questo tipo diamo un contributo non indifferente alla promozione di una cultura dell’integrazione e a far sì che gli istituti non si riducano ad essere solo luoghi di espiazione della pena ma permettano di avviare percorsi di recupero". Garantire continuità di intervento in ambito socio-lavorativo, rafforzare il collegamento tra carcere e territorio, migliorare le opportunità di reinserimento sociale e lavorativo, incrementare le opportunità formative e di lavoro: sono queste alcune delle finalità del progetto. Il nuovo progetto prevede l’affidamento in prova al servizio sociale di Aragona di un detenuto per un periodo uguale alla pena da espiare. Padova: avvocati e psicologi di strada, perché la giustizia non è un lusso ma un diritto di Alice Cavicchioli www.notizie.tiscali.it, 20 febbraio 2014 "La legge è uguale per tutti", si legge nelle aule dei tribunali, ma il percorso che conduce ad avere giustizia, quello, è lastricato di disuguaglianze, perché per farsi valere serve un avvocato, e sono in molti a non poterselo permettere. Per essere tutelati serve essere riconosciuti dalla società, che invece straripa di figure invisibili. Per proteggersi serve un tetto, e c’è chi non ha nemmeno quello. A tutte queste persone è rivolta l’attività della onlus Avvocato di strada, attiva anche a Padova, dove professionisti del settore, praticanti e studenti di giurisprudenza offrono consulenza e assistenza legale gratuita a persone senza fissa dimora e a chiunque si trovi in una situazione di grave disagio sociale ed economico. I media preferiscono enfatizzare i pericoli che corre il cittadino comune per la strada ma spesso a divenire un bersaglio è proprio chi vive in strada, da questa consapevolezza è nato il lavoro dell’associazione che col tempo ha visto la propria utenza allargarsi sempre di più dai senza tetto ai "nuovi poveri", le vittime della crisi, i disoccupati, gli stranieri richiedenti asilo. Chi ha bisogno di supporto può essere ricevuto senza appuntamento in giorni e fasce orarie prestabilite. Nessuno dei volontari riceve un compenso per la propria attività, ma grazie al loro lavoro in città vengono tutelate centinaia di persone che altrimenti non potrebbero far valere i propri diritti fondamentali. Si è creata così, di regione in regione, una rete che compone "lo studio legale più grande d’Italia (e anche quello che fattura meno)", come si definisce la Onlus. Presente in molti capoluoghi italiani, a Padova Avvocato di strada - sotto il segno del progetto "Com-Munitas" - si è arricchita di un servizio in più che vede la collaborazione di un’altra Onlus, Psicologo di strada, anch’essa finalizzata a garantire diritti troppo spesso considerati un lusso appannaggio di pochi. Dalla sinergia fra le due associazioni è nato anche uno sportello anti stalking in appoggio sia alle vittime del fenomeno nella gestione del proprio caso, sia ai persecutori, affiancati da esperti per prevenire azioni che possano danneggiare le persone coinvolte. 314 i colloqui effettuati dallo sportello padovano di Avvocato di strada nel 2013, 173 le pratiche di diritto civile, 32 quelle penali (fra cui 12 hanno riguardato persone offese nell’ambito di aggressioni e minacce), 89 gli interventi in materia di diritto dei migranti. A Padova gli sportelli di Avvocato di strada e Psicologo di strada ricevono senza appuntamento tutti i lunedì dalle 17 alle 19 al centro d’ascolto Caritas di via Bonporti e tutti i giovedì dalle 9.30 alle 11 alle cucine popolari di via Tommaseo. In provincia sono attivi sportelli ad Abano Terme, Casale di Scodosia, Mejaniga ed Este. Foggia: detenuti lanciano il grido d’allarme "fa freddo e non esce acqua calda" www.foggiatoday.it, 20 febbraio 2014 Ispezione presso la casa circondariale di Foggia di Pietro Rossi, garante dei diritti delle persone sottoposte a limitazioni della libertà per la Regione Puglia e del consigliere regionale Anna Nuzziello. Numerosi detenuti nella casa circondariale di Foggia hanno fatto pervenire una richiesta di aiuto negli uffici di Pietro Rossi, garante dei diritti delle persone sottoposte a limitazioni della libertà per la Regione Puglia. Denunciano disagi causati dal cattivo funzionamento dei riscaldamenti e la mancata fuoriuscita dell’acqua calda dai rubinetti di un’ala della casa circondariale. Sono stati avviati i lavori di ristrutturazione e per questo motivo molti reclusi sono stati trasferiti altrove, anche se la situazione resta critica, con 600 detenuti in un carcere che potrebbe ospitarne 350 circa. Questa mattina Pietro Rossi, accompagnato dal consigliere regionale Anna Nuzziello, da sempre impegnata a tutelare i diritti dei detenuti, ha eseguito un’ispezione a cui hanno preso parte anche il provveditore per l’Amministrazione Penitenziaria per la Puglia, Giuseppe Martone, il giurista Alessandro Pascazio e il preposto Antonio Vannella, che si occupa proprio del carcere di Foggia Brescia: molestie su minore, arrestato presidente Comunità di recupero tossicodipendenti Adnkronos, 20 febbraio 2014 Una minorenne, affidata a una comunità di recupero per tossicodipendenti di Brescia, sarebbe stata molestata dal presidente della stessa struttura e da una donna. È quanto hanno ricostruito i carabinieri del Comando provinciale di Brescia che hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un 62enne e di una 42enne, accusati in concorso di atti sessuali con minorenne. L’attività d’indagine "ha consentito di accertare che l’uomo, presidente di una nota comunità per recupero della tossicodipendenza e la donna, avrebbero, in concorso tra loro, più volte compiuto atti sessuali con una minore di anni 16, affidata alla stessa comunità di recupero", si legge nella nota degli investigatori. I particolari saranno resi noti in una conferenza stampa che si terrà alle ore 12.30 in Procura a Brescia. Roma: il Papa incontra 19 detenuti, con il direttore, due cappellani e quattro magistrati Adnkronos, 20 febbraio 2014 Li ha ricevuti parlando con ciascuno di loro: è durato circa tre quarti d’ora l’incontro nella domus di Santa Marta in Vaticano di papa Francesco con 19 detenuti delle carceri di Pianosa e di Pisa. I reclusi erano accompagnati dal direttore del penitenziario di Pianosa, dai due cappellani e da quattro magistrati. L’incontro con il Papa è avvenuto in mattinata, verso le 9. In precedenza, i detenuti con i loro accompagnatori - in tutto una trentina di persone - hanno partecipato alla messa celebrata nelle Grotte Vaticane dall’arcivescovo Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei Vescovi. È in questo momento, intorno alle 9, che il Papa, informato della loro presenza, ha deciso di incontrarli a parte, prima di uscire in piazza San Pietro per l’udienza generale e li ha così accolti alla Domus Santa Marta. "Un incontro bellissimo, commovente - ha riferito mons. Baldisseri. Il Papa ha voluto salutarli e benedirli uno ad uno, li ha molto incoraggiati, il suo è stato un segno di grande paternità spirituale nei confronti di persone che sono profondamente impegnate in un percorso spirituale". I detenuti erano accompagnati, oltre che dai cappellani, anche da due suore e dai magistrati di sorveglianza. Taranto: "cella in piazza", iniziativa da lunedì prossimo, per denunciare il affollamento Ansa, 20 febbraio 2014 Da lunedì 24 febbraio a domenica 2 marzo in Piazza della Vittoria a Taranto si svolgerà l’iniziativa "Cella in piazza", organizzata dalla Camera penale di Taranto e dalla direzione della Casa circondariale, con il patrocinio del dipartimento ionico in "Sistemi giuridici ed economici del Mediterraneo" dell’Università degli studi di Bari "Aldo Moro". Il progetto, già sperimentato in altre città italiane, prevede la realizzazione di una esatta riproduzione di una cella carceraria, in modo da consentire a chiunque di poterla visitare e di rendersi conto delle effettive condizioni di vita dei detenuti. La Casa circondariale di Taranto peraltro deve far fronte a una popolazione carceraria, secondo quanto denunciano i sindacati di polizia penitenziaria, ormai doppia rispetto al limite previsto (attualmente la struttura ospita più di 600 detenuti su una capienza massima di poco più di 300 posti). "L’iniziativa - spiega in una nota il prof. Nicola Triggiani, docente di Diritto processuale penale al Dipartimento ionico dell’Università di Bari - è volta a sensibilizzare la società civile sulla drammatica questione del sovraffollamento delle carceri italiane e a far riflettere sulla funzione rieducativa della pena". Aosta: scuola e carcere si incontrano, gli studenti coinvolti nell’aiuto ai detenuti La Sentinella, 20 febbraio 2014 Si arricchisce di un nuovo tassello il progetto "Adottiamo la Costituzione" promosso dall’Istituzione scolastica Isitp di Verrès partito lo scorso anno con l’obiettivo di promuovere nelle classi la conoscenza della Carta costituzionale e dei suoi valori e contenuti fondanti. Il progetto avviato in questo anno scolastico introduce elementi di novità e focalizza l’attenzione sulla funzione rieducativa della pena, così come affermato nell’articolo 27 della Costituzione. Un tema di stretta attualità rilanciato recentemente dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha rivolto un appello affinché la detenzione non dimentichi quel senso di umanità e rispetto della dignità che vanno garantiti ad ogni essere umano. Nei mesi scorsi tutte le classi terze e quarte dell’Isitp Brambilla di Verrès e della sede distaccata di Pont-Saint-Martin hanno partecipato ad alcuni incontri con i detenuti della Casa circondariale di Brissogne organizzati dall’Ufficio per il supporto all’autonomia scolastica della Sovrintendenza in collaborazione con il sindacato autonomo di Polizia e il carcere di Brissogne. Al ritorno dall’incontro gli studenti sono stati invitati a descrivere l’esperienza e raccontare le impressioni e le emozioni. Gli alunni delle classi terze quarte e quinte sono inoltre impegnati in attività benefiche a sostegno dei detenuti più bisognosi della Casa Circondariale di Brissogne. Tutti i lunedì, a partire dallo scorso 17 febbraio, e sino al mese di maggio, saranno presenti al mercato di Verrès per vendere i prodotti di Libera Terra (prodotti che provengono dalle cooperative che hanno reso produttive le proprietà confiscate alle mafie). Una parte del ricavato sarà devoluto all’Associazione volontari che opera all’interno del carcere aostano. Si tratta di un progetto estremamente delicato ed efficace poiché mette in contatto diretto il mondo della scuola con un ambiente spesso assai diverso da come viene descritto, quello carcerario. E, se, da un lato vi sono i problemi arcinoti sottolineati dallo stesso Presidente della Repubblica, dall’altro c’è anche la necessità di creare le condizioni migliori per il reinserimento dei detenuti nella società. E l’entusiasmo dei ragazzi sarà un fattore importante. Amelio Ambrosi Volterra (Pi): "Cena galeotta" solidale, detenuti in cucina per la ricostruzione delle mura Il Tirreno, 20 febbraio 2014 La ricostruzione delle mura medievali passa anche dalla cucina del carcere e dagli chef detenuti. Ecco che il nuovo appuntamento delle gettonate Cene galeotte di Volterra (rese possibili grazie a Unicoop Firenze) diventa un’occasione conviviale di solidarietà. Il ricavato della serata di venerdì, infatti, sarà integralmente devoluto al ripristino della cinta muraria. Al timone dei fornelli ci sarà lo chef Riccardo Agostini del ristorante "il Piastrino" di Pennabilli: sarà lui a guidare i detenuti in cucina. Ad accompagnare il menu una selezione di etichette offerte dalla cantina Marchesi de Frescobaldi. Si tratta di una sorta di "esordio": Agostini è il primo chef extra Toscana dell’edizione in corso di un evento che, in 8 anni, ha portato all’interno del carcere oltre 10mila visitatori, a ulteriore testimonianza dell’altissimo valore sociale - e solidale - che ha saputo ritagliarsi. Una passione, quella per la cucina, coltivata da Agostini fin da bambino. L’occasione più importante: uno stage da Vissani, esperienza durata ben dieci anni. Col passare del tempo cresce la voglia di mettersi alla prova: l’Osteria del Povero Diavolo di Torriana, nel riminese, cerca uno chef di grido per fare il salto di qualità nell’alta ristorazione e Riccardo riuscirà nell’intento. Il tutto lascerà spazio dopo due anni (è il 2007) al suo ristorante: Il Piastrino a Pennabilli, paese reso famoso dal suo illustre cittadino Tonino Guerra. Il ricavato (costo cena: 35 euro a persona) sarà devoluto per la ricostruzione delle mura medievali crollate. Un ruolo fondamentale è inoltre ricoperto dalla Fisar-Delegazione Storica di Volterra che è partner del progetto e si occupa sia della selezione delle aziende vinicole e del servizio dei vini ai tavoli, sia della formazione dei detenuti come sommelier . Per informazioni: www.cenegaleotte.it, prenotazioni: Agenzie Toscana Turismo, Argonauta Viaggi tel. 055.2345040. India: Pierferdinando Casini sul caso marò "bisogna internazionalizzare il contenzioso" Agi, 20 febbraio 2014 "Adesso per noi bisogna internazionalizzare il contenzioso". Ne è convinto Pierferdinando Casini, presidente della commissione Esteri del Senato, parlando della vicenda dei due marò in mano alla giustizia indiana. "Non è possibile - ha sottolineato Casini parlando a ‘Prima di tutto’ su Radio 1 - affidare la sorte dei nostri marò ai tribunali indiani. Sono due anni che non hanno un capo di imputazione, addirittura ieri la Corte suprema ha chiesto al Governo quale legge applicare, cose inverosimili. In uno stato di diritto, il potere giudiziario deve decidere in piena autonomia, e non chiedere al potere esecutivo che decisioni prendere. Siamo nella più totale inaffidabilità, non ci fidiamo più della giustizia indiana. Sbattere i pugni, mostrare i muscoli - ha proseguito Casini - in politica estera sono frasi senza senso. Noi saremo decisi nella nostra coerenza, facendo seguire i fatti alle parole. Abbiamo tollerato troppo una situazione intollerabile ". "Credo che la dura campagna elettorale in India abbia giocato un ruolo importante nel contribuire ad aumentare il caos nella vicenda marò. Si sono impegnati in una rincorsa al nazionalismo, strumentalizzando i marò per biechi scopi elettoralistici - sottolinea Casini -. Il fatto poi che ci sia una persona molto impegnata nella politica indiana, come Sonia Gandhi, di nascita italiana, contribuisce ad accrescere i nostri problemi. È una vicenda pazzesca, comunque inammissibile, fra Stati che partecipano all’Onu, alle missioni internazionali contro il terrorismo questi equivoci non possono nascere. Sulle nostre responsabilità come governo, compiremo una indagine seria dopo che i due marò saranno tornati a casa. Una cosa è certa: nelle prime 72 ore sono stati commessi errori enormi; dopo, si è cercato di rimediare, ma nelle prime 72 ore si è fatta, drammaticamente, una frittata. Non ci sarà il rischio di una condanna a morte - afferma ancora il leader dell’Udc -, è stata ancora volta decisamente esclusa. Ma già il fatto che gli indiani per settimane abbiano fatto agitare lo spettro di questa ipotesi, dimostra chiaramente il degrado della politica indiana e la strumentalizzazione che si è fatta sulla pelle dei marò". Guinea: italiano torturato in cella. Telefonata con Manconi "ogni giorno come l’ultimo" www.huffingtonpost.it, 20 febbraio 2014 Attualmente tremila italiani si trovano detenuti in prigioni di paesi stranieri, spesso in condizioni disumane. Uno di questi è Roberto Berardi. Un imprenditore edile originario di Latina con una lunga esperienza di lavoro in Africa. Nel 2008 ha costituito in Guinea Equatoriale una società che si chiama Eloba Costruzioni e, com’è uso in molti paesi africani, Berardi ha cercato un socio locale per avviare l’impresa e lo ha trovato in Teodoro Obiang Nguema Mangue (detto Teodorin), figlio del Presidente della Guinea Equatoriale. Verso la fine del 2012 Berardi, già in difficoltà con il suo socio per la gestione dell’attività, è venuto a conoscenza di un indagine negli Stati Uniti a carico di Teodorin per riciclaggio di denaro mediante l’apertura di conti correnti a nome della società Eloba. La situazione sarebbe precipitata e, la notte del 19 gennaio 2013, Berardi viene arrestato e trattenuto dalla polizia per ventuno giorni nel corso dei quali è stato sottoposto a violenze, prima di essere trasferito nel carcere di Bata dove si trova tutt’ora. Il processo a carico di Berardi, definito dai familiari una farsa, ha portato a una condanna a 2 anni e 4 mesi di reclusione. Da oltre due mesi, Berardi sta scontando la sua pena in completo isolamento, in una cella di due metri per tre scarsamente illuminata da una piccola finestra, dormendo su un consunto materassino di gommapiuma di appena cinque centimetri, buttato per terra, ricevendo da mangiare una volta al giorno cibo scarso e scadente, avendo a disposizione un secchio d’acqua che gli viene consegnato ogni mattina con cui dissetarsi e lavarsi. Berardi è dimagrito tra i quindici e i venti chili, soffre di malaria e mai, nel corso della detenzione, ha incontrato un medico o potuto prendere medicinali. Nel corso di questo lungo periodo per tre volte Berardi ha subito violenze: nella caserma dove venne portato dopo l’arresto, nella cella che divideva con altri detenuti e infine, qualche settimana fa, nella cella d’isolamento. I compagni di reclusione, quando anche il poco cibo a disposizione non gli viene consegnato, si danno da fare per farglielo avere e alcuni poliziotti, in cambio di denaro, riescono a portargli un telefono cellulare tramite il quale riesce a rimanere in contatto con i suoi familiari. Ed è proprio grazie a questo telefono "illegale" che lunedì 17 febbraio il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria sui diritti umani del Senato, ha potuto parlare con Roberto Berardi. Questi tredici mesi di detenzione lo hanno sicuramente provato, senza però intaccare la sua lucidità e fiaccare la sua determinazione. Il racconto delle sue giornate descrive bene la situazione in cui si trova e la forza con la quale reagisce ad essa: "Io continuo a svegliarmi alle 5 della mattina, come ho sempre fatto in tutta la mia vita (...) preparo il mio caffè (...), faccio un po’ di ginnastica, mi rado e mi preparo come se fosse l’ultimo giorno della mia vita perché non permetterei mai a questa gente di vedermi in uno stato di abbandono". Stati Uniti: violentò e uccise bambina in guerra Iraq, soldato trovato impiccato in cella www.fanpage.it, 20 febbraio 2014 Steven Dale Green si è tolto la vita nella cella di un carcere dell’Arizona la scorsa settimana. Aveva stuprato e ucciso una bambina a Baghdad, poi assassinato la sua famiglia. Un ex marines dell’esercito americano, condannato all’ergastolo per lo stupro e l’omicidio di una 14enne e l’uccisione dei genitori e della sorella, è stato trovato impiccato nella sua cella. Steven Dale Green è stato trovato privo di vita in una prigione in Arizona la scorsa settimana, ma i funzionari del carcere hanno atteso fino a ieri per comunicare le versione ufficiale dei fatti. Il suicida, di 28 anni, era stato condannato nel 2009 per lo stupro e l’omicidio di Abeer Qassim Hamza al-Janabi, una bambina di 14 anni. In seguito il marines aveva sterminato quasi tutta la sua famiglia. Il tutto era accaduto nel 2006 in un villaggi a 30 chilometri da Baghdad, e nel contesto della guerra in Iraq. Il processo aveva stabilito che Steven Dale Green era a capo di un gruppo di 5 soldati che un giorno entrò nell’abitazione di una ragazzina. Commesso lo stupro, il militare non esitò ad ucciderla e a vantarsi con i suoi commilitoni del terribile delitto. L’uomo all’epoca dei fatti aveva 19 anni. Per quell’orrendo crimine di guerra furono incolpati anche altre 4 soldati e condannati a pene dai 5 ai 100 anni. Iraq: condannati dirigenti polizia per evasioni da carceri Abu Ghraib e Taji Aki, 20 febbraio 2014 Il tribunale penale di Baghdad ha condannato a cinque anni di carcere sei dirigenti della polizia per le evasioni di centinaia di detenuti dalle prigioni di Abu Ghraib e Taji lo scorso anno. Come riferisce un comunicato dell’Alto consiglio giudiziario, tra i condannati si contano il comandante della quarta divisione della polizia federale e alcuni suoi stretti collaboratori. Pene detentive minori sono state inflitte ad altri esponenti della polizia e dell’intelligence. Una lunga serie di evasioni di militanti di al-Qaeda, tra i quali molti condannati a morte, dalle prigioni dell’Iraq ha alimentato nel corso degli ultimi mesi le file dei jihadisti che combattono sia nel paese che nella vicina Siria. Le evasioni rientrano in una strategia molto precisa, alla quale al-Qaeda ha dato il nome di Operazione Breacking the Walls e che ha portato avanti tra luglio 2012 e luglio 2013, consentendo la fuga di oltre 600 militanti. Si tratta di terroristi ben addestrati, che oggi alimentano soprattutto la leadership e la manovalanza dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante, gruppo della galassia di al-Qaeda che in Siria ha profondamente cambiato la natura del conflitto e in Iraq tiene da settimane sotto scacco la provincia di Anbar. L’evasione più eclatante, che da sola ha riguardato quasi 500 militanti di al-Qaeda, è stata quella di luglio scorso dal carcere di Abu Ghraib, il più grande dell’Iraq, dove una forte esplosione provocò una frana in un muro, consentendo a molti detenuti di fuggire. Stati Uniti: protestò in base nucleare, suora 84enne condannata a 3 anni di carcere La Presse, 20 febbraio 2014 Una suora di 84 anni, Megan Rice, è stata condannata negli Stati Uniti a tre anni di prigione per avere fatto irruzione e danneggiato un bunker di stoccaggio di bombe all’uranio nel corso di una protesta pacifica in una base nucleare del New Mexico. Insieme alla suora sono stati condannati anche i due uomini che avevano manifestato con lei, Greg Boertje-Obed e Michael Walli, entrambi a cinque anni di carcere. Il gruppetto tagliò tre file di recinzioni del complesso militare il 28 luglio 2012, raggiungendo il bunker che contiene la principale riserva di bombe all’uranio degli Stati Uniti. Nella loro protesta appesero degli striscioni, srotolarono dei nastri usati dalla polizia per le zone del crimine e ruppero a martellate una piccola parte di muro. Le autorità assicurano che non è mai esistito il rischio che i tre raggiungessero dei materiali che avrebbero potuto esplodere o utilizzabili per assemblare una bomba sporca. Tuttavia l’irruzione ha sollevato seri dubbi sulla sicurezza, visto che il gruppo è stato catturato solo due ore dopo avere fatto scattare gli allarmi, periodo in cui ha potuto agire indisturbato. Bahrain: manifestante condannato a morte per uccisione poliziotto, altri 6 all’ergastolo Aki, 20 febbraio 2014 Un tribunale del Bahrain ha condannato a morte un manifestante dell’opposizione sciita e altri sei all’ergastolo riconoscendoli colpevoli dell’uccisione di un poliziotto un anno fa. Altri due sono stati condannati rispettivamente a cinque e sei anni di carcere con accuse simili. L’agente morto, Mohamed Atef, è deceduto il 14 febbraio 2013 dopo essere stato colpito da un ordigno durante scontri con i manifestanti in un villaggio vicino alla capitale Manama. I nove imputati sono stati anche riconosciuti colpevoli di partecipazione a una "manifestazione non autorizzata". Mauritania: decano dei detenuti salafiti; la Croce Rossa è l’unica associazione che ci aiuta Nova, 20 febbraio 2014 Il decano dei detenuti salafiti mauritani, Taher Ould Bi, ha lanciato un appello ai suoi compagni estremisti islamici in difesa della Croce Rossa e del ruolo che svolge nel paese africano in sostegno ai diritti dei detenuti. In una nota ripresa dall’agenzia di stampa mauritana "Ani", Ould Bi ha difeso la Croce Rossa dalle accuse dei militanti di al Qaeda, affermando che "non è affatto un’organizzazione missionaria il cui scopo è diffondere il cristianesimo nei paesi islamici. Ritengo sia sbagliato attaccarla perchè in una situazione di difficoltà per i detenuti salafiti in Mauritania come questa siano gli unici a difenderci e ad aiutarci". Il leader salafita mauritano ha quindi chiesto la liberazione degli operatori della Croce Rossa rapiti un mese fa nel vicino Mali. Corea Nord: arrestato missionario protestante australiano, in carcere da domenica scorsa Ansa, 20 febbraio 2014 Un missionario protestante australiano è detenuto nella Corea del Nord da domenica scorsa. Lo ha affermato la moglie in un’intervista ad un giornale di Hong Kong, la Speciale Regione Amministrativa della Cina dove la coppia risiede da alcuni anni. La donna racconta che John Short, di 75 anni, era alla sua seconda visita in Corea del Nord e aveva portato con sé del "materiale religioso". "Lo aveva fatto anche nel primo viaggio e nessuno aveva obiettato", ha aggiunto la donna. Questa volta, invece, Short è stato bloccato nel suo albergo domenica scorsa, poco prima della sua partenza da Pyongyang. Un altro missionario protestante, l’americano Kenneth Bae, è stato arrestato l’anno scorso nella Corea del Nord e condannato a 15 anni di lavoro forzato per "atti ostili".