Giustizia: stop ai veleni… largo allo svuota-carceri di Marco Conti Il Mattino, 1 febbraio 2014 "Avanti tutta!", continua a ripetere Matteo Renzi dopo il primo voto positivo incassato dalla riforma elettorale. "Il rinvio? Non ci cambia molto", spiega il segretario. Eppure sino a tarda sera la pattuglia renziana alla Camera le ha tentate tutte per cercare di accelerare l’iter della legge elettorale che la conferenza dei capigruppo ha previsto nuovamente in aula per l’11 febbraio. "Il ferro va battuto sin che è caldo", ripetono in blocco i renziani che ieri hanno però dovuto fare i conti con la posizione morbida del capogruppo del Pd Roberto Speranza che avrebbe ceduto a coloro che hanno chiesto alla presidente Boldrini di "prender tempo per svelenire il clima" che si è creato nei giorni scorsi in Parlamento. Via libera quindi ad un paio di decreti, tra cui lo svuota carceri, per calmare le acque e smaltire un po’ di arretrati. Undici giorni di pausa potrebbero però essere molti, forse troppi, e comunque sufficienti per coloro che intendono raccogliere le forze in vista della battaglia in aula. Uno scontro che non è ancora cominciato e che avverrà a colpi di voti segreti e di emendamenti dallo zero virgola, ma in grado di far saltare l’impianto della faticosa trattativa tra Renzi e Berlusconi, "La palude prova a risucchiare chi vuol cambiare", twitta il deputato renziano Angelo Rughetti. Il segretario del Pd però non si scompone perché, sostiene, "il risultato politico è portare a casa entro metà febbraio la legge elettorale". Secondo i disegni renziani entro D 15 il testo dovrà essere licenziato dalla Camera. Un tour de force che dovrà però fare i conti con la volontà ostruzionista del M5S e della Lega che potrebbe venir fuori già dalla prossima settimana in modo da far slittare tutto il calendario messo a punto dalla presidenza della Camera e sul quale ha più di un dubbio anche il capogruppo di Forza Italia a Montecitorio. Infatti difficilmente la Boldrini, per interrompere l’eventuale ostruzionismo di M5S o della Lega, potrebbe stavolta usare l’arma della "ghigliottina" adottata ieri l’altro per licenziare il decreto-Imu. Renzi sembra però meno preoccupato dei suoi e a tutti dà appuntamento alla direzione di giovedì: "Occhio adesso alla direzione del 6 che sarà dedicata alla riforma del Titolo V e al Jobs act, e a quella del 13 sull’Europa e al nostro ingresso nel Pse". Il segretario del Pd non molla e infittisce l’agenda del Pd di confronti mescolando le riforme costituzionali con quelle di natura economica, guardando già alla campagna elettorale per le Europee. Proprio in vista dell’appuntamento elettorale, Renzi sarà a Bruxelles il 18 e 19 febbraio. Per quelle date la legge elettorale dovrebbe essere stata approvata a Montecitorio e solo dopo quella data sarà possibile metter mano al firma sotto i patto di programma e al cosiddetto "rimpastino" dal quale Renzi continua a tenersi lontano malgrado il pressing di Alfano che ieri sera è arrivato ad offrire a Renzi la poltrona di Letta in modo da costringere il segretario a sostenere il governo sino al 2015. "A palazzo Chigi Renzi andrà, eventualmente, solo dopo un voto", è la risposta di Paolo Gentiloni che di fatto conferma la linea delle mani "semi libere" che il segretario del Pd intende continuare a tenere sull’attuale governo che dovrà essere "rimpastato" con uomini che indicherà lo stesso Letta. "È un compito che riguarda il presidente del Consiglio", continua infatti a ripetere il segretario del Pd che però deve fare i conti con la minoranza e anche con quella parte del partito - leggasi Dario Franceschini - che in questi giorni ha lavorato molto per arrivare al voto di ieri. La tenuta del Pd sulla riforma elettorale è infatti tutta da verificare, visti i venti franchi tiratori contati ieri e gli emendamenti sulla soglia e sul premio di maggioranza che continuano a "galleggiare" a palazzo Madama. Letta partirà oggi per gli Emirati portando con sé il patto di programma che attende di essere implementato con le proposte del Pd ed è pronto ad illustrare il programma del governo nella direzione del 6 in modo da poter stringere Renzi anche sul rilancio dell’azione dell’esecutivo. La strategia del segretario continua però ad essere diversa. Intende infatti riempire gli undici giorni di pausa forzata aprendo il confronto sulla riforma del Titolo V che dovrebbe fortemente ridimensionare i poteri delle regioni. Un modo per tenere il ferro della riforme caldo e continuare a dare ai cittadini la sensazione che questa sia "la volta buona". È quindi probabile che Renzi alla direzione del 6 febbraio porti un pacchetto di riforme in grado di aprire un vivace confronto politico sui tagli ai costi della politica e delle istituzioni e dimostrare che anche i grillini, insieme ai piccoli partiti, impediscono al Paese di cambiare, preferendo "la palude e il rinvio". Giustizia: il decreto-carceri scade il 21 febbraio, alla Camera possibile voto di fiducia di Giampiero Di Santo Italia Oggi, 1 febbraio 2014 Fiducia sul Decreto carceri o fiducia su Destinazione Italia. Il governo sfoglia la margherita e si prepara a decidere quale dei due provvedimenti in discussione a Montecitorio e in scadenza il prossimo 21 febbraio dovrà essere blindato per evitarne la decadenza. Una scelta che sembra obbligata, spiegano fonti di palazzo Chigi, dopo che l’assalto del Movimento 5 Stelle alla camera e alla commissioni parlamentari e soprattutto l’ostruzionismo nei confronti del decreto Imu-Bankitalia ne ha prolungato a dismisura i tempi di esame e approvazione. Sul decreto cosiddetto svuota carceri messo a punto dal ministro Guardasigilli Anna Maria Cancellieri, però, l’esecutivo vorrebbe evitare la fiducia, perché blindare il testo vorrebbe dire non introdurre le modifiche che invece sono ritenute necessarie e soprattutto non votare i circa 500 emendamenti presentati. Fonti della maggioranza sottolineano però che le modifiche davvero necessarie e da valutare sarebbero poche. Fra queste quella sulla libertà anticipata speciale, che non è in alcun modo automatica e deve essere decisa dal magistrato a seguito di una valutazione positiva, ma amplia il beneficio dell’aumento dei giorni da 45 a 75, per ogni semestre di pena espiata. La riflessione in corso era quella di eliminare il beneficio per alcune tipologie di reato. Se il governo mettesse la fiducia, nessuna modifica parlamentare potrebbe essere introdotta e si dovrebbe ipotizzare, se si decide di cambiare la norma, un emendamento o un maxi emendamento dell’Esecutivo. Giustizia: lunedì Camera vota decreto-carceri, venerdì discute messaggio Napolitano di Simona D’Alessio Italia Oggi, 1 febbraio 2014 L’Aula della Camera sarà impegnata la prossima settimana con l’esame del decreto-carceri. È quanto ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Riduzione di pena con liberazione anticipata speciale, "pari a 75 giorni per ogni singolo semestre" di condanna scontata. E introduzione della "fattispecie di reato di piccolo spaccio", che dovrebbe portare a un abbattimento della popolazione dietro le sbarre per smercio di dosi contenute di droga. A prevederlo il disegno di legge C 1921 di conversione del decreto 146/2013 (Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria) che, dice il relatore Davide Ermini (Pd), approderà in Aula a Montecitorio la prossima settimana, "dove presenteremo gli emendamenti, avendo chiuso prematuramente l’esame in commissione" ieri, per l’ostruzionismo del M5s. Il provvedimento, che scade il 21 febbraio e deve essere ancora esaminato dai senatori, è stato emanato dal governo per evitare la procedura d’infrazione che altrimenti scatterà il 28 maggio dopo la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che, imponendo all’Italia di risolvere in un anno il sovraffollamento nelle prigioni, ha deciso il risarcimento di 7 detenuti per danni morali subiti in cella. Oltre a prevedere l’ampliamento della liberazione anticipata rispetto alla versione originale (lo "sconto" dopo il vaglio dei deputati passa da 45 a 75 giorni a semestre fino al 2015), il centrosinistra depositerà in Assemblea un emendamento per non concedere tale beneficio a chi si è macchiato dei gravi delitti dell’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario (legge 354/75) fra cui criminalità organizzata, terrorismo e violenza sessuale; facilitata l’espulsione, che diventa una sanzione alternativa, degli immigrati che devono scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni, così come si dispone l’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non oltre i 18 mesi. Il magistrato "non darà mai ai mafiosi l’autorizzazione a uscire", chiarisce in audizione il ministro della giustizia, Annamaria Cancellieri. E mentre Daniele Farina (Sel) accusa il M5s d’aver "soccorso il governo e affondato i detenuti", Nicola Molteni (Lega) protesta per la mancata votazione dei 200 emendamenti del suo gruppo, scagliandosi contro "l’ennesimo indulto". Il 7 febbraio Camera discute messaggio Napolitano sulle carceri La Camera discuterà la relazione della presidente della commissione Giustizia sul messaggio al Parlamento del Presidente della Repubblica sulla questione del sovraffollamento carcerario venerdì 7 febbraio. Lo ha deciso la Conferenza dei capigruppo. Giustizia: Swg; no al decreto svuota-carceri, no abolizione del reato di clandestinità di Stefano Silvani www.termometropolitico.it, 1 febbraio 2014 Il sondaggio Swg di questa settimana, oltre a rilevare le intenzioni di voto si è concentrato anche su due importanti riforme a cui sta lavorando il Governo Letta, e che hanno richiamato molto l’attenzione dei media negli ultimi mesi. In particolare, la discussione sull’abolizione del reato di clandestinità è venuta a galla dopo la strage di Lampedusa avvenuta nel mese di Ottobre, mentre il dibattito sul decreto svuota carceri, che vorrebbe scontare la pena ad alcuni detenuti, è acceso ormai da molto più tempo. Gli elettori italiani intervistati da Swg sembrano però non avere dubbi su entrambi i temi dichiarando fortemente il proprio no in particolare riguardo al provvedimento che servirebbe a alleviare il sovraffollamento delle carceri Italiane. Il 72% degli intervistati si dichiara infatti contrario ad ogni forma di amnistia o indulto che potrebbe liberare determinati tipi di detenuti, anche se questa misura sarebbe effettivamente efficace nel risolvere in parte uno dei grandi problemi dell’Italia, che tiene i propri detenuti in condizioni pessime e ha già ricevuto ammonimenti anche dall’Unione Europea a riguardo. L’elettorato in assoluto più contrario al provvedimento svuota-carceri è quello del Movimento 5 Stelle, che lo osteggia per l’84%, cui si avvicina il centrodestra con il 79%. Seguono poi i non collocati al 76%, gli elettori di centro al 71% ed infine gli elettori di centrosinistra al 66%. Nel complesso, solo il 16% degli intervistati da Swg è favorevole alla proposta, mentre il 12% non saprebbe rispondere. Il muro dei no sembra meno insormontabile per quanto riguarda il secondo focus del sondaggio, l’abolizione del reato di clandestinità, che comunque trova contraria la maggioranza degli elettori Italiani con il 57%. Il 31% è invece favorevole, ma tra i contrari sono più decisamente schierati gli elettori di centrodestra (81%) e di centro (69%), mentre i 5 Stelle ed i non collocati sono divisi a metà (53% e 52%) ed infine tra gli elettori di centrosinistra è una minoranza ad osteggiare l’abolizione del reato (36%). Anche in questo caso il 12% dei rispondenti non saprebbe dare una propria opinione. Giustizia: Brogi (Pd) e Ass. Antigone; inaccettabile proroga chiusura degli Opg al 2017 Adnkronos, 1 febbraio 2014 "Abbiamo a che fare con una situazione che riguarda la vita e la salute di cittadini reclusi in strutture fuori norma e del tutto inadeguate: su questioni di civiltà come queste non si possono tollerare proroghe. Non sono accettabili ulteriori slittamenti alla chiusura degli Opg; la proposta di prorogarne la chiusura non tiene, infatti, conto delle condizioni dei detenuti che ci vivono". È quanto dichiara Enzo Brogi, consigliere regionale toscano Pd, riguardo lo slittamento al 1 aprile 2017 della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), richiesto dalla Conferenza delle Regioni. "È chiaro che la proroga richiesta dalla Conferenza delle Regioni, qualora venga approvata dal Parlamento, non rappresenterà comunque un obbligo; pertanto, auspico che la Toscana vada avanti speditamente come previsto e sia la prima a procedere con il definitivo superamento dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino. Insomma, anche se altre Regioni purtroppo avranno necessità di questo rinvio, sia la Toscana a dare il buon esempio", ha aggiunto Brogi. Antigone: proroga inaccettabile, segno del fallimento delle istituzioni "La proroga della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari al 2017 - ha dichiarato Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone, attiva da anni nella tutela dei diritti delle persone detenute - decisa dalla Conferenza Stato Regioni è grave e inaccettabile. Si fa carta straccia delle parole del Capo dello Stato che era indignato per quanto aveva visto. È un fallimento delle istituzioni. Il percorso legislativo, iniziato male, è poi finito peggio. La legge di chiusura degli Opg del 2012 oggi subisce un altro rinvio nella sua applicazione. Circa 1000 persone continueranno a vivere in luoghi terribili. Quanto meno si usino i milioni previsti nella legge per percorsi alternativi nei servizi territoriali delle Asl. Non avremo le nuove comunità ma aiuteremo chi si occupa del sostegno agli internati in modo non custodiale". Giustizia: sei innocente? in Gran Bretagna ti risarciscono… in Italia te la fanno pagare di Gianfranco Colacito www.inabruzzo.com, 1 febbraio 2014 Tra Inghilterra e Italia ci sono differenze. E non sono solo la nebbia lassù, e il Sole quaggiù. O la Regina e il Presidente Napolitano. Una sta emergendo gigantesca tra la vicenda dell’aquilano Giulio Petrilli a quella di alcuni esponenti dell’Ira. Il primo fu tenuto in galera per 5 anni e 9 mesi, con accuse riguardanti l’eversione, e poi assolto totalmente. I britannici furono tenuti in galera anche loro degli anni, poi assolti, ma risarciti con sostanziosa entità economica. Blair, ex premier inglese, disse che niente avrebbe potuto ripagare una ingiusta detenzione. Ma le sterline, in qualche modo, male non fecero. Petrilli non riesce, invece, a farsi risarcire. Neppure un euro. Corti e tribunali gli negano - codici alla mano - il diritto ad esserlo, perché l’Italia è fatta così, cioè diversamente dalla Gran Bretagna. Lì lo Stato che sbaglia, viene condannato da un giudice in parrucca, perché a nessuno passa per la mente che un innocente possa mai subire il peggiore dei torti. Qui, invece, la storia di Petrilli (e chi sa di quanti altri) neppure compare sui giornali: è pane quotidiano, non indigna. Forse perché lassù tra le nebbie hanno secoli di democrazia radicata, entrata nel Dna, mentre noi ne abbiamo una giovanissima, malferma, non appartenente alle convinzioni fondamentali di un popolo ineducato. Tant’è vero che nelle scuole non si insegna manco una parola di diritto e la Costituzione non è tra i libri di testo. Né si trova nella maggior parte delle case. Per noi, democrazia è andare a votare, magari con regole chiamate Porcellum, così tanto per gradire l’eleganza lessicale. Che è suburra lessicale. O sconcia baraonda parlamentare. Forse Petrilli avrebbe preferito nascere inglese, chi sa. Certo che, a ben riflettere, è dura nascere italiano. Restarci ancora di più. Eppure, un tempo questo paese lo amavamo in tanti. Un amore deluso e tradito. E un monito: non essere innocente, in Italia, mai. Te la farebbero pagare. Giustizia: l’ex manager diventa imprenditrice sociale e dà lavoro alle detenute di Laura Pavesi Affari Italiani, 1 febbraio 2014 Luciana Delle Donne è un’ex manager finanziaria che ha lasciato una brillante carriera nel settore bancario per diventare imprenditrice sociale. Luciana ha aperto due laboratori di sartoria nelle carceri femminili di Lecce e Trani, che danno lavoro ad una ventina di detenute e producono borse, shopper, braccialetti, sciarpe, portachiavi. Tutti gli accessori sono confezionati con tessuti riciclati e materiali di recupero e sono riconoscibili dal marchio "Made in carcere". Nata a Lecce, Luciana ha studiato a Bari e si è poi trasferita a Milano, dove ha lanciato la prima banca online d’Italia e lavorato come manager finanziaria per un importante gruppo bancario. Nel 2004, all’apice della carriera decide di dare le dimissioni e tornare in Puglia per cambiare le sue priorità e ridare un senso alla propria vita. "Avevo una vita molto privilegiata, la casa in centro, tutti i benefit possibili, ma mi muovevo in una realtà falsata, dove c’erano numeri e non persone. Quando ero ormai arrivata al massimo della carriera, ho perso il senso di quello che stavo facendo. E ho lasciato tutto, senza tentennamenti", ha raccontato Luciana alla stampa locale. "In quel momento ho sentito il forte bisogno di rendere alla mia terra quello che mi aveva dato. Volevo mettere a disposizione le mie competenze manageriali per creare un modello di sviluppo sostenibile che portasse ricchezza nel territorio. E ho pensato di farlo introducendo la cultura d’impresa in un progetto di inclusione sociale". All’inizio, aveva pensato di organizzare un percorso formativo per detenute, con lo scopo di poter imparare un mestiere che favorisse il loro reinserimento nella società lavorativa e civile. "Mi sono chiesta come potevo creare un modello di business sostenibile dove tutti vincevano. Volevo far risalire di un gradino queste persone, insegnando loro a fare cose semplici, come cucire, cosicché, una volta uscite, avessero in mano un mestiere". Il corso è partito nel 2006 presso la casa circondariale femminile di Bari, ma si è improvvisamente interrotto perché tutte le aspiranti sarte sono uscite dal carcere a causa dell’indulto. "Mi sono detta: o chiudo e lascio perdere, o ricomincio. E non ho potuto fare altro che ricominciare, creando un nuovo team di sarte. Ho chiamato alcuni miei amici e ho chiesto se avevano tessuti inutilizzati, da buttare. Ne ho recuperati un sacco! Quando ho visto che tutti erano ben felici di donare queste stoffe, anche tessuti importanti però passati di moda, ho capito che potevo recuperare tutto il materiale necessario per lavorare a costo quasi zero". E così, nel 2007, Luciana ha creato il marchio "Made in Carcere" e fondato un’impresa sociale e sostenibile, il cui scopo è dare una "seconda opportunità" alle detenute e una "nuova vita" ai tessuti. Chi compra borse, shopper, braccialetti, portachiavi e sciarpe "Made in Carcere", quindi, sostiene un progetto rieducativo che fa bene all’ambiente. "Credo che il rispetto del pianeta debba essere trasversale a ogni nostro gesto, a ogni azione che compiamo. I nostri manufatti sono belli e di qualità, non hanno niente da invidiare a quelli che si trovano nei negozi. La nostra ambizione è che i clienti li comprino non solo perché condividono la filosofia di un progetto inteso al reinserimento sociale, ma soprattutto perché ne riconoscono il valore". Oggi l’impresa sociale creata da Luciana dà lavoro ad una ventina di detenute, suddivise in due sartorie nei carceri di Lecce e Trani. Il ricavato delle vendite degli accessori "Made in carcere" va alle detenute, che percepiscono tutte un regolare stipendio. "Il rapporto con le donne che si impegnano nella confezione dei prodotti Made in Carcere è prima di tutto professionale. Io non chiedo mai perché si trovano in carcere", ha detto Luciana. "Non pretendo né impongo una confidenza personale, lascio che nasca con il tempo e con la fiducia reciproca. Purtroppo la sartoria", ha spiegato Luciana, "non può coinvolgere tutte le detenute, quindi bisogna meritarsi il posto. Che è un posto di lavoro con tutti i crismi: contratto, stipendio, orari, straordinari, ferie e assegni familiari. Ma prima si deve seguire un corso di formazione e poi riuscire a lavorare insieme agli altri, rispettare i tempi di consegna, garantire la qualità del prodotto". "Per persone che passano le loro giornate rinchiuse in una cella non è un impegno semplice. Ma è un percorso che aiuta a sentirsi nuovamente parte della comunità, a riconquistare la propria dignità. E quando si riesce a dare un contributo alla famiglia che è rimasta ad attenderci fuori, quando si possono pagare i libri per la scuola dei propri figli o si può fare un regalo di compleanno a un’amica, si comincia a proiettarsi nuovamente nel mondo, a fare progetti, a trovare gli strumenti per costruirsi un futuro migliore." Ed ha concluso: "Mi è sempre piaciuto ricostituire la cassetta degli attrezzi delle persone, dare loro una seconda possibilità. Perché ho questa missione? Mi viene facile, automatico. Ho sempre pensato che costruire il successo degli altri rappresentasse anche un mio successo. Mi piace vedere le persone felici, realizzate, che vanno avanti. Perché se vanno avanti loro, vado avanti anch’io". Lettere: detenuti Rebibbia replicano ai commenti "qui per pagare, ma ritrovate umanità" Il Fatto Quotidiano, 1 febbraio 2014 I ragazzi rinchiusi nel carcere romano, rispondono ad alcuni degli utenti che hanno voluto commentare il filmato che il nostro sito ha dedicato all’esperienza di una breve trasmissione radiofonica che viene realizzata nel penitenziario grazie all’associazione Antigone. Su ilfattoquotidiano.it è stato pubblicato un servizio video sulla radio curata da "Antigone" a Rebibbia e che anche noi detenuti contribuiamo a fare. Un bel servizio - che noi, ovviamente, non abbiamo potuto vedere perché in carcere, purtroppo, non possiamo avere alcun tipo di collegamento con Internet, ma di cui ci hanno parlato i nostri parenti e conoscenti, un bel servizio, ci hanno detto, oggettivo, curato. Di tutto ciò ringraziamo l’autrice, Irene Buscemi e la redazione. E vogliamo ringraziare anche tutti coloro che hanno lasciato commenti sul servizio. Sì, vogliamo ringraziare proprio tutti. Sia quei pochi che si sono emozionati leggendo della nostra esperienza, sia i tanti - la stragrande maggioranza, va detto - che non sono disposti a "perdonare" nulla ad un condannato e che vedono la radio come il segnale che nelle celle si vive come in un albergo. Ai vari signori (o signore) che si firmano "Black_Eyed73" o a "les" (che invocano i "lavori forzati" per noi al posto della radio) vorremmo solo ricordare che quella misura, abrogata formalmente in tutto il mondo, ma ancora in vigore in alcune nazioni, era esattamente la "punizione" che prevedeva il regime nazista. I campi di concentramento altro non erano che campi per i lavori forzati. Forse bisognerebbe stare attenti alle parole che si usano. Eppure noi, ringraziamo anche questi signori. Perché se si toglie l’aggettivo "forzati", resta l’invocazione del lavoro. E che ci credano o no quei lettori del Fatto Quotidiano, quella del lavoro è anche una nostra richiesta. Noi, che vorremmo poter lavorare in lavori socialmente utili, nella stragrande maggioranza dei casi, vediamo respinte le nostre domande. Perché preferiscono tenerci così, stipati dentro una cella, ad oziare. E ancora, per l’ennesima volta, vogliamo ringraziare anche il signor Paolo. Quest’ultimo, nel suo messaggio al sito, non si limita agli insulti. Ma tenta un ragionamento. Dice che la difesa dei detenuti non deve appartenere alla cultura del Fatto Quotidiano e aggiunge che temi come questi, al massimo, possono trovare spazio su l’Unità. Una risposta ce l’aspettiamo anche da parte della redazione del Fatto, ma intanto noi una cosa al signor Paolo la vorremmo dire. Ricordandogli che è la Costituzione che dovrebbe obbligare i responsabili al reinserimento dei detenuti nella società. E il rispetto della Carta Costituzionale non crediamo che appartenga ad una sola parte politica, ma dovrebbe essere un elemento che unisce tutti i partiti, tutte le culture, tutti gli orientamenti. O no? E infine, una parola su "leuciscus". Lui ci vuole ben chiusi qui dentro. E chiede che si butti via la chiave. Noi non sappiamo chi sia che si nasconde dietro questo nomignolo. Magari è una persona integerrima, quelle "tutte di un pezzo". Però le persone, tutte le altre persone al mondo, non sono fatte così. Capita nella vita di sbagliare. Capita di sbagliare molto e gravemente. Il diritto ad avere un’altra occasione, dopo anni passati qui dentro, non sarà una norma prevista dalle leggi, ma crediamo debba essere un imperativo morale. Almeno per le persone che vogliono restare umane. Sì, la cosa che più ci ha colpito della stragrande maggioranza dei commenti è proprio questa mancanza di umanità. E un mondo senza umanità è orrendo. Per chi sta in cella, ma anche per chi sta fuori. Napoli: presunte violenze a Poggioreale, inchieste Procura: Uil: probabile ma no sistemico Ansa, 1 febbraio 2014 Due fascicoli aperti sullo stesso tema, pesante: presunte violenze subite dai detenuti del carcere di Poggioreale. Denunce, alcune delle quali molto circostanziate, che potrebbero far luce su ciò che accade nel carcere più grande di Napoli. "Potrebbero essersi verificate ma di sicuro la violenza sui detenuti non è un fatto sistemico", avverte Eugenio Sarno, segretario generale della Uilpa Penitenziari. Mentre il garante dei detenuti della Campania, Adriana Tocco, aggiunge: "In questi ultimi giorni abbiamo ricevuto anche altre denunce". Dei due fascicoli, quello aperto dal procuratore aggiunto Alfonso D’Avino, che si occupa dei reati commessi dalle forze dell’ordine, prende le mosse proprio dalle denunce inviate dal garante Tocco in Procura. Gli accertamenti sono nella fase iniziale. Intanto il Garante spiega che alla base del fascicolo c’è una denuncia firmata da 50 detenuti più altre di singoli e che in questi ultimi giorni è arrivata un’altra denuncia firmata da ben 70 detenuti. Alcuni chiamano in causa la "cella zero", come luogo delle presunte violenze. "Ad oggi non era così frequente che i detenuti la nominassero - dice - non l’ho mai vista, chiederò se esiste". "Esiste ma serve a tutt’altro - spiega Eugenio Sarno della Uil-pa Penitenziari - è una cella, che nel nostro gergo definiamo "liscia", dove vengono collocati quei detenuti che in maniera certificata potrebbero sottoporsi a gesti di autolesionismo o finanche al suicidio". Sarno definisce un "bene" l’apertura del fascicolo di D’Avino e dell’inchiesta di Vincenzo Piscitelli, avviata nei mesi scorsi dopo la presentazione di un altro esposto da parte dell’associazione "Il carcere possibile", che recepiva le denunce dell’ex detenuto Vincenzo Ioia. "Non sono tra quelli che esclude a priori il fenomeno, sia chiaro. Penso ci possa essere qualche unità che possa operare violentemente - spiega Sarno - l’importante è che si comprenda che non è un fatto sistemico". Chiede cautela: "Così si rischia di alimentare la leggenda metropolitana per cui tutti gli agenti sono picchiatori". "Su Poggioreale - spiega Sarno - ogni tanto viene fuori questa voce sulle violenze, si faccia chiarezza una volta per tutte. La magistratura faccia bene e presto il proprio lavoro perché è interesse di tutti, dei detenuti, dell’amministrazione penitenziaria, che si faccia piena luce. Poggioreale è l’unico carcere che ha più di duemila detenuti, è una delle icone e nessuno si può permettere che ci sia una tale ombra. Noi non abbiamo nulla da cui nasconderci, se ci sono colpevoli che siano perseguiti". Lucera: misteri sul suicidio di detenuto, conferenza stampa Radicali dopo visita al carcere www.statoquotidiano.it, 1 febbraio 2014 Giovedì 30 gennaio, nell’aula consiliare del comune di Lucera, si è tenuta la conferenza stampa sulla visita nel carcere di Lucera della segretaria di Radicali Italiani Rita Bernardini e dell’associazione Radicale Mariateresa Di Lascia di Foggia. Dopo la recente morte del detenuto di Zapponeta Alberico Di Noia, i radicali hanno voluto evidenziare per l’ennesima volta le condizioni disumane delle carceri italiane e lo stato disastroso del sistema giudiziario italiano. Alla conferenza hanno partecipato oltre agli esponenti radicali, il presidente delle Camere Penali Raffaele Lepore, il sindaco di Zapponeta Giovanni Riontino e gli avvocati della famiglia di Alberico, Michele Vaira e Luigi Miccoli. "La morte di Alberico Di Noia ci ha spinto ad iniziare questo 2014 da Lucera, un piccolo istituto ma grande emblema della tortura sistematica di Stato che viene perpetrata dal nostro Paese, non solo verso i detenuti ma anche nei confronti degli operatori costretti a lavorare e vivere in condizione inaccettabili" dichiara Norberto Guerriero, segretario dell’associazione Mariateresa Di Lascia. "Una visita che ci lascia con molte domande ma con una certezza, la necessità di proseguire con nuove e prossime visite negli istituti della nostra Regione". La conferenza si è aperta con la relazione di Rita Bernardini sulla visita: negli istituti carcerari italiani la Costituzione e le convenzioni sui diritti umani vengono costantemente violate. E anche il carcere di Lucera conferma questo dato, non certo per colpa del direttore o degli operatori che vi lavorano, ci tiene a sottolineare la Segretaria radicale. Non solo non c’è possibilità di attuare percorsi educativi e lavorativi che mirino ad una riabilitazione dei detenuti, ma manca l’essenziale, come la dotazione igienica personale di cui soffrono maggiormente gli stranieri che non hanno le famiglie che passino loro i soldi per acquistare prodotti allo spaccio del carcere; i servizi igienici delle celle sono separati da muri senza soffitto e addirittura nelle celle da 2 sono a vista. Le ore lavorative dello staff medico è insufficiente a coprire le esigenze dei detenuti. Questi sono solo alcuni dei problemi, ma la questione più grave, emersa dai colloqui con i detenuti, è che gli stessi subiscono pestaggi da parte di un ristretto gruppo di agenti". L’avvocato Lepore ha manifestato il sostegno delle Camere Penali alle iniziative dei Radicali sulla Giustizia, che vedono come punto di partenza il provvedimento di amnistia, "per unirci al grido di dolore lanciato con il messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica, ignorato dai partiti per miseri interessi di bottega che fanno leva sulle paure degli italiani che sfocia nell’atteggiamento miope del "mettiamoli dentro e buttiamo via la chiave", poi è evidente che si dovranno attuare provvedimenti strutturali come la revisione della custodia cautelare per cui il 40% dei reclusi sono in attesa di giudizio, e prevedere pene alternative". Gli avvocati di Alberico hanno ringraziato i Radicali "mi vergogno un po’ meno di essere italiano perché esiste ancora un cuore pulsante che porta avanti questa battaglia come il Partito Radicale" afferma Michele Vaira. Gli avvocati hanno poi esposto i punti oscuri da illuminare, con le indagini, sollecitate anche dalla risonanza che la vicenda ha avuto nella stampa. Chiedono chiarezza: come mai esistono due versioni discordanti dell’orario e causa della morte di Alberico? Perché era stato messo in isolamento, nonostante le sue condizioni psicologiche certificate, fossero incompatibili con tale provvedimento punitivo? Perché non è stata disposta subito l’autopsia? "se non si dispone l’autopsia è perché non si vuole indagare, cioè si da per scontato che in carcere un detenuto si suicidi" è l’amara considerazione dell’avvocato Vaira. "Alberico è morto perché le istituzioni sono sorde, e lo Stato che, nel momento in cui una persona entra in carcere ne assume la custodia e dovrebbe tutelarlo e garantirne la vita, non lo fa" ha concluso l’avvocato Miccoli. La conferenza si è conclusa con l’intervento appassionato del sindaco di Zapponeta Giovanni Riontino, che coraggiosamente ha dichiarato il lutto cittadino per la morte del suo compaesano che conosceva fin da piccolo "sono qui a testimoniare vicinanza alla famiglia di Alberico che merita giustizia, lo Stato deve garantire tutti, anche le persone recluse in carcere, non si può uscire dal carcere a 38 anni in una cassa da morto". Alghero: Cancellieri; voglio vedere le carceri da vicino… domenica in visita Agi, 1 febbraio 2014 "La situazione carceraria in Sardegna è buona, sia per il numero di carceri sia per il basso numero di detenuti di origine sarda, un titolo importane per l’isola". L’ha detto, rispondendo a una domanda dei giornalisti, il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri in prefettura a Sassari, dove ha partecipato a un incontro coi rappresentanti dell’Associazione familiari delle vittime della Moby Prince, Il ministro parteciperà stasera alla presentazione del libro del senatore Luigi Manconi nella sede della Nuova Sardegna ma domenica sarà ad Alghero per visitare il carcere della città catalana. "Mi interessa vedere come sono, come funzionano e vederle da vicino", ha detto Cancellieri. Palermo: "Buoni dentro… e fuori", impresa sociale per lavoro a 10 detenuti pastai La Sicilia, 1 febbraio 2014 In un momento in cui tutti gli enti di formazione vengono percepiti come dei "carrozzoni" foraggiati dalla politica, i lavoratori etichettati come "fannulloni" ed il sistema appare tutto marcio ed irrecuperabile, esistono invece anche delle realtà positive, che si distinguono per capacità di programmazione e serietà di gestione. È il caso dell’ente palermitano Infaop, uno dei 2 soli enti siciliani premiati dal bando "Iniziativa Carceri 2013", dal valore di 3,4 milioni di euro, promosso dalla "Fondazione con il Sud". L’ente no profit privato, nato dall’alleanza tra le fondazioni bancarie e il mondo del terzo settore e del volontariato, ha scelto 2 progetti siciliani: "Oltre i confini", promosso dalla Coop Prospettiva Onlus, per favorire l’inserimento socio-lavorativo, con tirocini presso la rete di cooperative e fattorie sociali siciliane; ed un altro dal titolo "Buoni dentro… e fuori", promosso dall’Infaop. Quest’ultimo, finanziato per 350.000 euro, "trae origine - ha spiegato il direttore dell’Infaop, Gabriele Albergoni - da una precedente esperienza destinata a 30 detenuti dell’Istituto Penitenziario Pagliarelli, e realizzato grazie al finanziamento del Fondo Sociale Europeo 2007-13. Il progetto "Buoni Dentro" è durato 2 anni; all’interno del carcere 15 detenuti sono diventati mastri pastai con la partnership del pastificio Giglio. Il nuovo progetto, invece, è un’evoluzione del primo". Qui, come spiega la coordinatrice Barbara Scira, "i detenuti, dopo una breve formazione in carcere, andranno a lavorare fuori, presso il pastificio che metteremo su, insieme a Libera Terra e Giglio". Sarà un’impresa sociale con 10 detenuti (assunti con un contratto a tempo determinato), che si occuperanno della produzione e trasformazione delle farine di cultura biologica in pasta secca; sono previsti inoltre laboratori di arte-terapia per i figli dei detenuti. È la dimostrazione che gli enti virtuosi possono operare "non solo attraverso la Regione, ma - ha detto Albergoni - sono anche in grado di attrarre investimenti per la Sicilia attraverso le fondazioni bancarie che si occupano del terzo settore". "Finalmente - ha proseguito la dottoressa Scira - la meritocrazia viene premiata anche a Palermo. I risultati ottenuti in 2 anni all’interno del carcere Pagliarelli mi hanno dato ragione: siamo riusciti ad essere portatori di un cambiamento. Ora - ha concluso - proveremo a portare quel cambiamento fuori dalle mura penitenziarie, direttamente sul territorio". Torino: Streva (Ugl); problemi e risorse per la Polizia penitenziaria di Marilena De Giorgio www.notizie.tiscali.it, 1 febbraio 2014 Il carcere vissuto dall’interno, dai detenuti, certo, ma anche dalla Polizia Penitenziaria. Secondo i rappresentanti della forza dell’ordine, sezione regionale Unione generale del lavoro, la situazione torinese manifesta carenze di organico, stress da lavoro, difficoltà nella promozione del benessere lavorativo del personale. Roberto Streva, Segretario generale Piemonte Ugl Polizia Penitenziaria sottolinea: "Il ministro della Giustizia si è accorto oggi di noi e del sotto organico che ci coinvolge; in Piemonte siamo sotto di 7000 unità mentre, negli anni, sono aumentati i detenuti in modo esponenziale, come rileva la Cedu. Non abbiamo ancora segnali concreti verso le nostre proposte da parte del governo - aggiunge Streva. L’ultimo patto di stabilità non prevede assunzioni e poche sono le risorse a disposizione. La risposta, in ogni caso, non è certo la liberazione anticipata dei detenuti". Il Piemonte, afferma il segretario regionale Ugl, ha una popolazione detenuta di 4500 persone, per effetto della legge sono usciti 171 detenuti, pochissimi rispetto ai benefici attesi. "Nel contesto della legge ci sono modifiche che vedremo nel tempo - sottolinea Streva. È cambiata la concessione dei giorni di liberazione anticipata; per fare un esempio, su 365 giorni 150 verranno scontati. Significa che non si tratta della soluzione adeguata rispetto al problema del sovraffollamento". Le strutture carcerarie sono obsolete e fatiscenti. Nel carcere Lo Russo e Cutugno di Torino operano poco più di 750 agenti a fronte di 1.480 detenuti, ha specificato il segretario nazionale Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, nei giorni scorsi a Torino per presentare l’iniziativa "Ugl in campo per dare voce agli eroi silenziosi". Ciò comporta che la turnazione del personale preveda otto ore giornaliere anziché sei, come da contratto, e che il ricorso allo straordinario sia quindi irrinunciabile, ha aggiunto Moretti che ha anche ribadito quanto questa condizione non solo generi molteplici difficoltà per il personale, a causa di un grave stress lavorativo, ma provochi anche scompensi all’organizzazione del lavoro che si traducono spesso in avvenimenti tragici ed irreparabili, proprio come quello occorso qualche settimana fa a Torino, "dove un collega ha prima affrontato un suo superiore uccidendolo e poi si è, a sua volta, tolto la vita". In Piemonte, problemi differenti ma strutturali esistono negli istituti di pena per gli adulti come in quelli per i minori. Anche in questo caso sono i problemi di organico ad essere messi in evidenza da Camillo Giovanni, segretario regionale aggiunto Ugl Polizia Penitenziaria, in ruolo al Ferrante Aporti di Torino. "Il corpo di Polizia Penitenziaria è un corpo unico. Come anche i problemi sono comuni. Parliamo di un organico che trova origine nei piani del personale fatti quasi dodici anni fa, quando la popolazione detenuta era inferiore del trenta per cento rispetto a quella odierna. Altro problema, poi, è l’assenza di turn over". La giusitizia minorile sconta risorse inferiori, dice Giovanni, essendo un dipartimento più piccolo rispetto al Dap. Il Piemonte conta 19 Istituti e impiega circa 1000 persone, compresi gli appartenenti alla Polizia Penitenziaria e il personale educativo; le risorse destinate a questa componente del sistema detentivo sono irrosorie. I ragazzi detenuti a Torino provengono da tutta Italia, "ogni volta che hanno delle udienze dobbiamo portarli direttamente noi o accompagnarli presso l’Istituto più vicino". Quelle in altre città possono essere trasferte molto dispendiose; e alcune, effettuate nel 2010, non sono ancora state saldate, ricorda l’agente. Al Ferrante Aporti di Torino è stata inaugurata la nuova struttura ad aprile scorso, l’edificio è nuovo e non degradato. Si tratta di un ambiente più ‘famigliarè, poco gerarchico, che conta circa una cinquantina di agenti. La relazione con i minori è la parte più rilevante del mestiere, precisa Giovanni: "Lavoriamo con ragazzi nel pieno della fase evolutiva, dai 14 ai 21 anni; il nostro lavoro, perciò, è molto incentrato sull’ampia possibilità di recupero di questi soggetti". Il ruolo della Polizia Penitenziaria in carcere, con i detenuti, si traduce non solo nella prassi restrittiva e di custodia dei reclusi ma, soprattutto, è volto al reinserimento sociale. Un mondo poco noto alla gente comune. Nuoro: l’ergastolano laureato in giurisprudenza che fa lezione agli avvocati di Luciano Piras La Nuova Sardegna, 1 febbraio 2014 Stavolta sarà lui a dare lezioni agli avvocati. E l’ex boss della Sacra corona unita ne avrà davvero tante da dire, spulciare e spiegare per bene. "È preciso, lucido e molto professionale" dice di lui Monica Murru, del Foro nuorese. A salire in cattedra, infatti, è l’ergastolano pugliese di Nardò, Marcello Dell’Anna, 46 anni, una vita in carcere, sposato, padre di un venticinquenne, e dal 25 maggio 2012 dottore in Giurisprudenza, con il massimo dei voti. Un detenuto modello, insomma, che all’università di Pisa ha discusso una tesi di diritto penitenziario. Il titolo: "La compressione dei diritti fondamentali del detenuto. Dai circuiti detentivi ‘speciali’ di Alta Sicurezza al regime del 41bis Op", per la quale ha anche ricevuto un encomio dalla direzione del carcere di Spoleto, dove Dell’Anna era recluso fino allo scorso luglio. Da allora è a Badu ‘e Carros. "Deportato in Sardegna, lontano dai miei affetti più cari" aveva denunciato qualche mese dopo in una lunga lettera pubblicata sul blog urladalsilenzio.wordpress.com. L’opportunità. Eppure è proprio da Nuoro che riparte il suo orologio delle opportunità. Sono il carcere barbaricino, la Scuola forense cittadina e l’Ordine degli avvocati nuoresi a dargli la possibilità di salire in cattedra. Un caso unico in Italia. Relatore e coordinatore (interno) del progetto "Carcere: il diritto penitenziario tra dentro e fuori", quattro lezioni in programma per il 7, 21, 28 febbraio e 21 marzo, tutte all’interno della Casa circondariale di Badu ‘e Carros. Con un parterre di relatori di altissimo livello, magistrati, docenti, avvocati, professionisti vari coordinati dall’avvocato Monica Murru, ideatrice del progetto. "Un progetto che vuole essere l’inizio di un percorso", sottolinea il direttore della Scuola forense, Martino Salis. "Un percorso di alta formazione, dunque di grande rilevanza" sintetizza Antonio Falchi, consigliere dell’Ordine degli avvocati. Il legame. "È il segno che la comunità si avvicina sempre di più al mondo carcerario", interviene Gianfranco Oppo, garante comunale dei detenuti. "Ma ciò che apprezzo maggiormente - sottolinea - è l’aspetto didattico". Le quattro lezioni, infatti, sono le tappe di un corso per addetti ai lavori, avvocati soprattutto, chiamati ad approfondire tematiche specialistiche come "Il trattamento penitenziario e il trattamento rieducativo", "Diritti fondamentali dei detenuti dopo la novella del D.L. 146/2013", "La fase esecutiva della pena", "Circuiti penitenziari differenziati", "La pena dell’ergastolo nella sua variante ostativa", "Il regime del carcere duro: 41 bis (2 comma) a distanza di ventidue anni dalla sua normazione", "Sperimentazioni trattamentali e buone prassi operative". Sono i titoli dei singoli interventi, tutti pomeridiani, tutti di venerdì, previsti tutti all’interno della Casa circondariale di Badu ‘e Carros. "Dentro" evidenzia la direttrice del penitenziario, Carla Ciavarella. "Così si abbatte un muro e ci si confronta con la realtà. Bisogna approfittare di questi momenti formativi, è importante affrontare questi temi, fondamentale per allargare le conoscenze" va avanti. "Il progetto, infatti - interviene Monica Murru, nasce dalla volontà di incentivare la promozione e l’impiego delle risorse umane in carcere, i detenuti, a favore non soltanto di loro stessi, ma anche della società, attraverso la gratificazione del lavoro e della professionalità inserita in un percorso effettivamente rieducativo da affiancare al concetto di pena non solo retributiva". È il caso concreto di Marcello Dell’Anna, dottor Dell’Anna, finito in carcere a 23 anni e che studiando in cella si è prima diplomato e poi laureato. Avrebbe anche voluto fare un master in Diritto penitenziario applicato: missione impossibile, finché resterà a Nuoro. Almeno per ora. Certo è che l’ex boss della Sacra corona unita non uscirà mai dal carcere. Sta scontando l’ergastolo ostativo per reati associativi. Significa che non uscirà mai dalla galera. Una condanna alla morte civile, insomma. Pena di morte viva, la chiamano i detenuti. "Eppure Marcello Dell’Anna è l’orgoglio del sistema penitenziario italiano" sottolinea il suo legale nuorese, Andrea Soddu. "È l’orgoglio delle carceri italiane perché rappresenta uno dei rari esempi di un profondo cambiamento, con percorso umano sorprendente, tanto che per il giorno della discussione della tesi di laurea gli è stato dato un permesso di 14 ore senza scorta". Poi Dell’Anna è tornato in carcere, a Spoleto, sapendo bene che dal carcere non uscirà mai, salvo essere graziato dal presidente della Repubblica. Intanto è in regime di As1, Alta sicurezza, l’ex Eiv, Elevato indive di vigilanza. "Un assistito che assiste altri detenuti" svela Martino Salis: sono 850, infatti, i detenuti che da tutta Italia si rivolgono a lui, ormai considerato uno dei massimi esperti di diritto penitenziario. La speranza. "Ha fatto un grande percorso - sottoscrive la direttrice di Badu ‘e Carros, è una persona molto preparata". Tanto titolato da poter avere un incarico professionale, una opportunità di lavoro come quella, regolarmente retribuita, che gli stanno offrendo gli avvocati nuoresi. Con questo progetto, "Carcere: il diritto penitenziario tra dentro e fuori" che lo vedrà impegnato nel duplice ruolo di relatore e di coordinare interno al penitenziario. "È un’occasione - ribadisce la coordinatrice esterna Monica Murru - per ridare la speranza, trasformare i detenuti in risorse e restituire qualcosa alla società". Pontremoli (Ms): Garante regionale Corleone; l’Ipm garantisce attività ed esperienze utili Adnkronos, 1 febbraio 2014 "Una struttura piccola, senza grandi spazi, che però consente alle ragazze attività ed esperienze che possono essere positive". È questo, spiega una nota, il giudizio del Garante regionale dei detenuti Franco Corleone, sull’Istituto penale per minorenni (Ipm) di Pontremoli (Massa Carrara), che oggi ha vistato. L’istituto ospita attualmente in 5-6 stanze "dignitose e pulite" 18 ragazze. Quasi tutte provengono dal nord Italia, principalmente da Milano, e sono state trasferite qui in seguito alla chiusura per restauro del carcere per minori Beccaria di Milano. Il reato più ricorrente che ha portato alla reclusione è il furto, quindi si tratta di permanenze non lunghissime, mediamente tre mesi. Il Garante ha rilevato che, nonostante le ridotte dimensioni e nonostante il fatto che le ragazze provengano da altre regioni, sono garantite l’attività scolastica e, grazie anche a una rete di volontariato molto attiva, altre attività che impegnano le giovani. Un esempio di questa attività, conclude la nota, è dato proprio dallo spettacolo teatrale "L’uccello di fuoco", in cui le protagoniste sono le ragazze dell’Istituto dirette dal regista Paolo Billi, che è in programma questo pomeriggio e a cui il Garante assisterà. Milano: Kabobo deve rimanere in carcere; no Riesame a Ospedale psichiatrico giudiziario Corriere della Sera, 1 febbraio 2014 I giudici del Riesame hanno deciso di respingere la richiesta presentata dai legali sulla base di una perizia. Adam Kabobo, il ghanese che, lo scorso 11 maggio, uccise tre passanti a picconate a Milano, deve restare in carcere. Lo hanno deciso i giudici del Riesame che hanno così respinto la richiesta dei suoi legali di trasferirlo in un ospedale psichiatrico giudiziario. Richiesta che era stata avallata anche dal medico legale Marco Scaglione al quale i giudici avevano chiesto una consulenza. Un medico aveva indicato la necessità di trasferirlo in un ospedale psichiatrico giudiziario, ma l’istanza è stata respinta. "Ritiene il Collegio che sulla base della perizia redatta dal dottor Scaglione con l’apporto del dottor Bianchi, specialista in psichiatria ed esaminati gli atti non sussista una condizione di incompatibilità della patologia dalla quale è affetto Kabobo con la custodia in carcere". I difensori di Adam "Mada" Kabobo, il ghanese che l’11 maggio scorso uccise tre passanti nel quartiere Niguarda di Milano a colpi di piccone, avevano chiesto al Tribunale del Riesame che l’immigrato venisse trasferito dal carcere in un luogo di cura in degenza psichiatrica. La difesa aveva chiesto ai giudici anche che venisse disposto un supplemento di perizia psichiatrica sulle condizioni di salute del ghanese incompatibili, a loro dire, con il regime carcerario. I legali, gli avvocati Benedetto Ciccarone e Francesca Colasuonno, avevano già presentato le richieste al gip di Milano Andrea Ghinetti, che le aveva respinte. Da qui il ricorso al Riesame. In sostanza, la difesa chiede un’integrazione della perizia psichiatrica (quella disposta dal gip aveva evidenziato solo un vizio parziale di mente e non l’incapacità di intendere e di volere al momento del fatto) e di modificare la misura cautelare dalla detenzione in carcere a quella in un luogo di cura. Intanto, deve essere ancora fissata dal Gup di Milano, Manuela Scudieri, la data del processo con rito abbreviato, rito chiesto dai difensori dopo che la perizia del gip aveva stabilito che Kabobo è processabile. Taranto: Sappe; detenuto al rientro da permesso cerca di introdurre la droga in carcere Ansa, 1 febbraio 2014 Ha cercato introdurre droga nel carcere di Taranto, nascondendola nel retto, ma è stato scoperto dagli agenti penitenziari in servizio nella struttura, con l’ausilio di unità del Gruppo cinofilo della Polizia Penitenziaria di Trani. Si tratta di un detenuto di 30 anni, proveniente dal permesso premio, che ha cercato vanamente di eludere i controlli. L’episodio viene reso noto da Federico Pilagatti, segretario nazionale del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria). I fatti sono accaduti il 28 gennaio scorso, "ma sono trapelati solo ora - osserva Pilagatti - per non compromettere le ulteriori indagini le perquisizioni domiciliari. L’operazione atta a contrastare l’introduzione di sostanze stupefacenti all’interno del penitenziario di Taranto ha coinvolto circa 100 uomini e 5 unità cinofile antidroga". I controlli compiuti all’interno dell’Istituto penitenziario sui familiari dei detenuti aventi diritto al colloquio e sui reclusi provenienti dal permesso premio hanno consentito di smascherare il 30enne, denunciato all’Autorità giudiziaria. Gli agenti hanno recuperato 2 grammi di hascisc e 3 grammi di eroina. "Quindi ancora una brillante azione del gruppo cinofilo della Polizia Penitenziaria di Trani - conclude Pilagatti - che negli ultimi mesi con la presenza costante presso le carceri della Regione, oltreché fare azione di prevenzione, ha consentito il recupero di sostanze stupefacenti nonché l’arresto di alcune persone Droghe: Radicali; la Presidenza Consiglio sostiene legge Fini-Giovanardi? incomprensibile Notizie Radicali, 1 febbraio 2014 Rita Bernardini (segretaria di Radicali Italiani) e Giulio Manfredi (Direzione Radicali Italiani): Con cinque striminzite paginette, il Presidente del Consiglio dei Ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in difesa della legge n. 49/2006, sedicente legge "Fini-Giovanardi", che esattamente otto anni fa fece di tutta l’erba un fascio, unificando le tabelle degli stupefacenti e di conseguenza anche le pene previste (questo ha significato passare, per la cannabis e i suoi derivati, da una pena con minimo di due e massimo di sei anni di reclusione a una pena da sei a venti anni di reclusione); e lo fece in modo subdolo, nascondendo questo pesante aggravamento del regime proibizionista all’interno di un decreto-legge nato per finanziare le Olimpiadi Invernali di Torino del febbraio 2006. L’11 febbraio prossimo la Consulta dovrà esprimersi sulla costituzionalità della Fini-Giovanardi. Riteniamo, innanzitutto, il ricorso del governo politicamente incomprensibile. Enrico Letta ci risulta essere sempre esponente di punta di quel Pd che otto anni fa criticò apertamente in aula sia i contenuti della "Fini-Giovanardi" sia le modalità con cui venne imposta al Paese, privando il Parlamento di un dibattito adeguato alla portata delle modifiche apportate al Testo Unico sugli stupefacenti (DPR 309/1990). Ed Enrico Letta è stato il primo ad applaudire i recenti interventi del presidente della Repubblica che hanno pesantemente stigmatizzato una decretazione d’urgenza abnorme, che è andata ben oltre i paletti costituzionali. Il ricorso è, inoltre, tecnicamente risibile. L’Avvocatura dello Stato imputa alla Corte di Cassazione, che ha richiesto il pronunciamento della Consulta, di non aver tenuto conto che nel giudizio di merito la pena inflitta all’imputato - accusato del trasporto di circa quattro chili di hashish - avrebbe potuto essere diminuita applicando l’attenuante del "fatto di lieve entità". Ebbene, anche gli studenti universitari al primo anno di Legge sanno che la Cassazione non può applicare attenuanti, ma solo controllare - come puntualmente ha fatto nel nostro caso - se i giudici di merito le hanno negate legittimamente. Le carceri sono piene di migliaia di detenuti cui l’attenuante viene negata dai nostri tribunali per la detenzione di quantitativi di cannabis inferiori anche cento volte a quello che ha indotto la Cassazione ad inviare il processo alla Consulta. Nota sui commenti: i commenti lasciati dagli utenti del sito non vengono né censurati né verificati in base al contenuto. I commenti con link non vengono pubblicati. Per i commenti si utilizza la piattaforma Diqsus che memorizza sui suoi server tutti i dati degli utenti, compreso l’indirizzo IP in caso di eventuali segnalazioni per abusi o violazioni di legge. Tutti possono lasciare commenti, quindi non c’è alcuna verifica sull’appartenenza degli utenti al partito o al movimento Radicale. India: Comitato Regioni sui marò; Presidente Ue Barroso intervenga per nostri militari Ansa, 1 febbraio 2014 "Ieri in sessione plenaria del Comitato delle Regioni, alla presenza del Presidente della Commissione Europea Josè Manuel Barroso, la delegazione italiana, unita come mai indipendentemente dalle diverse appartenenze politiche, ha rivolto un appello civile, ma fermo e risoluto, affinché l’Europa, attraverso le proprie istituzioni, assuma una posizione chiara a favore dei due nostri marò, Salvatore Girone e Massimiliano La Torre, ingiustamente detenuti in India da due anni". Ne dà notizia l’assessore ai diritti umani della Regione del Veneto, Isi Coppola. "Per rendere più evidente la compattezza della nostra delegazione - prosegue l’assessore -, mentre il collega e conterraneo dei nostri soldati, Mauro D’Attis, pronunciava il suo, nostro intervento, abbiamo indossato tutti un fazzoletto giallo quale simbolo di identificazione ed espressione visiva della nostra adesione". "Con nostra soddisfazione - sottolinea Coppola, il presidente Barroso ha avuto espressioni di grande severità nei confronti del Governo indiano e si è detto disponibile a mettere in discussione i rapporti tra Unione Europea e India se questa situazione non verrà risolta in breve tempo. La sensazione, condivisa, è che non si trattasse di parole di mera circostanza, ma di un impegno a prendere posizione in maniera effettiva a tutela di due nostri concittadini, due militari impegnati in missione internazionale antipirateria e vittime incolpevoli di dinamiche locali, di autorità che tutto hanno fatto tranne che cercare di accertare il reale svolgimento dei fatti". "Confidiamo che a questo seguano e si concretizzino le necessarie iniziative affinché i nostri soldati, ai quali vanno la nostra stima, solidarietà e sostegno, possano rientrare quanto prima in Patria. Sono contenta di aver avuto l’ opportunità di contribuire anche in minima parte a questa prospettiva, che mi ha reso orgogliosa, come poche altre volte, di essere una rappresentante italiana nelle istituzioni europee". Cirielli (Fdi): internazionalizzare caso strada maestra "Il Governo ha preso atto del fallimento della strategia giudiziaria del governo Monti e della necessità di portare il caso marò davanti alle Nazioni Unite. Ringrazio il presidente del Consiglio, Enrico Letta. Anche il presidente Napolitano ha condiviso l’azione della delegazione parlamentare di tutti i gruppi politici che si è recata in India. Nella telefonata a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone il capo dello Stato ha dichiarato che si batterà anche personalmente per il loro rapido rientro in Patria". È quanto afferma Edmondo Cirielli, deputato di Fratelli d’Italia, componente della Commissione Esteri della Camera e della delegazione bicamerale che nei giorni scorsi si è recata in India, al termine degli incontri con il presidente del Consiglio, Enrico Letta, e il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. "La gravità della vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, detenuti illegalmente da due anni in India - aggiunge - chiede al nostro Paese di intervenire subito. Non si può più indugiare. L’Italia è unita. Internazionalizzare finalmente la controversia con lo Stato indiano, tesi che ho sostenuto sin dall’inizio, è la strada maestra, per dare una svolta risolutiva ad una vicenda che da troppo tempo va avanti, con grave pregiudizio non solo della vita dei nostri marò, ma anche della dignità dell’Italia e delle relazioni internazionali nella lotta contro il terrorismo". India: il Colle attacca sul caso marò "gestione della vicenda sconcertante" Ansa, 1 febbraio 2014 Giorgio Napolitano telefona ai due militari e assicura: "Tornerete con onore". Intanto il premier Enrico Letta va in pressing sui Paesi alleati. La gestione del caso marò da parte dell’India è "sconcertante". Lo comunica il Quirinale in una nota. "Napolitano - si legge - ha condiviso l’impegno, già assunto anche dal premier, a dare il massimo rilievo politico internazionale a una vicenda gestita finora dalle autorità indiane in modi contraddittori". Il Capo dello Stato ha inoltre contatto telefonicamente i due militari detenuti a New Delhi. "Tornerete con onore", ha assicurato. Il Colle attacca l’India sul caso marò "Gestione della vicenda sconcertante". "Il Presidente della Repubblica proseguirà e intensificherà i contatti già stabiliti sul tema con i Capi di Stato di Paesi amici, presso i quali ha già incontrato attenzione e comprensione per questo caso doloroso", si legge ancora nella nota del Quirinale diffusa al termine dell’incontro con la delegazione parlamentare ritornata da una missione in India. Letta: "Stiamo sensibilizzando nostri partner"- "Proseguiranno i contatti sul piano europeo e internazionale per sensibilizzare i partner dell’Italia su una questione che vede tutta la comunità nazionale al fianco dei due marò e delle loro famiglie". Lo ha assicurato il premier Enrico Letta parlando della vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Mauro: "Devono tornare a casa, violati diritti umani" - "I marò sono innocenti ed è giusto che ritornino a casa": lo ha dichiarato il ministro della Difesa, Mario Mauro. Sono bloccati in India da due anni e "ancora non c’è un capo d’accusa: questa è una violazione dei diritti umani. Sono altri che devono dimostrare la loro colpevolezza", ha sottolineato Mauro. Sottosegretario Difesa: "Li riporteremo a casa". "La vicenda dei marò è una sofferenza quotidiana. Sia la Casa Bianca sia gli altri Paesi europei condividono le nostre rivendicazioni verso l’India. Li andremo a riprendere e li riporteremo in Italia". È quanto ha detto il sottosegretario alla Difesa, Gioacchino Alfano. Alfano: "Non ci rassegniamo. Il nostro governo non si rassegna ad una brutta fine dei marò, noi vogliamo riportarli a casa", ha affermato il vicepremier Angelino Alfano. Stati Uniti: il carcere finisce barbiturici, la pena capitale eseguita con farmaci per animali www.articolotre.com, 1 febbraio 2014 Da quando le aziende farmaceutiche europee non sono più disposte a vendere agli Stati Uniti i farmaci utilizzati per i mix letali delle esecuzioni di pene capitali, le scorte di barbiturici nelle carceri americane stanno scarseggiando e spesso si è costretti a improbabili mix di farmaci che possano sortire lo stesso effetto. È questo il caso dell’Oklahoma che vede come protagonista il detenuto Kenneth Hogan, 52 anni, dei quali 27 nel braccio della morte. Hogan era stato condannato alla pena capitale per omicidio nel 1988 quando aveva accoltellato una donna con la quale aveva fumato cannabis. Per la sua esecuzione, non essendoci a disposizione i giusti farmaci, gli è stata somministrata una dose letale di pentobarbital, un anestetico comunemente usato per l’eutanasia degli animali. Come altri Stati americani anche l’Oklahoma, dopo l’esaurimento delle scorte di barbiturici, ha iniziato ad utilizzare questo farmaco, non approvato a livello federale, dopo il rifiuto dei produttori europei di proseguire le forniture per le esecuzioni. Hogan è il secondo in Oklahoma condannato a essere giustiziato con questo prodotto. Il primo, Michael Lee Wilson, era stato ucciso il 9 gennaio scorso: "Sento tutto il corpo bruciare", aveva detto mentre l’iniezione iniziava a fare effetto. Stati Uniti: "Prisoner Assistant", un ex carcerato apre banca per detenuti Ansa, 1 febbraio 2014 Michael Benanti ha trascorso 16 anni dietro le sbarre per aver partecipato ad un piano per rapinare una banca. Sfruttando l’esperienza accumulata in carcere il 41.enne, esperto di finanza, ha deciso di lanciare una banca ad hoc per i detenuti. L’impresa, chiamata Prisoner Assistant, punta a permettere loro, una volta tornati in libertà, di avere una somma da parte che consenta il reinserimento nella società e inoltre, secondo quanto riporta il Wall Street Journal, vuole aiutarli in tutti quei servizi di assistenza al credito difficili da gestire stando dietro le sbarre. L’idea ha suscitato perplessità in diversi osservatori, i quali temono che la società finisca per facilitare reati come il riciclaggio di denaro sporco. Di parere opposto sono invece molti detenuti, tra i quali Karl Nadler, uscito di prigione lo scorso ottobre dopo 15 anni dietro le sbarre. Nadler, che negli ultimi tre anni ha usufruito dei servizi della Prisoner Assistant, spiega che la società di Benanti lo ha aiutato ad aprire un conto in banca dove depositare i soldi lasciatigli in eredità dalla madre. Svizzera: a Ginevra detenuti accompagnati in "visita" da prostitute, la Polizia conferma Adnkronos, 1 febbraio 2014 Le uscite accompagnate dei detenuti del Centro di socioterapia La Paquerette di Ginevra comprendevano "visite" alle prostitute. Rivelata oggi da "20 minutes", la vicenda riguarda l’istituto chiuso all’inizio dell’anno, dopo che una socioterapeuta è stata uccisa mentre accompagnava un detenuto in uscita esterna. La pratica degli incontri con le prostitute è stata confermata sulle onde della radio Rts da Christian Antonietti, presidente dell’Unione del personale del corpo di polizia. "Non era qualcosa di fondamentalmente tabù; abbiamo avuto l’occasione di parlarne abbastanza regolarmente", ha detto Antonietti. I particolari relativi allo svolgimento di queste uscite non sono tuttavia noti. Interrogato al riguardo, il Dipartimento ginevrino della sicurezza ricorda che l’esperto Bernard Ziegler presenterà mercoledì prossimo i risultati definitivi della perizia condotta in seguito all’uccisione della socioterapeuta Adeline durante l’uscita accompagnata del detenuto Fabrice A., lo scorso settembre. Non si sono voluti esprimere nemmeno il Dipartimento della sanità né l’Ospedale universitario (Hug), da cui dipendeva direttamente La Paquerette. Ucraina: il Presidente Yanukovich firma amnistia e cancellazione leggi anti oppositori Adnkronos, 1 febbraio 2014 Il presidente dell’Ucraina Viktor Yanukovich ha firmato un provvedimento di amnistia per gli oppositori arrestati nelle strade di Kiev dallo scoppio della protesta e un altro che respinge le leggi contro gli oppositori il cui voto alla Verkhovna Rada questo mese ha scatenato la seconda ondata, più violenza, di manifestazioni. Ma i leader della protesta denunciano che i provvedimenti non sono sufficienti (entreranno in vigore solo nel momento in cui saranno sgomberati gli edifici occupati alla fine dello scorso anno a Kiev e nelle altre località del paese) mentre il ministero della difesa, dopo un incontro fra lo stato maggiore e il ministro Pavel Lebedev, denuncia in una nota il rischio dell’integrità territoriale del paese e sollecita il presidente Yanukovich a introdurre "misure urgenti per stabilizzare la situazione e raggiungere consenso nazionale".