Carceri: "Natale senza" storie di detenuti e delle loro feste Ansa, 27 dicembre 2014 Dieci storie di Natale senza figli, mogli, genitori, fratelli e sorelle che, a loro volta, hanno sempre un posto vuoto a tavola. Li racconta Ristretti Orizzonti, l'associazione promossa dalla casa di reclusione di Padova e dall'Istituto femminile della Giudecca. I testi sono stati scritti da detenuti e sono storie di Natale tristi. "Noi li dedichiamo - scrivono i carcerati - prima di tutto a chi potrebbe fare qualcosa per cambiare le condizioni di vita delle persone detenute, e soprattutto i loro rapporti con la famiglia. Li dedichiamo al nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, perché nel suo discorso di fine anno si ricordi delle famiglie più maltrattate, quelle delle persone detenute. Li dedichiamo al ministro della Giustizia, Andrea Orlando. Li dedichiamo al nuovo Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottor Santi Consolo. Li dedichiamo a tutti i parlamentari: a quelli che ci hanno promesso di fare una nuova legge per liberalizzare le telefonate e permettere colloqui riservati senza controllo visivo per le persone detenute e le loro famiglie, ma anche a quelli che non si sono interessati di questo problema, ma possono farlo, e siamo sicuri che lo faranno perché le famiglie delle persone detenute sono innocenti, e meritano un altro trattamento. E per finire, li dedichiamo a Papa Francesco, perché siamo sicuri che, se ha avuto il coraggio di dire che l'ergastolo è "una pena di morte nascosta", avrà senz'altro anche il coraggio di difendere le famiglie delle persone detenute, e in particolare le famiglie degli ergastolani". Storie dolorose e difficili "dedicate" ai politici e al Papa di Valentina Roncati Ansa, 27 dicembre 2014 "Il Natale senza il mio bambino" di Marsel Hoxha, "Le feste senza il mio papà detenuto" di Stephanie, figlia di Victor, "Il Natale senza fine pena" di Carmelo Musumeci, "Il Natale senza famiglia da 23 anni", di Tommaso Romeo, "Le feste senza i miei figli, lontani più di mille chilometri" di Luca Raimondo, "Il Natale senza Natale" di Bruno Turci. Sono alcune delle tante storie di "Natale senza" (figli, mogli, compagne, genitori, fratelli e sorelle) che, a loro volta, hanno sempre un posto vuoto a tavola, raccolte da "Ristretti Orizzonti", l'associazione della casa di reclusione di Padova e dell'Istituto femminile della Giudecca. I testi sono stati scritti da detenuti e sono storie toccanti di feste di Natale dolorose e tristi. "Noi li dedichiamo - scrivono i carcerati - prima di tutto a chi potrebbe fare qualcosa per cambiare le condizioni di vita delle persone detenute, e soprattutto i loro rapporti con la famiglia. Li dedichiamo al nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, perché nel suo discorso di fine anno si ricordi delle famiglie più maltrattate, quelle delle persone detenute. Li dedichiamo al ministro della Giustizia, Andrea Orlando. Li dedichiamo al nuovo Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottor Santi Consolo. Li dedichiamo a tutti i parlamentari e al Papa Francesco, perché siamo sicuri che, se ha avuto il coraggio di dire che l'ergastolo è "una pena di morte nascosta", avrà senz'altro anche il coraggio di difendere le famiglie delle persone detenute, e in particolare le famiglie degli ergastolani". "Questo è il quarto anno che non posso festeggiare Natale con te - scrive Marsel Hoxha, in una commovente lettera dedicata al suo bambino - e neppure il tuo compleanno il 21 dicembre, papà non può stare vicino a te. Non ti posso fare gli auguri di buon compleanno e portarti un regalino. Non posso starti vicino a Natale, ma non ti ho dimenticato. Ogni giorno ti penso, ogni giorno guardo le tue foto e i disegni che mi avevi portato. Quando sei nato io ero giovane e non potevo credere che ero diventato un padre. Quest'anno sei andato a scuola ma io non ti ho potuto accompagnare il primo giorno di scuola e neppure gli altri. Mi sono perso tanto di te, tutto! Le colpe sono tutte mie se non ho potuto fare il padre come si deve. Per i miei capricci e per le mie stronzate tu devi crescere senza un padre. Ogni minuto, ogni giorno, ogni compleanno, ogni Natale papà ti ha pensato, ma quest'anno per me è l'anno peggiore perché tu sei in ospedale e non posso fare niente, soprattutto starti vicino...". C'è anche il Natale senza fine pena di Carmelo Musumeci: "credo che a Natale in carcere - scrive - non ci siano uomini cattivi, ci sono solo uomini tristi e soli. Tutti i prigionieri per le feste attendono qualcosa per avere con l'anno nuovo amore, felicità fortuna e libertà. Solo gli ergastolani senza scampo non hanno nessun motivo per attendere l'anno nuovo perché l'anno nuovo sarà come l'anno vecchio, senza speranza, uguale fino all'ultimo dei suoi giorni". E poi c'è il Natale "senza mio fratello a tavola" di Irena, sorella di un detenuto, quello delle figlie di Biagio Campailla, per le quali senza papà a casa "non è Natale", "Il Natale senza cuore, senza casa, senza amore", di Luca, i cui figli sono lontani più di mille chilometri dal penitenziario in cui si trova, e il Natale di Ulderico Galassini, che per sette giorni sarà finalmente lontano dalle sbarre, a casa della sorella, "tra tanto calore e tanti abbracci". Figli, fratelli, genitori: il Natale "senza" dei detenuti Redattore Sociale, 27 dicembre 2014 La redazione di Ristretti Orizzonti raccoglie le voci dei reclusi che raccontano speranze e delusioni: "pezzi di vita poco natalizi" dedicati "a chi potrebbe fare qualcosa per cambiare le condizioni di vita delle persone detenute". Figli, fratelli, sorelle, genitori, parenti: è il Natale "senza" dei detenuti. La redazione di Ristretti Orizzonti della Casa di reclusione di Padova ha raccolto le loro voci: "pezzi di vita poco natalizi, storie di Natale tristi" dedicati "a chi potrebbe fare qualcosa per cambiare le condizioni di vita delle persone detenute, e soprattutto i loro rapporti con la famiglia". Un appello a Napolitano, papa Francesco, ministri, politici e responsabili delle istituzioni. "Ci vogliamo anche scusare . scrivono i redattori - perché questa vigilia di Natale non siamo riusciti a fare di più, ma stiamo mettendo tutte le nostre forze in questa battaglia "Per qualche metro e un po' di amore in più nelle carceri" e siamo sicuri che con il nuovo anno tante persone si uniranno a noi per chiedere più umanità nei rapporti delle persone detenute con i loro cari. Molti già l'hanno fatto, e vogliamo ringraziarli di cuore, e ringraziare tutte le persone detenute che hanno deciso di affiancarsi a noi, raccogliendo firme, scrivendo le loro testimonianze, coinvolgendo le loro famiglie. Il modo migliore per sentirsi tutti un po' meno soli". Ecco alcuni dei racconti dei reclusi in questi giorni di festa. Per Marsel è un Natale senza Kevi, suo figlio. "Questo è il quarto anno che non posso festeggiare Natale con te, e neppure il tuo compleanno il 21 dicembre, papà non può stare vicino a te. Non ti posso fare gli auguri di buon compleanno e portarti un regalino. Non posso starti vicino a Natale, ma non ti ho dimenticato". "Mi sono perso tanto di te, tutto! - scrive Marsel. Le colpe sono tutto mie se non ho potuto fare il padre come si deve" ma sottolinea ancora "ora con la tua sofferenza ho imparato cosa deve fare un papà, spero che non sia tardi. Prego ogni giorno per questo motivo, affinché, presto, io abbia la possibilità di dimostrarti che ho imparato davvero. Spero che tu riesca a perdonarmi". La sofferenza è la stessa per i figli dei detenuti, come Stephanie. "Anche quest'anno il mio Natale sarà incompleto, e più passa il tempo più mi rendo conto di come di anno in anno il Natale per me non sia più quello di una volta, ma piuttosto un giorno che sembra sottolineare quella perenne assenza percepita durante tutto l'anno. Ora nel giorno di Natale posso dire di saper apprezzare veramente la mia famiglia e di come il regalo più grande che possa ricevere sia semplicemente la possibilità di ritrovarsi per poter stare assieme". "Oggi - conclude - vorrei tornare bambina per un momento, fingere che tutto sia possibile e che tutti i miei sforzi fatti durante l'intero anno possano essere ricambiati con un solo ed unico regalo: Il Mio Papà". Lontano dalla famiglia da 23 anni Tommaso, sezione Alta Sicurezza della Casa di reclusione di Padova. "Da quando sono in carcere ogni anno che domando alla mia famiglia come lo trascorrono mi rispondono da ventitré anni "Con te dentro non c'è da festeggiare", forse solo negli ultimi anni che ci sono i nipotini (figli di mia figlia) hanno ricominciato a fare il presepe e a mettere sotto l'albero i regali. Oggi essendo nonno quando rivedo nella mia mente la scena di tutti noi nipoti davanti al caminetto con mio nonno capisco perché il suo viso radiava di felicità, al solo pensiero di poterlo trascorrerlo un giorno pure io in quel modo mi riempio di gioia. Quale sarà il mio prossimo Natale vero?". "Spero che questo sia l'ultimo Natale senza mio fratello a tavola", scrive Irena, sorella di un detenuto. "È vigilia di Natale. Sono le sei di mattina e con mia sorella partiamo per Padova. Mio fratello è in carcere e andiamo a trovarlo. So che le feste per chi sta dentro sono particolarmente dolorose, allora ad ogni festività, cerchiamo di esserci". L'amore entra dentro l'Assassino dei Sogni. Quindicesima parte di Carmelo Musumeci Ristretti Orizzonti, 27 dicembre 2014 Testimonianza di un Uomo Ombra al seminario di Ristretti Orizzonti sugli affetti in carcere del primo dicembre 2014. "Ho aperto lo spioncino e mi ha colpito il profondo e triste silenzio notturno del corridoio, un silenzio impregnato di disperazione e paura. Molti detenuti tengono la televisione accesa a tutto volume senza ascoltarla perché, appunto, il silenzio in carcere è diverso da quello fuori, qui il silenzio spaventa perché ti fa pensare alla solitudine. Ho chiuso subito lo spioncino ed ho pensato che per fortuna la mia anima non è mai silenziosa perché pensa sempre a qualcosa". (Diario di un ergastolano www.carmelomusumeci.com) Adesso c'è la testimonianza di un detenuto albanese che non riesce a vedere la compagna ed i suoi figli. E le sue parole mi fanno pensare che quando ti arrestano devi inventarti una nuova vita, devi disimparare a vivere, devi imparare a fare il "morto". Poi quando ritorni in libertà devi di nuovo ricominciare, alzarti, camminare, pensare. Spesso è troppo tardi, solo in pochi ce la fanno. Spesso il carcere ti entra nel cervello, nelle ossa, nell'anima ed allora perché meravigliarsi se si ritorna dentro e se inconsciamente si è più felici dentro che fuori? Se si vuole che le cose cambino, in attesa del superamento del carcere, la vita, sia quella dentro che quella fuori, deve essere quasi uguale. Ora c'è l'intervento del padre di un detenuto. Buonasera a tutti sono il papà di Graziano, un detenuto della Casa di reclusione di Padova e vengo dall'Albania. E praticamente da tre anni orgogliosamente sono diventato un cittadino italiano, veniamo anche noi da una famiglia come tante, con grandi sacrifici, e siamo arrivati qui per una vita migliore, però capita anche nelle famiglie come la nostra che ci troviamo in una situazione non piacevole per quanto riguarda l'avere un figlio detenuto. Riguardo i rapporti delle persone detenute con i loro famigliari, anche in Albania esistono i colloqui intimi, perché voi qui invece staccate la famiglia? Poi conclude l'intervento il famoso Fra Beppe, il frate degli ergastolani. Intanto il mio cuore abbraccia quello di mia figlia perché fra poco il mio andrà da una parte ed io suo dall'altra. Penso che i secondi sono scorsi lenti. I minuti sono stati veloci. Le ore sono volate. E adesso è già l'ora di andare via. Non posso non pensar che questo è il ventitreesimo natale che passo in carcere. Lontano da casa. E tento di soffocare il dolore. Spero che mia figlia non si accorga di quanto sono triste. Sarà difficile che la inganni perché lei mi conosce meglio di chiunque altro. Abbraccio Alessandra. Lei mi dice di non arrendermi. Sospiro. E le rispondo che Zanna Blu (il mio soprannome per le persone che mi vogliono bene) non molla mai. Poi bacio il mio Diavolo Custode Nadia Bizzotto, della Comunità Papa Giovanni XXIII). Emetto un sospiro. Il cuore mi martella nel petto. I suoi occhi mi guardano con un'espressione di tenerezza. Lei ha un'aria rassegnata e pensierosa nello stesso tempo. Adesso abbraccio Veronica che accompagna sempre il mio "Diavolo Custode". Poi è il turno di abbracciare Alberto, il ragazzo di mia figlia. I nostri sguardi ed i nostri cuori si capiscono per conto loro. E noi, non abbiamo bisogno di parlarci. Per ultimo bacio e abbraccio mia figlia. Mi sforzo di non fare brutta figura. E non faccio uscire neppure una lacrima. Le ricaccio tutte indietro. Il mio viso rimane asciutto. Molti non sanno che le lacrime dei cattivi sono diverse da quelle dei buoni. Forse perché i cattivi piangono solo per amore. Ad un tratto quel debole del mio cuore si ferma un attimo di battere. Poi riprende. E all'improvviso mi viene l'idea di fare piangere lui al posto mio. Non c'è bisogno che lo faccio io perché a me mi vedono. A lui non lo vede nessuno. Intanto che il mio cuore piange parlo con gli occhi a mia figlia. Non ti preoccupare per me. Le faccio una carezza con lo sguardo. Ricordati sempre quanto ti amo. Le accarezzo i capelli. Stai tranquilla. L'abbraccio di continuo. Neppure la morte potrà mai impedirmi di continuare a volerti bene anche dall'aldilà. Le sfioro le guance con le dita. Amore. Torno ad accarezzarle i capelli. Noi due non abbiamo bisogno di stare insieme perché siamo insieme da sempre, io nella tua anima e tu nella mia, tu hai il mio cuore e io ho il tuo. Poi ingabbio il suo amore nel mio cuore. Abbraccio di nuovo mia figlia. E la bacio ancora una volta. E penso che questo sarà l'ultimo bacio. Poi ci ripenso. Chissà quando mi ricapiterà un'altra occasione del genere. E la ribacio ancora una volta. Mi accorgo che adesso le sue labbra sono tese. Non sono morbide come quelle di questa mattina. Mi commuovo. Tento di resistere. Poi mi lascio andare. Penso che non me ne può fregare di meno se per una volta appaio debole agli occhi di mia figlia. E non forte come mi descrivano le carte processuali. Le guardie mi stanno chiamando. E stanno perdendo la pazienza. Ci scambiamo l'ultimo sguardo d'intesa. Poi lei si gira. E s'incammina nel corridoio con il suo fidanzato, il mio Diavolo Custode e Alessandra accanto. Spero che non si volti. Mi auguro che non lo faccia. Le ho insegnato di non farlo. Ad un tratto sembra che abbia l'impulso di voltarsi. Per fortuna non lo fa. Lei non si volta. E non so se lo fa perché gliel'ho insegnato io o perché non vuole farsi vedere gli occhi lucidi. Mi giro anch'io e guardo il muro. Non la voglio vedere andare via. Preferisco sapere che è ancora accanto a me. Batto un paio di volte le palpebre. E inspiro. Poi mi avvio verso la mia tomba di sbarre e cemento a passi lenti. E con le spalle curve. Non c'è neppure il mio cuore a confortarmi perché quel traditore mi ha lasciato solo. E se n'è andato con il cuore di mia figlia. Cammino tenendo lo sguardo fisso a terra. Mi stringo nelle spalle senza sollevare lo sguardo. E penso che sono un uomo ombra che non riesce a vivere né a morire. Posso solo amare ed è quello che faccio. Adesso sono nella mia cella. Il cancello è chiuso. Il blindato è accostato. La guardia è appena passata a fare la conta. Ed io ora posso commuovermi lontano da occhi indiscreti. Io e la mia ombra. Soli come sempre. Giustizia: il Satyagraha dei Radicali e il valore della legalità di Astolfo Di Amato Il Garantista, 27 dicembre 2014 È in pieno svolgimento il Satyagraha di Natale dei radicali, con visite alle carceri e partecipazione al digiuno di Marco Pannella. Ancora una volta i radicali ci mettono di fronte alle nostre coscienze. La parola Satyagraha, di origine indostana, è composta di due lessi: Satya che significa verità e Agraha che significa insistenza, insistenza sulla verità, dunque. Questa volta l'insistenza riguarda la verità del carcere, di cui i radicali denunciano la disumanità. La disumanità di cui sono vittime tutti coloro che vivono in quella istituzione, detenuti ed agenti di custodia. Nel momento in cui il carcere è percepito e voluto dalla stragrande maggioranza della collettività come uno strumento di vendetta, di cui è chiesto un utilizzo sempre più intenso, ci vuole il coraggio e la coerenza dei radicali per insistere sulla verità del carcere. Il tema, ovviamente, si presta ad essere considerato sotto Varie prospettive: quella sociologica, quella criminologica, quella etica, etc. I radicali, tuttavia, non indugiano in prospettive fortemente soggettivistiche, quali quelle appena menzionate, ed insistono sul valore della legalità. Con piena ragione. Il nostro sistema giuridico è fondato su una gerarchia delle fonti, che vede al primo posto la Costituzione repubblicana. La più bella costituzione del mondo, secondo alcuni. Ebbene, nella nostra Costituzione vi sono due principi espressi con estrema chiarezza. Il primo è quello per il quale la dignità della persona ed il pieno sviluppo della sua personalità devono essere al centro dell'attività della Repubblica, che "riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo" (così l'art. 2). Il secondo si sostanzia nella affermazione che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato" (art. 27). Se si tiene conto di tali principi è addirittura banale osservare che l'attuale situazione delle carceri italiane è di palese illegalità, in quanto viola apertamente i principi costituzionali. Quale rispetto della dignità umana e quale rieducazione può esservi in una istituzione strutturata solo per garantire la custodia e nella quale il rispetto della dignità umana e la rieducazione sono affidati all'eroismo degli operatori? In questa dimensione appare evidente che il tema dei metri quadrati disponibili non esaurisce affatto la questione. Il cuore del messaggio radicale, perciò, non è in un buonismo qualunquista, ma in un richiamo forte al valore tutt'affatto diverso della legalità. Ed è proprio qui che sta il punto. Di legalità si parla spesso di questi tempi, come unico rimedio possibile al malaffare. Ma è un concetto di legalità ridotto al minimo e schiacciato su di una etica priva della capacità di guardare la società nel suo complesso. Il concetto di legalità finisce con l'esaurirsi nella esigenza che chi viola le regole sia punito. La tutela della sua dignità e la sua rieducazione sono inutili orpelli, che non tengono conto della necessità che il crimine sia punito e la società sia difesa. È una visione della legalità in contrapposizione frontale con la legalità costituzionale, che non solo non contempla, ma addirittura non ammette una prospettiva del genere. L'aspetto più curioso è che questa visione della legalità, che si contrappone alla legalità costituzionale, è portata avanti, con particolare decisione, proprio da coloro che si oppongono a qualsiasi modifica della Costituzione, siccome "la più bella del mondo"! Sennonché tale prospettiva finisce con l'essere perniciosa sotto più profili. Perché determina il degrado dell'intera società, nel momento in cui accetta e favorisce il degrado dei più deboli. Perché insegna che, se anche lo stato può evitare di rispettare le regole, la legalità si risolve in un mero rapporto di forza. Grazie, dunque, ai radicali, i quali con la loro insistenza sulla verità ci ricordano che il valore della legalità costituzionale si deve collocare al di sopra delle pulsioni dell'opinione pubblica e che, dal suo rispetto nei confronti di tutti, e perciò anche di chi ha violate le regole, dipende la qualità della nostra democrazia. Giustizia: ancora dati allarmanti sui suicidi in carcere, 43 casi nell'anno 2014 di Anna Ansalone www.contattolab.it, 27 dicembre 2014 Da uno studio pubblicato dal Centro Studi di Ristretti Orizzonti sulle carceri in Italia dal 2000 al 2014 in Italia sono stati registrati 844 casi di suicidi di cui 43 nell'anno 2014. Mentre dal 2000 al 2014 ci sono stati 2.368 morti dato aggiornato al 26 dicembre 2014. Oggi più che mai la Riforma della Giustizia appare alquanto necessaria e prioritaria per migliorare il sovraffollamento degli istituti penitenziari. Il tasso di suicidio aumenta negli istituti dove le condizioni di vita sono meno vantaggiose, in strutture particolarmente fatiscenti, con poche attività trattamentali , con una scarsa presenza del volontariato. Si pratica scarsa attenzione alla prevenzione non c'è nessuna attenzione al vivere "normalmente", per chi è entrato e uscito troppe volte dal carcere e si sente condannato (anche in libertà) ad una vita ai margini, di solitudine, di sofferenza fisica e psicologica. Si pone poca attenzione alla qualità della pena, il carcere non riesce a svolgere la funzione rieducativa che la Costituzione gli assegna perché è sovraffollato e sotto organico. Dove c'è una direzione intelligente, una scuola attenta, un volontariato dotato d'inventiva, il tempo della pena può essere riempito costruttivamente, in qualsiasi istituto. Il tentativo di suicidio viene punito con un provvedimento disciplinare, in base all'articolo 77 del Regolamento penitenziario l'infrazione disciplinare comporta la perdita dello sconto di pena per la buona condotta (liberazione anticipata), nonostante il codice penale non consideri reato il tentativo di suicidio. Baechler fornisce un utile supporto per comprendere i significati del suicidio carcerario. Secondo l'autore esistono almeno otto differenti possibili significati del gesto suicida, che riassumono i punti salienti delle principali teorie psicoanalitiche sull'argomento: Il significato di fuga. Il soggetto, attentando alla propria vita, cerca di fuggire da una situazione sentita come insopportabile. Il significato di lutto. Il soggetto attenta alla propria vita in conseguenza della perdita (reale o immaginata) di un effettivo elemento della sua personalità o dell'ambiente che lo circonda. Il significato di castigo. Il soggetto attenta alla propria vita per espiare un errore o una colpa, reali o immaginari. Il significato di delitto. Il soggetto attenta alla propria vita per trascinare con sé, nella morte, un'altra persona. Il significato di vendetta. Il soggetto attenta alla proprie vita, sia per provocare il rimorso altrui, sia per infliggere all'altro l'infamia della comunità. Il significato di richiesta e ricatto. Il soggetto attenta alla propria vita per fare pressione sull'altro, ricattandolo. Il significato di sacrificio e passaggio. Il soggetto attenta alla propria vita per raggiungere un valore o una condizione giudicata superiore. Il significato di ordalia e gioco. il soggetto attenta alla propria vita per mettere in gioco se stesso, e organizza una sorta di sfida al destino, in modo da poter rimettere la scelta tra la propria vita o la morte ad un'entità metafisica La liberazione non è la libertà; si esce dal carcere ma non dalla condanna, rivedere i percorsi rieducativi e gli stereotipi al fine di ridurre la tensione dei condannati in un ottica di riconoscimento dei diritti umani. Giustizia: tutti i "doppioni" e i pezzi mancanti nel puzzle della riforma di Donatella Stasio Il Sole 24 Ore, 27 dicembre 2014 È un vero e proprio puzzle quello della riforma della giustizia, tutto ancora da comporre, con pezzi mancanti ma anche doppioni. Le misure da mesi annunciate dal governo sono approdate in Parlamento solo di recente e solo parzialmente, sovrapponendosi a quelle di iniziativa parlamentare, che le Camere - sia pure al passo di lumaca imposto dagli annunci dell'Esecutivo - avevano già cominciato a esaminare. Come nel caso della corruzione e della prescrizione. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha ripetuto in varie occasioni che nei primi mesi del 2015 vedranno la luce alcune importanti riforme, senza però specificare quali. E forse non è un caso, visto che, al di là dei contenuti, il percorso parlamentare è ancora da definire e, come in un gioco dell'oca, in alcuni casi rischia di ricominciare da zero. Civile desaparecido. Rispetto a quanto "approvato" al Consiglio dei ministri del 29 agosto, è sparito il ddl delega di riforma del processo civile, pezzo forte del puzzle della riforma Renzi-Orlando, per restituire efficienza al sistema e, quindi, competitività al sistema Paese. Tra i pezzi mancanti, anche l'annunciato ddl delega che avrebbe dovuto integrare la revisione della geografia giudiziaria con il taglio di alcune Corti d'appello, sempre in funzione di un recupero di efficienza. Criminalità economica. Al netto dello scarto trai contenuti annunciati e quelli approvati, il ritardo di alcuni ddl ha creato confusione e perdita di tempo. Soltanto il 20 novembre è stato trasmesso al Senato il ddl "Misure volte a rafforzare il contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti" che - secondo quanto annunciato il 29 agosto e poi "anticipato" nelle schede della famosa "torta" pubblicata subito dopo sul sito del ministero - avrebbe dovuto riscrivere il falso in bilancio e i reati di corruzione oltre che introdurre l'auto-riciclaggio. Il contenuto è invece più modesto. Nei 32 articoli del testo - assegnato il 21 novembre alla commissione Giustizia ma non ancora esaminato - non c'è nulla che riguardi i delitti contro la pubblica amministrazione. Cisi ferma a falso in bilancio e auto-riciclaggio che - pur essendo stato, nel frattempo, già approvato con la legge sul rientro dei capitali dall'estero - continua ad essere previsto all'articolo 3 del ddl S1687 del governo. Il senatore Pd Felice Casson lo spiega così: "Il testo dell'auto-riciclaggio approvato con il rientro dei capitali dall'estero non va bene. Il governo si era impegnato a cambiarlo successivamente, altrimenti non lo avremmo votato. Perciò il tema continua a essere all'ordine del giorno della commissione Giustizia". Dunque, tutto da rifare? "La verità - continua sempre Casson - è che c'è una grande confusione: da mesi dico che Camera, Senato e Governo dovrebbero mettersi d'accordo su che cosa far marciare e come. Ma il governo non sa neppure che cosa si sta già esaminando in Parlamento e quando annuncia i suoi provvedimenti finisce solo per allungare i tempi parlamentari". Pasticcio corruzione. In effetti, all'ordine del giorno della commissione Giustizia di palazzo Madama continuano a figurare i numerosi provvedimenti in materia di corruzione, prescrizione, auto-riciclaggio, falso in bilancio (primo fra tutti quello presentato all'inizio della legislatura da Pietro Grasso), che a giugno furono bloccati dal governo perché, a suo dire, erano imminenti le proposte dell'Esecutivo su anticorruzione e prescrizione. Proposte arrivate solo sette mesi dopo - grazie alla vicenda Eternit nonché all'inchiesta mafia-capitale - ma, quanto all'anticorruzione, in versione iper-minimalista visto che l'intervento si limita all'aumento di due anni della pena del reato di corruzione propria, infilato nel ddl sul processo penale già varato il 29 agosto ma scomparso dalla scena fino, appunto, a dieci giorni fa. Il ddl - 30 articoli che spaziano dalla prescrizione al penitenziario, dalle impugnazioni alla corruzione, dal patteggiamento all'organizzazione dell'ufficio del pm - dovrebbe essere assegnato il 2 gennaio alla commissione Giustizia della Camera ma non si capisce ancora se viaggerà autonomamente o sarà abbinato alle proposte di legge sulla riforma della prescrizione, il cui esame - trascinatosi a rilento per mesi, anche qui a causa degli annunci del governo e ripreso un mese fa dopo aver riconosciuto a Montecitorio la relativa competenza - è giunto a un testo base, ancora da votare. "Credo il ddl del governo verrà calendarizzato in via autonoma - spiega la presidente della commissione Donatella Ferranti, Pd - perché è molto ampio. Poi bisognerà decidere quale strada seguire: o stralciare la parte su prescrizione e corruzione e abbinarla alle proposte di legge già all'esame della commissione oppure abbinare queste ultime al ddl del governo. La cosa più fisiologica sarebbe la prima, per far viaggiare autonomamente la riforma della prescrizione. Ma bisogna sentire il Ministro, perché se il governo dice che il suo ddl è unitario e vuole tenere la prescrizione insieme alle altre misure, sarà difficile fare lo stralcio". In tal caso, i tempi per comporre il puzzle sulla giustizia si allungheranno ulteriormente. Giustizia: Orlando; con introduzione "tenuità del fatto" non depenalizziamo nessun reato di Sandra Amurri Il Fatto Quotidiano, 27 dicembre 2014 Nessuna depenalizzazione. Dire che abbiamo depenalizzato reati gravi è una bufala", puntualizza il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, per mettere a tacere quanti sostengono che il decreto approvato dal Cdm del primo dicembre preveda, appunto, la depenalizzazione dei reati lievi. Tra questi esponenti politici c'è il leader della Lega, Matteo Salvini, che attacca: "È pazzesco che Renzi abbia depenalizzato alcuni reati lievi, per cui niente galera per chi commette furto, danneggiamento, truffa e violenza privata. Con la sinistra al potere, l'Italia diventa il paradiso dei delinquenti. Non mi rassegno, la Lega farà opposizione totale a questa follia". Mentre gli fa eco il Giornale, che titola: "Il governo è ossessionato dalla corruzione e poi chiude gli occhi su furti, truffe e violenze". Stando al consenso espresso al Decreto dal presidente dell'Anm, Rodolfo Sabelli "la tenuità del fatto rientrava nel nostro programma" - si direbbe che non ponga alcuna ragione di allarme in tal senso. Di certo, non si tratta di depenalizzazione dei reati. La finalità dovrebbe essere quella di snellire il pesante numero di procedimenti penali che intasano le procure affinché i pm possano dedicarsi con maggiore efficienza alla repressione dei reati più gravi. Ma entriamo nel merito. Esiguità del danno, pregiudicati esclusi La novità, con l'inserimento nel codice penale dell'articolo 131 bis, è l'introduzione del "giudizio di particolare tenuità del fatto". Criterio da cui il pm non potrà prescindere e che pone dei paletti. La particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento. La particolare tenuità del fatto, a sua volta, si articola in due ulteriori indici: le modalità della condotta di chi ha commesso il reato e l'esiguità del danno o del pericolo che l'azione ha comportato. "Va precisato - sottolinea il ministro - che il nuovo istituto, per come è stato concepito, non sarà dunque applicabile al soggetto che ha precedenti penali e le cui condotte criminose sono quindi reiterate". Mentre l'art. 4 stabilisce che, anche nei casi di archiviazione del reato che rientra tra quelli di particolare tenuità del fatto, è prevista l'iscrizione nel casellario giudiziale dove ne resterà traccia per evitare che chi lo ha commesso, nel caso di un nuovo procedimento, possa essere considerato "soggetto non abituale". Così come va sottolineato che un reato per rientrare tra quelli di tenuità debba possedere entrambi i requisiti: tenuità dell'offesa e non abitualità e che si applica solo a quei reati puniti con pena pecuniaria, sola o congiunta a pena detentiva, e ai reati punibili fino a 5 anni. Reati a cui non si applica e risarcimento per le vittime Il nuovo istituto non potrà essere applicato, ad esempio, a reati come maltrattamenti in famiglia, violazione degli obblighi di assistenza famigliare, atti persecutori come stalking, furto in abitazione, furto aggravato; reati che pur essendo punibili con pene fino a 5 anni non rientrano nella tipologia della "particolare tenuità del fatto". Ma c'è di più. Il Decreto prevede che una volta che il pm ha valutato l'archiviazione, la vittima potrà dirsi soddisfatta o diversamente chiedere il risarcimento. Nel secondo caso, se chi ha commesso il reato come, ad esempio accadrebbe per il furto di una scatoletta di tonno al supermercato, non potrà pagare direttamente il bene sottratto, il procedimento si sposterà sul piano civile. Questo, ovviamente, non vale per il reato di maltrattamento degli animali, non potendo un cane che ha subìto violenza esprimere la sua volontà. In sintesi: se una persona denuncia qualcuno per schiamazzi notturni, o il vicino che la importuna suonando il campanello, e il pm propone l'archiviazione, ha due possibilità: ritenersi soddisfatta e rinunciare al risarcimento o viceversa chiedere che venga aperto il procedimento civile. Se chi compie il reato lo ripete 15 giorni dopo, viene processato non rientrando più nella fattispecie fissata dal decreto. Il pm Spataro: "Riforma attesa". Il pg Maddalena: "Temo problemi" È da accogliere con grande favore, si tratta di uno strumento intelligente di deflazione dei carichi di lavoro gravanti sulle Procure e sugli organi giudicanti penali", afferma il procuratore della Repubblica di Torino, Armando Spataro. Il decreto in materia di "non punibilità per particolare tenuità del fatto - spiega - è una modifica al codice penale da tempo invocata dai magistrati italiani, nonché dalla loro Associazione, dall'Avvocatura e da molti studiosi del diritto penale", in quanto "risponde a logica, non solo giuridica, la individuazione sia di un tetto massimo di pena detentiva e/o pecuniaria prevista per i reati (oltre la quale la non punibilità non potrà essere dichiarata), sia dei parametri che orienteranno le valutazioni dei magistrati al fine di ritenere la "particolare tenuità del fatto, cioè quelli della modalità della condotta, dell'esiguità del danno o del pericolo causati, nonché della non abitualità del comportamento del responsabile". Inoltre continua Spataro "la possibilità di archiviazione o di sentenza di non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto eviterà il prolungarsi di indagini e la celebrazione di dibattimenti per reati alla cui punizione sono indifferenti anche le persone offese dal reato". Il procuratore di Torino definisce "apprezzabile la scelta di prevedere il diritto a opporsi anche per gli indagati che potrebbero avere interesse a vedersi riconosciuta la piena innocenza". E conclude: "L'assunzione di responsabilità da parte del legislatore (con la legge delega) e del governo potrà consentire alle procure di abbandonare (o sensibilmente modificare) la strada rischiosa della scelta delle priorità nella trattazione degli affari penali che, specie nei casi di resa dinanzi alla possibile prescrizione, rischia di intaccare il principio di obbligatorietà dell'azione penale, garanzia costituzionale della eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge". Attende, invece, di leggere il testo il procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Torino Marcello Maddalena, seppure in linea di massima, non trattandosi di depenalizzazione di reati, e avendo come finalità l'eliminazione di tutta una serie di casi che ingolfano le procure, dica di condividere il principio che il decreto introduce. Il dubbio, spiega, "nasce dal capire se, nella sua applicazione, si presterà all'interpretazione delle singole procure e dei singoli tribunali con il rischio che possa ledere la certezza del diritto". E aggiunge: "Temo, sottolineo, temo che possa introdurre elementi di notevole discrezionalità che possano collimare con il principio di obbligatorietà dell'azione penale. Per questa ragione ho disposto riunioni con le procure del distretto per i primi di gennaio per cercare di assicurare la massima correttezza e uniformità di orientamenti". Giustizia: il Sottosegretario Cosimo Ferri "sistema penale minorile da riformare" Adnkronos, 27 dicembre 2014 "Riformare il sistema penale minorile": è quanto chiede il sottosegretario al ministero della Giustizia, cosimo Ferri che oggi ha visitato l'istituto penale minorile di Pontremoli. "Inoltre - aggiunge - occorre migliorare l'inserimento del reo-minore nel mondo del lavoro, attraverso attività di volontariato e di apprendistato, seguendo l'esempio delle realtà più virtuose, già attive nel nostro Paese". Per Ferri, poi, "il servizio sanitario nazionale deve garantire una distribuzione capillare sul territorio di comunità terapeutiche che possano, sinergicamente agli istituti carcerari, assistere il minore in questa delicata e decisiva fase. In questo settore - osserva il sottosegretario alla Giustizia - il lavoro da fare non manca, ma sono fiducioso che il governo saprà lasciare un segno positivo". Allo stesso tempo, continua Cosimo Ferri, "bisogna porre le condizioni per un più ampio coinvolgimento della società civile. È stato favorito il superamento delle classiche strutture di custodia minorili e promossa la condivisione della presa in carico dei minori e giovani-adulti, chiamando in causa diversi soggetti: insegnanti, genitori, medici e formatori. In tal senso, è importante rilevare come tutta la giustizia minorile sembri tendere all'attuazione dei principi della giustizia riparativa, con rimando ai concetti di responsabilità, superamento del conflitto, valenza educativa dell'esperienza del reato e minima intrusività del sistema giudiziario". Sottolinea il sottosegretario alla giustizia: "L'attività di centinaia di professionisti che in tutto il Paese si prendono cura con dedizione, competenza e grande amore di circa ventimila ragazzi, spesso con storie familiari complesse alle loro spalle costituisce la principale ragione che rende il nostro sistema della giustizia minorile tanto apprezzato". Si tratta di "un impegno ulteriormente motivato dagli incoraggianti risultati conseguiti in questi anni: tassi altissimi di successo dei percorsi di reinserimento, rischi di recidiva relativamente bassi, numerosi casi di messa alla prova con esito positivo e ricorso sempre più limitato alla custodia presso istituti penali minorili". Per Ferri, "alle istituzioni spetta di mantenere il sistema della giustizia minorile così ben funzionante e sostenerlo per ulteriori miglioramenti in quel costante aggiornamento che l'odierno ritmo di una società in divenire rende inevitabili". Giustizia: Mafia Capitale; Natale triste in coop "29 Giugno", i lavoratori si sentono traditi di Luca Laviola Ansa, 27 dicembre 2014 "Vedevo quel tipo che veniva spesso alla cooperativa. Un giorno ho chiesto: Ma chi è? e mi hanno detto che era Carminati, il brigatista nero degli anni 70. Ho pensato: che ci fa uno così in una cooperativa di sinistra?". Salvatore Patanè se li ricorda quei giorni di qualche anno fa, quando ‘il Nerò cominciò a frequentare assiduamente la 29 Giugno di Salvatore Buzzi. Patanè, 53 anni, ex detenuto, nel lontano passato anche per associazione mafiosa, sta nella coop da 15 anni. Ora fa il giardiniere nelle ville di Roma e teme per il suo lavoro. "Se perdo questo che faccio?", si chiede. "Quando sono arrivato nella cooperativa c'erano quasi solo ex detenuti - dice Patanè. Eravamo una famiglia. Se qualcuno veniva beccato a fare di nuovo reati Salvatore (Buzzi) lo cacciava. Aveva perso la sua seconda opportunità, diceva. La sua ingordigia è iniziata con Alemanno sindaco". Come per l'ex detenuto, per molti soci lavoratori della 29 Giugno e delle altre società del gruppo la delusione è forte. Con un Natale triste alle spalle, senza stipendio e tredicesima. Il 30 per cento almeno dei dipendenti del piccolo impero di Buzzi - considerato socio di Massimo Carminati in Mafia Capitale - è costituito da ex detenuti o altre categorie svantaggiate. Alcuni con storie feroci alle spalle, come Khaled Ibrahim Mahmoud, che a 18 anni nel 1985 guidò il commando palestinese che fece 13 morti e 80 feriti all'aeroporto di Fiumicino, sparando contro i banchi della compagnia israeliana El Al. Uscito di carcere nel 2008, ora ha 47 anni e fa anch'egli il giardiniere per la cooperativa. "Ha solo noi - dice Patanè -, se perde il lavoro perde anche la casa che divide con altri". "Ci sentiamo traditi da Buzzi - dice Elvira Castanò, 38 anni, che lavora da poco all'ufficio personale della 29 Giugno. Prima stavo in delle cooperative finte, invece questa era vera. Carminati? Per me era un socio, non sapevo chi fosse davvero". C'è poi Giorgio Rufini, 35 anni, gestore di una quindicina di centri d'accoglienza per la cooperativa Abc, collegata alla 29 Giugno. Tra le strutture che coordina il campo nomadi di Castel Romano - finito nell'inchiesta "Mondo di Mezzo" - e il centro di Castel Verde per senza fissa dimora e donne con bambini, occupato da giorni da operatori timorosi per il proprio futuro. "Buzzi l'ho incontrato una volta sola - racconta Rufini, ma sapevo che se c'era un problema potevo chiamarlo. Noi davamo l'anima per i centri di accoglienza e l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati si complimentò per come lavoravamo". I lavoratori della 29 Giugno si oppongono al sequestro delle quote dei soci da parte del Tribunale e rifiutano di essere accomunati alla mafia. Ma soprattutto temono l'ostilità delle amministrazioni pubbliche al momento del rinnovo dei contratti in scadenza, molti al 31 dicembre. Una storia di cooperazione sociale di successo finita in breve nella polvere. "Eppure vorrei che un giorno la nostra cooperativa diventasse un simbolo dell'antimafia", dice un ex brigatista rosso, anch'egli socio. Un'altra seconda opportunità. Lavoratori 29 Giugno: non confiscare quote coop Oltre 300 soci lavoratori delle cooperative del gruppo che era guidato da Salvatore Buzzi, arrestato per Mafia Capitale, chiedono al Tribunale di Roma di non confiscare il capitale sociale e il patrimonio della 29 Giugno, "costituito - dicono - dalle nostre quote". I 300 dipendenti - su 1300 totali - si sono rivolti all'avvocato Mario Savini per chiedere la revoca del sequestro del capitale delle cooperative, compiuto "senza alcun preavviso". Il Tribunale, che secondo lo studio legale dovrebbe pronunciarsi il 12 gennaio, ha nominato amministratori giudiziari al posto dei Cda decapitati. I soci della ‘9 Giugno sono "titolari ognuno di una quota paritetica - sostengono -, di importo superiore a 3 mila euro, per circa mille soci". Fa un totale di 3 milioni di euro. "Molti soci nel passare da una coop all'altra del gruppo alla fine di un appalto conferivano in società il Trattamento di fine rapporto (Tfr) - dicono -, in molti casi per importi sopra i 10 mila euro". Gli stipendi sono in media sui 1000 euro, affermano. I trecento lavoratori, che non hanno preso l'ultimo stipendio e la tredicesima dopo l'esplodere dell'inchiesta Mondo di Mezzo, contestano "la provenienza illecita del patrimonio sociale" che giustificherebbe il sequestro e la confisca. Buzzi, in carcere per associazione mafiosa e presunto braccio destro del boss Massimo Carminati, "aveva la gestione dell'azienda - dicono, ma nessun potere legale su quote e patrimonio". I soci lavoratori della 29 Giugno rivendicano il valore dei servizi prestati alla collettività - che continuano ad assicurare pur senza retribuzione e nonostante lo sdegno generale nei loro confronti e della cooperativa - e il significato della cooperazione sociale - affermano, rivolta al sostentamento delle persone più deboli". Inoltre "la loro totale estraneità a quanto ipotizzato nel provvedimento di sequestro". Giustizia: Mafia Capitale; il regime di "41-bis" a Carminati è ferocia e demagogia di Piero Sansonetti Il Garantista, 27 dicembre 2014 Il ministro della Giustizia, l'altro giorno, ha detto sì alla richiesta della Procura di Roma e ha affibbiato il 41 bis, cioè il carcere duro, a Massimo Carminati, il presunto capo di "Mafia Capitale", ex componente prima dei Nar e poi della banda della Magliana. Il 41 bis è un articolo del regolamento carcerario del tutto incostituzionale, perché prevede un trattamento inumano e degradante di alcuni detenuti. È illegale. E tuttavia è piuttosto frequente. Viene deciso dal ministro su richiesta dei Pm. È riservato a chi è sospettato di una dozzina di delitti - elencati nel regolamento - tra i quali, ovviamente, non compare la corruzione politica o la concussione, né il percepimento o l'elargizione di tangenti. C'è invece l'associazione mafiosa. Per la precisione il 41 bis nasce con lo scopo di combattere la mafia. E nasce come misura temporanea e d'emergenza. Dura da 22 anni. Recentemente, sul nostro giornale, un magistrato come Ingroia - che certo non appartiene, diciamo così, alla piccola schiera dei magistrati liberali - ha spiegato che il 41 bis serve a impedire che alcuni boss possano comunicare con l'organizzazione mafiosa e dare ordini e continuare a dirigere l'attività di Cosa Nostra o della ‘ndrangheta o della camorra. E sulla base di questo principio Ingroia in persona aveva chiesto che fosse revocato il 41 bis a Provenzano, visto che non è più in grado di dare ordini a nessuno. Per dare il carcere duro a Carminati si sono inventati il reato di associazione mafiosa. È chiarissimo che il gruppetto che organizzava le tangenti a Roma - se sarà riconosciuto colpevole - svolgeva una normalissima azione illegale, senza uccidere, senza compiere attentati, e senza nessunissimo collegamento né con Cosa Nostra né con la ‘ndrangheta. Se il 41 bis serve a interrompere il collegamento tra arrestato e mafia organizzata, che c'entra Carminati? Niente. Il 41 bis serve solo a coprire, con un po' di spettacolo, un po' di fumo, il flop di una inchiesta che finora non ha prodotto niente di niente, salvo qualche arresto, con pochi indizi e senza prove, e lo spargimento di sospetti un po' su tutti. Giustizia: "Veronica non sei sola"…. solidarietà in Rete alla madre di Lorys di Elvira Serra Il Corriere della Sera, 27 dicembre 2014 I messaggi e i "mi piace" di tanti innocentisti. L'ira del nonno paterno: "Abbiate rispetto per chi sta male". Il Tribunale del Riesame di Catania deciderà il 31 dicembre se scarcerare o no Veronica Panarello, la mamma di Lorys (anche se tutti lo chiamano Loris con la "i"), accusata di omicidio aggravato e occultamento di cadavere. Per il suo legale, Francesco Villardita, la ricostruzione dei pm sarebbe senza prove, basata solo su indizi e priva del movente. Il dibattimento, nel frattempo, si sta svolgendo sui social network. Se su Facebook la pagina "Giustizia per Andrea Loris Stival" (sottotitolo: "Dona un bambino a chi ne desidera, non a chi li uccide!") ha già raccolto quasi 16 mila "mi piace", non sono pochi i consensi per la madre, con neonati gruppi innocentisti che, complessivamente, hanno ottenuto migliaia di "pollici alzati". Commentano da tutta Italia, uomini e donne, in quel "cortile pubblico", come ha definito la piazza virtuale Andrea Stival, nonno paterno di Lorys, che ha chiesto di "smettere di scrivere commenti e di farvi film mentali" e "di avere rispetto per le persone che stanno male". E invece le supposizioni si moltiplicano. "Secondo me questa sa più di quanto ha detto e ve ne accorgerete", è uno dei messaggi sibillini pubblicati, dove "quella" sta per la sorella di Veronica, Antonella Panarello. Maria Teresa da Bologna è categorica: "O Veronica è innocente e allora questo è accanimento mediatico, o è colpevole, e questo sarebbe l'atto di una psicolabile. Contro chi bisogna vendicarsi? Contro la malattia?". C'è chi se la prende con i magistrati, ed è Marco da Torino: "Sembrano ignorare la novellazione dell'artt. 533 Cpp (il principio dell'al di là di ogni ragionevole dubbio, ndr)". Saverio da Messina accusa la Scientifica: "Come mai non ha effettuato operazioni di miglioramento delle immagini?". "Karl Popper dice che noi siamo capaci di vedere solo ciò che ci aspettiamo di vedere. Succede anche nella vita. E inoltre la madre di Lorys è la figura al momento più debole, ha perso tutto: figlio, marito, famiglia", spiega lo psichiatra Giancarlo Cerveri. Il professor Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di neuroscienze al Fatebenefratelli di Milano, chiarisce ulteriormente: "L'idea che una mamma sia colpevole è inaccettabile. I gruppi che difendono Veronica Panarello difendono se stessi e l'idea che possa esistere il male dentro di loro, per questo sentono il bisogno di intervenire in favore della donna: per loro è troppo forte l'angoscia del pensare che la crudeltà e il male senza giustificazioni esistano per davvero". Giustizia: il dna trovato sul corpo di Loris non è della mamma, richiesta la scarcerazione di Angelo Scarano Il Giornale, 27 dicembre 2014 L'avvocato di Veronica chiede la scarcerazione. Una ricostruzione senza prove, basata su indizi e priva del movente. È la tesi dell'avvocato Francesco Villardita che ha chiesto l'annullamento dell'ordine di carcerazione per Veronica Panarello, la 26enne accusata di avere strangolato con una fascetta e lasciato in un canalone il figlio Loris a Santa Croce Camerina il 29 novembre scorso. D'altra parte, sotto le unghie del bimbo sarebbe stato trovato del dna non compatibile con quello della madre, finora unica indagata e detenuta per l'omicidio. Il legale, convinto dell'innocenza della sua assistita, non ha presentato subordinate come gli arresti domiciliari, ma ha chiesto soltanto la scarcerazione della donna. L'udienza si terrà, a porte chiuse, l'ultimo giorno dell'anno: il 31 dicembre prossimo davanti al Tribunale del riesame di Catania, competente per distretto giudiziario. I giudici hanno fissato l'inizio alle 09.30. Per la difesa ci sarà l'avvocato Villardita, per l'accusa il procuratore di Ragusa, Carmelo Petralia, e il sostituto Marco Rota. L'udienza valuterà l'ordinanza emessa dal gip Claudio Maggioni, che ha anche convalidato il fermo eseguito da polizia e carabinieri. Al centro dell'inchiesta la ricostruzione del 29 novembre scorso, il "sabato maledetto" in cui scompare Loris. Secondo la Procura, l'auto della donna non compie lo stesso percorso che abitualmente segue per accompagnarlo alla scuola elementare "Falcone-Borsellino". Le telecamere di videosorveglianza visionate da polizia e carabinieri, 42 in tutto, non la inquadrano mentre va a scuola. Anzi il piccolo, sostengono gli investigatori, non entra in classe perché torna a casa. Non solo. La Polo nera è ripresa per due volte vicino alla strada del Mulino Vecchio, dove nel pomeriggio sarà trovato il corpo del bambino. "Nessuna prova schiacciante, ma gravi indizi di colpevolezza", scrive il gip nell'ordinanza che l'avvocato Villardita chiede di annullare, per una "madre che mente per salvare se stessa". Accuse che hanno diviso l'opinione pubblica tra "colpevolisti" e "innocentisti". Alcuni di quest'ultimi hanno dato voce alle loro "ragioni" su Facebok dove vengono create pagine pro o contro la madre del bambino. "Veronica non sei sola" è quella che ha raccolto già 1.229 like. Il nonno paterno di Loris, Andrea Stival, ha espresso nei giorni scorsi il proprio disappunto per quello che ha definito "un cortile pubblico" sul terribile omicidio chiedendo "rispetto per chi soffre". I creatori della pagina invitano "i visitatori colpevolisti a non insultare Veronica e di allontanarsi" gli "innocentisti" a "non rispondere a persone" che "non meritano considerazione". Su Facebook c'è anche la pagina "Panarello Veronica comunità" che ha collezionato finora 3.285 like. Intanto il sindaco di Vittoria, Giuseppe Nicosia, ha offerto un lavoro a Davide Stival, il padre di Loris, dicendosi disponibile a trovargli un posto che gli consenta di stare quanto più vicino possibile al figlio più piccolo. Lui attualmente fa il camionista ed è costretto ad assentarsi da casa per lunghi periodi. "Ho deciso di inserire in pianta organica dell'amministrazione questo padre e marito - spiega il sindaco - a cui è caduto il mondo addosso nelle ultime settimane". Trani (Bat): detenuto di 31 anni suicida nel giorno di Natale, terminava pena a febbraio Il Giornale di Trani, 27 dicembre 2014 Avrebbe scontato la sua pena nel mese di febbraio del prossimo anno, stava trascorrendo la sua detenzione in maniera tranquilla e lavorando serenamente ma non ha retto. Un 31enne coratino nel giorno di Natale è stato ritrovato senza vita all'interno della sua cella nella Casa circondariale di Trani. Era in carcere dal mese di giugno per reati connessi allo spaccio di stupefacenti e per evasione dagli arresti domiciliari. Si sarebbe impiccato con una corda rudimentale intorno alle ore 7 del 25 dicembre. I soccorsi prestati all'uomo non sono serviti a nulla, il 31enne all'arrivo del 118 era già privo di vita. Ora toccherà alla Procura della Repubblica stabilire come l'uomo sia giunto in possesso della corda eludendo i controlli della Polizia penitenziaria. La notizia ha scosso l'intera popolazione carceraria (270 i detenuti), il cappellano ed il corpo di polizia penitenziaria, decidendo così di non celebrare la messa dell'Arcivescovo nel giorno di Natale. Domenica prossima però, su richiesta dei detenuti, sarà celebrata la messa in suffragio di Cataldo mentre i funerali saranno celebrati oggi (dal cappellano don Raffaele Sarno, su richiesta della famiglia) nella parrocchia di San Francesco a Corato. Giovane spacciatore s'impicca in cella, doveva uscire a febbraio (La Repubblica) Cataldo Leone Bruni, 31 anni, era finito in carcere circa sei mesi fa per reati connessi allo spaccio di stupefacenti ed evasione dai domiciliari e ne sarebbe uscito a febbraio. Ma purtroppo ha deciso di togliersi la vita proprio nel giorno di Natale. Palermo: suicidio al carcere Pagliarelli. Silenzio dagli uffici "indagini in corso" www.meridionews.it, 27 dicembre 2014 Il carcere ha fatto un'altra vittima. Questa volta per Natale. È questo il "regalo" che attende la famiglia dell'uomo rinchiuso al carcere Pagliarelli, Massimiliano Alessandri, 44 anni, che ieri si è tolto la vita. Dagli uffici della Casa circondariale di Palermo nessuna informazione al momento è stata fornita. "Ci sono ancora indagini in corso". Sono le uniche parole che riescono a trapelare. L'ultimo suicidio risale al due gennaio del 2013. Si è tolto la vita Giuseppe Pizzo, di 58 anni, accusato di avere ucciso una prostituta nigeriana e averne bruciato il cadavere, poi ritrovato nelle campagne di Misilmeri. Pizzo si è impiccato alla sbarre della sua cella. Negli ultimi dieci anni si sono registrati 600 suicidi fra i detenuti ma anche 68 fra gli agenti di Polizia Penitenziaria, secondo i dati forniti dal sito "Notizie Radicali". Roma: dal 2015 niente "sabati di libertà" per bimbi Rebibbia a causa del taglio di fondi Ansa, 27 dicembre 2014 Dal 1 gennaio 2015 verrà interrotto il servizio di navetta, assicurato ogni anno dall'assessorato ai servizi sociali del Comune di Roma, per il trasporto dei bambini da 0 a 3 anni "detenuti" con le loro madri nella Sezione Nido della Casa Circondariale Femminile di Rebibbia. Lo ha comunicato l'Atac all'Associazione di volontariato A Roma Insieme: la motivazione consisterebbe nel taglio dei fondi destinati al servizio sociale di Roma Capitale da parte del Comune, tanto che l'Atac avrebbe messo in vendita le vetture destinate a questo tipo di convenzioni. La conseguenza immediata - spiega l'associazione di volontariato - sarà che a partire da sabato 3 gennaio i bambini che vivono in carcere, non potranno più usufruire dell'unico giorno da passare "in libertà" fuori dal carcere insieme ai volontari dell'associazione, che da più di vent'anni li va a prendere con il pullman dell'Atac, messo a disposizione dal Comune di Roma. "Questa decisione, se confermata come sembra purtroppo dalle nostre richieste di chiarimento - commenta la presidente dell'associazione, Gioia Passarelli - ci sconcerta e anche ci indigna. Il taglio del Comune, infatti, coinvolge, soggetti "deboli" per definizione e non trova alcuna giustificazione nell'esigenza che nessuno nega della razionalizzazione delle spese. Il sindaco Marino, che in altre circostanze ha mostrato sensibilità sulla condizione dei bambini detenuti non deve sottrarsi al nostro richiamo. Questo nostro appello - ha concluso la Passarelli - si rivolge a tutti gli altri soggetti del mondo del volontariato affinché si prendano iniziative unitarie contro un palese atto di ingiustizia". Pedica (Pd): Campidoglio tagli sprechi non servizi "Il Campidoglio tagli gli sprechi e non i servizi sociali per i più deboli e i bambini. Con quale coraggio si toglie la possibilità ai piccoli che vivono con le loro mamme a Rebibbia di uscire dal carcere almeno una volta alla settimana? Il servizio navetta dell'Atac non può essere interrotto e spero che l'assessorato alle Politiche sociali trovi presto una soluzione per continuare a garantire il servizio". È quanto afferma Stefano Pedica della direzione del Pd Lazio. "Alla luce dell'inchiesta sulla mafia a Roma e degli scandali e sprechi che in questi anni hanno riguardato alcune municipalizzate, come Atac e Ama - sottolinea Pedica - è grave che debbano essere sempre gli indifesi a pagare il prezzo più alto del malaffare. E poi, razionalizzare le spese è un conto, tagliare a casaccio e senza alcun rispetto per i più deboli un altro". Varese: i Radicali in visita al carcere dei Miogni "necessari formazione e reinserimento" www.varesereport.it, 27 dicembre 2014 Andrea Andreoli e Sergio Besi, nell'ambito delle iniziativa "Satyagraha di Natale con Marco Pannella", hanno visitato il 24 dicembre 2014 la struttura penitenziaria di Varese per continuare a manifestare quell'attenzione nei confronti della realtà carceraria che, da parte dei Radicali, da anni non è mai venuta meno. Come dichiarano Andreoli e Besi, "la visita effettuata ha confermato, se ce ne fosse ancora bisogno, che la struttura varesina è assolutamente vetusta (risale al 1886) ed inadatta allo scopo, e non a caso il carcere è ufficialmente "dismesso" dal lontano gennaio 2001, data in cui fu dichiarato strutturalmente non idoneo alla funzione. La situazione è da allora "in stallo" e lo dimostra il fatto che di recente nel Pgt del Comune di Varese è stata sì individuata (infine..) un'area da destinare alla realizzazione del nuovo carcere (in via Friuli) ma, in alternativa, è stato nuovamente ipotizzato di recuperare e ampliare l'attuale struttura mediante la cessione dell'attigua proprietà di via Sempione, che attualmente ospita il comando della Polizia locale". Continuano i due esponenti radicali: "Sono quindi trascorsi 13 anni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'atto di dismissione della struttura penitenziaria varesina ma della nuova struttura che avrebbe dovuto essere realizzata al suo posto o di lavori di recupero e ampliamento della struttura esistente non vi è traccia, se non in fiumi di articoli di giornale e dichiarazioni di "buoni propositi" da parte dei politici. Rispetto alle ultime visite effettuate da delegazioni radicali o dall'Associazione Antigone si è registrata in questa occasione una notevole diminuzione della popolazione ristretta (che raramente negli ultimi anni era scesa al di sotto del centinaio di detenuti). Oggi invece, a seguito del trasferimento di diversi detenuti in altre strutture ed in virtù dell'applicazione dei decreto legge 23 dicembre 2013 n. 146, a fronte dei 53 posti regolamentari vi sono solamente 39 detenuti (solo lo scorso aprile erano 94)". "La situazione di sovraffollamento - continuano Andreoli e Besi - è quindi ampiamente rientrata ma restano solo attenuati, e non necessariamente in maniera definitiva, gli effetti sulla popolazione detenuta delle altre criticità "storiche" della struttura: insufficienza degli spazi dedicati alla socialità (di fatto quasi tutte le aree sono definite "polifunzionali" per necessità), scarse possibilità di accesso al lavoro per i detenuti, assenza di interventi di manutenzione straordinaria di rilievo. Tenuto conto che, nonostante il drastico calo della popolazione ristretta, non si sono registrate variazioni sostanziali del numero di personale in servizio, appare immediata l'esigenza di riorganizzare l'utilizzo delle risorse impiegate per questa struttura in quanto la riduzione del numero di detenuti dovrebbe - tendenzialmente - consentire di affrontare nuovi programmi di formazione e reinserimento. È invece evidente che tali programmi sono rimasti solo sulla carta a Varese: le opportunità di formazione lavorativa sono pressoché inesistenti ed i legami tra il carcere ed il territorio circostante sono estremamente scarsi: al di là dei 3 detenuti semiliberi, nessun ospite interno è coinvolto - a nessun titolo - in attività lavorative per aziende o enti del circondario. Anche le proposte formative volte alla socializzazione sono, nonostante un rapporto numero educatori/numero detenuti decisamente alto (ci sono 3 educatori per soli 39 detenuti, 1 ogni 13), le medesime registrate nelle precedenti visite degli ultimi anni". "In conclusione, il momentaneo superamento del problema del sovraffollamento non deve in nessun modo costituire per nessuno un motivo, o meglio un pretesto, per proseguire con la politica del rinvio, della non decisione. Nelle prossime settimane saranno visitate altre realtà carcerarie limitrofe, sempre nell'ambito del Satyagraha di natale con Marco Pannella, una iniziativa nonviolenta affinché nel nostro Paese si affermi la legalità nell'amministrazione della Giustizia (da anni straziata insieme alla vita di milioni di persone a causa dell'irragionevole durata dei processi penali e civili) e si rimuovano le cause strutturali che fanno delle nostre carceri luoghi di trattamenti inumani e degradanti". Parma: a Natale Pannella e Giacchetti visitano il carcere "ci sono 70 detenuti in meno" www.parmaquotidiano.info, 27 dicembre 2014 Il leader storico dei radicali italiani Marco Pannella ha trascorso il Natale facendo visita ai detenuti del carcere di Parma. Assieme con lui era anche il vicepresidente della Camera Roberto Giacchetti, del Partito democratico. "Nel carcere di Parma - ha affermato Giacchetti, c'è stato un alleggerimento di una settantina di detenuti grazie a recenti provvedimenti del governo. Un segnale del governo, un cambio di direzione. Ma un provvedimento di clemenza sarebbe necessario per il sistema carcerario italiano". Il deputato ha parlato del penitenziario di via Burla come di un "carcere più nuovo e più moderno di diversi altri in Italia, con spazi più vivibili, ma con una gestione molto complessa. Questo carcere è molto particolare per il cospicuo numero di 41 bis e di situazioni complicate, ci sono molti detenuti con problemi di deambulazione. Ho visto 1-2 detenuti per cella e diversi spazi per attività, con sale attrezzate per attività diverse, una condizione positiva. Soffre comunque di sovraffollamento: ci sono ancora 100 detenuti in più del previsto. È poi sottorganico la polizia penitenziaria: a questi agenti è chiesto di svolgere spesso più di quello che è il loro dovere". Lucca: meno detenuti e più gli agenti, migliora la qualità del carcere San Giorgio Il Tirreno, 27 dicembre 2014 I senatori Granaiola e Marcucci visitano il penitenziario e invitano a vigilare sulle condizioni di vivibilità per i detenuti. "È la prima volta, dopo tanti anni di visite, che riscontriamo nel carcere di Lucca un netto miglioramento della situazione. Il numero dei detenuti è sceso a 131 (erano 155 nel dicembre 2013), è stato concesso un importante finanziamento per restaurare un'ala dell'istituto ed adibirla alla socialità dei detenuti. È in crescita il personale che opera nel carcere, 101 persone, di cui 90 agenti, contro le 112 previste dagli organici. Esprimiamo inoltre soddisfazione per la decisione del Comune di Lucca di istituire finalmente la figura del garante". Lo affermano i senatori del Pd Manuela Granaiola ed Andrea Marcucci al termine della visita ispettiva alla casa circondariale San Giorgio di Lucca, dove hanno incontrato il direttore, una delegazione della polizia penitenziaria ed i detenuti. "Il miglioramento è l'effetto degli ultimi provvedimenti del ministro Orlando e della sentenza Torreggiani - spiegano i parlamentari -. il direttore ha anche assicurato un rapido intervento per creare all'interno della struttura una sala d'attesa per i familiari, che oggi sono costretti ad aspettare in strada. Serve continuare a vigilare affinché sia integralmente rispettata e in tempi brevi la disposizione europea che impone uno spazio minimo per detenuto all'interno della cella di almeno 4 metri quadrati", concludono Granaiola e Marcucci. Avellino: Minieri (Ri) visita il carcere "c'è troppa disparità tra nuovi e vecchi padiglioni" Corriere dell'Irpinia, 27 dicembre 2014 "Ad Avellino ci sono ancora otto bambini "detenuti". Quelli che vivono con le madri nel carcere di Bellizzi. Anche se questo dramma, che ritengo inconcepibile, viene ammortizzato dalla condizione di solidarietà che si vive nel reparto femminile. C'è infatti una certa condizione positiva rispetto a quello che si vive rispetto alle altre sezioni del carcere, ma c'è sempre una condizione che non sembra assolutamente adeguata. Anche se i bambini stanno bene, per carità" A riproporre il caso, nell'ambito dell'iniziativa "Il Natale Radicale" nelle carceri, è stato Michele Minieri, membro del Comitato Nazionale dei Radicali, che ha visitato sia la struttura detentiva di Bellizzi Irpino che quella di Ariano insieme ad un'altra attivista Radicale, Antonella Serrati. E non è solo questo ovviamente il caso che si evidenzia nella visita dei radicali alle due strutture carcerarie. L'altro dato che emerge è quello relativo alla disparità tra i detenuti del nuovo padiglione e quello della parte storica della struttura: "Ho notato che hanno aperto dei reparti nuovi, chiaramente questo non è un dato assolutamente positivo. Le condizioni delle nuove celle sono incomparabilmente migliori della struttura originaria. Quella vecchia. Sono state costruite negli anni 80 senza minimo di vivibilità. Si creano delle condizioni contraddittorie. Era molto semplice, adeguare in contemporanea la vecchia struttura. Nel caso di Ariano hanno costruito nel campo sportivo. Tutto sommato questa architettura che mirava al modello texano, da un lato ha risposto allo standard di minima umanità che ci impone l'Europa, ma non un passo avanti. È rimasto incompleto". Non va meglio con l'assistenza sanitaria: "Invece di migliorare, con il passaggio alle Asl c'è stato maggiore problema. Per fare una visita, in quello che è un coacervo di malattie come il carcere, i tempi sono quelli convenzionali. I cittadini possono rivolgersi ad una struttura parallela, ma i detenuti no. A livello organizzativo, quella che potrebbe essere una messa a punto diventa una condizione vessatoria. Anche perché tutto si traduce in tempi lunghi per l'assistenza". Salerno: i Radicali in visita al carcere di Fuorni "ci sono 449 detenuti in 380 posti legali" Salerno Notizie, 27 dicembre 2014 La mattina di Natale hanno varcato il blindo d'ingresso della Casa Circondariale di Salerno, gli appena eletti per acclamazione al 6° congresso di Radicali Salerno Ass. "Maurizio Provenza": il cinque volte riconfermato segretario Donato Salzano, il Tesoriere Agostino Marotta, neo iscritto, editore di "La Comunicazione Adv", l'avv. Massimiliano Franco riconfermato per il secondo anno consecutivo Presidente, Sofia Campana e l'avv. Fiorinda Mirabile rispettivamente rielette presidente e segretaria, la prima della Cellula Coscioni e l'altra del Circolo "Franco Fiore" di Nessuno Tocchi Caino, ed ancora l'avv. Tiziana Nigro e Marco Navarra dirigenti dell'Ass. Radicale "M. Provenza", insieme al deputato del PD Michele Ragosta e al Consigliere Regionale Dario Barbirotti. Grazie a Radio Radicale che ha rilanciato anche a Fuorni tra le celle il passaparola "Together forever" dei detenuti di Regina Coeli, due le ore di visita tra i 79 della 1° sezione Alta Sicurezza e la 2° dei Comuni e Tossicodipendenti, durante il grande Satyagraha di Natale per lo Stato di Diritto, l'amnistia e l'indulto, condotto da Marco Pannella e sostenuto da centinaia e centinaia di militanti Radicali, dai detenuti e i loro familiari, ma più in generale dall'intera Comunità Penitenziaria Tavole imbandite per la socialità del pranzo di Natale, tra denunzie dei magistrati di sorveglianza per la mancata erogazione dei giorni di premialità di fine pena, figurarsi ottenere da questo Tribunale di Sorveglianza uno straccio di risposta alle tantissime istanze per i risarcimenti dovuti per la tortura dei trattamenti inumani e degradanti. Il numero magico dell'illegalità è sette, in una stanza che legalmente è per quattro persone, qui pare che i fenomeni delle deportazioni di massa sono più rari, niente acqua calda, ne riscaldamenti per questo inverno fortunatamente ancora mite. Ovviamente grazie ai tagli del So.Re.Sa., continua a persistere il fenomeno del farmaco unico, panacea risolutiva per ogni patologia. Completa il quadro dei negati livelli essenziali di assistenza, la continuata somministrazione dell'insulina per i diabetici fuori da ogni ragionevole protocollo scientifico e le liste d'attesa per le visite specialistiche tenute da un'azienda ospedaliera senza nessuna sensibilità per la particolari esigenze di pazienti ristretti in uno stato di custodia assolutamente illegale e degradante. Tra Comuni e Tossicodipendenti invece non si trovano tavole imbandite, qui non ci sono soldi per lo spesino allo spaccio, bisogna accontentarsi del vitto che passa l'amministrazione, anche qui pasto unico per sette. Si fa letteralmente la fame, qui il Natale si passa da ultimi tra ultimi, forse deve essere proprio qui la Chiesa di Papa Francesco, quella povera e per i poveri, nell'indifferenza delle gerarchie ufficiali della Diocesi e della Caritas Salernitana, oramai insensibili anche il giorno della nascita di Nostro Signore ai dettami evangelici. Nella cella chiamata degli scafisti, qui non ci sono soldi neppure per fare una telefonata, abbiamo incontrato Awad, 19 anni, nigeriano dal passaporto libico, un passato da internato nei campi nel deserto della Cirenaica, sul barcone che lo ha portato in Italia ha perso suo fratello, aveva addosso soltanto un pantaloncino modi militare, evidentemente così com'era sbarcato. Da un giorno non mangiava perché nessuno lo ascoltava, ci siamo riconosciuti e gli ho parlato del Satyagraha, di Marco Pannella e della lotta dei Radicali per lo Stato di Diritto, mi ha promesso di sospendere il suo digiuno e di riprendere a mangiare. Qui il giorno di Natale abbiamo trovato credenti, un'intera Comunità Penitenziaria, anche di chi detenuto non è, ma costretto per lavoro a subire la stessa pena inumana e degradante. Soltanto l'abnegazione di 28 tra donne e uomini agenti di Polizia penitenziaria, rimasti in servizio coordinati dall'ispettore capo Francesco Pappalardo, per garantire la custodia di 449 detenuti in 380 posti legali, permettendo così in questi giorni di festa di mantenere in piedi un'istituzione oramai di per sé al collasso, grazie anche alla responsabilità di chi subisce questa pena illegale sanzionata più volte da ogni giurisdizione sovranazionale. L'amnistia e l'indulto sono gli unici provvedimenti strutturalmente in grado, da subito, di riportare nella legalità costituzionale e sovranazionale il nostro Paese. Il nostro Satyagraha per dare nuovamente voce alle parole contenute nel messaggio solenne del Presidente Napolitano al Parlamento, quelle pronunciate da Papa Francesco il 23 ottobre scorso in occasione dell'incontro con i delegati dell'Associazione Internazionale di Diritto Penale, e quelle - chiarissime - pronunciate dal gruppo di esperti Onu sulla detenzione arbitraria a seguito di una visita ispettiva effettuata in Italia nel luglio scorso. La visita si chiude dopo circa due ore con all'uscita il collegamento a Radio Radicale per il report reso dalla delegazione alle domande diRoberto Spagnoli e l'impegno di strappare un incontro immediato nelle prossime ore alla Presidente del Tribunale di Sorveglianza d.sa Vertaldi, per chiedere conto dei giorni di premialità negati e delle istanze risarcitorie su i trattamenti inumani e degradanti. Bari: "Carcere Lab", partito il progetto che dà voce ai detenuti Gazzetta del Mezzogiorno, 27 dicembre 2014 "Questo Laboratorio è un tentativo di raccontare "la buona notizia" e non solo la sofferenza, il disagio, il dolore. Vogliamo raccontarci ma senza piangerci addosso, raccontare le nostre vite senza clamore, raccontare le nostre esperienze con semplicità, andando dritti al centro della notizia: perché il centro è sempre e solo la persona". Così un detenuto, Giuseppe, ha descritto il "Laboratorio della Buona Notizia", iniziativa promossa dai giornalisti cattolici dell'Ucsi Puglia e dall'Ufficio del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale del Consiglio regionale della Puglia, e gestito dal Circolo delle Comunicazioni sociali "Vito Maurogiovanni". Il Laboratorio è partito ufficialmente alla vigilia di Natale, dopo la messa celebrata in carcere dall'Arcivescovo, mons. Francesco Cacucci. È in pratica una "bacheca" sulla quale far scrivere le persone rinchiuse nel carcere di Bari. Si chiama CarcereLab - ha spiegato il giornalista Enzo Quarto, presidente dell'Ucsi Puglia - e si tratta di uno spazio web dedicato agli scritti dei detenuti nel sito internet www.buonanotizialab.it, che è una rete di laboratori della buona notizia che coinvolge scuole, oratori, associazioni, comunità, parrocchie. "Chi non ha mai messo piede qui dentro - ha aggiunto Giuseppe - non può immaginare quello che significa. Per chi non ci ha mai incontrati siamo "solo" detenuti, un'etichetta, un marchio difficile da cancellare. Ma noi, come gli altri, siamo prima di tutto persone". Persone che adesso hanno modo di far sentire la loro voce all'esterno. "Come gli altri, abbiamo i nostri pensieri, i nostri sentimenti - ha aggiunto Giuseppe -. E anche qui c'è del buono. Il "Laboratorio della buona notizia" è per noi un'occasione di confronto dentro (e intendiamo dentro le mura, tra noi, così come dentro ciascuno di noi, in profondità) e fuori, per far arrivare la nostra voce dove non immaginiamo neanche". Entrando in "CarcereLab" si possono già leggere frasi tipo "Sto pagando. Ma non si tocca la dignità. Mi ritrovo in un inferno e, anche se io me la caverò, parlo a nome di tutti gli altri. Mi chiedo sempre quando tutto questo finirà", oppure "Il coraggio e la forza non devono essere usati per incutere paura e terrore, ma per il bene della società". "Carcere Lab" sarà realizzato in via sperimentale nel carcere di Bari per sei mesi, per poi essere ampliato nell'esperienza tra i detenuti di tutti gli istituti penitenziari della Puglia. È stato realizzato in accordo con l'Ufficio stampa del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, il Provveditorato e la Direzione della Casa Circondariale. Cagliari: Socialismo Diritti Riforme; in cappella Uta celebrazione messa per 173 detenuti Ristretti Orizzonti, 27 dicembre 2014 "Sono state 173 le persone private della libertà che hanno assistito per la prima volta alla Santa Messa, concelebrata dal vescovo di Cagliari Arrigo Miglio e da Padre Massimiliano Sira, cappellano del carcere prima di Buoncammino e ora della Casa Circondariale di Cagliari-Uta, nella nuova Cappella del Villaggio Penitenziario. Un'occasione per condividere riflessioni, sentimenti e preghiera in un clima di intensa partecipazione emotiva". Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell'associazione "Socialismo Diritti Riforme" che, insieme alla vice Presidente Elisa Montanari e al Tesoriere Mario Barbarossa, ha partecipato all'incontro per esprimere vicinanza e solidarietà. "Il Natale nella nuova struttura - sottolinea - ha visto per la prima volta insieme nell'occasione, particolarmente sentita, le detenute e i detenuti. Grazie al lavoro dei Magistrati di Sorveglianza una cinquantina di ristretti ha potuto trascorrere alcuni giorni in famiglia riducendo a 314 il numero dei reclusi. Altri invece attendono di poter usufruire dei permessi per buona condotta nei prossimi giorni. Le festività natalizie sono vissute con particolare apprensione dalle persone private della libertà che sperano di poter trascorrere qualche ora con i propri cari. Una consapevolezza che non sfugge alla Direzione del Villaggio Penitenzio affidata a Gianfranco Pala e alla Responsabile della Sicurezza Alessandra Uscidda. Momenti delicati in cui la professionalità degli Agenti della Polizia Penitenziaria, ed in particolare alla referente del Reparto femminile Manuela Coiana, devono ricorrere a un'ulteriore carica di umanità". "La presenza dei volontari in queste occasioni - ricorda la presidente di Sdr - va aldilà del ruolo e sono particolarmente apprezzate la presenza e l'attenzione non solo del coordinatore dell'Area Educativa Claudio Massa ma anche delle Istituzioni. Alla Messa è intervenuta la Deputata del Partito Democratico Romina Mura che si è intrattenuta con alcuni detenuti informandosi sulle nuove condizioni di vita. Punti di riferimento irrinunciabili per la comunità detenuta il Diacono Mario Marini e Suor Angela Niccoli, operatrice vincenziana da quasi trent'anni". "Le Festività natalizie spesso acuiscono le problematiche individuali determinando attimi di scoramento e sfiducia in se stessi. L'attenzione della società mitiga almeno in parte il senso di abbandono e ristabilisce un contatto tra dentro e fuori indispensabile per vivere la quotidianità detentiva. La fede e la preghiera - conclude Caligaris - sono opportunità di riflessione che rendono meno amara la perdita della libertà". Per il pranzo infine un menu speciale con tortellini arricchiti con panna e salmone e momenti di più intensa socialità nelle salette comuni. Trapani: detenuto appicca fuoco in cella, 3 agenti intossicati nel carcere "San Giuliano" Ansa, 27 dicembre 2014 Tre agenti di polizia penitenziaria, in servizio nelle carceri "San Giuliano" di Trapani, sono rimasti intossicati per il fumo sprigionatosi da un incendio appiccato, all'interno di una cella, da un detenuto. Il recluso è rimasto illeso, grazie all'intervento degli agenti. I tre, in via precauzionale, sono stati trasportati al pronto soccorso dell'ospedale "Sant'Antonio Abate" di Trapani. La Uil-pa penitenziari regionale ha espresso soddisfazione per la "professionalità" mostrata dagli operatori. Napoli: Comunità Sant'Egidio; oggi un pranzo con gli internati dell'Opg di Secondigliano Ansa, 27 dicembre 2014 Il giorno di Natale oltre 1.000 poveri a tavola in 4 chiese del centro storico di Napoli che è diventata una vera e propria cittadella della solidarietà: Ss. Severino e Sossio dove è intervenuto il cardinale Crescenzio Sepe, S. Nicola al Nilo, Ss. Filippo e Giacomo e S. Paolo Maggiore. Altre iniziative a San Giovanni a Teduccio e in tre istituti per anziani. Senza fissa dimora, immigrati di ogni nazionalità e confessione religiosa, rom tra cui tanti bambini, anziani, disabili, mendicanti, gente sola, sono stati gli "ospiti d'onore" di questa larga famiglia che il giorno di Natale si riunisce attorno ai poveri. Sono le persone a cui i volontari di Sant'Egidio sono vicini durante tutto l'anno con le cene itineranti per chi vive per strada, le visite a casa o in istituto per gli anziani, i laboratori di pittura per i disabili, i corsi di italiano per gli immigrati, la Scuola della Pace per i bambini rom. "In un momento in cui sembra che si faccia la guerra ai poveri piuttosto che alla povertà - si sottolinea in una nota - vogliamo accogliere l'invito di papa Francesco che ha chiesto ai cristiani "il coraggio di accogliere con tenerezza le situazioni difficili e i problemi di chi ci sta accanto" senza preferire "le soluzioni impersonali, magari efficienti ma prive del calore del Vangelo". È un presepe moderno dove si può scorgere il volto di Gesù nella debolezza e nella fragilità della vita dei poveri". Tanti i volontari (oltre 400) che hanno partecipato, alcuni sono venuti per la prima volta al pranzo di Natale: emerge una grande solidarietà proprio nei momenti di crisi e di difficoltà. Nei prossimi giorni continueranno le feste e i pranzi con poveri, e in particolare domani, 27 dicembre alle ore 13, pranzo con gli internati dell'Opg di Secondigliano a cui interverranno il cardinale Sepe e il Capo di Gabinetto del Ministro della Giustizia Giovanni Melillo. La chiusura degli Opg è prevista per il 31 marzo e "se, come ci auguriamo, questa data verrà mantenuta potrebbe essere una delle ultime occasioni di incontro in questa struttura. Resta aperto, invece, il problema di come si attrezzeranno i Dipartimenti di Salute Mentale per assistere queste persone fragili e problematiche". Sanremo (Im): arrivati 500 panettoni per i detenuti, nonostante divieto del "modello 176" di Carlo Alessi www.sanremonews.it, 27 dicembre 2014 Sotto una stretta sorveglianza degli agenti penitenziari, infatti, nel giorno di Natale sono entrati in carcere quasi 500 panettoni, che hanno fatto trascorrere una giornata diversa dal solito, anche a chi deve pagare il proprio conto con la giustizia. 500 panettoni in carcere. È questo il "miracolo di Natale" che la giornata più importante dell'anno ha creato anche per i detenuti dell'istituto penitenziario di Valle Armea a Sanremo. Dopo il nostro servizio del giorno di Natale, nel quale avevamo evidenziato l'impossibilità di tagliare il panettone per i detenuti, che secondo il modello 176 potrebbero gustare il più famoso dolce natalizio a fette, una serie di associazioni di volontariato, hanno cambiato la festa per i reclusi. Sotto una stretta sorveglianza degli agenti penitenziari, infatti, nel giorno di Natale sono entrati in carcere quasi 500 panettoni, che hanno fatto trascorrere una giornata diversa dal solito, anche a chi deve pagare il proprio conto con la giustizia. Insomma, il dolce del 25 dicembre per antonomasia ha fatto, questa volta, il suo ingresso trionfale in carcere ed è stato gustato al termine del pranzo dai detenuti che lo hanno voluto. Napoli: un panettone "solidale" che unisce l'impegno di due carceri Avvenire, 27 dicembre 2014 Natale più buono se è solidale e più dolce se il panettone che accompagnerà i giorni di festa è quello preparato dai ragazzi dell'istituto penale di Nisida, a Napoli. Panettone bello anche da vedere e da regalare, prima ancora di gustarlo, se racchiuso nella sua elegante confezione. Gioiello di stoffa nato dalle mani delle detenute nel laboratorio di sartoria della sezione femminile del penitenziario di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) nell'ambito del progetto Sigillo, agenzia nazionale di coordinamento dell'imprenditorialità delle donne detenute. Idee messe in pratica dal Consorzio Co.Re. Cooperazione e reciprocità, che punta su lavoro, creatività e formazione per favorire la crescita ed il riscatto sociale dei minori e delle donne. Il panettone "La Dolce Isola", nome evocativo, è frutto dell'omonimo progetto avviato quest'anno, e che ha già prodotto diverse specialità, tra Consorzio Co.Re. e Istituto penale per minorenni di Nisida, con il sostegno della Fondazione Vodafone. L'iniziativa è stata fortemente sostenuta dal direttore dell'istituto, Gianluca Guida, con i collaboratori sempre attento a raccogliere azioni che possano scrivere un futuro diverso ai ragazzi, già segnati da dolore e violenza. La formazione al lavoro, in questo caso nella pasticceria, con intento imprenditoriale, è uno strumento fondamentale per il reinserimento sociale dei ragazzi, che riduce le recidive dei reati e li aiuta a canalizzare le energie verso obiettivi di crescita personale e professionale. Eboli (Sa): "Mi girano le ruote", i detenuti dell'Icatt in scena con uno spettacolo teatrale www.cilentonotizie.it, 27 dicembre 2014 "Mi girano le ruote", associazione di promozione sociale con sede a Campagna, affiliata alla Acli, vuole dare voce e forza a chi voce e forza non ha permettendo un ampliamento culturale e maggiore valorizzazione della persona. Con questo obiettivo organizza sabato 10 gennaio 2015, presso l'Istituto "E. Ferrari" di Battipaglia, una "Serata di Solidarietà" che vedrà la partecipazione dell'Icatt (Istituto a Custodia Attenuata per il Trattamento dei Tossicodipendenti) di Eboli, diretto dalla dott.ssa Rita Romano, e La Murga Los Espantapajaros di Battipaglia. La serata avrà inizio alle ore 19.00, con una rappresentazione del teatro di strada de La Murga Los Espantapajaros e presentazione del progetto "Siamo tutti murgueri", per avviare la prima "Murga Inclusiva" tra normodotati e diversamente abili e sottolineare che la musica è un veicolo di tutti e che la danza non può essere ad appannaggio di pochi. Gli ospiti dell'Icatt animeranno la serata con la loro Compagnia Teatrale mettendo in scena "Le Canne Pensanti e la loro Smorfia", regia di Massimo Balsamo (ospite dell'istituto penitenziario). L'iniziativa nasce affinché si possa realizzare un lavoro di rete sociale tra associazioni, scuola ed istituzioni e per sostenere laboratori con gli ospiti dell'Icatt a cura di Mi girano le ruote, come segno di integrazione sociale ed apertura ad una realtà delicata quale può essere un carcere. La presidente Vitina Maioriello a riguardo afferma "il teatro, sia esso di strada che all'interno di un carcere, può diventare veicolo di integrazione in quanto giova ad ogni persona, sia essa normodotata, detenuta o disabile, diventando ricchezza sociale. I progetti sociali di Mi girano le ruote vogliono essere veicolo di integrazione e superamento delle barriere anche culturali affinché con il nostro impegno si possa trovare un linguaggio e dei canali per manifestare energie e storie di vita a volte dimenticate e far sì che diventino orizzonte di liberazione, riscatto". Per info e prenotazioni contattare la sede di "Mi girano le ruote", al 331.4182348. Oristano: musica per il Natale dei detenuti, nuovo cd del gruppo musicale "Rock Tales" di Piero Marongiu La Nuova Sardegna, 27 dicembre 2014 È stato presentato durante una conferenza stampa nell'istituto di massima sicurezza di Massama, il nuovo cd del gruppo musicale "Rock Tales". Il disco, nato da un progetto iniziato nel 2013, comprende brani che fanno parte della storia del rock, compreso quello del repertorio italiano, partendo dagli anni 50 fino ai giorni nostri. I musicisti che compongono il gruppo, tutti molto noti nel panorama musicale isolano, sono: Mino Mereu, voce; Marco Pinna, basso e voce; Maurizio Vizilio, batteria; Gianmatteo Zucca e Alberto "Benga" Floris, chitarre e voci. Subito dopo la presentazione del cd il gruppo proporrà alla stampa un breve momento musicale, a cui seguirà il concerto di natale riservato ai detenuti. "Un'ora di grande musica per cercare di far dimenticare agli ospiti dell'Istituto la loro attuale condizione", dicono gli organizzatori della manifestazione. Si tratta di un evento straordinario, organizzato per regalare un Natale diverso ai detenuti che si trovano ristretti nella struttura di alta sicurezza massamese. "La musica non conosce confini né sbarre: spazia libera al di là di ogni barriera fisica e concede a chi ascolta il potere di superare ogni confine - dice Alessia Pirastu, presentatrice della manifestazione -. I musicisti si sono prestati di buon grado a regalare un po' del loro tempo ai ragazzi che vivono un momento di difficoltà". Il gruppo dei Rock Tales suona rigorosamente dal vivo, senza basi o pre-registrazioni. La formula dello show è semplice ed efficace, e comprende una scaletta in cui non manca la musica italiana. Oltre due ore di spettacolo che ripercorre cinquant'anni di brani composti da musicisti, come Bob Dylan, entrati nella storia della musica mondiale. "Siamo felici di poter presentare il lavoro all'interno di questa struttura - dicono gli artisti - e soprattutto di vivere insieme a loro emozioni che solo la musica sa regalare". India: sul caso marò Nuova Delhi gela Roma "decide la magistratura, non la diplomazia" di Fausto Nicastro Il Fatto Quotidiano, 27 dicembre 2014 A tre giorni dal vertice Napolitano-Renzi sulla questione marò, dal quale erano state fatte trapelare nuove speranze di una "soluzione diplomatica condivisa", il governo indiano risponde attraverso il portavoce del ministero degli Esteri Syed Akbaruddin, che in un'intervista all'Ansa bacchetta sia il presidente del Consiglio che il Capo dello Stato. A Renzi, che aveva dichiarato di essere "al lavoro con il governo indiano per riportare a casa tutti e due i marò", Akbaruddin ha risposto che "la vicenda non è solo una discussione fra due esecutivi, ma è un tema all'esame della magistratura indiana che deve esprimersi prima che si possa andare avanti". Prima della diplomazia, insomma, deve pronunciarsi la giustizia: "È difficile spiegare a che punto siamo nel dialogo tra i governi, per il semplice fatto che la questione è all'esame della giustizia", ha continuato il portavoce indiano. Poco importa se, come vanta il presidente del Consiglio, "per la prima volta dopo mesi il governo indiano ha espresso il desiderio di una soluzione condivisa e concertata". La posizione del ministero degli Esteri, che rivela anche le divisioni all'interno dello stesso governo indiano, è ribadita più volte: "Mentre il governo indiano può avere un punto di vista e considerare varie opzioni, fondamentalmente questa questione è in mano alla giustizia e dovrà andare attraverso un percorso legale ed arrivare ad una decisione della magistratura affinché si possa andare avanti", chiosa Akbaruddin. A supporto della sua tesi il portavoce indiano ricorda la richiesta di estensione di quattro mesi della permanenza in Italia del fuciliere Massimiliano Latorre per continuare le cure dopo l'ischemia che lo ha colpito: "Il governo indiano non era contrario a che essa fosse concessa. Ma la nostra Corte Suprema ha assunto una posizione fortemente contraria a questa richiesta, per cui i legali hanno ritirato l'istanza". Ma l'affondo più duro è riservato a Napolitano che non solo aveva lamentato da parte dell'India una "scarsa volontà politica di dare una soluzione equa a questo problema", ma aveva anche accusato la giustizia indiana di "malfunzionamento". La risposta da Nuova Delhi è secca: "La giustizia indiana è libera, trasparente e imparziale e si formerà una opinione indipendente su quanto è avvenuto". Stati Uniti: Guantanámo ora è solo un "peso", ogni detenuto costa 3 milioni di $ all'anno di Emiliano Liuzzi Il Fatto Quotidiano, 27 dicembre 2014 Sono rimasti 136 detenuti. Quelli pericolosi hanno una divisa arancione, gli altri bianca. Diritti ridotti a zero: chi volesse fare lo sciopero della fame, al terzo giorno viene legato e nutrito con un sondino dal naso. Di attività non se ne parla: 22 ore al giorno chiusi in una cella. Il passeggio avviene in manette. Benvenuti a Guantánamo, Cuba, base navale degli Stati Uniti dove, dopo l'11 settembre 2001, sono finiti i presunti affiliati ad al Qaeda. A fare visita nella prigione -anche Papa Francesco si è interessato alla sua chiusura, sostenendo il progetto, rimasto tale, del presidente Obama - l'europarlamentare del Ppe e di Forza Italia, Elisabetta Gardini, giornalista. Non ha incontrato i detenuti e non è stata fatta entrare nel blocco 7, dove sono reclusi i terroristi considerati pericolosi, ma ha potuto vedere cosa sia il carcere. "Siamo andati con una delegazione - racconta Gardini - la prima settimana di dicembre. Siamo arrivati a Washington e da lì abbiamo raggiunto il campo di prigionia. Libertà di fare qualsiasi domanda, ma alcune risposte sono coperte dal segreto. Come segreto e non oggetto di ispezione è il blocco 7, dove ci sono i detenuti sottoposti a un regime di massima sicurezza, in condizioni al limite dell'umano". Gardini parla dell'esperienza: "È una struttura molto bassa, dall'esterno simile a qualsiasi penitenziario. Prima di arrivare al centro della base, ci sono villaggi dove abitano gli operatori che lavorano dentro al carcere. Un personale che rimane sull'isola dai 4 mesi a un anno. Una scelta per far sì che non si possano creare legami forti tra loro e le guardie, vogliono scongiurare il minimo rischio di complicità, ma anche le situazioni di odio. Forse è una formula anche giusta, ma fa lievitare i costi all'eccesso: ogni detenuto costa al governo americano 3 milioni di dollari all'anno, uno sproposito che neppure la Casa Bianca può più permettersi. Quello che è inaccettabile sono le condizioni di detenzione. Non ci sono campi di lavoro, le celle sono chiuse, i prigionieri non hanno niente a loro disposizione, solo per alcuni esiste la possibilità di tenere un libro e delle cuffie con la musica. Ma è un privilegio assoluto. Gli altri sono chiusi in celle microscopiche, spoglie, tutto è fissato al terreno, non ci sono specchi, non si vede l'esterno. Quel carcere aveva forse un senso all'indomani degli attentati, oggi sono gli americani stessi che vogliono liberarsene. Senza contare che molti detenuti, chiusi lì da quasi 15 anni, sono nel frattempo invecchiati, hanno bisogno di cure che l'infermeria non può assolvere". Nel dicembre del 2008, sotto l'Amministrazione di Barack Obama, inizia a essere affrontato il problema della chiusura della prigione. Il 21 gennaio 2009, il presidente statunitense firma l'ordine di chiusura del carcere (ma non della base militare), che doveva essere smantellato entro l'anno. A più di cinque anni di distanza, anche a causa di molte resistenze da parte del Senato, il penitenziario resta aperto. "La nazionalità dei detenuti - racconta ancora Gardini - è principalmente yemenita, molti sono ritenuti affiliati a tutti gli effetti di al Qaeda; il problema dello smantellamento resta una cosa molto seria. Al momento non sappiamo quali nazioni siano disponibili ad accogliere i prigionieri e soprattutto nessuno può farlo alle condizioni che impongono gli Stati Uniti". A poco è servito il disgelo tra Cuba e gli Usa, annunciato nei giorni scorsi. I cambiamenti - ha detto Bernadette Meehan, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca - non avranno alcun effetto su Guantánamo". Arabia Saudita: due donne sfidano il divieto di guida, arrestate e accusate di terrorismo Adnkronos, 27 dicembre 2014 Hanno sfidato il divieto di guida e ora dovranno risponderne davanti alla Corte di Riyad, che si occupa di processi per terrorismo. Louijain al-Hathloul, 25 anni, e Maysa al-Amoudi, 33 anni, sono agli arresti da circa un mese: è la prima volta che una donna viene detenuta per così tanto tempo solo per aver guidato. Ed è qui che il mistero si infittisce: gira voce che Louijain e Maysa siano indagate non tanto per essersi messe al volante, ma per alcune opinioni espresse su Internet. Le due donne, infatti, avevano lanciato una campagna online contro il divieto di guida al femminile. Louijain è stata fermata mentre tentava di attraversare la frontiera il 30 novembre in atto di sfida, mentre Maysa, che di mestiere fa la giornalista, stava portando cibo e coperte all'amica. Il processo I loro avvocati hanno presentato ricorso sulla decisione di deferire il caso alla Corte di Riyad: la decisione sul deferimento verrà quindi presa dalla Corte d'Appello di Dammam. Secondo le organizzazioni per i diritti umani, è in atto una stretta delle autorità saudite sulle opinioni espresse online: giudici e pubblica accusa usano una legge del 2007 per accusare i cittadini per tweet e commenti sui social network. I sostenitori della campagna per le donne alla guida intanto hanno pubblicato una petizione rivolta al re Abdullah per chiedere la grazia per le due attiviste. La legge Anche se in Arabia Saudita non esiste uan vera e propria legge che vieta alle donne di guidare, la prassi vuole che non possano prendere la patente e sulla questione è stato emanato qualche editto religioso. In tutto il mondo, l'Arabia Saudita è l'unico paese in cui esiste un tal divieto. Germania: l'ex presidente del Bayern Uli Hoeness torna in carcere dopo il Natale a casa Adnkronos, 27 dicembre 2014 Uli Hoeness, ex presidente del Bayern Monaco, condannato per evasione fiscale, tornerà in prigione oggi dopo aver avuto due giorni di permesso per trascorrere il Natale con la famiglia. Il 62enne ex dirigente tedesco dovrà tornare all'Istituto di penitenziario di Landsberg, oggi, come riferito dal suo avvocato Tobias Pretsch all'agenzia dpa, senza fornire ulteriori dettagli. Hoeness ha lasciato il carcere il 24 dicembre alle 09:45 su una macchina guidata da sua moglie. Per la prima volta, l'ex presidente del Bayern potrebbe dormire a casa dopo essere entrato il 2 giugno nel carcere vicino Monaco di Baviera. Tuttavia, non si sa come e dove ha trascorso il Natale, né come festeggerà il nuovo anno. Proprio il nuovo anno potrebbe portare la concessione del terzo grado per Hoeness. Così, potrebbe lasciare la prigione ogni mattina per andare a lavorare, per poi tornare solo a dormire. L'attuale presidente del Bayern Monaco, Karl Hopfner, ha detto a fine novembre che Hoeness potrebbe tornare al lavoro nel mese di gennaio al club nella settore delle formazione. "È suo desiderio lavorare in questa sezione", ha detto il numero uno del consiglio del club, Karl-Heinz Rummenigge. Hoeness è stato condannato a tre anni e mezzo di carcere per evasione fiscale il 13 marzo, quando era presidente del Bayern Monaco. Alcuni giorni dopo si è dimesso da tutte le cariche ricoperte all'interno del club campione di Germania. L'ex giocatore, figura centrale del Bayern e riferimento morale nel calcio tedesco fino alla sua condanna, ha nascosto un "tesoro" di almeno 28,5 milioni di euro in un conto svizzero non dichiarato.