Gli auguri che riceve un uomo ombra in un Natale Ostativo di Carmelo Musumeci Ristretti Orizzonti, 26 dicembre 2014 "Natale è passato ora aspetto che passi anche Capodanno. Tutti attendono l'anno nuovo per avere amore, felicità, fortuna, libertà. Tutti attendono qualcosa, solo l'ergastolano non ha nessun motivo per attendere l'anno nuovo perché l'anno nuovo sarà come l'anno vecchio, senza speranza, uguale fino all'ultimo dei suoi giorni". (Diario di un ergastolano www.carmelomusumeci.com). Sono entrato nel ventiquattresimo anno di carcere ed ho deciso di rendere pubblici alcuni auguri natalizi che mi hanno scritto. - Amore, un altro Natale senza te, dovrei averci fatto l'abitudine ma mi manchi ancora e mi mancherai sempre. Ma ne devo scrivere ancora tanti di questi auguri? Torna a casa Lessi. Non ti devi preoccupare perché ovunque vada tu sei con me ed io sono lì con te. Ti amo. Tua Sandra. - Caro papà, anche questo anno sono arrivate le feste e come ogni anno riusciremo a cancellare le distanze e a sentirci vicini come non mai. Per questo nuovo anno ti auguro di essere così come sei e vedrai che con una conquista alla volta prima o poi tornerai a essere qui con noi. Io sono convinto che riuscirai a uscire, non importa quanto tempo ci occorrerà, continua a lottare, non arrenderti mai. Ti amo, Buon Natale e Buon Anno. Tuo Mirko. - Ciao amore mio, un altro anno è passato e abbiamo percorso migliaia di kilometri invisibili verso il nostro obiettivo, lo so che è dura continuare ad andare avanti senza mai una soddisfazione, ma la verità e che a noi basta solo una... solo una vittoria per dare un senso a tutte queste delusioni... ed io non so se questo sarà l'anno giusto, ma quella per me è sempre stata una speranza ormai è diventata una certezza. E l'unico motivo per cui quest'anno non ti dirò che credo che tornerai da noi è perché io adesso lo do per scontato. Quindi papà non hai altra scelta... devi continuare a lottare... perché questo Natale noi saremo più numerosi, ma il prossimo anno ci aspettiamo di essere uno in più, quell'uno che sarà comunque e costantemente presente nei nostri pensieri e nel mio cuore. Tantissimi auguri al papà migliore possibile, ma soprattutto alla persona più straordinaria della mia vita. Queste sono le foto della mia casina e del compleanno dei bimbi; come vedi ci sono i tuoi libri attaccati alle pareti ed uno degli adesivi che mi hai mandato sul citofono. Forza papà che sono sicuro che questa è la volta buona. Anche se come ci ricordi sempre per un ergastolano ogni giorno è uguale al precedente, e non esiste un anno migliore di un altro, quest'anno non posso fare a meno di augurarti un buon natale, perché se penso ai tuoi 59 anni e a tutto quello che sei riuscito a fare nell'ultimo anno non puoi che essere orgoglioso di te, della tua vita che nel bene e nel male ti ha portato ad essere la persona meravigliosa che sei! Quest'anno abbiamo raggiunto un sacco di traguardi, la strada è ancora in salita, ma finalmente iniziano ad arrivare i risultati. Ti amo tanto. Tua Barbi. - Non credo di poterti augurare buon natale non ha senso x chi si trova in carcere quello che auguro a te a tutti gli ergastolani ostativi che finisca presto questa infamia. Allora il mio augurio è che venga presto abolito l'ergastolo con stima. Tina. - Quante notti come queste, quanti natali solo a stringere le sbarre di una cella con le mani. Queste mani protese, questo cuore che non si arrende, che non smette di amare. Un altro natale. Eppure tu sei sempre lì, Carmelo, con la tua anima che è rimasta quella di un bambino, il tuo sorriso quasi fanciullesco, perché i bambini tendono a sorridere sempre, anche quando giocano con un pallone di stracci o dormono dentro una capanna africana dove si sono addormentanti affamati di cibo, o in splendidi letti occidentali dove dormono affamati di un amore che le cose materiali non sono riuscite a saziare. Se c'è un regalo che vorremmo farti è poterti dire che è l'ultimo Natale che passi solo. Se puoi ora chiudi gli occhi e guarda con il cuore: siamo tutti lì, davanti a te, intorno a te, a fare festa alla persona più bella e più cara. Mantieni gli occhi chiusi e goditi questa festa di Natale. Nadia. - Auguri di buone feste. È il mio augurio e il mio desiderio è quello che tu continui a scrivere con i magnifici colori della tua anima. Anna. - Buon Natale a Carmelo per essere riuscito ad andare così lontano. Francio. - Buon Natale nonno. Mettici il tempo che vuoi, ma torna presto a casa. Grazie dei regali. Ti vogliamo tanto bene. I tuoi nipotini Lorenzo e Michael. - Carissimo Carmelo, ti giungano i nostri più cari auguri di buone feste. Siamo con te a combattere la battaglia per la tua e la vostra libertà. Un abbraccio. Le Clarisse del monastero di Lagrimone. - Buon Natale uomo ombra pieno di luce e di amore che illumina di gioia le mie giornate. Grazie di tutto e per sempre. Ti voglio bene mille, la tua Mita, la figlia del tuo cuore. - Vorrei essere capace di accendere per tutti e, in particolare per te, carissimo Carmelo, lampade di speranza e di gioia. Ho letto alcuni giorni fa sul giornale "Avvenire" un articolo sugli ergastolani ostativi; mi sono fermato sulla tua testimonianza e ancora una volta ho notato in te una volontà inflessibile a non mollare mai. Spero fortemente anch'io che qualcosa di bello possa ancora accadere. Non chiedetemi, affermava un saggio, a che punto è la notte: per quanto lunga, è piena dell'aurora. Il presente non basta a nessuno, tutti hanno bisogno di un po' di futuro e allora il mio augurio per Natale 2014 non può non essere che questo. Desidero trascriverti un passo del Talmud che mi ha sempre fatto riflettere: "Dio sta dalla parte del perseguitato: anche se un giusto perseguitasse un empio, Dio si mette dalla parte dell'empio perseguitato". Suor Lilia. - Auguri di buone feste Zanna Blu, sei una persona unica e vera. Ricordati che sei stato l'unico che mi hai fatto piangere con il tuo libro "Le avventure di Zanna Blu", non c'era mai riuscito nessuno. Gerti. - Caro Carmelo, come tutti gli anni ti faccio gli auguri di buone feste. Inizia un altro anno di carcere… In passato, pure nel medioevo, era inconcepibile immaginare che un uomo non sarebbe mai uscito dal carcere piuttosto lo torturavano e lo uccidevano, ora, invece, è normale congelare una persona in una cella per sempre… che vadano tutti al diavolo, siamo più liberi noi che loro. Cosimo L'amore entra dentro l'Assassino dei Sogni. Quattordicesima parte di Carmelo Musumeci Ristretti Orizzonti, 26 dicembre 201 Testimonianza di un Uomo Ombra al seminario di Ristretti Orizzonti sugli affetti in carcere del primo dicembre 2014. "Questa notte ho sognato di evadere dall'Assassino dei Sogni. E diciamo che quando un prigioniero sogna ancora di scappare dopo anni di carcere vuole dire che è ancora vivo". (Diario di un ergastolano www.carmelomusumeci.com). Adesso finalmente è il momento di Rita Bernardini. Un'amica che seguo e mi segue da tanti anni. Ed inizia a parlare con la passione che la distingue. Ma una cosa che mi pare non sia stata detta a proposito dell'affettività o almeno non abbiamo oggi dati statistici da questo punto di vista, è quanti bambini hanno dei veri e propri traumi psichici a causa della lontananza con il proprio genitore sia padre che madre. (…) Non molti giorni fa abbiamo avuto, nel carcere di Como, 3 suicidi in 37 giorni. Il primo era un cileno aveva 30 anni, il secondo ed è di questo che voglio parlarvi, era Maurizio Riunno, scriveva delle lettere fino al giorno prima di suicidarsi, delle lettere che erano piene d'amore per la sua compagna e per i suoi bambini piccolissimi tra i 4 e gli 8 anni. Faceva, come facciamo spesso, il cuoricino, gli scriveva "papà torna presto però non fate disperare la mamma, io vi voglio il più grande bene del mondo, mi raccomando non fate i capricci", le cose che si dicono ai bambini. Come mai Maurizio Riunno si è suicidato, se si è suicidato. Perché poi gli interrogativi ce li poniamo. Se li è posti la compagna. Ma intanto il suo suicidio è avvenuto perché stava in isolamento. (…) I casi sono tanti, li ricordiamo, ricordiamo questa madre, Maria Ciuffi, che lotta da 14 anni perché le hanno restituito, arresto cardiaco anche in quel caso, le hanno restituito il corpo del figlio in un lago di sangue, con due buchi in testa, otto costole fratturate e le hanno detto "morte naturale" (…) Noi l'obiettivo dell'abolizione dell'ergastolo ce lo dobbiamo porre, deve essere portato avanti. 9999 questa è la data che viene scritta, è inaccettabile questo, più l'ergastolo ostativo. Ma guardate i nostri politici dovrebbero andare, a me dispiace dirlo voi sapete che siamo super laici, però devono andare a lezione da Papa Francesco, perché il discorso che ha fatto all'assemblea internazionale degli avvocati è stato proprio una lezione magistrale per i suoi contenuti, come l'ha chiamato l'ergastolo? Una pena di morte nascosta, ritardata, che cosa è una pena di morte ritardata? È una tortura. (…) Riguardo agli Stati Generali chiediamo la stessa cosa che hai chiesto tu Ornella, e cioè che non basta che gli esperti si riuniscano e parlino di carcere, bisognerà ascoltare la voce dei detenuti e quale luogo migliore se non farlo qui da Ristretti Orizzonti. (…) Grazie. Le parole di Rita mi portano in mente una delle prime lettere che le avevo scritto tanti anni fa quando ancora pochi conoscevano la "Pena di Morte Nascosta". Cara Rita, ho saputo che provvisoriamente avete smesso lo sciopero della fame in attesa del Convegno con il patrocinio del Senato del 28 e 29 luglio, alla presenza del Presidente della Repubblica. Rita, lo so che gli "uomini ombra" sono un piccolissimo problema dell'universo carcerario, ma tutti hanno un fine pena, noi invece non l'abbiamo. Lo so che ti sto chiedendo troppo, ma lo devo fare perché non ho molte possibilità per far sapere che in Italia esiste la "Pena di Morte Viva": una condanna, come tu sai, che invece che da morto si sconta da vivo. Rita, parlane con Marco Pannella, e leggi la lettera che ti abbiamo dato al Presidente della Repubblica, al Senato, davanti a tutti. E dì a tutti che è inutilmente dispendioso e da sciocchi per la società tenere in vita dei cadaveri. Rita, per noi non è come tu pensi che sia, è molto peggio. Perché un uomo per continuare a essere vivo ha bisogno di speranza come l'aria che respira, come l'acqua che beve e il cibo che mangia. E purtroppo dei circa 1500 ergastolani che ci sono in Italia, un migliaio, condannati all'ergastolo ostativo, sono senza speranza perché non potranno più uscire dal carcere. E che se ne fa della vita un uomo che non ha più speranza, se solo la morte è la nostra unica via di uscita? Rita, diglielo tu ai "buoni" che la speranza di tornare liberi è indispensabile per non trasformare la pena dell'ergastolo in una morte psicologica, familiare e sociale. E per fare in modo che la detenzione sia soprattutto recupero. Rita, diglielo tu ai "buoni" che non è possibile tenere dentro delle persone in una cella murate vive senza speranza e senza avere la compassione di ammazzarle. Rita, diglielo ai "buoni" che chi fa questo è il più malvagio dei criminali, perché non ci può essere nessuna giustizia in una pena che non finisce mai. Rita, diglielo tu ai "buoni" che è giusto che tutti i prigionieri, se non vengono messi a morte, abbiano un fine pena e un calendario in cella per contare i giorni da scontare. Rita, diglielo tu ai "buoni" che molti di noi sono vittime e carnefici allo stesso tempo e meritano un fine pena, o una pallottola in testa. Rita, diglielo tu ai "buoni" che quando perdi la libertà la vita perde molto di valore, ma quando la perdi per sempre la vita si trasforma in un inferno. Rita, diglielo tu ai "buoni" che quando qualcuno desidera che una persona stia dentro tutta la vita il suo desiderio di giustizia si trasforma in vendetta. Rita, il mio cuore ti sorride dalle sbarre. Poi penso che incomincio a essere stanco di lottare, forse sto diventando vecchio e per i vecchi il carcere è ancora più triste e brutto. Noi ergastolani non abbiamo paura di morire perché moriamo continuamente: quando ci svegliamo al mattino e alla sera quando si va a dormire. Il futuro per gli ergastolani è una parola che fa paura, perché pensare al futuro senza sapere cosa ci aspetta è peggio della morte stessa. Continua.. Giustizia: che anno nuovo per coloro che sono detenuti negli istituti di pena in Italia? di Riccardo Polidoro (Avvocato, Presidente Associazione "Il Carcere Possibile Onlus") www.camerepenali.it, 26 dicembre 2014 Per la prima volta il Capo dello Stato, intervenendo, come ormai consuetudine, sul tema delle carceri mostra un cauto ottimismo, ma precisa che "molto resta da fare" e bisogna "perseverare affinando gli obiettivi". Un nuovo anno diverso per coloro che sono detenuti negli istituti di pena in Italia? Sembrerebbe di si. Per la prima volta il Capo dello Stato, intervenendo, come ormai consuetudine, sul tema delle carceri mostra un cauto ottimismo, ma precisa che "molto resta da fare" e bisogna "perseverare affinando gli obiettivi". I destinatari di tale monito sono il Parlamento e il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando. A quest'ultimo il Presidente Napolitano riconosce il "cambio di passo" che potrebbe condurre finalmente a mutare complessivamente il sistema della pena in Italia. Il Ministro, nella conferenza stampa di lunedì scorso, ha comunicato quanto è stato fatto sinora e quali sono gli obiettivi del Governo. Non vi è dubbio che il cambiamento c'è. Muta l'impostazione culturale e l'approccio al problema. Non si ricorre a facili slogan, come il terribile quanto inefficace "svuota carceri", e non si considera la detenzione, l'unica pena possibile. Ma aver superato la "fase di febbre alta", come riferito dal Ministro in merito alla diminuzione del sovraffollamento, non vuol dire essere guariti ed occorre una cura costante sotto osservazione. Il Governo intende giustamente "sviluppare e strutturare il sistema delle pene alternative" e per questo ritiene fondamentale il contributo della Magistratura di Sorveglianza, il cui Coordinamento Nazionale, però, nella recente Assemblea., ha manifestato "seria preoccupazione per i progetti di riforma che si annunziano, nelle parti che non si pongono in completa sintonia con il modello costituzionale, da cui sembrano allontanarsi in aspetti non secondari" oltre a ribadire le carenze di organico, che non consentono di svolgere nei tempi dovuti l'enorme carico di lavoro. È stato annunciato che il termine stabilito - marzo 2015 - per la definitiva chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, sarà perentorio, senza alcuna possibilità di proroghe. In caso di inadempienze si procederà al commissariamento delle strutture regionali. Sarebbe davvero auspicabile il rispetto di un termine che ha visto innumerevoli rinvii, ma potrà il potere centrale, sostituendosi a quello locale, evitare che la tanta invocata chiusura si trasformi nella frammentazione degli stessi Opg, in micro-organismi regionali? Non vanno, poi, condivisi i toni trionfalistici e strettamente economici del Ministro per aver evitato la condanna dell'Italia per il trattamento disumano e degradante riservato ai detenuti. Se è vero che, come testualmente riferito, è stata "scongiurata un'onta politica", in quanto la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha dichiarato irricevibili 3.685 ricorsi, avendo l'Italia introdotto il rimedio risarcitorio davanti al Giudice nazionale, è altrettanto vero che la nuova norma si è rivelata, allo stato, un vero e proprio fallimento. Con la pronuncia di "irricevibilità" dei ricorsi, afferma il Ministro, vi è stato "un risparmio per l'Italia di 41.157,765 euro. In prospettiva, se i 18.219 ricorsi pendenti davanti ai Giudici nazionali fossero stati proposti a Strasburgo (ove il rimedio interno non fosse stato introdotto), la stima sarebbe pari a un costo di ulteriori 203,488.011 euro, per un totale di 244.645,776 euro" (askanews). Ma i conti nascondono un vero e proprio caso di Giustizia negata. Da un lato Strasburgo ritiene di non interessarsi più dei ricorsi provenienti dall'Italia, avendo tale Paese trovato una soluzione interna, dall'altro il tanto sbandierato rimedio non funziona affatto. L'indagine sulle istanze depositate al 27 novembre 2014, è lapidaria: istanze iscritte 18.104, definite 7.351, pendenti 10.753. Delle definite ne sono state dichiarate inammissibili 6.395 (87%) ed accolte solo 87 (1,2%). Ma la Corte Europea che aveva raccomandato rimedi effettivi, rapidi ed efficaci, lo sa? L'Unione Camere Penali Italiane ha in corso un sondaggio presso tutti i Tribunali di Sorveglianza e presso i Giudici Civili, competenti per il risarcimento (quale sconto di pena o monetario), al fine di conoscere anche le singole realtà territoriali. Allo stato sono già pervenuti dati significativi. Al Tribunale di Sorveglianza di Palermo, al 18 dicembre 2014, istanze accolte 0, rigettate 0, inammissibili 426. A Firenze, al 15 dicembre 2014, accolte 0, rigettate 6, inammissibili 96. A Napoli, al 27 novembre 2014, accolte 0, rigettate 2, inammissibili 124. A Cagliari su 332 istanze, ne è stata decisa solo una, dichiarata inammissibile. All'Ufficio del Magistrato di Sorveglianza di Avellino, sono stati proposti 698 ricorsi, ai primi di dicembre ancora tutti pendenti. Le Camere Penali, pur condividendo lo spirito della Legge, ne hanno apertamente criticato il testo, per le sue lacune, per gli inevitabili contrasti giurisprudenziali, per la complessità e, a volte, impossibilità delle istruttorie, per l' assoluta inadeguatezza delle risorse e dei mezzi di cui dispongono gli Uffici di Sorveglianza preposti. È vero abbiamo evitato (per ora) la condanna e scongiurato un'onta politica, nel pieno della presidenza italiana dell'Unione Europea. Abbiamo anche risparmiato una considerevole cifra. Ma tutto questo, a ben vedere, ha un prezzo troppo alto se davvero si vuole dare un effettivo segnale di trasformazione culturale. Va, dunque, ancora una volta condiviso il monito del Capo dello Stato sulle problematiche relative alla detenzione. La strada intrapresa può essere quella giusta, ma il percorso è ancora lungo e i tratti in salita non saranno pochi, affinché la pena in Italia sia scontata secondo i principi costituzionali, tutelando la dignità, la salute, la rieducazione, il lavoro, la famiglia, gli affetti. Giustizia: la politica e la magistratura dalla Giunta dell'Unione Camere Penali www.camerepenali.it, 26 dicembre 2014 La legittima attività di indagine non può essere utilizzata strumentalmente dal potere giudiziario come un indebito strumento di delegittimazione della politica e come occasione per imporre, attraverso un consenso popolare intenzionalmente ricercato, mediaticamente ed emotivamente sollecitato, una inutile, sbilanciata e pericolosa legislazione emergenziale. L'Ucpi, pur ribadendo le proprie posizioni critiche con riferimento al contenuto delle riforme in materia di corruzione non può non esprimere apprezzamento per la posizione assunta dal Ministro Orlando il quale ha voluto rivendicare l'autonomia del Governo nelle sue scelte di politica giudiziaria, ricordando come le scelte legislative spettino al Governo ed al Parlamento mentre spetti alla magistratura l'applicazione delle leggi. L'Ucpi sottolinea in proposito come sia sempre apprezzabile il contributo tecnico e valutativo fornito dagli avvocati e dai magistrati alla attività del legislatore in base all'esperienza quotidianamente maturata nella loro rispettiva attività, ma che non sia in alcun modo accettabile che quel legittimo ed auspicabile contributo trasmodi da parte dei rappresentanti del potere giurisdizionale in una attività di interdizione e di delegittimazione delle scelte poste in essere dal legislatore. Bene hanno fatto anche il Presidente del Consiglio e gli altri rappresentanti del Governo e della politica a ricordare che deve sempre essere tutelato l'equilibrio fra i poteri dello Stato e che il potere della giurisdizione deve essere amministrato con il dovuto equilibrio senza che in alcun caso la pur evidente debolezza della politica, troppo spesso inquinata dal malaffare ed esposta a violente critiche a causa del ricorrere di episodi di corruzione, sui quali è bene che la magistratura operi attraverso la sua doverosa e legittima attività di indagine e di tutela della collettività, possa essere utilizzata strumentalmente dal potere giudiziario come un indebito strumento di delegittimazione e come possibile occasione per imporre, attraverso un consenso popolare intenzionalmente ricercato, mediaticamente ed emotivamente sollecitato, una inutile, sbilanciata e pericolosa legislazione emergenziale che mette in pericolo i principi del giusto processo ed elementari ed indeclinabili valori costituzionali quale è quello della durata ragionevole del processo. Da tempo l'Ucpi si batte perché la legislazione in materia penale, come più volte ricordato dal Ministro Orlando, non venga attuata con disarticolate ed ingiustificate decretazioni d'urgenza, ma all'interno di una organica prospettiva di riforma del codice sostanziale e processuale sottolineando come, in particolare in materia di lotta alla corruzione, non giovi affatto (come d'altronde non ha chiesto l'Europa) un inutile ed improvvido aumento dei tempi della prescrizione, né tantomeno un incongruo ed altrettanto inefficace aumento delle pene detentive, quanto una dotazione di seri strumenti preventivi, una semplificazione delle amministrazioni, una legislazione degli appalti tale da favorire i controlli interni e la pubblica trasparenza. L'Ucpi denuncia come prassi degenerativa assai pericolosa per gli equilibri democratici ed istituzionali quella dell'assunzione da parte della politica di magistrati antimafia all'interno delle amministrazioni territoriali, approvata dal Csm e sospinta dal favore popolare: da un lato, al di fuori di ogni regolamentazione legislativa, la magistratura si insedia all'interno della politica legittimando se stessa come unica garante della legalità, e dall'altro la politica finisce con tali scelte con il delegittimare se stessa riconoscendo la propria inadeguatezza e la propria incapacità di perseguire la legalità con i suoi propri strumenti e con le sue proprie forze. L'Ucpi vuole una politica nuovamente forte e credibile, capace di riformarsi dall'interno e di imporre la legalità con i propri autonomi strumenti, sottraendosi così ai desiderata della magistratura associata, e vuole una magistratura autorevole ma a sua volta restituita al suo equilibrato ruolo di accertamento delle responsabilità individuali e sottratta definitivamente alle lusinghe demagogiche della assunzione di un improprio ruolo di trasformazione e di palingenesi della società, in quanto tale inevitabilmente destinato a fallire ed a provocare ulteriori effetti di squilibrio e di destabilizzazione politica ed istituzionale. Giustizia: dal processo digitale spiraglio per una maggiore efficienza di Giovanni Negri Il Sole 24 Ore, 26 dicembre 2014 Se si tratti di fideismo tecnologico oppure di apertura corroborata già da risultati è da vedere. Di certo ieri il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel sottolineare ancora una volta la lentezza come male endemico della nostra giustizia civile, ha visto almeno uno spiraglio di soluzione. Il processo telematico nelle parole del Capo dello Stato rappresenta un elemento importante e tanto più significativo visto che siamo alla vigilia di un nuovo passo per la sua estensione. Napolitano ha ricordato che "purtroppo la situazione, nonostante qualche miglioramento negli anni recenti, continua ad essere insoddisfacente, specie nella giustizia civile, ma vedo aprirsi la possibilità che il problema venga avviato a soluzione, con interventi compatibili con una logica di efficienza del sistema e, in particolare, estendendo e completando l'informatizzazione del processo". Insomma, con cautela comprensibile il Presidente della Repubblica non sembra vedere molte alternative all'utilizzo del digitale nel settore della giustizia. Lo stato dell'arte non permette ancora una valutazione compiuta, ma certo alcuni segnali sono incoraggianti. Tanto da avere convinto il ministero della Giustizia a insistere, dando in qualche modo eco alle osservazioni di Napolitano che anche ieri davanti al plenum del Csm ha ricordato che le riforme a costo zero sono una "meravigliosa utopia", ma per restituire efficienza al sistema giustizia, sono indispensabili "prassi virtuose e investimenti che portino ad una produttività crescente della spesa per il sistema giustizia". E annidato tra le pieghe della Legge di stabilità in discussione per il voto finale alla Camera c'è proprio uno stanziamento articolato su un triennio: è cioè istituito presso il Ministero, un fondo, con dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2015, di 90 milioni per il 2016 e di 120 milioni a decorrere dal 2017, per il recupero di efficienza del sistema giudiziario e per il completamento del processo telematico. Se basteranno è dubbio, ma intanto può essere consolante che almeno il processo digitale sia salvo da ulteriori sollecitazioni all'insegna della spending review. Già, perché il processo telematico dalla prossima settimana, dal 1° gennaio, verrà esteso anche a tutte le controversie che sinora viaggiavano su un doppio binario, carta-digitale, perché già in corso alla data dello scorso 1° luglio, quando la modalità online è diventata esclusiva per una larghissima parte degli atti processuali. I risultati si sono cominciati a vedere. Anche se non ancora misurabili in termini di riduzione dei tempi processuali (questi effetti saranno probabilmente accertabili tra qualche settimana al momento dell'inaugurazione dell'anno giudiziario). Intanto, rendeva noto il ministero, i risparmi di spesa in un solo mese, il primo, a luglio, per quanto riguarda le comunicazioni e le notificazioni assommava a oltre 40 milioni. I tagli dei tempi nel rilascio del decreto ingiuntivo è ormai nell'ordine del 60 per cento. La mole di atti che transitano sul canale telematico è ormai imponente. E questo va ascritto a merito del ministero della Giustizia che ha resistito alle sollecitazioni di uno slittamento del debutto estivo e conferma ora l'allargamento. Sull'altro piatto della bilancia, le frequenti difficoltà del sistema reggere il crescere del volume degli atti online, con gli stalli e i blocchi che paralizzano gli uffici giudiziari; la disparità di situazioni e di efficienza nelle varie sedi; le difficoltà che rallentano il passaggio digitale nel più delicato, per molti versi, procedimento penale. Tuttavia è significativo che il Capo dello Stato abbia messo l'accento, in termini di fiducia, su un cambiamento che è più organizzativo che normativo. Quando invece su questi ultimi ha invitato a una maggiore cautela, soprattutto rispetto a interventi sui codici di procedura che troppo spesso sono stati oggetto di modifiche "spesso improvvisate" che invece di risolverla, "accentuano la crisi della giustizia". Un monito tanto più importante perché arriva quando il Consiglio dei ministri si accinge ad approvare la legge delega per la revisione complessiva del Codice di procedura civile. Giustizia: il 15 gennaio chiudono le mense delle carceri gestite dalle cooperative sociali L'Adige, 26 dicembre 2014 Sono a rischio 200 posti di lavoro delle 10 cooperative che con coraggio stanno gestendo le mense degli istituti di pena. "Sebbene sia difficile oggi parlare di re-inserimento sociale e lavorativo dei detenuti bisogna prendersi la responsabilità di farlo. Un detenuto che impara un mestiere in carcere, è un criminale in meno che torna a delinquere al termine della sua pena. "Lo stesso ministero di Giustizia e il Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) confermano che grazie al lavoro delle cooperative sociali il tasso di recidiva, cioè di ex detenuto che torna a delinquere, si abbatte dal 80% a meno del 10%". A ricordarlo è Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà - Confcooperative richiamando l'attenzione su quanto accadrà tra pochi giorni alle cooperative sociali che gestiscono le mense degli istituti penitenziari. "Sono le esperienze, i fatti, a parlare sotto gli occhi di tutti. Il 15 gennaio chiuderanno le 10 cooperative sociali in Italia che, con delle sperimentazioni coraggiose, stanno gestendo da anni le mense degli istituti di pena. È così che riescono ad assumere e dare un'opportunità di re-inserimento sociale e lavorativo ai carcerati". "Il mese scorso - continua Guerini - sono stati proprio dei detenuti i protagonisti invisibili della cena organizzata a Roma dall'Autorità Europea Antifrode in occasione dell'evento per il Semestre Italiano di Presidenza dell'Unione Europea. Camerieri e cuochi normali e speciali allo stesso tempo, in grado di competere con i migliori ristoranti stellati e, allo stesso tempo, costruirsi un futuro diverso, migliore". "Certo, si parla di storie, che fanno molto meno rumore di un arresto eccellente, generano meno indignazione. Chiediamo alle Istituzioni - prosegue Guerini - un'assunzione di responsabilità e distinguere le buone esperienze e prendere, con determinazione, le decisioni più adeguate. Nel corso del 2014, la nostra organizzazione ha scritto tre lettere al ministro della Giustizia per segnalare il problema, ma senza che si riuscisse ad affrontare con determinazione il caso". "Solo qualche mese fa l'Italia per rispondere alla condanna della Corte per i diritti dell'uomo per le condizioni delle carceri - conclude Guerini - valorizzava l'esperienza dell'inserimento lavorativo, adesso invece che estendere queste esperienze al resto del Paese, le cancelliamo con un colpo d'ala, come se niente fosse. È come se dall'oggi al domani si decida di chiudere un'impresa d'eccellenza e mandare a casa oltre 200 lavoratori, detenuti che in carcere stanno cercando di ripartire, diventare pizzaioli, camerieri, cuochi". Lettere: sposare un carcerato e scoprire (insieme) cos'è la libertà di Giuditta Boscagli www.ilsussidiario.net, 26 dicembre 2014 Ogni volta che si parla di carcere l'opinione pubblica rischia di dividersi in due fazione contrapposte: quella dei giustizialisti, che si permettono di andare fuori dalle procure e dalle carceri ad insultare gli arrestati o che ritengono doveroso eliminare tutte le cooperative sociali dalle cucine carcerarie perché una è inquisita, e quella dei buonisti, che invece per tutti i crimini riescono a trovare una giustificazione che levi dalle proprie responsabilità chi li ha commessi. Ma c'è possibilità di trovarsi tra i due poli opposti? Esiste una sola probabilità di poter guardare ai detenuti come uomini e non come "mostri" o come "incapaci di intendere e di volere"? A me è accaduto grazie ad una serie di incontri e ad uno in particolare, avvenuto nell'estate del 2010 quando ho conosciuto mio marito, che all'epoca stava scontando il suo ottavo anno nelle patrie galere. Mi son scoperta innamorata di lui da subito e allo stesso tempo è stato immediatamente chiaro che avrei dovuto fare i conti con il suo passato, con il carico di dolore e di fatica che si portava alle spalle e al quale la detenzione ancora lo costringeva. Il mondo del carcere è un mondo brutto, duro e faticoso da affrontare, ma è un mondo fatto di uomini: i carcerati, gli agenti, i volontari e le cooperative che danno lavoro ai detenuti hanno ogni giorno la responsabilità e la possibilità di rendere quel luogo un inferno o un'occasione di rinascita, esattamente come lo abbiamo noi sul nostro posto di lavoro e in qualunque altra circostanza siamo chiamati a stare. La vita di mio marito è cambiata dietro le sbarre perché la sua famiglia e alcuni amici fidati non lo hanno mai abbandonato, perché lui stesso ha deciso di giocarsi nuovamente la propria libertà e di intraprendere un cammino di rinascita, perché ci sono in Italia persone che decidono di affrontare mille ostacoli burocratici e di portare lavoro agli ultimi, ai dimenticati, a quelli che rinchiudiamo perché vorremmo dimenticarci non solo dei crimini che hanno commesso, ma della loro stessa esistenza. Quel che dentro il carcere diventa più evidente è in realtà la dinamica normale della rinascita di ciascuno di noi: la possibilità di lavorare e rendere utile il tempo di ogni giornata, l'incontro con qualcuno che non solo ci offre un'occupazione, ma ci propone un amicizia e un cammino insieme (professionale e umano), la prospettiva di un futuro che sembrava oscuro e che un incontro rende invece luminoso e pieno di speranza. Questo è ciò che è accaduto a mio marito, ma allo stesso tempo, seppure con modalità e in contesti molto differenti, è successo anche a me e quando ci siamo incontrati è stato per entrambi naturale e immediato desiderare di percorrere questo cammino insieme, affrontare insieme sacrifici, fatiche, gioie e soddisfazioni. Per quasi quattro anni abbiamo atteso la scarcerazione, vivendo intanto ogni circostanza come occasione per approfondire il bene che ci vogliamo e sentendo così crescere in noi anche il desiderio di poterci sposare, di poter vivere insieme anche la semplice quotidianità. Quando all'inizio di quest'anno finalmente le porte del carcere si sono di nuovo aperte è bastato poco più di un mese per radunare amici e familiari e presentarci di fronte all'altare, per affidare a Dio quel che Lui stesso ci ha donato, il cammino avventuroso e meraviglioso di questi quattro anni e tutti i passi che ancora ci verrà chiesto di fare. Siamo stati messi subito alla prova anche in questa nuova condizione (appena uscito dal carcere la crisi ha sottratto a mio marito il lavoro che avrebbe dovuto intraprendere e per due mesi è rimasto a casa disoccupato, lui che anche in carcere ha sempre lavorato!), ma non c'è circostanza o rapporto che nel tempo non ci dimostri che ogni situazione è un'occasione: grazie alla perdita di quell'occupazione da maggio è tornato a fare il fabbro, la sua professione e la sua passione. La nostra non è una bella favola che il matrimonio ha coronato e nella quale tutto fila liscio dopo anni di sacrifici, ma è la sfida a cui ciascuno è chiamato attraverso le situazioni di ogni giorno. Abbiamo certamente avuto un fidanzamento inusuale, ma è stata proprio la condizione oggettiva del carcere a rendere il nostro rapporto da subito "essenziale" e a segnare ogni passo del cammino. Noi non abbiamo fatto niente di speciale: abbiamo solamente intravisto negli amici una possibilità di compagnia così grande, una condivisione così profonda da non essere scappati di fronte a ciò che la vita ci stava proponendo… ma questo lo possono fare proprio tutti. Piemonte: il Garante dei detenuti; sbagliato sopprimere progetti coop nel carcere di Ivrea La Sentinella del Canavese, 26 dicembre 2014 "Rischiamo di buttare via il bambino con l'acqua sporca - dichiara Bruno Mellano, garante dei detenuti del Piemonte. Il ministero non ha valutato la qualità della formazione professionale". Levata di scudi in Piemonte contro la soppressione, annunciata dal ministro della giustizia Andrea Orlando, dei progetti di reinserimento lavorativo dei detenuti tramite le cooperative che operano nel settore della ristorazione. Da dieci anni - è stato ricordato il 24 in una conferenza stampa - queste iniziative sono attuate nel carcere di Torino, dove lavorano 35 persone e una decina di cooperative. Da otto mesi un progetto analogo è stato attivato a Ivrea. "Rischiamo di buttare via il bambino con l'acqua sporca - dichiara Bruno Mellano, garante dei detenuti del Piemonte -. Il ministero non ha valutato la qualità della formazione professionale di centinaia di detenuti. Si sono messi in difficoltà i direttori delle carceri perché si vuole, da un giorno all'altro, che i detenuti preparino pasti senza alcuna formazione". "Rabbia e sdegno" è stata espressa dai rappresentanti delle cooperative, mentre Domenico Minervini, direttore del carcere di Torino, si dice "amareggiato e imbarazzato. Si tratta di un salto indietro di dieci anni, si sarebbe potuto discuterne almeno ancora un paio di mesi. L'amministrazione penitenziaria - ha concluso - non può comportarsi come un notaio e prendere atto della decisione". Lecce: recluso in una cella inferiore ai tre metri, disposto risarcimento per un detenuto Corriere Salentino, 26 dicembre 2014 Detenuto in condizioni disumane in palese violazione dell'articolo tre della Convenzione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Novecento quarantuno giorni per l'esattezza trascorsi in una cella inferiore ai tre metri quadrati. Laci Shkelzen, 29enne di origini albanese, verrà ora risarcito con 7 mila e 500 euro. Il risarcimento danni è stato stabilito dal giudice del Tribunale di Sorveglianza Emanuela Foggetti che ha accolto il reclamo presentato dall'avvocato Simone Viva. Con questa decisione è stata ravvisata, come per un recente analogo caso, la violazione dell'articolo tre proprio nell'ipotesi di restrizione in una cella nella quale il detenuto abbia a sua disposizione uno spazio inferiore ai 3 metri. E proprio in una cella simile ad un buco il detenuto avrebbe trascorso quasi tre anni in altrettanti penitenziari italiani tra Padova, Trani e Lecce. A Borgo San Nicola Shkelzen è rimasto detenuto fino al primo agosto di quest'anno quando è stato presentato il reclamo. Dalla istruttoria è emerso che il 29enne albanese all'interno del carcere di Trani abbia condiviso una cella, a periodi alterni, con altri 8,7,6,5,4 compagni. In ragione del numero degli occupanti, il detenuto si muoveva in uno spazio vivibile inferiore ai tre metri quadrati. Infine a "Borgo San Nicola" il detenuto è rimasto confinato nel reparto R2 dal 5 febbraio del 2010 al 5 marzo di quest'anno in uno spazio pari a 2,86 metri quadrati. Sulla scorta di tutti questi elementi il Tribunale di Sorveglianza ha ritenuto integrata la violazione dell'articolo tre della Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo. Scarcerato ad agosto e non potendo più usufruire della riduzione di pena, nell'udienza dell11 dicembre scorso il legale Viva ha avanzato una richiesta risarcitoria da liquidarsi in 8 euro per ogni giorno vissuto "in condizioni degradanti". Nei giorni scorsi è stato depositato il provvedimento. Il giudice Foggetti ha così accolto il reclamo riconoscendo al detenuto un risarcimento pari a 7 mila e 500 euro. Firenze: manifestazione dei Radicali davanti a Sollicciano, a capodanno arriverà Pannella www.ilsitodifirenze.it, 26 dicembre 2014 L'altro ieri i Radicali dell'Associazione "Andrea Tamburi" hanno manifestato davanti al carcere fiorentino di Sollicciano per chiedere i provvedimenti di amnistia e indulto. Il presidio rientra nella serie di iniziative che i radicali hanno in programma per il mese di dicembre in occasione della mobilitazione nazionale sul Satyagraha di Natale che culminerà la notte di San Silvestro quando il Vice-presidente della Camera, Roberto Giachetti, insieme al leader storico dei Radicali, Marco Pannella, e alla Segretaria di Radicali Italiani, Rita Bernardini, entreranno dentro l'istituto di Sollicciano. In merito alla manifestazione di ieri mattina sono intervenuti Massimo Lensi e Maurizio Buzzegoli dell'Associazione "Andrea Tamburi": "Serve che la politica inizi ad occuparsi seriamente del problema penitenziario, le soluzioni finora messe in campo non affrontano strutturalmente i problemi che affliggono migliaia di detenuti e di agenti della polizia penitenziaria: servono amnistia e indulto". I due esponenti radicali hanno infine lanciato una richiesta al Presidente Enrico Rossi e al Consiglio regionale: "Auspichiamo che nella legge finanziaria da poco approvata venga riportata l'attenzione sulla sanità nelle carceri toscane: in particolare l'urgenza riguarda l'istituzione di un presidio sanitario nel carcere di Sollicciano". Messina: oggi i Radicali in piazza per chiedere l'istituzione del Garante dei detenuti www.messinaora.it, 26 dicembre 2014 Oggi, 26 dicembre, dalle 10,30, in piazza Unione Europea, sit-in di solidarietà e sostegno all'iniziativa nazionale del Satyagraha di Natale, con oltre 600 adesioni, per l'Amnistia e la Giustizia giusta. A renderlo noto, l'associazione Radicale Messina Leonardo Sciascia. L'iniziativa è finalizzata a sensibilizzare e informare l'opinione pubblica "sulle condizioni delle carceri e degli Opg (Ospedali Psichiatrici Giudiziari), sulla disparità di trattamento tra i vari istituti di pena e tra i detenuti, sulle cosiddette pene alternative al carcere". Lo scorso 28 maggio è stata consegnata al sindaco di Messina una formale proposta per la nomina anche a Messina del Garante dei detenuti che potesse ristabilire l'indispensabile controllo a difesa dei cittadini più deboli e contro ogni tipo d'abuso: "Un organo di garanzia, già previsto in decine di comuni, con funzioni di tutela delle persone private o limitate della libertà personale. Proposta scaturita dopo un pubblico dibattito al quale hanno partecipato tra gli altri Marcello Minasi, già procuratore generale della Corte d'Appello di Messina, Giovanni Moschella, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico, Emanuele Crescenti, procuratore aggiunto del Tribunale di Palmi, e l'avvocato Gianluca Novak". L'appuntamento odierno "servirà quindi a sollecitare, a sette mesi dalla richiesta, un intervento dell'Amministrazione comunale che possa adeguare anche la nostra città a quanto previsto dall'ordinamento penitenziario (legge 14/2009) e a quanto disposto dagli articoli 18 e 67". Pescara: il parlamentare Gianni Melilla (Sel) visita il carcere nel giorno di Natale www.cityrumors.it, 26 dicembre 2014 Nell'ambito del "Satyagraha di Natale con Marco Pannella", Gianni Melilla, parlamentare di Sel, ha visitato il carcere di Pescara, accompagnato dal direttore dell'istituto penitenziario e dal comandante della polizia. "Con la mia visita", sottolinea Melilla. "Ho voluto così confermare il mio impegno per migliorare la condizione dei detenuti e del personale della polizia penitenziaria e amministrativa delle nostre carceri". In Abruzzo negli 11 istituti di pena vi sono 1886 detenuti, 384 in più rispetto alla capienza regolamentare di 1502. Di essi 205 sono extracomunitari. A Pescara ve ne sono 250 di cui una settantina in attesa di giudizio e gli altri definitivi. Nel carcere di Pescara oltre un quarto dei detenuti è impegnato in attività lavorative, alcune delle quali innovative come la digitalizzazione, la produzione di dolci, e la produzione di pane semi integrale. Il personale di polizia penitenziaria è sempre sotto organico e deve sottoporsi a turni di lavoro pesanti e stressanti. È stato istituito positivamente il servizio psichiatrico e l'assistenza sanitaria piena di 24 ore. "Resta sullo sfondo", chiosa Melilla, "la necessità di una radicale riforma del sistema penitenziario per attuare il dettato costituzionale della rieducazione dei detenuti al fine di evitare che quando escono dal carcere possano tornare a delinquere. La previsione di misure di clemenza, più volte richiamate dal Papa, dal Presidente della Repubblica e dai radicali, con in testa Marco Pannella, può essere una scelta giusta se accompagnata da investimenti sull'edilizia penitenziaria, sulla formazione professionale dei detenuti, e sul miglioramento delle condizioni di lavoro del personale penitenziario a partire dalla copertura piena degli organici". Palermo: "La Festa del Giardino Incantato", Natale con i miei al carcere dell'Ucciardone www.ilmoderatore.it, 26 dicembre 2014 In Italia sono 100mila i bambini e gli adolescenti che ogni giorno entrano nei 213 Istituti penitenziari italiani per incontrare il proprio papà o la propria mamma detenuti. Quotidianamente sostengono il peso della separazione, dei pregiudizi, delle difficoltà economiche, della vergogna per una condizione che li rende estremamente "vulnerabili". La detenzione del proprio genitore li coinvolge, ne trasforma la quotidianità, rendendoli fragili sul piano psicologico. Sono emarginati a scuola, nel quartiere dove vivono, nel gruppo sociale di appartenenza. Nascondono la propria personale storia familiare, fino a negarla. I figli di genitori detenuti sono bambini a grave rischio di discriminazione ed esclusione sociale. A tutela di questo piccolo esercito di minori, per la prima volta in Europa e in Italia, il 21 marzo scorso, il Ministro della Giustizia e il Garante per l'Infanzia hanno firmato "La Carta dei figli dei genitori detenuti". Un Protocollo d'Intesa che riconosce formalmente il diritto dei figli minorenni di persone detenute alla continuità al proprio legame affettivo con il proprio genitore durante la detenzione, così come sancito dall'articolo 9 della Convenzione Onu dei Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza. In piena sintonia con la campagna europea "Non un mio crimine, ma una mia condanna" l'associazione Culturale "90100" promuove il Progetto artistico "Natale con i miei", ispirato a una frase che troppi bambini innocenti non possono pronunciare a causa della detenzione di uno o entrambi i genitori. L'iniziativa offrirà un dono speciale agli oltre 100 figli minorenni (età 0/14 anni) dei detenuti della Casa Circondariale Ucciardone di Palermo, permettendo loro di trascorrere le Festività insieme ad entrambi i genitori, per un Natale senza sbarre. Un evento unico nella storia del Carcere cittadino, mai avvenuto in precedenza, che avrà luogo sabato 27 dicembre 2014 presso "Il Giardino di Babbo Natale", una fiabesca oasi del divertimento in tema natalizio che l'Associazione Culturale "90100" ha allestito nell'area verde all'interno delle mura carcerarie dell'Ucciardone. Lo speciale evento, dal titolo "La festa del giardino incantato", consentirà a 100 bambini figli di persone detenute, di poter trascorrere con i propri genitori una mattina speciale, allietati da: melodie tradizionali natalizie, animazione di coinvolgenti operatori in costume di scena, maxi giochi gonfiabili, postazioni golose come il carretto delle ciambelline e dello zucchero filato, spettacoli di magia, Casetta di Babbo Natale con postazione Foto Ricordo da portar via… Inoltre, a tutti i bambini presenti saranno offerti giocattoli, palloncini e un goloso "Pic-nic Natalizio" che potranno gustare in allegria insieme con mamma e papà. "Natale con i miei" intende affermare un modello di evento artistico connotato dal forte impegno sociale finalizzato a buone prassi di solidarietà e integrazione culturale; sensibilizzando l'opinione pubblica sulla delicata tematica della "genitorialità fragile" delle persone recluse. Il progetto, inoltre, per i detenuti che per vari motivi non potranno avere il conforto della presenza familiare durante le Festività Natalizie, prevede per loro un piacevolissimo momento d'intrattenimento con lo spettacolo comico-musicale "Fiato di madre… e voglio dire" scritto e interpretato dal popolarissimo attore Sergio Vespertino, con musiche originali e accompagnamento in scena del Maestro Pierpaolo Petta. La messa in scena, che avrà luogo sabato 03 gennaio 2015 all'interno del Teatro del Carcere Ucciardone, non è un semplice spettacolo di cabaret ma è teatro, poesia, ricordi e suggestioni. Uno speciale regalo che l'Associazione Culturale "90100" intende offrire ai detenuti del Carcere cittadino, la possibilità di trascorrere un'ora d'aria "emotiva" trasportati da battute esilaranti e suggestive melodie. Con i migliori auguri per una prossima e più felice opportunità di vita. "Natale con i miei" propone una "Festa condivisa" all'interno del Carcere Borbonico dell'Ucciardone, che possa essere d'ispirazione per un reale cambiamento culturale. Il più bel regalo che si possa offrire alla Comunità. Palermo: per Natale l'associazione Antigone a messa con detenuti dell'Ucciardone Ansa, 26 dicembre 2014 Anche quest'anno i rappresentanti dell'associazione Antigone, Pino Apprendi e Vincenzo Scalia, hanno visitato il carcere Ucciardone di Palermo "per assistere alla messa di Natale insieme ai detenuti e al personale del carcere". "Il lavoro apprezzabile che viene svolto da tutto il personale, per cercare di rendere meno pesante la detenzione, - dice Apprendi - purtroppo viene vanificato dalle condizioni strutturali del carcere, di memoria borbonica, e dal sovraffollamento. I detenuti che hanno partecipato alla cerimonia, alla fine hanno letto due lettere, dove, dopo avere espresso le loro considerazioni sull'evento della natività, hanno rivolto un pensiero alle loro famiglie e soprattutto hanno parlato dei bambini che nel mondo muoiono di fame. Un particolare ringraziamento lo hanno rivolto alla direttrice del carcere Rita Barbera ed a tutto il personale". Mantova: il vescovo Busti ai detenuti "la pace è nel vostro cuore" La Gazzetta di Mantova, 26 dicembre 2014 Parole ascoltate attentamente dai detenuti seduti tra i banchi della cappella interna al carcere. "Il vostro desiderio più grande è naturalmente la libertà - ha detto Busti - ma la vera libertà è quella che permette a ciascuno di noi di credere che la vita andrà avanti anche dopo la morte". "Il Signore non lascia fuori nessuno dalla sua casa, è con tutti noi e noi dobbiamo farci attraversare dalla sua luce". È un messaggio chiaro e pieno di speranza quello che il vescovo di Mantova Roberto Busti ha lanciato all'interno del penitenziario di via Poma la mattina di Natale, durante la tradizionale messa celebrata assieme ai detenuti. Il presente è ricco di insidie, di difficoltà, soprattutto per chi deve intraprendere un processo di redenzione e di ritorno alla vita, ma per chi sta lottando è fondamentale sapere che non si è da soli, ma che anche Dio percorre questa strada stando al fianco di chi soffre, a patto che ci sia una piena apertura verso di lui. La cerimonia, officiata da Busti assieme a don Lino Azzoni, si è aperta con la lettura di una lettera dei detenuti al vescovo, in cui era contenuto un invito a non abbandonarli nel cammino verso il proprio reinserimento all'interno della società. Busti ha poi preso immediatamente la parola, fornendo un'analisi assai attuale sul significato della parola pace: "Si tratta di un termine molto importante -ha spiegato il vescovo- , soprattutto nel mondo di oggi, in cui permangono situazioni gravissime e in cui sembra che tutte le soluzioni si possano trovare con le armi. Ma la vera pace nasce all'interno del nostro cuore, che a sua volta deve essere in pace verso gli altri. Il confronto con Dio ci deve guidare, e il Signore non lascerà indietro nessuno". Parole ascoltate attentamente dai detenuti seduti tra i banchi della cappella interna al carcere, molti dei quali di religione musulmana, e tra i quali trovava posto anche uno dei presunti assassini di Magnacavallo. "Il vostro desiderio più grande è naturalmente la libertà -ha proseguito poi Busti, ma la vera libertà è quella che permette a ciascuno di noi di credere che la vita andrà avanti anche dopo la morte, con un cammino vero. Gesù era dato per morto, ma i discepoli, pur smarriti e impauriti, hanno creduto e lo hanno visto risorto. Da qui bisogna partire". E da qui parte infatti il cammino verso la redenzione: "La luce di Dio fa vedere chiaramente la realtà e la propria vocazione. Ascoltando la parola del Signore è possibile sentire la sua chiamata. Nel farvi gli auguri voglio che sappiate che c'è qualcuno al quale potete affidarvi, che con la sua luce vi guida in questo cammino. La vostra sofferenza vi aiuti a liberare il vostro cuore". "Se c'è un'immagine, un simbolo, una parola che può riassumere le sensazioni che genera questa santissima notte di Natale e i giorni che la seguono, questa parola è luce". Sono state queste le prime parole pronunciate dal vescovo Roberto Busti nell'omelia della vigilia in una basilica di Sant'Andrea gremita. "La festa del Natale - ha detto Busti - non poteva che essere collocata in questi giorni dell'anno, quando il sole, seppure timidamente, dopo il solstizio d'inverno, comincia a riappropriarsi delle ore del giorno. E la stessa pietà popolare, almeno nei nostri paesi europei, ha assunto la luce e le luci come elemento caratteristico del Natale". Il vescovo ha sottolineato come si sia inserita anche una certa sovrastruttura commerciale e consumista, ora attenuata per la crisi che sembra "senza spiragli di uscita". "Ma alla radice rimane una sorta di intuizione profonda - ha spiegato Busti - un desiderio non cancellato di accettare che questo mistero illumini almeno un poco di strada dentro il cuore di ciascuno. Forse manteniamo ancora la capacità di commuoverci davanti alle piccole luci che adornano il nostro presepio o l'albero di Natale accanto ai doni per i nostri bambini; ma, al fondo, esse riflettono, forse poco e male, una bellezza ben più grande e più piena: quella attesa del popolo che camminava nelle tenebre e ha visto una grande luce: questa luce si chiama speranza: ieri come oggi. Credo che dobbiamo affermarlo senza timore di mettere a rischio le nostre sicurezze: a Natale la nostra umanità sente vicino il suo mistero, il desiderio di conoscere qualcosa che inesorabilmente sfugge, ma che ciascuno di noi porta in sé. E comprendiamo, forse in un modo ancor troppo superficiale, che questo mistero non è solo un vuoto, una inevitabile incomprensione, ma offre tutta la sua natura di promessa". India: Card. Bagnasco; sui marò mancanza disponibilità e non da governo italiano di Vanda Sarto www.romacapitalenews.com, 26 dicembre 2014 Terzo Natale consecutivo per i due marò detenuti in India. In realtà quest'anno qualcosa è cambiato, infatti mentre Salvatore Girone si trova ancora sotto il controllo delle forze indiane, il collega è in Italia da qualche mese per farsi curare. Una vicenda che ha gettato molte ombri sul nostro governo e su quelli precedenti, perché nonostante le trattative con il governo indiano, i due fucilieri ancora in attesa di sentenza, sono detenuti in India. In questi tre anni non sono mancati gli appelli di solidarietà per chiedere il loro rientro in patria: manifestazioni e cortei hanno sfilato nelle più importanti piazze italiani ma il monito e la richiesta sono ancora inascoltati. Oggi ha scuotere le coscienze è il cardinale Angelo Bagnasco che da Genova spiega come si tratta di "una mancanza di disponibilità da parte di chi dovrebbe dimostrarla". Dopo il monito del presidente della repubblica, Giorgio Napolitano e quello del premier Matteo Renzi rivolti alle autorità indiane, tocca ai prelati e alla Chiesa. "È un fatto che non comprendo. Le situazioni sono complicate e complesse ma tre anni sono molti. Si presume che non ci sia molta disponibilità da parte di chi dovrebbe dimostrarla. E non parlo del nostro governo", ha ancora affermato Bagnasco. Intanto da New Delhi sono arrivati gli auguri di Salvatore Girone e dalla Puglia quelli di Massimiliano Latorre. "Buon Natale ai cari colleghi che sono impegnati nelle missioni ed a quanti di essi invece hanno la fortuna di essere riuniti con le loro famiglie", ha scritto in un messaggio di cui l'Ansa ha ricevuto il testo il marò rimasto in India, che ha poi aggiunto: "Un sentito buon Natale alla gente bisognosa che in questa difficile epoca affronta con difficoltà la quotidianità della vita. I miei auguri di buon Natale vanno poi a tutti i bambini che non possono ricevere calore e affetto dai loro cari lontani". Mauritania: giovane condannato a morte per aver criticato Maometto su Internet La Repubblica, 26 dicembre 2014 Processato per apostasia a Nouadhibou, nel nordest del Paese, per un articolo in cui aveva "parlato con troppa leggerezza del Profeta", l'autore dello scritto si era difeso affermando di "voler difendere i fabbri, maltrattati". Alla lettura del verdetto è svenuto, mentre caroselli di auto festeggiavano fuori del tribunale. Un giovane mauritano è stato condannato a morte per apostasia dell'islam mercoledì sera da un tribunale di Nouadhibou, nel nordest del paese. Lo ha reso noto una fonte giudiziaria. Mohamed Cheikh Ould Mohamed, in un articolo pubblicato su alcuni siti internet, aveva criticato decisioni prese da Maometto e i suoi compagni. L'annuncio della sentenza è stato salutato in aula e in città da grida di esultanza e caroselli di auto. Per l'accusa l'imputato "aveva parlato con leggerezza del Profeta" e meritava la pena di morte, prevista dal codice penale mauritano in caso di apostasia dell'islam. Il giovane, vicino alla trentina, arrestato un anno fa, si era difeso affermando di non aver voluto offendere Maometto, ma "difendere uno strato della popolazione maltrattato, i fabbri", dal quale proveniva. "Se dal mio testo si è potuto comprendere quello di cui sono accusato - aveva detto - io lo nego completamente e me ne pento apertamente". Nel suo articolo Ould Mohamed aveva accusato la società mauritana di perpetuare un "ordine sociale iniquo ereditato" dai tempi del Profeta. Durante il processo, il primo di questo genere in Mauritania, si erano tenute manifestazioni nel paese che chiedevano la pena di morte per il giovane. Un famoso avvocato locale che lo difendeva aveva rinunciato all'incarico per le minacce subite. Ucraina: filorussi; intesa su scambio prigionieri con Kiev, nel corso dei negoziati a Minsk Ansa, 26 dicembre 2014 I ribelli filorussi dell'est dell'Ucraina hanno annunciato di avere concluso un accordo con Kiev, nel corso dei negoziati a Minsk, per attuare uno scambio dei prigionieri. "C'è un accordo" per lo scambio di 225 ucraini detenuti dai separatisti con 150 ribelli incarcerati dalle autorità ucraine", ha reso noto il presidente della autoproclamata Repubblica di Lugansk, Igor Plotnitski. "È possibile" che lo scambio dei prigionieri avvenga nel fine settimana, ha aggiunto. Turchia: liceale 16enne è stato arrestato e poi scarcerato per aver insultato Erdogan Agi, 26 dicembre 2014 Un liceale di 16 anni è stato arrestato in Turchia, nella città di Konya, per aver "insultato" il presidente, Recep Tayyip Erdogan, accusando lui e il suo partito di corruzione. Il ragazzo, identificato dalla stampa locale con le sole iniziali, M.E.A. e che, secondo le fonti, milita in un movimento di sinistra, avrebbe "insultato" l'uomo forte di Ankara mercoledì, durante una cerimonia in memoria di un giovane insegnante laico ucciso dagli islamisti nel 1930. Arrestato nella tarda serata e portato dinanzi a un giudice, è stato incriminato e posto in custodia cautelare. Ora rischia quattro anni di carcere. Scarcerato 16enne incriminato per "insulti" a Erdogan In Turchia è stato rimesso in libertà il liceale di 16 anni arrestato con l'accusa di aver insultato il presidente, Recep Tayyp Erdogan, durante una manifestazione a Konya, in una regione centrale, mercoledì scorso. Lo hanno riferito i media turchi. Il giudice locale ha accolto il ricorso contro l'arresto presentato dall'avvocato del giovane. Il giovane, che milita in un gruppo di estrema sinistra, rischia fino a quattro anni di carcere per aver accusato di corruzione l'uomo forte di Ankara in un discorso per commemorare un giovane insegnante laico ucciso dagli islamisti nel 1930. La polizia lo aveva arrestato in serata e il giorno di Natale un magistrato lo ha incriminato. Il governo turco, guidato dal 2003 all'agosto 2014 da Erdogan, poi eletto presidente, è stato oggetto nell'estate del 2013 di un'azione di protesta popolare senza precedenti contro la sua "deriva autoritaria" e "islamista". Nell'inverno a cavallo tra il 2013 e il 2014, l'esecutivo è stato sconvolto da un vasto scandalo di corruzione, che ha portato all'avvicendamento di quattro ministri coinvolti nell'inchiesta della magistratura. Ma Erdogan, che è stato eletto presidente ad agosto, accusa il suo ex alleato, divenuto suo acerrimo nemico, l'imam in esilio, Fethullah Gulen, di aver orchestrato le accuse per defenestrarlo. Tunisia: arrestato il blogger Yassine Ayari, aveva "screditato" l'esercito su Facebook La Repubblica, 26 dicembre 2014 L'attivista era stato condannato in contumacia per la diffamazione di quadri militari. È stato prelevato dagli agenti al suo arrivo in aeroporto dalla Francia. È stato uno dei leader della rivoluzione dei gelsomini. L'attivista tunisino Yassine Ayari è stato arrestato ieri sera tardi al suo arrivo dalla Francia all'aeroporto di Tunisi. Lo riportano la stampa locale e quella francese. Radio France Internationale cita come fonte l'avvocato di Ayari, Samir Ben Amor, il quale spiega che l'arresto giunge perché l'attivista il 18 novembre scorso era stato condannato in contumacia a tre anni di prigione dalla giustizia militare con l'accusa di avere screditato l'esercito con dei post su Facebook. Il blogger si è opposto adesso alla condanna e l'udienza è stata fissata per il 6 gennaio. Il legale precisa però che il blogger non era stato avvisato né del processo a suo carico né della condanna, e sostiene che si tratti di un attacco al giovane per le sue posizioni politiche. Samir Ben Amor punta il dito contro l'ancien regime di Ben Ali e sostiene che il suo cliente sia perseguito solo per le sue opinioni dal momento che ha annunciato l'appoggio al Cpr del presidente uscente Moncef Marzouki, il quale non è stato rieletto e nelle elezioni presidenziali di domenica è stato battuto dal leader di Nidaa Tounes, l'88enne Beji Caid Essebsi. La procura militare, riporta la stampa francese, ha precisato che a carico del giovane ci sono tre capi di accusa: diffamazione di funzionari e quadri del ministero della Difesa, pubblicazione di indiscrezioni che rischiano di provocare confusione nelle unità militari e accuse di presunti responsabili di infrazioni finanziarie e amministrative senza presentazioni di prove. Yassine Ayari, attivista già sotto il regime di Ben Ali, ha continuato a operare anche dopo la Rivoluzione dei gelsomini. Figlio del colonnello dell'esercito Tahar Ayari, ucciso a maggio del 2011 negli scontri con un gruppo di jihadisti a Rouhia nel nordovest della Tunisia, negli ultimi mesi si è mostrato molto critico nei confronti del partito Nidaa Tounes e del suo leader Essebsi, denunciando per esempio in un video il disprezzo per i martiri della rivoluzione espresso da alcuni sostenitori di Essebsi.