L'amore entra dentro l'Assassino dei Sogni. Decima parte di Carmelo Musumeci Ristretti Orizzonti, 19 dicembre 2014 Testimonianza di un Uomo Ombra al seminario di Ristretti Orizzonti sugli affetti in carcere del primo dicembre 2014. "Ci sono dei giorni che il carcere dà un tal senso d'inutilità che non riesci neppure a sentirti infelice. E quando mi viene il desiderio di uscire e non posso farlo provo più il desiderio di morire che di vivere". (Diario di un ergastolano www.carmelomusumeci.com). Ornella riprende la parola e annuncia l'intervento del Provveditore Enrico Sbriglia. Nel frattempo mia figlia mi domanda: "Papà, ho fame, ma quando si mangia?". Ed io sono contento che ha fame perché mi sono portato dalla cella per lei una tavoletta di cioccolata, un pacco di patatine e un paio di merendine. Lei li divide con il suo fidanzato. Mi fanno tutti e due tanta tenerezza. E mi viene in mente che quando ero nel carcere di Parma non potevo portargli neppure le caramelle al colloquio. La mancanza di umanità, l'assenza di sentimenti e la carenza di ascolto sono le ragioni per cui molte persone in carcere invece di migliorare, peggiorano. Il Provveditore inizia a parlare. Si è fortunati a stare qui. Perché si vedono delle cose che stando dall'altra parte non si vedono, non è possibile vedere. Queste ore mi hanno deliziato, ho visto mani intrecciate, madri e figli, compagni, figlie che vengono accarezzate dai propri genitori, e che a loro volta accarezzano i padri, e quindi è una bella cosa quella che da questa parte riusciamo a vedere. Non vi nascondo che ho aderito a questa iniziativa, dopo essermi imposto di superare le titubanze, che da qualche tempo mi agitano ogni qual volta partecipo a convegni o a seminari sulle carceri, nelle iniziative è come sbucciare le cipolle, ad ogni lamina, ad ogni tunica, ne compare un'altra di problematicità, e poi un'altra ancora, fino a quando non arrivi alla parte che ti interessa sempre. Poi ti accorgi perché sono cipolle, di avere semmai gli occhi lucidi o rischi di vedere male o ti rendi conto di aver scartato troppo, però ecco non potevo non partecipare, lo dovevo ad Ornella, alla redazione di Ristretti Orizzonti e alle persone detenute che collaborano a questo progetto. Una redazione che con la Rassegna Stampa da anni è divenuta il mio interlocutore privilegiato per confrontarmi sui temi del carcere, il luogo della coscienza ma anche della conoscenza, dove cerco di informarmi su una realtà intensa e complessa nella quale pure sono calato, nella quale forse tutti quanti siamo calati, ma proprio perché sono immerso potrei non vedere e potrei non credere. Da Direttore penitenziario tante volte ho ricevuto i famigliari di persone detenute, per questa ragione nel mio ufficio avevo posto su una mensola facilmente raggiungibile dei giocattoli, che erano per me dei simboli sacri, perché erano i giocattoli dei miei tre figli, ormai sono adulti, quando venivano le madri con i bambini, io ammetto, mi distraevo, pur sentendo la mamma parlare di problemi legati al padre, legati alla carcerazione, legati a quelle cose stupide, il pacco che non entra e il pacco che entra, vengo da lontano e non vogliono farmi fare i colloqui, ho questo problema, vorrei consegnare dei soldi a mio marito ma oggi non è la giornata dei colloqui e quindi non posso depositare questa somma, ma ho la difficoltà a ritornare. Quando mi distraevo da queste immagini, guardavo i ragazzini, e cercavo di vedere quali somiglianze avessero con i miei figli, e gli vedevo fare gli stessi gesti, coglievo il loro sguardo curioso e indispettito quando si trattava di giocattoli meccanici, oppure vedevo lo sguardo amoroso delle bambine quando si trattava di un pupazzetto. Tutti loro non hanno alcuna colpa! È possibile che ci voglia una legge per capirlo? È possibile che ci voglia questo? Tutti loro non hanno alcuna colpa! Non potevano tecnicamente averla, ma sono stati privati del diritto del bene genitoriale. Allora è strana questa democrazia, una democrazia che ormai considero la democrazia del dolore, dove tutti devono soffrire. I figli delle vittime, come i figli degli assassini, le mogli delle vittime, come le mogli degli assassini, e poi tutti coloro che in ogni modo sono coinvolti in questo contesto, compreso fatemi dire, coloro che hanno l'ingrato compito di essere i sorveglianti di un sistema. (…) Penso che purtroppo non tutti gli uomini delle istituzioni sono umani come il Provveditore Enrico Sbriglia. E mi vengono in mente tanti momenti brutti di quando mi trasferivano da un carcere all'altro per fare gli esami. Venivo trattato come un pacco postale, come un oggetto da trasportare con viaggi fra Sulmona e Firenze e tra Nuoro e Firenze. Erano viaggi massacranti con le manette ai polsi per ore ed ore. Lunghe attese dentro la cella del blindato con il caldo e con il freddo, con il mal di vescica per non poter urinare durante il viaggio, ma soprattutto con la paura dell'esito dell'esame. E con la paura di non farcela. Spesso il carcere è una macchina infernale, impazzita, mostruosa che ti mangia l'anima e non puoi fare nulla per non incazzarti. E mi viene in mente quella volta che nel carcere di Firenze non ero riuscito ad incontrare i miei familiari. Quella mattina, con l'ansia di vedere la mia famiglia, mi ero alzato molto presto. Mi ero fatto la doccia, la barba e per l'occasione mi ero messo il gel nei capelli come i ragazzini per sembrare più giovane davanti ai miei figli. Poi però passato un certo orario avevo iniziato a preoccuparmi pensando ad un incidente di macchina. E solo a sera tardi, quando ormai avevo il cuore a pezzi, tramite una "guardia brava" ero riuscito a sapere che la mia famiglia era venuta ma l'avevano mandata indietro senza avvisarmi perché c'era la festa locale del Corpo degli agenti. Spesso in carcere per sopravvivere bisogna trasformare il dolore in una forza che ti aiuta a tirare avanti. Ed è molto difficile parlare con la gente di carcere, perché è un mondo che le persone non conoscono e che per la gran parte viene occultato. Il fatto che le nuove galere siano costruite fuori dai centri abitati è un modo per non fare sapere alla gente che cosa sia l'inferno sulla terra. Continua... Giustizia: che brutta fine ha fatto la riforma di Giovanni Fiandaca (ordinario di diritto penale all'Università di Palermo) Panorama, 19 dicembre 2014 E anche l'inasprimento delle pene per la corruzione è populismo giudiziario. Che fine ha fatto la riforma della giustizia in 12 punti; che il ministro Andrea Orlando lanciò in giugno? Una brutta fine, viene da rispondere, visto che gli annunci hanno sinora prevalso sulle novità varate. In particolare nella giustizia penale, tra le non poche riforme progettate (su criminalità economica e organizzata, prescrizione, accelerazione del processo penale, intercettazioni, ecc.) alcune non sono approdate neppure alla discussione parlamentare. Penso alle misure per rafforzare il contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti: con la riscrittura dell'istituto dell'amministrazione giudiziaria di cui all'articolo 34 del codice antimafia, si prevede il "controllo giudiziario" come nuova misura flessibile e poco invasiva di risanamento delle aziende infiltrate dalla mafia solo in maniera occasionale (accade non raramente, specie al Nord). Se contro il condizionamento mafioso delle imprese si vuol fare sul serio, perché non approvare presto strumenti come questi? A parte il divario tra annunci e risultati, e forse un insufficiente interesse di Matteo Renzi per il settore giustizia, ho l'impressione che il maggiore deficit della politica penale governativa risieda nella mancanza di una visione d'insieme e nella incapacità di prendere posizione sul tasso di garantismo da immettere nel sistema: la conseguenza è che persiste la tendenza a strumentalizzare politicamente il diritto penale, facendolo oscillare a seconda delle convenienze del momento tra repressivismo populista e aspirazione a ripristinare le garanzie. Un esempio: il recente annuncio dì pene ancora più gravi per la corruzione come estemporanea, e verosimilmente inutile, risposta all'indignazione per "Mafia Capitale". Circa poi l'altrettanto improvvisata idea di estendere a corrotti e corruttori la confisca antimafia per potere colpire i patrimoni anche degli eredi, un caveat sarebbe d'obbligo. Mentre ciò è già consentito dalla confisca come misura dì prevenzione, riproporre una misura così drastica sul terreno più penale porrebbe problemi ancora più gravi di costituzionalità. Consiglierei più ponderazione prima di annunciare riforme a getto continuo, non solo destinate a incrementare l'archivio delle promesse mancate, ma anche di problematica compatibilità con ì principi di una politica penale degna di questo nome. Giustizia: lo scandalo delle coop sociali a Roma fatto pagare ai detenuti che lavorano di Luigi Ferrarella Corriere della Sera, 19 dicembre 2014 I detenuti? A parole, ogni governo concorda che avviarli a un lavoro "vero", e a competenze poi spendibili in libertà, è priorità per reinserirli. Ma ora assieme all'acqua sporca dello scandalo romano viene buttato il bambino: il ministero della Giustizia, in 10 carceri dove cooperative sociali sperimentano da 10 anni la gestione delle cucine, dice basta perché la Cassa delle Ammende non ha soldi, e dal 15 gennaio riprenderà all'interno le mense (con mercedi ai detenuti ferme al 1993). Per i 10 direttori è un errore, ed elencano ciò che sì butterebbe via: crollo del numero di chi torna a delinquere, reinserimento sociale, miglior cibo e meno malattie in cella, agenti penitenziari restituiti al loro lavoro. Costa troppo allo Stato? Sul mercato la manodopera (per una giornata alimentare che costa 12 euro) vale circa 3,60 euro, mentre le coop sociali ricevono dallo Stato meno di 2 euro tra gettone e sgravi fiscali. Giustizia: i bambini in visita nelle carceri sono innocenti…trattiamoli bene di Emanuela Zuccalà Io Donna, 19 dicembre 2014 Circa 100 mila minori, ogni anno, varcano i portoni e i cancelli di un carcere. Fanno visita ai genitori detenuti, "e spesso la trafila per il colloquio è un trauma, fra attese interminabili in ambienti non certo adatti a un bambino" dice Lia Sacerdote, presidente dell'associazione Bambini senza sbarre che si occupa di questi minori aiutandoli ad affrontare l'ingresso in carcere. "I figli dei detenuti sono innocenti" precisa Sacerdote "e hanno il diritto di essere trattati come tali anche quando si recano in carcere a trovare i loro cari". Da oltre dieci anni, i volontari di Bambini senza sbarre entrano nei penitenziari italiani per laboratori e percorsi psico-pedagogici che guidano i detenuti nella costruzione di un rapporto con i loro figli. Hanno anche aperto gli "Spazi Gialli", stanze interne al carcere dove i bambini trascorrono l'attesa del colloquio tra giochi, disegni e serenità. Per ora ce ne sono nelle tre carceri milanesi, a Lecco, Bergamo, Napoli Secondigliano e Firenze, e due stanno aprendo in Piemonte, "ma vorremmo che tutti i penitenziari ne avessero uno. Il momento dell'attesa è delicato, per i bambini: nello Spazio Giallo trovano un luogo d'ascolto, con i nostri psicologi e pedagogisti. Più che di animazione, hanno bisogno di attenzione. Per loro è gravoso vivere con il segreto di avere un genitore in carcere: spesso gli adulti di famiglia dicono di non raccontarlo a nessuno, così loro finiscono per vedersi diversi, emarginati. Qui, invece, giocando con altri bambini che vivono un'identica situazione, possono sentirsi normali". Attualmente i detenuti nei nostri 206 istituti di pena sono 54.428, di cui 2.368 donne, mentre una cinquantina di bambini piccoli vivono in cella con le loro madri. Nonostante la firma di un Protocollo d'intesa fra Bambini senza sbarre, il ministero della Giustizia e l'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza, poco è cambiato nella pratica. "Il Protocollo è stato firmato lo scorso marzo" spiega Lia Sacerdote "ed è un documento unico in Europa. Riconosce il diritto dei centomila bambini italiani al mantenimento del legame affettivo con il genitore detenuto e impegna il sistema penitenziario a cambiare la propria cultura dell'accoglienza". Il documento è stato appena presentato a Milano, alla vigilia della campagna di Bambini senza sbarre, dal 21 al 28 dicembre, per raccogliere fondi e poter così aprire altri Spazi Gialli. Con un sms solidale al numero 45507, si possono donare 2 euro da cellulare oppure 2 o 5 euro da rete fissa per sostenere le attività dell'associazione. Giustizia: ne bis in idem, la sentenza Grande Stevens comincia a fare sentire i suoi effetti di Giovanni Negri Il Sole 24 Ore, 19 dicembre 2014 Nel corso della vicenda sulle sanzioni Consob al banchiere Matteo Arpe dovrà pronunciarsi a gennaio il Consiglio di Stato, ma intanto arriva il primo proscioglimento penale. A pronunciarlo è stato il Tribunale di Brindisi intervenuto sul caso di un detenuto che, sanzionato sul piano disciplinare per avere in parte distrutto l'arredo della cella, si era visto infliggere anche un procedimento penale. La sentenza del Tribunale di Brindisi del 17 ottobre ha però ritenuto che la natura delle misure che avevano colpito il detenuto al termine del procedimento disciplinare è talmente pesante da renderlo nei fatti "parapenale", andando in questo modo a configurare un caso di "ne bis in idem". Nel dettaglio, il detenuto era stato sanzionato con l'esclusione dalle attività in comune per 15 giorni e con un risarcimento danni per 340 euro. La prima "pena" consisteva poi in una serie di divieti: quello di comunicare con i compagni, di accettare generi alimentari contenuti in pacchi esterni, di acquistare generi alimentari, di svolgere colloqui in comune con la restante popolazione carceraria. Malgrado il detenuto ritenesse di avere chiuso i conti sull'unico piano disciplinare, tuttavia veniva aperto anche un giudizio penale per il reato di danneggiamento aggravato. Il giudice di Brindisi però ha emesso un verdetto di "non doversi procedere" per ne bis in idem "avendo subìto l'imputato, all'esito di un procedimento definitivo, condanna per il medesimo fatto a una sanzione qualificata come disciplinare nel nostro ordinamento, ma da ritenersi "penale" ai sensi degli articoli 6 Cedu e 4 protocollo 7 Cedu". La Corte dei Diritti dell'Uomo ha poi affermato che, al fine di stabilire l'esistenza di una "accusa in materia penale", e, quindi, di verificare se un soggetto è stato sottoposto nello Stato membro due volte a procedimento penale per lo stesso fatto, occorre tener presente tre criteri: la qualificazione giuridica della misura nel diritto nazionale, la natura stessa di quest'ultima, e la natura e il grado di severità della "sanzione". Criteri alternativi e non cumulativi. Con la sentenza Grande Stevens del marzo scorso è stata contestata dalla Corte europea una violazione del ne bis in idem, riconoscendo al procedimento amministrativo della Consob una natura di fatto penale. Nel caso esaminato dai giudici pugliesi, si è constatata l'esistenza di una sanzione amministrativa assai grave, che ha inciso in maniera concreta sui diritti di libertà del detenuto, vista la presenza dell'isolamento continuo e il fatto che per la sua applicazione serve l'autorizzazione del sanitario. "In buona sostanza - osserva la sentenza - la sanzione è ricollegata ad un fatto che costituisce illecito disciplinare ma anche illecito penale: la sanzione viene irrogata all'esito di un procedimento che garantisce un minimo di contraddittorio, con la possibilità di reclamo al magistrato di sorveglianza". È vero poi che esiste il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale come espressione del principio di legalità e uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, ma è posto a garanzia dell'individuo, ricorda la sentenza, tanto quanto il principio del ne bis in idem. E allora, la garanzia del divieto del doppio processo non può essere rimossa perché una sanzione qualificabile come penale non è stata inflitta nell' ambito di un procedimento avviato su impulso del Pm. Giustizia: su responsabilità civile decide lo Stato, risarcimento fino a metà dell'annualità di Simona D'Alessio Italia Oggi, 19 dicembre 2014 Lo Stato (non il singolo cittadino) potrà "puntare l'indice" contro i magistrati per "colpa grave, dolo, o negligenza inescusabile": fattispecie in cui rientreranno tanto la violazione della normativa europea quanto il "travisamento della prova". E il risarcimento che la toga dovrà corrispondere non potrà superare una somma pari alla metà di un'annualità, al netto delle trattenute fiscali, dello stipendio percepito nel momento in cui l'azione di rivalsa è proposta. È questa la road map su cui si muove il ddl per disciplinare la responsabilità civile dei giudici, che rimane indiretta. Sul testo, giunto in quarta lettura alla Camera, si sono accesi nel pomeriggio di ieri i riflettori della commissione giustizia, che lo ha licenziato senza correzioni rispetto al precedente passaggio al Senato, affinché sbarchi in Aula per il voto a gennaio. "Respinti i 36 emendamenti, prevalentemente a firma del M5s e della Lega Nord, approviamo un provvedimento equilibrato che va a sistemare alcune distorsioni che la legge Vassalli (117/1988) ha, nel tempo, portato con sé. E si interviene adeguando la nostra normativa alle indicazioni giunteci dall'Unione europea nel corso degli anni", riferisce il relatore Danilo Leva (Pd). "Non ho condiviso sin dall'inizio l'idea di una responsabilità diretta del magistrato, perché una simile impostazione si sarebbe prestata a degli equivoci di fondo: quando si discute di questi temi, bisogna usare la massima attenzione, affinché non si finisca per trasformare la norma in uno strumento indebito di pressione nei confronti dei singoli magistrati", prosegue l'esponente di centrosinistra, ricordando come le modifiche apportate dal Parlamento abbiano, ad esempio, condotto all'ampliamento della possibilità di ricorso, attraverso l'eliminazione del filtro di ammissibilità della domanda di indennizzo. Linea condivisa dal viceministro della giustizia Enrico Costa, convinto che l'iniziativa legislativa, consentendo all'Italia di adeguarsi in tempi brevi alle prescrizioni della Corte di giustizia europea, "dopo anni di attesa e di tentativi vani, ci metterebbe al riparo dal rischio, in caso di inadempimento, del pagamento di una sanzione pesantissima, che cresce di giorno in giorno, che ad oggi non sarebbe inferiore a 37 milioni di euro". Come evidenziato, si ravviserà la "colpa grave" per "violazione manifesta della legge, nonché del diritto Ue", per il travisamento dei fatti, o delle prove, per l'affermazione o la negazione di un fatto la cui esistenza incontrastabilmente risulta (o è esclusa) negli atti del procedimento, e per l'emissione di "un provvedimento cautelare personale, o reale, fuori dai casi consentiti dalla legge o senza motivazione"; ad agire sarà, dunque, lo stato e, entro due anni dal risarcimento avvenuto, il presidente del Consiglio avrà l'obbligo di rivalersi, per una cifra pari alla metà di una annualità della retribuzione della toga. L'esecuzione potrà avvenire mediante la trattenuta di un terzo del compenso. Giustizia: abbiamo testimoniato contro la mafia… per Natale vorremmo lavoro e dignità Adnkronos, 19 dicembre 2014 "Il regalo più bello che possono fare a un testimone di giustizia è portarlo a lavorare. Lo Stato vince e manda un segnale a Cosa Nostra quando fa tornare al proprio lavoro un imprenditore che ha denunciato il pizzo. Lanciamo un forte appello alle istituzioni: non facciano fallire le nostre imprese. Il lavoro è dignità". A parlare è Ignazio Cutrò, presidente dell'Associazione nazionale testimoni di giustizia (Antg). A pochi giorni dalla notte di Natale, l'imprenditore di Bivona, comune in provincia di Agrigento, che ha contribuito con la propria testimonianza al processo "Face Off" all'arresto dei Panepinto, affida a un colloquio con l'Adnkronos lo stato d'animo dei testimoni di giustizia che con le loro parole nelle aule di giustizia hanno testimoniato contro la mafia, contribuendo a far condannare criminali e a scoprire affari illeciti. "Siamo come i pastori - spiega - aspettiamo che spunti una luce nella notte per andare verso la grotta. Per ora sappiamo che passeremo un Natale senza panettone, perché i soldi non ci sono". "Devo ringraziare il vice ministro dell'Interno, Filippo Bubbico, e la commissione centrale di sicurezza - dice ancora il testimone di giustizia - che qualche mese fa mi ha dato un contributo straordinario. L'anno scorso alcune famiglie di carabinieri sono venute a casa nostra e hanno trascorso la Vigilia e il giorno di Natale con noi. Ma ora la situazione è triste". Ad oggi i testimoni di giustizia sono 88, di cui 9 vivono in località di origine. "Finalmente -rivendica Cutrò - siamo riusciti grazie al nostro impegno, al vice ministro Bubbico che ci ha messo la faccia e al contributo della parte sana della politica a centrare un obiettivo: quello dell'assunzione dei testimoni di giustizia nella pubblica amministrazione". "È accaduto in Sicilia - ricorda - grazie al presidente Rosario Crocetta, ma a livello nazionale il decreto attuativo è ancora fermo. Sotto l'albero vorremmo trovare un regalo che per noi è vita: lo sblocco di questa possibilità di occupazione a livello nazionale, e in Sicilia che i testimoni di giustizia fossero assunti prima di Natale. È tutto pronto, i fondi ci sono, siamo fiduciosi". Una misura concreta che il governo mette in campo per i testimoni di giustizia, è infatti il decreto di assunzione nella pubblica amministrazione. Una legge dello Stato prevede una ‘riserva di postì per aiutarli. A questa si è aggiunta una legge approvata dalla Regione Siciliana, che prevede per i testimoni siciliani, circa 40, l'assunzione presso strutture regionali o enti locali. Ma la misura non si ferma nell'isola. Per quel che riguarda la legge nazionale è stato definito il decreto attuativo, che è stato inviato al Consiglio di Stato. Il testo è stato poi rivisto sulla base di alcuni rilievi che erano stati posti, ed è stato ritrasmesso a Palazzo Spada, che dovrebbe approvarlo nel giro di poco tempo. In questo modo, si potrà partire con le altre amministrazioni pubbliche su scala nazionale. "Lo spirito della legge - rimarca Ignazio Cutrò - è quello di riportare i testimoni di giustizia nella loro terra. Quando questo succederà, la mafia perderà 10 a 0. Vincerà lo Stato, e i cittadini onesti". Quanto a lui, "non finirò dietro una scrivania: voglio riprendere la mia attività di imprenditore -rivendica Cutrò - avevo un'impresa di movimento terra, lavori edili e stradali. Ora sono disoccupato, e i mezzi sono fermi. Freddi come il ferro degli attrezzi. Ho due figli, hanno perso tutto. Ormai i Carabinieri ci hanno adottato e sono diventate le nostre famiglie. Ma manca il lavoro, e il livello di sicurezza è sempre da alzare per proteggere noi e le nostre famiglie". "Abbiamo scelto di non stare in silenzio: il nostro nemico è la mafia, non possiamo mollare". "Non dobbiamo essere noi testimoni a andare via dalle nostre terre - è il grido del testimone di giustizia - sono i mafiosi che devono alzare i tacchi e attraversare lo Stretto di Messina con le loro sporche valigie in mano. E la coscienza pesante, perché hanno ucciso e continuano a farlo". Giustizia: approvato il Regolamento per l'assunzione dei testimoni di giustizia nella P.A. Il Garantista, 19 dicembre 2014 Con la firma del ministro dell'Interno, Angelino Alfano, è stato definitivamente adottato, di concerto con il ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Maria Anna Madia, il Regolamento che disciplina le modalità di assunzione dei testimoni di giustizia nelle pubbliche amministrazioni. "Un provvedimento molto atteso - ha sottolineato Alfano - che va nella direzione di assicurare a chi ha offerto un contributo essenziale alla giustizia il necessario e doveroso riconoscimento dello Stato". Sarà possibile per questa categoria di persone, parificate per questo aspetto alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, accedere a un programma di assunzione in tutte le pubbliche amministrazioni, dello Stato e degli enti locali. Il ministero dell'interno e le amministrazioni interessate alle assunzioni procederanno d'intesa alla ricognizione dei posti disponibili che verranno assegnati anche tenendo conto delle specifiche esigenze di tutela dei beneficiari. "Il regalo più bello che possono fare a un testimone di giustizia è portarlo a lavorare. Lo Stato vince e manda un segnale a Cosa Nostra quando fa tornare al proprio lavoro un imprenditore che ha denunciato il pizzo. Lanciamo un forte appello alle istituzioni: non facciano fallire le nostre imprese. Il lavoro è dignità". A parlare è Ignazio Cutrò, presidente dell'Associazione nazionale testimoni di giustizia (Antg). A pochi giorni dalla notte di Natale, l'imprenditore di Bivona, comune in provincia di Agrigento, che ha contribuito con la propria testimonianza al processo Face Off all'arresto dei Panepinto, affida a un colloquio con l'Adnkronos lo stato d'animo dei testimoni di giustizia che con le loro parole nelle aule di giustizia hanno testimoniato contro la mafia, contribuendo a far condannare criminali e a scoprire affari illeciti. "Siamo come i pastori - spiega - aspettiamo che spunti una luce nella notte per andare verso la grotta. Per ora sappiamo che passeremo un Natale senza panettone, perché i soldi non ci sono". "Devo ringraziare il vice ministro dell'Interno, Filippo Bubbico, e la commissione centrale di sicurezza - dice ancora il testimone di giustizia - che qualche mese fa mi ha dato un contributo straordinario. L'anno scorso alcune famiglie di carabinieri sono venute a casa nostra e hanno trascorso la Vigilia e il giorno di Natale con noi. Ma ora la situazione è triste...". Ad oggi i testimoni di giustizia sono 88, di cui 9 vivono in località di origine. "Finalmente - rivendica Cutrò - siamo riusciti grazie al nostro impegno, al vice ministro Bubbico che ci ha messo la faccia e al contributo della parte sana della politica a centrare un obiettivo: quello dell'assunzione dei testimoni di giustizia nella pubblica amministrazione". Milano: mancano fondi, chiude primo Centro per trattamento degli autori di reati sessuali di Elisa Murgese Il Fatto Quotidiano, 19 dicembre 2014 A febbraio 2015 fine delle attività. Taglio netto dei fondi pubblici. Il presidente della Camera penale di Milano sottolinea la necessità di mantenere in vita il progetto perché ha anche un forte obiettivo riabilitativo. È stato il primo centro italiano per il trattamento degli autori di reati sessuali in carcere. Il suo metodo al penitenziario di Milano-Bollate è stato da ispiratore per la nascita del primo presidio criminologico di Roma. Tanto che sarà l'associazione milanese Cipm a gestire il presidio romano che sarà inaugurato nel 2015. Peccato però che, pur essendo stato il prototipo del nuovissimo centro della Capitale e l'ispiratore delle Unità di trattamento di sex offenders a Pesaro e Rebibbia, il progetto di Milano a breve dovrà chiudere i battenti. "Abbiamo chiesto a Regione, Provincia, Asl, enti privati. Ma niente: abbiamo i soldi fino a febbraio", racconta Paolo Giulini, presidente di Cipm. L'Unità di trattamento intensificato per autori di reati sessuali è un luogo fisico all'interno del penitenziario di Milano-Bollate dove un'equipe di psicologi e criminologi lavora con le persone che hanno abusato di donne e minori per evitare che una volta usciti dal carcere questo avvenga di nuovo. Un metodo innovativo (usato in soli tre penitenziari in Italia) che cerca di vedere stupri e abusi dalla parte di chi li commette, per capirne le dinamiche e permettere di rielaborare il reato. Nei suoi otto anni di vita, l'Unità di Bollate ha ospitato circa trenta detenuti l'anno. Un percorso che è destinato a interrompersi nonostante i grandi risultati: dei 218 rei sessuali presi in carico, solo sei hanno nuovamente commesso reati sessuali. La chiusura dell'Unità di Bollate "avrebbe una portata concretamente negativa e vanificherebbe tutti i progressi sull'attività in atto, con ricadute sulla sicurezza" in questo "delicato momento storico". A dirlo il presidente del Tribunale di Sorveglianza Pasquale Nobile de Santis che ha sottolineato la necessità di un servizio essenziale per "scongiurare il rischio di recidiva nelle condizioni devianti". Si dice "preoccupato" anche il presidente della Camera penale di Milano Salvatore Scuto, che ha sottolineato la necessità di mantenere in vita il progetto milanese perché non solo riduce la reiterazione del reato sessuale ma ha anche un forte obiettivo riabilitativo. "La pena ha un senso se cerca di intervenire sulle cause di recidiva - spiega Scuto - Se resta un contenitore vuoto, il carcere non potrà che restituire alla collettività una persona inalterata anche sulla pericolosità sociale". Tutti d'accordo sull'utilità del progetto di Bollate sui sex offenders. Tanto che il Cipm, forte anche della nascita di un Presidio criminologico a Milano, gestirà il primo Presidio romano all'interno del progetto Acse, coordinato dal Garante dei detenuti del Lazio e che vede coinvolti Save the children e la Polizia di Stato. Soldi, in questo caso, dell'Unione Europea. Peccato che a Milano i finanziamenti non siano arrivati. "Agli albori del progetto, nel 2005 potevamo contare su 100mila euro per il primo anno e altre due annualità per 80mila euro ciascuna", precisa Paolo Giulini. Soldi che rientravano nel quadro delle previsioni di spesa della Regione Lombardia. Altri due anni furono sostenuti dallo sforzo congiunto di Regione e Provincia di Milano. "Questo contributo di certo non consentiva ai dieci operatori di arricchirsi - continua Giulini - ma era un riconoscimento per il lavoro pionieristico che stavamo facendo". Ma progressivamente questi attori sono usciti di scena e i finanziamenti diminuiti del 60%. Si è iniziato a chiedere soldi ad ogni ente possibile per non fermare un progetto che stava avendo ottimi risultati. L'Asl lo ha finanziato per due anni; intervenuti anche Fondazione Cariplo, l'Ufficio del Garante dei detenuti della Regione Lazio e l'Unione Europea. Un taglio deciso ai finanziamenti è però avvenuto lo scorso anno, quando il Provveditorato della Lombardia ha assicurato 9mila euro, che a settembre 2014 sono diventati 1.750. "Con queste somme la nona annualità rischia di arenarsi dopo otto anni di piena e fruttuosa attività", conclude il presidente di Cipm mentre la sua equipe è pronta a fare i bagagli per gestire il nuovissimo Presidio romano. Firenze: Radicali; l'Opg di Montelupo chiude il 31 marzo, un passo avanti ma non basta www.radicali.it, 19 dicembre 2014 Dichiarazioni di Massimo Lensi, già consigliere provinciale e membro del comitato nazionale di Radicali Italiani, e di Maurizio Buzzegoli, segretario dell'associazione "Andrea Tamburi" e membro della direzione di Radicali Italiani. "Il 31 marzo 2015 l'Opg di Montelupo chiuderà i battenti. L'ultimo giorno utile per evitare alla Regione Toscana un disdicevole commissariamento in piena campagna elettorale. È un passo avanti, ma non basta. Il superamento dell'Opg di Montelupo era nell'aria e poco interessa, se non nell'ambito di uno sviluppo territoriale armonico, la nuova destinazione urbanistica della villa Medicea di Montelupo. Quello che a noi radicali interessa è sapere come intende la Regione, insieme all'Asl 11, procedere, nel pieno rispetto della legge, per il futuro degli attuali internati senza ripetere gli errori e le tragedie del passato. Si parla di trasferire in strutture residenziali di semi sorveglianza parte dei toscani attualmente internati, altri, invece, affidarli a percorsi di reinserimento con assistenza domiciliare. Ma il punto da sciogliere è per quei casi, considerati più gravi, che rischiano di finire in strutture di sorveglianza perimetrale, i cosiddetti Rems, a tutti gli effetti dei mini-Opg. Si parla, infatti, di trasferire gli internati gravi nel vecchio carcere femminile di Empoli, a Massa Marittima o a Solliccianino, oppure di creare una nuova struttura perimetrale a San Miniato. Il 31 marzo è davvero dietro l'angolo e su questo aspetto chiediamo chiarezza e coraggio, mettendo al bando le pericolose incertezze, anche amministrative, sin qui palesate dalla Regione Toscana". Belluno: nominate il Garante dei detenuti! Lettera al Consigliere comunale Fabio Bristot di Giovanni Patriarca www.bellunopress.it, 19 dicembre 2014 Scrivo questa lettera aperta a Fabio Bristot per il diritto all'informazione che i cittadini hanno. Io sono Giovanni Patriarca faccio parte dell'Associazione Jabar, dal 3 dicembre stiamo facendo uno sciopero della fame a staffetta per chiedere che venga finalmente nominato il Garante dei diritti del detenuto, che la delibera n.77 del 18 dicembre 2013 (un anno fa), votata dal consiglio comunale di Belluno e quindi anche da Rufus, ha istituito. Ieri ero a Palazzo Rosso con lo stomaco vuoto e la mente lucida, ho salutato Andrea Lanari e Sergio Marchese che sono sensibili a questo tema e salutando anche Rufus gli ho detto che ero là presente per sollecitare il consiglio per la nomina del garante. La sua risposta è stata: "ci sono tante altre cose da fare prima". Caro Fabio, ci sono tantissime cose più importanti e urgenti da fare prima, sempre, in ogni momento, tutto è più importante di tutto e alla fine niente è più importante di tutto. Quella delibera l'hai votata e anche tu hai deliberato: "di dichiarare la presente deliberazione immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 134, comma 4, del D.Lgs. n. 267/2000, stante l'urgenza di provvedere". È passato un anno! Cosa ritieni più importante e primario dei diritti umani fondamentali? In carcere a Baldenich, come nel resto d'Italia, spesso mancano e persistono "condizioni disumane e degradanti", le vedo ogni settimana con i miei occhi, seppure vada un po' meglio. Mi sono sentito offeso e deriso dalle tue parole e dal tuo sorriso denigratorio. La tua superficialità mi ha inibito di rispondere, ma ha sfamato l'angolo del qualunquismo nel mio stomaco che ora sto digerendo con questa lettera. Roma: delitto Fanella, ancora una coop di ex detenuti e una serie di arresti eccellenti www.affaritaliani.it, 19 dicembre 2014 Svolta nel delitto di Silvio Fanella, il cassiere di Mokbel freddato nel luglio scorso. La Mobile effettua una serie di arresti e perquisizioni negli ambienti della Destra estrema. Già in carcere Lele Macchi di Cellere, raggiunto da una nuova ordinanza. Con lui Manlio Denaro, già coinvolto nelle indagini sulla truffa Fastweb Telecom Sparkle. Si è chiuso il cerchio intorno ai mandanti dell'omicidio di Silvio Fanella, il broker 41enne al centro della truffa Fastweb-Telecom Italia Sparkle, freddato da un commando lo scorso 3 luglio in un appartamento alla Camilluccia e considerato il cassiere di Gennaro Mokbel. La Squadra Mobile di Roma ha operato diversi arresti e numerose perquisizioni a carico di persone emerse nell'ambito delle indagini. Le indagini sull'omicidio avevano già consentito di arrestare Giovanni Battista Ceniti, rimasto ferito nel corso della commissione del delitto, Egidio Giuliani e Giuseppe Larosa, rintracciati a Roma e a Novara lo scorso 7 settembre, esecutori materiali dell'omicidio di Silvio Fanella. Le indagini della Squadra Mobile, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, vanno a colpire gli esecutori e organizzatori dell'azione criminosa dello scorso 3 luglio, rivelando il coinvolgimento, a vario titolo, di numerosi soggetti, pregiudicati e comunque legati all'estrema destra, gravitanti in Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, oltre che nel litorale di Ostia. Tra gli arrestati, figurano Emanuele Macchi di Cellere, ex Nar, rintracciato e arrestato nel sud della Francia dalla Squadra Mobile di Roma lo scorso settembre, dopo che si era sottratto ad altro provvedimento e Manlio Denaro, già coinvolto nelle indagini sulla truffa Fastweb Telecom Sparkle. L'operazione ha visto impiegati oltre 150 uomini della Polizia di Stato, con l'impegno, oltre che di quella di Roma, anche delle Questure di Genova, Verbania, Novara, Torino, Trento e Varese. Nel corso delle attività è stata anche perquisita la Cooperativa Sociale Multidea di Novara, che ha tra le finalità quella del reinserimento sociale degli ex detenuti, nella quale operano pregiudicati per reati di terrorismo, appartenenti alle Brigate Rosse e ai movimenti eversivi di destra, che ha tra i fondatori Egidio Giuliani, mentre Giuseppe Larosa vi figurava come dipendente. Padova: Sappe; detenuto semilibero trovato con droga, organico Polpen ha perso 40 unità Ansa, 19 dicembre 2014 Durante un controllo da parte del personale di Polizia Penitenziaria, un detenuto del carcere di Padova in semi-libertà è stato trovato in possesso di sostanze stupefacenti. L'uomo, un tunisino, aveva quasi 10 grammi di hascisc, 1,50 grammi di eroina e una pastiglia di droga sintetica, in uso a chi prende metadone. A dare la notizia è stato oggi è stato il segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Sappe Donato Capece. "Ancora una volta, a violare le regole e, in questo caso, a commettere reati, sono i cosiddetti detenuti modello - ha spiegato. È allora evidente che o è sbagliata la scelta di detenuti da ammettere ai benefici oppure molto di questi pensano che all'interno Casa di Reclusione di Padova si può far passare tutto quello che si vuole. Certo, non aiuta il fatto che nell'arco di poco tempo l'organico della Polizia penitenziaria del carcere ha perso più di 40 unità, non sostitute, e questo, inevitabilmente, si traduce in livelli davvero minimi di sicurezza ed anche in un inevitabile allentamento dei dovuti e necessari controlli di routine all'interno di un istituto penitenziario". Foggia: detenuto straniero tenta evasione, bloccato da un agente di Polizia penitenziaria Agi, 19 dicembre 2014 Un uomo originario della Mongolia, detenuto nel carcere di Foggia, ha tentato di fuggire dall'istituto ma è stato bloccato da un agente della polizia penitenziaria. È accaduto ieri mattina intorno alle 10,30 quando il detenuto, che stava scontando una pena per reati contro la persona e il patrimonio, si è arrampicato scavalcando una inferriata sui pilastri in lamiera che chiudono il passaggio dei detenuti, dirigendosi verso la griglia dei cancelli e tentando così di scavalcali. Provvidenziale l'intervento dell' agente che si è accorto dell'evasione in atto e ha bloccato lo straniero. Cuneo: detenuto minacciò agenti e distrusse un materasso, condannato a 1 anno e 3 mesi www.targatocn.it, 19 dicembre 2014 L'uomo era stato spostato di cella dopo aver manifestato intenzioni suicide. "Aveva manifestato intenzioni suicide. Dall'infermeria ci dissero di sgombrare la sua cella da tutte le suppellettili che potessero essere pericolose per la sua incolumità e gli chiedemmo di consegnarci i vestiti. Era agitato, ci minacciò: se entrate qui qualcuno si farà male, spacco tutto. Riuscimmo a spostarlo in un'altra cella, dove con le mani fece in mille pezzi il materasso in spugna". J.C.S. un detenuto che era in isolamento nel carcere di Cuneo, è stato condannato questa mattina a un anno e tre mesi di reclusione per minacce a pubblico ufficiale e danneggiamento. L'episodio accadde nell'agosto 2012, il detenuto era recidivo. Il pm, che aveva chiesto una penna inferiore, 7 mesi: "Ai tre agenti che dovevano bonificare la cella disse che lo aveva già fatto altre volte, voleva far esplodere una bomboletta del gas". Per la difesa sarebbero state invece solo "frasi drammatiche da valutare in un contesto come quello dell'ambiente carcerario, gli agenti non furono minacciati, mentre nulla questio sul danneggiamento". Venezia: cercasi Bibbie in lingua straniera per il carcere, ma anche biancheria e indumenti Gente Veneta, 19 dicembre 2014 Sos Bibbie in lingua straniera. L'appello viene dal cappellano del carcere don Antonio Biancotto che si rivolge alle parrocchie della città per correre in aiuto ai detenuti. Nella casa circondariale di Santa Maria Maggiore i due terzi dei detenuti sono stranieri e numerosi sono cristiani: servono dunque Bibbie nella loro lingua. "In questo momento ci servono soprattutto Bibbie in lingua inglese e nelle lingue dell'Est, bulgaro, rumeno, russo. Mi rivolgo alle parrocchie della nostra diocesi perché possano venire incontro a questa nostra richiesta, sarebbe un modo in più per essere solidali". E sempre alle parrocchie don Antonio rivolge un ulteriore appello: "Sarebbe bello poter contare su un organista e un chitarrista che si prendessero l'impegno di animare la messa domenicale. Abbiamo il coro diretto dal direttore Giorgio Tiozzo che da più di dieci anni svolge questo importante servizio di animazione della messa. Ma ci servirebbe anche qualcuno che suonasse organo e chitarra". Ma si può dare un piccolo aiuto ai carcerati anche inviando generi di prima necessità, prodotti per l'igiene personale, biancheria e indumenti, che risultano sempre insufficienti. Spoleto (Pg): oggi il convegno "Il carcere, la pena e la speranza", organizzato dal Comune Ristretti Orizzonti, 19 dicembre 2014 "Il carcere, la pena e la speranza". Questo il titolo del convegno, organizzato dal Comune di Spoleto e dalla Cooperative Sociale "Il Cerchio", in programma oggi, venerdì 19 dicembre, dalle ore 9:00 all'Albornoz Palace Hotel. Patrocinato dal Ministero della Giustizia e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, insieme alla Regione Umbria, al Sindacato Direttori Penitenziari (Si.Di.Pe.), al Lions Club Spoleto e al Rotary Spoleto, il convegno verrà moderato e coordinato da Paolo Raffaelli, giornalista del Tgr Umbria e da Francesco Dell'Aira in qualità di Dirigente Penitenziario. Il dibattito riguarderà principalmente la "Situazione detentiva umbra nel nuovo contesto delineato dalle recenti modifiche legislative. La sua integrazione nel territorio. "In Umbria infatti, nell'ultimo periodo, problemi vecchi ed altri nuovi si sono sommati ed hanno costretto gli interlocutori finali (Sindaci dei quattro comuni e Direttori delle strutture periferiche dell'Amministrazione Penitenziaria) ad affrontare la soluzione delle difficoltà, soprattutto di coordinamento, obbligandoli a sostenere una strategia di ben più ampia dimensione. La nuova normativa in materia, che si sta nel frattempo evolvendo nella direzione di dare maggiore risalto e impulso alle misure alternative alla detenzione in carcere, ovvero di nuova introduzione (ad esempio messa alla prova e lavori di pubblica utilità), non si coniuga con la carenza di risorse finanziarie e di personale. Il Comune di Spoleto, in collaborazione con altri soggetti pubblici e del terzo settore, è determinato ad un impegno costante di vicinanza al disagio sociale/detentivo attraverso progetti rivolti alla popolazione carceraria di Spoleto. Partendo da queste riflessioni è stata organizzata la giornata seminariale in programma venerdì 19 dicembre, al fine di presentare agli addetti ai lavori, alle istituzioni e alla cittadinanza, diversi spunti di riflessione che riguardino sia il piano prettamente giuridico, nell'individuazione di strategie proficue nell'applicazione di quanto sancito dalla legislazione vigente, sia quello culturale, nel riuscire a trovare dei paradigmi comuni che fungano da substrato per un agire socialmente sostenibile e realmente applicabile. Per una riflessione più ampia sul tema alle ore 16, presso il Cinema Sala Pegasus, verrà proiettato in anteprima nazionale il film "Meno male è Lunedì" di Filippo Vendemmiati, alla presenza dell'autore. Programma 9.00 Registrazione dei partecipanti 9.15 Saluto delle autorità 10:00 Maria Elena Bececco - Vicesindaco del Comune di Spoleto 10.15 Ornella Favero - Direttrice della rivista "Ristretti Orizzonti" 10.25 Stefano Anastasia - Presidente onorario di Antigone 10.35 Rosario Tortorella - Segretario nazionale Sindacato Direttori Penitenziari 10.45 Carlo Fiorio - Garante dei detenuti della Regione Umbria 11:00 Pausa caffè 11.20 Fabio Gianfilippi - Magistrato di Sorveglianza - Spoleto 11.30 On. Stefano Zappalà - Comitato Cittadinanza Attiva Lions 11.40 Enrico Sbriglia - Dirigente generale-Provveditore Regionale A. P. Piemonte, Valle D'Aosta e Triveneto 11.50 Rappresentanti del Parlamento/Governo della Repubblica 12:30 Dibattito 13.30 Chiusura lavori. Albano (Rm): "Un mondo diritto. Human Rights Night", serata per i diritti nelle carceri www.castellinews.it, 19 dicembre 2014 L'Associazione Antigone ospite di un importante evento a tema sociale, con proiezioni e dibattiti. Sovraffollamento, carenza di diritti individuali e civili, situazioni di violenza e degrado. La situazione delle carceri è, senza dubbio, un problema scottante e di lunga data per il nostro Paese. Sullo stato in cui versano penitenziari e detenuti si soffermerà la serata intitolata "Un mondo diritto - Human Rights Night", organizzata nell'ambito della rassegna cinematografica "Posto unico". L'evento, che inizierà alle 18:30 e si terrà presso la Palazzina Vespignani di Albano Laziale, ospiterà l'Associazione Antigone, organizzazione che da oltre vent'anni si occupa di diritti e garanzie nel sistema penale e penitenziario. In rappresentanza dell'Ente, prenderanno la parola il Presidente Patrizio Gonnella e la Coordinatrice responsabile Susanna Marietti. Al centro dei loro interventi, la situazione carceraria italiana ed europea, con vulnerabilità e contraddizioni, mostrate ai presenti anche tramite la proiezione di alcune scene del documentario "Inside carceri", realizzato da Antigone e "Next New Media". A seguire, un "apericinema" con cibo e bevande, e la proiezione del capolavoro di Joshua Oppenheimer "L'atto di uccidere", candidato agli Oscar nel 2014 e premiato come miglior documentario al Festival di Berlino 2013, nonché ai Bafta del 2014. Il lungometraggio, dedicato alle atrocità commesse dal regime Suharto in Indonesia contro il suo stesso popolo negli anni Sessanta, si inserirà perfettamente in una serata dedicata alla violazione dei diritti umani, civili e democratici. L'ingresso alla serata è gratuito per i soci, e prevede una riduzione per i possessori della tessera "Biblio+". Milano: si è tenuta la conferenza "I diritti dei grandi cominciano dai diritti dei bambini" 9Colonne, 19 dicembre 2014 Si è tenuto ieri a Milano, a Palazzo delle Stelline, la e la presentazione della "Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti", prima carta dei figli di genitori detenuti. Nell'occasione sono stati presentati anche il libro Unesco "Il diritto di essere un uomo, antologia mondiale della libertà", riproposto in collaborazione con Mimesis edizioni col sostegno di Cariplo ed i disegni realizzati dai bambini e dai loro papà durante il laboratorio "Il poliziotto e il dinosauro" progetto in corso nel Carcere di Opera col sostegno di Fondazione Alta Mane che intende consolidare il legame padre-figlio attraverso la creatività e il disegno. Presenti Valerio Onida, presidente emerito Corte costituzionale, Vincenzo Spadafora, Garante Nazionale dell'infanzia e dell'Adolescenza, Lucia Castellano, vicepresidente Commissione carceri Regione Lombardia, Maria Visentini, ispettore del carcere di Opera, Romano Madera, filosofo e psicanalista, Simona Mangiante, Parlamento europeo Lawyer and Mediator's office manager. Tra i promotori dell'incontro figura la onlus Bambinisenzasbarre, membro della direzione della rete europea Children of Prisoners Europe (ex Eurochips) con sede a Parigi, che nel marzo scorso ha firmato con il ministro della Giustizia e il Garante nazionale dell'Infanzia e dell'adolescenza, il protocollo d'intesa per la prima Carta per i figli di genitori detenuti in Italia e in Europa. Firenze: educazione ambientale, dai detenuti ai cittadini di domani www.gonews.it, 19 dicembre 2014 Dai corsi per i maestri delle scuole dell'infanzia alle attività propedeutiche per il reinserimento sociale dei detenuti. Le molteplici facce dell'educazione ambientale da anni caratterizzano l'operato dell'Assessorato all'Ambiente della Provincia di Firenze grazie al lavoro del Laboratorio Didattico Ambientale di Villa Demidoff, che proprio nel 2014 ha compiuto 20 anni di vita. Per questo oggi a Palazzo Medici Riccardi sono stati rinnovati due protocolli d'intesa che vedono come interlocutori in un primo caso la Casa Circondariale "Mario Gozzini", Quadrifoglio, Publiacqua; nel secondo il Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia dell'Università di Firenze. Presente, per la Provincia di Firenze, l'Assessore all'Ambiente Renzo Crescioli. Il primo protocollo, arrivato al decimo anno, inserisce il progetto di educazione ambientale nell'ambito dei programmi didattici e formativi che la Casa Circondariale offre ai detenuti presso le sue strutture, fornendo allo scopo gli strumenti ed i locali per lo svolgimento delle varie attività (didattica, informativa, pratica), come - ad esempio - il lavoro di ripulitura delle sponde dell'Arno svolto anche dai detenuti di "Solliccianino". Nell'accordo con il Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia, l'intesa è finalizzata invece alla collaborazione nell'ambito della ricerca universitaria ma anche, tra le altre, all'avvio di tirocini che potranno coinvolgere gli studenti del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria e del corso di Laurea in Scienze dell'Infanzia; nella consapevolezza che la scuola possa rappresentare - anche in campo ambientale - la massima agenzia formativa delle nuove generazioni e perciò dei cittadini di domani. Porto Azzurro (Li): installato wi-fi gratuito per tutto il personale di Polizia penitenziaria Il Tirreno, 19 dicembre 2014 Il provveditore degli istituti carcerari della Toscana ha autorizzato l'installazione delle rete all'interno dell'istituto penitenziario di Forte San Giacomo. Ne dà notizia il sindacato Sippe, nonostante che alcune altre organizzazioni sindacali di polizia carceraria avessero dimostrato forti resistenze. La scelta di autorizzare un simile servizio è sostenuta dall'ottica esclusiva di garantire benessere del personale che presta servizio all'interno della Cittadella carceraria. "Gli altri sindacati della polizia penitenziaria - dice Alessandro De Pasquale, segretario generale del Sippe - sono stati tutti invitati dall'amministrazione a partecipare all'iniziativa anche al fine di potenziare il segnale ma non hanno riscontrato la richiesta quindi probabilmente non intendono dare il loro importante contributo. La rete è protetta e non sarà accessibile da soggetti che non hanno le previste credenziali. Mi ritengo soddisfatto - ha concluso il sindacalista - per l'iniziativa che certamente non sarebbe potuta partire, se non ci fosse stato il contributo da parte della segreteria locale del Sippe e del direttore del carcere Vittorio Cerri e del provveditore Carmelo Cantone". Roma: a Monte Mario mercatino natalizio a sostegno di biblioteche nelle carceri minorili di Maria Romana Barraco www.romatoday.it, 19 dicembre 2014 Speciali date natalizie per il mercatino organizzato dall'associazione di promozione sociale "Cerco... piteco". Dal 18 al 21 dicembre si unisce anche il mercatino del riciclo per contribuire a sovvenzionare le attività dell'associazione. È una speciale versione natalizia quella del mercatino organizzato dall'Associazione di promozione sociale "Cerco...piteco" per raccogliere i fondi a sostegno delle biblioteche all'interno delle carceri minorili. Il progetto si chiama "Pane e lettura" ed è realizzato in collaborazione con Biblioteche di Roma e la direzione dell'Istituto Penale Minorile Casal del Marmo. Ogni mese questa virtuosa realtà locale organizza nella sua sede di Monte Mario (via Giovanni Marchesini 8) un mercatino dedicato alla raccolta e alla vendita di libri il cui ricavato va a finanziare proprio l'acquisto di nuovi volumi specifici per il pubblico adolescente del carcere. Per il mese di dicembre, l'associazione apre le porte per un doppio speciale appuntamento. Nelle giornate di giovedì 18 e venerdì 19 (dalle ore 16:00 alle 19:30) e sabato 20 e domenica 21 (dalle ore 10:00 alle 19:00) oltre alla vendita dei libri dedicati al progetto in questione si svolgerà anche un mercatino del riciclo, dove verranno venduti oggetti usati sempre nell'ottica del riciclo e del riutilizzo e il cui ricavato andrà a sovvenzionare le attività dell'associazione. Nell'ambito del progetto dedicato ai giovani detenuti, oltre a offrire un servizio di front-office per la fruizione del patrimonio librario della biblioteca dell'Istituto e a promuovere attività ludico-culturali per i ragazzi in carcere, ci si propone inoltre di sensibilizzazione il territorio sulla difficile realtà della detenzione minorile. Napoli: i bambini di Scampia costruiscono il presepe con i detenuti di Poggioreale Ristretti Orizzonti, 19 dicembre 2014 Casette fabbricate con materiali riciclati arricchiranno i 10 presepi che stanno costruendo i detenuti del carcere di Poggioreale. Le hanno realizzate i bambini dell'Istituto Comprensivo Virgilio 4 - Classe 5 A - di Scampia. L'occasione è data dal Concorso di arte presepiale 2014 che anche quest'anno il Centro Diocesano di Pastorale della Curia napoletana e l'Associazione "Liberi di volare" hanno organizzato in collaborazione con la Casa Circondariale di Poggioreale. Dai bambini di Scampia arriva un regalo: costruiamo insieme il presepe. Incontro inatteso tra diversi luoghi della città. Luogo distante dal cuore della metropoli, Scampia, luogo nel cuore della metropoli, Poggioreale, ma nascosto. L'invito fatto ai partecipanti dell'edizione di quest'anno è chiaro: innanzitutto sobrietà, quindi utilizzo di materiali poveri, riciclati, in disuso, spesso destinati ad alimentare cicli di rifiuti che rendono indecorosa e pericolosa la città. Come dire, dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori. I luoghi che si incontrano raccontano esclusione, un vivere ai margini, un essere fuori. Ma anche tutta la ricchezza umana che in quelle zone esterne e celate c'è, e che riesce a parlare a tutti, indistintamente, comunicando che solo nell'incontro si diventa forza. Il giorno 17 dicembre 2014 una delegazione di insegnanti dell'Istituto Comprensivo Virgilio 4 ha incontrato i detenuti di Poggioreale per consegnare i manufatti costruiti dai bambini. Il concorso si concluderà con la premiazione del miglior presepe che avverrà il 31 dicembre, in occasione della visita del Cardinale Crescenzio Sepe che celebrerà nella chiesa dell'Istituto la messa di fine anno. Centro Diocesano di Pastorale della Curia di Napoli Direzione Casa Circondariale di Napoli Poggioreale I. C. S. Virgilio 4. Scampia - Napoli Pescara: il sindaco Alessandrini oggi visita carcere per auguri al personale penitenziario www.abruzzo24ore.tv, 19 dicembre 2014 Uno scambio di auguri speciali quello previsto per la mattinata di oggi presso la Casa Circondariale di San Donato, dove il sindaco di Pescara Marco Alessandrini si recherà insieme all'assessore Sandra Santavenere per salutare il personale carcerario. Un contatto, quello con la Casa Circondariale rinnovato, in occasione dei due concerti evento patrocinati dal Comune e organizzati dalla Scuola cantora del maestro Andrea Zappone e dal Rotary Pescara Ovest mercoledì 10 e sabato 13 scorsi presso l'Auditorium Flaiano e al Marina di Pescara. In entrambe le occasioni al coro del maestro si sono aggiunte le voci di un gruppo di detenuti che ha partecipato al progetto di integrazione sociale e culturale che interessa anche l'Istituto Comprensivo 1 di Pescara. "La serata di sabato 13 dicembre presso il Marina di Pescara - sottolinea Pasquale Polidori, presidente del Rotary Pescara Ovest G. D'Annunzio - è stata animata dallo speciale coro composto da circa 120 elementi, con bambini e detenuti, che ha intrattenuto la folta platea intervenuta all'evento (oltre 400 persone), con le tradizionali canzoni natalizie e con canti Gospel. L'evento ha avuto un significativo risvolto sociale, in quanto attraverso il canto sono stati accomunati in un unico abbraccio corale da un lato i bambini che rappresentano il futuro della società e dall'altro lato gli "Amici della casa Circondariale di Pescara" che rappresentano coloro che si trovano ad affrontare un momento di particolare sofferenza che li pone al margine della società. Particolarmente toccante è stata la lettura di una lettera da parte di un rappresentante degli "Amici della Casa circondariale di Pescara", che rivolgendosi ai bambini ha evidenziato come dagli errori commessi vi sia comunque alla fine del cammino una possibilità di speranza per tutti, di riabilitazione, riaccendendo quella luce di bontà e fratellanza che caratterizza il vivere quotidiano. Alla fine della rappresentazione corale, gli "Amici della Casa Circondariale di Pescara" hanno donato ai bambini del coro dei micro presepi dagli stessi realizzati. L'evento - ha infine commentato Polidori - ha evidenziato come attraverso il coinvolgimento delle istituzioni cittadine e di quelle del Rotary, si possano affrontare i problemi reali della società, accendendo una luce di speranza verso i più deboli e verso coloro che sono ai margini del contesto sociale". Salerno: al carcere di Fuorni detenuti "liberi" sul palco, per auguri con mogli e figli Il Mattino, 19 dicembre 2014 Sul palco c'è un grande albero di Natale ricco di addobbi, sotto tanti regali, sulle poltroncine ci sono le mamme con in braccio i loro bambini. Non è una rappresentazione teatrale qualsiasi: ad esibirsi sono i reclusi del carcere di Fuorni in occasione del consueto appuntamento natalizio dedicato ai detenuti e alle loro famiglie. Una tradizione che si è rinnovata anche quest'anno e che rientra nell'ambito dei tanti progetti messi in campo presso il penitenziario cittadino con l'intento di valorizzare la genitorialità dei detenuti e fargli vivere una giornata di festa con i loro cari. "Crescete belli e buoni come Gesù bambino": così don Biagio Napolitano, vicario generale della Diocesi, ha salutato i piccoli spettatori che ieri pomeriggio affollavano la sala teatro. "Questo che state vivendo - ha affermato il sacerdote rivolgendosi ai detenuti - deve essere un percorso di purificazione e rigenerazione: l'importante è che il bene acquisito qui dentro lo portiate fuori". Ai detenuti è giunto anche il saluto dell'amministrazione comunale da sempre favorevole ad iniziative del genere; assente il sindaco De Luca, a partecipare all'evento è stato l'assessore alle politiche sociali Nino Savastano che, nel suo intervento, ha sottolineato la "solitudine" dei reclusi evidenziando l'importanza dei servizi sociali soprattutto in favore dei minori ed auspicando "maggiori risorse in favore della popolazione detenuta". Tanti i progetti messi in campo per i detenuti tra cui - ha spiegato l'assessore - la creazione di un forno per il pane e le pizze che servirà per insegnare un mestiere ai reclusi poiché non bisogna dimenticare - come ha poi sottolineato il direttore del penitenziario Stefano Martone - "il fine ultimo educativo della pena. "Purtroppo i deficit strutturali - ha affermato Martone - sono quelli di sempre, dettati da strutture vetuste. L'importante, però, è la progettualità, mettere in campo delle idee che diano un senso alla pena, offrire sbocchi formativi e lavorativi anche in sinergia con il Comune di Salerno. Occorre creare condizioni affinché le porte del carcere siano aperte e questo istituto sia trasparente per la società civile". E mentre sul palco si alternavano il "Coro delle Donne Rondini", composto dalle detenute ed istituito nell'ambito di un percorso di attività scolastico che negli scorsi anni ha già portato alla formazione di un coro della sezione maschile; Pulcinella interpretato da Sergio Mari e attori con buffi vestiti, i piccoli si sono preparati al momento più atteso, caratterizzato dalla consegna dei doni. Una giornata di festa, insomma, per dimenticare, almeno per un giorno i tanti problemi che si vivono quotidianamente nel penitenziario cittadino tra cui - come spiegato dal direttore Martone - "il sovraffollamento e la vetustà della struttura". Inaugurato nel 1981 il carcere di Fuorni risente dal punto di vista strutturale delle carenze proprie di una edilizia ormai superata nel tempo nonostante i costanti interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, attuati in base alla vigente normativa penitenziaria, abbiano senz'altro apportato sostanziali miglioramenti di vivibilità garantendo, nel contempo, un adeguato stato di conservazione dell'immobile correlato ad un buon livello di funzionalità interna dei servizi. Guinea Equatoriale: fiaccolata per detenuto Roberto Berardi, viene frustato e pesa 50 kg www.latina24ore.it, 19 dicembre 2014 Si terrà oggi alle 18,30 una nuova fiaccolata per chiedere la liberazione di Roberto Berardi, l'imprenditore di Latina detenuto in Guinea Equatoriale in condizioni disumane. La mamma Silviana Malafronte lancia un appello alla città affinché la partecipazione sia ampia. "È trascorso poco più di un anno da analoga iniziativa - spiega - qualche azione diplomatica è stata effettuata, purtroppo con esiti negativi, al punto che Roberto successivamente alle visite ufficiali dei nostri ambasciatori, viene puntualmente frustato, privato del cibo e ristretto in cella d'isolamento senza alcuna luce dove si trova ormai da oltre 11 mesi. La triste vicenda è già stata trattata dagli organi di informazione nazionali e locali che vedono Roberto privato della libertà personale, senza alcuna accusa e con un processo "farsa", ristretto nelle carceri della Guinea Equatoriale, senza dignità e senza aver diritto neanche alla somministrazione dei pasti". Le precarie condizioni psico-fisiche del detenuto ridotto a 50 kg di peso dopo aver subito 5 attacchi di malaria, senza cure mediche, hanno portato amici e familiari a costituire un comitato per chiederne la liberazione. Montenegro: arrestato ex parlamentare italiano Massino Romagnoli, accusa di terrorismo Adnkronos, 19 dicembre 2014 Operazione della Dea Usa, insieme a due complici rumeni tentava di vendere armi alle Farc colombiane. L'ex deputato di Forza Italia Massimo Romagnoli, 43 anni, è stato arrestato martedì in Montenegro e incriminato per terrorismo dalla Procura federale di New York. Come riporta l'agenzia rumena Mediafax, ad annunciare l'arresto sono stati il procuratore Preet Bharara e l'amministratrice della Dea, l'agenzia anti droga statunitense, Michele Leonhart. Romagnoli, nato a Capo d'Orlando (Messina) l'8 gennaio del 1971, era stato eletto nel 2006 alla Camera per la circoscrizione Europa. Nell'ambito dell'operazione lunedì sono stati arrestati, sempre in Montenegro, due cittadini rumeni complici di Romagnoli. Si tratta del Cristian Vintila, 44 anni, e di Virgil Flavius Georgescu, 42 anni. Insieme a Romagnoli sono accusati di avere organizzato la vendita di un grande quantitativo di armi destinato ai guerriglieri colombiani delle Farc. Le armi, si legge nell'accusa della procura newyorchese, avrebbero potuto essere usate dai guerriglieri per uccidere cittadini statunitensi in Colombia. Nel comunicato emesso dalla Procura newyorchese si legge che Romagnoli, Vintila e Georgescu sono stati incastrati da una serie di intercettazioni e da tre agenti della Dea sotto copertura che si fingevano intermediari delle Farc. Romagnoli, definito "trafficante di armi con base in Europa", si era anche offerto di fornire falsi certificati europei per far risultare la vendita di armi, tra cui dei lanciarazzi, legittima. I tre, se giudicati colpevoli, rischiano ora condanne fino al carcere a vita. Pakistan: 17 condannati saranno impiccati a giorni, dopo revoca moratoria su pena morte Ansa, 19 dicembre 2014 Almeno 17 condannati alla pena capitale in cause legate al terrorismo saranno impiccati in Pakistan "nei prossimi giorni" dopo che il premier Nawaz Sharif, a seguito del recente massacro compiuto in una scuola di Peshawar, ha revocato la moratoria sulla pena di morte per gli atti terroristici. Lo riferisce la Tv Express News. Dopo la revoca della moratoria, ha precisato l'emittente, verranno impiccati quanti hanno visto la loro domanda di grazia respinta dal presidente della repubblica. Per 17 di essi, si è appreso, stanno per essere firmate le ordinanze di esecuzione della condanna a morte. "Dopo la firma delle ordinanze - hanno indicato fonti ministeriali - saranno convocati i famigliari per un ultimo incontro con il condannato". Il lavoro del boia è destinato ad intensificarsi perché il ministero dell'Interno pachistano ha inviato all'ufficio del premier i dossier di altri 120 condannati a morte che hanno presentato una domanda di grazia. Secondo Amnesty International sono oltre 8.000 i detenuti che si trovano nel braccio della morte, e per molti di essi le sentenze sono passate in giudicato. Non è però noto quanti di essi sono stati condannati per atti di terrorismo, unico caso in cui vale la sospensione della moratoria. 8.261 detenuti in braccio morte, 30% per reati terroristici Ci sono circa 8.261 detenuti nel braccio della morte in Pakistan, il 30 per cento dei quali è stato condannato alla pena capitale per reati legati al terrorismo. Lo ha reso noto il ministero degli Interni all'indomani della decisione del primo ministro pakistano Nawaz Sharif di revocare la moratoria sulla pena di morte vigente dal 2008. Gli attivisti per i diritti umani precisano inoltre che le pene sono state commutate da tribunali speciali per l'anti terrorismo dopo il 2003-2004. Prima del 2004, spiegano, le autorità pakistane avevano impiccato circa 235 detenuti, mentre dopo la moratoria solo due persone sono state giustiziate. Il maggior numero di detenuti nel braccio della morte sono i 6.770 prigionieri nelle carceri del Punjab, come ha detto un alto funzionario del ministero degli Interni a The Express Tribune, spiegando che molti di loro hanno chiesto la grazia presidenziale. Inoltre ci sono 991 latitanti condannati alla pena di morte e che si ritiene facciano parte di gruppi terroristici, come hanno spiegato funzionati della National Crisis Management Cell. Ci sono infine 334 condannati a morte nella Khyber Pakhtunkhwa, 156 in Baluchistan e 25 in Gilgit-Baltistan, secondo dati del ministero degli Interni. Stati Uniti: la città di New York sotto accusa per Rikers, il carcere degli orrori di Angela Geraci Corriere della Sera, 19 dicembre 2014 Il Comune deve accelerare le riforme necessarie a cambiare "la profonda cultura di violenza" fra le mura della prigione, dove soprattutto i minori subiscono sevizie. I procuratori federali, come promesso, hanno avviato un'azione legale contro il Comune di New York perché si sbrighi a fare le riforme necessarie a cambiare radicalmente il clima nella prigione di Rikers Island, una delle più grandi e dure del Paese. Un'indagine del dipartimento Usa della Giustizia ha infatti documentato una lunga serie di violenze, soprattutto ai danni dei detenuti più giovani. La decisione arriva il giorno dopo la visita del sindaco di New York Bill de Blasio nel penitenziario per annunciare la fine del regime di isolamento per i prigionieri di 16 e 17 anni: si tratta di una delle 73 raccomandazioni fatte dai procuratori federali per cancellare la "profonda cultura della violenza" che avvelena la vita nella struttura carceraria. Non a caso Rikers Island, un complesso di dieci padiglioni in cui sono recluse circa 17mila persone, è conosciuta anche come la "tomba". Il Comune aveva 49 giorni di tempo per porre rimedio alle atrocità che avvengono nel penitenziario adottando nuove misure e nuove politiche ma non l'ha fatto. Il rapporto del governo federale è uscito ad agosto e si riferisce al periodo tra il 2011 e il 2013. In 79 pagine, pubblicate dal New York Times, vengono raccontate nei dettagli tutte le sevizie subite dai giovani detenuti. Solo nel 2013 sono stati riscontrati 565 episodi di violenza ai danni di prigionieri minorenni che hanno riportato un totale di 1.057 ferite (nel 2012 gli episodi di violenza erano stati 517, le ferite 1.059). E ancora: il 43,7% della popolazione carceraria minorile, dal 30 ottobre 2012, ha subito almeno una volta l'uso della forza da parte dello staff. Anche gli episodi violenti tra detenuti sono diffusi a Rikers Island: nel 2013 sono stati registrati 845 scontri. Un altro dato preoccupante riguarda i traumi alla testa: in un anno, dal giugno 2012 al luglio 2013, sono stati 239 gli adolescenti a riportare questo tipo di lesione (il doppio rispetto ai detenuti adulti). E anche i casi di fratture sono comuni. Altro dato importante: la frequenza con cui le guardie colpiscono i prigionieri in faccia e in testa, anche per futili motivi. Ogni episodio è circostanziato in una lunga lista di violenze che comprende anche l'abuso di forza da parte delle guardie in aree della prigione prive di telecamere di sorveglianza. E poi c'è l'uso eccessivo dell'isolamento per periodi prolungati come forma di punizione: nel 2013 il 15-25% dei detenuti minorenni è stato tenuto segregato anche per mesi (in due casi per più di 200 giorni). Negli ultimi giorni più di una guardia carceraria di Rikers è finita in tribunale con accuse gravissime. L'ultimo è Terrence Pendergrass, 50 anni, condannato il 18 dicembre 2014 per la morte del detenuto Jason Echevarria, che soffriva di disturbo bipolare. Nell'agosto di due anni fa Echevarria, confinato in una cella per detenuti malati di mente dato che aveva già tentato il suicidio, ingoiò del detersivo tossico. La guardia ignorò le segnalazioni di due ufficiali e di un tecnico della farmacia preoccupati per le condizioni di salute del detenuto. Echevarria venne abbandonato a se stesso per ore e, il giorno dopo, fu trovato morto. Nove giorni fa, invece, a finire in carcere è stata una collega di Pendergrass, Carol Lackner. La donna, 34 anni, è stata condannata per una serie di reati legati alla terribile morte di un altro detenuto: Jerome Murdough, 56enne senzatetto e con disturbi mentali, morto "arrostito" lo scorso febbraio nella sua cella. Per un malfunzionamento dell'impianto di riscaldamento la temperatura era arrivata a toccare i 101 gradi centigradi. Ma la guardia carceraria - contrariamente a quanto dicevano i registri da lei falsificati - non era andata a controllare il detenuto ogni mezz'ora: quel giorno ha lasciato il suo posto venti minuti prima che Murdough fosse ritrovato in una pozza di sangue e vomito dentro la cella trasformatasi in forno. All'inizio di dicembre è toccato anche alla guardia Austin Romain andare davanti ai giudici: ha accettato migliaia di dollari in contanti per portare ai prigionieri marijuana e altre merci. Anche l'ex secondino Khalif Phillips si è arricchito contrabbandando droga all'interno del carcere e a novembre è stato condannato a tre anni. Sempre a novembre un'inchiesta sotto copertura del Department of Investigation (Doi) ha svelato l'inquietante facilità con cui è possibile far entrare a Rikers stupefacenti di ogni genere: un agente del Doi, travestito da guardia carceraria, è riuscito a introdurre nella prigione grandi quantità di eroina, marijuana e narcotici portandoli in tasca o addirittura in mano. In tutto l'agente ha contrabbandato 250 dosi di eroina, 24 pacchi di Suboxone (un oppiaceo), un rasoio, vodka e poco meno di 300 grammi di marijuana per un valore complessivo di 22 mila dollari (circa 18mila euro). Anche la sicurezza del carcere ha bisogno di essere riformata con urgenza. Stati Uniti: giustiziato a 14 anni nel 1944. Dopo 70 anni la verità: era innocente Corriere della Sera, 19 dicembre 2014 Un giudice della Carolina del Sud annulla la sentenza di condanna: "Il processo fu ingiusto e la confessione del ragazzino fu estorta con la violenza". La giustizia e la verità sono arrivate. Ma dopo 70 anni. È la storia di George Stinney jr, ragazzino di colore ucciso sulla sedia elettrica nel 1944 negli Stati Uniti, per un duplice omicidio di due bambine bianche. A 70 anni di distanza una giudice della Corolina del Sud ha stabilito che il bambino era innocente. È lui il più giovane condannato a morte negli Stati Uniti nel XX secolo. "Lo Stato ha compiuto una grande ingiustizia verso George Stinney", ha dichiarato la giudice Carmen Mullen. Il ragazzino fu giustiziato a meno di due mesi dalla condanna e a sole 12 settimane dall'arresto. Stinney, ha affermato Mullen, ebbe un "processo ingiusto", nel corso del quale fu impossibile stabilire la sua colpevolezza o innocenza. Mary Emma Thames e Betty June Binnicker, rispettivamente di 7 e 11 anni, furono uccise con una sbarra di ferro con cui furono violentemente colpite alla testa. I loro corpi furono ritrovati nella cittadina di Alcolu, Carolina del Sud, il 23 marzo del 1944. Stinney fu arrestato dopo che alcuni testimoni avevano riferito di averlo visto raccogliere fiori insieme alle due vittime. Dopo l'arresto il ragazzo non poté vedere i genitori e successivamente le autorità riferirono che aveva confessato. Secondo la giudice Carmen Mullins, che ha annullato la condanna, quel processo violò i fondamentali diritti stabiliti dalla Costituzione. Fu sommario, frettoloso, condotto da una giuria composta di soli uomini e soli bianchi. Inoltre, la giudice Mullins ha stabilito che la confessione del 14enne, di cui esistono due versioni, venne estorta con la forza. Non c'erano testimoni, né prove concrete della sua colpevolezza. Nel 2004 uno storico di Alcolu decide di investigare sulla vicendadopo aver letto alcuni articoli dell'epoca. Dalla ricerca emerge la totale mancanza di prove concrete contro il ragazzino. Alla fine, nel 2013, viene ufficialmente chiesta la riapertura giudiziaria del caso. A gennaio 2014 la giudice Mullen ascolta le testimonianze del fratello e delle sorelle di Stinney, di una persona coinvolta nelle ricerche delle bambine e di esperti che hanno messo in dubbio i risultati dell'autopsia e la confessione del ragazzo. Poi, finalmente, arriva l'annullamento della condanna. "Ricorderò per sempre quel giorno in cui hanno portato via mio fratello da casa - ha detto la sorella di George, Amie Ruffner, oggi 78 anni. Non ho mai più visto mia madre ridere". Turchia: giornalisti messi in carcere… ma i diritti contano meno degli interessi economici di Giorgio Santelli www.articolo21.org, 19 dicembre 2014 Era il 14 dicembre quando la polizia turca ha arrestato 23 giornalisti. Lavoratori di diverse emittenti e giornali del Paese. Oppositori del presidente Erdogan, così sono stati considerati. Troppo vicini all'Imam Fethullah Gülen, ritenuto un "terrorista" che vuole rovesciare il governo. Per loro l'accusa è quella di far parte di una organizzazione criminale che, come scopo, ha quello di sovvertire il governo legittimo del Paese. Un'operazione vasta, che ha interessato tredici città turche e gestita dalle forze antiterroristiche. La redazione più colpita è stata quella del giornale Zaman, molto vicino a Gulen. Mentre il direttore della testata, Ekrem Dumanli, veniva portato via, una folla di colleghi e di cittadini turchi protestava contro il duro e nuovo attacco alla libertà di stampa nel Paese. L'accusa è quella di far parte di un'organizzazione criminale con lo scopo di attentare alla sovranità dello stato. L'operazione voluta dal presidente Erdogan è stata condotta in tredici città turche, compresa Istanbul, dalle forze della polizia anti-terrorismo. In manette anche il direttore e alcuni impiegati dell'emittente Samanyolu. "Devono solo occuparsi dei fatti propri", ha detto Erdogan nelle sue prime dichiarazioni trasmesse in televisione dopo gli arresti di domenica. "L'Unione europea non può interferire in misure prese", "in un quadro legale, contro elementi che minacciano la nostra sicurezza nazionale", ha detto il presidente. L'Alto Rappresentante per la politica estera dell'Ue, Federica Mogherini, aveva subito preso posizione dichiarando in una nota ufficiale che gli arresti di giornalisti "vanno contro i valori europei e gli standard a cui la Turchia aspira a fare parte". In una nota congiunta con il commissario alla politica di vicinato Johannes Hahn, Mogherini aveva aggiunto: "Gli arresti dei giornalisti sono incompatibili con la libertà di stampa, che è il fondamento della democrazia. L'Ue si aspetta che i principi di presunzione di innocenza prevarranno e anche l'inalienabile diritto ad una indagine giusta e indipendente, nel caso di presunti illeciti, nel pieno rispetto dei diritti della difesa". Una nota dura nei confronti di un Paese che pochi giorni fa aveva chiesto al nostro Premier, Matteo Renzi, di aiutare la Turchia nel processo di adesione all'Unione Europea. Molti dei giornalisti detenuti fino allo scorso anno erano curdi, arrestati con l'accusa di terrorismo. Altri erano semplicemente oppositori del governo Erdogan. Dopo la diffusione del rapporto, il governo turco ne aveva rilasciata la maggior parte. Il Caffè Geopolitico, con Mariangela Pira, ha intervistato la giornalista Marta Ottaviani. Un'intervista che vi vogliamo proporre. Marta, il presidente Erdogan ha aspettato circa un anno per vendicarsi di uno dei suoi più importanti oppositori, Fetullah Gülen. Come dobbiamo leggere quanto sta avvenendo in Turchia oggi? In realtà diciamo che domenica c'è stato una specie di inizio ufficiale. Erdogan nei mesi scorsi ha cercato di indebolire il movimento di Gülen spostando magistrati, capi di polizia e altri uomini ai posti di comando sospettati di essere vicini al filosofo islamico. L'inchiesta a carico del suo entourage è stata insabbiata. Una volta portata a termine questa fase, Erdogan è passato al contrattacco. Tra gli arrestati anche il direttore del quotidiano Zaman, di proprietà di Gülen, 23 giornalisti, due capi della polizia… Marta, tu hai sottolineato che il titolo del giornale era un gioco di parole proprio con zaman. In che senso? Quali sono le prospettive vista la gravità dei fatti? Zaman in turco vuole dire tempo. Il gioco di parole lo ha fatto il quotidiano Sozcu, che ha titolato "Bir Zaman'lar", che suona più o meno come "tanto tempo fa": sotto il titolo c'era una foto di Erdogan durante una visita al giornale, proprio di fianco a Ekrem Dumanli, il direttore di Zaman che hanno arrestato domenica. Le prospettive sono molto negative. Erdogan per primo ha detto che ci potrebbero essere nuovi arresti. Il fatto che sia stato attaccato un giornale che tira quasi un milione di copie la dice lunga sul fatto che ormai il Presidente turco è convinto di poter fare quello che vuole. Marta, anche la retata di domenica è stata annunciata via Twitter, da tale Fuat Avni - anonimo. Ci sono delle ipotesi su chi possa essere? Con ampia probabilità una persona molto vicina allo stesso Erdogan. Una talpa che viene dal suo entourage o che ha accesso diretto a documenti riservati, viste le informazioni di cui speso viene in possesso. Quello che è accaduto ieri è strettamente legato alla fortissima corruzione presente in Turchia. Pensi sia questo il problema più grave presente nel Paese? Oppure la minaccia è rappresentata da altro? La corruzione è un problema molto grosso, ma credo sia una conseguenza del sistema di potere proliferato durante i Governi Erdogan e che ha sostituito il precedente. Certo ormai il potere è così ramificato che si controllano non solo i palazzi del potere e l'attività produttiva, ma anche la polizia e la magistratura Pensi che l'Ue stia facendo abbastanza - Federica Mogherini si è espressa ieri - per cercare di arginare i problemi del Paese? Non hanno fatto assolutamente niente. Continuano a cercare nella Turchia solo un partner commerciale e non hanno mai insistito perché il Paese maturasse realmente misure democratiche. A Bruxelles sanno perfettamente che Ankara non entrerà mai nella UE e alla Turchia sta benissimo così. Infine, con La Stampa sei stata tempestiva nel dare le notizie relative a quanto sta accadendo in Turchia. Agli italiani che purtroppo sui giornali non leggono tanto di politica estera come sintetizzeresti in una o due frasi quanto sta accadendo in Turchia cosa diresti? Nel 2002 ha preso il potere un uomo politico, Recep Tayyip Erdogan, che si proponeva come grande riformatore. Liberale e liberista in economia. Il Paese ha sperimentato una grande crescita economica, accompagnata dagli entusiasmi per il possibile ingresso in UE. Purtroppo non si tratta solo di un processo incompiuto. L'attività riformatrice è stata sostituita da una virata autoritaria che con il tempo è divenuta anche islamo-conservatrice. Con pesanti ripercussioni sui diritti fondamentali. Grecia: intervista in carcere al leader di Alba Dorata "contro di noi non ci sono prove…" di Alessandra Benignetti Il Giornale, 19 dicembre 2014 Nikos Michaloliakos è il leader di Alba Dorata. Da 14 mesi è detenuto nel carcere di Korydallos, alla periferia di Atene, con l'accusa di essere a capo della "organizzazione criminale Alba Dorata". Lo abbiamo intervistato in esclusiva italiana per ilGiornale.it, per capirne di più su cosa sta succedendo all'interno del terzo partito più votato in Grecia. In tutto 70 membri di Alba Dorata sono stati rinviati a giudizio, inclusi 8 deputati che si trovano in carcere dal settembre del 2013 con l'accusa di far parte di una "organizzazione criminale". Da oltre un anno siete in attesa di processo. Quale sono le prove contro di voi e quando pensa che verrete processati? "È vero, 70 camerati di Alba Dorata, amici, sostenitori e deputati del movimento sono in carcere dal settembre del 2013, con l'accusa di far parte di un'organizzazione criminale. Contro quasi tutti di noi non ci sono prove o evidenze, salvo che per alcuni, che hanno anche altre accuse, le quali sono state provate. Riguardo i deputati però non c'è neanche la minima prova che li lega agli atti criminali di cui vengono accusati. La verità è che si tratta di una persecuzione politica e che certe persone sono intervenute manipolando la Giustizia. Il fatto che politici e alti funzionari del governo abbiano fatto pressione sui giudici per procedere contro i deputati di Alba Dorata lo abbiamo detto anche in Parlamento. Quando faranno il processo non lo sappiamo, ed è veramente passato molto tempo. Il motivo principale di questo ritardo è che non ci sono delle prove serie contro di noi. Tutti, anche i giornalisti di sinistra, hanno scritto sui loro giornali che si tratta di una persecuzione politica." L'opinione pubblica e la stampa internazionale vi definiscono un partito nazista e razzista. Lo siete? È questa una delle ragioni per cui vi trovate in carcere? "La stampa italiana, ma, in generale, anche quella europea, ha scritto cose assurde contro il nostro movimento, senza darci il diritto di replicare a queste accuse. Fra le tante accuse che ci muovono, una è quella di essere una organizzazione nazista. Questo è totalmente falso, perché Alba Dorata è un movimento nazionalista e laico, che rappresenta politicamente e ideologicamente la Grecia del XXI secolo e che non ha niente a che vedere con quello che succedeva in Europa negli anni venti, trenta e quaranta. Queste cose le abbiamo sempre affrontate e commentate a livello teorico e storico. Anche questo è uno dei motivi per cui ci troviamo in carcere. Infatti, hanno trovato degli articoli scritti sulle riviste del nostro movimento trent'anni fa, dove venivano espressi pareri riguardo i partiti nazionalisti che si sono sviluppati in Europa negli anni trenta. Ma un regime di questo tipo, per chi non lo sapesse, c'era anche nella nostra patria. Un regime che secondo la terminologia corrente, si potrebbe definire fascista: il regime del "4 Agosto" di Ioannis Metaxas. La gioventù nazionalista di quel regime salutava con la mano destra alzata, come salutavano tutti a quel tempo in Italia, Germania, Spagna e in tanti altri Paesi europei. Quando i giovani del regime del "4 Agosto" hanno dovuto combattere contro l'invasore (l'Italia di Mussolini, ndr) però, hanno fatto tutto quello che potevano per difendere la nostra patria." Nonostante l'intero gruppo parlamentare di Alba Dorata sia stato oggetto di significative sanzioni il vostro partito nelle ultime elezioni europee è cresciuto. Perché secondo lei? "Mi hanno detto che in uno degli ultimi sondaggi pubblicato l'11 dicembre Alba Dorata è stata data al 6,1%. Questi sono sondaggi che non hanno niente a che vedere con la realtà, ma vengono pubblicati per manipolare l'opinione pubblica. L'unico sondaggio confermato è quello delle ultime elezioni europee, dove noi abbiamo preso un bel 9,4%. Un percentuale quasi del 4% in più rispetto alle elezioni politiche del 2012. Sicuramente gli arresti hanno ostacolato la nostra attività e la crescita del partito, e infatti, proprio questo era l'obiettivo. Il loro piano era quello di portare Alba Dorata al 2%, stando alle dichiarazioni del segretario del governo che eseguiva gli ordini del primo ministro Samaras. I risultati dimostrano che hanno fallito. Se noi potessimo essere fuori dal carcere però, le cose sarebbero molto diverse e il nostro movimento sarebbe molto più in alto. Forse sarebbe il secondo partito in Grecia. E chissà, forse anche di più." Si prevedono le elezioni anticipate per gennaio/febbraio se il premier Samaras non riuscirà a far eleggere Stavros Dimas come nuovo Presidente della Repubblica. Alba Dorata parteciperà a queste nuove elezioni? In tal caso come farete la campagna elettorale? Qual è, secondo lei il partito favorito per la vittoria? "È molto probabile che ci saranno nuove elezioni politiche a gennaio o all'inizio di febbraio a causa delle elezioni per il Presidente della Repubblica. Alba Dorata nelle elezioni per il Presidente della Repubblica avrà un ruolo da protagonista. Questo perché senza i nostri voti , la coalizione di centrodestra e dei socialisti, che servono il regime dei memorandum della troika, non riuscirà ad eleggere il nuovo Presidente. La cosa certa è che Alba Dorata parteciperà alle prossime elezioni politiche e di sicuro avrà un risultato eccellente. Sicuramente la campagna elettorale sarà per noi molto difficile, anche per il fatto che la maggioranza della nostra classe dirigente, ma anche moti camerati validi, si trovano ora in carcere. Ma fuori dal carcere ci sono tantissimi camerati veramente in gamba che faranno di tutto per poter aiutare il nostro movimento a vincere. Credo che saremo ancora una volta una brutta sorpresa per il sistema capitalista-marxista che per anni ha avvelenato il nostro popolo. Secondo i sondaggi, il primo partito sarà Syriza, di Tsipras. Questo è normale. C'era da aspettarselo, per il semplice fatto che l'attuale governo di coalizione ha subìto da tempo un crollo della popolarità a causa delle misure impopolari che ha imposto alla gente". Come si svolge la vostra attività politica? Come pensa che possa evolversi la difficile situazione politica in Grecia? "Anche se siamo in carcere riusciamo a svolgere una piena attività politica. Con tutto il nostro cuore dal carcere cerchiamo di scrivere articoli per le riviste e i giornali del nostro movimento, e di dare tutto il sostegno morale possibile ai nostri camerati e a tutto quello che stanno facendo nelle strade, nelle piazze. Sappiamo che tutta la nostra attività politica viene ostacolata illegalmente dal sistema, contro la nostra Costituzione, proibendo ad alcuni camerati di lasciare il Paese e vietando a molti altri di parlare in pubblico. La situazione in Grecia è ad un punto critico. L'economia è al tracollo e tutto sembra far pensare che sarà molto difficile rialzarsi da questa situazione e resistere alla tirannia degli usurai internazionali che vogliono imporre una condizione di povertà e miseria a tutta l'Europa. Ma quello che manca alla Grecia, soprattutto, è una visione nazionalista, e solamente il nostro movimento Alba Dorata la possiede, e noi, da dentro questo carcere, la testimoniamo. L'Alba Dorata e la nostra visione nazionalista rimarranno sempre vive in Grecia, anche dietro queste sbarre".