Giustizia: ddl sulla riforma della custodia cautelare al traguardo, critico il pm Cantone di Sara Nicoli Il Fatto Quotidiano, 8 aprile 2014 Prima l’ha bocciata Giuseppe Pignatone, procuratore di Roma: "Stanno rendendo impossibile l’arresto, anche domiciliare, per delitti che considero di un certo allarme sociale". Ieri è arrivato il neo presidente dell’Autorità anti-corruzione, Raffaele Cantone, sul Messaggero: "La politica criminale non spetta alla magistratura, ma al Parlamento, ma se questo disegno di legge sarà approvato definitivamente nella versione del Senato, ci saranno conseguenze per quanto riguarda i reati da strada, come il furto, e per quelli contro la Pubblica amministrazione". Il guaio è che, in barba a questi illustri avvertimenti, il ddl sulla custodia cautelare, ora in arrivo alla Camera in terza lettura, sembra avviato verso un’approvazione senza scosse prima del 28 maggio, quando l’intero pacchetto giustizia, che comprende anche le questioni legate alle carceri, sarà al vaglio della Corte europea dei Diritti dell’Uomo (che da tempo minaccia condanne senza appello). Già, perché il provvedimento, ora in commissione Giustizia, ma in discussione la prossima settimana, era già frutto di un accordo tra Pd e Forza Italia e il Senato ha modificato alcune parti ma non ha toccato l’asse portante della legge. Ovvero gli articoli 1 e 3 che prevedono che il giudice non possa desumere dalla gravità del reato le situazioni di concreto e attuale pericolo di reiterazione da parte dell’accusato. Inoltre, la misura della custodia cautelare non può essere applicata se il giudice ritiene che, all’esito conclusivo del giudizio, possa essere sospesa la pena. Siccome queste parti non sono state toccate, prima la commissione Giustizia di Montecitorio, poi l’aula si limiteranno a votare le modifiche del Senato, per poi votare in toto il provvedimento approvandolo. L’unica speranza è costituita dal fatto che Cantone faccia sentire la sua voce con Renzi. Così com’è, l’articolato sancisce infatti "l’impossibilità per il giudice di dare misure cautelari in carcere o ai domiciliari - è parola di Cantone - quando presuma che le pene irrogate possano essere inferiori a quattro anni, mi sembra una scelta troppo rigorosa. E anche pericolosa". Ma Renzi non ha grandi possibilità di manovra, vista l’urgenza di schivare una condanna della Corte europea: modificare il ddl significa rispedirlo di nuovo al Senato e - sostengono nel Pd - perdere un’occasione importante di riforma. L’ennesima. Stavolta più dannosa che inutile. Giustizia: Ucpi; su riforma della custodia cautelare politica non sia condizionata dai pm www.camerepenali.it, 8 aprile 2014 Sulla nuova custodia cautelare converge, da qualche giorno, il fuoco di fila di diversi magistrati di punta: tutti pubblici ministeri. Viene il sospetto che a stargli a cuore non sia tanto la pena che il giudice sentenzierà all’esito del processo, quanto piuttosto quella che i p.m. possono infliggere in via anticipata con le loro richieste. Il fenomeno dell’abuso della custodia cautelare è oramai riconosciuto finanche dai più alti vertici della magistratura. I rappresentati del nuovo corso politico dovranno prenderne atto e non cedere ai diktat delle procure, mosse dall’istinto di conservare il potere di arrestare. Si succedono in questi ultimi giorni prese di posizione provenienti da esponenti della magistratura contro il progetto di legge che intende riportare all’interno del dettato costituzionale l’istituto della custodia cautelare, mettendo un freno alla distorsione - ormai ammessa esplicitamente anche dai più alti vertici della magistratura - dell’utilizzo della medesima come incostituzionale anticipazione di pena. Sia il Procuratore di Roma Pignatone, che il Dottor Cantone, neo Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, che il Segretario dell’Anm Carbone, hanno infatti ammonito sul pericolo che si correrebbe se la normativa, così come approvata in Senato diventasse legge. Secondo questa opinione ciò "impedirebbe" di applicare la custodia cautelare in carcere anche a soggetti che, secondo la valutazione del giudice sarebbero destinati ad usufruire dei benefici dell’ordinamento penitenziario al momento della esecuzione e dunque non dovrebbero mai scontare la pena detentiva all’esito del giudizio. Come è facile intuire, al di là della evidente pressione che in tal guisa si sta esercitando sul Parlamento, l’esempio in discussione è proprio quello che dimostra che una parte della magistratura utilizzi la custodia cautelare per fini ben diversi rispetto a quelli previsti dal codice. Dolersi, infatti, di non poter privare della libertà nel corso delle indagini imputati che non sono destinati, secondo una valutazione ancorata a rigorosi presupposti legislativi, ad entrare in carcere per scontare la pena definitiva, significa proprio che si vuole privare della libertà dei cittadini in forza di valutazioni di carattere metagiuridico e che addirittura si vuole andare al di là dell’incostituzionale uso anticipatorio della pena oggi dilagante. Significa, in altre parole, che si pretende di avere mano libera di sbattere in carcere gli imputati anche nel caso in cui questo non avverrà mai all’esito della irrogazione definitiva della pena. In buona sostanza ci si duole del fatto che, se la legge passasse si comprimerebbe un po’ di quell’enorme potere che la distorta applicazione delle norme ha fin qui conferito alla magistratura. Una previsione che, se si avverasse, sarebbe il miglior risultato che la legge potrebbe raggiungere. Ora sta al Parlamento decidere. Un Parlamento che dovrebbe essere ben consapevole che l’uso distorto della custodia cautelare è un problema gravissimo e che esso viene utilizzato come arma di pressione capace di condizionare il comportamento processuale degli imputati. Ed allora la politica deve dimostrare, al di là dei proclami, di essere in grado di operare le proprie scelte senza farsi condizionare dalle levate di scudi dei procuratori della Repubblica, se non altro perché questo trito copione, seguito tanto nella prima che nella seconda Repubblica con monotona ripetitività, ha lasciato sul campo il principio di separazione dei poteri, non meno che la presunzione di innocenza e la inviolabilità della libertà personale. Sia detto con chiarezza: questa vicenda è una vera e propria cartina di tornasole sulla quale il Governo e le forze politiche di maggioranza sono chiamate a dimostrare una reale inversione di tendenza, altrimenti non rimarrà che concludere che di fronte agli ammonimenti delle Procure la nuova politica si lascia intimidire esattamente come la vecchia. Giustizia: Favi (Pd); investire per creare condizioni di serenità a bimbi e mamme detenuti Dire, 8 aprile 2014 "Anche quando la legge interviene per dare sollievo alle situazioni di estremo bisogno di assistenza e cura alle persone detenute e, con loro, ai piccoli innocenti che soffrono del dramma della carcerazione delle loro mamme, i ritardi e i conflitti della burocrazia ricacciano nell’oblio le soluzioni e gli interventi, per realizzare minime condizioni di protezione dall’esperienza dolorosa della detenzione". Lo dice Sandro Favi, Responsabile Nazionale Carceri del Pd. "Come per i ritardi alla costruzione delle residenze assistenziali per le misure di sicurezza, che dovevano consentire di chiudere l’esperienza orribile degli Ospedali psichiatrici giudiziari, registriamo altri ritardi, per la creazione degli istituti a custodia attenuata per le detenute madri, che la legge n. 62 del 2011 istituiva e finanziava per 11,7 milioni di euro, a valere sui fondi del Piano carceri. Benché in alcune realtà territoriali sia stata manifestata la disponibilità a reperire spazi e strutture da destinare alla custodia cautelare delle donne incinte e delle madri a cui restano affidati i bimbi fino a sei anni, nessun progetto ha preso corpo per dare a quelle donne e a quei bimbi un ambiente che preservi il loro rapporto dalla cupa realtà del carcere e creare, nel limite del possibile, condizione di serenità allo sviluppo dei piccoli". Favi conclude: "è tempo di superare inerzie e complicazioni inconcludenti; ci sono opportunità e risorse finanziarie e, soprattutto, risorse umane, professionali e di passione civile che possono garantire a quelle donne e a quei bimbi di trovare un nido d’amore e non di sbarre e cancelli". Giustizia: Moretti (Ugl Polizia penitenziaria), Orlando ci ha assicurato avvio confronto Adnkronos, 8 aprile 2014 "Il ministro della Giustizia oggi ci ha assicurato l’avvio di due livelli di confronto: il primo, a breve termine, per affrontare tutte le questioni irrisolte come il riallineamento e il possibile utilizzo dei fondi Fug per la manutenzione degli automezzi e l’implementazione dei sistemi tecnologici; il secondo, che sarà avviato nei prossimi mesi, sul modello di organizzazione a cui collegare gli organici necessari". Lo riferisce il segretario nazionale dell’Ugl Polizia penitenziaria, Giuseppe Moretti, al termine del confronto tra il guardasigilli e le organizzazioni sindacali di categoria. "Evitando di fare la solita lista della spesa sui problemi endemici del sistema detentivo, oggi abbiamo rivolto al ministro Orlando domande precise sull’inaccettabile deficit di risorse umane e tecnologiche che grava sugli agenti. Gli abbiamo chiesto innanzitutto - riferisce Moretti - cosa intenda fare per risolvere il persistente problema degli organici e del mancato turnover; se è consapevole della necessità di una riorganizzazione del Corpo che ne riconosca il vertice e, infine, come intenda superare il blocco stipendiale". Queste domande, spiega il segretario dell’Ugl Polizia penitenziaria, "non scaturiscono solo dalla necessità di recuperare quei diritti contrattuali che a causa della carenza organica, determinata anche dalle continue aperture di nuove sedi, stanno subendo una compressione, con il ricorso sistematico al lavoro straordinario e a un eccessivo carico di lavoro, ma anche dall’esigenza di offrire punti di riferimento al personale rispetto alle funzioni di chi dovrebbe essere responsabile della gestione delle risorse umane, vertice che ad oggi è ancora in attesa di un riallineamento e di un decreto ministeriale". "Auspichiamo che i tavoli annunciati dal Guardasigilli possano condurre a soluzioni in tempi brevi - conclude Moretti - anche perché lo svincolo del tetto salariale, soprattutto in questo periodo in cui la situazione economica generale è compromessa, darebbe respiro alle donne e agli uomini che garantisco quotidianamente la sicurezza e la legalità nelle carceri italiane". Giustizia: per Berlusconi i due giorni dell’ansia, si profilano i servizi sociali di Paolo Colonnello La Stampa, 8 aprile 2014 Dopodomani Silvio Berlusconi ascolterà la decisione dei giudici del tribunale di Milano sul suo affidamento ai servizi sociali oppure agli arresti domiciliari. Dal detenuto B.N, tossicodipendente, che chiede un affidamento in prova ai servizi sociali più la revoca della detenzione domiciliare al detenuto B.K., senegalese, che presenterà invece un reclamo per ottenere la liberazione anticipata e, già che c’è, anche un’opposizione all’espulsione dall’Italia. Passeranno almeno una cinquantina di casi di varia e dolente umanità, cui verranno dedicati non più di 10 minuti ciascuno, prima che alle 4 di pomeriggio di dopodomani, il cancelliere della sezione competente per la lettera "B", si affacci alla porta del settimo piano per chiamare "il detenuto Berlusconi Silvio" nell’aula in cui si stabilirà se il più illustre "cliente" che il tribunale di sorveglianza di Milano ricordi, sia meritevole dei benefici di legge concessi con l’affidamento in prova ai servizi sociali. La risposta, benché temeraria, può già essere formulata con sufficiente tranquillità: sì. Non c’è dubbio infatti che per il combinato disposto della legge svuota carceri, dell’età avanzata, dell’assenza (finora) di precedenti penali, per il danno risarcito e per la pena residua da scontare (9 mesi se il comportamento sarà ineccepibile), il tribunale non potrà che optare per l’affidamento in prova ai servizi sociali. Sebbene, formalmente, le opzioni su cui decidere, e su cui dovrà dare un parere anche il Pg di udienza, Antonio La Manna, comprendano anche la detenzione in carcere e quella domiciliare. La richiesta presentata dai legali c’è già: Villa San Martino ad Arcore, ex sede dei bunga bunga, futura sede di colloqui a cadenza settimanale o mensile con gli assistenti sociali del Uepe, acronimo di Ufficio esecuzioni penali esterne. I quali però, dopo aver già fatto visita al futuro "detenuto" in prova e aver verificato le sue attuali condizioni di vita (ottime) nonché se ci siano i presupposti di un reinserimento nella vita sociale e un eventuale pentimento per il reato commesso, avrebbe indicato una comunità o un centro religioso a Milano. In realtà la formula del "pentimento" è ormai obsoleta e la Cassazione più recentemente ha stabilito che al detenuto basti riconoscere di accettare la condanna inflitta. Si tratta ovviamente di un canovaccio studiato per i detenuti "comuni". Nel caso del leader di Forza Italia non possono certo essere, ad esempio, le condizioni materiali di vita il parametro su cui basare un pronostico per il tribunale. Il quale, giovedì, sarà composto da un collegio che comprenderà oltre al giudice titolare, ovvero Beatrice Crosti, anche il presidente Pasquale Nobile De Santis e due esperti di rango: un criminologo, ex docente della Statale, e un ordinario della stessa Università, esperto di diritto penitenziario. Segno che il tribunale si prepara in forze a qualsiasi eccezione la difesa vorrà presentare. Anche se in realtà gli avvocati di Berlusconi, oltre a Ghedini e Coppi un esperto di diritto penitenziario, si sono limitati finora a formule di rito, indicando però ben chiara la sede: Arcore. Bisognerà poi vedere se a Berlusconi verrà concesso di condurre la campagna elettorale per le Europee, il vero nodo dell’udienza. Ma è possibile che se l’esercizio di questa attività non confliggerà con orari e luoghi prescritti dal tribunale, anche quest’ultimo scoglio potrebbe essere superato. Toscana: dalla Regione un percorso per il superamento dell’Opg di Montelupo Fiorentino Adnkronos, 8 aprile 2014 Potenziamento della rete dei servizi territoriali, formazione professionale e aggiornamento continuo degli operatori, adeguamento della dotazione di personale, percorsi di dimissioni per pazienti stranieri senza fissa dimora, potenziamento delle strutture intermedie di secondo livello. Sono i progetti che fanno parte del percorso di superamento dell’ospedale psichiatrico giudiziario (Opg) messo in atto dalla Toscana, avviato da anni e che entro il 31 marzo 2015 (dopo la proroga di un anno per tutte le Regioni, firmata la settimana scorsa dal presidente Napolitano) porterà al completo superamento dell’Opg di Montelupo Fiorentino. Il programma, contenuto in una delibera approvata stamani dalla Giunta regionale, consentirà di accedere ai finanziamenti statali previsti per la realizzazione di questi interventi, finanziamenti che per la Toscana ammontano a 4.585.636 euro (legge 968.974 per il 2012 e 2.616.662 per il 2013). Ecco in dettaglio i punti significativi del programma: potenziamento Dsm (Dipartimenti Salute mentale). Per garantire ai Dsm, e ad altri servizi eventualmente coinvolti nel progetto (per esempio, Sert, o Disabilità) le risorse adeguate, sia di personale che per i progetti di residenzialità e reinserimento sociale. Progetto Formazione. Per sviluppare competenze professionali e garantire aggiornamento continuo agli operatori delle Rems (Residenze per l’esecuzione delle misura di sicurezza detentive) e delle altre residenze psichiatriche di secondo livello. Accertamento condizioni psichiche. Per garantire la gestione di un reparto detentivo, presso un istituto penitenziario della Toscana, gestito dalla Asl territorialmente competente, dove praticare, in un ambiente con caratteristiche sanitarie appropriate, gli accertamenti diagnostici e terapeutici necessari ad evitare la permanenza in carcere di detenuti con problemi psichici. Progetto adeguamento dotazione personale. Per garantire livelli adeguati di qualità assistenziale e appropriatezza organizzativa nel passaggio dall’Opg alle nuove strutture sanitarie extra ospedaliere. Percorsi dimissioni per pazienti stranieri senza fissa dimora. Per consentire la presa in carico territoriale dei pazienti che non hanno dimora sul territorio italiano. Al momento, sono presenti nell’opg di Montelupo 7 persone senza fissa dimora. Potenziamento strutture intermedie di secondo livello (dedicate ai casi meno gravi, per l’esecuzione di misure di sicurezza non detentive). Queste strutture hanno un ruolo fondamentale per garantire, da un lato che la permanenza nella Rems (vedi sopra) sia ridotta al minimo tempo indispensabile a ristabilire condizioni di maggiore stabilità clinica e comportamentale e, dall’altro, che le strutture territoriali ordinarie siano in grado di accogliere persone che hanno raggiunto un adeguato equilibrio e stabilità. Al 28 febbraio scorso nell’Opg di Montelupo Fiorentino erano presenti 107 persone, di cui 37 toscani. Dal 2010 ad oggi sono stati dimessi 25 internati toscani; sono in dimissione altri 31, per un totale di 56 persone che escono dall’Opg di Montelupo e tornano nel proprio territorio di provenienza. Finora la Regione Toscana ha impegnato 600.000 euro per i primi 25 dimessi, e più di 635.000 euro per i successivi 31. Nel 2002 erano 227 le presenze nell’Opg di Montelupo; negli anni si sono progressivamente ridotte, per arrivare ai 107 del febbraio 2014. Lombardia: Commissione speciale carceri visita le Case circondariali di Sondrio e Como Ansa, 8 aprile 2014 Proseguono le visite alle Case circondariali della Lombardia da parte della Commissione speciale del Consiglio regionale sulla Situazione carceraria, presieduta da Fabio Fanetti (Lista Maroni). Infatti, la delegazione del Pirellone è stata oggi al carcere di Sondrio e successivamente a quello di Como, dopo aver già fatto tappa nelle scorse settimane a San Vittore (Milano), Canton Mombello (Brescia), Verziano (Brescia), Busto Arsizio, Varese, Pavia, Voghera, Opera e Bollate (Milano). Obiettivo dell’iniziativa è monitorare la situazione negli istituti e in particolar modo verificare le condizioni di vita e quelle sanitarie dei detenuti. Le prossime visite previste dalla commissione saranno a Monza, Cremona, Bergamo e Vigevano (Pavia). Sardegna: Pili (Unidos); chiusura scuola di Polizia penitenziaria serve per aprire un Cpa Adnkronos, 8 aprile 2014 "Chiudere la scuola di formazione professionale del personale penitenziario di Monastior (Ca) è l’ennesimo attacco del Ministero della Giustizia alla Sardegna, aggravato dall’ipotesi di trasferire in quei locali il centro di prima accoglienza degli immigrati clandestini". L’allarme arriva dal deputato sardo Mauro Pili (Unidos) che raccoglie la segnalazione del segretario regionale dell’Ugl Penitenziari Alessandro Cara. "Si tratta di un ulteriore dimostrazione di come il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria agisca nei confronti della struttura carceraria sarda e con quale dispregio agisca nei confronti del personale penitenziario che vedrebbe cancellata una struttura di primo livello che da sempre è la fucina degli agenti e del personale addetto alla sicurezza delle carceri", dice Pili. "Si tratta - ha detto Pili - dell’ennesimo tentativo di colpire i servizi e le strutture carcerarie della Sardegna puntando questa volta al cuore della formazione professionale vero valore aggiunto in un sistema carcerario debole sul piano delle carenze d’organico e difficile da gestire. La visita alla struttura del Prefetto di Cagliari per la dislocazione nella struttura formativa di Monastir del Cpa di Elmas costituisce l’ennesimo e ulteriore tentativo da parte del Dap di indebolire la struttura carceraria e formativa ai danni dei sardi e dei dipendenti dell’Amministrazione Penitenziaria, sia del Corpo di Polizia Penitenziaria che del Comparto Ministeri". Veneto: Senatori Ncd da indipendentista Rocchetta "idee non possono finire dietro sbarre" Adnkronos, 8 aprile 2014 I senatori di Ncd, Nuovo Centro Destra, Franco Conte e Mario Dalla Tor, sono andati a trovare in carcere, a Treviso, il fondatore della Liga Veneta, Franco Rocchetta e gli hanno portato la loro solidarietà. "Le idee - hanno spiegato Conte e Dalla Tor uscendo dal carcere di Santa Bona, a Treviso - non possono finire dietro le sbarre. Ci vengono in mente pessimi esempi di Paesi dove per ciò che si pensa si finisce in carcere. Rocchetta è da sempre un indipendentista e gli va riconosciuta la sua militanza sulla base delle idee; quelle idee che oggi riassumono parte di un malcontento diffuso e complesso che nemmeno la Lega ha saputo interpretare. La questione veneta è solo veneta: Rocchetta lo aveva capito subito; sta a noi, ma senza le ruspe blindate, far capire che siamo l’unica parte d’Italia che è in grado di innescare la vera ripresa e battere un tempo nuovo per far partire un Paese che oggi è ridotto a Grande Bellezza". Padova: un pestaggio e un tentato suicidio, due detenuti ricoverati in fin di vita di Enrico Ferro Il Mattino di Padova, 8 aprile 2014 Costantin Niculau, 60 anni, rumeno, detenuto al carcere Due Palazzi, è ricoverato in fin di vita nel reparto di terapia intensiva dell’Ospedale Civile di Padova. La diagnosi parla chiaro: “trauma cranico facciale da percosse con emorragia cerebrale”. È successo domenica mattina, al terzo piano del penitenziario. Gli operatori della Casa di Reclusione hanno telefonato al 118 chiedendo l’intervento di un’ambulanza per un incidente successo ad un detenuto. In carcere, si sa, nessuno mai ammette di essere stato picchiato dagli altri detenuti: ne va della serena permanenza futura. E infatti, anche in questo caso, la prima notizia data al personale del Suem riguardava una violenta caduta a terra. Costantin Niculau è stato ricoverato in pronto soccorso ma è bastato poco a chi l’ha visitato per capire che quelle ferite non c’entravano proprio con il tipo di incidente descritto. È stata attivata quindi tutta la “macchina” delle verifiche. Spetterà alla polizia penitenziaria capire cosa è successo nei corridoi del carcere domenica mattina. Quel che è certo, è che il sessantenne rumeno è stato pestato da una o più persone. Ha il viso distrutto e le botte ricevute gli hanno provocato anche una emorragia cerebrale. Dentro le mura del Due Palazzi, come in ogni altro carcere, ci sono dinamiche ben precise di convivenza. Il sospetto è che Costantin Niculau sia venuto meno in qualche modo alle regole imposte dai detenuti più carismatici. Un comportamento che avrebbe scatenato la rabbia e successivamente la violenza. Ciò che è successo, comunque, è ancora tutto da ricostruire. Sicuramente saranno sentiti gli agenti in servizio domenica mattina. Non solo. Saranno sequestrate anche le immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza. Ogni sezione della casa di reclusione è infatti vigilata dall’occhio elettronico: un modo per cercare di monitorare il comportamento degli 870 detenuti attualmente presenti al Due Palazzi. Le sequenze potrebbero aiutare gli uomini della polizia penitenziaria a individuare i responsabili del pestaggio. Difficile sarà invece riuscire a capire i motivi che hanno scatenato la violenza. Il rumeno potrebbe avere infranto una delle regole non scritte che scandiscono la vita tra le mura del penitenziario. Casa Circondariale: romeno 26enne tenta di impiccarsi, ricoverato in fin di vita Un detenuto rumeno di 26 anni, I.S., ha tentato di farla finita impiccandosi in una cella della casa circondariale. È successo domenica pomeriggio. Sono stati gli stessi compagni di cella a dare l’allarme, dopo averlo trovato quasi esanime. Il ventiseienne è stato caricato in un’ambulanza del Suem 118 e trasportato d’urgenza in pronto soccorso. Attualmente è tenuto sotto stretto controllo dai medici in Rianimazione. È vivo ma il lungo periodo di asfissia ha danneggiato pesantemente il suo organismo. L’estremo gesto potrebbe essere giunto a causa delle condizioni in cui si trovano i detenuti nella casa circondariale, in alcuni casi costretti anche in dieci in una cella. Ora che le temperature si alzano la vita lì dentro diventa ancora più difficile. Il problema, più volte esposto anche alle istituzioni, stenta a trovare una risoluzione. E così, un altro giovane detenuto, ha preferito tentare di uccidersi piuttosto di rimanere lì dentro. Cagliari: Sdr denuncia "bimba 5 mesi a Buoncammino con madre"… e vengono liberate Ristretti Orizzonti, 8 aprile 2014 "La storia si ripete, nonostante i buoni propositi. Ancora una volta una neonata si trova rinchiusa nella Casa Circondariale di viale Buoncammino a Cagliari. La piccola, di appena 4 mesi, condivide la cella con la giovane mamma D.P.28 anni, di Carbonia, finita dietro le sbarre con l’accusa di truffa". Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione "Socialismo Diritti Riforme", sottolineando che "si tratta di una circostanza inaccettabile specialmente dopo che la legge ha imposto a partire dall’1 gennaio 2014 gli Istituti a Custodia Attenuata per madri detenute e le case protette". "La piccola, accudita dai Medici e dalle Agenti di Polizia Penitenziaria, sta bene ma le condizioni igienico-sanitarie dell’Istituto - ricorda Caligaris - sono inconciliabili con la presenza di una creatura e confermano che lo Stato non rispetta neppure le norme che si è dato. L’esperienza detentiva è un trauma per la piccola oltre che per la madre. La neonata viene privata delle condizioni indispensabili per la crescita che non sono solo la presenza della mamma". "L’auspicio è che il Magistrato possa disporre da subito gli arresti domiciliare utilizzando il braccialetto elettronico già impiegato positivamente all’inizio dell’anno con altre due donne arrestate con prole di pochi giorni di vita.La detenuta peraltro è madre di altri tre figli, il maggiore dei quali ha appena 12 anni. è tuttavia assurdo - conclude la presidente di SDR - che i bambini debbano subire le colpe di altri e in questo caso proprio del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria". Libere bimba 4 mesi e mamma detenute a Cagliari Sono tornate in libertà su disposizione della Corte d’appello di Cagliari, competente in materia di rogatorie internazionali, la bimba di 4 mesi e la mamma detenute da ieri nel carcere cagliaritano di Buoncammino. "Entrambe - annuncia la presidente dell’associazione Socialismo Diritti Riforme Maria Grazia Caligaris, che aveva denunciato il fatto - hanno fatto ritorno a Carbonia, dove la giovane donna vive con il compagno e altri tre figli". "Il tempestivo provvidenziale intervento della magistratura cagliaritana - sottolinea l’esponente socialista - ha impedito che la piccola trascorresse un’altra notte dietro le sbarre. Speriamo tuttavia che nessun neonato debba più varcare le porte di un carcere". Novara: convenzione tra Comune e carcere… una città più pulita anche grazie ai detenuti www.novaratoday.it, 8 aprile 2014 Firmata a Palazzo Cabrino la convenzione tra Comune, Casa Circondariale e Assa. Ferrari: "Un progetto che ha due principali finalità, una di carattere socio-educativo, l’altra di carattere amministrativo". È stata firmata ieri, lunedì 7 aprile, a Palazzo Cabrino la convenzione tra Comune, Casa circondariale ed Assa che dà il via ad un nuovo progetto che consentirà all’azienda municipalizzata che gestisce la raccolta rifiuti a Novara di poter disporre di alcuni detenuti per i lavori di pulizia straordinaria della città. Il protocollo di intesa è stato firmato anche dalla Magistratura di sorveglianza e da Uepe, l’ufficio per l’educazione penale esterna. Alla presentazione dell’iniziativa c’erano il sindaco Andrea Ballarè, l’assessore alle Politiche sociali Augusto Ferrari, il presidente di Assa Cesare Marzo, il magistrato di sorveglianza Lina Di Domenico, Patrizia Borgia, in rappresentanza del carcere di via Sforzesca, e Santina Gemelli di Uepe. "Questo progetto - ha commentato il sindaco Ballarè - tocca un tema sociale, e intende fare in modo che chi si trova in situazioni di detenzione possa tornare a fare parte della società sentendosi utile per la comunità". L’iniziativa prevede, infatti, che otto detenuti al mese, divisi in due uscite quindicinali, prestino servizio presso Assa per effettuare lavori di pulizia e bonifica in quelle aree più critiche della città. Tutto questo, ovviamente, a costo zero: per gli "ospiti" della Casa circondariale si tratta di una sorta di volontariato a favore della comunità in cui si trovano a vivere. "Vogliamo fare in modo - ha spiegato l’assessore Ferrari - che gruppi di detenuti possano far parte di un progetto che li vede impegnati nella pulizia della città. Un progetto che che ha due principali finalità, una di carattere socio-educativo, per integrare il detenuto all’interno della società attraverso lavori di pubblica utilità, l’altra di carattere amministrativo, per intervenire efficacemente in alcune parti della città, dove ci sono evidenti criticità". Il progetto, che fa seguito al cantiere lavoro appena conclusosi che ha visto l’impiego di 4 detenuti in lavori di pubblica utilità, andrà avanti fino al 2015, e prevede due interventi al mese, prevalentemente presso l’ex Campo Tav, l’area dello Sporting, i parchi cittadini e l’area dietro la stazione ferroviaria. "Crediamo nella valenza sociale del progetto - ha commentato il presidente di Assa - ma non solo: questa iniziativa è per noi anche una possibilità di incrementare le attività di pulizia della città, che già negli ultimi tempi si sono intensificati". Le persone che saranno impiegate in questi lavori di pulizia saranno selezionate direttamente dagli operatori del carcere; non godranno di nessuno sconto di pena, ma potranno godere di un’esperienza che potrà servire loro nel futuro, per un eventuale reinserimento lavorativo. "La cittadinanza può stare tranquilla - ha commentato Patrizia Borgia - perché saranno selezionati soltanto i detenuti più idonei, coloro che non sono pericolosi per gli altri e che non stanno scontando una pena per reati gravi. Le persone coinvolte saranno quattro per ogni uscita, ma potrebbero anche salire a 8 in caso di necessità, e sempre diverse per dare la possibilità a tutti di partecipare". Nicosia (En): Uil-Pa penitenziari; un sit-in permanente contro la chiusura del carcere La Sicilia, 8 aprile 2014 Contro la chiusura del carcere cittadino parte la mobilitazione. Nei giorni scorsi la Uil Penitenziari aveva proclamato lo stato di agitazione e adesso ha chiesto alla direzione del carcere la concessione della sala convegni del penitenziario per svolgervi l’assemblea permanente di tutti i dipendenti che, a partire da mercoledì si terra dalle 17 alle 20 di tutti i giorni ed alle quali, previa comunicazione e autorizzazione ad accedere alla struttura, sono invitate autorità, associazioni, sindacati, cittadini. Intanto il segretario provinciale Uil penitenziari Giuseppe Trapani, a Roma a margine di un convegno, ha incontrato brevemente il ministro della Giustizia Orlando, al quale ha prospettato la situazione di Nicosia e delle altre due strutture siciliane, Mistretta e Modica, per le quali è stato sbloccato il decreto di soppressione, che era stato sospeso nel giugno del 2013 dall’ex ministro Cancellieri. «Purtroppo il ministro mi ha spiegato che non ci sono margini - ha detto Trapani - per mantenere aperti i tre penitenziari che dovrebbero chiudere nei prossimi giorni, in coincidenza con l’apertura dei nuovi padiglioni del carcere Pagliarelli, dove servono agenti che sono, nelle intenzioni dell’amministrazione carceraria, reperiti dalle tre strutture chiuse e quindi anche da Nicosia». una mobilitazione, quella che parte da mercoledì, nella quale si spera di coinvolgere tutta la città anche perché come sottolinea Trapani, il sindacato non difende semplicemente il personale, che comunque verrà penalizzato dai trasferimenti, ma si tratta di difendere un intero territorio, già in crisi e impoverito anche dalla recente chiusura del tribunale. Il decreto è stato già trasmesso al provveditore regionale Maurizio Veneziano che entro il 15 aprile dovrebbe organizzare le traduzioni dei detenuti e quindi chiudere il carcere. Il provvedimento è atteso ormai da un momento all’altro e senza preavvisi, se non la disposizione di servizio che può essere contestuale all’arrivo dei mezzi per le traduzioni dei detenuti. Per il carcere di Vibo la chiusura è avvenuta una settimana fa, in meno di 24 ore e per Nicosia sarebbe già predisposto un intervento analogo, anche per evitare che vengano organizzate proteste o blocchi delle vie d’accesso al carcere cittadino. Potenza: attivata la Guardia Medica h24 presso la Casa circondariale di Melfi www.basilicata24.it, 8 aprile 2014 Attivati a partire dal mese di aprile i turni di Guardia Medica h24 presso la Casa circondariale di Melfi. "L’attività - si legge in una nota dell’Asp - rientra tra i servizi di assistenza sanitaria penitenziaria offerti e organizzati dall’Azienda Sanitaria di Potenza su stimolo della Giunta regionale e dell’Assessorato alle Politiche della Persona. L’obiettivo - prosegue la nota - è quello di adottare procedure di accoglienza e di assistenza nei confronti degli effetti potenzialmente traumatici della privazione della libertà, oltre che un dovere delle istituzioni di tutelare la salute di chi vive tra le mura delle carceri. Il provvedimento recepisce l’accordo approvato in Conferenza Unificata Stato Regioni Enti locali il 19 gennaio 2012. Si tratta di un ulteriore tassello al percorso di riforma penitenziaria avviato a seguito del Dpcm del 1 aprile 2008 che prevede la riorganizzazione della medicina penitenziaria affidando tutte le funzioni prima svolte dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile al servizio Sanitario Nazionale, mentre le Regioni garantiscono l’espletamento delle funzioni trasferite attraverso le Aziende sanitarie locali". Pordenone: a Cordenons apre prima Casa di accoglienza della provincia per ex detenuti di Milena Bidinost Messaggero Veneto, 8 aprile 2014 In via Seduzza, da luglio, aprirà la prima Casa di accoglienza della provincia per detenuti che usufruiscono di permessi o di fine pena, dopo un periodo di detenzione in carcere. Sarà un "porto franco" per coloro che, una volta fuori dal carcere, non hanno un alloggio né una famiglia su cui contare. La casa sarà gestita dai volontari dell’associazione "Carcere e comunità" di Pordenone, in quella che fino a qualche mese fa era una delle due sedi di vita e di lavoro della coop sociale di lavoro Oasi. È questa una cooperativa che opera, in convenzione con Comuni ed enti, nel settore della manutenzione del verde e che da oltre quindi anni offre lavoro agli ex detenuti e in molti casi anche un tetto sotto il quale vivere. Attualmente gli utenti sono circa una trentina. L’immobile di via Seduzza, di proprietà dell’Oasi, è stato per molti anni la loro casa. Da qualche tempo uffici e direzione sono tornati nella sede legale della cooperativa, in via Ferraris a Pordenone, e da dicembre la casa di Cordenons è rimasta completamente vuota. "Inizialmente - spiega il direttore della coop, Sandro Castellari - avevamo pensato di venderla. Poi però è nata l’opportunità di metterla a disposizione di un progetto, unico nel suo genere, che ne manterrà lo spirito per il quale era stata acquistata: ovvero ospitare ex detenuti che usufruiscono di permessi o fine pena. Si tratta di persone che, senza un lavoro e una rete familiare, si devono affidare alla provvidenza. Grazie a questa casa potranno invece avere un primo punto di riferimento per reinserirsi in società". In questi mesi nell’immobile di via Seduzza sono in corso i lavori di ristrutturazione, grazie ai quali verranno create sei stanze. "A luglio - prosegue Castellari - sottoscriveremo con l’associazione di don Pier Giorgio Rigolo, cappellano della carcere, una convenzione con la quale la cooperativa concederà l’immobile in comodato d’uso gratuito. Nella casa di accoglienza assieme agli ospiti vivrà un volontario dell’associazione che gestirà la struttura". Il progetto verrà quindi portato avanti dalla "Carcere e comunità", nata nel 1991 nell’ambito della Caritas diocesana di Pordenone. Grazie a soci che prestano gratuitamente il loro servizio, e sotto il coordinamento di don Rigolo, il sodalizio si propone di coadiuvare le istituzioni nell’attività di rieducazione e reinserimento sociale dei detenuti. I soci offrono vestiario, denaro, cancelleria, tengono i rapporti con i parenti e gli avvocati, visitano le famiglie, e alcuni soci sono autorizzati dagli enti preposti a entrare in carcere per offrire anche un aiuto morale. Inoltre l’associazione si rivolge alla società per sensibilizzarla e far conoscere i problemi del mondo carcerario. Verona: al Vinitaly premiato il "Gorgona", il bianco prodotto dai detenuti Il Tirreno, 8 aprile 2014 Il direttore del carcere di Gorgona, Carlo Mazzerbo, da ieri è anche benemerito della vitivinicoltura. Su indicazione della Regione Toscana, infatti, gli è stato conferito il Premio Cangrande, che dal 1973 equivale a un pubblico riconoscimento di quanti, con l’attività professionale o imprenditoriale, hanno contribuito e sostenuto la produzione viticola ed enologica della propria regione o del proprio paese. Il premio è motivato dall’attività svolta dai detenuti del carcere di Gorgona, che da una quindicina di anni a questa parte hanno ridato linfa a un vigneto abbandonato nel primo Dopoguerra, alternando la coltivazione della vite a quella delle piante aromatiche (rosmarino, salvia e maggiorana in primis) e alla cura di mille olivi. "Mi hanno premiato per il valore sociale di un lavoro rivolto agli uomini - commenta Mazzerbo. Produciamo un bianco, nella misura di 2.500 bottiglie. Il nome? "Gorgona", è ovvio". I detenuti, che coltivando la vite aspirano a darsi un futuro lavorativo una volta tornati in libertà, sono seguiti dagli agronomi e dagli enologi del gruppo Frescobaldi, una delle più blasonate famiglie nel panorama enologico italiano. "Il Gorgona è un bellissimo bianco, che con sé porta un trabocco di esperienza umana, fatto di sofferenza e di speranza - spiega Lamberto Frescobaldi. Non va valutato solo per il gusto, ma per un insieme che tocca le emozioni". L’idea è di estendere la produzione, fino ad arrivare alla superficie di tre ettari vitati per un totale di 7.500 bottiglie. Quantità da piccola ma dignitosa azienda con finalità soprattutto sociali: "A chi è detenuto va sempre offerta una nuova possibilità", aggiunge Frescobaldi. Un vino due volte di frontiera, insomma: perché è realizzato su un’isola e perché è prodotto con una manodopera suscettibile a cambiare di continuo. "Io credo però che senza un risvolto di qualità, le sole finalità sociali non bastano a far stare un vino sul mercato: dopo la prima volta i consumatori si stancano". Il "Gorgona" è un bianco sapido, appetitoso e profumato di quegli aromi che solo il vermentino e l’ansonica sanno regalare. In più ha un plusvalore intangibile eppure percepibile, costituito dal lavoro dell’uomo che tenta di riscattare se stesso. Oristano: il carcere e i giardini pubblici diventano spazi per la cultura di Michela Cuccu La Nuova Sardegna, 8 aprile 2014 Leggere libri in compagnia dei detenuti. Quest’anno la manifestazione "Leggendo ancora insieme", inserita nel programma "Il maggio dei libri" avrà fra le sue tappe il carcere di Massama. Quattro sono gli appuntamenti con i detenuti, che da martedì fino al 18 aprile, sentiranno narrare, da quattro lettori i classici della mitologia: l’Iliade, l’Odissea e l’Eneide. Saranno letture di circa due ore, alle quali potranno partecipare ogni volta cinquanta detenuti. È una novità per gli ospiti del carcere, che avranno la possibilità di partecipare a giornate davvero diverse, all’insegna della fantasia. Il ricco programma delle iniziative, messo a punto dall’associazione culturale Euristic, in collaborazione con il Centro servizi culturali Unla, con PartiCorali, Hanife Ana, Insieme, la Biblioteca comunale, la libreria Mondadori, è inserita nel Maggio dei libri, la campagna nazionale per la promozione della lettura, voluta dal ministero per i Beni culturali, in collaborazione con l’Aie e sotto l’alto patrocinio del Presidente della Repubblica e il patrocinio dell’Unesco, è stato presentato in un incontro al quale hanno preso parte anche la presidentessa della Commissione comunale alla Cultura, Mariangela Massenti, e l’assessore alle Politiche sociali, Maria Obinu. Fra gli appuntamenti di aprile, il 23, in occasione della Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore, nel giardino dell’Hospitalis Sancti Antoni, è in programma un incontro con gli scrittori Mariangela Sedda e Bepi Vigna. Appuntamenti quasi tutti all’aperto che coinvolgeranno, come ha spiegato Marina Casta titolare della libreria Mondadori, gli alunni delle scuole, con un evento ribattezzato "Sotto la statua della Regina", in programma dal 28 aprile al 30 maggio. Letture, ma questa volta nel giardino della scuola elementare di via Solferino, anche il 4 maggio, in occasione di Monumenti aperti. A maggio si concentreranno gli appuntamenti pomeridiani nei giardini di Torangius e viale Repubblica, dove, in collaborazione con l’Asl e l’Auser ci saranno manifestazioni dedicate a gestanti e neo mamme, anziani e assieme ai bambini ricoverati nel reparto di Pediatria dell’ospedale San Martino. È invece in programma il 31 maggio, al Teatro San Martino, la Festa nazionale del libro. Protagonista dell’evento sarà la scrittrice Savina Dolores Massa che, assieme ad Hanife Ana teatro e jazz, proporrà performance che trarranno ispirazione da una sorta di diario che la scrittrice terrà, partecipando ad ognuno degli appuntamenti in cartellone. Infine, il 4 e l’11 giugno il giardino pubblico di via Solferino ospiterà incontri con non vedenti e ipovedenti, in collaborazione con l’Unione Ciechi. Massa: appalti pilotati, l’ex direttore del carcere condannato a sei anni di reclusione Ansa, 8 aprile 2014 Sei anni di reclusione e interdizione dai pubblici uffici: questa la condanna inflitta dal tribunale di Massa a Salvatore Iodice, 61 anni, ex direttore del carcere della città, accusato nell’ambito di un’inchiesta su appalti pilotati nel penitenziario. Iodice avrebbe facilitato alcune aziende in cambio di favori personali e lavori nei suoi appartamenti privati. Sono 29 i capi d’imputazione a carico dell’ex direttore tra cui la truffa, la turbativa d’asta e la corruzione, per i quali il pm Rossella Soffio aveva chiesto 10 anni. Il collegio dei giudici ha poi deciso per sei. Iodice fu arrestato nel 2010 dalla squadra mobile di Massa in seguito all’operazione "do ut des " assieme ad altre nove persone tra cui Stefano Tendola, ex geometra del provveditorato alle opere pubbliche, e Salvatore Cantone, ex contabile della casa circondariale. Il primo nell’ambito dello stesso processo è stato condannato a due anni (e uno di interdizione dai pubblici uffici), l’altro a 18 mesi. Laureana di Borrello (Rc): sabato inaugurazione della sala di lettura per i detenuti www.cmnews.it, 8 aprile 2014 Sabato 12 aprile alle ore 10,00 presso l’Istituto Penitenziario Daga di Laureana di Borrello avrà luogo l’inaugurazione della sala di lettura per i detenuti. L’evento organizzato dalla Dott.ssa Silvana Salvaggio Coordinatrice Femminile della Società Dante Alighieri di Reggio Calabria in collaborazione con la Dott.ssa Belgio della Lidu di Reggio Calabria e del Direttore della Città del Sole Edizioni Franco Arcidiaco, che ha offerto gratuitamente n. 200 testi di letteratura, vuole dare risalto al valore della cultura e l’aspetto educativo della letteratura, per il recupero sociale dei detenuti. A tal proposito la Dott.ssa Salvaggio esprime grande compiacimento per la sinergia che si è venuta a creare tra le Associazioni, la casa Editrice Città del Sole e l’Istituto Daga, che nel comune intento di collaborare al progetto globale di un programma rieducativo per i detenuti, hanno pensato di far leva sul miglioramento culturale attraverso la lettura di testi di autori della nostra terra, ciò può stimolare la voglia dei detenuti di aprirsi al colloquio, di mettere allo scoperto i propri sbagli, facendoli sentire parte di una stessa umanità trafitta da comuni problemi esistenziali ed ambientali. "La Sala Lettura presso il Daga" dice la Dott.ssa Salvaggio "consentirà certamente ai detenuti uno spunto di riflessione sul percorso della propria esistenza e più in generale essi potranno porsi domande sul senso della vita e sui valori della società civile". "Noi della Società Dante Alighieri di Reggio Calabria siamo pronti a proporre ed attuare con spirito di volontariato anche altre attività ed iniziative, come la lettura ed il commento dei testi, ma anche rappresentazioni teatrali ed artistiche. Crediamo fortemente che la missione del recupero venga raggiunta nel momento in cui i concetti e le idee positive toccano le coscienze e solo allora sia possibile rimuovere le cause e le condizioni ambientali e sociali che hanno contribuito alla devianza dei soggetti". Cinema "Meno male è lunedì", il nuovo film di Vendemmiati girato in carcere a Bologna di Laura Pasotti Redattore Sociale, 8 aprile 2014 I 13 detenuti che lavorano in "Fare impresa alla Dozza", l’officina metalmeccanica, e i loro tutor, ex operai in pensione, sono i protagonisti del nuovo lavoro del regista. L’uscita è prevista in autunno. "Sabato e domenica purtroppo non lavoriamo". Lo dice uno dei detenuti-operai che lavorano in "Fare impresa alla Dozza", l’officina metalmeccanica nata in quella che una volta era la palestra del carcere grazie all’idea di tre aziende bolognesi (Gd, Ima, Marchesini group). Al suo interno 13 detenuti, assunti a tempo indeterminato, imparano un mestiere - la produzione di componenti meccaniche ad alta tecnologia destinate al packaging - grazie ad altrettanti ex operai in pensione che fanno loro da tutor. Oggi quell’esperienza, la prima in Italia, sta per diventare un film. L’idea è di Filippo Vendemmiati, giornalista della Rai e già regista di "Non mi avete convinto", un ritratto umano e politico di Pietro Ingrao e di "È stato morto un ragazzo", il film su Federico Aldrovandi, con cui ha vinto il David di Donatello. "Il lavoro in officina, dal lunedì al venerdì, è l’unico spazio di libertà che questi detenuti hanno in carcere", racconta Vendemmiati. Ecco perché non vedono l’ora di andare a lavorare. "Nonostante le guardie e le inferriate, in officina si respira un’aria diversa - continua il regista, che ha già iniziato le riprese - Sembra di essere in una qualsiasi azienda metalmeccanica, con macchinari e operai al lavoro. Un’atmosfera diversa che traspare anche dall’atteggiamento dei detenuti". Da qui il titolo del film, "Menomale è lunedì", a indicare la voglia di ricominciare la settimana, dopo l’inattività del weekend. In 90 minuti, "Menomale è lunedì" racconta la trasmissione del sapere operaio dagli ex lavoratori in pensione ai detenuti, ma soprattutto il rapporto umano che si è instaurato tra loro grazie a quest’esperienza. Gli ex operai arrivano dalle aziende che hanno finanziato il progetto "Fare impresa alla Dozza", ma anche da altre imprese satellite, sempre nel bolognese. Hanno vissuti molto diversi tra loro: alcuni hanno lavorato al reparto montaggio, altri sono stati rappresentanti sindacali e c’è anche chi è diventato quadro o dirigente. Tutti sono cresciuti in azienda e hanno una cultura operaia importante. "Non sono né assistenti sociali, né colleghi di lavoro o insegnanti ma un po’ tutt’e tre - continua Vendemmiati - e sono molto disincantati: c’è uno che dice se sono in carcere qualcosa avranno fatto, ma noi non siamo qui per fare l’elemosina" e un altro qua sono in officina, non mi interessa cosa c’è al piano di sopra, ma c’è chi invece ha voluto andare al piano di sopra, a vedere le celle". Insomma, non si sentono missionari, "ma sono molto diretti e sanno anche essere duri quando qualcuno sbaglia". Il gruppo di detenuti ed ex operai è coordinato da Valerio Monteventi, ex consigliere comunale di Bologna. Un mese di riprese in carcere, un paio di settimane fuori e poi il montaggio. Nell’officina la troupe di "Menomale è lunedì" è stata accolta in modo positivo. "I detenuti ci vedono come persone esterne con cui poter parlare di altro dai soliti discorsi che si fanno in carcere, dalle visite dei parenti a quanto manca da scontare - conclude Vendemmiati - e anche quelli che all’inizio erano titubanti, poi si sono sbloccati". L’uscita del film è prevista in autunno, ma il trailer è già uscito, sia per far girare il progetto che per raccogliere nuovi partner e risorse. Cinema: "Il loro Natale", di Gaetano Di Vaio… e gli studenti della scuola superiore di Armida Parisi Roma, 8 aprile 2014 Persone, non numeri. Si è parlato dei diritti dei detenuti al Pan, grazie a una lodevole iniziativa del Comune di Napoli insieme con il Garante dei Diritti dei Detenuti. Un confronto fra magistrati e avvocati per fare il punto su una situazione che è a dir poco drammatica. Inconsueto ma estremamente coinvolto il pubblico di studenti delle scuole superiori napoletane. Grande l’attenzione e la partecipazione emotiva alla testimonianza di Gaetano Di Vaio, regista e produttore cinematografico. "Io sono stato in carcere per spaccio e tentato omicidio ma mi sono salvato perché nella mia cella ho incontrato un uomo che mi ha insegnato a leggere i libri. Allora ho cominciato a chiedermi se era giusto quello che stavo facendo a mia moglie e a mio figlio. Perché loro dovevano pagare il prezzo dei miei sbagli. Così, una volta uscito, ho cominciato una nuova vita". Ma per un Di Vaio che ce la fa, sono in tanti che non riescono a uscire da quel circolo vizioso fatto di crimine, arresto, carcere, ritorno al crimine. Questo accade soprattutto perché il carcere, così com’è oggi, non svolge alcuna azione educativa. E questo che emerge dalla discussione, moderata da Adriana Tocco, garante dei detenuti della Regione Campania, con gli interventi di Francesco Cascini, vice-capo del dipartimento Amministrazione Penitenziaria; Tommaso Pelliccia, dell’associazione "Carcere Possibile"; Domenico Ciruzzi, presidente della Camera Penale, le conclusioni sono state affidate ad Annamaria Palmieri (nella foto a sinistra), assessore a Scuola e Istruzione del Comune di Napoli, che ha anche letto alcune toccanti testimonianze di giovani detenuti. I carcerati. Uomini che hanno sbagliato infrangendo le regole del hi convivenza civile, certo. che devono scontare la pena prevista dal Codice penale, certo. Che devono essere privati della libertà, d’accordo. Ma mai della dignità. E invece è questo che accade in quell’inferno che è diventato il carcere. Principale colpevole il sovraffollamento, la vita in cella finisce col diventare un lungo incubo in cui la riabilitazione diventa solo una chimera. "È un problema che riguarda tutti - spiega la Palmieri - è importante che i giovani se ne rendano conto: rendere il carcere un luogo di formazione e di crescita civile significa fare in modo che chi è lì dentro non tomi più a delinquere. Consentire ai familiari dei detenuti un trattamento umano, significa far sì che i loro figli non seguano la strada dei padri". Dopo la proiezione del film "Il loro Natale" è stata lanciata a tutte le scuole di Napoli una proposta di raccolta fondi, da indirizzare all’Associazione "Oltre le sbarre" Onlus, per migliorare le condizioni di vita dei detenuti di Poggioreale. Televisione: "Giovani a rischio" (Sky), un viaggio tra i cattivi ragazzi made in Usa di Fulvio Abbate Il Fatto Quotidiano, 8 aprile 2014 Luisella Costamagna ci racconta la condizione carceraria, meglio, il suo liquido di contrasto televisivo. In certe contrade del nostro Sud, i soggetti peggiori, gli incorreggibili son detti "chiodi storti", nel senso che non c’è peggior tortura per una povera famiglia del dover subire un erede mascalzone lì in casa, gli stessi patemi, forse, che dovette, insomma, subire Mastro Geppetto con il suo Pinocchio. Adesso Luisella Costamagna ci prova lei a raccontare la storia di 10 piccoli "chiodi storti", ometti avvisati e dunque, si spera, destinati a salvarsi. Il format cui Costamagna è lì a presentare con tanto di parentesi quadre come le sbarre di una prigione, di più, di un penitenziario, si intitola "Giovani a rischio", in onda sui canali Sky votati al racconto nudo e crudissimo della realtà, un passo prima che si apra una cella o addirittura lo sportellone della morgue. Dunque, il ritorno di Luisella passa attraverso i canali del "real crime", un modo nuovo e spiccio per raccontare, appunto, i giovani a rischio ergastolo. Su Crime + Investigation (Canale 117 di Sky). "Storie vere con persone vere, vittime o artefici di vera violenza, la difficile situazione femminile, adolescenziale raccontata attraverso ricostruzioni, factual, materiale di polizia e carabinieri", recita il comunicato che tutto spiega meglio d’ogni altra concessione interpretativa. Ovvero una serie "riabilitativa" che mostra i ragazzi a rischio galera per piccoli reati in viaggio in un carcere duro americano. Eccoli, i chiodi storti, stanno lì un giorno intero, accompagnati da ergastolani che faranno di tutto per far loro capire quanto sia meglio evitare di finire dentro una cella. Luisella, dall’alto del ballatoio di un carcere nostrano (Vittore Coeli, per dire) sovrintende e, come un narratore, introduce e chiosa le sequenze offerte allo spettatore, e quest’ultimo resta lì incollato al racconto in presa diretta. Il contrasto tra i galeotti dispensatori di reprimenda e i ragazzi cui è risparmiato l’obbligo della tenuta da cella custodisce infatti qualcosa di irresistibile, cominciando dai modi diretti e brutali dei "residenti". Nulla viene risparmiato ai ragazzi circa il menu delle violenze carcerarie, non le possibili violenze sessuali, non l’eventualità di dover fare i conti con la propria inadeguatezza in un contesto dove vige la legge non scritta del carcere. Su tutto, restano infine impressi nelle pupille del fruitore gli sguardi sovente apatici dei giovani sottoposti al trattamento della visita al penitenziario, gli stessi cui al momento è contestato il "reato" minimo di non aver ottemperato agli obblighi scolastici oppure d’essersi allontanato da casa nonostante la minore età. Quanto invece agli altri, ai già menzionati galeotti, sorge il dubbio che l’espediente di drammatizzazione televisiva, al di là del doveroso sermone finale, "ragazzo, non vorrai finire a fare questa vita di merda tra le sbarre, che poi vita non è, come me?", sembra essersi trattato di un momento di rottura della penosa monotonia carceraria. Filippine: diplomatico italiano arrestato con l’accusa di abusi sessuali su minori di Umberto De Giovannangeli L’Unità, 8 aprile 2014 Dal carcere di Binian, 40 chilometri da Manila, continua a proclamare la sua innocenza e a ripetere: "Non sono un pedofilo". Ma col passare delle ore la posizione di Daniele Bosio, ambasciatore italiano in Turkmenistan, sembra farsi più grave. "Seguiremo il caso con la massima trasparenza e rigore assoluto ", aveva garantito l’altro ieri la Farnesina. E ieri il rigore si è trasformato in un primo provvedimento. "A seguito della convalida del fermo dell’Ambasciatore in Turkmenistan Daniele Bosio, il Ministero degli Esteri ha sospeso oggi (ieri, ndr) l’Ambasciatore dal servizio in ottemperanza alle disposizioni di legge", si legge in una nota della Farnesina. "Li ho solo portati alle giostre", aveva aggiunto l’altra sera Bosio al telefono con il Corriere della Sera. E sulla possibilità che qualcuno gli abbia teso una trappola, il diplomatico commenta: "Non penso. Io non ho nessun nemico, perciò non voglio parlare di fango, di sicuro non conoscevo la severità della legge filippina (la massima pena prevista per questo tipo di abusi è l’ergastolo, ndr ), perciò non so cosa possa essere successo. Spero di chiarire tutto". Secondo il quotidiano filippino The Inquirer, il diplomatico è stato arrestato sabato scorso in compagnia di tre bambini tra i 8 e i 12 anni. Il ministro della Giustizia filippino, Leila de Lima, ha riferito che il diplomatico 46enne è stato fermato dalla polizia nello Splash Island, un parco acquatico nella località di Binian. "È agli arresti mentre la procura sta svolgendo le indagini preliminari. È stato trovato in compagnia di tre bambini di 8, 10 e 12 anni" di Caloocan City", ha spiegato de Lima. Il ministro ha detto di non sapere quanto dureranno le indagini. Né Lima, né la polizia hanno fornito dettagli sulle accuse a carico di Bosio che domenica si era difeso affermando di aver soltanto pagato qualche giro di giostra ai bambini, senza alcuna finalità ulteriore. La polizia ha depositato presso la procura accuse di abuso su minorenni e traffico di esseri umani e saranno i procuratori a decidere se formalizzare le accuse nei confronti del diplomatico italiano. Ai sensi del codice penale filippino, il traffico di esseri umani può essere punito con l’ergastolo e una multa minima di 2 milioni di pesos (32.500 euro), se la vittima è un minorenne. L’abuso sui bambini comporta invece la pena massima di 40 anni di reclusione. Secondo Catherine Scerri (una delle due attiviste della Ong filippina Bahay Tuluyan Foundation che ha denunciato il diplomatico), si tratta di "un caso molto evidente" di abusi o tentati abusi su minori. Raggiunta telefonicamente a Manila dall’Adnkronos, la Scerri ha raccontato le circostanze che hanno portato lei e la collega Lily Flordelis a denunciare Bosio. "Aveva offerto del denaro ai bambini", spiega. Sono stati gli stessi bambini trovati con Bosio, inoltre, a raccontare a lei e alla Flordelis di "essere stati portati nel suo appartamento, dove aveva fatto la doccia insieme a loro" e che "i bambini erano nudi. Era il secondo giorno che portava quei bambini nel resort". "Lo abbiamo visto in piscina - prosegue il suo racconto Catherine Scerri. Giocava con i bambini, li portava sulla schiena, li toccava molto. Era una situazione insolita. Poi abbiamo scoperto tutte le altre informazioni". La denuncia contro il diplomatico italiano è scattata sulla base della legge sulla tutela dei minori varata nelle Filippine nel 1992. Secondo questa legge, ogni adulto che sia visto in pubblico con un bambino, con cui non ha relazioni, e con il quale abbia una differenza di età di almeno 10 anni, deve essere denunciato alla polizia. Stando alle nuove notizie diffuse dalla polizia, Bosio ha detto agli investigatori che si trattava di "bambini di strada che lui aveva portato con sé da Manila" e che i loro genitori erano stati informati del viaggio. Sempre stando alla polizia, inoltre, i bambini hanno riferito agli agenti che l’ambasciatore li aveva portati nel suo alloggio dove "ha fatto loro personalmente il bagno strofinando la pelle mentre erano nudi, dopodiché ha dato loro soldi e cibo". Sempre secondo la polizia, l’ambasciatore italiano a Manila, Massimo Roscigno, si è recato nella stazione di polizia a Binian, nella provincia di Laguna, per garantire che Bosio riceva l’assistenza legale. "I bambini hanno dichiarato di aver fatto il bagno insieme a Bosio, che li ha lavati e ha strofinato i loro corpi, ma ovviamente sappiamo che le intenzioni dell’uomo erano altre", incalza il capo della polizia di Laguna, Romulo Sapitula, aggiungendo che il diplomatico italiano si trova "insieme agli altri detenuti" del carcere di Binian e che "non gli è stato riservato alcun trattamento speciale". Siria: Lega siriana per Diritti Umani; ci sono 7mila bambini in carcere, molti sono neonati Adnkronos, 8 aprile 2014 "Vi sono più di settemila bambini nelle carceri del regime siriano". è questo il bilancio tracciato dalla Lega siriana per i Diritti Umani, secondo cui di questi settemila "2.500 sono rinchiusi nel tristemente noto carcere militare di Saidnaya". Come spiega ad Aki-Adnkronos International il presidente della Lega, Abdel Karim Rihawi, una parte di questi bambini "sono neonati dati alla luce in carcere in seguito agli stupri commessi dalle forze del regime, molti altri sono stati messi in prigione assieme alle loro mamme". Egitto: giornalisti al-Jazeera in carcere da 100 giorni, appello per il loro rilascio Aki, 8 aprile 2014 Sono in carcere in Egitto da 100 giorni i giornalisti dell’emittente al-Jazeera English Peter Greste, Mohamed Fahmy e Baher Mohamed arrestati il 29 settembre con l’accusa di aver diffuso notizie false e di aver sostenuto i Fratelli Musulmani, inseriti dal governo del Cairo nella lista nera delle organizzazioni terroristiche. Lunedì scorso, il 31 marzo, era stata respinta la richiesta di libertà su cauzione e il processo è stato aggiornato al 10 aprile. Un quarto giornalista di al-Jazeera, Abdullah al-Shami, è in carcere in Egitto da oltre sei mesi ed è in sciopero della fame dal 23 gennaio. Il suo arresto è stato esteso di 45 giorni il 13 marzo. In occasione del centesimo giorno in carcere al-Jazeera ha chiesto alla comunità internazionale di sostenere l’appello per il rilascio dei tre reporter inviando messaggi di solidarietà via Twitter usando l’hashtag #freeajstaff. Al Anstey, direttore esecutivo di al Jazeera English, ha detto che "Mohamed, Baher e Peter sono rimasti in carcere in Egitto da 100 giorni semplicemente per aver svolto il loro lavoro e professato giornalismo di qualità superiore. Le accuse contro di loro sono false e senza fondamento, per questo non c’è giustificazione per la detenzione di questi innocenti giornalisti per così tanto tempo. Continuiamo a chiedere il loro rilascio immediato e il rilascio del nostro collega di al Jazeera araba, Abdullah Al Shamy, che è dietro le sbarre da 236 giorni". Anstey ha quindi detto di essere "molto grati all’immenso sostegno manifestato al nostro staff nel mondo. La risposta a questa detenzione è stata unanime. La campagna per il rilascio dei nostri giornalisti è fondamentalmente (una campagna, ndr) a difesa del giornalismo stesso e un appello per il popolo ovunque di avere il diritto di essere ascoltati e il diritto a sapere realmente cosa accade nel mondo". Al momento oltre 40mila persone sono coinvolte in modo attivo nella campagna per il rilascio dei giornalisti, con oltre 30 Paesi. Oggi a New York i giornalisti manifesteranno per chiedere il rilascio dei giornalisti di al Jazeera. Una manifestazione di solidarietà si svolgerà anche alla Scuola di giornalismo della Columbia. Stati Uniti: rigettato appello di condannato a morte su origine prodotto dell’esecuzione di Aurora Scudieri www.news.you-ng.it, 8 aprile 2014 Condanna a morte eseguita. Così a Huntsville, nello Stato del Texas, qualche ora dopo il rigetto da parte della Corte suprema, il detenuto Tommy Sells, 49 anni, è stato ucciso. L’appello si basava sul fatto che il detenuto pretendesse di conoscere l’origine del prodotto con il quale gli sarebbe stata data la morte. Ma non è bastato. La quindicesima esecuzione del 2014 negli Stati Uniti e la quinta in Texas, si è così svolta regolarmente. Sells era stato condannato a morte per il sequestro e l’omicidio di una ragazzina di 13 anni nel 1999, e, in quella occasione, aveva anche confessato un’altra decina di omicidi, venendo così classificato come "serial killer" Inizialmente un giudice federale aveva dato speranza al detenuto accogliendo il suo appello e quella di un altro detenuto messicano, i quali chiedevano "la pubblicazione completa della fonte, natura ed efficienza" del pentobarbital, l’anestetico utilizzato in Texas dal 1982, senza il quale i condannati "avrebbero subito una violazione dei propri diritti costituzionali" in virtù dell’ottavo emendamento che accusa ogni "esecuzione crudele". Ma l’appello non ha comunque permesso la sospensione dell’esecuzione. La provenienza dei barbiturici per i detenuti condannati è da mesi, infatti, una vera e propria fonte di controversia nel paese e la Corte suprema si trova sempre più spesso ad affrontare casi simili a quest’ultimo. Da quando i produttori europei, infatti, hanno presentato il proprio rifiuto a fornire il pentobarbital diversi Stati americani si trovano a dover affrontare una carenza di barbiturici e a dover ricorrere a prodotti simili. Egitto: Amnesty, confermate condanne di tre attivisti Adnkronos, 8 aprile 2014 Una Corte d’appello del Cairo ha confermato oggi la condanna di tre attivisti che avevano preso parte a una manifestazione "non autorizzata". Lo riferisce Amnesty International. Se non interverrà la Corte di cassazione, spiega una nota, Ahmed Maher e Mohamed Adel, due attivisti del Movimento dei giovani del 6 aprile, e il noto blogger Ahmed Douma dovranno scontare una condanna a tre anni di prigione con il lavoro e pagare una multa di 50.000 sterline egiziane (5228 euro). Al termine della condanna, trascorreranno altri tre anni in libertà vigilata. "Questa sentenza stringe ancora di più la corda intorno alla libertà d’espressione e di manifestazione e costituisce un altro segnale del crescente clima d’intolleranza delle autorità egiziane nei confronti di qualsiasi critica legittima", ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. "La repressione in Egitto prosegue senza sosta. Coloro che hanno guidato la rivolta del 2011 si trovano ora in carcere per una mera protesta pacifica - ha aggiunto. Questi tre attivisti sono prigionieri di coscienza e non avrebbero mai dovuto essere processati. Devono essere rilasciati immediatamente e senza condizioni e le accuse nei loro confronti devono essere annullate" . Maher, Adel e Douma sono i primi egiziani a essere condannati al carcere per aver sfidato la repressiva legge sulle proteste, entrata in vigore nel novembre 2013. Amnesty International "ha accolto con preoccupazione le denunce sui pestaggi subiti dai tre imputati al momento dell’arresto, durante la prigionia e nel corso dell’udienza d’appello". Egitto: quattro gay condannati a 8 anni di carcere per "comportamenti deviati" Adnkronos, 8 aprile 2014 Quattro cittadini egiziani sono stati condannati a sentenze a otto anni di carcere per omosessualità. Lo ha riferito una fonte della magistratura ai media locali spiegando che la procura ha riconosciuto gli imputati colpevoli di "pratiche deviate" e di aver indossato abiti femminili. Tre degli imputati sono stati condannati a otto anni di carcere e un quarto a tre anni. In passato la procura egiziana aveva fatto ricorso a una legge contro la "dissolutezza" per processare gli omosessuali nel Paese. Inoltre coloro che venivano accusati perché gay erano costretti a subire esami medici che provassero che la loro omosessualità era "abituale". Una pratica, questa, che le organizzazioni per i diritti umani hanno sempre contestato definendola un abuso. Bahrein: sette sciiti condannati a 15 anni di carcere per "attacco" a polizia di Manama Nova, 8 aprile 2014 Il tribunale penale di Manama ha condannato ieri sette imputati, tutti di confessione sciita, a 15 anni di reclusione ciascuno per avere partecipato ad un attacco nel quale rimase ferito un agente delle forze dell’ordine. Lo ha reso noto una fonte giudiziaria. I sette sono stati riconosciuti colpevoli di aggressione contro le forze di sicurezza, possesso di bombe molotov ed ordigni infiammabili, partecipazione a una manifestazione non autorizzata. I fatti risalgono al dicembre 2012 durante una manifestazione di protesta nel villaggio sciita al Deia vicino alla capitale Manama.