Giustizia: dalla Camera sì definitivo a disegno di legge sulla "messa alla prova" Asca, 3 aprile 2014 Con 332 voti a favore e 104 contrari l’aula della Camera ha dato via libera definitivo al disegno di legge "Deleghe al governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili". Hanno votato contro Lega Nord, Fratelli d’Italia e Movimento Cinque Stelle. La legge prevede che per i reati punibili con una pena fino a quattro anni si ricorra - almeno per chi non è recidivo - alla cosiddetta messa alla prova, vale a dire a misure alternative al carcere, concordando con lo Stato un percorso di riabilitazione e di lavori socialmente utili. "Non è una legge svuota-carceri, ma una riforma del sistema sanzionatorio" ha sottolineato nel suo intervento in aula la presidente della Commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti. Vani i tentativi di ostruzionismo dei deputati leghisti, fortemente contrari al provvedimento che depenalizza, tra le altre cose, il reato di immigrazione clandestina nato nel 2009 quando Roberto Maroni era ministro dell’Interno. Durante le dichiarazioni di voto, il presidente di turno, il grillino Luigi Di Maio, ha espulso dall’aula il leghista Massimiliano Fedriga per aver, durante l’intervento del collega Nicola Molteni, occupato i banchi del governo e mostrato un cartello con la scritta "Ministro Alfano, clandestino è reato". "Vergogna, vergogna", hanno urlato in aula i deputati del Carroccio dopo la lettura dell’esito del voto. Pene alternative Domiciliari come pena principale, depenalizzazione, messa alla prova. Sono i tre pilastri sui quali si struttura la riforma del sistema sanzionatorio approvata oggi in via definitiva dalla Camera. La legge, due deleghe e 16 articoli in tutto, ridisciplina anche il procedimento nei confronti degli irreperibili abolendo l’istituto della contumacia. Non tutte le norme però saranno immediatamente applicabili, all’attuazione della depenalizzazione e dei domiciliari dovrà infatti provvedere il governo attraverso appositi decreti legislativi. Ecco, in sintesi, le principali novità. Domiciliari pena principale Nel codice penale entra a pieno titolo la pena detentiva non carceraria, ossia reclusione o arresto presso l’abitazione o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza o accoglienza (‘domiciliò). Secondo la delega, i domiciliari dovranno diventare pena principale da applicare in automatico a tutte le contravvenzioni attualmente colpite da arresto e a tutti i delitti il cui massimo edittale è fino a 3 anni. Se invece la reclusione va da 3 a 5 anni, sarà il giudice a decidere tenendo conto della gravità del reato e della capacità a delinquere. Detenzione oraria La detenzione non carceraria può avere durata continuativa o per singoli giorni della settimana o fasce orarie. Può essere eventualmente prescritto il braccialetto elettronico. Restano invece in carcere i delinquenti abituali, professionali e per tendenza, e chi non ha un domicilio idoneo o si comporta in modo incompatibile (violando ad esempio le prescrizioni) anche tenuto conto della tutela della persona offesa. Lavori di pubblica utilità Nel caso di reati per cui è prevista la detenzione domiciliare, il giudice può affiancare alla condanna anche la sanzione del lavoro di pubblica utilità. Per almeno 10 giorni (durata minima), il condannato dovrà prestare attività non retribuita in favore della collettività. Meno reati In forza di una delega il governo trasformerà in semplici illeciti amministrativi una articolata serie di reati. La depenalizzazione riguarda tutte le infrazioni attualmente punite con la sola multa o ammenda e altre specifiche fattispecie come ad esempio l’omesso versamento (se non superiore a 10mila euro) di ritenute previdenziali e assistenziali o in materia di atti e spettacoli osceni, abuso della credulità popolare, rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive. Immigrazione clandestina È tra i reati depenalizzati. Resterà tuttavia penalmente sanzionabile il reingresso in violazione di un provvedimento di espulsione. Limiti depenalizzazione Non rientrano comunque nella depenalizzazione i reati relativi a edilizia e urbanistica, territorio e paesaggio, alimenti e bevande, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, sicurezza pubblica, gioco d’azzardo e scommesse, materia elettorale e finanziamento dei partiti, armi ed esplosivi, proprietà intellettuale e industriale. Probation Istituto da tempo sperimentato a livello minorile, viene ora esteso agli adulti. Per reati puniti con reclusione fino a 4 anni o pena pecuniaria o per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio, l’imputato può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova. La misura consiste in lavori di pubblica utilità e comporta la prestazione di condotte riparatorie e (se possibile) risarcitorie, con l’affidamento al servizio sociale per lo svolgimento di un programma di recupero. Se l’esito è positivo, il reato si estingue. In caso di trasgressione del programma di trattamento o nuovi delitti scatta però la revoca. Durante il periodo di prova la prescrizione è sospesa. Assenza imputato Viene eliminata del tutto la contumacia. Se l’imputato (dopo un primo tentativo di notifica) è irreperibile, il giudice sospende il processo potendo però acquisire le prove non rinviabili. Alla scadenza di un anno, e per ogni anno successivo, dispone nuove ricerche dell’imputato. Finché dura l’assenza, è comunque sospesa la prescrizione. Se le ricerche invece hanno buon esito, il giudice fissa una nuova udienza dando corso al processo. L’imputato può chiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento. Pd: inizia nuova stagione su carceri, cambia concezione pena "Con questo voto favorevole alla legge sulle pene detentive non carcerarie vogliamo dire che inizia una nuova stagione e che un mondo migliore è possibile". Lo ha dichiarato la deputata Pd Anna Rossomando, membro commissione Giustizia, durante la dichiarazione di voto in aula. Rossomando, che si è rivolta al gruppo della Lega ricordando "quanto la Lega stessa non abbia apportato miglioramenti al sistema carcerario negli anni al Governo" e deprecando "il suo uso astuto e non onesto di usare il tema del reato di clandestinità per impaurire i cittadini" , ha poi aggiunto: "I cittadini vogliono risposte certe e questa Pdl introduce novità rilevanti nella concezione della pena. Vengono privilegiate effettività e funzione rieducativa oltre a un livello maggiore di tutela per i cittadini e le vittime dei reati. Per i reati di minore gravità prevede pene alternative al carcere, consentendo di erogare una sanzione che venga effettivamente espiata e cominciando allo stesso tempo a incidere sui tempi del processo penale. I cittadini chiedono che chi viola la legge non rimanga impunito e in questo senso vanno le sanzioni alternative al carcere quali la detenzione domiciliare, i percorsi dei lavori di pubblica utilità o le sanzioni di tipo amministrativo che in taluni casi sono più efficaci e dirette di sanzioni penali che sono di scarsa entità, ma intasano le nostre aule di tribunale. Il provvedimento si occupa anche di recidiva perché i percorsi di recupero, quali i lavori di pubblica utilità previsti con la messa alla prova, è dimostrato che evitano proprio il ripetersi di condotte di reato. "Finalmente - conclude la deputata Pd - abbiamo un testo di iniziativa parlamentare efficace ed efficiente che affronta i mali delle carceri e della giustizia con cui si apre oggi una nuova stagione che guarda alle aspettative di sicurezza dei cittadini e al rispetto dei diritti umani di tutti". Orlando: passi avanti verso Italia più civile "Oggi abbiamo fatto un importante passo avanti nella direzione di un Paese più giusto e moderno". Così il ministro della Giustizia Andrea Orlando, in una nota, commenta l’approvazione in via definitiva da parte della Camera del provvedimento che delega il Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio e che contiene disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili. "In primo luogo - sottolinea il guardasigilli - le nuove norme introducono un nuovo sistema sanzionatorio più adeguato alla gravità dei reati e consentono di ripensare il nostro modello di detenzione per portarlo in linea con le regole penitenziarie europee, senza minare la sicurezza dei cittadini e il principio della certezza della pena. Il carcere rimane l’extrema ratio per i reati gravi e i soggetti pericolosi, mentre le misure alternative tendono a responsabilizzare maggiormente il detenuto puntando a non relegarlo ai margini della società e cercando di offrire strumenti idonei ad evitare la recidività e a favorire il reinserimento". "Un ulteriore aspetto positivo, tutt’altro che secondario - prosegue Orlando - riguarda l’ambito delle norme penali e l’effetto deflattivo che le nuove norme produrranno sullo svolgimento e la durata dei processi, anche in forza della delega che il Governo sarà chiamato ad esercitare in materia di depenalizzazione". "Sono convinto che riforme come questa e come altre che stiamo rendendo operative, penso ad esempio la legge sulla custodia cautelare, siano, assieme ad una costante azione amministrativa che acceleri il rimpatrio dei detenuti stranieri, il trasferimento in comunità di quelli tossicodipendenti e lo sviluppo di progetti di reinserimento, la strada da percorrere per produrre risultati benefici e costanti anche per il futuro". Sel: fatto passo avanti verso politiche nuove dopo disastri centrodestra Esprimo grande soddisfazione per l’approvazione definitiva delle norme in materia di pene detentive non carcerarie, riforma del sistema sanzionatorio e di sospensione del procedimento con messa alla prova. Un notevole passo avanti verso politiche nuove, dopo i disastrosi risultati del centrodestra di governo che ha strariempito le carceri senza fare nulla per la sicurezza dei cittadini. Lo afferma il capogruppo di Sel in Commissione Giustizia on. Daniele Farina. Mi tocca tuttavia smentire le notizie giornalistiche, prosegue l’on. Farina, che inseriscono tra le fattispecie di reato depenalizzate, attraverso lo strumento della delega al governo, la coltivazione a uso personale di cannabis. La delega depenalizzante riguarda solamente gli eventuali reati commessi dai soggetti di cui al comma 2 dell’art. 26, ovvero i soggetti autorizzati dal Ministero della Sanità, Istituti universitari e laboratori pubblici aventi fini istituzionali. La coltivazione delle piante inserita nelle tabelle 1 e 2, resta, quindi, vietata sul territorio nazionale e sanzionata dall’ art. 73 del Dpr 309/90. Continua, conclude l’on. Farina, l’impegno di Sel verso una diversa regolamentazione delle sostanze stupefacenti che legalizzi il consumo e la vendita, sia per fini terapeutici che ricreativi. Lo rende noto l’ufficio stampa nazionale di Sel Favi (Pd): mattone importante per cambiamento strutturale Dichiarazione di Sandro Favi, Responsabile Nazionale carceri del Pd: "Con l’approvazione della riforma del sistema sanzionatorio che potenzia e allarga lo spettro delle misure alternative, con la depenalizzazione di una serie di reati bagatellari e con l’introduzione dell’istituto di messa alla prova, che avranno positivi effetti anche sul carico penale, si posano importanti mattoni per il cambiamento strutturale del carcere e dell’esecuzione penale. E nuove assi e solidi pilastri sono in arrivo con le modifiche alla disciplina della custodia cautelare. Dopo l’approvazione del progetto, si pensi ora ai mastri d’opera, agli operatori dei Tribunali di sorveglianza, alle professionalità degli Uffici per le misure alternative alla detenzione, alla Polizia penitenziaria. Senza strumenti e senza maestranze non si alzano le cattedrali, si scava al massimo un solco ancora più profondo fra il Paese, il suo bisogno di sicurezza e legalità, e lo spirito di civiltà che dovrebbe animare le istituzioni. Cirielli (Fdi-An): no a uno svuota carceri permanente Noi siamo a favore delle misure per l’umanizzazione degli istituti detentivi e per l’umanizzazione delle pene. Ma questo provvedimento smantella i principi dello Stato di diritto, della certezza della pena, e della tutela delle vittime". È quanto ha affermato il deputato di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale Edmondo Cirielli, componente della commissione Giustizia, intervenendo in aula in dichiarazione di voto sulla pdl delega messa alla prova. "Questa Pdl - ha proseguito Cirielli - è addirittura peggio di uno svuota carceri, perché interviene direttamente sulla depenalizzazione dei reati consentendo ai delinquenti di non andare nelle patrie galere o di uscire prima, estendendo i benefici anche ai recidivi. E mentre si procede nello smantellamento della certezza della pena e si abroga il reato di immigrazione clandestina, si riduce il personale delle forze dell’ordine proseguendo nel blocco del turn over". "È vero - ha osservato Cirielli rispondendo al deputato Fiano - che furono Berlusconi e Tremonti a introdurre il blocco del turn over, ha ragione Fiano, ma il Pd non ha modificato questo blocco e sta impedendo che vengano assunti giovani vincitori di concorso in sostituzione di quanti vanno in pensione". "Nulla è stato fatto per potenziare i servizi sociali, sui quali ricadrà un nuovo carico di responsabilità legato alla gestione dei detenuti che saranno loro affidati. Nulla è stato fatto per favorire l’alleggerimento del sistema carcerario stipulando accordi internazionale per fare in modo che i detenuti immigrati scontino la pena nel Paese d’origine". "La responsabilità dei ritardi strutturali carcerari italiani - ha spiegato il deputato di Fdi-An - è dei governi e dei ministri di Giustizia che si sono succeduti in questi ultimi 20 anni. Sono loro che dovrebbero rispondere davanti alla Corte dei Conti per le sanzioni che saranno comminate all’Italia dall’Ue. In Italia non ci sono troppi detenuti, siamo al di sotto della media europea, ma ci sono meno posti nelle carceri rispetto alla media Ue perché non ne sono state costruite delle nuove o aperte quelle già edificate". "Sulla tutela della vittima Fratelli d’Italia-An - ha ricordato Cirielli - aveva proposto un emendamento di buon senso che prevedeva che se un detenuto scarcerato avesse reiterato il reato subentrasse lo Stato per il risarcimento del danno. È stato bocciato da tutti - a eccezione della Lega, respinto anche dal Movimento 5 Stelle che sta gettando la maschera". "Si tratta dunque - ha concluso Cirielli - di un provvedimento sbagliato, intempestivo che danneggia le vittime del reato e lo Stato di diritto, frutto di una classe politica di nominati". Antigone: non ci si fermi sulla strada delle riforme Dichiarazione di Patrizio Gonnella, presidente nazionale di Antigone, in merito alla legge appena approvata in materia di carcere. L’approvazione della Camera è una notizia importante. Molte delle norme presenti nel testo approvato facevano parte delle "3 leggi" di iniziativa popolare sulla quale abbiamo raccolto decine di migliaia di firme. In particolare di grande rilevanza materiale e simbolica l’abrogazione di immigrazione irregolare, seppur con una formulazione che lascia ancora spazi alla criminalizzazione del migrante. Ci sarà una decongestione dei tribunali su fatti di totale irrilevanza. Inoltre, ci saranno meno immigrati sottoposti a procedimenti penali e a carcere per il reato di favoreggiamento. Di altrettanto rilievo è la norma sulla messa alla prova per gli adulti che riproduce analoghe disposizioni previste per i minori. Si tratta di norme che puntano alla responsabilizzazione delle persone che hanno commesso piccoli reati. Infine è rilevante tutta la riforma del sistema sanzionatorio nella sua globalità. Finalmente la detenzione domiciliare diventa pena principale. Ora spetterà al Governo procedere alla depenalizzazione. Rilevante sarà ai fini dell’affollamento carcerario quanto si deciderà in materia di droghe. Questo provvedimento, non nell’immediatezza ma nei tempi medi, avrà un effetto sia di riduzione del numero complessivo di cause e detenuti. Giustizia: riformato il sistema sanzionatorio, dalla messa in prova al braccialetto elettronico di Federica Fantozzi L’Unità, 3 aprile 2014 "Si volta pagina" annuncia la presidente della Camera. Laura Boldrini Nemmeno la spigola agitata in aula da Buonanno è bastata. Nonostante le proteste e l’ostruzionismo della Lega, è stato approvata ieri alla Camera in via definitiva la depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina. Il disegno di legge delega - passato con 332 sì, 104 no e 22 astenuti - contiene la riforma del sistema sanzionatorio e l’applicazione di misure alternative al carcere, dalla messa in prova al braccialetto elettronico. Commenta il ministro della Giustizia Orlando: "È un importante passo avanti nella direzione di un Paese più giusto e moderno, che ci mette in linea con l’Europa senza minare la sicurezza dei cittadini". Hanno votato a favore Pd, Ncd, Udc, Sel. Marcia indietro del M5S, che al Senato aveva votato a favore del testo: stavolta dà luce verde all’emendamento specifico sul reato di clandestinità ma vota no al ddl complessivo. È l’ultima torsione, dopo che la posizione anti-depenalizzazione di Beppe Grillo era stata sconfessata dalla Rete attraverso un referendum online. Maretta anche dentro Forza Italia, che alla fine si è spaccata con 8 no, 14 sì e la maggioranza, 19 deputati, astenuti per incertezza sul da farsi. Un caso che ha provocato molti malumori, concentrati su Brunetta ma che hanno lambito anche Berlusconi per "l’assenza di una strategia e di una linea chiara di opposizione". Contrarissimi Fratelli d’Italia che hanno cavalcato e criticato con ben simulato dispiacere l’atteggiamento degli azzurri. Soddisfatta, invece, la presidente della commissione Giustizia, la Democratica Donatella Ferranti, che alle critiche ha risposto netta: "Non è uno svuota carceri". Emozionato Khalid Chaouki, responsabile Pd dell’intergruppo su immigrazione e cittadinanza e in prima linea sull’argomento: "Finalmente è stata eliminata una delle più odiose bandierine leghiste. Un reato di immigrazione clandestina era inutile e lesivo. Ora serve una riforma della legge sulla cittadinanza". Depenalizzata l’immigrazione clandestina, resta rilevante a livello penale il reingresso in Italia in violazione di un provvedimento di espulsione. Adesso sarà compito del governo determinare sanzioni pecuniarie, amministrative e civili alternative alla detenzione. Ma la riforma ha l’obiettivo complessivo - attraverso l’alleggerimento delle pene per chi delinque per la prima volta in caso di reati punti fino a 4 anni - di limitare il sovraffollamento delle carceri. Problema non nuovo ma sempre attuale. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando è appena stato in Marocco a firmare un accordo bilaterale per cui, a determinate condizioni, sarà possibile che i detenuti marocchini scontino gli ultimi due anni di pena nelle carceri del loro Paese. Un provvedimento che riguarderebbe circa 4mila detenuti. In trincea è salita la Lega. Che già il giorno precedente ha applaudito lo show di Buonanno, dopo aver messo nel mirino il ministro dell’Interno Angelino Alfano con una mozione di sfiducia ad personam proprio per la gestione delle politiche di sicurezza. "Noi non ci stiamo" strilla il segretario del Carroccio Matteo Salvini, che annuncia un referendum sul tema, molto sentito degli elettori padani. Protesta anche Giorgia Meloni: "Lo Stato scarica sui cittadini onesti la propria inefficienza". E mentre Guido Crosetto se la prende con Renzi - "Grazie Matteo. È il secondo atto della tua leadership dopo la svendita di Bankitalia" - in realtà nel mirino ci sono i forzisti. Rei di pensarla come il premier e Alfano. Un punto da sfruttare al massimo durante la campagna elettorale per le Europee, dove l’ex Cavaliere ha arruolato Storace proprio in chiave anti-Fdi. Nel partito di piazza in Lucina accusano il colpo. Al mattino, quello che manca è un’indicazione chiara su come comportarsi. Liberi tutti, si va in ordine sparso. Diversi criticano il "protagonismo" del capogruppo Brunetta "che esterna a colpi di slide sui temi economici ma lascia il gruppo al buio sui lavori dell’aula". Fatto sta che votano contro, tra gli altri, Annagrazia Calabria, Daniela Santanché, Giorgetti. C’è chi riceve telefonate allarmate di Gasparri e Matteoli dal Senato. Altri, come Fitto e Mara Carfagna, si astengono. Ma in Translatlantico la sensazione è di spaesamento. E la lontananza di Berlusconi dalla politica, l’assenza di una prospettiva su temi che li riguardano da vicino, la sensazione di "non essere né carne né pesce" è palpabile. Giustizia: depenalizzata l’immigrazione irregolare, una scelta di civiltà di Luigi Manconi e Valentina Brinis L’Unità, 3 aprile 2014 Finalmente è stato approvato alla Camera il disegno di legge sulle pene alternative che prevede, tra le altre cose, anche la depenalizzazione della fattispecie di immigrazione irregolare. Ciò significa che il Governo dovrà, entro diciotto mesi, trasformare in illecito amministrativo l’attuale reato di immigrazione clandestina (previsto dall’articolo 10-bis del testo unico), rendendo penalmente rilevante solo il reingresso in Italia in violazione di un precedente provvedimento di espulsione. Il reato, voluto dalla Lega Nord e dal Pdl, era stato introdotto nel 2009 e prevedeva una sanzione pecuniaria, che tuttavia non veniva mai irrogata in quanto l’espulsione determinava il proscioglimento. In questi anni, quel reato ha portato alla criminalizzazione di numerosissimi stranieri (solo ad Agrigento negli ultimi dodici mesi ne sono stati indagati migliaia e migliaia). È questo che costituisce, in particolare nella percezione dell’opinione pubblica, la "giustificazione" dell’esistenza dei Centri di identificazione ed espulsione: se lo straniero rappresenta una minaccia sociale e un pericolo per l’incolumità e la sicurezza dei cittadini, esso va "contenuto", classificato come criminale, recluso nei Cie. Eppure, nonostante che siano stati avviati numerosi processi, quell’illecito non ha avuto l’effetto di dissuadere dall’ingresso irregolare quanti intendevano e intendono venire in Italia. Ciò significa che il miglior modo di affrontare questo fenomeno non è quello di criminalizzare e punire, ma quello di agevolare e di rendere "più conveniente" (per tutti: italiani e stranieri) l’ingresso regolare. Ecco perché sarebbe opportuno introdurre il visto di ingresso per ricerca di occupazione, al fine di favorire l’incontro tra offerta e domanda nel nostro paese, contribuendo a regolarizzare una quota notevole degli ingressi e dei soggiorni non regolari. Il sistema attuale - decreto flussi, quote, chiamata nominativa - si basa sull’ipotesi, rivelatasi del tutto irrealistica, che offerta e domanda di lavoro si incontrino nei paesi di emigrazione. Con il visto di ingresso per ricerca di occupazione, chi voglia venire in Italia si deve rivolgere al consolato italiano nel suo paese. Lì rilascia copia del passaporto e impronte. Se non vi sono precedenti negativi, gli verrà riconosciuto un visto per cercare lavoro in Italia; tempo: sei o dodici mesi. Se trova lavoro, stipula un contratto e ottiene il permesso di soggiorno. Ciò, oltre tutto, scoraggerebbe i rapporti di lavoro in nero. Se non trova un’occupazione, deve tornare al suo paese, salvo concedergli in futuro un’altra chance. Per concludere. Il reato di immigrazione irregolare ha certamente influito sul modo di intendere la presenza straniera in Italia. Ha fatto sì che la categoria dei migranti venisse assimilata - secondo una concezione giuridica precedente allo stato di diritto - a quella di una "classe pericolosa": da perseguire non per i reati commessi ma per la sua stessa condizione esistenziale (non per ciò che si fa, ma perciò che si è). Il Parlamento, la sua parte l’ha fatta. Ora spetta al Governo non essere da meno. Giustizia: sovraffollamento delle carceri, le pene alternative sono la soluzione giusta? di Giorgio Rini www.nanopress.it, 3 aprile 2014 Il problema del sovraffollamento delle carceri è qualcosa, le cui radici vanno rintracciate molto nel passato. La situazione, che risulta in base ai dati disponibili, è davvero drammatica. Ne viene fuori un Paese in preda alla barbarie, dove i diritti umani vengono calpestati. A provocare problemi non sono soltanto gli spazi che mancano e le strutture che accolgono più detenuti rispetto a quanto potrebbero. Si tratta anche di un problema di ordine, che il sovraffollamento non riesce a garantire. Di conseguenza per i carcerati diventa difficile ogni azione del vivere quotidiano, mancando le condizioni necessarie perché la vita in uno spazio delimitato possa ritenersi accettabile. Anche agli occhi degli altri Paesi ciò che viene fuori è qualcosa che non si dovrebbe mostrare, non soltanto perché si vuole rimanere nell’indifferenza, ma perché si rivela tutta la mancanza di soluzioni e di interventi, che fino a questo momento avrebbero dovuto essere presi, per non giungere al disastro. Nelle carceri italiane ci sono 67.437 detenuti. Un numero esagerato, se pensiamo che la capienza regolamentare è di 45.281. Il sovraffollamento carcerario raggiunge il "primato" europeo del 140%. Il problema è aggravato dal fatto che restano in carcere molti detenuti imputati, che non sono stati giudicati colpevoli in via definitiva. Si calcola che il 44% del totale dei carcerati appartenga proprio a questa categoria. Tutto ciò influenza altri dati che fanno ancora di più rabbrividire. Basti pensare, in questo senso, al numero particolarmente alto di persone morte in carcere. A tutto questo si aggiunge la situazione particolarmente pericolosa dei tagli, che negli ultimi 10 anni hanno toccato il 22% del bilancio dell’amministrazione penitenziaria. Si è passati dal 2001, in cui la spesa media per un detenuto al giorno era di 131,9 euro ad oggi, quando si spendono soltanto 113 euro. Il sistema legislativo approvato alla Camera stabilisce delle pene alternative al carcere. Fra le principali novità ci sono i domiciliari come pena principale, che dovrà diventare automaticamente applicabile a tutti quei delitti, che prevedono una carcerazione massima fino a 3 anni. La detenzione non carceraria può avere una durata continuativa e può essere stabilita per singoli giorni della settimana oppure a fasce orarie. Eventualmente può essere stabilito l’uso del braccialetto elettronico. Poi ci sono i lavori di pubblica utilità, che possono essere affiancati nel caso dei reati in cui è prevista la detenzione domiciliare e possono avere la durata minima di 10 giorni. C’è anche la sospensione del processo con messa alla prova: l’imputato viene impegnato in lavori di pubblica utilità, viene spinto a prestazioni riparatorie o risarcitorie e contemporaneamente si affida al servizio sociale il compito di mettere in atto un programma di recupero. Se l’esito di tutto ciò è positivo, si ha l’estinzione del reato. Di certo queste pene alternative possono rappresentare un punto d’inizio, per affrontare una situazione ai limiti dell’accettabile. Sta a vedere se nel tempo tutte queste misure si riveleranno all’altezza di riuscire a porre rimedio ad una situazione che ha raggiunto il limite. Forse si dovrebbe guardare al passato, per vedere che cosa non si è fatto, ma allo stesso tempo occorre pensare a non commettere gli stessi errori e a superare la situazione di stallo in cui ci si trova attualmente. È difficile dire se le pene alternative rappresentino veramente una soluzione definitiva. Soltanto un sistema di monitoraggio attento potrà smentirlo o confermarlo. Giustizia: Bernardini (Ri) chiede verità su posti nelle carceri. Dap: 43.547 posti "effettivi" Ansa, 3 aprile 2014 "La verità sui posti regolamentari (cioè legali) disponibili nelle carceri italiane è stata detta dall’allora guardasigilli Annamaria Cancellieri in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2014 (dati aggiornati al 25 gennaio) quando la capienza regolamentare veniva data a 47.599 posti. Nella relazione, il Ministro aggiungeva: "ma il dato subisce una flessione abbastanza rilevante (quantificabile in circa 4.500 posti regolamentari) per il mancato utilizzo di spazi a causa degli ordinari interventi di manutenzione o di ristrutturazione edilizia". Queste ultime non sono parole dei Radicali o di Antigone o di Ristretti Orizzonti, sono parole scritte e ufficiali". Lo afferma la segretaria nazionale di Radicali italiani Rita Bernardini, che aggiunge: "Oggi, invece, a 56 giorni dall’ultimatum che la Corte di Strasburgo ha dato all’Italia per porre fine alla tortura in carcere, vengono sparate cifre assurde fino all’ultima panzana diffusa dal Capo del Dap Giovanni Tamburino che ha parlato di 50.000 posti regolamentari. Con il mio sciopero della fame giunto al 34/o giorno e con il Satyagraha radicale che coinvolge 1.500 persone, chiediamo di conoscere la verità sui posti regolamentari effettivamente disponibili in ciascuno dei 205 istituti penitenziari e sulla composizione - per titolo di reato e per pena edittale massima - degli oltre 5.000.000 di procedimenti penali pendenti. È troppo - conclude Bernardini - chiedere al Governo e al Ministro della Giustizia Andrea Orlando che sia rispettato il diritto alla conoscenza del popolo italiano, mentre l’Italia è da anni condannata per la "tortura" in carcere e per la giustizia negata a causa dell’irragionevole durata dei processi?". Dap: 60.167 detenuti a fronte di 43.547 posti effettivi Ammonta a 60.167 il numero dei detenuti presenti nelle 205 strutture penitenziarie del Paese, a fronte di un numero esatto dei posti detentivi effettivi disponibili pari a 43.547, ossia il 90,14% della capienza regolamentare. Lo comunica il Dap, in riferimento a "recenti dichiarazioni diffuse sugli organi di stampa in merito alla capacità ricettiva delle strutture penitenziarie e ai posti effettivi disponibili", dichiarazioni, afferma il Dipartimento in una nota, "che accusano in sostanza l’Amministrazione Penitenziaria di falsificare i dati reali". Il Dap, dunque, intende smentire "in maniera categorica" e respingere "con forza" tali "accuse per la loro totale infondatezza, ritenendole diffamatorie e non supportate da alcun riscontro oggettivo e verificabile rispetto alle fonti da cui vengono tratti i dati". L’Amministrazione penitenziaria precisa che la capienza regolamentare complessiva delle carceri italiane - calcolata secondo un parametro stabilito convenzionalmente dal decreto del ministero della Salute del 5 luglio 1975, con riferimento agli ambienti di vita delle civili abitazioni, secondo il quale occorre garantire 9 mq per una persona ospitata in cella singola e ulteriori 5 mq per ciascun detenuto nelle camere detentive multiple - è di 48.309 posti detentivi. La vastità del patrimonio edilizio penitenziario - rileva il Dap - determina però "fisiologicamente" un certo numero di posti indisponibili "per ragioni di inagibilità e per esigenze di ristrutturazione ordinaria e straordinaria": per questo, ad oggi il numero esatto di posti effettivamente disponibili è di 43.547. Tale dato, "ovviamente fluttuante", è "costantemente monitorato dal Dap - conclude la nota - e reso noto all’esterno e, prima di tutto, agli organismi internazionali che seguono l’andamento del sovraffollamento delle carceri in Italia. Va rilevato che, rispetto al 2010, i detenuti sono diminuiti di 7.734 unità mentre la capienza regolamentare è aumentata di 3.287 posti". Al 31 dicembre 2010 i detenuti presenti erano 67.901 a fronte di una capienza regolamentare di 45.022 posti. Bernardini: finalmente salta fuori la verità, che è tutta in questa cifra: 43.547 Il Dap risponde risentito alle mie dichiarazioni di oggi ritenendole "diffamatorie". Se non fossi al 34° giorno di sciopero della fame e in contatto costante con la sofferenza dei detenuti e dei loro familiari, mi verrebbe da sorridere perché è proprio lo stesso Dap a "rivelare" alla fine del suo comunicato il dato inedito che chiedevo da tempo: i posti effettivamente disponibili nei 205 istituti penitenziari sono 43.547, cioè 4.762 in meno della capienza regolamentare finora pubblicizzata ai quattro venti. Già perché ai detenuti ammassati in una cella non è che possiamo raccontare che in fondo non stanno così stretti perché da un’altra parte c’è una sezione chiusa in cui sognare di stare. Ora i dati dei posti effettivi devono - se si vuole essere trasparenti fino in fondo e corrispondere al diritto dei cittadini alla conoscenza - essere forniti istituto per istituto. Giustizia: sovraffollamento carceri, le omissioni del ministro Orlando "svelate" dal Dap di Andrea Spinelli Barrile www.polisblog.it, 3 aprile 2014 Il 28 maggio decorre il termine europeo per il rientro nella legalità sulle carceri ed i processi ma i numeri forniti all’Europa dal Ministro Orlando non sono reali. Mancano solo 55 giorni alla vergogna nazionale di vedersi multare dall’Europa per il mancato rispetto dei diritti umani dei detenuti e dei processati dai Tribunali italiani: un problema prioritario per il Guardasigilli Andrea Orlando, che a Strasburgo la scorsa settimana ha tentato di rassicurare l’Europa sul rispetto della scadenza e sul rientro nella legalità del sistema giudiziario italiano, ma che secondo molti viene affrontato sulla base di dati non reali. In un acceso dibattito a mezzo stampa tra il Dap (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) e il segretario radicale Rita Bernardini, i primi hanno smentito categoricamente ogni opinabilità delle cifre fornite negli ultimi giorni dal ministro Orlando, salvo tuttavia confermare quanto denunciato dalla stessa Bernardini negli ultimi giorni, e cioè che le cifre fornite da Andrea Orlando e dall’amministrazione penitenziaria sulla reale capienza delle carceri italiane siano sbagliate: "...il numero esatto dei posti detentivi effettivi disponibili è di 43.547", scrive il Dap in una nota. Tuttavia da quando il ministro Andrea Orlando va in giro in Europa a "trattare" le pene europee derivanti dai delitti commessi dallo Stato italiano il dato che viene pubblicizzato è un altro: "circa 50mila posti" si ripete come un mantra. Un atteggiamento più provinciale che doloso, quello mantenuto dal Ministero della Giustizia, che al momento si è semplicemente accodato ai provvedimenti pensati e varati dal precedente Guardasigilli Annamaria Cancellieri, pur non garantendo la medesima trasparenza sui numeri reali, che danno a tutti la misura del problema e, di conseguenza, la base dalla quale realizzare la riforma della giustizia tanto sbandierata dal governo rottamatore. Da 34 giorni il segretario di Radicali Italiani Rita Bernardini, in buona compagnia di altri 1.500 persone, porta avanti uno sciopero della fame in classico stile radicale: quello che chiedono i Radicali è il rientro nella legalità sulle carceri (attualmente fuorilegge per il degrado ed il sovraffollamento e, per questo motivo, sotto le luci di Strasburgo) e sull’amministrazione della giustizia. Non c’è infatti solo il drammatico sovraffollamento carcerario a violare i più basilari diritti umani dei detenuti (ad esempio il diritto ad avere almeno 3 metri quadri di spazio a testa) ma ci sono anche quei 10 milioni di processi pendenti (penali e civili) che fanno della giustizia italiana (la "madre del diritto") la pecora nera tra quelle europee. Giustizia: Sappe; sbagliato diffondere dati sballati su capienza regolamentare carceri Ristretti Orizzonti, 3 aprile 2014 "La querelle di questi giorni sui posti virtuali e reali nelle carceri italiane conferma l’inaffidabilità delle politiche penitenziarie promosse fino ad oggi dal Capo dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Tamburino. Non è nascondendo la realtà o, peggio, alterando i dati delle presenze regolamentari in carcere come fa il Dap che ci si possa permettere di edulcorare la drammaticità delle nostre carceri, nelle quali i poliziotti penitenziari ogni giorno lavorano nel silenzio e con grande professionalità ed umanità". Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sappe, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. "Non si nasconda la testa sotto la sabbia. In carcere quello che manca è il lavoro, che dovrebbe essere obbligatorio per tutti i detenuti dando quindi anche un senso alla pena ed invece la stragrande maggioranza dei ristretti sta in cella venti ore al giorno, nell’’ozio assoluto. E farli stare fuori dalle celle dodici ore al giorno senza fare nulla non risolve i problemi, anzi", prosegue Capece. "I numeri sballati sui posti in carcere, le idee e i progetti che il capo del Dap Tamburino si ostina a propinare - come la vigilanza dinamica - rispondono alla solita logica "discendente" che "scarica" sui livelli più bassi di governance tutte le responsabilità, tenuto conto, a titolo esemplificativo ma significativo, che la vigilanza dinamica, ritenuta congeniale al nuovo modello, mal si concilia con il regime di vigilanza intensificata nei confronti di quei detenuti ritenuti ad esempio a rischio di suicidio". Il Sappe incontrerà lunedì 7 aprile il Ministro della Giustizia Andrea Orlando. A lui, conclude Capece, "il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria, il Sappe assicurerà la disponibilità a sedersi a un tavolo per discutere possibili soluzioni per mitigare gli effetti negativi del sovraffollamento. A cominciare dalla richiesta che i vari progetti regionali sui circuiti penitenziari siano ratificati dai vertici del Dap e dalla competente magistratura di sorveglianza mediante l’’apposizione in calce delle rispettive firme, che diano vita, questo sì, a un "patto di responsabilità", o meglio di corresponsabilità davanti a ogni autorità giudiziaria, tra il livello di amministrazione centrale, regionale e periferico". Giustizia: Corte Strasburgo; nel 2013 l’Italia condannata a pagare 71mln, record europeo Ansa, 3 aprile 2014 L’Italia nel 2013, a causa delle violazioni dei diritti dei propri cittadini riscontrate dalla Corte di Strasburgo, è stata condannata a versare indennizzi per più di 71 milioni di euro, la cifra più alta tra tutti i 47 Paesi aderenti al Consiglio d’Europa. Lo si legge nel rapporto sulle esecuzioni delle sentenze della Corte. È il secondo anno consecutivo, in base a quanto emerge dal rapporto reso noto oggi dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, che il dato italiano sull’ammontare degli indennizzi spicca per il primato negativo stabilito. Pur avendo infatti quasi dimezzato l’importo rispetto al 2012, quando si raggiunse la cifra record di 120 milioni di euro, l’Italia nel 2013 è stata condannata a pagare una cifra pari a quella di tutti gli altri 46 Stati membri del Consiglio d’Europa messi assieme. Il secondo Paese per ammontare d’indennizzi da pagare per il 2013 è l’Ucraina, con quasi 33 milioni di euro, la metà di quanto accumulato dall’Italia. Dal rapporto approvato oggi dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa si rileva che il record italiano deriva dalla continua violazione del diritto di proprietà dei propri cittadini, in particolare è dovuta agli espropri condotti da diversi comuni italiani negli anni 80. L’altro dato che emerge dal rapporto è l’alto numero di sentenze per cui il governo italiano non è in grado di fornire informazioni sui pagamenti delle cifre fissate dalla Corte di Strasburgo a titolo di indennizzo. Per l’Italia non risultano pagati gli indennizzi relativi a 94 sentenze, tra cui la Torreggiani, la decisione con cui i giudici di Strasburgo hanno condannato l’Italia per il sovraffollamento delle carceri. Giustizia: Ucpi; nuova proroga per la chiusura degli Opg va contro diritti degli "ultimi" www.camerepenali.it, 3 aprile 2014 Approvato il decreto che prevede la proroga di un anno della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. Appariva inevitabile ma resta inaccettabile. Il Consiglio dei Ministri ha approvato l’altro ieri un decreto legge recante disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) che prevede la proroga di un anno della chiusura degli Opg del termine che scadeva, in forza di pregressa proroga, il 1° aprile 2014. Questa data non risultava congrua "in ragione della complessità della procedura per la realizzazione delle strutture destinate ad accogliere le persone cui sono applicate le misure di sicurezza". Le motivazioni d’urgenza "nascono dalla necessità di contemperare, da un lato, le esigenze rappresentate dalle regioni di avere a disposizione un maggior lasso tempo per concludere i lavori per la realizzazione e la riconversione delle strutture sanitarie destinate ad accogliere i soggetti oggi internati negli Opg, e, dall’altro, l’esigenza di dar corso in tempi rapidi al definitivo superamento degli Opg". A fronte della proroga vengono, altresì, previsti il dovere del giudice di verificare se in luogo del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario possa essere adottata nei confronti dell’infermo di mente una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, idonea ad assicurargli cure adeguate ed a far fronte alla sua pericolosità sociale, e un termine entro il quale le Regioni dovranno comunicare al Ministero della salute, al Ministero della giustizia ed al comitato paritetico interistituzionale lo stato di avanzamento dei lavori di realizzazione e riconversione delle strutture destinate all’accoglienza dei soggetti oggi internati negli Opg, nonché di tutte le iniziative assunte per garantire il completamento del processo di superamento degli Opg. In caso di inadempienza il Governo provvederà a esercitare il potere sostitutivo, nominando un commissario ad acta. Le immagini restituite dalla Commissione Marino che avevano indotto quel provvedimento di urgenza del 2012 evidentemente sono state dimenticate dalla politica. Il Governo proroga il mantenimento in vita di strutture ove si perpetuano da anni, in danno di persone affette da problemi mentali e, spesso, solo sociali, violazioni dei basilari ed irrinunciabili principi costituzionali che tutelano il diritto alla salute ed alla cura e il diritto di chi commette un reato a vedersi risocializzato e ricondotto nella realtà con un percorso di inclusione. Restano aperti e conservano la loro funzione spazi dove viene calpestata la dignità umana in nome di una necessità delle Regioni di avere più tempo per costruire luoghi che, comunque, non agevolerebbero quella cura ispirata a principi trattamentali e non di contenimento psichiatrico che dovrebbe essere oggetto, in uno Stato di diritto, della misura di sicurezza. Ma pare incongruo parlare di Stato di diritto ove si consente la conservazione di simili violazioni di diritti e di tali trattamenti inumani ed illegittimi. L’Osservatorio carcere ancora una volta è costretto a denunciare che le azioni della politica troppo spesso si scontrano con la tutela necessaria ed imprescindibile dei diritti degli ultimi. Giustizia: l’angoscia di Silvio, a piede libero ancora per una settimana di Ugo Magri La Stampa, 3 aprile 2014 Solo chi crede alle favole può immaginare che, nella visita di ieri sul Colle, Berlusconi abbia parlato solo di riforme costituzionali, o degli interessi russi in Crimea, senza compiere un estremo tentativo di ottenere dal Capo dello Stato quello che finora non ha mai ottenuto per le note vicende che lo riguardano (tentativo, a quanto risulta, anche questa volta, senza successo). Il Cavaliere tenta il tutto per tutto in quanto non gli restano che sette giorni a piede libero. O forse un paio in più, perché l’udienza davanti al Tribunale milanese di sorveglianza è fissata il 10 aprile, però i giudici avranno tempo fino al 15 per stabilire in che modo l’ex-premier sconterà la sua pena. Lo staff legale berlusconiano non ha sollecitato alcun rinvio ben sapendo che, tanto, difficilmente sarebbe concesso. Per cui, un minuto esatto dopo la decisione, il leader del centrodestra verrà sottoposto a vincoli e restrizioni della sua libertà personale. Impossibile al momento prevedere se trascorrerà il prossimo anno relegato in casa (carcere a domicilio in ragione dell’età), oppure potrà cavarsela con 10mesi e 15 giorni di affidamento ai servizi sociali. Nel giro berlusconiano tutti preferirebbero di gran lunga la seconda delle due, che al condannato garantirebbe tra l’altro un’ampia agibilità politica. Già da tempo una folla di comunità è in lizza per accoglierlo in veste di munifico mecenate, sebbene in pole position pare ci sia l’Unitalsi, opera benefica che organizza i viaggi dei malati a Lourdes (ha la sede dietro via del Plebiscito). Tutti si augurano che il Tribunale acconsenta, dalle parti di Berlusconi, tranne uno: il diretto interessato. L’uomo è testardamente convinto che l’affido ai servizi sociali sarebbe mille volte più devastante per il suo sconfinato amor proprio. In quanto, diversamente dai domiciliari, richiederebbe l’adesione a concetti come pentimento e recupero alla società (un tempo si sarebbe parlato di redenzione) a lui del tutto alieni. La prospettiva di farsi "redimere", anche solo attraverso colloqui settimanali con un assistente sociale, è vissuta da Berlusconi alla stregua di un’ingiuria. Primo, perché lui continua a proclamarsi innocente, si dice certissimo che questa sua verità sarà presto dimostrata a Brescia in sede di revisione del processo o in alternativa a Strasburgo, davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Di qui lo stato d’animo del leone in gabbia descritto dalla Biancofiore, che è tra le sue visitatrici più assidue. Secondo: il Cavaliere trova altamente offensiva la pretesa che un assistente sociale possa insegnare a lui come si campa da persona onesta, e valutare strada facendo se ha ben digerito il concetto. Con tutti i visitatori si sfoga: "Come si può imporre una umiliazione del genere a chi è stato imprenditore, ha dato lavoro a 50 mila famiglie, ha fondato la tivù libera in Italia, per quattro volte è stato premier, ha rappresentato l’Italia in tutti i consessi, ha parlato addirittura davanti al Congresso degli Stati Uniti?". Gli avvocati lo supplicano in ginocchio di non ripetere questi discorsi in udienza, dove non è escluso che Berlusconi possa presentarsi, perché i giudici potrebbero prenderlo in parola e dirgli: "Ah sì? Non gradisce i servizi sociali? Allora si accomodi ai domiciliari". Magari pure con il divieto di interfacciarsi con il mondo esterno, a parte pochi intimi (è ampia facoltà discrezionale dei magistrati ritagliare l’esecuzione della pena su misura di ciascun imputato, alla luce della sua personalità). In attesa di conoscere il suo destino, Berlusconi da combattente irriducibile le sta provando tutte. Nessuno, tantomeno chi lo considera il Caimano, può stupirsi dei colpi di coda. Tanto più che l’uomo destinato alle misure restrittive è la stessa persona su cui fa perno il progetto di rinnovamento delle istituzioni repubblicane. Il Berlusconi che viene considerato (come tutti i condannati, a norma della Costituzione) un soggetto da riportare per gradi e con mille cautele nel consorzio civile è lo stesso Berlusconi con il quale Renzi ha stipulato un patto per rifondare l’Italia. Lo ha stipulato in quanto, senza il Cavaliere, mancherebbero i numeri in Parlamento… Più che un paradosso, è lo specchio della precarietà politica nazionale. Lettere: lo stato di inter-regno nella chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari di Franco Scarpa* Ristretti Orizzonti, 3 aprile 2014 Il 31 marzo 2014 é trascorso e la Legge 09 del 2012, che aveva giá fissato un termine tassativo per la chiusura degli Opg al 31 marzo 2013, non verrá rispettata. Nessun dubbio sulla buona fede di chi ha promulgato questa Legge e nessun dubbio sulla necessitá che siano chiusi gli Opg. La ragione che sostiene la chiusura degli Opg è semplice: nessun paziente deve essere esposto al rischio di subire danni alla propria salute perché ristretto in un luogo che non ha le caratteristiche adeguate per esercitare davvero una funzione di cura. Nessun operatore deve essere costretto a lavorare in un ambiente dove non sussistono adeguate condizioni per esercitare il proprio mandato di cura e di assistenza agli utenti e dove è costantemente esposto ad un rischio professionale che travalica accettabili livelli. Eppure, a distanza di 2 anni dalla Legge 09 e, ancor più, di 6 anni dal Dpcm 1-4-08 che aveva avviato il processo di superamento/chiusura, si è costretti ancora permanere in una condizione davvero singolare, efficacemente resa ricorrendo alla definizione di Gramsci "stato di interregno": il vecchio (l’Opg come finora è stato gestito) é morto, o deve morire (e comunque non deve sopravvivere), ma il nuovo (residenze sanitarie per l’esecuzione delle misure di sicurezza) non si vede ancora all'orizzonte. È chiaro che nella Legge, e nei provvedimenti che ne sono scaturiti (Dm del 1-10-2012, Accordi di Conferenza Unificata Stato Regioni, Piani Regionali per allestimento delle strutture, Decreti di finanziamento del Ministero della Salute) c'è tutto quello che il nuovo prevede, o deve prevedere. Ma restano ancora sulla carta e non nella realtá operativa e concreta. La vita negli Opg continua come prima e lo sforzo di Regioni, Operatori Opg, Servizi Psichiatrici, Magistrati, ed altri, è globalmente teso a dimettere le persone ristrette e diminuire il numero dei presenti negli Opg. Solo in Regione Toscana, con progetti mirati e sostenuti, le dimissioni negli ultimi due ani sono state attuate 56 dimissioni. Non sappiamo concretamente quanto davvero accada, ma è probabile che anche ci sia stato un intenso lavoro da parte dei Servizi Psichiatrici, e dei Magistrati, per evitare l'invio in Opg di nuovi pazienti con misure di sicurezza. Ma nonostante tale impegno ben 55 nuovi pazienti toscani sono stati inviati nell’Opg di Montelupo. È evidente allora che per chiudere davvero gli Opg, svuotandolo dai pazienti presenti, non basta dimettere ma bisogna anche diminuire, o azzerarne gli invii (come la classica vasca da bagno degli esercizi di matematica che si svuota solo se il flusso di uscita dal foro è superiore al flusso di entrata dal rubinetto). Nel frattempo si assiste al tourbillon di proposte avanzate da parte di più soggetti qualificati: SIP, Stop Opg, Sindacati, operatori singoli, Associazioni, Garanti. I temi restano quelli giá presenti ed affrontati in sede di audizioni da parte della Commissione decaduta che ha preparato la Legge 09/2012 e che continuano, irrisolti, ad essere riproposti: - Crerare strutture, cioè le Residenze, che si teme somiglieranno ai vecchi Opg, cosiddetti mini-Opg, oppure, decisamente peggio, saranno utulizzabili come rinascita dei manicomi chiusi con la Legge 180/78 - Riformare il Codice Penale ed eliminare il concetto di non imputabilitá e, di conseguenza, la possibilitá di adottare misure diverse dal Carcere. Riformare il codice penale mantenendo il rpincipio della non imputabilità ma affidando ai Servizi l'onere della cura con misure amministrative ma non basate sul concetto di sociale pericolositá Se questo dibattito si mantiene ancora aperto, e prelude ad un futuro intervento radicale sulla normativa, possiamo accettarlo aprendolo alla partecipazione tutti gli interlocutori interessati, non solo quelli tecnici o del settore, incluso la cittadinanza, le Associazioni degli utenti, i Comitati Etici ed i Se invece questo dibattito, che in alcuni casi sembra invece una querelle o conflitto ideologico-politico-scolastico (nel senso di scuole di pensiero e di azione scientifica), non conduce in tempi brevi ad una radicale modifica del Codice Penale, rischiamo di procrastinare "sine die" la soluzione del problema. Ciò vuol dire mantenere ancora intatto l’attuale Opg, seppure più vivibile per la diminuzione delle presenze, ma pur sempre struttura carceraria, e non sanitaria come aveva prospettato la Legge 09/2012. L’Opg non sparirà ma si consoliderà ancor più come struttura a gestione penitenziaria. Resterà pertanto immutata: - la quotidiana difficoltà di garantire interventi di cura in ambienti penalizzanti e privi di garanzie, per utenti ed operatori; - la sensazione che il "stato di interregno" non sia frutto della necessaria transizione tra due Istituzioni, che devono realizzare le proprie organizzazioni di lavoro, ma sia invece purtroppo l’esito di una paralisi determinata dalla incapacità di scegliere un modello definitivo ed applicarlo; - l’impossibilità di programmare interventi di potenziamento, che non siano quantitativi ma qualitativi, in grado di migliorare i percorsi di cura e di recupero delle persone in misura di sicurezza; - la promiscuità, da un lato, di differenti posizioni giuridico-penitenziarie e, dall’altro, di un case mix di disturbi mentali che nessun altra struttura sanitaria (ad esempio nei Servizi di Diagnosi e Cura, nelle Comunità Terapeutiche ed altre) è costretta ad affrontare. Tutti questi aspetti rendono vani gli sforzi del personale impegnato quotidianamente in tali strutture e creano costanti situazioni di conflitto di competenze e di gestione tra le varie componenti del personale. Non dimentichiamo che la Legge 09/2012 è stata determinata dalla necessità di restituire ad un trattamento sanitario le persone, inferme di mente, ristrette in ambienti penitenziari, risolvendo l’ambiguità, insita già nel termine stesso, del legame tra cura e custodia, ricovero e internamento, ospedale e carcere. Da questo punto di vista l’obiettivo deve essere la piena restituzione di un numero di pazienti limitato (attualmente poco più 1.000 nei 6 Opg del territorio naizonale), con bisogni certamente specifici, ad un sistema di cura realmente sanitario. Se l’obiettivo è chiudere l’Opg, come struttura, è anche accettabile una fase di transizione in un piccolo Istituto Penitenzario, purché la gestione interna e delle relazioni esterne, sia realmente affidata al Servizio Sanitario, ma con la finalizzazione in tempi brevi ad allestire strutture realmente sanitarie, con i requisiti assimilabili a quelle dei Servizi territoriali, in qunato una di esse. Non è accettabile invece far uscire i pazienti da un Istituto come l’Opg di Montelupo Forentino ed utilizzare in maniera definitiva, non transitoria, un altro Istituto Penitenziario, sicuramente più accessibile e gestibile come dimensioni e numero di presenze ma certamente ancora inserito, e governato, dalla normativa penitenziaria. *Franco Scarpa Psichiatra Usl 11 Toscana Opg Direttore Uoc "Salute in Carcere" Opg Montelupo Fiorentino Coordinatore Tavolo Regionale per il Superamento Opg Calabria: sabato prossimo il congresso regionale della Uil-Pa Penitenziari Corriere della Calabria, 3 aprile 2014 A Lamezia saranno presenti anche Eugenio Sarno e Giuseppe Sconza, segretario generale e presidente del sindacato. Lo slogan è "#sbarrichiamo il futuro della Polizia penitenziaria" e l’appuntamento è per sabato 5 aprile dalle ore 10, presso il Grand Hotel Lamezia, dove si terranno i lavori del IV congresso regionale della Uil-Pa penitenziari della Calabria. Oltre a tutto il gruppo dirigente calabrese e ai delegati, all’assise saranno presenti anche Eugenio Sarno e Giuseppe Sconza, rispettivamente, segretario generale e presidente del sindacato. A dare l’annuncio è Gennarino De Fazio, coordinatore regionale uscente e segretario nazionale. "Alle profonde modifiche statutarie - si legge in una nota di De Fazio - che hanno interessato la Uil e la Uil Pubblica amministrazione e che hanno fra l’altro formalizzato l’istituzione del Sindacato penitenziari all’interno della Uil-Pa, si unisce un momento di svolta e di rinnovamento che interesserà particolarmente la Calabria. Dopo 17 anni in cui sono stato alla guida di questo straordinario gruppo dirigente che mi ha consentito di portare in pochissimo tempo la Uil-Pa Penitenziari al secondo posto in termini di livello di rappresentatività regionale e di entrare a far parte della segreteria nazionale, non sarò ricandidato. Al di là della necessità, che pure c’era, di favorire il ricambio e il rinnovamento, la mia elezione a segretario nazionale dell’ottobre 2012 con i consequenziali innumerevoli impegni a Roma e su tutto il territorio nazionale e, non ultima, l’assoluta qualità del gruppo dirigente calabrese, impongono l’elezione di un nuovo segretario regionale. Sono certo che la Uil-Pa Penitenziari calabrese saprà individuare un segretario e una segreteria regionale in grado di garantire, al tempo stesso, rinnovamento e continuità. Nell’occasione - conclude De Fazio - sarà inevitabile toccare pure il tema della recentissima dismissione della Casa Circondariale di Lamezia Terme e delle eventuali idee di riconversione dell’edificio". Firenze: la direttrice di Montelupo; possibile superare anche subito gli Opg Il Tirreno, 3 aprile 2014 Soluzioni operative "possibili ed immediate" per il superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari ci sono. "basterebbe essere meno miopi". A dirlo è la direttrice dell’Opg di Montelupo Fiorentino, Antonella Tuoni. "La via, spiega, starebbe nel potenziamento delle carceri ordinarie che, con programmi di assistenza mirati, potrebbero da subito accogliere gli internati pericolosi, con costi minori per lo Stato e garantendo una maggiore integrazione col territorio di provenienza del soggetto". Con 104 internati, quello di Montelupo, ospitato nella Villa Medicea, è uno dei restanti sei Opg ancora attivi su tutto il territorio nazionale che dovranno chiudere nel 2015, come prevede il decreto di proroga varato l’altro ieri dal Consiglio dei ministri. "Un provvedimento - commenta Tuoni - che rappresenta comunque un fallimento della legge. Il punto è che in Toscana, come in varie altre Regioni, la prevista residenza alternativa agli Opg con funzione riabilitativa (Rems) non è ancora stata realizzata, ed i tempi si prevedono lunghi. Ma se invece di focalizzarsi solo sulle strutture si pensasse di più ai percorsi di cura - afferma Tuoni - le soluzioni ci sarebbero". Ed eccone alcuni esempi pratici. "Da noi - spiega ancora la direttrice - gli internati socialmente pericolosi sono la minoranza. Se, dunque, si rafforzassero i percorsi e servizi di cura mentale sul territorio, si tratterebbe di casi gestibili da subito al di fuori di strutture contenitive come gli Opg". Gli internati ritenuti socialmente pericolosi, secondo Tuoni, andrebbero invece indirizzati nelle carceri ordinarie del proprio territorio di origine, prevedendo però per gli istituti di pena ordinari un potenziamento dell’assistenza anche psichiatrica con reparti ad hoc. "Questo - spiega ancora - permetterebbe una presa in carico diretta dei soggetti da parte delle Asl e consentirebbe anche un risparmio. A tal fine, potrebbero infatti essere utilizzati parte dei fondi destinati alla Rems, che penso siano strutture sovradimensionate rispetto alle reali necessità". Particolare, poi, il caso ella Toscana e, quindi, di Montelupo. Ed è ancora Tuoni a sottolinearlo: "anziché costruire una Rems nuova, si potrebbe riconvertire una struttura come il carcere di Empoli, dove attualmente sono presenti 20 detenute, che a loro volta potrebbero essere accolte dalle altre carceri della Regione". Insomma, "soluzioni immediate per superare gli attuali Opg ci sarebbero, ma - conclude la direttrice dell’Ospedale giudiziario di Montelupo - sta alla volontà politica il compito di realizzarle". Agrigento: il sindacato Osapp visita il carcere e documenta lo stato di degrado www.canicattiweb.it, 3 aprile 2014 Il giorno 25 marzo scorso una delegazione di questa Organizzazione Sindacale si è recata in visita presso i luoghi di lavoro della Casa Circondariale di Agrigento documentandone lo stato attraverso un servizio fotografico. Nel corso della visita si sono potute rilevare diverse insufficienze relative alle condizioni di sicurezza e salubrità dei luoghi di lavoro normativamente previste dal D.Lgs 81/2008 (Ex Legge 626) e succ. mod. ed int., chiaramente riconducibili alla esiguità dei fondi assegnati sugli appositi capitoli di bilancio e nel caso di specie per la manutenzione della fabbricato. All’arrivo in istituto, si viene colpiti positivamente dalla cura delle aiuole e delle piate ornamentali dei giardini dell’ area esterna, che lasciano presagire una buona tenuta dei luoghi di lavoro. Ma già all’ingresso del block house si incominciano a notare le prime inadeguatezze con infiltrazioni di acqua piovana dal soffitto, cavi elettrici a vista, arredi fatiscenti e servizi igienici al limite della decenza. Presso la portineria come anche alla sala regia la presenza di apparecchiature e cavi elettrici in vista lasciano supporre l’esistenza di insalubri campi elettromagnetici. Notevoli infiltrazioni d’acqua piovana si notano sul soffitto del corridoio adiacente la sala regia, (a causa delle quali sono stati rimossi anche i neon di illuminazione), e presso la postazione di servizio del preposto alla sorveglianza esterna. Quella delle infiltrazioni d’acqua piovana sembra essere una costante che interessa tutta la Casa Circondariale e parrebbe essere dovuta al deterioramento della guaina protettiva che riveste i tetti dell’intera struttura. Si notano infatti, anche notevoli infiltrazioni d’acqua piovana all’interno dei locali del Magazzino Detenuti, dell’Ufficio Matricola, dei locali perquisizione detenuti nuovi giunti, presso i corridoi di accesso ai reparti detentivi maschili, nei corridoi delle sezioni detentive del 3° piano, presso la caserma agenti e presso gli uffici del Nucleo Traduzioni e Piantonamenti. Salendo le scale che portano al corridoio di accesso alle sezione detentive maschili, da una delle finestre, si viene pervasi da forti odori sgradevoli provenienti dall’esterno, dovuti a sedimentazione di escrementi di volatili e al ristagno di acqua piovana all’interno di un canale di smaltimento delle acque piovane, dove sembrano proliferare insetti di ogni genere. Il box del cancello smistamento ai reparti, denominato 154, come anche gli altri box del 1° 2° e 3° piano detentivo e quelli dei passeggi, ove presta servizio il personale, sono privi di idonei impianti di aerazione e climatizzazione e presentano arredi fatiscenti e poco funzionali (spesso il personale è costretto a utilizzare delle vecchie sedie di tipo scolastico). Preoccupazione destano anche le condizioni strutturali e igieniche dei bagni presenti nelle postazioni di servizio all’interno delle sezioni detentive che necessiterebbero di adeguata ristrutturazione. Forti infiltrazioni di acque di scarico, provenienti presumibilmente dai piani superiori, si notano anche presso il reparto Isolamento e quello per detenuti cd "Protetti" nonché presso il corridoio infermeria e all’interno della cd "Farmacia" ove sono custoditi i farmaci destinati all’utenza detentiva. Degradanti sono inoltre apparse le condizioni delle docce dei ristretti, ubicate ancora in locali comuni, quindi non in regola con la normativa vigente e pertanto motivo di ulteriore carico di lavoro per il personale operante all’interno dei reparti detentivi. Il Reparto Femminile, eccezione fatta per l’area verde esterna, infestata da erbacce e abbandonata all’incuria, è apparso curato e molto pulito, nonostante la presenza di alcune infiltrazioni di acqua piovana e di alcune crepe sui muri. La visita effettuata sul muro di cinta ha consentito di poter constatare dall’alto la totale incuria dell’area verde interna all’istituto e prendere visione di cumuli di spazzatura adiacenti le sezioni detentive, determinati dai rifiuti gettati dalle finestre delle celle dai ristretti, che potrebbero costituire fonte di pericolo per la salute degli stessi detenuti e del personale operate. Si è anche potuto constatare lo stato del costruendo nuovo padiglione detentivo, i cui lavori sono fermi da alcuni mesi, e l’abbandono in cui versa il campo di calcio riservato al personale, che oggi risulta occupato da una colonia di cani. Le garitte in cui presta servizio il personale di sentinella si presentano in uno stato fatiscente, invase da volatili che nidificano all’interno delle tettoie corrose dalla ruggine, privi di climatizzazione e sottoposte ad infiltrazioni di acqua durante i giorni di pioggia. Sul muro di cinta è stata altresì rilevata la presenza di fili elettici scoperti e la sedimentazione degli escrementi degli uccelli presso le garitte non attive, ma che comunque costituiscono luogo di transito del personale. Al Nucleo Traduzioni e Piantonamenti risultano impiegate n. 41 unità Polizia Penitenziaria. Diversi sono gli automezzi posti fuori uso, per cui quelli in dotazione non sono bastevoli alle esigenze dell’istituto. Dei mezzi in dotazioni, molti si presentano vetusti e con una percorrenza chilometrica elevata. Alla data della visita l’istituto era gravato da un sovraffollamento considerevole. Risultavano, infatti, presenti 411 detenuti, di cui 27 donne, a fronte di una capienza prevista di 194 detenuti. L’organico della Polizia Penitenziaria amministrato, seppur conforme alla dotazione stabilita per l’istituto, appare insufficiente. Infatti da alcuni mesi il servizio del personale viene regolarmente programmato su tre quadranti anziché quattro. Ciò avrebbe comportato nel mese di dicembre u.s. lo sforamento del budget dello straordinario assegnato all’istituto e di conseguenza il mancato pagamento del compenso dovuto al personale per le ore di lavoro straordinario prestate. Appare pertanto indispensabile, anche in prospettiva dell’apertura del costruendo nuovo padiglione detentivo, dover integrare l’organico dei diversi ruoli stabilito per la Casa Circondariale di Agrigento e nelle more elevare il budget dello straordinario assegnato all’istituto. Nel corso della visita e durante l’assemblea tenuta al termine della visita il personale, oltre alle sopra evidenziate deficienze relative alle condizioni di sicurezza e salubrità dei luoghi di lavoro, ha lamentato: 1) il fatto di essere costretto ad operare avendo la responsabilità di più posti di servizio con l’aggravante di operare in ambienti detentivi costantemente sovraffollati; 2) il mancato pagamento del compenso per lavoro straordinario effettuato nel mese di dicembre U.S. e non retribuito a causa dello sforamento del budget assegnato all’istituto; 3) la mancanza di un idoneo sistema di riscaldamento ( da molti anni infatti il riscaldamento dell’istituto risulta fuori uso e il personale è costretto ad attenuare le sofferenze dovute al freddo facendo uso di inefficienti stufette elettriche); 4) la necessità di una rivisitazione dell’attuale organizzazione del lavoro che sopperisca al ridimensionamento dell’organico di Polizia Penitenziaria avuto nel tempo; 5) l’eccessivo carico di lavoro a cui risulta sottoposto il personale che opera all’interno delle sezioni detentive maschili, ed in particolare quello di servizio presso il reparto per detenuti Alta; 6) Sicurezza del 1° piano, a causa dei numerosi corsi scolastici frequentati all’interno degli stessi reparti dai detenuti ivi ristretti. È stata altresì segnalata presso l’area esterna, nelle vicinanze della sezione semiliberi, una possibile perdenza di gas dalle tubature, che andrebbe urgentemente verificata per non esporre a gravi rischi il personale e quanti giornalmente vi transitano a vario titolo. Delle criticità appurate nell’ambito della suddetta visita, si ritiene di evidenziare nell’ordine, quelle per le quali un urgente intervento sarebbe da ritenersi non più rinviabile e nello specifico ci si riferisce a: 1) Una ristrutturazione immediata e completa dei tetti dell’istituto che consenta di arginare le cospicue infiltrazioni d’acqua piovana che nel tempo potrebbero anche arrecare gravi danni alla struttura dell’istituto e costituire un grave pericolo per l’incolumità fisica del personale e dei ristretti; 2) Messa in sicurezza, disinfestazione e pulizia di tutte le garitte e del muro di cinta e dotazione di sistemi di climatizzazione nelle garitte attive; 3) Pulizia dei cumuli di rifiuti giacenti nelle vicinanze delle sezioni detentive e predisposizioni di mezzi idonei ad arginare il riproporsi della problematica; 4) ristrutturazione dei servizi igienici carenti sotto l’aspetto strutturale ed igienico sanitario; 5) Dotazione di arredi adeguati ( soprattutto sedie) al personale in servizio presso le portinerie, i cancelli di smistamento e presso le sezioni detentive. 6) Ripristino dell’impianto di riscaldamento e dotazione di sistemi di climatizzazione e aspirazione nei locali chiusi. È innegabile comunque che alcune della criticità riscontrate durante la visita potrebbero essere risolte con interventi di manutenzione effettuati in economia. Per quanto sopra rappresentato si chiede di voler adottare urgenti e non più rinviabili interventi, sia di carattere economico che di risorse umane, per garantire al personale in servizio presso la Casa Circondariale di Agrigento di poter assicurare adeguati standard di sicurezza penitenziaria ed operare in ambienti di lavoro che quantomeno possano definirsi sufficienti rispetto ai dettami della normativa sulla sicurezza e salubrità del posto di lavoro. Nel restare in attesa di riscontro si inviano distinti saluti. Foggia: "D(i)ritto al volontariato", protocolli d’intesa tra Ce.Se.Vo.Ca., Uepe e Carceri Ristretti Orizzonti, 3 aprile 2014 Due nuovi tasselli per "D(i)ritto al volontariato", il progetto del Ce.Se.Vo.Ca. che si pone l’obiettivo di promuovere l’associazionismo attraverso lo sviluppo di buone prassi e la collaborazione con altri Attori del territorio. Dopo il protocollo d’intesa con la Casa Circondariale e l’Uepe Foggia (Ufficio di Esecuzione Penale Esterna), sottoscritto nel dicembre 2013, il 31 marzo scorso è stato stipulato un accordo operativo anche con gli Istituti Penitenziari di Lucera e San Severo. Presso gli uffici del Uepe Foggia, lunedì scorso si sono incontrati Davide di Florio, Direttore di Lucera e - in missione - di San Severo; Angela Intini, Direttore Uepe e Pasquale Marchese, Presidente Ce.Se.Vo.Ca., che hanno così dato formalmente l’avvio ad una proficua e continuativa collaborazione. I firmatari del protocollo promuoveranno progetti e collaborazioni finalizzati a potenziare le opportunità di reinserimento dei condannati ristretti negli Istituti Penitenziari; agevoleranno la partecipazione degli stessi alle attività non retribuite svolte dalle associazioni e favoriranno la realizzazione di attività volontarie all’interno degli Istituti di reclusione. Tra gli obiettivi vi è anche l’istituzione di un Tavolo provinciale sul tema Carcere e volontariato, che avrà il compito di programmare e monitorare le attività realizzate dalle realtà del Terzo Settore per la popolazione detenuta e favorire lo scambio di informazioni utili alla realizzazione degli impegni comuni assunti. Il progetto risponde alle sollecitazioni del Ministero della Giustizia, che riconosce nel volontariato un ruolo di raccordo fra istituzioni e territorio come "segno dell'attenzione della società civile ai problemi dell'esecuzione penale, nonché la valenza rieducativa che l'esempio dell'azione del volontariato di per sé assume" e sottolinea la necessità di coinvolgere in modo programmato il privato sociale nel conseguimento degli obiettivi istituzionali di inserimento sociale dei condannati. Un’esigenza più volte indicata nelle linee programmatiche e di indirizzo del Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Puglia, Giuseppe Martone e in più occasioni dal Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà, Piero Rossi. Nelle attività del progetto "D(i)ritto al volontariato" saranno coinvolte le associazioni di volontariato di Capitanata, con particolare attenzione ai volontari che hanno preso parte al corso sul Volontariato Penitenziario Esterno "Vol.P.E.", organizzato lo scorso anno con Uepe e il supporto del Csv Daunia, con cui si realizzeranno nuove forme di collaborazione sul tema Carcere. "Siamo soddisfatti per il raggiungimento di questi primi obiettivi - ha detto Pasquale Marchese - che rappresentano l’inizio di un percorso che, sono certo, darà ben presto ottimi frutti. Mi preme sottolineare la sensibilità dell’Uepe e delle direzioni dei tre Istituti Penitenziari della provincia di Foggia, che hanno dimostrato sin da principio grande disponibilità a collaborare, riconoscendo un ruolo importante al mondo dell’associazionismo locale. Sono certo - ha concluso il Presidente del Ce.Se.Vo.Ca. - che i volontari sapranno dare risposte concrete e importanti". Nei prossimi giorni è previsto il primo incontro del Tavolo "Carcere e Volontariato" che, secondo gli impegni presi, dovrà riunirsi con una cadenza trimestrale. Pavia: servizio medico dentro il carcere, difficile trovare chi lo faccia… La Provincia Pavese, 3 aprile 2014 Tre ore alla settimana a controllare la vista ai detenuti. Danilo Mazzacane si definisce "tappabuchi volontario" perché la sua esperienza in carcere è cominciata quando l’Azienda ospedaliera non trovava oculisti disponibili per il compito. "È una esperienza umana e di lavoro fuori dal comune, a partire dall’impatto con l’edificio carcerario e con i suoi protocolli - racconta il medico, che nel resto della settimana riceve i pazienti all’ambulatorio in piazzale Golgi. Occorre presentarsi all’ingresso e farsi riconoscere dal personale di polizia penitenziaria ogni volta con un documento di identità e per esempio non è possibile introdurre all’interno del carcere il cellulare". Il servizio di medicina specialistica del penitenziario è stato assegnato all’Azienda ospedaliera nel 2008. Gli ambulatori sono dotati di strumenti anche per evitare frequenti trasferimenti negli ospedali dei detenuti. Così ci sono strumenti per le cure dentali, per la diagnosi. "Spesso occorre munirsi soprattutto di umanità - spiega il medico - e sono fondamentali le collaborazioni non solo con i detenuti ma con il personale sanitario e gli agenti di polizia". Fondamentali, perché a loro spetta il compito di accompagnare i detenuti alla visita. "In ambito penitenziario - spiega Mazzacane - la figura del medico gode ancora di un rispetto incondizionato. Ma non mancano richieste inusuali, come quella di un detenuto che insisteva sul portare gli occhiali da sole per riparare gli occhi: ho scoperto poi che in carcere chi indossa gli occhiali da sole, vietati dal regolamento se non motivati da patologie, riveste un ruolo da leader". Nel caso delle carceri di Pavia e Vigevano esistono buoni collegamenti con gli ospedali esterni, spiega il medico: "È possibile far eseguire accertamenti diagnostici strumentali non eseguibili all’interno del carcere ma anche interventi chirurgici più impegnativi. Purtroppo la tempistica è talvolta lunga per l’esiguo numero del personale penitenziario di scorta in proporzione alla popolazione carceraria". Mazzacane fa anche parte della segreteria regionale Cisl medici e a novembre aveva portato proposte in Regione: "Ci sono difficoltà per reperire e mantenere in servizio il personale medico con specifica preparazione. Sarebbe bene omogeneizzare almeno a livello regionale il sistema sanitario regionale. Anche dal punto di vista della formazione dei medici". Ma non è arrivata alcuna risposta. Teramo: favori ai camorristi in carcere, agente penitenziario chiede di patteggiare la pena di Diana Pompetti Il Centro, 3 aprile 2014 È stato sospeso per sei mesi dal tribunale per aver rivelato segreti d’ufficio a detenuti di Castrogno. Stabilita una pena di due anni e otto mesi, ma ora sarà un giudice a stabilire se è congrua. È una richiesta di patteggiamento, che ha già il consenso del pm titolare del caso, a definire processualmente il caso dell’agente di polizia penitenziario di Castrogno sospeso per sei mesi dal gip perché accusato di aver fatto favori e rivelato segreti ad alcuni detenuti. Giancarlo Arnoni, tramite la sua difesa, ha presentato richiesta di patteggiamento al pm Luca Sciarretta: la pena è di 2 anni e 8 mesi. Ora dovrà essere un giudice a stabilire se è congrua nel corso di una udienza non ancora fissata. Il poliziotto è accusato di rivelazione di segreti, corruzione e spaccio di droga. Arnoni è sospettato di aver favorito alcuni detenuti legati alla camorra, rivelando segreti d’ufficio che si potevamo rivelare utili ai detenuti e anche di avere fatto entrare stupefacenti all’interno del carcere in cambio di denaro. L’agente è accusato anche la violazione dell’articolo 390 del codice penale "procurata inosservanza della pena", che si concretizza quando si aiuta qualcuno a sottrarsi all’esecuzione della pena. Cosa avvenuta - sempre secondo le accuse - quando l’agente si sarebbe messo in contatto con un latitante pescarese, ricercato per scontare una condanna definitiva, che venne poi trovato e arrestato nel novembre 2011. Secondo gli inquirenti Arnoni avrebbe dunque saputo come rintracciare il latitante, ma si sarebbe ben guardato dall’avvisare i suoi colleghi o un altro organo di polizia giudiziaria per fare eseguire l’arresto, come sarebbe stato suo dovere fare in quanto agente della polizia penitenziaria. Nell’indagine risulta coinvolto anche un medico teramano, accusato di avere rilasciato falsi certificati medici all’agente per consentirgli di fare dei periodi di assenza dal lavoro per malattia. L’indagine sull’agente di polizia penitenziaria è una costola dei una più vasta inchiesta della Dda (Direzione distrettuale antimafia) di Napoli su alcuni esponenti della camorra. Dalle intercettazioni sarebbe emerso che alcuni di questi indagati - che poi sarebbero stati portati nel carcere teramano per scontare la pena - avevano contatti con Arnoni. Di qui l’apertura di una fascicolo autonomo della procura di Teramo sul conto dell’agente della polizia penitenziaria, le cui mosse sono state seguite per lungo tempo anche attraverso nuove intercettazioni. E da queste sarebbe emerso che l’agente parlava con detenuti e loro familiari, rivelando in anticipo il trasferimento in altri carceri o facendo sapere chi avrebbero trovato in cella. Nel corso dell’interrogatorio davanti al gip Domenico Canosa, previsto dal codice in caso di richieste di misure cautelari come la sospensione, il poliziotto si è avvalso della facoltà di non rispondere. Roma: il Papa incontra 11 giovani detenuti dell’Istituto penale minorile di Airola Ansa, 3 aprile 2014 È "speranza" la parola che gli undici giovani detenuti del carcere minorile di Airola, nel beneventano, hanno scelto per raccontare il loro incontro con Papa Francesco. Al termine dell’udienza generale in Piazza San Pietro, il Pontefice li ha oggi salutati uno per uno manifestando grande partecipazione e interesse per la loro situazione. "Un momento fortemente voluto, desiderato e atteso per trovare ancora più slancio nel percorso di conversione che segni anche un pieno recupero sociale", spiega il cappellano, don Liberato Maglione, all’Osservatore Romano. "Il forte significato dell’incontro con il Papa", viene rimarcato anche dal sindaco di Airola, Michele Napoletano, dal direttore del carcere Antonio Di Lauro e da tutti coloro - magistrati, insegnanti e volontari - che si occupano dell’educazione dei ragazzi e che oggi hanno voluto accompagnarli in questo "grande avvenimento che per loro può costituire un punto di svolta". Al Papa oggi è stata anche presentata una concreta iniziativa per il reinserimento dei giovani detenuti del carcere minorile romano di Rebibbia. A promuoverla è l’argentina Doris Melendez Quinonez, che presto aprirà un laboratorio di torrefazione di caffè per quattro detenuti e si occuperà poi della commercializzazione dei prodotti sul mercato italiano. Pisa: Sippe; al Don Bosco agenti come camerieri, costretti ritirare vassoi pranzo detenuti Ansa, 3 aprile 2014 Gli agenti penitenziari a Pisa diventano camerieri per i detenuti: lo denuncia in una nota il Sindacato italiano di Polizia penitenziaria (Sippe) riferendo che ciò avviene in conseguenza di un ordine di servizio dell’11 marzo scorso. La mansione, spiega una nota del sindacato, "obbliga il personale penitenziario a ritirare il pesante contenitore del pasto e a consegnarlo a un detenuto". Ma ora, aggiunge il segretario generale Alessandro de Pasquale, "questa assurda vicenda, che forse non ha precedenti nella storia dell’amministrazione penitenziaria, ha registrato la prima vittima in quanto l’eccessivo peso del contenitore avrebbe spedito in ospedale un sovrintendente di polizia penitenziaria donna a cui sarebbe stata riconosciuta una prognosi di oltre dieci giorni per una probabile slogatura al polso". Il Sippe ha già richiesto l’intervento del nucleo territoriale del Visag, il servizio di vigilanza sull’igiene e la sicurezza, per "trovare un’adeguata soluzione perché la vicenda, oltre a riguardare l’aspetto igienico sanitario del trasporto di un alimento, investe anche l’aspetto della prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro". "Non è escluso - conclude Romeo Chierchia, vice segretario generale del Sippe - che la sovrintendente faccia un’azione di rivalsa nei confronti dell’amministrazione per i danni subiti". Roma: all’Università Tor Vergata master per "Intermediatori del disagio penitenziario" www.controcampus.it, 3 aprile 2014 Dalla sinergia tra l’Università di Roma Tor Vergata e l’Ufficio del Garante dei Detenuti del Lazio è nato il primo master per la formazione di Intermediatori del disagio penitenziario. Il progetto di formare una nuova figura professionale in grado di interfacciarsi con le complessità del mondo penitenziario, è stato ideato dall’Ateneo Tor Vergata e dall’Ufficio del Garante dei Detenuti del Lazio che già collaborano con profitto nel progetto "Università in carcere", grazie al quale, negli ultimi anni, decine di detenuti delle carceri del Lazio hanno potuto iscriversi e frequentare le lezioni universitarie. Il master di II livello per "Intermediatori del Disagio Penitenziario" - istituito presso il Dipartimento di Scienze Storiche, Filosofico-Sociali, dei Beni culturali e del Territorio dell’Università Tor Vergata e coordinato dalla prof.ssa Marina Formica - è finalizzato a formare personale con una conoscenza specifica nelle materie giuridiche, psicologiche, antropologiche, sociologiche, linguistiche ed economiche necessarie per operare in ambito penitenziario e per relazionarsi con gli interlocutori istituzionali e gli Enti di riferimento dislocati sul territorio, al fine di acquisire una preparazione complessiva orientata all’implementazione di buone prassi. Il Master Tor Vergata è riservato a quanti sono in possesso della laurea magistrale o vecchio ordinamento in Giurisprudenza, Psicologia, Lettere e Filosofia, Economia, Sociologia, Scienze Politiche, Lingue e Letterature straniere. L’attività formativa del Master Tor Vergata (articolata su di un anno accademico) corrisponde a 60 crediti, pari a 1500 ore di impegno. La didattica del Master Tor Vergata si articolerà in lezioni con esercitazioni d’aula (155 ore) e un tirocinio formativo nelle carceri del Lazio (245 ore). Le lezioni saranno tenute da docenti dell’Università di Tor Vergata, da personale dell’Ufficio del Garante dei detenuti e da personalità istituzionali. Per informazioni e iscrizioni consultare il bando disponibile sul sito del Master Tor Vergata oppure contattare la segreteria organizzativa del master segreteriamaster@uniroma2.it. Il termine ultimo per le iscrizioni al Master Tor Vergata è il prossimo 11 aprile. Catanzaro: Uil-Pa; aggredito assistente capo della polizia penitenziaria, 30 giorni di cure www.catanzaroinforma.it, 3 aprile 2014 Ieri nel penitenziario di Siano si è consumata l’ennesima aggressione perpetrata nei confronti di un assistente capo della polizia penitenziaria, costretto a dover ricorrere alle cure dei sanitari con una prognosi di 30 giorni a causa delle diverse ferite riportate. A darne notizia è il Coordinatore Provinciale della Uil-Pa penitenziari Salvatore Paradiso il quale afferma: "Bisogna seriamente riflettere su ciò che sta accadendo all’interno dei penitenziari perché nonostante la grande attenzione rivolta ai detenuti da parte dell’Amministrazione penitenziaria che si traduce in maggiore vivibilità, libertà e prospettive nuove di reinserimento, la violenza cieca continua a imperversare". Non si comprende infatti il pestaggio immotivato e proditorio posto in essere da un detenuto che da diverso tempo era stato segnalato per il suo comportamento inadeguato e provocatorio, che avrebbe meritato da tempo l’interessamento del Dap in ordine ad un trasferimento in una sede appropriata per l’aggressività nel tempo dimostrata dallo stesso. Ma a tutt’oggi non resta che registrare l’insufficiente risposta dei vertici del Dap. Gli uomini della Polizia Penitenziaria da sempre inusitatamente in prima linea continuano comunque a dimostrare responsabilità e professionalità anche se spesso non vengono ripagati in termini di vicinanza e solidarietà. La struttura di Siano ospita attualmente circa 480 detenuti ed a breve verrà aperto un altro padiglione che porterà la capienza massima fino a 1.000 detenuti. A breve la Corte di Giustizia Europea assumerà decisioni importanti che avranno ripercussioni notevoli sul sistema carcere in Italia. Le blande risposte politiche adottate sino ad ora, sicuramente, non hanno garantito e non garantiranno vie d’uscita semplici e indolori rispetto alle determinazioni che tale organismo assumerà. La stasi registrata per lungo tempo, che ha alimentato illegalità e inciviltà non tarderà a produrre i relativi risultati. L’auspicio è che con la realizzazione dei progetti si possa anche adottare un protocollo teso a garantire sicurezza e incolumità agli operatori della Polizia Penitenziaria". Torino: "L’Agorà Penitenziaria", dal 18 al 20 maggio il XV Congresso Nazionale Simspe Ristretti Orizzonti, 3 aprile 2014 Il passaggio della Sanità Penitenziaria dal Ministero della Giustizia al Sistema Sanitario Regionale è un evento epocale che ha comportato un enorme cambiamento nell’assistenza ai pazienti detenuti, purtroppo non sempre e non da tutti recepito. Le motivazioni sono varie, ma tra le principali duole ricordare la carenza di fondi e la frammentazione dei sistemi sanitari delle varie Regioni, che rende difficile ricreare modelli omogenei di assistenza, quale quello precedentemente garantito dal Ministero della Giustizia, quando unico erogatore del servizio. Lo sforzo volto a fornire alla popolazione detenuta la migliore assistenza possibile, in coerenza con quanto offerto al cittadino "non detenuto" passa dalla conoscenza delle principali problematiche di salute, all’intesa con gli operatori penitenziari, all’integrazione con la società civile. Simspe-Onlus, da sempre impegnata come società scientifica, ma anche operativa, si sente investita da questo gravoso compito, che deve passare anche dalla progettazione di comuni linee operative da sperimentare e proporre nelle varie realtà penitenziarie italiane Il XIV congresso nazionale è stato concepito proprio in quest’ottica, e vuole raggiungere lo scopo sia fornendo nozioni di base, a medici non specialisti ed infermieri, sulle principali patologie carcerarie, con i Corsi Precongressuali, sia sviluppando temi di comune interesse, sia per il personale medico ed infermieristico, con le sessioni congressuali congiunte, sia per il personale della Polizia Penitenziaria, nelle sessioni dedicate alla documentazione clinica, alle responsabilità professionali, alla prevenzione del suicidio. L’epilogo, lancio per il congresso del 2015, vedrà la costituzione di piccoli gruppi di lavoro, interprofessionali che, formati e stimolati dagli argomenti affrontati, vorranno lavorare nell’ottica dell’omogeneizzazione dell’offerta assistenziale nelle carceri italiane. Responsabili Scientifici del Congresso: Dott. Guido Leo - Prof. Sergio Babudieri. Verona: si è svolto il convegno "Democrazia e diritti: i ragazzi ne parlano" L’Arena, 3 aprile 2014 Gran Guardia, conclusione del progetto partito a ottobre. Collegamento in streaming con scuole di altri Paesi. Al convegno su "Democrazia e diritti: i ragazzi ne parlano", sono saliti in cattedra gli studenti. Nessuna lezione teorica, niente nozioni o massime importanti, zero appunti da prendere. Ma il punto di vista dei giovani veronesi, integrato dalle opinioni dei colleghi di altri Paesi: dalla Francia alla Grecia, dal Portogallo alla Finlandia, alla Turchia. La mattinata, che ha visto protagonisti gli studenti di Pindemonte, Montanari, Einaudi, Agli Angeli, è stata la parte finale di un progetto portato avanti in classe da ottobre e promosso dal Comune con il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, il Miur Veneto e la Consulta provinciale studentesca. E mentre in città i giovani presentavano i loro lavori multimediali, collegandosi in streaming e in diretta con studenti di altri Paesi, il presidente della Consulta degli studenti Giovanni Renso raggiungeva Roma per raccontare al ministero dell’Istruzione, insieme ai colleghi di tutta Italia, il progetto scaligero. Riflessioni su democrazia e diritti sono state dunque il filo conduttore "come il diritto a manifestare nelle strade della nostra città. Un diritto acquisito che troppo spesso però sprechiamo, banalizzandolo", hanno argomentato alcune classi dal palco della Gran Guardia mentre sullo sfondo passavano immagini di zone di guerra, di diritti negati, di giovani "assenti" perché annegati nel mare di Lampedusa, morti per mano della polizia militare. E ancora, studenti coetanei dei giovani in platea, ripresi nel quotidiano percorso a ostacoli tra posti di blocco, leoni nella savana o deserto, per poter raggiungere la propria scuola ed esercitare il diritto allo studio. "La democrazia sembra scontata. Ma Ucraina, Venezuela e Siria sono solo alcuni esempi di Paesi che fino a poco tempo fa conoscevano modelli diversi di democrazie e oggi si trovano in guerra", è intervenuto il presidente del consiglio comunale Luca Za-notto. "Lo stesso bullismo è una mancanza di democrazia", ha sottolineato Stefano Quaglia, dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale. "Imparare a lavorare in rete è molto importante, così come aprirsi all’Europa", ha spiegato Annalisa Tiberio, dell’Ufficio scolastico regionale. Il prossimo appuntamento è l’11 aprile, al Circolo Ufficiali di Castelvecchio: si parlerà di legalità. Immigrazione: "irregolarità" depenalizzata, arresto previsto solo per espulsi che rientrano di Franca Stella L’Unità, 3 aprile 2014 Un testo in vigore dal 2009 e il cui fallimento è nei numeri. Il provvedimento approvato ieri prevede i domiciliari come pena principale per i reati fino a tre anni. L’immigrazione clandestina non sarà più reato. La Camera ieri ha abolito, in via definitiva, una norma che era in vigore dal 2009 e che fin qui aveva prodotto solo una gran confusione. In base alla nuova legge l’arresto sarà mantenuto solo per gli immigrati che rientrano in Italia dopo un provvedimento di espulsione. Il fallimento e l’inutilità della vecchia normativa, voluta fortemente dalla Lega, sta nei numeri. Nel nostro Paese è stimata la presenza "illegale" di oltre 500mila stranieri. Fino alla fine dell’anno passato erano circa duecento i fascicoli aperti nei tribunali all’interno dei quali era stata rintracciata la voce relativa al reato in questione. Di questi, meno della metà, erano stati quelli definiti. Un flop completo. Domiciliari. Ma la nuova legge approvata ieri non riguarda solo il reato di clandestinità. Nel codice penale entra a pieno titolo la pena detentiva non carceraria, ossia reclusione o arresto presso l’abitazione o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza o accoglienza ("domicilio"). Secondo la delega, i domiciliari dovranno diventare pena principale da applicare in automatico a tutte le contravvenzioni attualmente colpite da arresto e a tutti i delitti il cui massimo edittale è fino a 3 anni. Se invece la reclusione va da 3 a 5 anni, sarà il giudice a decidere tenendo conto della gravità del reato e della capacità a delinquere. Si punta anche a decongestionare le carceri prevedendo, per i reati di lieve entità, la reclusione presso l’abitazione o presso un luogo di cura, assistenza o accoglienza. Secondo la delega, gli arresti domiciliari dovranno diventare dunque la pena principale da applicare in automatico per tutti i delitti per i quali la pena massima non superi i tre anni. Detenzione oraria. La detenzione non carceraria può avere durata continuativa o per singoli giorni della settimana o fasce orarie. Può essere eventualmente prescritto il braccialetto elettronico. Restano invece in carcere i delinquenti abituali, professionali e per tendenza, e chi non ha un domicilio idoneo o si comporta in modo incompatibile (violando ad esempio le prescrizioni) anche tenuto conto della tutela della persona offesa. Nel caso di reati per cui è prevista la detenzione domiciliare, il giudice può affiancare alla condanna anche la sanzione del lavoro di pubblica utilità. Per almeno 10 giorni (durata minima), il condannato dovrà prestare attività non retribuita in favore della collettività. Meno reati. In forza di una delega, il governo trasformerà in semplici illeciti amministrativi una articolata serie di reati. La depenalizzazione riguarda tutte le infrazioni attualmente punite con la sola multa o ammenda e altre specifiche fattispecie come ad esempio l’omesso versamento (se non superiore a 10mila euro) di ritenute previdenziali e assistenziali o in materia di atti e spettacoli osceni, abuso della credulità popolare, rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive. Limiti. Non rientrano nella depenalizzazione i reati relativi a edilizia e urbanistica, territorio e paesaggio, alimenti e bevande, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, sicurezza pubblica, gioco d’azzardo e scommesse, materia elettorale e finanziamento dei partiti, armi ed esplosivi, proprietà intellettuale e industriale. Messa alla prova. Per reati puniti con reclusione fino a 4 anni o pena pecuniaria o per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio, l’imputato può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova. La misura consiste in lavori di pubblica utilità e comporta la prestazione di condotte riparatorie e (se possibile) risarcitorie, con affidamento al servizio sociale per lo svolgimento di un programma di recupero. Se l’esito è positivo, il reato si estingue. Immigrazione: il Cie di Gradisca è disumano, così il Gip scarcera il magrebino ribelle di Luigi Murciano Il Piccolo, 3 aprile 2014 Il Tribunale di Gorizia revoca gli arresti a un maghrebino accusato di aver danneggiato il centro di Gradisca durante le rivolte. "Condizioni disumane al Cie di Gradisca". Ad affermarlo, questa volta, non sono solo le forze politiche e i movimenti contrari al centro isontino di identificazione ed espulsione degli stranieri, ma direttamente l’autorità giudiziaria. Il gip del tribunale di Gorizia Rossella Miele, nel revocare la misura cautelare a un maghrebino arrestato perché accusato di danneggiamento e altri reati maturati nel contesto delle rivolte dell’estate del 2013, definisce infatti "alienanti" le condizioni di vita cui sono stati sottoposti gli ospiti dell’ex caserma Polonio e "disumano" il contesto nel quale sono stati costretti. Non basta. Il giudice, nell’ordinanza di revoca della misura cautelare, sottolinea che proprio questo contesto - pur non legittimando affatto "le condotte ascritte agli indagati" - "non può essere trascurato". "La sottrazione (del maghrebino arrestato, ndr) al contesto di vita disumano cui era costretto all’interno del Cie, il considerevole lasso di tempo trascorso in assenza di violazioni della misura inflitta e il fatto che sia un soggetto completamente incensurato inducono ad affermare che siano venute meno le esigenze cautelari" si legge nell’ordinanza. Ordinanza che ha significato la libertà per l’ospite del Cie: il giovane era stato arrestato alcuni giorni fa a Rovereto in base a un’ordinanza di custodia cautelare emessa il 26 settembre dello scorso anno ed era difeso dall’avvocato Giovanni Guarini del foro di Rovereto che aveva presentato l’istanza di remissione in libertà. Il gip Miele, nell’ordinanza, ha fatto esplicito riferimento alle denunce sulle condizioni di vita all’interno del Cie di Gradisca, attualmente in ristrutturazione, presentate da chi aveva visitato nei mesi scorsi la struttura gradiscana. Il presidente della Camere penali Valerio Spigarelli, al termine della visita di una delegazione all’interno della Polonio, aveva sottolineato già nel novembre scorso che Gradisca "è un luogo di effettiva detenzione dove gli stranieri, in vista dell’espulsione, in attesa della sola identificazione, sono trattenuti anche per tempi fino a 18 mesi. E ciò in condizioni igieniche desolanti, ammassati anche in dieci nelle celle. I Cie sono luoghi, almeno in questo caso, peggiori delle carceri dove le persone sono private della libertà e delle garanzie minime a tutela della dignità umana. Di fatto si tratta di una vera e propria detenzione amministrativa, peraltro proibita dal nostro ordinamento, che non gode di alcuna delle garanzie giurisdizionali previste dalla normativa penitenziaria". Nell’agosto 2013 aveva rincarato la dose il presidente della Commissione diritti umani del Senato, Luigi Manconi evidenziando, in occasione di una caduta dal tetto con ferimento di due trattenuti, l’esistenza di "condizioni di vita disumane, abusi e violenze, confusione, e forse peggio, nella gestione amministrativa". Al Cie, per decreto prefettizio, prima della temporanea chiusura era vietato l’uso di cellulari; non era possibile svolgere nessuna attività ricreativa o di socializzazione, neanche all’aperto; non risultava possibile usare il piccolo campo da calcio da oltre un anno; la mensa, pure agibile, era stata chiusa per ragioni di sicurezza; non era consentito tenere libri e giornali, nè lenzuola, in quanto rischiavano di venire date alle fiamme. Droghe: sulla cannabis finta depenalizzazione, coltivazione consentita solo per la ricerca di Nicola Luci L’Unità, 3 aprile 2014 Non c’è nessuna depenalizzazione della coltivazione della cannabis, neanche per uso personale. Nel decreto approvato ieri alla Camera, c’è un passaggio che riguarda solo ed esclusivamente le violazioni commesse da istituti universitari e laboratori pubblici di ricerca che hanno ottenuto autorizzazione ministeriale alla coltivazione per scopi scientifici, sperimentali o didattici. In breve, se questi istituti autorizzati dal ministero non osservano le prescrizioni e le garanzie cui l’autorizzazione è subordinata, non incorreranno più in sanzioni penali, ma solo amministrative pecuniarie. Questo significa che chiunque coltiva piante di cannabis senza autorizzazione ministeriale, che può essere concessa solo a istituti universitari e laboratori pubblici di ricerca, continua ad essere perseguito penalmente, esattamente come prima. "Questa precisazione - spiega l’Aduc - è assolutamente indispensabile per evitare che qualcuno possa pensare che da oggi cambia effettivamente qualcosa in tema di stupefacenti: non è così". "La coltivazione di cannabis a livello domestico non è stata depenalizzata" ha chiarito Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento politiche antidroga (Dpa), commentando l’approvazione alla Camera in via definitiva del Ddl sulle pene alternative e la messa in prova. "Nel provvedimento - spiega Serpelloni - si parla solo di depenalizzazione per quanto riguarda la coltivazione industriale, nelle università e nei centri di ricerca. Niente di finalizzato al consumo personale o peggio allo spaccio. Qualcuno ha interpretato la norma nel senso di una depenalizzazione della coltivazione in casa - conclude - ma non è così". Il suggerimento è dunque di "distinguere fra i diversi tipi di cannabis, anche considerando che il 16% dei ricoveri per droga negli ospedali italiani (dati 2011) è avvenuto per cannabis, e nei giovani si sale a oltre il 44%. Se è una droga tanto leggera, non dovrebbe mandare all’ospedale". Per Serpelloni "è chiaro anche che la condotta di spaccio dovrebbe essere considerata più grave se si tratta di super cannabis. Questo è un dubbio che sollevo: chi spaccia determinate cose, particolarmente potenti, dovrebbe avere una pena proporzionalmente più forte rispetto a chi spaccia cose meno potenti. Mentre va ricordato che per il consumatore, in ogni caso, le conseguenze non sono penali ma sempre e solo amministrative". Serpelloni ha infine evidenziato che "il carcere fa male ai tossicodipendenti e lo dimostrano i dati: chi fa percorsi alternativi ha indici di esito positivo, cioè smette di drogarsi e non recidiva, dal 45 al 75%". Riepilogando: il reato è depenalizzato solo per quegli istituti che coltivano l’erba per fini terapeutici. Ma qui sta il paradosso. E quanti sono in Italia? Nessuno, visto che proprio il ministero della Salute non ha dato il via libera. Svizzera: detenuto sospettato di omicidio si toglie la vita nel carcere di Zurigo www.cdt.ch, 3 aprile 2014 Un detenuto, sospettato di omicidio, è stato trovato esanime ieri sera nella sua cella da un secondino che stava svolgendo una ronda di controllo. Non vi sono indizi che facciano presupporre l’intervento di terzi. Secondo le prime informazioni si tratterebbe di un suicidio per asfissia, comunica oggi la Direzione della giustizia e dell’interno. Il detenuto era un cittadino svizzero di età intorno ai 45 anni, che si trovava in carcere preventivo nel penitenziario di Zurigo dal maggio 2013. Tutto fa presupporre che si tratti dell’uomo che nell’aprile 2013 a Flurlingen (ZH) aveva accoltellato la moglie. Interrogata dall’Ats, la portavoce del carcere Rebecca de Silva non ha voluto commentare. Ma non ha però neppure smentito. Panama: aperto il carcere "più moderno" dell’America Latina di Luca Pistone www.atlasweb.it, 3 aprile 2014 Il presidente di Panama, Ricardo Martinelli, ha inaugurato questa settimana "la prigione più moderna dell’America Latina", che allevierà il sovraffollamento delle carceri, diventate vere e proprie "università del crimine", ha dichiarato lo stesso capo di Stato. "È la prigione più moderna dell’America Latina, cambierà la qualità della vita di un gran numero di prigionieri", ha detto in conferenza stampa Martinelli dopo aver inaugurato La Nueva Joya, un centro penitenziario di 116 edifici in grado di ospitare 5.504 detenuti. Situato a est della capitale, La Nueva Joya è raggiungibile da una vecchia strada sterrata, riportano i media locali. Ha un recinzione in metallo lunga 14 chilometri e otto torri di sicurezza. In questo carcere di 40 ettari, dal costo di 170 milioni di dollari, i detenuti saranno distribuiti in 24 padiglioni, secondo il loro grado di pericolosità e situazione giuridica. Ogni cella ha almeno un letto a castello e un bagno. Il centro dispone anche di aule per l’apprendimento, 14 campi sportivi e sale per le visite coniugali. "Ho sempre detto che le prigioni sono università del crimine perché non c’è nulla da fare e i programmi di riabilitazione sono inesistenti o scarsi. Il detenuto conosce altri detenuti e amplia così le sue conoscenze criminali ascoltando storie (…) Qui invece le cose sono del tutto diverse", ha aggiunto Martinelli. Il ministro dell’Interno, Jorge Ricardo Fábrega, ha poi assicurato che "per la prima volta abbiamo nel nostro paese delle infrastrutture affinché i detenuti possano entrare in un processo di risocializzazione, partecipando a laboratori e scuole fino ad ottenere dei titoli di studio". Nord Corea: media, saranno giustiziati 200 funzionari fedeli a zio di Kim Jong Un Adnkronos, 3 aprile 2014 La Corea del Nord sarebbe pronta a giustiziare 200 alti funzionari fedeli a Jang Song Thaek, lo zio del giovane leader nordcoreano Kim Jong Un ucciso a dicembre perché accusato di alto tradimento e di aver ordito un complotto per un colpo di stato. È quanto sostiene una fonte anonima citata dal quotidiano sudcoreano Chosun Ilbo, aggiungendo che circa mille membri delle loro famiglie rischiano di essere deportati in campi di prigionia.