Giustizia: il ministro Orlando; ora le urgenze… poi a giugno un intervento di respiro complessivo di Donatella Stasio Il Sole 24 Ore, 24 aprile 2014 Le quattro priorità del Guardasigilli: carceri, civile, personale e crimine organizzato. Sceglie il profilo basso Andrea Orlando nell’illustrare al Senato le lince del suo programma giustizia. Basso mediaticamente, perché le "emergenze" indicate come prioritarie, da aggredire prima di giugno (quando il cronoprogramma del governo dovrebbe alzare il sipario sulla Giustizia), non sono quelle risuonate negli ultimi anni e mesi, come la prescrizione, la corruzione o la piena attuazione della nuova geografia giudiziaria. No, il ministro della Giustizia fa sapere che si è "concentrato" su quattro emergenze, "non alternative" a una "riforma strutturale" (che arriverà a giugno) ma "preliminari" a quella, necessarie a "bonificare il campo" altrimenti "non si può giocare la partita" di una "riforma che abbia un respiro complessivo". E allora ecco le emergenze del brevissimo periodo: la condizione delle carceri; la giustizia civile con il suo arretrato da smaltire, la sfida del processo telematico, il tentativo di coinvolgere gli avvocati, il recupero di personale amministrativo e l’organizzazione della macchina giudiziaria; l’affinamento dei mezzi per il contrasto della criminalità organizzata ed i relativi processi di accumulazione patrimoniale. "Troppo spesso le norme si sono inseguite e contraddette per esigenze talvolta mediatiche, si dice "per dare un segnale politico", e troppo spesso anche quelle buone sono rimaste inattuate per l’assenza di un adeguato supporto materiale e organizzativo" esordisce Orlando, conscio che parlare di organizzazione, tecnologie, servizio ha uno scarso appeal mediatico, ma convinto che questo sia il suo compito per costruire un sistema giudiziario "moderno e efficiente". Su quel che verrà dopo ha rinviato a1 Def e ai titoli e alle dichiarazioni d’intenti in esso contenuti, Non senza qualche tema scabroso, come un sistema disciplinare unico per tutte le magistrature o un nuovo sistema elettorale del Csm per assicurarne "piena neutralità e una maggiore impermeabilità all’influenza di interessi di parte e logiche di carattere corporativo". L’antipasto prevede, oltre al decreto sul civile (si veda l’articolo a fianco), un ddl che inasprisce le pene per l’associazione mafiosa e introduce il reato di auto-riciclaggio, su cui, peraltro, il governo sembra avere idee confuse, se non sui contenuti, sulla strategia, visto che il nuovo reato è stato annunciato con un emendamento al provvedimento sul rientro dei capitali dall’estero all’esame della commissione Finanze della Camera, è previsto da una serie di proposte di legge appena inserite all’ordine del giorno della commissione Giustizia e, infine, viene annunciato dal governo già da tempo. C’è poi l’emergenza carcere, su cui incombe il termine di fine maggio imposto dalla Corte di Strasburgo, Oltre ad attuare la delega su depenalizzazione dei reati minori e sulla detenzione domiciliare, a razionalizzare l’edilizia giudiziaria, sviluppare le convenzioni con le Regioni peri tossicodipendenti, "sarà verosimilmente necessario", dice Orlando, prevedere un "rimedio compensativo" in favore dei detenuti che si sono rivolti a Strasburgo per aver sofferto una carcerazione inumana e degradante, Non chiamatelo risarcimento, aggiunge però il ministro, sebbene di questo si tratterà per chi è già uscito, mentre per chi è ancora dentro potrebbe esserci uno sconto di pena. Anche perché altrimenti, chi vince il ricorso a Strasburgo, potrebbe avere un risarcimento di 13mila euro. E i ricorsi sono circa tremila. Affollamento in calo, ma non ancora non basta "Le condizioni delle carceri italiane distorcono le finalità del sistema della pena, dando vita a un sistema perverso che assorbe tutte le risorse possibili a fronte di grandi percentuali di recidiva. È un sistema costoso che non produce sicurezza, uno dei pochi in Europa in cui il carcere resta la forma quasi esclusiva di sanzione. Parlamento e governi hanno avviato una inversione di tendenza che ha attenuato ma non superato questo problema, la vicenda Torreggiani deve costituire una occasione di crescita". Lo ha detto il ministro della Giustizia Andrea Orlando, in commissione Giustizia in Senato. "I risultati ottenuti sulla diminuzione della popolazione carceraria sono importanti - spiega Orlando - ma non ancora sufficienti". Secondo Orlando si è passato da 21 mila detenuti in attesa giudizio del 2009 ai poco più di 10mila di adesso, e da 12 mila a 29mila i condannati a pene alternative. "Un trend apprezzabile ma ancora non comparabile con altri paesi europei". Non contrapporre misure alternative e rimpatri Sulle carceri "la polemica politica non contrapponga alcune misure ad altre, ma le veda come integrabili: bisogna rimpatriare i detenuti, ma anche dar corso a misure alternative alla detenzione, non contrapporre le ricette". Lo ha detto il ministro della Giustizia Andrea Orlando illustrando in commissione al Senato le linee programmatiche del dicastero. Riforma è possibile solo risolvendo emergenze "Nessuna riforma è possibile in assenza delle condizioni materiali per realizzarla. Le norme da sole non bastano, servono misure organizzative adeguate e risorse necessarie per la manutenzione quotidiana del servizio che si può realizzare solo per via amministrativa". Così il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, in audizione davanti la commissione Giustizia del Senato sulle linee programmatiche del suo dicastero. Orlando ha poi elencato le "quattro emergenze più acute del sistema giudiziario la cui soluzione è imprescindibile per procedere a un più complessivo disegno riformatore: la condizione delle carceri, il tentativo di riformare l’arretrato del processo civile e il processo civile telematico, la riforma del personale amministrativo e organizzativo della macchina giustizia, l’affinamento dei mezzi e degli strumenti di contrasto alla criminalità organizzata". 5 mln processi arretrati, ragionevole durata non sia slogan "La giustizia civile opera sotto il peso di un enorme domanda, un arretrato di 5 milioni di processi civili di primo grado. Si tratta di un’emergenza non più dilazionabile per la quale occorrono sforzi di carattere straordinario. Una giustizia lenta non aiuta il paese a crescere, la ragionevole durata del processo deve diventare un parametro reale, non più uno slogan". Così il ministro della Giustizia Andrea Orlando, in audizione davanti alla commissione Giustizia al Senato sulle linee del proprio dicastero. Come ha spiegato Orlando, allo studio del ministero c’è anche "l’introduzione della negoziazione assistita per raggiungere un accordo che eviti il giudizio, soprattutto in materia di divorzi e separazioni". Rimedio compensativo o sanzioni per 13mila euro a detenuto Occorre un "rimedio compensativo" che "è stato banalizzato come risarcimento" per chi ha scontato una pena in carcere in condizioni non dignitose a causa del sovraffollamento. Così il Guardasigilli, Andrea Orlando, nelle comunicazioni in commissione Giustizia al Senato sulle linee programmatiche del suo dicastero. "Strasburgo - ha spiegato il ministro - ci dice che serve un filtro per evitare l’impatto dei ricorsi sulla Corte. Per chi è ancora in stato di detenzione, si può pensare a uno sconto di pena" mentre per chi ha già scontato la pena "non resta che il rimedio compensativo, si tratta di vedere quale sia la strada più idonea". Ma, ha avvertito il titolare del dicastero di via Arenula, "in assenza di un rimedi, con altri ricorsi a Strasburgo, si stimano possibili risarcimenti fino a 13.000 euro per ciascun detenuto". Inoltre "bisogna migliorare la qualità della vita dei detenuti: ho chiesto al Dap - ha concluso Orlando - di creare una banca dati anche sulle attività che si svolgono nei penitenziari". Giustizia: "salute negata" a un detenuto, per l’Italia una nuova condanna dalla Corte di Strasburgo di Eleonora Martini Il Manifesto, 24 aprile 2014 A poco più di un mese dalla scadenza imposta con la sentenza pilota "Torreggiani", la Corte europea dei diritti umani (Cedu) torna a condannare l’Italia per il trattamento inumano e degradante dei suoi detenuti. Questa volta non per il sovraffollamento perché nelle carceri italiane si sfiora la tortura anche per la mancata tutela della salute dei carcerati. E così mentre i giudici di Strasburgo condannano il governo di Roma a risarcire con 25 mila euro un uomo a cui fu impedito, da detenuto nella Casa circondariale di Bellizzi Irpino, in Molise, di curarsi adeguatamente dopo un intervento chirurgico, il ministro di Giustizia Andrea Orlando torna a proporre un "rimedio compensativo, che è stato banalizzato come un risarcimento" per chi ha subito la detenzione in condizioni di sovraffollamento, da stabilire con un "correttivo normativo", al fine di evitare che dal 28 maggio in poi l’Italia si ritrovi a dover risarcire i 4 mila detenuti il cui ricorso è già pendente presso la Cedu e tutti gli altri che nel frattempo decideranno di seguire la stessa strada. "In assenza di un rimedio interno ha detto ieri il Guardasigilli è diritto dei cittadini adire alla Corte ed è stato calcolato che il risarcimento medio sia di 13 mila euro a persona". Con l’ultima sentenza, poi, - la n. 73869/10 - Strasburgo ha sanzionato un’altra violazione dei diritti umani tipica delle carceri italiane. Grazie ad Antigone (associazione a cui, va ricordato, il Dap ha negato l’accesso alle informazioni sullo stato delle carceri) che lo ha supportato davanti alla Corte, l’ex detenuto Giovanni Castaldo ha vinto il suo ricorso per il trattamento ricevuto nel carcere molisano dove venne rinchiuso dopo varie vicissitudini giudiziarie. "Arrivato a Bellizzi Irpino racconta Patrizio Gonnella, presidente di Antigone l’uomo fece presente che, avendo subito un intervento chirurgico che gli aveva provocato gravi postumi, avrebbe dovuto essere collocato in una cella singola dotata di servizi igienici con possibilità di lavaggio quotidiano. Non avendo trovato riscontro immediato da parte dell’autorità penitenziaria, secondo la Cedu l’uomo ha vissuto costanti sentimenti di ansia ed inferiorità fino a diversi tentativi di suicidio". Una sentenza che mostra anche le difficoltà in cui versa lo stesso Dap a capo del quale il ministro sta decidendo in questi giorni se riconfermare Giovanni Tamburino. Nel frattempo, pur considerando che "in alcuni uffici giudiziari il personale è un’emergenza tra le emergenze" (dichiarazione che ha suscitato il plauso dei sindacati di polizia), Orlando ha annunciato una sorta di spending review con la "riduzione delle spese anche tramite la diminuzione delle direzione generali, che sono passate dalle 10 del 2000 alle 40 odierne". Giustizia: Rita Bernardini (Radicali); lo Stato smetta di essere criminale nei confronti dei suoi cittadini www.clandestinoweb.com, 24 aprile 2014 Rita Bernardini ha qualcosa da dire al Ministro Andrea Orlando, titolare del dicastero della giustizia, che oggi, in audizione al Senato chiede di evitare "contrasti ideologici" che "rischiano di porre un freno al percorso positivo" intrapreso negli ultimi tempi per risolvere il sovraffollamento carcerario. "No, Ministro Orlando, proprio non ci siamo" scrive Bernardini su Facebook. "Prosegue la lotta nonviolenta di Marco Pannella (attualmente ricoverato in ospedale dopo il delicato intervento a cui è stato sottoposto n.d.r.) e dei Radicali affinché lo Stato la smetta di essere criminale nei confronti dei suoi cittadini. Sei tu "ideologico" se ritieni secondario il rispetto delle leggi". Per il guardasigilli "la polemica politica non deve porre in contrapposizione le misure" adottate, dal rimpatrio di detenuti stranieri affinché scontino la pena nel Paese di origine, alla depenalizzazione, fino alle misure alternative al carcere, poiché i vari provvedimenti, spiega il ministro, "sono potenzialmente integrabili". Orlando aveva anche sottolineato come in tema di sovraffollamento carcerario, i risultati ottenuti finora "sono importanti, ma non sono risolutivi: diminuiscono i flussi medi di ingresso, sono scesi a circa 10mila i detenuti in attesa di primo giudizio, che, allo scorso dicembre, erano 21mila, e salgono a 29mila i detenuti che hanno ottenuto i domiciliari. Tutto questo, va bene ma non basta. Occorre ripensare un modello penitenziario per maggiore efficienza e piu" tutela della dignita" della persona". Ma quando Orlando spiega che "Le emergenze vanno affrontate come condizioni preliminari, poi a giugno faremo una riforma complessiva" e che "Va fatta una bonifica preliminare del campo - ha aggiunto - altrimenti non e" possibile giocare una partita" trova di nuovo la Bernardini in dissenso: "Nella Costituzione italiana c’è scritto amnistia (e indulto) [articolo 79], non "bonifica". Giustizia: Sappe; bene ministro Orlando al Senato, ma le espulsioni dei detenuti stranieri sono minime Ansa, 24 aprile 2014 "Non posso che esprime apprezzamento per quanto detto oggi dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, nelle comunicazioni in commissione Giustizia al Senato sulle linee programmatiche del suo dicastero. Il Guardasigilli ha infatti parlato di trasferimento nei paesi di origine dei detenuti stranieri per far scontare loro la pena. È sintomatico che negli ultimi dieci anni ci sia stata un’impennata dei detenuti stranieri nelle carceri italiane, che da una percentuale media del 15% negli anni 90 sono passati oggi ad essere oltre 20mila. Fare scontare agli immigrati condannati da un tribunale italiano con una sentenza irrevocabile la pena nelle carceri dei Paesi d’origine può anche essere un forte deterrente nei confronti degli stranieri che delinquono in Italia". Lo dichiara Donato Capece, Segretario Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. "Il dato oggettivo è però un altro - aggiunge Capece -: le espulsioni di detenuti stranieri dall’Italia sono state fino ad oggi assai contenute: 896 nel 2011, 920 nel 2012 e 955 nel 2013, soprattutto in Albania, Marocco, Tunisia e Nigeria. Si deve però superare il paradosso ipergarantista che oggi prevede il consenso dell’interessato a scontare la pena nelle carceri del Paese di provenienza. Oggi abbiamo in Italia 60.197 detenuti: ben 20.729 (il 35 per cento del totale) sono stranieri, con una palese accentuazione delle criticità con cui quotidianamente devono confrontarsi le donne e gli uomini della Polizia penitenziaria. Si pensi, ad esempio, agli atti di autolesionismo in carcere, che hanno spesso la forma di gesti plateali, distinguibili dai tentativi di suicidio in quanto le modalità di esecuzione permettono ragionevolmente di escludere la reale determinazione di porre fine alla propria vita". Il Sappe elenca poi altri interventi auspicabili: "si deve potenziare maggiormente il ricorso alle misure alternative alla detenzione e favorire nuovi circuiti penitenziari, che ad esempio permettano ai tantissimi tossicodipendenti oggi in cella di espiare la pena nelle comunità di recupero controllati dalla Polizia Penitenziaria. Torniamo a sollecitare l’adozione di riforme strutturali, che depenalizzino i reati minori e potenzino maggiormente il ricorso all’area penale esterna, limitando la restrizione in carcere solo nei casi indispensabili e necessari. Non è facendo uscire 3/4mila persone dalle carceri che si risolvono i problemi penitenziari". Giustizia: Fns-Cisl; bene Orlando su carenze personale, serve riformare funzionamento delle carceri Ansa, 24 aprile 2014 "Per fortuna il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, si è finalmente reso conto di quanto grave sia il problema della carenza del personale penitenziario in Italia: meglio tardi che mai". Lo dichiara in una nota il segretario generale della Fns Cisl, la Federazione Nazionale della Sicurezza della Cisl, Pompeo Mannone, commentando quanto detto oggi dal Guardasigilli, Andrea Orlando, in audizione al Senato. "Il problema delle carceri, infatti - continua Mannone - non riguarda solo i casi di sovraffollamento, ma coinvolge anche il personale penitenziario troppo spesso, purtroppo, dimenticato ma che subisce sulla propria pelle i disagi complessivi di un ambiente spesso invivibile. Ecco perché è necessario procedere con un percorso riformatore coerente ed equilibrato, che venga incontro alle esigenze dei detenuti e che valorizzi il lavoro della polizia penitenziaria che sopporta il peso delle inefficienze generali del sistema giustizia. Le carceri italiane, infatti, versano in uno stato di emergenza continua non solo a causa del grande numero di detenuti che determina casi sempre più spesso ingestibili di sovraffollamento, ma anche per la carenza degli organici della polizia penitenziaria e per le condizioni strutturali in cui versano molti istituti di pena". "Ecco perché - conclude Mannone - se da una parte occorrono reali e concrete misure alternative alla pena in carcere, intensificazione del lavoro carcerario, depenalizzazione dei reati minori, manutenzione e messa in sicurezza delle strutture penitenziarie ed anche nuove edificazioni per attenuare la condizione esplosiva negli istituti, dall’altra serve un adeguamento degli organici della polizia penitenziaria, una riforma del funzionamento delle carceri che valorizzi il lavoro e le alte responsabilità che il personale assume in un contesto al limite della sopportabilità". Giustizia: Ugl; da Orlando parole coraggiose, il sistema penitenziario va rivisto complessivamente Dire, 24 aprile 2014 "Parole sensate e coraggiose quelle del Ministro Orlando, che deve affrontare una situazione drammatica sotto tutti gli aspetti, in quanto il sistema giustizia nel suo complesso va rivisto partendo dal potenziamento delle misure deflattive, che consentano alle carceri italiane di non continuare a subire l’onta delle condanne europee e, soprattutto, che scongiurino il rischio di risarcimenti multipli ai detenuti". Lo dichiara il segretario nazionale dell’Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, che commenta l’intervento del Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, in audizione al Senato, spiegando che "servono misure che non possono riguardare solo lo smantellamento dell’attuale iter procedurale nell’applicazione delle misure detentive in carcere, ma che consentano, attraverso una ponderata analisi della condizione strutturale delle carceri esistenti, di ampliare la ricettività dei penitenziari, conformando l’organico alle reali necessità". "In tal senso - conclude il sindacalista - riteniamo di sollecitare ancora una volta il Ministro ad un esame che non si fermi a rilevare le condizioni di disagio della popolazione detenuta, ma affronti il senso di abbandono in cui versa soprattutto la Polizia Penitenziaria, a rischio estinzione se non si procede ad un ripianamento della pianta organica e ad un rilancio del ruolo rivestito dalle donne e gli uomini che operano ogni giorno silenziosamente nelle carceri". Giustizia: Ddl sugli Opg; al via discussione al Senato, modifiche apportate al testo dalle Commissioni di Giovanni Rodriquez www.ilfarmacistaonline.it, 24 aprile 2014 Confermata la proroga al 31 marzo 2015 per la loro chiusura. Nei casi dubbi il giudice dovrà optare per la misura di sicurezza non detentiva in luogo del ricovero in un Opg. Le Regioni dovranno comunicare entro il 1° ottobre 2014 lo stato di realizzazione delle nuove strutture. È quanto prevede il Ddl con le modifiche apportate dalle commissioni Giustizia e Sanità. È iniziata questa mattina al Senato la discussione del disegno di legge "Conversione in legge del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, recante disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari". Il decreto scadrà il prossimo 30 maggio. Il testo, nel corso della scorsa settimana, ha superato l’esame in sede referente delle commissioni Giustizia e Igiene e Sanità, seppur con alcune modifiche apportate dagli emendamenti approvati. Vediamo dunque nel dettaglio il contenuto del decreto legge con l’aggiunta delle modifiche apportate. In primo luogo, il comma 1, lettera a), dell’articolo 1) proroga dal 1° aprile 2014 al 31 marzo 2015 il termine per la definitiva sostituzione degli ospedali psichiatrici giudiziari con le nuove strutture sanitarie. La gestione all’interno delle nuove strutture dovrà essere di esclusiva competenza sanitaria e, per l’attività perimetrale di sicurezza e di vigilanza esterna (per la quale è esclusa la competenza sia del Servizio sanitario nazionale sia dell’Amministrazione penitenziaria), le Regioni, se necessario, dovranno attivare specifici accordi con le prefetture, al fine di garantire adeguati standard di sicurezza. L’articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge in conversione proposto dalle Commissioni riunite del Senato, interviene poi sull’art. 3-ter del D.L. n. 211 del 2011, aggiungendo un periodo al comma 4 di tale articolo. Per effetto della nuova previsione, la misura di sicurezza del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario potrà essere applicata solo quando siano positivamente acquisiti elementi dai quali risulti che ogni altra misura diversa non sia idonea ad assicurare cure adeguate ed a fare fronte alla pericolosità sociale della persona interessata, mentre per effetto della ricordata sentenza della Corte costituzionale il giudice disponeva la misura del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario salvo che questa risultasse inidonea a rispondere alle predette esigenze. Ne consegue che la previsione qui introdotta parrebbe avere una portata innovativa con riferimento ai casi dubbi, nei quali da ora in poi il giudice dovrà optare per la misura di sicurezza non detentiva in luogo del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario, il cui ambito applicativo dovrebbe quindi risultare ulteriormente ristretto. Si dispone altresì che non costituisce elemento idoneo a supportare il giudizio di pericolosità sociale la sola mancanza di programmi terapeutici individuali. Le Commissioni riunite del Senato, con l’approvazione dell’emendamento 1.9, propongono inoltre una nuova norma, relativa alla fase transitoria, precedente al completo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. Si prevede che le Regioni, attraverso i dipartimenti e servizi di salute mentale delle proprie aziende sanitarie, predispongano, in accordo e con il concorso delle direzioni degli ospedali psichiatrici giudiziari, programmi individualizzati di dimissione di ciascuna delle persone ricoverate alla data del 31 marzo 2014 negli ospedali psichiatrici giudiziari; per i pazienti per i quali sia stata accertata (dall’autorità giudiziaria competente, secondo le procedure già vigenti ed i relativi rinnovi temporali) la persistente pericolosità sociale, il programma deve documentare in modo puntuale le ragioni che sostengono l’eccezionalità e la transitorietà del prosieguo del ricovero. L’emendamento prevede, inoltre, che i progetti individualizzati siano inviati entro il 15 giugno 2014 al Ministero della salute e alla competente autorità giudiziaria. Si passa poi al comma 2 dell’articolo 1 del decreto-legge in esame, che prevede che le Regioni comunichino al Ministero della salute, al Ministero della giustizia ed al comitato paritetico inter-istituzionale in materia di sanità penitenziaria (istituito presso la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni) entro il 1° ottobre 2014, lo stato di realizzazione (anche mediante riconversione) delle nuove strutture sanitarie nonché le iniziative assunte per garantire il completamento del processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. Si prevede altresì che, qualora dalla comunicazione della regione risulti che lo stato di realizzazione e riconversione delle strutture e quello delle iniziative suddette sia tale da non garantire il completamento del processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari entro il termine menzionato del 31 marzo 2015, il Governo provveda in via sostitutiva. Con l’approvazione dell’emendamento 1.10, si propone di consentire che, entro il 15 giugno 2014, le Regioni possano modificare i programmi presentati, al fine di provvedere alla riqualificazione dei dipartimenti di salute mentale, contenere il numero complessivo di posti letto da realizzare nelle nuove strutture sanitarie in oggetto ed impiegare le risorse per la realizzazione o riqualificazione delle sole strutture pubbliche. Con l’approvazione dell’emendamento 1.11, si propone che le regioni, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, organizzino corsi di formazione per gli operatori del settore, intesi alla progettazione ed all’organizzazione di percorsi terapeutico-riabilitativi ed al soddisfacimento delle esigenze di mediazione culturale. Con l’emendamento 1.14, le Commissioni riunite del Senato propongono di inserire, fino al superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, gli obblighi a carico delle regioni, previsti dalla disciplina sul medesimo superamento, tra quelli al cui adempimento è subordinata l’attribuzione di una quota del finanziamento (in favore delle regioni medesime) della spesa sanitaria corrente. Inoltre, le Commissioni riunite, con l’approvazione dell’emendamento 1.20, propongono l’istituzione, presso il Ministero della salute, di un Tavolo per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, con funzioni di monitoraggio e di coordinamento in materia. Infine, il comma 3 dell’articolo 1 del decreto-legge quantifica nella misura di 4,38 milioni di euro per il 2014 e di 1,46 milioni per il 2015 gli oneri derivanti dalla proroga di cui al comma 1, lettera a) (proroga del termine di chiusura e superamento degli Opg al 31 marzo 2015). Tali oneri - come specifica la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto - riguardano le spese che, nel prolungamento della fase transitoria, ricadranno sul Ministero della giustizia per i compiti residui che competono al Dicastero nella gestione degli ospedali psichiatrici giudiziari (ad esclusione dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, la cui gestione fa ora capo interamente alla Regione Lombardia). Ai fini della copertura finanziaria degli oneri suddetti, il comma 3 riduce nelle misure corrispondenti, per i medesimi anni 2014 e 2015, le risorse stanziate per il superamento degli Opg. Giustizia: Berlusconi firma prescrizioni per l’affidamento ai Servizi sociali, sconterà un anno di pena Adnkronos, 24 aprile 2014 Silvio Berlusconi è atteso oggi, "dopo l’orario di chiusura", negli uffici dell’Uepe (Ufficio esecuzione penale esterna) al civico 1 di piazza Venino a Milano, a pochi passi dal carcere di San Vittore. "Oggi è probabile che incontri Silvio Berlusconi dopo l’orario di chiusura degli uffici". La conferma arriva all’Adnkronos dal direttore dell’Uepe, Severina Panarello, alla quale spetterà il compito di seguire l’ex premier nel suo percorso di "reinserimento" dopo la condanna a quattro anni (di cui tre indultati) per frode fiscale nel processo sui diritti tv. Il leader di Forza Italia si dovrà recare nell’ufficio al primo piano di piazza Venino 1 per firmare le prescrizioni disposte dai giudici del Tribunale di Sorveglianza di Milano. "Silvio Berlusconi sottoscriverà il verbale delle prescrizioni come tutti gli affidati - dice la Panarello descrivendo l’incontro che avverrà con l’ex Cavaliere-, e commenteremo le prescrizioni che lui sottoscrivendo si impegnerà a rispettare". Solo in seguito a questa procedura (tecnicamente con la firma del verbale inizia l’affidamento) potrà iniziare a svolgere i servizi sociali presso la Sacra Famiglia a Cesano Boscone, struttura che ospita anziani e disabili. Le prescrizioni sono quelle stabilite dal Tribunale di sorveglianza nell’ordinanza di affidamento, mentre la modalità e la tempistica con cui l’ex presidente del Consiglio e la direttrice dell’Uepe si incontreranno verranno stabiliti durante l’incontro. "Per questo anno di affidamento tra me e lui ci saranno contatti continui, dipenderà poi dagli impegni suoi e miei", prosegue Panarello. Per quanto riguarda l’eventuale sconto della pena (dopo il primo semestre è possibile una riduzione di 45 giorni), "farò una relazione per il magistrato di sorveglianza che poi valuterà se questo percorso potrà ritenersi positivamente svolto", conclude. Lettere: il carcere come frontiera tra misure cautelari e diritto all’infanzia di Manuela Serra (Senatrice portavoce M5S) Ristretti Orizzonti, 24 aprile 2014 La recente vicenda che vedeva una bambina di soli quattro mesi subire le conseguenze del carcere assieme alla madre, sottoposta a misura cautelare custodiale nel carcere di Buoncammino, è giunta alla fine e la neonata è finalmente tornata a casa assieme alla mamma. Un epilogo lieto, che, però, presenta molti punti d’ombra. Se si considera, infatti, che legge n° 62 del 21 aprile 2011 ha introdotto l’articolo 285 bis del codice di procedura penale e ha modificato l’articolo 275 da cui deriva che nei casi in cui la persona da sottoporre a misura cautelare sia una donna incinta o madre con prole di età non superiore a sei anni, con lei convivente, non possa essere disposta o mantenuta la custodia cautelare in carcere. Il giudice poi, prevede la normativa, può disporre la custodia presso un istituto di custodia attenuata per madri (Icam) in cui non vi sono sbarre e, per quanto è possibile, viene ricreato un ambiente a "misura di bambino". Tale disciplina trova applicazione dal 1°gennaio 2014, tuttavia, nonostante vi siano questi strumenti una piccola incolpevole ha varcato la soglia del carcere pur avendo diritto ad una tutela particolare. In Italia, attualmente, le disposizioni normative restano, fondamentalmente, inapplicate in quanto vi sono solo due istituti di custodia attenuata (Icam): quello di Milano e quello di Venezia. Questi istituti potrebbero consentire alle madri di tenere con sé i figli fino a sei anni, riconoscendo loro il diritto ad essere bambini. Sono, infatti, diverse decine i minori, soprattutto figli di madri straniere, che in Italia vivono in carcere con la madre. Le case famiglia protette, poi, affidate ai servizi sociali e agli enti locali, che dovrebbero sopportarne i costi, sono assenti nel territorio a causa della mancanza di risorse degli enti locali. La convenzione sui diritti dell’infanzia approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1989 riconosce che "l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente". È evidente che sebbene vi siano le norme e gli strumenti tecnici per garantire il diritto all’infanzia e al diritto soprattutto ad essere bambini, risultano ancora inattuati. È necessario che il Governo si adoperi affinché i diritti di madri e bambini siano effettivamente tutelati non solo sulla carta ma anche nei fatti. Occorre, inoltre: voglio rivolgere un invito; che la società s’impegni perché si trovi quello spirito di solidarietà e di umanità che dia alle istituzioni la forza di comprendere e accogliere le istanze anche di quelle persone che non hanno voce. Toscana: chiudere l’Opg per primi in Italia, una sfida esaltante di Franco Corleone (Garante dei detenuti della Regione Toscana) La Repubblica, 24 aprile 2014 Il Parlamento sta discutendo la conversione in legge del decreto che proroga di un anno il termine per la chiusura dei sei ospedali psichiatrici giudiziari e, forti dell’amarezza con cui il Presidente Napolitano ha firmato la decisione del governo, possiamo essere ragionevolmente sicuri che non si andrà oltre il 31 marzo 2015. È stata quindi sventata la pericolosa richiesta della conferenza delle Regioni che chiedeva una proroga fino al 2019. Il video della Commissione d’inchiesta presieduta da Ignazio Marino che testimoniava l’orrore della realtà della vita quotidiana negli Opg risale al 2010. Sono passati cinque anni. Perché questo ritardo intollerabile? Perché è stata privilegiata la via edilizia rispetto alla via riformatrice. Si sono allocate molte risorse per la creazione di nuove strutture invece che investire su percorsi di inserimento attraverso misure alternative e con inserimenti nel territorio. Ora però le decisioni devono rispettare i tempi della dimensione umana, cioè del riconoscimento di dignità e di promozione del diritto alla salute degli internati. Si apre dunque uno spazio di responsabilità e autonomia per le singole regioni senza attendere l’ultimo vagone in ritardo sulla tabella di marcia. La Toscana è chiamata a cimentarsi con una sfida difficile ma esaltante, essere la prima regione a chiudere il monumento più duro dell’istituzione totale, cioè il manicomio criminale, l’Opg di Montelupo. Questa operazione culturale deve indicare un modello al resto d’Italia anche per il superamento della logica manicomiale. Che fare dunque? La precondizione per avviare la sperimentazione è una formale richiesta da parte della Regione al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di trasferire nelle regioni di origine (Umbria, Liguria e Sardegna) gli internati non toscani che sono circa la metà dei 104 presenti; come garante dei detenuti ho prospettato questa soluzione al Capo del Dap Giovanni Tamburino nel dicembre scorso e la risposta dichiara la piena disponibilità del Dipartimento a collaborare con la Regione per una sinergia proficua. A quel punto occorrerà passare alla fase di definizione delle condizioni di salute dei soggetti toscani con una presa in carico diretta da parte delle Asl competenti e alla individuazione di progetti individualizzati in luoghi terapeutici adatti. Solo allora si potrà affrontare il problema delle persone con una misura di sicurezza perché definite socialmente pericolose per le quali si ritiene indispensabile una struttura con un livello di controllo maggiore. Quante saranno? La stima più accreditata indica una cifra tra le dieci e le venti unità, un numero che consente una gestione praticabile. È stata anche indicata una struttura immediatamente disponibile con l’accordo dell’amministrazione penitenziaria e della regione, l’istituto a custodia attenuata di Empoli. In questo quadro va ribadita con forza la richiesta della chiusura a Sollicciano della Casa di cura e custodia, una sorta di mini Opg per detenute seminferme di mente. Vicenza: i 25 anni del Progetto Jonathan, la prima Casa di accoglienza per i detenuti www.vicenzapiu.com, 24 aprile 2014 Progetto Jonathan, venticinque anni trascorsi nel tentativo di dare un senso nuovo a tante esistenze, a cercare di porre la vittima al centro dei pensieri del detenuto e a regalare momenti di normalità a chi, da tempo, la normalità non sa cosa sia. È difficile sintetizzare il lavoro del Progetto Jonathan, la casa accoglienza per detenuti in pena alternativa che da ben 25 anni opera a Vicenza e che da poco si è trasferita in Strada della Paglia. Quando nacque, tanti anni fa, fu il primo esperimento di questo tipo sul territorio, oggi è una realtà conosciuta da tutti che collabora attivamente con le istituzioni e che fa parte del Progetto del triveneto Esodo di Cariverona e Caritas. A chi lavora al Progetto Jonathan non piace parlare di dati - anche se basterebbe citare le oltre 300 accoglienze residenziali fatte in questi anni di cui molte finite con una nuova vita in famiglia sulla strada della legalità - perché preferiscono parlare di vite, ma 25 anni sono un traguardo che non si può ignorare. Per festeggiarlo al meglio una serie di iniziative fino a dicembre prossimo, a cadenza mensile, dal significativo titolo "E che il gomitolo forse non ha voluto diventar maglione..." che riprende un verso della poesia di Pier Mario Giovannone e che raccontano l’esperienza, attraverso la cultura, del carcere e di una prospettiva possibile di vita diversa e non solo. A dare il via agli eventi sarà la mostra fotografica "Ri-Scatti" che inaugura giovedì 24 aprile alle ore 19.00 a Galleria Celeste in Contrà XX Settembre a Vicenza e rimarrà allestita fino al 18 maggio. Per l’occasione un partner d’eccellenza, il fotografo lucchese Filippo Brancoli Pantera (nel 2010 inserito dagli International Photography Awards tra i migliori 25 fotografi del nuovo millennio), autore di molte delle foto in mostra, scatti "rubati" alla vita quotidiana all’interno e nello svolgersi delle varie attività della casa-accoglienza. "La mostra - spiega il responsabile Davide Bellarte con il collega Lorenzo Tona e i volontari del Progetto Jonathan - vuol essere un baule da soffitta che, se ci si arma di tempo e pazienza e ci sediamo per curiosarci dentro, porta con sé in ordine sparso oggetti che raccontano la storia di una casa, tanti gomitoli intrecciati tra loro, fili che a volte hanno portato a splendidi nuovi maglioni, altri maglioni che a metà strada si sono difatti e altri gomitoli che stanno ancora lavorando punto dopo punto per diventare un bel maglione. La mostra vuol esser storia: parla di violenza, di carcere e di riscatti attraverso foto ed oggetti e anche di oltre il carcere dove l’oltre è rappresentato dalla pena alternativa, percorso giudiziario che riesce a dare risultati positivi rispetto alla recidiva. Con questa mostra il Progetto Jonathan vuole presentarsi, ovvero vuol mostrarsi alla città, alle persone, per creare una cultura giusta intorno a certe tematiche su cui, troppo spesso, c’è anche molta disinformazione. Siamo grati a Paolo Apolloni e alla sua Galleria Celeste per aver appoggiato e ospitato un progetto così delicato e importante". La mostra, a ingresso gratuito, sarà un vero e proprio percorso sensoriale nel quale si attraverserà anche una cella ricostruita in scala reale 1:1 con il mobilio originale del carcere. Per l’inaugurazione, inoltre, sarà allestito un buffet a cura dei ragazzi del Progetto Jonathan e dei volontari. "Ri-Scatti" è il primo dei tanti eventi in programma: dagli spettacoli teatrali di Marco e Pippo e della compagnia Mendicanti dei Sogni, a eventi culturali con Pino della Sega e Leonardo Lenzi, passando per i concerti dei Canta Gaia e i Diamanti fino ai laboratori creativi e alle cene di gal(er)a dove i detenuti saranno chef per una sera. Per informazioni progettojonathan@libero.it. Bollate (Mi): firmata Convenzione per promuovere la collaborazione "utile" tra cittadini e detenuti www.mi-lorenteggio.com, 24 aprile 2014 Cittadini e detenuti del carcere di Bollate insieme per svolgere lavori utili al territorio. Sarà possibile grazie all’accordo firmato ieri, presso la Seconda Casa di Reclusione di Milano, tra direttore del carcere e sindaco che prevede una stretta collaborazione al fine di promuovere, in modo stabile e continuativo, percorsi di volontariato. Saranno coinvolti i detenuti che possono essere ammessi al lavoro esterno (articolo 21) e i cittadini di Bollate. L’hanno sottoscritto il direttore della Casa circondariale e il sindaco. Presenti gli assessori ai Servizi alla Persona e ai Lavori Pubblici. Un esperimento di collaborazione che prosegue e completa il percorso avviato da Comune e Carcere la scorsa estate, quando genitori e detenuti hanno lavorato insieme per tinteggiare e rimettere a nuovo le classi dell’istituto di via Diaz. Oggi questa collaborazione è stata formalizzata e darà vita a numerosi altri progetti utili, consentendo sia il reinserimento dei detenuti sia la realizzazione di tanti piccoli lavori che, in tempi di spending review, è sempre più difficile realizzare senza il contributo del volontariato locale. "Le difficoltà economiche della Pubbliche amministrazioni - dicono il sindaco di Bollate e l’Assessore ai Servizi alla persona - ci portano a trovare modalità sempre nuove e diverse per avviare tanti lavori necessari sul nostro territorio. La soluzione, sempre più spesso, deve essere trovata mettendo insieme creatività, sinergia, disponibilità. In questo caso abbiamo realizzato una rete socialmente utile, che, da un lato accoglie la disponibilità delle persone detenute a dare il loro contributo concreto all’intera collettività, dall’altro attiva la società civile e le istituzioni in una collaborazione positiva per tutti". I primi lavori, dopo la firma della Convenzione, partiranno a breve e riguarderanno il completamento della tinteggiatura delle aule nelle scuole di Bollate. Siena: là dove c’era il camminamento in cemento ora fiorirà un giardino di libertà di Cecilia Marzotti La Nazione, 24 aprile 2014 Le alte mura del carcere di Santo Spirito "nascondono" alla vista un progetto che coinvolge i ragazzi della IV A dell’Agrario e alcuni detenuti. La barriera materiale non diminuisce l’iniziativa. Anzi. In quel camminamento - quasi duecento metri all’aria aperta - destinato agli incontri tra detenuti e familiari ci sono 23 studenti che insieme ai loro professori stanno mettendo in pratica quanto imparato in questi anni (il percorso da loro intrapreso è quello della gestione ambiente-territorio). Accanto a loro ci sono alcuni detenuti. Tutti hanno in mano zappe, vanghe, pale e rastrelli. Sono a capo basso verso quella terra da anni dimenticata e quindi sassosa e in alcuni punti dura come il cemento. Ad ogni zolla sale l’odore tipico della terra rimossa con il sudore e la forza delle braccia. Sa di buono. Accanto ai ragazzi come sempre ci sono i loro insegnanti: Luca Pastorelli (è di Grosseto ed il capo della Banda cittadina), Marco Montini, Riccardo Ricci, Angela Maggi, Valentina Arru e il dirigente scolastico dell’istituto Agrario Tiziano Neri. Ad accompagnarci là dove a breve verranno messe a dimora varie piante è il direttore della casa circondariale Sergio La Montagna. Per arrivare allo spazio verde destinato ad essere trasformato passiamo numerosi cancelli, ma una volta là ci troviamo davanti a qualcosa di veramente speciale. Studenti che con pazienza lavorano, i loro professori che li aiutano a realizzare il progetto, detenuti che spingono le vecchie e arrugginite carrette. Non sembra davvero di stare dentro ad un carcere. Ad Andrea Turchi (studente dell’Agrario) abbiamo chiesto che effetto gli aveva fatto quando aveva saputo che sarebbe venuto insieme alla sua classe a mettere a posto il verde all’interno del carcere. Il ragazzo ride e semplicemente risponde: "Per me è un’esperienza positiva". Un pensiero condiviso anche dal suo compagno Federico Anichini. "E’ la prima volta che l’Agrario entra nel carcere di Santo Spirito - dice il professor Luca Pastorelli, ma nel passato abbiamo collaborato come scuola in varie contrade come per esempio nella Selva e ne Bruco". Questo a testimoniare - se mai ce ne fosse bisogno - il legame tra la stessa scuola e la città. Un rapporto che si rafforza ulteriormente con il progetto che viene portato avanti nella casa di reclusione di Santo Spirito. Le piante che verranno messe a dimora (salvia, rosmarino, lavanda, ligustro, biancospino, eccetera) sono stati offerti dal vivaio "Il Campino" e il progetto è stato appoggiato dalla Cassa ammende che finanzia i progetti per l’occupazione dei detenuti. Il lavoro va avanti speditamente e in qualche punto sono già state create delle bellissime aiuole, mentre all’inizio del camminamento sono state posizionate delle grandi pietre che hanno già fatto cambiare aspetto al vecchio cortile. Le reti in alto e le guardie che controllano in continuazione per un attimo "scompaiono": rimangono solo questi 23 ragazzi della IV A dell’Agrario con il sorriso sulla faccia e accanto a loro qualche detenuto. Sono insieme oggi per un progetto unico: rendere accogliente lo spazio verde del piccolo, vecchio carcere di Santo Spirito. Verona: "troppi straordinari", nel mirino del Sappe finisce la direttrice del carcere di Alessandra Vaccari L’Arena, 24 aprile 2014 Il Sappe: "A noi agenti li taglia, lei ne vuole pagate 500 ore per il 2013". Il sindacato degli agenti della penitenziaria ha fatto una denuncia al ministro. Una richiesta di straordinari eccessiva, a giudizio del segretario nazionale del Sappe, il sindacato autonomo della polizia penitenziaria che ha denunciato al ministro Orlando la richiesta del direttore del carcere di Montorio, Mariagrazia Bregoli. "Fate quel che dico io, ma non fate quello che faccio. Si potrebbe sintetizzare con questa frase l’incredibile situazione che si sta verificando nel carcere di Verona, penitenziario nel quale il 31 marzo scorso erano detenute oltre 760 persone rispetto ai circa 500 posti letto regolamentari", dice Donato Capece in una nota stampa. "La situazione è davvero paradossale. Il direttore del carcere Bregoli avrebbe infatti disposto il taglio dello straordinario per i poliziotti penitenziari, compresi quelli che stanno 24 ore al giorno nella prima linea delle sezioni detentive della struttura, stabilmente a contatto con circa 900 detenuti. Ma per sé avrebbe chiesto all’ufficio contabile dell’amministrazione penitenziaria regionale di Padova i soldi per remunerarsi ben 500 ore di straordinario fatte nel 2013, circa 120 delle quali nei soli primi mesi dell’anno. Tagliamo agli operai che lavorano in prima linea, insomma, e retribuiamo il dirigente che se ne sta in ufficio: una spending review al contrario, insomma". Il Sappe denuncia che "nel carcere di Verona l’organico di polizia penitenziaria previsto conta sulla carta 407 poliziotti penitenziari, ma in realtà ve ne sono in forza 336 e questo fa capire come il ricorso al lavoro straordinario per i Baschi Azzurri che lavorano nelle sezioni detentive, nei servizi di traduzione e piantonamento ed in tutti gli altri compiti operativi essenziali a garantire funzionalità e sicurezza non è una libera scelta ma l’inevitabile conseguenza di prestazioni di lavoro straordinario che i poliziotti sono obbligati ad assicurare. Altro che tagliare lo straordinario agli agenti: lo tagliassero ai dirigenti penitenziari che se ne stanno in ufficio a fare i burocrati, non a chi sta in prima linea rischiando la vita ogni giorno". Capece denuncia infine che il Sappe "metterà a conoscenza di quel che avviene nel carcere di Verona il ministro della Giustizia Andrea Orlando". E aggiunge; "Lo solleciteremo a disporre un’ispezione affinché accerti come sia possibile che un direttore di carcere, un impiegato dello Stato che svolge compiti amministrativi, faccia 500 ore di straordinario in un anno e pensi addirittura di tagliare lo straordinario a chi lo assicura in prima linea e a contatto con i detenuti come i poliziotti penitenziari". Ieri pomeriggio abbiamo cercato di contattare il direttore Bregoli, ma non era in sede". Lecce: Palese (Fi) interroga il ministro "in carcere grave situazione, ma è solo la punta dell’iceberg" di Sandra Signorella www.ilpaesenuovo.it, 24 aprile 2014 "Attualmente il penitenziario leccese, che è un carcere di massima sicurezza dove sono rinchiusi anche malavitosi legati alla Sacra corona unita ed alla camorra napoletana, ospita circa 1.150 detenuti (di cui 59 donne), a fronte di 671 posti letto. Gli agenti di polizia penitenziaria, in base alla pianta organica, dovrebbero essere 770: risultano però in servizio solo 680 agenti; ma la grave situazione della casa circondariale di Borgo San Nicola che ha portato alla rissa di Pasqua è solo la punta dell’iceberg: il problema evidente del sovraffollamento carcerario in Italia, già sanzionato dalla Corte di Strasburgo, ci impone infatti di prendere provvedimenti al più presto". A evidenziarlo è il parlamentare FI Rocco Palese che ha presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia in relazione ai gravi fatti accaduti il giorno di Pasqua quando, per una lite tra detenuti nel carcere di Lecce ben nove agenti sono rimasti feriti e diversi altri avrebbero riportato contusioni nel tentativo di ristabilire la calma nell’edificio. "Sembra che gli agenti della polizia penitenziaria - sottolinea Palese - abbiano faticato non poco per ristabilire la calma, e che, secondo quanto si apprende da notizie di stampa, un detenuto abbia tentato persino di impiccarsi, prima di essere salvato dalla polizia penitenziaria prontamente intervenuta; la situazione sembra al momento nuovamente tranquilla ma la tensione resta alta, anche perché il carcere di Lecce continua ad essere uno degli istituti con il minore numero di personale rispetto alla popolazione detenuta". Alla luce di quanto detto, Palese ha rivolto un’interrogazione al ministro per chiedere "se intende far luce su quanto accaduto presso il penitenziario di Borgo San Nicola, individuando le dinamiche e i responsabili degli scontri dello scorso 20 aprile 2014, e adottando gli opportuni provvedimenti di propria competenza; quali iniziative intende adottare per garantire il funzionamento del penitenziario leccese, attraverso l’implementazione del personale addetto, nonché misure di adeguamento della struttura commisurate alle esigenze della popolazione carceraria, tenendo conto dell’effettiva pericolosità delle persone che vi sono ascritte, dei tempi medi di detenzione, della corretta e completa allocazione dei servizi essenziali di accoglienza e di trattamento dei detenuti, in linea con quanto stabilito dalla sentenza della Corte di Strasburgo in merito". Torino: con il progetto Fumne Indipendent 40 detenute studiano da future imprenditrici Ansa, 24 aprile 2014 Dalla sartoria low cost al restyling di ombrelloni, dai servizi per i detenuti all’artigianato orafo, fino a un camper itinerante per scoprire la cucina Rom. Sono alcune delle idee di lavoro autonomo sviluppate da 10 donne detenute nel carcere di Torino. Hanno partecipato al primo dei 4 cicli di Fumne Independent, percorsi di formazione pensati da la Lacasadipinocchio e realizzati con il sostegno della Compagnia di San Paolo. In due anni saranno coinvolte 40 donne detenute, 10 per ogni ciclo. Genova: l’evaso Bartolomeo Gagliano, estradato dalla Francia, è di nuovo nel carcere di Marassi www.genova24.it, 24 aprile 2014 Bartolomeo Gagliano, il serial killer di 55 anni evaso lo scorso dicembre dal carcere di Marassi e arrestato alcuni giorni dopo a Mentone, è rientrato in Italia. L’uomo, che era detenuto a Nizza, è stato estradato questa mattina alle 11. La Squadra Mobile, con il personale della Squadra Giudiziaria della Polizia di Frontiera di Ventimiglia, ha provveduto a notificare l’ordinanza di applicazione della misura cautelare in carcere nei suoi confronti per i reati di evasione, sequestro di persona, rapina aggravata, detenzione e porto illegale di arma da fuoco. Gagliano, preso successivamente in carico dalla Polizia Penitenziaria, è stato condotto a Genova, in carcere a Marassi. Ai poliziotti ha chiesto di avvisare la mamma del suo rientro in Italia e subito fuori ha insultato i giornalisti con parole pesanti. Il pluriomicida era stato processato in Francia dopo il suo arresto per la detenzione illegale di arma e falsificazione di documenti. Era evaso dal carcere di Marassi dopo avere ottenuto un permesso premio, come previsto dalla legge, per andare a trovare l’anziana madre a Savona. Ma invece di rientrare in carcere, il 18 dicembre Gagliano aveva sequestrato un panettiere savonese e, sotto la minaccia di una pistola, si era fatto accompagnare a Genova da dove poi era scappato verso la Francia. Era stato poi arrestato il 20 dicembre dai reparti speciali della polizia francese, a Mentone, dove aveva preso una camera al primo piano dell’hotel "Le Parisien". Di fronte all’albergo, l’auto: una Fiat Panda che Gagliano aveva rapinato (sotto minaccia di una pistola) al panettiere, per assicurarsi la fuga oltre confine. Gagliano è stato tradito dal passaggio al casello autostradale di Ventimiglia mentre era diretto in Francia: non si è fermato a pagare il pedaggio e il casellante di turno ha subito segnalato alle forze dell’ordine il passaggio dell’auto, una Panda di colore verde chiaro come quella indicata nelle notizie sul ricercato. Nato nel 1958, a Nicosia (Enna) e trasferitosi da piccolo in Liguria con la famiglia, commise il primo omicidio a 22 anni, spaccando con una pietra la testa a Paolina Fedi, prostituta trentenne. Poi l’ospedale psichiatrico, le evasioni, il sodalizio criminale con Francesco Sedda, l’assassinio di un transessuale e poi di un travestito, il tentato omicidio di un’altra prostituta. Finì in carcere dopo essere stato fermato ad un posto di blocco: in auto gli trovarono bossoli calibro 7.65 sparati dalla stessa pistola che aveva "firmato" i delitti. Ma la sua carriera criminale non si conclude qui: negli anni seguenti si susseguono rapine, stupri, estorsioni, aggressioni, oltre a detenzione di droga, armi ed esplosivi. Saluzzo (Cn): il 19 maggio 8 chef per una cena gourmet nella Casa di Reclusione "Rodolfo Morandi" www.targatocn.it, 24 aprile 2014 Lunedì 19 maggio, occasione speciale rivolta a grandi imprenditori, rappresentanti delle istituzioni, privati che saranno invitati non solo a partecipare all’evento stellato ma a investire nei progetti sociali di formazione e inserimento lavorativo di Sapori Reclusi Chi credeva che non si potessero vedere le stelle dentro le mura di un carcere dovrà ricredersi. perché grazie agli chef Ugo Alciati, Nicola Batavia, Enrico Crippa, Pino Cuttaia, Maurilio Garola, Davide Palluda, Paolo Reina e Andrea Ribaldone ecco che questo sogno diventa improvvisamente realtà. L’Associazione culturale Sapori Reclusi - da anni impegnata nella promozione, per il tramite del cibo, di attività di comunicazione e sensibilizzazione di persone che vivono in situazioni di esclusione - porterà in carcere otto grandi chef, otto vie italiane al gusto e alla ricerca di sapori che hanno reso il nostro paese famoso in tutto il mondo, per incontrare un gruppo di detenuti in una giornata di conoscenza, scambio, esperienza e allestire una grande cena gourmet di impegno solidale, rivolta a grandi imprenditori e privati. Perché, come ricorda anche Gualtiero Marchesi, il padre della nuova cucina italiana che ha dato la sua benedizione all’evento, "l’esempio è la più alta forma di insegnamento". Otto chef, più di cento posti a tavola, un sogno: testimoniare che solo investendo come società sulle persone e sul lavoro è possibile immaginare percorsi nuovi per tutti. L’idea è semplice. Riunire intorno a un tavolo chi ha saputo trasformare la passione per cui risuonano tradizioni, sapori, gusti, ricerca e in cui si riannodano in modo inconsueto antiche e nuove identità, e far incontrare questi professionisti con chi vive recluso, detenuto, escluso. Per osservare insieme cosa si celi dietro a ruoli ed esperienze così apparentemente lontane, quali meccanismi di confronto si inneschino, quali barriere si infrangano, quali pregiudizi si smussino. I momenti cardine dell’incontro saranno due. La lezione di cucina, che sarà il tempo di un incontro tra sapori e mani al lavoro, uno scambio personale e umano tra persone protagoniste di percorsi diversi ma unite da una riflessione su temi che riguardano tutti: il cibo come identità, la fantasia come forma di libertà e soprattutto il lavoro come riscatto e scommessa per il futuro. E l’allestimento di una grande cena gourmet, la prima cena stellata dentro una casa di reclusione. Una esperienza culinaria esclusiva che si svolgerà in un luogo speciale, dove il tempo, lo spazio, gli oggetti assumono altri significati, dove tutto è più complicato, faticoso, e dove il percorso verso la riconquista della libertà passa attraverso una delle sfide più difficili - e non scontate - a cui è chiamata la società: la responsabilizzazione dei singoli. Dall’antipasto al dolce, i piatti degli otto chef accompagneranno il pubblico in un percorso alla scoperta di gusti, sapori, creatività. A viziare il palato ci saranno i migliori vini del territorio, offerti da alcuni degli sponsor della cena (Ceretto, Domenico Clerico, Coppo, Azienda agricola G. Milazzo, Albino Rocca, Paolo Scavino, Giovanni Sordo, Oddero), che alla fine della serata si contenderanno il favore del pubblico in un’asta solidale in cui verranno battute alcune delle bottiglie scelte tra le prestigiose etichette delle rispettive cantine. Un’occasione speciale rivolta a grandi imprenditori, rappresentanti delle istituzioni, privati che saranno invitati non solo a partecipare all’evento stellato ma a investire nei progetti sociali di formazione e inserimento lavorativo di Sapori Reclusi. La serata è dedicata al sostegno di "Stampatingalera", il laboratorio di stampa Fine Art dei detenuti del carcere di Saluzzo inaugurato nel 2014 a conclusione del corso di formazione, promosso con il sostegno della Compagnia di San Paolo. Un laboratorio pensato per generare lavoro e alimentare un percorso virtuoso di scambio e collaborazione dentro-fuori e progettato per divenire, nel più breve tempo possibile, un polo professionale competitivo sul mercato, punto di riferimento per tutti gli addetti del settore. Perché Sapori Reclusi crede che la via migliore per conoscere una realtà sia quella di immergersi dentro, perché solo con il cortocircuito tra opposti è possibile rintracciare un senso vero, ruvido ma non scontato nell’incontro tra persone, perché far sedere vicino chef e detenuti, imprenditori e cittadini, rappresentanti delle istituzioni e giovani è il modo migliore per ricreare il senso di società civile. Per una sera, dunque, il lusso incontrerà il carcere, le aziende incontreranno i progetti solidali, i ragazzi dell’alberghiero chiamati ad allestire la sala per la cena vivranno un’esperienza lavorativa unica nel suo genere. Più stelle e meno sbarre è in fondo questo: una scommessa su un incontro coraggioso, per riannodare in modo diverso il filo civile che ci vede parti diverse di una unica società. L’appuntamento è fissato per lunedì 19 maggio. Alle 12 ci sarà l’ingresso addetti ai lavori ed alle 19 quello del pubblico. Il costo della cena al pubblico è di 100,00 euro. Le aziende interessate potranno acquistare un pacchetto di posti da destinare a clienti, fornitori e amici. I privati interessati potranno acquistare biglietti singoli e multipli. Per ragioni organizzative, e data la finalità solidale dell’evento, il saldo della cifra avverrà all’atto della prenotazione. Non è previsto un rimborso per la mancata partecipazione alla serata. Per info e prenotazioni, scrivere all’indirizzo prenotazioni@saporireclusi.org. Immigrazione: Garante dei detenuti del Lazio; nata a Torino da bosniaci, è trattenuta al Cie di Roma Asca, 24 aprile 2014 Trentunenne di origine bosniaca ma nata a Torino, madre di due bambini minorenni affidati ad una struttura di accoglienza, da oltre un mese è trattenuta nel Cie di Ponte Galeria in attesa di essere espulsa dall’Italia. Un trattamento che ha spinto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni a scrivere alla Questura di Roma - Ufficio Immigrazione, chiedendo "l’immediata interruzione della condizione di privazione della libertà personale" della donna. Susanna S., è nata a Torino da genitori di origine bosniaca. Con diversi precedenti e dopo essere uscita dal carcere milanese di San Vittore, dove aveva scontato un anno per furto aggravato, è stata rinchiusa nel Cie di Ponte Galeria in attesa di espulsione. La donna è madre di 2 minori nati in Italia (di 9 e 11 anni) che, in base al Decreto provvisorio del Tribunale dei Minori di Milano, non possono contare sull’assistenza del padre, residente da tempo in Francia. "Ma proprio questa circostanza - ha detto il Garante - fa si che la permanenza di Susanna nel Cie presenti dei profili consistenti di criticità". Come spiega in una nota il Garante il Testo Unico dell’immigrazione vieta, infatti, all’art. 19 "il respingimento o l’esecuzione dell’espulsione dei componenti di famiglie monoparentali con figli minori", specificando all’art. 31 che "Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico". "La donna - ha detto il Garante - non ha compiuto reati che minano l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato, unica tipologia per la quale viene disapplicato il diritto all’unità familiare, Il suo trattenimento e l’espulsione sono illegittimi e per questo ho chiesto l’immediata interruzione di tale condizione di privazione della libertà personale. L’allontanamento della madre dal territorio nazionale, con il divieto di rientro per un periodo di minimo di 5 anni, è una condizione che può compromettere lo sviluppo psicofisico dei minori, considerando anche l’assenza del padre". Per evitare che ciò accada, l’Ente Morale Opera Nomadi ha già dichiarato la propria disponibilità ad accogliere Susanna, che sarebbe impiegata come mediatore di comunità negli sportelli di Roma. "L’inserimento all’interno di tale progetto -ha concluso il Garante - denota una comune unione di intenti finalizzata a salvare una famiglia. Il trattenimento e il potenziale allontanamento della donna sono attuati in violazione dei diritti fondamentali della signora e dei suoi figli, fattispecie che uno Stato democratico di diritto come l’Italia ha il dovere di evitare". Droghe: Commissione Affari costituzionali Camera; rivedere la pena unica per reato di piccolo spaccio Public Policy, 24 aprile 2014 La Commissione Affari costituzionali alla Camera ha dato parere favorevole al decreto sugli stupefacenti e i farmaci off label. In particolare la I commissione ha discusso la parte che riguarda l’utilizzo e la detenzione di droghe, inserendo nel parere anche un’osservazione che ha fatto molto discutere le commissioni Giustizia e Affari sociali alla Camera, che stanno esaminando il dl. Nel parere i deputati della commissione Affari costituzionali chiedono di verificare la pena (ora unica per tutti i tipi di droghe) prevista per il reato autonomo di piccolo spaccio. Il reato viene sanzionato con il carcere da 6 mesi a 4 anni e con una multa da 1.302 euro a 10.329 euro. La norma quindi non prevede nessuna distinzione rispetto agli stupefacenti utilizzati, a fronte delle due distinte fattispecie base (droghe leggere e droghe pesanti) tornate in vita con la sentenza della Consulta che ha dichiarato incostituzionale la legge Fini-Giovanardi. Le due fattispecie valgono per gli altri tipi di reato che non riguardano lo spaccio lieve. Come detto, la distinzione (prevista dalla legge Iervolino-Vassalli) è tornata in vigore dopo la sentenza della Corte costituzionale. Quindi per lo spaccio di droghe pesanti è prevista la reclusione da 8 a 20 anni e una multa da 25.822 a 258.228 euro; per le droghe leggere, invece, la legge del 1990 prevede una pena da 2 a 6 anni e una sanzione da 5.164 a 77.748. Nel parere, i deputati della I Commissione ricordano che in alcune occasioni la Corte costituzionale "ha sindacato entro certi limiti l’uso della discrezionalità legislativa in relazione ai profili sanzionatori, alla luce dei criteri di ragionevolezza e di proporzionalità della sanzione". In altre parole, il parere chiede di rivedere le pene per il reato di piccolo spaccio, magari distinguendole in base alle diverse droghe detenute o commercializzate, per non incorrere nel rischio incostituzionalità. Bulgaria: avviata l’applicazione di braccialetti elettronici ai detenuti, saranno 180 entro due anni di Petia Emilova www.bulgariaoggi.com, 24 aprile 2014 Ieri il Ministero della Giustizia ha comunicato che è stato applicato il primo braccialetto elettronico a un detenuto in libertà vigilata in Bulgaria. La condanna è per un reato di cui all’art. 343 "b" e "c" del Codice Penale, per guida in stato di ebbrezza. Entro pochi giorni verrà applicato anche il secondo braccialetto a un detenuto con sospensione condizionale della pena e restrizione alla libertà di movimento, per guida senza patente. Entro due anni il monitoraggio elettronico dovrebbe essere applicato a un totale di 180 trasgressori della legge con sospensione condizionale della pena o liberazione anticipata e condizionata. I dispositivi vengono applicati soltanto a soggetti che hanno espressamente e volontariamente dato il proprio consenso per iscritto. L’applicazione degli strumenti elettronici di controllo rientra nell’ambito del progetto "Rafforzamento dell’attuazione delle misure di sospensione della pena, in conformità agli standard europei ed il sistema di monitoraggio elettronico" con il finanziamento di 598.886 euro del meccanismo finanziario norvegese. Iran: prigionieri politici picchiati, rimosso (e promosso) responsabile amministrazione penitenziaria Aki, 24 aprile 2014 È stato rimosso dall’incarico il responsabile dell’amministrazione penitenziaria dell’Iran dopo le denunce di pestaggi subiti da alcuni prigionieri politici della ‘Sezione 350’ del famigerato carcere di Evin a Teheran. Secondo quanto riferisce la Bbc, Gholamhossein Esmaili è stato assegnato comunque a un incarico di rilievo, come procuratore e capo della Corte d’Appello di Teheran. Esmaili nei giorni scorsi aveva respinto le accuse di alcuni parenti dei detenuti, ma ieri sette parlamentari hanno chiesto l’apertura di un’inchiesta e alcuni familiari dei prigionieri hanno protestato davanti agli uffici del presidente Hassan Rohani a Teheran. Turchia: presto una legge per istituti di pena riservati a detenuti omosessuali www.globalist.it, 24 aprile 2014 Il ministro della Giustizia del governo islamico-conservatore annuncia una legge che presto dovrebbe dare vita a istituti di pena riservati a omosessuali. Il governo islamico-conservatore di Recep Tayyp Erdogan pare veramente deciso a demolire una dopo l’altra tutte le conquiste che la cultura laica abbia raggiunto negli ultimi due secoli: dopo il divieto di vicinanza fra studenti e studentesse nei "campus" universitari, il ritorno del velo islamico in Parlamento, il bando sia pure temporaneo di "Twitter" e "You Tube" adesso un disegno di legge prevede di costruire prigioni riservate agli omosessuali. L’iniziativa si deve al ministro della Giustizia, Bekir Bozdag , il quale ha annunciato l’intenzione di costruire carceri in cui gli omosessuali siano separati dagli altri detenuti al fine di proteggerli. "I detenuti che sostengono i gay si trovano vicini ad altri detenuti nelle aree comuni o durante le attività sociali, soprattutto nelle nuovi carceri", ha scritto il Bozdag in una lettera diffusa sul sito del Parlamento. Secondo le statistiche del ministero della Giustizia, oggi le carceri turche ufficialmente accolgono 79 detenuti gay, bisessuali o transgender ma questo numero è considerato molto inferiore a quello reale poiché molti detenuti preferiscono nascondere il loro orientamento sessuale. A differenza di molti paesi musulmani, l’omosessualità non è penalmente punibile in Turchia però nello stesso tempo l’omofobia è diffusa e spesso accompagnata da violenza . Nel 2010 il ministro per la Famiglia e le donne, Selma Aliye Kavaf, membro del partito del premier Erdogan aveva definito l’omosessualità "una malattia "invitando i giovani a "stare attenti" e scatenando una protesta tra gli attivisti gay. Anche adesso le associazioni degli omosessuali reagiscono e gli attivisti denunciano il fatto che i gay fossero già tenuti in isolamento nelle carceri turche , così come riconosciuto dallo stesso ministero della Giustizia. "Questa è una pratica antica e tale separazione non è altro che una punizione", ha detto il portavoce del gruppo "Afp", Murat Koylu. "Invece di creare aree pubbliche in cui le persone possono vivere insieme indipendentemente dal loro orientamento sessuale, il governo ha scelto ancora una volta gi ostracizzare gli omosessuali". La questione comunque resta aperta: nonostante il miserevole stato delle sue carceri la Turchia del neo ottomanesimo potrebbe presto porre mano ad un programma di costruzione di un penitenziario speciale.