Giustizia: Renzi, l’ex Cavaliere e le toghe.... una proposta per la riforma di Angelo Panebianco Corriere della Sera, 20 aprile 2014 Se il premier deciderà di affrontare la questione dell’ordine giudiziario, e dovrà farlo se davvero vorrà cambiare il Paese, sarà costretto a dotarsi di strumenti adeguati. Per venti anni è stata opinione dominante che fin quando Berlusconi fosse stato al centro della politica italiana, una seria riforma del sistema giudiziario sarebbe stata impossibile. C’è sempre stato anche il dubbio che questa argomentazione fosse in realtà solo l’alibi di chi, Berlusconi o non Berlusconi, una riforma della giustizia non la voleva e basta. Comunque sia, l’ impasse dura da venti anni. Un periodo in cui Berlusconi, spesso pessimamente consigliato da avvocati privi di una visione d’insieme dei problemi dell’ordine giudiziario, affastellava leggine che, nelle sue intenzioni, avrebbero dovuto difenderlo dai procedimenti a suo carico, e in cui i suoi oppositori, consapevoli della propria inettitudine politica, difendevano lo status quo nella speranza di una liquidazione di Berlusconi per via giudiziaria. Adesso Berlusconi è fuori gioco a causa di una condanna definitiva (che ieri ha di nuovo criticato duramente) ed è opinione generale che, se anche resterà un protagonista, non potrà mai più avere il ruolo che ha avuto negli ultimi venti anni. Nessuno pensa, ad esempio, che potrà tornare ad essere presidente del Consiglio. Forse è questa la ragione per cui qualche segnale di disgelo intorno alla questione giustizia comincia ad apparire. Ha suscitato impressione leggere sul Fatto (17 aprile), il principale organo di stampa del giustizialismo italiano, un articolo a firma di Bruno Tinti, che conteneva una requisitoria contro il metodo spartitorio con cui le correnti della magistratura gestiscono il Csm, l’organo di autogoverno. Quali che siano le motivazioni del Fatto , resta che in quell’articolo si dice la pura verità e che risulta confermato, anche da una fonte insospettabile di berlusconismo, che il Csm necessita di una radicale ristrutturazione. Sostenere che l’ordine giudiziario richiede, a tutela dei diritti del cittadino, serie revisioni, non significa "avercela con i magistrati". Significa riconoscere la validità di una "legge sociale" che non ammette eccezioni: se un potere è incontrollato, e privo anche di forti meccanismi interni di checks and balances, di pesi e contrappesi, esso si presterà ad abusi. Senza bisogno di presumere nessuna particolare malvagità da parte di chi esercita quel potere. Basta solo ammettere che si tratta di uomini e donne uguali a tutti noi, soggetti alle stesse tentazioni di chiunque altro. È il precetto su cui si regge una delle più importanti invenzioni occidentali, il costituzionalismo: mai permettere, se vuoi tutelare le libertà di tutti, che un potere risulti incontrollato, o perché non bilanciato da poteri concorrenti o perché organizzato in modo da rendere deboli anche i controlli interni. L’ordine giudiziario italiano è in realtà strutturato in un modo non compatibile con i principi del costituzionalismo. Quando si dice, ad esempio, che le carriere dei giudici e dei procuratori dovrebbero essere separate o che le decisioni sulle carriere dei magistrati, o sulle sanzioni disciplinari, non dovrebbero essere appannaggio di un organo eletto da quegli stessi magistrati, perché ciò porta con sé lottizzazioni e altre patologie, si sta solo chiedendo di rendere l’ordine giudiziario italiano meno anomalo di quanto esso non risulti nel panorama delle democrazie occidentali. Il premier Renzi si muove come un ciclone in tante direzioni. Come era forse inevitabile, è già entrato in urto anche con la potente Associazione nazionale magistrati a proposito delle remunerazioni degli alti magistrati. Più o meno con la stessa irruenza con cui, occupandosi di un altro ganglio vitale dello Stato, aveva annunciato pochi giorni fa una "violenta lotta contro la burocrazia". Solo che, si tratti del funzionamento dell’amministrazione o di quello della magistratura, le ruspe non servono per venire a capo dei problemi. Se Renzi deciderà di affrontare la questione dell’ordine giudiziario, e prima o poi dovrà farlo se davvero vorrà cambiare questo Paese, sarà costretto a dotarsi di strumenti adeguati. Occorrono analisi serie e decisioni ponderate per approdare a qualche risultato. Il vicepresidente del Csm, Michele Vietti (sul Corriere della Sera di ieri), ha proposto l’istituzione di una commissione che affronti la questione della giustizia civile. Forse, occorrerebbe puntare più in alto, mettere le mani in tutte le principali patologie che affliggono la giustizia. Perché il governo non affida a un gruppo di esperti (non esclusivamente giuristi), eventualmente guidato da un uomo della competenza di Luciano Violante, il compito di formulare, dopo un lavoro di due o tre mesi, una proposta articolata? Magari affiancato da un altro gruppo di esperti che lavori sul tema dell’amministrazione (e della giustizia amministrativa). Dopo un’attesa di venti anni tutto serve meno che l’improvvisazione. Giustizia: nel Def 2014 anche la richiesta di potenziare la funzione rieducativa della pena Asca, 20 aprile 2014 Favorire un’esecuzione più umana della pena potenziandone la funzione rieducativa, incrementando la vivibilità dello spazio detentivo e, in ultima analisi, favorendo l’effettività dell’articolo 27, terzo comma, della Costituzione attraverso l’incentivazione del modello di detenzione dinamica e a "celle aperte". È l’invito rivolto al governo dalla commissione Giustizia del Senato in occasione dell’esame del Documento di economia e finanza 2014. Nel parere favorevole approvato la seconda commissione sottolinea che, in materia di detenzione carceraria e di sovraffollamento negli istituti di pena, "occorre svolgere un piano di efficace ed efficiente allocazione delle risorse stanziate anche al fine di ottemperare al dispositivo della sentenza Torreggiani" e "valutare gli effetti deflativi dei provvedimenti approvati in Parlamento e in corso di approvazione, prestando altresì particolare attenzione al sostegno concreto al lavoro intra carcerario e in favore delle imprese che assumono detenuti". È necessario poi completare il piano carceri, utilizzando gli immobili e gli spazi già a disposizione, rivedendo anche l’attuale allocazione delle risorse del personale di sorveglianza e "prevedendo eventuali nuove assunzioni di unità della polizia penitenziaria, ampliando altresì il coinvolgimento di esperti competenti nell’area psicoeducativa". Giustizia: investigatori Palermo; per boss mafia ossessione del sostentamento dei detenuti Adnkronos, 20 aprile 2014 "Le indagini fanno emergere ancora una volta la grande attenzione degli affiliati liberi nei confronti dei detenuti. Una vera e propria ossessione, perché questa cura consente a Cosa nostra la tenuta del sistema ". Lo ha detto il colonnello Pierangelo Iannotti, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo, durante la conferenza stampa convocata per illustrare i dettagli dell’operazione Iago, che stamani ha portato in carcere otto boss. "Allo stesso tempo - ha aggiunto - abbiamo verificato la grande capacità di cosa nostra di rigenerare i propri assetti con i detenuti che influenzano dal carcere le decisioni delle famiglie mafiose. Un altro elemento è la continua ricerca di fonti di finanziamento, perché il pizzo a causa della crescente crisi economica non riesce più a soddisfare le necessità dell’organizzazione. Da qui il ricorso a nuove fonti di guadagno, come i centri scommesse o la droga". Giustizia: Berlusconi; una mossa sul filo del fuorigioco ma (per ora) non viola l’ordinanza di Luigi Ferrarella Corriere della Sera, 20 aprile 2014 Gli viene riconosciuto il diritto a dichiararsi vittima di errore giudiziario, ma l’ex premier non può fare affermazioni offensive nei confronti delle toghe. È come il calciatore che bada a scattare sul filo del fuorigioco, o come il tennista che piazza la battuta un centimetro dentro la linea dell’out: c’è nulla di spontaneo ma tutto di studiato, da sé e dai suoi avvocati, nelle ultime esternazioni di Silvio Berlusconi sulla condanna in via definitiva che gli ha inflitto la Cassazione per frode fiscale sui diritti tv Mediaset. Contrariamente infatti a quanto accreditato dai suoi pasdaran (per ragioni di vittimismo preelettorale) e dai suoi più accesi avversari (per speculari ragioni di polemica politica), il Tribunale di sorveglianza, che il 15 aprile lo ha ammesso all’affidamento in prova ai servizi sociali, non gli ha imposto alcun bavaglio, non ne ha amputato la libertà di esprimersi anche sui temi della giustizia, né ha subordinato ad alcuna abiura il beneficio che lo sottrae agli arresti domiciliari per l’anno di condanna sopravvissuto all’indulto del 2006 che gliene ha già abbuonati 3 su 4. Ha solo rilevato che il progetto rieducativo al quale Berlusconi ha domandato di essere ammesso è incompatibile con "dichiarazioni offensive di spregio nei confronti della magistratura", come ad esempio quelle in marzo proprio su "la mafia di giudici" che dovevano decidere se dargli o no i servizi sociali. E gli ha raccomandato di "mantenersi nell’ambito delle regole della civile convivenza, del decoro e del rispetto delle istituzioni": dunque, diffamare o calunniare un magistrato riporterebbe Berlusconi alla detenzione in casa. Ma nel valutare i servizi sociali per il quattro volte premier "iper-integrato socialmente", che "con condotte illecite reiterate nel tempo" ha "dimostrato una insofferenza del colpevole alle regole dello Stato" e come tale è "persona socialmente pericolosa", la giudice relatrice Beatrice Crosti e il presidente Pasquale Nobile de Santis hanno specificato che tra gli "indici di recupero dei valori morali perseguiti dall’ordinamento" non si pretendono "manifestazioni di pentimento o autocritica", che se mai "attengono alla sfera intima della persona"; e nemmeno "manifestazioni di riconoscimento delle proprie responsabilità penali", tanto che "il condannato ha diritto di dichiararsi comunque innocente o vittima di errore giudiziario". Dunque, quando e finché Berlusconi (come ieri nell’intervista a Canale 5) si limita a dirsi vittima di asseriti errori giudiziari, resta un centimetro entro i confini tracciati dai giudici. I quali prendono atto di quanto il capo di Forza Italia ha confessato per iscritto in una memoria: e cioè che, mentre per "strategia politica" egli parla in un certo modo "ai propri sostenitori di partito che hanno il diritto di continuare a credere nell’ideale politico che Berlusconi ha sinora rappresentato, nella realtà dei fatti" Berlusconi "è disposto ad accettare e rispettare ogni decisione che verrà assunta", così come ad esempio ha riconosciuto la sentenza Mediaset nel momento in cui ha versato all’Agenzia delle Entrate il risarcimento di 10 milioni di euro al quale era stato condannato l’1 agosto 2013. Giustizia: criminalità economica; contro le frodi comunitarie fino a dieci anni di carcere Il Sole 24 Ore, 20 aprile 2014 Ogni euro conta. Di conseguenza, l’Unione europea deve intensificare gli sforzi per combattere le frodi agli interessi finanziari del bilancio Ue. Con quest’obiettivo, il Parlamento europeo ha approvato, il lo aprile, la risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale. Il testo iniziale della Commissione, adottato il 12 luglio 2012, none stato immune da modifiche. A partire dalla base giuridica: per gli eurodeputati, infatti, il testo deve avere il suo fondamento nella norma del Trattato di Lisbona che si occupa dell’armonizzazione di reati e sanzioni in materia penale (articolo 83) e non nell’articolo 325 dedicato in modo specifico alla lotta alla frode. Una scelta che apre la strada all’opting out di Regno Unito e Irlanda e all’assenza della Danimarca. Il testo è collegato alla futura istituzione della Procura europea, una struttura decentralizzata, integrata nei sistemi nazionali, la cui proposta di regolamento è stata approvata dallo stesso Parlamento nella plenaria di marzo. La proposta di direttiva sulla lotta alla frode incide notevolmente sul diritto penale degli Stati membri. Con un risultato positivo: un quadro penale armonizzato tra gli Stati Ue per punire i reati che incidono sul budget dell’Unione. Partendo dalla nozione di frode che per gli euro deputati deve essere considerata come ogni condotta fraudolenta "al lato delle entrate, delle spese, dell’attivo e del passivo del bilancio dell’Unione, comprese le attività di assunzione e di erogazione di prestiti". Dopo l’approvazione del Consiglio, che non è però scontata, gli Stati membri saranno tenuti a considerare come reato alcune specifiche condotte. Il Parlamento Ue, rispetto alla proposta della Commissione, ha però chiarito che dovranno essere punite solo le condotte intenzionali. Rafforzata la lotta alla corruzione, anche con un ampliamento della nozione di funzionario pubblico che comprenderà coloro che non hanno un incarico formale, ma esercitano funzioni di pubblico servizio relativamente ai fondi dell’Unione. In questo modo, il Parlamento amplia l’ambito di applicazione e assicura una maggiore protezione dei soldi dei contribuenti. Per quanto riguarda le sanzioni, la proposta di direttiva vuole arginare le frammentazioni esistenti nei vari Stati membri che incidono negativamente nella realizzazione della lotta effettiva contro la frode degli interessi finanziari dell’Unione. Troppo variabili, nei Paesi Ue, le pene e i tempi di decisione (da 1 a 12 anni). Di qui la scelta di un quadro armonizzato, con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive "che comprendono pene pecuniarie e detentive". Per i casi di reati da cui derivino danni inferiori a 5.000 euro (nella proposta della Commissione 10.0000) e vantaggi inferiori a 5.000 euro, "e che non presentino circostanze aggravanti, gli Stati membri possono prevedere l’imposizione di sanzioni di natura diversa da quella penale". Le pene arrivano a 10 anni di carcere per i reati di frode commessi nell’ambito di un’organizzazione criminale come definita dalla decisione quadro 2008/841/GAI. Prevista anche l’esclusione dalle procedure di gara dell’Unione. Tra le novità introdotte dagli euro parlamentari anche un’esplicita affermazione del principio del ne bis in idem che assicura la circolazione delle sentenze penali. In pratica, se un individuo è condannato con decisione definitiva in uno Stato membro non potrà essere perseguito in un altro Paese Ue per gli stessi fatti. A patto, però, che la pena sia stata eseguita, "sia in fase di esecuzione o non possa essere più eseguita in virtù del la legislazione dello Stato che ha pronunciato la condanna". Va detto, però, che non è armonizzata la disciplina sulla prescrizione. Lettere: qui vedo la fede che cambia le persone di Antonio www.ilsussidiario.net, 20 aprile 2014 Sono un detenuto in art. 21: esco dal carcere la mattina, vado al lavoro, rientro la sera. Naturalmente, per motivi di lavoro, una mattina a settimana, anziché uscire, rientro nei laboratori del carcere dove ho lavorato per tanti anni alle dipendenze di una cooperativa sociale. Rientrando ho quindi la possibilità, e mi viene da dire il "privilegio", di rivedere i compagni con i quali ho condiviso 2, 3, 5 o magari anche 10 anni di carcere. Ogni volta è un insieme di emozioni, anche difficili da gestire per quanto contrastanti: felicità, dolore, disagio, ma anche tanto stupore e tanta commozione. La felicità è, ogni volta, quella di rivedere persone con le quali ho condiviso lunghi anni, e che "uscendo", seppur soltanto in art. 21, pensavo di non incontrare più. Ed è un dolore pensare di non poter più sentire, né vedere, un amico col quale hai diviso e condiviso sofferenze, speranze, sogni e spesso anche una piccola cella. Ma il dolore più grande è vedere i miei compagni che, per mille motivi, non riescono a uscire. Ed è proprio di fronte a questi miei compagni che vivo la mia condizione di art. 21 con una punta di disagio, nonostante loro nulla facciano per farmi pesare la "differenza". Ma a prevalere sono ogni volta lo stupore e la commozione. Venerdì Santo ero in carcere ed ho potuto constatare, vedere e toccare con mano come Cristo sia sempre all’opera. Anche e forse soprattutto in carcere. Ho incontrato Biagio, ergastolano che ancora non è mai uscito neppure in permesso. Mi ha abbracciato con lo stesso sguardo, con lo stesso sorriso e mi viene da dire con lo stesso identico cuore con il quale venerdì pomeriggio alla Via Crucis mi ha abbracciato e sorriso suo fratello Gianni, ergastolano anche lui ma che, a differenza del fratello Biagio, dal carcere esce tutte le mattine per andare a lavorare. Due condizioni diversissime: eppure lo stesso abbraccio, lo stesso sorriso, lo stesso cuore. Ecco lo stupore e la commozione. Sempre venerdì mattina in carcere ho incontrato un mio compagno cinese. Di religione buddista, era appena tornato ai capannoni dalla Santa Messa. Mi ha raccontato che, al momento di baciare la Croce di Cristo, seppur invitato da un amico, non se l’è sentita. "Ma ho sentito un dolore, un dolore molto forte per non averlo fatto, e ancora soffro, sto molto male, non so cosa fare". Al mio amico cinese non ho saputo dire praticamente nulla. Soltanto che doveva fare tesoro di ciò che aveva sentito nel cuore, di quella domanda che si era prepotentemente aperta, e cercare, lui, una risposta. Ma ecco riaffacciarsi ancora tanto stupore e tanta commozione. Mi stupisce poi come Papa Francesco presti tanta attenzione a noi detenuti (e lo stiamo vedendo anche in questi giorni), sicuramente Lui non lo fa per "mandato istituzionale" o perché gli viene imposto, così come l’Europa sta facendo nei confronti dello Stato italiano. È un amore all’Uomo, alla Persona che sentiamo arrivare direttamente a ciascuno di noi, al nostro cuore. Ieri pomeriggio, Venerdì Santo, sono andato alla Via Crucis. Ho baciato il Cristo con le braccia stese sulla Croce e, ancora una volta con non poca commozione, ho pensato anche al mio amico cinese. Sì, perché oltre 2000 anni fa, quel Cristo si è "caricato" la colpa di tutto il genere umano, e da quel momento, dalla Sua morte, tutti hanno guadagnato l’innocenza e sono stati resi uguali. Pronti per ricominciare una storia diversa e un cammino nuovo di salvezza da compiere insieme. Buona Pasqua a tutti. Umbria: intervista al Garante dei diritti dei detenuti, prof. Carlo Fiorio di Alessia Chiriatti www.tuttoggi.info, 20 aprile 2014 Il 28 maggio l’Italia sarà di nuovo di fronte alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per rendere conto della situazione nelle sue carceri, dopo che Strasburgo, lo scorso 27 maggio 2013, ha rigettato il ricorso presentato dal Bel Paese. L’Europa ci ha infatti concesso un anno per risolvere il sovraffollamento negli istituti detentivi, per il quale abbiamo un triste primato: la sentenza della Corte era stata già emessa l’8 gennaio e aveva decretato la violazione dei diritti umani nelle carceri italiane, all’interno delle quali i detenuti hanno a disposizione meno di tre metri quadrati. Il dispositivo della Corte Europea era arrivato in particolare dopo le denunce sul "trattamento inumano e degradante" a cui 7 detenuti erano stati soggetti nelle carceri di Busto Arsizio e Piacenza. Ora spetta a due decreti legge cercare di deflazionare il carico umano. Anche a fronte di questi dati la funzione del garante delle carceri si veste di una valenza importante: in Umbria, dopo una vacatio di ben 8 anni, lo scorso 8 aprile il professor Carlo Fiorio, docente ordinario di Diritto Processuale Penale all’Università degli Studi di Perugia, è stato eletto dal Consiglio Regionale, diventando appunto così garante delle carceri per l’Umbria. Un processo lungo, quello che ha condotto a questa nomina, anche a seguito della modifica della legge per l’elezione, e durante il quale molto si sono spese le associazioni impegnate nella difesa dei diritti del cittadino, tra cui Libera. Fiorio, classe ‘49, lavora nel mondo delle carceri ormai da diversi anni, e si è già impegnato per conto della facoltà di Giurisprudenza di curare lo "Sportello legale dei diritti"; un servizio che, con la partecipazione dei laureandi, offre assistenza e consulenza ai detenuti, in particolare a quelli in condizioni di grave disagio economico. Sono quattro le carceri umbre di cui il Professor Carlo Fiorio sarà ora garante: Perugia, Orvieto, Terni e Spoleto. Quattro istituti di detenzione differenti per tipologia di carcerati e per storia: sembra essere Orvieto la struttura dove i detenuti se la passerebbero meglio; Capanne, a Perugia, è nota per essere abitata soprattutto da stranieri, legati in particolare a reati di droga e contro il patrimonio. La casa di reclusione di Spoleto è invece un carcere realizzato e ideato per detenuti a regime di alta e altissima sicurezza: "è come se da quel carcere non sia uscito mai nessuno", ha detto a Tuttoggi.info lo stesso Professor Fiorio, facendo riferimento all’architetto, Sergio Lenci, che ne progettò la costruzione nel 1970 e che fu poi assassinato per mano di Prima Linea nel 2001, con la "colpa" di aver dato vita anche a Rebibbia con criteri di rispetto umano dei detenuti, che avrebbero però ridotto il loro "potenziale rivoluzionario". A Terni, poi, in base al rapporto dell’Osservatorio Antigone, "il carcere presenta diversi circuiti detentivi al suo interno, il che rende difficile e impegnativo per l’amministrazione garantire i servizi e la sorveglianza". La situazione Ad oggi i problemi maggiori per i diritti dei detenuti passano per la salute, la difesa, i diritti ai colloqui, le telefonate, la vicinanza ai familiari, nonostante ci siano delle norme garantiste a riguardo. Il 40% dei detenuti è dentro per reati legati alla droga o contro il patrimonio, magari connessi all’acquisto e al reperimento dello stesso stupefacente, mentre l’80% è di origine straniera. La maggioranza poi sono uomini, mentre le donne delinquono meno. Pochi riescono ad essere reclusi in carceri vicine al proprio luogo di origine. In tanti sono emarginati, tossicodipendenti, meno i destinatari di misure alternative alla detenzione. Ad appesantire il già inceppato sistema è stato il passaggio del Sert dalla gestione sanitaria a quella penitenziaria. Il carcere si configura dunque come una struttura fortemente classista, spesso abitato da persone povere, o con ristrettezze economiche. Cosa può e farà il garante È in questi gangli che lo stesso garante può inserirsi, per lavorare e fare non solo da tramite, ma fornire anche una via alternativa per le condizioni detentive: attraverso il rispetto delle norme, difendendo i diritti, concedendo maggiori contatti con la famiglia; a livello giuridico, facendo da tramite con i magistrati; e non per ultimo lavorando per il reinserimento nella società dei detenuti una volta dopo la scarcerazione. "Una volta un carcerato vantava di rifiutare il cibo dall’amministrazione penitenziaria", ci ha detto il professor Fiorio, "oggi quel piatto non se lo negano più. Questa è la misura sulla quale dovremmo realmente riflettere per capire qual è attualmente la situazione all’interno delle carceri". Basilicata: Bolognetti (Radicali) ai Vescovi; nelle carceri ripristinare rispetto diritti umani Gazzetta del Mezzogiorno, 20 aprile 2014 Giustizia e carceri. In occasione della Pasqua, Maurizio Bolognetti lancia un appello ai vescovi lucani. "In Basilicata - dice il segretario dei Radicali - in più occasioni è emersa una sensibilità sulle questioni attinenti l’amministrazione della giustizia e la realtà carceraria. Ce ne hanno dato prova nelle ultime ore i Comuni di Episcopia, Latronico e Missanello, che hanno approvato delle delibere di Giunta a sostegno del Satyagraha Radicale e dell’appello promosso dal Prntt denominato "Abbiamo contato gli anni, ora contiamo i giorni". Nel ringraziare sindaci e giunte dei suddetti comuni, voglio esprimere l’auspicio che una volta di più dalla Basilicata arrivi un segnale forte sul fronte di una lotta che ci vede da tempo mobilitati per ripristinare il rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto. Occorre, come ha chiesto il Presidente della Repubblica nel suo messaggio alle Camere, che il nostro Stato rispetti la sua propria legalità. Occorre che venga interrotta subito la violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che vieta "trattamenti inumani e degradanti" nei confronti di chi è ristretto in carcere. Occorre che la situazione di bancarotta dell’amministrazione della giustizia, che grava sulla vita economica e sociale del Paese, venga sanata. Occorre, ripetiamo, un provvedimento di Amnistia e Indulto, che è innanzitutto di Amnistia per la Repubblica. Sono troppe le vite spezzate da questa situazione di illegalità e ciascuno di noi dovrebbe avvertire il dovere di fare qualcosa. Mi rivolgo con fiducia alla Conferenza Episcopale di Basilicata, chiedendo innanzitutto a Monsignor Agostino Superbo di ricordare, nel corso delle funzioni religiose celebrate per la Santa Pasqua, una situazione ormai andata oltre il punto di rottura". Modena: al carcere di Sant’Anna non c’è più problema di sovraffollamento Gazzetta di Modena, 20 aprile 2014 Per una volta una notizia positiva dal Sant’Anna: non c’è sovraffollamento. Lo rende noto nel suo resoconto la garante regionale per i detenuti, Desi Bruno, e il dato è stato certificato dalla relazione dell’Ausl di Modena. Per il resto restano il problema docce e quello della mancanza di lavoro per i detenuti. Nel carcere di Modena sono presenti 492 detenuti (22 le donne), di cui 293 condannati in via definitiva, 98 in attesa di primo giudizio, 187 tossicodipendenti, 30 ammessi al lavoro all’esterno (13 esterni e 17 interni), 5 in semilibertà. In prevalenza ci sono stranieri, (326), la maggior parte provenienti dal nord Africa e dall’est Europa. Nella vecchia struttura non ci sono più di due detenuti per cella ed è in atto la progressiva separazione fra imputati e condannati. Risultano essere applicate le disposizioni dipartimentali, con le sezioni detentive tutte "aperte": i detenuti possono stare fuori dalla cella sino a 8-9 ore al giorno. Fa eccezione la sezione dei "protetti": detenuti con differenti tipologie ma con problemi di incolumità personale, tenuti separati dagli altri. L’isolamento in cui i detenuti di questa sezione vengono a trovarsi, li ha portati a richiedere, anche nella forma di lettere collettive, di essere impiegati in attività trattamentali. La direzione assicura che a breve verrà estesa anche a questa sezione l’apertura delle celle. È, Inoltre, attivo il servizio di accoglienza dei "nuovi giunti". Lo screening all’ingresso viene effettuato su tutti coloro hanno una detenzione superiore ai 15 giorni (con un’adesione al test del 77%, secondo il dato fornito dall’Ausl di Modena); in particolare, per quanto riguarda la scabbia viene effettuata una visita accurata della cute già durante la prima visita all’ingresso (con un’adesione al test del 100%). La forte pioggia delle settimane scorse ha comportato infiltrazioni d’acqua all’ultimo piano con la conseguente chiusura di alcune celle per inagibilità. Sono già iniziati i lavori di rifacimento del tetto. Nel nuovo padiglione sono reclusi circa 200 detenuti per reati "comuni", con almeno una condanna definitiva, e ancora un apprezzabile periodo di detenzione da dover affrontare. I detenuti sono collocati in spazi detentivi idonei e in regola con i parametri europei (fino a 4 in stanze di 16 metri quadrati). Il piano terra è pronta la biblioteca e a breve verrà consentito ai detenuti di frequentarla. Permangono problematiche relative al malfunzionamento dell’impianto idraulico, che comporta l’utilizzo della doccia solo in determinate fasce orarie e per periodi di tempo limitati. E poiché si protrae la carenza di opportunità lavorative all’interno del carcere, la direzione ha scelto di privilegiare l’accesso dei condannati in via definitiva e la riduzione della durata del turno di lavoro, così da conseguire una maggiore rotazione. Camerino (Mc): si impicca nel carcere, detenuto polacco salvato in extremis di Angelo Ubaldi Il Messaggero, 20 aprile 2014 Tentativo di suicido in carcere sventato dagli agenti della polizia penitenziaria. Torna a salire l’emergenza al carcere di Camerino per la carenza di agenti. Pur lavorando con personale ridottissimo, nel carcere sono riusciti a salvare in extremis un trentenne polacco, che l’altra notte ha tentato il suicidio cercando di impiccarsi nel bagno con una corda fatta con il lenzuolo. L’accortezza di un agente, che doveva sorvegliare due settori e l’intervento del vice comandante Giuseppe Musella, hanno evitato il peggio al detenuto, che deve essere scarcerato tra qualche giorno. "È diventata una situazione insopportabile, non si può più andare avanti così - dice il segretario provinciale del sindacato Osapp di polizia penitenziaria, ispettore Antonio Mottola - o ci mandano più agenti o chiudiamo. Ne servono almeno 10 per sopperire all’attuale carenza. Siamo rimasti in 7 nella sezione maschile per una serie di motivi, fra pensionamenti avvenuti, altri in procinto a giorni, e rientri. Siamo scoperti per garantire la sicurezza e non solo di notte. Manca il personale, non c’è il medico come richiesto dal Provveditore alla Asur per la notte. Camerino è una casa circondariale e come tale deve funzionare ed essere efficiente - prosegue Mottola - e non un carcere di reclusione. Servono in fretta più agenti, lo segnaliamo da tempo senza avere alcuna risposta". Il carcere di Macerata Feltria, in via si chiusura, non prende più detenuti. Camerino, dopo il no al nuovo carcere da 450 posti e la partenza del tribunale, vede il carcere a rischio per motivi legati alla sicurezza. Oggi a Camerino ci sono 53 detenuti, di cui 46 uomini (per 7 agenti con 3 in aspettativa elettorale, su un minimo di 14) e 7 donne (per 12 agenti donne). La pianta organica prevede 35 agenti. Ascoli: detenuto ingiustamente per 6 mesi e di nuovo in carcere a 82 anni, chiede grazia www.fanpage.it, 20 aprile 2014 Qualche anno fa fece 6 mesi dietro le sbarre nonostante fosse innocente, ora si trova di nuovo dentro per scontare una pena definitiva a 4 mesi: ha inviato una lettera di grazia al presidente della Repubblica, data l’età avanzata. Qualche hanno fa si fatto già sei mesi di carcere da innocente, ora si trova di nuovo dietro le sbarre per scontare una pena definitiva a quattro mesi: ha 82 anni, ed ha inviato al Presidente della Repubblica una domanda di grazia. L’uomo si trova nel penitenziario di Marino del Tronto da un mese, dove, nonostante l’età avanzata, deve scontare un pena che terminerà nel luglio prossimo. L’anziano detenuto non può avvalersi della sospensione della pena perché meno di tre anni fa (limite sancito dalla legge) mentre era ai domiciliari con la (ingiusta) accusa di aver provocato una serie di incendi lungo la Superstrada Ascoli-Mare (imputazione dalla quale venne poi prosciolto) si allontanò di casa per andare alla festa del paese: in quell’occasione i carabinieri lo arrestarono per evasione. "Un fatto che tecnicamente non consente l’applicazione della sospensione della pena - spiega il suo avvocato, l’avvocato Umberto Gramenzi, per cui il mio assistito è finito in galera per una successiva condanna per guida in stato di ebbrezza. La legge dovrebbe tenere conto che ha già trascorso sei mesi di detenzione: cinque in carcere e uno ai domiciliari, benché poi riconosciuto innocente". Sul caso dovrà decidere ora il ministero della Giustizia. Rossano Calabro (Cs): incidente ad automezzo della Polizia penitenziaria, 4 agenti contusi Adnkronos, 20 aprile 2014 "Ennesimo incidente, ieri sera verso le 20, a un automezzo della Polizia penitenziaria impiegato nel trasporto di detenuti. Questa volta è successo in Calabria, sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria. L’automezzo di una scorta nel rientrare alla Casa di Reclusione di Rossano, dopo aver espletato un servizio di traduzione in Sicilia all’altezza dello svincolo di Altilia-Grimaldi, sembra per lo scoppio di uno pneumatico, si è ribaltato. I 4 operatori della Polizia penitenziaria a bordo hanno riportato diversi traumi e contusioni con prognosi da 10 a 7 giorni". A darne notizia è Gennarino De Fazio, segretario nazionale della Uil-Pa Penitenziari. "Si tratta dell’ennesimo incidente ad un automezzo della polizia penitenziaria in pochissimi giorni - spiega il sindacalista dei baschi azzurri della Uil-Pa - e anche in questo caso, solo per circostanze fortuite non c’è stata la tragedia". "Già nei giorni scorsi - ricorda De Fazio - episodi analoghi sono accaduti a Melfi, Avellino e Firenze e pressoché quotidianamente le scorte della Polizia penitenziaria devono fare i conti, oltre che con l’emergenza carceraria e la carenza degli organici che ormai è prossima alle 8.000 unità, anche con la fatiscenza degli automezzi, molto spesso privi anche della minima manutenzione e talvolta neanche revisionati nei termini di legge". "Non si vuole di certo entrare in sterili polemiche -rimarca il segretario nazionale della Uilpa Penitenziari- ma nel momento in cui si discute di auto blu o F35, il governo Renzi e il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, non possono non assumere tangibili iniziative per garantire la sicurezza dei trasporti in ambito penitenziario che, allo stato, crediamo mettano a repentaglio non solo l’incolumità della Polizia penitenziaria e dei detenuti trasportati, ma dell’intera collettività". "Non vorremmo - conclude De Fazio - che la Polizia penitenziaria dovesse esercitare compiutamente i compiti di polizia stradale da non molto conferitile per sottoporre a fermo amministrativo i propri automezzi". "Due degli agenti sono stati portati all’ospedale di Cosenza per essere curati. Uno di loro ha avuto cinque punti di sutura alla testa". Arriva da Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe e Damiano Bellucci, segretario nazionale dello stesso sindacato dei baschi azzurri, il bollettino dell’incidente avvenuto ieri sera sull’autostrada A3, all’altezza di Altilia Grimaldi, quando un furgone della polizia penitenziaria, con a bordo quattro agenti di ritorno dalla Sicilia e diretto a Rossano, "è sbandato a causa dello scoppio di un pneumatico, ed è finito contro il guardrail". "La situazione in Calabria è sempre più drammatica - sottolinea il Sappe - a causa della carenza di risorse, di mezzi e uomini, ma anche dell’abbandono in cui versa il personale di polizia penitenziaria. A Rossano, per esempio, ci è stato riferito che ieri mancavano 21 agenti, tre di quelli in servizio sono stati costretti a fare doppio turno, dalle 8 alle 20 e altri sono stati richiamati dalle ferie. Tutto questo a causa dell’inadeguatezza gestionale del vertice della polizia penitenziaria". "I servizi non funzionano - rimarcano Durante e Bellucci - e nessuno prende provvedimenti adeguati. Riteniamo sia giunto il momento di procedere all’avvicendamento di chi esercita il comando, per l’inadeguatezza dimostrata". Saluzzo (Cn): "più stelle meno sbarre", il 19 maggio cena con 8 chef in Casa di reclusione www.cuneocronaca.it, 20 aprile 2014 Le stelle dentro le mura di un carcere. È possibile. Grazie a Ugo Alciati, Nicola Batavia, Enrico Crippa, Pino Cuttaia, Maurilio Garola, Paolo Reina, Andrea Ribaldone e Davide Palluda. 8 chef per un sogno che diventa realtà il 19 maggio nella Casa di Reclusione "Rodolfo Morandi" di Saluzzo. Più stelle e meno sbarre è questo: una cena che si fa scommessa su un incontro coraggioso, per riannodare in modo diverso il filo civile che vede i singoli come parti diverse di una società unica. "Sapori Reclusi", associazione culturale impegnata in attività di comunicazione e sensibilizzazione sociale, da anni ha trovato nel cibo la via più naturale per far emergere le situazioni di esclusione in cui vivono alcune persone lasciate fuori dal concetto standardizzato di società. Anche in quest’occasione saranno il cibo di alta qualità e i grandi vini del territorio italiano a parlare una lingua accessibile a tutti: otto grandi chef, otto lingue del gusto e dei sapori che hanno reso il nostro paese famoso in tutto il mondo per la sua enogastronomia, prepareranno una grande cena di beneficienza aperta al pubblico, per incontrare la realtà detentiva da vicino e compiere un gesto di solidarietà, scambio, comprensione. D’altronde, quale migliore via per conoscere una realtà, se non immergersi al suo interno? Solo con il cortocircuito tra opposti è possibile tracciare un senso vero nell’incontro tra persone e far sedere vicini chef e detenuti, imprenditori e cittadini, rappresentanti delle istituzioni e giovani è la strada per ricreare il senso reale di quella che chiamiamo per convenzione società civile. Così, la sera del 19 maggio l’eccellenza incontrerà il carcere e le aziende incontreranno i progetti solidali. Enrico Crippa, Pino Cuttaia, Andrea Ribaldone, Ugo Alciati, Nicola Batavia, Maurilio Garola, Paolo Reina e Davide Palluda hanno saputo fare della passione per la cucina un mestiere e un percorso di vita che parla di impegno, risorse, tradizioni, sapori, ricerca. Far incontrare queste persone con chi vive una situazione di esclusione e privazione della libertà, permette di attivare nuovi meccanismi, abbattere barriere, smussare pregiudizi. Gli chef infatti, nella stessa giornata, terranno una lezione al gruppo di detenuti che frequentano il corso di cucina: un incontro di sapori e di mani al lavoro, uno scambio personale e umano tra persone protagoniste di percorsi di vita diversi, uniti dal tema del cibo come identità, dalla creatività come forma di libertà e soprattutto dal lavoro come riscatto per il futuro. Chef e detenuti lavoreranno insieme per allestire la prima cena stellata dentro una casa di reclusione. Un’occasione unica per i detenuti, speciale per gli chef. Una grande opportunità per un pubblico di cittadini, aziende del territorio, rappresentanti delle istituzioni invitati non solo a partecipare all’evento stellato, ma a sostenere finanziariamente un progetto. La cena infatti nasce per finanziare un percorso di formazione e lavoro promosso dall’Associazione Sapori Reclusi: "Stampatingalera", un corso di stampa Fine Art attivato nei mesi scorsi presso la Casa di Reclusione di Saluzzo grazie al sostegno della Compagnia di San Paolo. A conferma dell’impegno dell’associazione nelle realtà detentive italiane, durante la serata verranno proiettati i cortometraggi prodotti in collaborazione con il regista Davide Sordella, realizzati con il contributo attivo dei detenuti della casa di reclusione Santa Caterina di Fossano. Ad ottime ricette non potevano che accompagnarsi ottimi vini: alcuni sponsor della serata sono cantine prestigiose italiane, realtà del vino che hanno sentito il valore di quest’attività solidale e hanno deciso di affiancarsi a Sapori Reclusi. Zanotto Vigneti offrirà l’aperitivo con un Extra Brut speciale, Ceretto, Coppo, Milazzo, Oddero, Sordo accompagneranno le ricette degli chef con i loro vini e, insieme ad altre rinomate etichette come Albino Rocca e Clerico, offriranno alcuni magnum di Barolo per l’asta di beneficienza finale. Ma il sostegno a quest’evento patrocinato dal Comune di Saluzzo arriva da più fronti aziendali. L’azienda FoodPaper metterà a disposizione una fornitura completa di mise en place totalmente biodegradabile e compostabile, in linea con i valori etici promossi dalla cena; l’azienda Rastal offrirà gli eleganti bicchieri per il vino; gli amici di Fresco Piada, l’azienda riminese di piade artigianali, offrirà alcuni assaggi per l’aperitivo; Roi, azienda ligure di olio, fornirà il necessario per le preparazioni di cucina. La Granda porterà l’acqua per la cena, Eataly Torino omaggerà il pane per il companatico e Banda Biscotti, il biscottificio attivo all’interno del carcere, offrirà un assaggio delle sue dolcezze. E poi la società PlayADV che seguirà l’allestimento grafico e fotografico della sala, ConGusto Catering che omaggerà le sedie, Palazzo Righini di Fossano che ospiterà alcuni invitati alla cena e il ristorante Ostu di Djun che supervisionerà il servizio di sala. Insomma, sono tanti gli imprenditori che hanno creduto con Sapori Reclusi nel valore promosso da questa cena eccellente: affiancare nuovi messaggi per cominciare a vedere le cose da un nuovo punto di vista. Massa: il sottosegretario Cosimo Maria Ferri in visita ai detenuti la Casa di reclusione Ansa, 20 aprile 2014 Il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri "Lo sport aiuta ad unire la società civile al carcere, che deve essere inteso come una risorsa e non solo un problema". Lo ha detto il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri, che accompagnato dal giovane calciatore carrarese Federico Bernardeschi, attualmente in forza al Crotone, ha visitato stamani la Casa di reclusione di Massa per porgere gli auguri pasquali. Ferri nel porgere gli auguri ha sottolineato "l’importanza dello sport anche all’interno degli istituti come momento fondamentale per ritrovare se stessi e per rompere le catene dando un significato diverso alla propria vita. Il detenuto deve giustamente espiare la pena - ha aggiunto Ferri - ma la detenzione deve essere intesa come un momento di crescita. Lo sport è anche un insieme di regole e quindi portare all’interno delle carceri l’attività sportiva ed anche i campioni che la rappresentano vuol dire dare alle carceri una ventata di ottimismo, di voglia di costruire, di competere rispettando gli altri. L’esempio di tanti campioni può rappresentare per i detenuti uno stimolo per ripartire". Bernardeschi si è mostrato molto colpito e ha manifestato di vivere un’emozione forte e di volersi impegnare nel calcio ma anche nella vita "aiutando a rieducare chi ha sbagliato". Salerno: "Il Cielo in ogni stanza", al via un nuovo progetto culturale dell’Icatt di Eboli La Città di Salerno, 20 aprile 2014 "Il Cielo in ogni stanza": è questo il titolo del nuovo progetto che la direzione della Casa di Reclusione - Istituto a Custodia attenuata per il Trattamento delle Tossicodipendenze di Eboli si accinge e realizzare insieme alla Società Italiana Autori ed Editori. Il progetto, a costo zero per l’Amministrazione Penitenziaria, "prende le mosse - si legge in una nota - dalla ferma convinzione della cultura quale strumento indispensabile per la conquista della vera libertà", e consentirà, attraverso specifici corsi di formazione, ai numerosi detenuti impegnati sia nei corsi di scrittura creativa che nel laboratorio teatrale, "di acquisire competenze anche sotto il profilo del marketing con particolare riferimento alla tematica "diritti d’autore", con una finalità meramente imprenditoriale che consentendo loro di diventare imprenditori di sé stessi assicuri possibilità di lavoro e di inclusione sociale". "Non si sarà mai veramente liberi, mai veramente autonomi, mai veramente indipendenti senza un proprio pensiero - continua la nota - e senza la capacità di esternarlo, e tanto in ogni stato, non solo dunque, in quello detentivo. "In un’epoca decadente, in cui la forte crisi economica non sembra lasciare spazio ad altri argomenti ed offrire valide alternative alla disperazione, né dare concreti segnali di speranza per quegli uomini che lo Stato ci affida con il preciso mandato di restituirli rieducati alla società - sostiene la dottoressa Rita Romano, direttore dell’Icatt - la cultura rimane l’unico strumento di riscatto e l’ultimo baluardo contro la barbarie della massificazione spersonalizzante". Prato: il regista Leonardo Pieraccioni incontra i detenuti, una serata aperta al pubblico di Federico Berti La Nazione, 20 aprile 2014 Leonardo Pieraccioni sarà protagonista di una serata di cinema al carcere della Dogaia di Prato. Il regista fiorentino ha accettato l’invito della Casa Circondariale che ha incluso anche il cinema nell’offerta trattamentale rivolta ai detenuti. La partecipazione di Pieraccioni si inserisce nell’obiettivo dell’Istituto pratese di aprirsi alla comunità consentendo al pubblico esterno la partecipazione degli eventi organizzati all’interno; è prevista la presenza di un gruppo di detenuti, già coinvolti nel "Progetto Cinema". Ma entriamo nel dettaglio; la serata è prevista per martedì 27 maggio. In "scaletta", un apericena dalle 19 a offerta libera, l’intervista-incontro con l’attore regista de "Il ciclone" e tanti altri successi, la proiezione del film "I laureati", campione d’incasso del 1995 e primo film di una lunga carriera di successi, confermata dall’ultimo film, "Un fantastico via vai". Il ricavato della serata verrà utilizzato per finanziare le attività ed i progetti a favore della popolazione detenuta come accaduto per la cena di beneficenza dello scorso mese di dicembre che ha permesso la realizzazione della "Sala Cinema" inaugurata nel mese di febbraio. In questo nuovo "Spazio", il "Progetto Cinema" ha iniziato a muovere i primi passi, con la proiezione di capolavori della grande commedia all’italiana quali "Lo scopone scientifico" di Comencini ed "Amici miei" di Mario Monicelli. Leonardo Pieraccioni sarà il primo di una serie di super ospiti che hanno "sposato" la causa promossa dal carcere della Dogaia. Ma come sarà possibile partecipare alla serata ? Chi fosse interessato potrà inviare la copia del proprio documento di identità (assolutamente valido) entro e non oltre il prossimo 10 maggio 2014, all’indirizzo di posta elettronica: uff.attivitapolpen.cc.prato@giustizia.it specificando "per serata Pieraccioni". Vista la probabile grande richiesta di partecipazione e visto il limite dei posti a disposizione , la Direzione del carcere si riserva di accettare le richieste secondo un criterio temporale. Si ricorda che non sarà possibile accedere solamente per l’incontro con il comico o solo per la proiezione del film previsto per le 22. L’ingresso dei partecipanti è previsto dalle 19, per effettuare le procedure di riconoscimento. Libri: "Matricola N. 20478. Il carcere che si prende la vita", di Maria Grazia Greco recensione di Filippo Piccione www.pontediferro.org, 20 aprile 2014 Il carcere è un argomento (un problema) che in Italia viene affrontato a corrente alternata. Se ne parla (animatamente e animosamente) in presenza di provvedimenti, quasi sempre discutibili, di amnistia o d’indulto o di misure urgenti "svuota carceri" sotto l’effetto dell’emergenza. Soltanto en passant la questione viene esaminata dal punto di vista delle condizioni degradanti in cui vivono gli "ospiti" degli istituti penitenziari. Da qualche tempo se ne sta occupando la Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale dovrà pronunciarsi il prossimo 28 maggio a seguito di un ricorso presentato da tremila detenuti per la situazione "disumana" in cui sono costretti a scontare la loro pena. Maria Grazia Greco con un suo libro-denuncia ("Matricola N. 20478. Il carcere che si prende la vita") vuole attirare l’attenzione su un tema su cui si misura il grado di civiltà di una nazione. Sebbene siano pochi coloro che negano che i reclusi possano reggere alla durezza e all’insopportabilità dell’attuale sistema detentivo, nessuno si chiede fino in fondo quali drammi si vivono al suo interno. I casi di suicidio, dovuti al trattamento inumano e degradante inflitto ai ristretti nelle strutture carcerarie, sono più di quanti la cronaca riesce effettivamente a riferire. Su 99 deceduti nel 2013, 24 sono morti per malattia, 47 per suicidio, 28 per motivi che devono essere accertati. Le morti di cui "nessuno sa nulla, nessuno ne parla e nessuno può parlarne", inevitabilmente rendono tutto più opaco e inquietante e segnalano la drammatica sconfitta dello Stato di diritto. Perché si può morire di carcere e si muore in carcere? Semplicemente perché ogni recluso trascorre quotidianamente 22 ore in una cella di dimensioni ridotte, tre metri quadrati a testa, finestre da dove non passa la luce, docce con poca o senza acqua calda. La maggior parte di loro convive con altre 5-6 persone adulte, senza fare assolutamente niente, in attesa solo di uscire in un angusto cortile per le 2 ore giornaliere di aria. Lo scopo di questo libro è quello di chiedere un sostegno ampio e convinto all’atto d’accusa che l’autrice rivolge alla struttura carceraria italiana al fine di evitare che l’iniziativa di Greco finisca, come altre analoghe rivendicazioni, nel dimenticatoio. "Un’istituzione che sostanzialmente, tranne alcune eccezioni e nonostante l’impegno serio e responsabile di non pochi addetti ai lavori - alcuni direttori illuminati, docenti e operatori penitenziari all’altezza del compito - viola di fatto l’articolo 27 della Costituzione: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". I ricorsi davanti alla Corte europea, destinati ad aumentare, muovono dall’assunto che i detenuti sono stati ristretti in deroga ai principi di tutela e del rispetto dell’individuo. In larga parte ciò dipende dal sistema così come è congegnato ma molto anche dal sovrannumero degli stessi reclusi. La capienza attuale dei penitenziari italiani è di 47 mila posti, mentre coloro che devono scontare la pena sono 65.726. In questi 18 mila e passa unità, 8.589 reclusi sono definitivi, il resto in attesa di giudizio. Una cifra considerevole se rapportata ai detenuti che scontano la pena per aver assunto o ceduto modiche quantità di hashish e marijuana. Costoro non hanno un trattamento diverso rispetto agli altri delinquenti comuni o agli affiliati alla malavita organizzata. L’autrice ha lavorato come docente a Rebibbia nell’anno scolastico 2009-2010. Le è stato assegnato il reparto G12 AS "Alta Sicurezza", quello dove sono reclusi mafiosi, camorristi, ‘ndraghetisti, narcotrafficanti, qualche ergastolano, il cosiddetto "fine pena mai", e il reparto speciale G9, riservato a coloro che devono rimanere divisi per aver commesso reati di pedofilia, stupro, guardie ‘infedeli’. Per tutti Maria Grazia Greco - che non vuole sminuire la portata, la gravità e l’efferatezza di certi crimini e tanto meno indulgere alla commiserazione o al pietismo - invoca l’applicazione della norma costituzionale. L’obiettivo, istituzionale, che anche lei intendeva raggiungere era il reinserimento del detenuto nella società, una volta scontata la pena e dopo aver compiuto un percorso di studi. Quando le dicevano che tutto questo si sarebbe tramutato in favole! chiacchiere! e balle! non voleva crederci. Ma poi ha dovuto ricredersi avendo constatato giorno dopo giorno che l’ordine carcerario, così com’è e così come viene concepito, non può fare altro che "mortificare, disumanizzare, spersonalizzare, denudare il detenuto". Per tutti basta far parlare la matricola n. 20478, chiuso in cella per un reato non molto grave. "Cinque dita di inchiostro di chi non ha, di chi non deve avere più dignità: detenuto, carcerato, snaturato, recluso. "Se questo è un uomo", questo non è più Francesco… non più. Il processo di spersonalizzazione pianificata è già iniziato, è già in atto". L’ultima aspirazione di Francesco è la seguente: "Che almeno qualcosa di me si possa salvare. Per me stesso. Per Anna mia. Per quando sarà". Televisione: Tg3 "Persone" oggi alle 12.15 presenta la creatività dietro le sbarre Italpress, 20 aprile 2014 Reclusione rieducativa, celle aperte, corsi artistici e culturali per preparare i detenuti al reinserimento nella società. Succede nel carcere di Bollate, alle porte di Milano. Un luogo che "Persone", il settimanale del Tg3 dedicato alle storie di vita quotidiana in onda domani alle 12.15 su Rai3, racconta attraverso le parole di Monica, volontaria nella sezione femminile. Un lavoro, insieme alle detenute, che si snoda tra laboratori di moda, teatro, musica e artigianato. Filippine: per l’ex ambasciatore Daniele Bosio una Pasqua in cella con altri 80 detenuti Ansa, 20 aprile 2014 Trascorrerà la Pasqua nel carcere di Manila, in una cella di 70 metri quadri, con altri 80 detenuti, l’ambasciatore sospeso del Turkmenistan, Daniele Bosio, arrestato nelle Filippine con l’accusa di violazione dei diritti dei minori. A riferirlo è l’avvocato Elisabetta Busuito che fa parte del team italo-filippino che segue la difesa del diplomatico. In una telefonata con l’Ansa, il legale riferisce che l’istanza di scarcerazione sarà presentata la prossima settimana, forse martedì, al termine delle Festività pasquali. "Gli avvocato locali hanno preferito aspettare per potersi preparare meglio", ha detto il legale. "Domani comunque riceverà la visita del fratello Andrea", ha aggiunto. E l’umore? "Per certi versi non comprende cosa gli viene contestato da meritare questo tipo di conseguenze, ma è comunque fiducioso che la situazione sarà chiarita", ha risposto il legale. "È rimasto molto colpito da quanto dichiarato da una delle denuncianti all’udienza dello scorso mercoledì", ha sottolineato. A visitare il diplomatico nei giorni scorsi è stato un amico che è rimasto per diversi giorni a Manila. Domani, in occasione delle festività pasquali, è atteso l’arrivo del fratello Andrea. L’ambasciatore Bosio è anche stato messo al corrente "della mobilitazione delle persone che lo conoscono e sanno che si dedica ai bambini malati da oltre 20 anni". "Pensare che possa prevalere l’opinione di persone che non lo conoscono è inaccettabile", ha detto il legale che nei giorni scorsi ha denunciato il fatto che l’udienza di Bosio era stata trasformata "in uno show mediatico". Bosio è accusato dalla polizia filippina di traffico di minori dopo essere stato fermato nel parco acquatico di una località turistica vicino a Manila mentre si trovava con tre bambini di 9, 10 e 12 anni. Sul diplomatico, pesa il sospetto di abuso e traffico di minori: due attiviste lo avrebbero visto in atteggiamenti sospetti con i bambini. E gli inquirenti, basandosi sulla testimonianza dei bimbi, ritengono che Bosio li abbia adescati in un quartiere povero di Manila offrendo loro anche dei soldi. "Le accuse sono state formulate in circostante ancora tutte da chiarire", ha ribadito l’avvocato Busuito, che ha chiesto un celere chiarimento da parte della giustizia filippina perchè la figura del diplomatico, nel frattempo sospeso dal servizio, "possa essere riabilitata al più presto". Venezuela: tentato golpe, 30 ufficiali in carcere di Geraldina Colotti Il Manifesto, 20 aprile 2014 Venezuela tra festa e protesta. Ieri, il chavismo ha festeggiato un anno dall’assunzione di incarico del presidente Nicolas Maduro. Si è anche celebrato il 19 aprile del 1810, considerato "il primo grido di indipendenza" dalla Spagna, preludio alla proclamazione della Prima repubblica, il 5 luglio dello stesso anno. Intanto, per quanto circoscritte, continuano le manifestazioni e le "guarimbas" (barricate di chiodi, detriti e spazzatura data alle fiamme). Nella parte est della capitale, il sindaco del municipio di Chacao, Ramon Muchacho (di opposizione), ha fatto sospendere le processioni del venerdì santo a seguito dei violenti scontri tra "guarimberos" e Guardia nacional bolivariana (Gbn), che hanno provocato alcuni feriti e fermi. A Puerto la Cruz, principale porto del paese, nello stato Anzoategui, mentre la maggioranza dei venezuelani si godeva in spiaggia le vacanze pasquali, un gruppo di "genitori" ha inscenato una protesta "contro l’indottrinamento scolastico degli alunni". Di fianco, 90 tende montate dagli studenti, che impediscono l’accesso a uno dei principali distributori di benzina della città. Gran parte della Mesa de la unidad democratica (Mud), seppur con diversi accenti ha accettato di partecipare al dialogo in corso con il governo sotto l’egida della Unasur e del Vaticano. Le componenti più oltranziste, invece, cavalcano le proteste violente, che hanno già provocato 41 morti e oltre 600 feriti. A fomentarle, alcuni dirigenti che cercano di prevalere nello scontro per la leadership che anima la coalizione di opposizione. La più attiva è Maria Corina Machado, una ex parlamentare di estrema destra, deposta dopo aver accettato di sostituire il Panama presso l’Organizzazione degli stati americani (Osa), a cui ha chiesto un intervento diretto in Venezuela. Giorni fa si è recata al Parlamento europeo per denunciare "la dittatura castro-madurista". Diversi eurodeputati progressisti l’hanno contestata argomentando le loro ragioni in un appello contro le ingerenze e per la difesa dell’ordine democratico in Venezuela. Ieri, Machado ha però cantato vittoria in Twitter sostenendo che "il Parlamento europeo ha confermato la decisione di inviare una delegazione in Venezuela per constatare le violazioni ai diritti umani e ai principi democratici". Alle componenti che si rifanno a Machado e a Leopoldo Lopez (il leader di Voluntad popular in carcere da due mesi con l’accusa di associazione a delinquere con finalità di terrorismo) il governo attribuisce intenzioni golpiste. In questi giorni si è aperto il processo militare a due ufficiali della Gnb (un colonnello e un capitano), arrestati all’inizio di aprile con l’accusa di aver cospirato contro il governo. E sarebbero una trentina gli ufficiali coinvolti nel tentativo di golpe che avrebbe dovuto aver luogo il 20 marzo. Il 25, Maduro ha comunicato l’arresto di 3 generali dell’aviazione, responsabili principali del complotto. Secondo quanto ha rivelato un giornale di opposizione "soft" al governo, avrebbero dovuto spianare la strada alle piazze oltranziste con l’aiuto di paramilitari colombiani: con uno scenario simile a quello messo in atto con il golpe contro Hugo Chavez nell’aprile del 2002. "Continuerò a onorare il giuramento che ho fatto al nostro popolo, nessuno ci ruberà il diritto a essere felici, liberi e indipendenti", ha detto ieri Maduro. Domani prenderà avvio la riforma tributaria che ha già provocato le proteste dell’opposizione perché promette di far pagare "di più a chi più possiede" e ha al centro il controllo dei prezzi. E per martedì, Maduro ha annunciato "misure economiche straordinarie". In un anno di "governo della strada" - ha detto, il 64,1% delle risorse nazionali è stato destinato ai progetti sociali: il 2,1% in più dell’anno precedente.