Giustizia: le riforme senza amnistia e indulto? sarà un nuovo clamoroso errore di Riccardo Polidoro (Presidente "Il Carcere Possibile Onlus") Ristretti Orizzonti, 19 aprile 2014 Nel 2006 l’indulto senza l’amnistia. Oggi si "cambia verso", ma le nuove norme in arrivo, senza atti di clemenza, non riusciranno a risolvere i problemi che affliggono il nostro sistema penale. Principi fondamentali per un Paese civile sono un giusto e celere processo unitamente a una pena certa, scontata secondo Legge. Mai si dovrebbe ricorrere ad amnistie e indulti, che rappresentano la resa di uno Stato incapace di assicurare Giustizia. In Italia, il settore penale è allo sfascio. I processi si caratterizzano, da tempo, per la loro lentezza. Il risultato è la prescrizione di moltissimi reati ovvero una sentenza che arriva sempre in ritardo, dopo anni dalla condotta da giudicare. Le nostre carceri soffrono di un cronico sovraffollamento e sono diventate le peggiori di Europa. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha concesso un termine che scadrà tra poco più di un mese - il 28 maggio 2014 - affinché si giunga ad una soluzione del problema, con migliaia di detenuti a vivere in meno di 3 metri quadri all’interno della loro cella. L’Inghilterra ha recentemente negato due richieste di estradizione, perché non era garantita una dignitosa detenzione. Nel luglio 2006 fu concesso l’indulto per i reati commessi fino a tutto il 2 maggio 2006, nella misura non superiore a tre anni. Caratteristica di quel provvedimento fu la mancanza, come invece era avvenuto in altre occasioni, di un’ amnistia che avrebbe "alleggerito" il carico enorme dei processi da celebrare. Fu un errore. Non l’unico, in quanto non si predisposero misure e riforme adeguate per evitare di ritornare in poco tempo nella medesima insostenibile situazione. L’attuale maggioranza parlamentare ha annunciato una serie di novità sulla Giustizia che potrebbero davvero modificare il settore penale, consentendo finalmente la tutela dei diritti delle persone offese e degli imputati. La depenalizzazione di alcuni reati, che non hanno rilevanza penale; la messa alla prova, già sperimentata con successo nel processo minorile; la riforma della custodia cautelare, un maggiore ricorso alle pene alternative, l’individuazione di pene diverse dal carcere, sono tutti provvedimenti necessari, attesi da tempo. Si corre però il rischio di essere ancora una volta in errore. Di ripetere, all’inverso, gli sbagli del passato. Il malato è grave, gravissimo. Necessita di una massiccia cura di antibiotici, per ritornare alla normalità e iniziare una nuova vita secondo canoni equi e diversi. Le riforme, senza l’odiosa amnistia e l’iniquo indulto, non avranno la possibilità di decollare, perché saranno inserite in un sistema moribondo che non potrà recepirle. "Cambiamo verso", lo slogan che piace tanto al nostro Presidente del Consiglio sarebbe davvero rispettato, altrimenti l’ambizioso progetto di cambiamento non avrà spazio vitale per diventare operativo. Giustizia: approvati importanti emendamenti al decreto-legge sul superamento degli Opg di Stefano Cecconi (Comitato StopOpg) Ristretti Orizzonti, 19 aprile 2014 Approvati dalle Commissioni Giustizia e Sanità del Senato importanti emendamenti al decreto-legge 52/2014 sul superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. Gli emendamenti approvati migliorano le norme sul superamento degli Opg. Ora bisogna insistere: le Regioni devono impegnarsi per superare gli Opg senza riprodurre la logica manicomiale che si avrebbe con il proliferare delle Rems (che a questo punto possono e devono diventare quantomeno "residuali"). Cosa prevedono gli emendamenti: Le Regioni (tramite le Asl e i loro Servizi di salute mentale) devono presentare, entro giugno 2014, i programmi individualizzati di dimissione dagli Opg, per renderle effettivamente possibili, d’ora in avanti la misura di sicurezza provvisoria non può essere disposta in Opg, mentre oggi costituisce una quota rilevante degli internamenti "impropri". Indicazione ai magistrati (anche di sorveglianza) di disporre di norma l’esecuzione di misura di sicurezza alternativa all’internamento in Opg, la sola mancanza di programmi terapeutico riabilitativi individuali o la precarietà dello condizioni di vita non costituisce elemento idoneo a supportare il giudizio di pericolosità sociale: cioè non può esserci internamento perché i servizi sociosanitari non prendono in carico il malato. Il baricentro degli interventi per superare gli Opg inizia finalmente a spostarsi sulle "misure alternative" (come prevedono le sentenze della Corte Costituzionale) e sui progetti di cura e riabilitazione per le persone anziché sui mini-Opg (le Rems). E perciò un apposito emendamento dispone che le regioni possono modificare i programmi presentati in precedenza (sarebbe meglio dire "devono"): per destinare i finanziamenti alla riqualificazione dei Dsm e contenere il numero complessivo di posti letto nelle Rems (con risorse solo per strutture pubbliche). Sono poi previsti corsi di formazione per gli operatori del settore (per i quali però bisogna disporre con chiarezza che non svolgono funzioni di custodia). Inoltre, il rispetto delle impegni per il superamento degli Opg vale come adempimento sul rispetto dei Lea, quindi serve anche per premi e sanzioni. Forse si può tentare di più, magari ponendo anche un termine alle proroghe della misura di sicurezza, causa dei famigerati "ergastoli bianchi". Infine è prevista l’attivazione del Tavolo per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, che relaziona al Parlamento ogni 3 mesi. Certo sappiamo che resta da modificare il Codice Penale per abolire l’Opg e la logica del "doppio binario", che separa il destino degli autori di reato "folli" da quello dei "sani", come accadeva al tempo dei manicomi. Tuttavia, se ora la legge verrà approvata in aula al Senato (e poi alla Camera), potremo pensare che veramente nel 2015 si chiuderanno gli Opg, scandalo per un paese appena civile, senza la loro regionalizzazione (tramite le Rems) e che il numero delle persone internate potrà essere ridotto ad un numero esiguo. C’è naturalmente un grande lavoro da fare, nel solco della legge 180, per dare forza ai servizi socio sanitari e di salute mentale, non dimenticando la situazione spesso drammatica dei detenuti in carcere. Anche per questo sarebbe utile prevedere la stipula di protocolli di collaborazione Regioni/Magistratura per facilitare l’attuazione delle norme. Giustizia: "non è terrorismo", fuori dal carcere i secessionisti veneti di Alessia Gallione La Repubblica, 19 aprile 2014 Il reato più grave, quello di associazione a delinquere con finalità di terrorismo, per ora è caduto. Ed è per questo - nonostante i pm potrebbero ancora fare ricorso - che i giudici del tribunale del riesame di Brescia hanno scarcerato quasi tutti i secessionisti - sette sono stati liberati, altri cinque sono finiti ai domiciliari - arrestati all’inizio di aprile perché, secondo le indagini, era pronti a occupare piazza San Marco a Venezia. Una sorta di remake, "ma con metodi più cruenti", dell’esperienza dei Serenissimi nel ‘97. Perché questa volta, l’ormai celebre Tanko con tanto di cannoncino incorporato per gli inquirenti sarebbe stato in grado di sparare. Ed è proprio l’accusa di aver "fabbricato e detenuto illegalmente un carro armato" a rimanere viva: la competenza, però, passa al tribunale di Padova, visto che l’"arma da guerra" era stato ritrovata nella provincia veneta, in quello che nelle intercettazioni veniva chiamato l’Arsenale. Per loro era scesa in piazza la Lega. "Una follia", aveva tuonato dopo il blitz dei Ros il segretario del Carroccio, Matteo Salvini. Che, per solidarietà, aveva dichiarato di essere pronto a passare la Pasqua in galera. "Una buona notizia", dice ora. Aggiungendo: "Resta la vergogna dei giorni fatti a causa di un’idea. Lo Stato chieda scusa e rispetti la libertà di pensiero". Per il governatore del Veneto Luca Zaia "le liberazioni stanno a significare che la partita si sgonfierà". Ai tempi dell’assalto dei Serenissimi al campanile di San Marco, tra le parole d’ordine di Umberto Bossi c’era ufficialmente "secessione della Padania" e la Lega non aveva conquistato le poltrone delle Regioni del Nord. Oggi, c’è la più "istituzionale" "proposta di referendum depositata in Veneto", come ricorda Salvini. Eppure, i toni da crociata rimangono. Almeno nelle parole degli indipendentisti che, spesso, hanno avuto contrasti con un Carroccio giudicato troppo morbido. "Sono stato prigioniero dello Stato italiano colonialista", è stato lo sfogo di Franco Rocchetta, ex parlamentare leghista e fondatore della Liga veneta. Con lui è stato liberato, tra gli altri, anche il leader dei Forconi, Lucio Chiavegato e l’ex parlamentare leghista Roberto Bernardelli. Confermati i domiciliari per l’ex Serenissimo Fabio Contin e altri quattro: tutti coloro che sono entrati a contatto, in vario modo, con quella ruspa modificata. In carcere rimane ancora un gruppo di nuovi Serenissimi. Anche se, dice Salvini, "ci aspettiamo che a questo punto vengano liberati tutti". E Fabio Padovan, leader dei "‘Liberi Imprenditori Federalisti-Fraja Veneta" annuncia: "Noi andiamo avanti con lo sciopero della fame a staffetta". Sempre a Brescia, ieri, è stato condannato a due mesi di reclusione, pena sospesa, per diffamazione aggravata da finalità di discriminazione etnico razziale Agostino Pedrali, l’ex assessore leghista del Comune di Coccaglio (dove nel 2009 vennero organizzati i controlli a tappeto nelle case degli immigrati con il permesso di soggiorno in scadenza) che aveva pubblicato sulla sua pagina Facebook una foto dell’allora ministro Cècile Kyenge con a fianco quella di una scimmia. Giustizia: "non è terrorismo", fuori dal carcere i secessionisti veneti di Alessia Gallione La Repubblica, 19 aprile 2014 Il reato più grave, quello di associazione a delinquere con finalità di terrorismo, per ora è caduto. Ed è per questo - nonostante i pm potrebbero ancora fare ricorso - che i giudici del tribunale del riesame di Brescia hanno scarcerato quasi tutti i secessionisti - sette sono stati liberati, altri cinque sono finiti ai domiciliari - arrestati all’inizio di aprile perché, secondo le indagini, era pronti a occupare piazza San Marco a Venezia. Una sorta di remake, "ma con metodi più cruenti", dell’esperienza dei Serenissimi nel ‘97. Perché questa volta, l’ormai celebre Tanko con tanto di cannoncino incorporato per gli inquirenti sarebbe stato in grado di sparare. Ed è proprio l’accusa di aver "fabbricato e detenuto illegalmente un carro armato" a rimanere viva: la competenza, però, passa al tribunale di Padova, visto che l’"arma da guerra" era stato ritrovata nella provincia veneta, in quello che nelle intercettazioni veniva chiamato l’Arsenale. Per loro era scesa in piazza la Lega. "Una follia", aveva tuonato dopo il blitz dei Ros il segretario del Carroccio, Matteo Salvini. Che, per solidarietà, aveva dichiarato di essere pronto a passare la Pasqua in galera. "Una buona notizia", dice ora. Aggiungendo: "Resta la vergogna dei giorni fatti a causa di un’idea. Lo Stato chieda scusa e rispetti la libertà di pensiero". Per il governatore del Veneto Luca Zaia "le liberazioni stanno a significare che la partita si sgonfierà". Ai tempi dell’assalto dei Serenissimi al campanile di San Marco, tra le parole d’ordine di Umberto Bossi c’era ufficialmente "secessione della Padania" e la Lega non aveva conquistato le poltrone delle Regioni del Nord. Oggi, c’è la più "istituzionale" "proposta di referendum depositata in Veneto", come ricorda Salvini. Eppure, i toni da crociata rimangono. Almeno nelle parole degli indipendentisti che, spesso, hanno avuto contrasti con un Carroccio giudicato troppo morbido. "Sono stato prigioniero dello Stato italiano colonialista", è stato lo sfogo di Franco Rocchetta, ex parlamentare leghista e fondatore della Liga veneta. Con lui è stato liberato, tra gli altri, anche il leader dei Forconi, Lucio Chiavegato e l’ex parlamentare leghista Roberto Bernardelli. Confermati i domiciliari per l’ex Serenissimo Fabio Contin e altri quattro: tutti coloro che sono entrati a contatto, in vario modo, con quella ruspa modificata. In carcere rimane ancora un gruppo di nuovi Serenissimi. Anche se, dice Salvini, "ci aspettiamo che a questo punto vengano liberati tutti". E Fabio Padovan, leader dei "‘Liberi Imprenditori Federalisti-Fraja Veneta" annuncia: "Noi andiamo avanti con lo sciopero della fame a staffetta". Sempre a Brescia, ieri, è stato condannato a due mesi di reclusione, pena sospesa, per diffamazione aggravata da finalità di discriminazione etnico razziale Agostino Pedrali, l’ex assessore leghista del Comune di Coccaglio (dove nel 2009 vennero organizzati i controlli a tappeto nelle case degli immigrati con il permesso di soggiorno in scadenza) che aveva pubblicato sulla sua pagina Facebook una foto dell’allora ministro Cècile Kyenge con a fianco quella di una scimmia. Giustizia: scarcerazioni secessionisti non fermano sciopero della fame militanti di Life Ansa, 19 aprile 2014 Proseguirà lo sciopero della fame a staffetta proclamato nei giorni scorsi dai "Liberi Imprenditori Federalisti (Life) - Fraja Veneta" in segno di solidarietà con i secessionisti in carcere, sette dei quali oggi sono stati rimessi in libertà dal Tribunale del riesame di Brescia. "Notizie frammentarie e contrastanti scrivono Fabio Padovan e Daniele Quaglia, della Life - riferiscono della scarcerazione di alcuni patrioti veneti detenuti prigionieri nelle carceri italiane. Apprendiamo dalla famiglia che Lucio Chiavegato, amato e stimato presidente di Life Veneto è in libertà così pure Franco Rocchetta". Pur dicendosi "soddisfatti per Lucio, per Franco e per coloro che sono liberi", i rappresentanti della Life sottolineano la loro preoccupazione per gli altri indagati ancora in carcere, "detenuti con un’accusa inconsistente" e confermano che il gruppo "continuerà nell’azione pacifica dello sciopero della fame a staffetta finché non sarà scarcerato anche l’ultimo dei patrioti veneti". Giustizia: sondaggio Ixè; per 59% italiani pena troppo lieve i servizi sociali a Berlusconi 9Colonne, 19 aprile 2014 Il 59% degli italiani pensa che i servizi sociali per Berlusconi siano una pena "Troppo lieve". Oltre un italiano su due non avrebbe dunque concesso la pena alternativa per i 10 mesi e mezzo di carcere che il leader di Forza Italia deve scontare per il reato di frode fiscale, secondo la sentenza definitiva del cosiddetto processo Mediaset. Il dato statistico diffuso in esclusiva ad Agorà (Rai3) dall’istituto di ricerca e sondaggi Ixè evidenzia anche che il 22% pensa invece che i servizi sociali sia una pena "Giusta" e il 13% che siano una pena "Eccessiva". Giustizia: caso Dell’Utri; il 24 aprile udienza Riesame su ordine di custodia cautelare Agi, 19 aprile 2014 Il Tribunale del Riesame di Palermo terrà il 24 aprile l’udienza sul ricorso presentato dai legali di Marcello Dell’Utri contro l’ordine di custodia cautelare emesso dalla Corte di appello per il "pericolo di fuga" quando l’ex senatore del Pdl si trovava già in Libano, dov’è stato arrestato sabato della scorsa settimana. I difensori dell’ex manager di Publitalia sostengono che in effetti Dell’Utri era in Libano per curarsi, essendo convalescente dopo un’operazione di angioplastica, e che lì usava la sua vera identità, le sue carte di credito e il suo cellulare: il che, a loro avviso, sarebbe la prova che non aveva intenzione di sottrarsi alla giustizia in vista della pronuncia della Cassazione che il prossimo 9 maggio potrebbe rendere definitiva la sua condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Dell’Utri è stato ricoverato mercoledì, sempre come detenuto, nell’ospedale "Al Hayat" di Beirut, su richiesta del suo legale libanese, per essere sottoposto a un costante monitoraggio cardiologico. Il 12 maggio scadranno i termini dell’arresto preventivo in Libano, se frattanto se le autorità di Beirut non si saranno espresse sull’estradizione in Italia. Lettere: una commissione per riformare la giustizia… di Michele Vietti (Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura) Corriere della Sera, 19 aprile 2014 Caro direttore, vorrei fare alcune considerazioni sull’intervista dell’onorevole Emma Bonino ad Alan Friedman, nell’ambito del libro-inchiesta Ammazziamo il Gattopardo. È un’intervista nella quale, richiesta di fornire il suo autorevole punto di vista per rimettere finalmente il Paese sul binario della crescita, l’onorevole Bonino non ha esitato a indicare il punto di partenza nella riforma della giustizia. Ho molto apprezzato la considerazione secondo la quale la percezione diffusa è che la legalità e lo Stato di diritto costituiscano una specie di cappa, una specie di optional. Ho tremato alla affermazione secondo la quale sempre più il detto "fatta la legge trovato l’inganno" da modo di dire è divenuto modo di fare. E, d’altra parte, mi pare dolorosamente vera, oltre alla constatazione della inaccettabile lunghezza dei processi penali, la sconsolata diagnosi di una giustizia civile che sembra non esistere più, soffocata da 5.000.000 di processi pendenti. E trovo assoluta consonanza nella osservazione secondo la quale il difetto di investimenti (nazionali e no) nel nostro Paese non dipende solo dal carico fiscale (o da altre ragioni, non meno profonde e importanti), ma anche dalla mancanza della certezza del diritto. Quantomeno, questa è la pericolosa credenza che la condizione che ogni giorno viviamo sta inducendo nei più. Al cospetto di questa acuta diagnosi mi è venuto, d’istinto, di chiedermi cosa fare e, soprattutto, come farlo. Viviamo infatti una stagione ben strana, nella quale sembra essere divenuto costume l’elencazione di mali e problemi; e reiterata, quasi come una giaculatoria, l’invocazione, non si sa bene a chi, di riforme. E questa forte necessità di cambiamento diviene troppo spesso una sorta di parossistica ricerca del nuovo, che porta ad improbabili calendari di cambiamenti e a disegni di mutamento normativo privi di uno schema ordinante e di intrinseco equilibrio. In realtà, ogni processo riformatore mi pare si nutra, oltre che del censimento della realtà, anche dell’ineludibile esigenza della coerenza e della razionalità, come pure di un’adeguata preparazione tecnica. Senza il censimento dell’esistente si fa poca strada e si finisce per dare risposte a domande che non esistono e per eludere quelle reali; senza un disegno di coerenza le disarmonie che si inducono determinano situazioni di squilibrio potenzialmente foriere di mali peggiori di quelli che si vorrebbero eliminare o attenuare; senza competenza tecnica, si rischia di intervenire molto male in settori che richiedono l’umiltà del meccanico di precisione, in luogo dell’estro del genio artistico. A me pare che queste tre esigenze siano da salvaguardare, specie in una materia come quella della giustizia civile, che richiede, in sommo grado, lucidità, sistematicità e competenza. Ma non mi sfugge nemmeno che nel passato ogni sforzo riformatore, su questa materia, è stato spesso reso vano anche dagli eccessi opposti: indagini rese vecchie ed inattuali dalla loro durata; grandi riforme di sistema (o presentate come tali) mai completate o spesso smontate subito dopo; competenza che diventa ossessione per il cavillo e impero del bizantinismo. Che fare allora? Mi permetto di suggerire una strada che si avvicina ad altre esperienze già consumate e che non sono state lontane dal dare, anche non immediatamente, frutti. Penso che sulla giustizia civile si possa dare vita a uno snello pensatoio, composto da figure accreditate, che sia insediato per un tempo limitato e che elabori i principi guida di riforme sufficientemente ampie da poter essere considerate di sistema, ma sufficientemente limitate da essere praticabili; che non si impegni nel dettaglio della scrittura delle singole norme, ma che impegni i propri sforzi nel segnare i principi e le politiche di accompagnamento; che senta i protagonisti, ma decida senza vincolo di mandato. Una nuova commissione? Sì e no. Sì, se si vuole indicare l’affidamento a un limitatissimo manipolo (penso a non più di cinque-sette persone) che possa lavorare e confrontare sensibilità diverse. No, se si pensa a un carrozzone ennesimo in cui il narcisismo fa bella mostra dei sé. Sì, se si pensa a una camera di confronto propositivo e con tempi contingentati ma ragionevoli. No, se si pensa ad un modo per celebrare stanchi rituali concertativi. Sì, se si pensa alla libertà di proposta e di orientamento. No, se si pensa a un veicolo che serva ad accreditare operazioni diversamente poco prevedibili. Insomma: un luogo della buona volontà e del costruttivo impegno nel segno della riscoperta di regole che divengono fattore di produzione e ragione di propulsione. Ma, soprattutto, che unisca alla previsione di astratte norme processuali le misure di accompagnamento gestionale della macchina che quelle norme è chiamata a far funzionare. La giustizia civile è a un dipresso dall’economia; ma è anche un luogo nel quale regola e amministrazione non possono che essere facce di una stessa medaglia. L’una senza l’altra è priva di senso. In questa speciale considerazione della pratica dovrebbe stare il senso dell’iniziativa che mi permetto di avanzare. Potrebbe non essere sbagliato promuoverla anche al di fuori del sistema istituzionale, spesso refrattario a cogliere i segnali del nuovo. Lettere: la pena di morte presa a schiaffi di Moni Ovadia L’Unità, 19 aprile 2014 Il gesto della madre iraniana che con uno schiaffo ferma la condanna a morte di un giovane colpevole dell’uccisione del proprio figlio, al di là di ogni questione culturale o rituale specifica, sollecita una riflessione universale sulla cieca assurdità delle condanne capitali e della loro esecuzione. Tanto più un crimine è atroce e smisurato, tanto meno ha senso l’uccisione "legale" di chi lo commette. Non è difficile capire il perché. Una volta che al più efferato criminale si sia tolta la vita, nulla può essergli più chiesto, nulla di più ci si può attendere da lui. Con la sua morte il cerchio si chiude. Una volta che abbia ricevuto la condanna e la certezza della sua messa in atto, un attimo prima che essa si compia, il criminale paradossalmente riceve una titolarità che nessuno gli può negare: quella, se lo ritiene, di dire allo Stato che sceglie di togliergli la vita: "Adesso il conto è chiuso. Più della vita non potete prendermi. Fatela finita con il vostro sdegno per i crimini di cui mi sono macchiato, con le vostre giaculatorie morali su ciò che è giusto e ciò che è infame. Da me la vostra giustizia umana, non ha più nulla a pretendere". Per i credenti, ovviamente, le cose si pongono in modo diverso: c’è l’incontro ultimo con la giustizia divina. Ma comunque sia, uomini di fede o atei, di fronte all’occorrenza della pena di morte hanno lo stesso problema. Si tratta di un omicidio e il fatto che sia legale, non ne cambia il senso. La frase di rito che viene pronunciata dopo l’esecuzione della sentenza, "giustizia è fatta", è un autentico obbrobrio. Lo è per la vittima che non verrà mai risarcita, lo è per i suoi cari che avranno al massimo avuto vendetta, lo è per la società che contrappone all’omicidio criminale, l’omicidio di Stato. Quella madre iraniana, con quello schiaffo che ha fermato la morte di un giovane assassino 18 enne, ha fatto un atto grandioso. A noi non è lecito sapere fino in fondo quali sentimenti l’abbiano mossa, quali pensieri, quali emozioni abbiano suscitato la sua decisione, ma con quel gesto memorabile, quella madre ha costituito un esempio memorabile. Il giovane uccisore che lei ha schiaffeggiato, potrà accedere a un’espiazione della sua pena nella vita per la vita. L’esistenza che ha tolto al figlio di quella madre potrà risarcirla in sé, avrà la possibilità di diventare "fratello" di chi ha ucciso. Non è detto che sappia farlo, ma almeno ci sarà una possibilità. Con l’esecuzione dell’impiccagione ci sarebbe stata solo l’oscurità e il gelo in cui la morte trionfa. Lo schiaffo di quella madre merita di diventare il simbolo della lotta all’orrore della pena di morte. Piemonte: Progetto "Voltapagina", appuntamenti per promuovere la lettura nelle carceri www.educamente.org, 19 aprile 2014 Una finestra spalancata sul mondo e sulla vita, che si apre sfogliando pagine di romanzi, saggi, poesie e racconti. È il progetto "Voltapagina", l’iniziativa del Salone Internazionale del Libro nata nel 2007 per portare i grandi autori della narrativa italiana nelle carceri, durante i giorni della festa del libro torinese. Un progetto di impegno sociale, alla sua ottava edizione, cresciuto negli anni per apprezzamento e partecipazione di scrittori, penitenziari e pubblico esterno, organizzato in collaborazione con il Ministero di Grazia e Giustizia. Quest’anno sale a quattro il numero degli istituti penali piemontesi coinvolti: - la Casa di Reclusione Rodolfo Morandi di Saluzzo (Via Regione Bronda, 19/bis), che per prima ha aderito al progetto; - la Casa Circondariale Quarto Inferiore di Asti (Strada Quarto Inferiore, 266) al quarto anno di coinvolgimento; - la Casa di Reclusione San Michele di Alessandria (Strada Casale, 50/A), che partecipa per la seconda volta; - per la prima volta l’Istituto Penale per i Minorenni Ferrante Aporti di Torino (Via Berruti e Ferrero, 3), già coinvolto nell’iniziativa "Adotta uno scrittore". Sono otto gli autori che incontreranno i detenuti e il pubblico esterno: Alessandro Bergonzoni (Torino), Luca Bianchini (Saluzzo), Mauro Corona (Asti), Giovanni Floris (Saluzzo), Maurizio Maggiani (Saluzzo), Antonio Pennacchi (Alessandria), Andrea Vitali (Alessandria) e Fabio Volo (Asti). Nelle settimane che precedono gli incontri, i detenuti che hanno volontariamente scelto di partecipare a Voltapagina vengono guidati alla lettura e all’approfondimento dei libri da un gruppo di assistenti sociali, educatori e volontari dei penitenziari. Il momento dell’incontro con l’autore sarà così occasione di discussione e dialogo sui temi trattati nell’opera e sull’esperienza della scrittura. Voltapagina è patrocinato dalle città di Saluzzo, di Asti e di Alessandria. Venerdì 9 maggio la Casa di Reclusione Rodolfo Morandi di Saluzzo ospita Giovanni Floris (ore 11) e Luca Bianchini (ore 15). Al suo esordio narrativo, il popolare giornalista Rai e conduttore di Ballarò Giovanni Floris, parlerà del romanzo appena pubblicato "Il confine di Bonetti" (Feltrinelli), racconto intimo e riflessione sui confini tra trasgressione e regola, tra sogno e realtà. È la storia di cinque amici di lunga data - Bonetti, Ranò, Fochetti, Gallo e Navarra - cresciuti insieme negli anni Ottanta, ma poi separati dagli impegni che la vita richiede. Si ritrovano in un’ultima e rischiosissima notte da leoni sul filo dei ricordi tra droga, alcol, piccole tresche e furberie da ragazzi. Luca Bianchini, scrittore e conduttore radiofonico, autore della biografia ufficiale di Eros Ramazzoti (Eros - Lo giuro, Mondadori, 2005), proporrà i suoi due ultimi romanzi: "Io che amo solo te" e il suo sequel "La cena di Natale" (Mondadori, 2013). Ambientati in Puglia, il primo narra i giorni febbrili dei preparativi e la cerimonia di matrimonio di Chiara e Damiano, gli ultimi tradimenti, l’amore segreto tra la madre della sposa e il padre dello sposo, le relazioni amorose di fratelli e sorelle, i parenti e i vicini eccentrici. Il successivo romanzo ritrova gli stessi personaggi seduti alla stessa tavola la vigilia di Natale, un nuovo breve capitolo di vita pugliese. Venerdì 9 maggio alla Casa di Reclusione San Michele di Alessandria i detenuti incontreranno Andrea Vitali (ore 11) e Antonio Pennacchi (ore 16). In uscita il 29 aprile, "Quattro sberle benedette" (Garzanti), il nuovo romanzo corale del prolifico scrittore Andrea Vitali, si tuffa nuovamente tra le beghe e i segreti della sua Bellano, immaginaria e realissima al tempo stesso, tra umorismo, scandali e lettere anonime. E sarà lo spunto per discutere di libri, scrittura e passione per la lettura con uno scrittore che vanta all’attivo circa quaranta opere tra romanzi e racconti, in cui la vita vera del paese di Bellano si mischia con la fantasia. Antonio Pennacchi racconterà la "Storia di Karel" (Bompiani, 2013), romanzo in cui l’autore si stacca dalla realtà per analizzare la società e l’umanità attraverso la fantascienza. Ambientato a Colonia, lembo di terra ai confini della galassia dove vigono regole ferree e tutto è regolato da un fantasmagorico potere invisibile ma globale, il libro parla di desiderio di conquista e crescita, di ribellione e consapevolezza. A spezzare il clima rigido e plumbeo e a infrangere i divieti ci penseranno tre bambini in fuga e una donna curiosa. Sabato 10 maggio le porte della Casa di Reclusione Rodolfo Morandi di Saluzzo si aprono per incontrare lo scrittore Maurizio Maggiani (ore 15). Nel suo ultimo libro "I figli della Repubblica. Un’invettiva" (Feltrinelli), l’autore si abbandona ad una amara, oltre che rabbiosa e sofferente, denuncia contro le incertezze e la crisi di valori che hanno caratterizzato la generazione nata dopo la Seconda guerra mondiale, senza però abbandonare la speranza che i giovani di oggi possano "prendere il testimone là dove è stato abbandonato". Mag­giani chiama i suoi coetanei "beati", e delle beatitudini ne stila un elenco, come fosse una carta di promesse da mantenere. Domenica 11 maggio alla Casa Circondariale Quarto Inferiore di Asti saranno protagonisti Fabio Volo (ore 11) e Mauro Corona (ore 15). Best seller nelle classifiche dei libri più venduti in Italia, Fabio Volo presenterà il suo settimo romanzo "La strada verso casa" (Mondadori, 2013). Racconta la storia di due fratelli, Andrea e Marco, separati l’uno dall’altro da due caratteri completamente diversi sin da ragazzi, che gli eventi costringono ad avvicinarsi e a capirsi di nuovo. Amore e sentimenti, dolore e felicità, ma anche inconfessabili segreti, sono gli ingredienti di un romanzo che sa commuovere e divertire. Mauro Corona, che con i suoi libri ci ha insegnato ad ascoltare e amare i boschi, sarà presente con il suo recentissimo romanzo "Come sasso nella corrente" (Mondadori), la storia di un uomo coraggioso, dell’amore impossibile e del tempo che passa. Una racconto che parla di miseria, di brutalità, di infanzia negata, di una vita scandita dai ritmi implacabili della natura, delle sue necessità e delle sue catastrofi. Tuttavia, esso è anche un canto di grande dolcezza sulla possibilità di preservare, in mezzo alla fatica di vivere, la dignità, l’umanità e la tenerezza. Domenica 11 maggio Voltapagina porta Alessandro Bergonzoni all’Istituto Penale per i Minorenni Ferrante Aporti di Torino. L’appuntamento si inserisce nel progetto "Adotta uno scrittore" del Salone Internazionale del Libro, un’iniziativa per le scuole superiori del Piemonte, proposta in accordo con l’Ufficio Scolastico Regionale del Piemonte e grazie al prezioso sostegno dell’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte. Bergonzoni parlerà del suo primo libro di poesia "L’amorte" (Garzanti, 2013), una trascrizione poetica dei suoi monologhi, dove la parola viene sradicata dal suo contesto in cerca di assonanze e calembour e sa colpire al cuore. In bilico tra Giorgio Caproni e Jim Morrison, le poesie sono come il suo autore: torrenziali, fluviali, surreali e ricche di giochi di parole. Una scrittura piovana, anfibia e incrociata, di chi si sente "più autorizzato che autore, più scritturato che scrittore, perché il pensiero è frequenza e a noi è concesso captarla, accoglierla, farla abitare". Voltapagina è aperto anche al pubblico esterno, che dovrà presentarsi munito di documento d’identità. Chi desidera partecipare può prenotarsi qui: - per Saluzzo, entro il 2 maggio: cr.saluzzo@giustizia.it (specificando in oggetto: Salone del Libro): - per Asti, entro il 2 maggio: ufficioeducatori.cc.asti@giustizia.it (specificando in oggetto: Salone del Libro); - per Alessandria, entro il 1 maggio: educatori.cr.alessandria@giustizia.it (specificando in oggetto: Salone del Libro) oppure 0131.361781 int. 236; - per Torino, entro il 2 maggio: iscrizioni alla pagina www.educamente.org. Reggio Emilia: è iniziato il viaggio dell’Unione delle Camere penali italiane negli Opg… Adnkronos, 19 aprile 2014 È iniziato ieri con l’Ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia il viaggio dell’Unione delle Camere penali italiane negli Opg, luoghi definiti di autentico orrore dal Presidente della Repubblica. In una nota, i penalisti sottolineano come l’Opg di Reggio Emilia, che "dovrebbe essere un luogo di cura e di trattamento, ha la struttura di un carcere con sbarre, blindi e muri perimetrali come la annessa casa circondariale e, come tale, un luogo dove la riabilitazione e la cura degli internati diventa un progetto irrealizzabile, ed in ogni caso incoerente con le previsioni e le prescrizioni della psichiatria civile". La delegazione era composta da Vinicio Nardo e Carmela Parziale della Giunta dell’Ucpi, Anna Maria Alborghetti e Antonella Calcaterra dell’Osservatorio carcere, Domenico Noris Bucchi presidente della Camera penale di Reggio Emilia e Antonella Corrente referente carcere. Secondo i penalisti, l’elevato numero di persone internate per reati di modesta entità e scarsa pericolosità quali ingiurie, oltraggio e danneggiamento e gli anni di ricovero (11 in un caso e 25 in un altro) "danno conto di quanto gli Opg costituiscano ancora un luogo di raccolta di persone ignorate dal servizio sanitario territoriale e dal welfare sociale, cui deve ingiustificatamente supplire il sistema penale". "I numeri, nonostante vi sia un dato nazionale in calo - sottolinea l’Ucpi - restano ancora elevati a fronte della prescrizione di legge che avrebbero dovuto favorire la dimissione e al più la applicazione di misure di sicurezza non detentive in vista della prossima chiusura degli Opg. La regionalizzazione degli internati appare ancora un obiettivo troppo lontano". Già da questa prima visita, conclude la nota dei penalisti, le problematiche particolari che l’Opg porta con sé sono apparse di tutta evidenza e l’intento è quello di proseguire il ‘viaggio’ all’interno di questa realtà a partire dalla visita in programma per il mese di maggio a Castiglione delle Stiviere. "Internati da anni anche per reati minori" (La Gazzetta di Reggio) "Un numero di detenuti che è il doppio del consentito - 199 rispetto ai 100 di capienza - e una carenza ormai cronica di personale di polizia penitenziaria di almeno un terzo". Sono questi i numeri che i rappresentanti della Camera Penale e del suo Osservatorio Carceri hanno raccolto durante la visita di quattro ore fatta ieri all’istituto penitenziario della Pulce, accompagnati dal direttore. Per la prima hanno potuto visitare anche l’Opg, una delle sei strutture presenti in Italia. E sono soprattutto storie, esperienze, condizioni di vita e di lavoro di chi in via Settembrini è internato o ci lavora che la delegazione composta dal segretario nazionale Vinicio Nardo, il presidente reggiano Domenico Noris Bucchi, Carmela Parziale, Antonella Calcaterra e Anna Maria Alborghetti dell’Osservatorio carceri nazionale e Antonella Corrente si è portata a casa. Visita all’Opg "Siamo in un momento importante durante il quale si va verso la regionalizzazione di queste strutture e verso la chiusura dell’Opg, che già in ritardo di un anno - fa notare la Calcaterra - Eppure, ancora sono molti gli internati a Reggio che arrivano da altre regioni, dal sud e dalla Sardegna". Oltre dunque i territori che dovrebbero fare naturale riferimento alla struttura di via Settembrini. Più inquietante un altro aspetto. "Quello che riguarda i reati - prosegue Bucchi. Ci sono internati che ne hanno commessi di molto gravi, ma anche tanti che sono internati per reati di scarso allarme sociale. Gli operatori ci hanno riferito di un ragazzo da 11 anni all’Opg perché rubava biciclette. Un altro addirittura da 25 per reati come oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale". Per la delegazione delle Camere penali si tratta di un’anomalia grave e generale, che avviene all’interno degli Opg. "Al contrario - fa notare Bucchi - ci sono omicidi volontari che escono prima del termine per andare a finire di scontare la reclusione in comunità". Paradossi che anche il complesso percorso avviato per arrivare alla chiusa degli Opg difficilmente riuscirà a risolvere. Il carcere Ed è buona, nonostante le croniche difficoltà del sistema carcerario italiano, la valutazione del carcere di Reggio che arriva dalla delegazione. "Il voto è almeno un 7 e mezzo - dichiara la Calcaterra - Il carcere di Reggio è una piccola struttura, ma dove abbiamo riscontrato grande disponibilità e dove anche i buoni rapporti con il Comune ha dato frutti, come la possibilità di fare lavori all’esterno. Dal settembre scorso, poi, sono già riusciti ad applicare la nuova disposizione che prevede celle aperte dalle 8 alle 20 in tutte le sezioni. Una novità importante che naturalmente deve essere gestita". E che a Reggio viene gestita nonostante la polizia penitenziaria da tempo lamenti le difficoltà dovute alla carenza di organico: mancano almeno una quarantina di agenti. Anche sul fronte sovraffollamento la situazione è migliorata. "Un anno fa di questi tempi i detenuti erano circa trecento - sottolinea ancora la responsabile nazionale dell’Osservatorio Carceri delle Camere Penali - Oggi sono cento in meno". Un passo avanti che, però non risolve la situazione. "Significa - evidenzia la Corrente - che in una cella singola oggi vivono due detenuti. Un anno fa erano anche tre o quattro". Enna: chiude il carcere di Nicosia, trasferiti i primi trenta detenuti www.nuovosud.it, 19 aprile 2014 Chiude la Casa circondariale di Nicosia (Enna). Ieri mattina sono stati trasferiti con due pullman della Polizia penitenziaria i primi 30 detenuti, circa il 50% del totale. Le traduzioni potrebbero essere concluse domani, e comunque subito dopo Pasqua. Il decreto di chiusura di questo carcere e di quelli di Mistretta (Messina) e Modica (Ragusa), era stato firmato nel 2013 dall’allora ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, che lo aveva poi sospeso due giorni prima dell’attuazione. Nelle scorse settimane, l’attuale ministro Andrea Orlando, ne ha disposto l’esecuzione, anche in vista dell’apertura dei nuovi padiglioni del carcere Pagliarelli di Palermo, dove verranno destinati gli agenti di custodia in servizio nelle tre strutture soppresse. I provvedimenti di "sfollamento" dei detenuti sono stati notificati ieri oltre che all’istituto penitenziario di Nicosia anche a quelli di Mistretta e Modica. Modena: Garante regionale Desi Bruno visita la Casa circondariale "non è sovraffollata" Ristretti Orizzonti, 19 aprile 2014 Alla data dell’11 aprile, i detenuti presenti erano 492 (22 le donne), di cui 293 condannati in via definitiva, 98 in attesa di primo giudizio, 187 tossicodipendenti, 30 ammessi al lavoro all’esterno (13 esterni e 17 interni), 5 in semilibertà. Ancora assai rilevante il dato relativo alla presenza di stranieri (326), la maggior parte provenienti dal Nord Africa e dall’Est Europa. Non si registra sovraffollamento, secondo quanto certificato dalla relazione dell’Ausl di Modena, redatta a seguito della visita ispettiva del 13 gennaio. L’attuale dato relativo alle presenze risulta inferiore a quello rilevato il 23 dicembre scorso. Nella vecchia struttura non ci sono più di due detenuti per cella ed è in atto la progressiva separazione fra imputati e condannati. Risultano essere applicate le disposizioni dipartimentali, con le sezioni detentive tutte "aperte": i detenuti possono stare fuori dalla cella sino a 8/9 ore al giorno. Fa eccezione la sezione dei "protetti": detenuti con differenti tipologie ma con problemi di incolumità personale, tenuti separati dagli altri. L’isolamento in cui i detenuti di questa sezione vengono a trovarsi, li ha portati a richiedere, anche nella forma di lettere collettive, di essere impiegati in attività trattamentali. La Direzione assicura che a breve verrà estesa anche a questa sezione l’apertura delle celle, non appena la composizione della sezione verrà resa omogenea, nell’ambito della ridefinizione del "circuito regionale". È attivo il servizio di accoglienza dei "nuovi giunti", con spazi dedicati per le persone condotte in carcere, in attesa di effettuare uno screening sanitario prima dell’assegnazione alle sezioni detentive. Lo screening all’ingresso viene effettuato su tutti coloro hanno una detenzione superiore ai 15 giorni (con un’adesione al test del 77%, secondo il dato fornito dalla Ausl di Modena); in particolare, per quanto riguarda la scabbia viene effettuata una visita accurata della cute già durante la prima visita all’ingresso (con un’adesione al test del 100%). Sempre in linea con le indicazioni dipartimentali, è attiva la sezione per i detenuti dimittendi (con spazi dedicati alla scuola e ai corsi di formazione), dove vengono assegnate le persone in vista della scarcerazione. La forte pioggia delle settimane scorse ha comportato infiltrazioni d’acqua all’ultimo piano con la conseguente chiusura di alcune celle per inagibilità. Sono già iniziati i lavori di rifacimento del tetto, su disposizione del Provveditorato regionale. Nel nuovo padiglione, distribuito su tre piani, sono reclusi circa 200 detenuti per reati "comuni", con almeno una condanna definitiva, e ancora un apprezzabile periodo di detenzione da dover affrontare. I detenuti sono collocati in spazi detentivi idonei e in regola con i parametri europei (fino a 4 in stanze di 16 metri quadrati). Il controllo è garantito da un sistema di videosorveglianza esterno alla sezione, con l’intervento del personale a chiamata del detenuto, attraverso un citofono, ovvero quando se ne ravvisi l’opportunità. Al piano terra è pronta la biblioteca, predisposta in un ampio spazio previsto per le attività in comune; a breve verrà consentito ai detenuti di frequentarla. Resta ancora in via di definizione il potenziamento dell’offerta trattamentale che, secondo le indicazioni dipartimentali, dovrebbe accompagnarsi all’ampliamento dell’orario in cui è consentito restare fuori dalla cella. Permangono problematiche relative al malfunzionamento dell’impianto idraulico, che comporta l’utilizzo della doccia solo in determinate fasce orarie e per periodi di tempo limitati. Perdurando la carenza di opportunità lavorative all’interno del carcere, la Direzione ha scelto di privilegiare l’accesso dei condannati in via definitiva e la riduzione della durata del turno di lavoro, così da conseguire una maggiore rotazione. Cagliari: protesta lavoratori edili carcere di Uta, chiedono risposte su pagamento stipendi Ansa, 19 aprile 2014 Resteranno in presidio ad oltranza, davanti alla sede di Cagliari del Ministero delle Infrastrutture, i 24 lavoratori edili che stanno ultimando i lavori per la realizzazione dell’ala 41 bis del nuovo carcere di Uta, a pochi chilometri da Cagliari. Gli operai chiedono il pagamento di due mensilità arretrate ma ancora non hanno ottenuto una prova concreta della firma del mandato di pagamento da parte del Ministero, che sarebbe avvenuta ieri, proprio mentre i lavoratori stavano occupando la sede ministeriale. "Serve concretezza e vogliamo risposte certe sulla questione - spiega Gianni Olla della Uil - per ora il presidio prosegue e rimarrà anche a Pasqua se non verranno fornite delle risposte documentali che seguono quelle che per ora sono solo affermazioni". Ai lavoratori devono essere corrisposti gli stipendi di febbraio e marzo, dopo la richiesta della società Opere pubbliche che l’ente pagatore potesse essere il ministero, a causa delle difficoltà finanziarie dell’azienda che sta realizzando la nuova struttura carceraria. Piacenza: i Garanti in visita al carcere; in arrivo sempre più detenuti per reati sessuali www.piacenzasera.it, 19 aprile 2014 Desi Bruno, Garante regionale delle persone private della libertà personale, e Alberto Gromi, Garante comunale a Piacenza, insieme a Monica Donini, presidente della commissione Politiche per la salute e Politiche sociali dell’Assemblea legislativa regionale, Andrea Pollastri, consigliere regionale, e Stefano Cugini, assessore al Welfare del Comune di Piacenza, il 16 aprile hanno fatto visita alla Casa circondariale piacentina. La delegazione è stata accompagnata dalla direttrice, Caterina Zurlo, e dal comandante di Polizia penitenziaria, Mauro Cardarelli, che hanno riferito di una presenza di 323 detenuti (13 donne) a fronte di una capienza regolamentare di 178 nel vecchio padiglione e 200 nel nuovo, inaugurato recentemente ma non ancora a regime. Le valutazioni che seguono sono state condivise da Desi Bruno, Alberto Gromi e Monica Donini. Non c’è sovraffollamento - nella visita effettuata nell’aprile del 2013, prima dell’apertura del nuovo padiglione, i detenuti erano 315 - e in tutte le sezioni vige la disposizione dipartimentale di apertura delle celle, almeno per otto ore giornaliere, in alcune situazioni fino a dieci, come per le donne. I dirigenti dell’Istituto riferiscono che gli eventi critici nella struttura risultano avere lo stesso ordine di grandezza di prima del regime di "apertura". A cambiare sono le tipologie: si registrano meno atti di autolesionismo, ma maggiori risse tra gruppi di detenuti, soprattutto stranieri. Per questo motivo, la Direzione riferisce di lagnanze da parte degli agenti di polizia penitenziaria, preoccupati per la loro incolumità, soprattutto nel vecchio padiglione dove non sono installate le videocamere per la vigilanza dinamica. La scelta del Provveditorato regionale, in conformità con le disposizioni di razionalizzazione dei "circuiti regionali", ha portato alla soppressione del reparto di Alta sicurezza, affidando a Piacenza la vocazione di accoglienza dei cosiddetti "sex offenders", che nel giro di poco tempo tenderanno a raddoppiare. Positiva è apparsa la presenza del Servizio sanitario regionale, con servizio medico e infermieristico H24, secondo il modello poliambulatoriale (oculistica, odontoiatrica, diagnostica ecografica, medicina generale e trattamento delle dipendenze). È attivo, con cinque posti letto, il Reparto di Osservazione Psichiatrica, in grado di ospitare persone detenute in regione che necessitano di osservazione prediagnosi per una permanenza massima di trenta giorni; i referenti hanno evidenziato come a volte vengano inviati anche detenuti in fase acuta e come la presenza H24 di specialisti qualificati "attiri" l’invio di detenuti problematici, ma in ogni caso non da osservazione, che vengono sistemati nelle sezioni comuni, con qualche problema di convivenza con gli altri detenuti. Sono in corso contatti con il team medico professionale del progetto di trattamento e presa in carico di autori di reati sessuali del carcere di Bollate, per verificare se la positiva esperienza del carcere milanese può essere esportata a Piacenza in previsione dell’ampliamento della sezione per i sex offenders. La valutazione da parte dei Garanti e della Presidenza della Commissione assembleare Politiche per la salute e politiche sociali, è che il nuovo padiglione, rispetto al vecchio, rappresenti un miglioramento delle condizioni di vita dei detenuti e che l’abbattimento del sovraffollamento potrebbe rappresentare un futuro cambio di clima generale, sia per la convivenza tra detenuti che per gli operatori sia civili che della polizia penitenziaria. Va registrata, tuttavia, la scarsa possibilità di lavoro: la mancanza di attività e il regime di celle aperte fa emergere ancora di più la necessità di trovare forme di occupazione che possano risvegliare gli interessi di detenuti che si ritrovano a vagare per il padiglione. Mancano i corsi di formazione professionalizzanti e la scuola professionale "Marcora" è presente in carcere con le prime e seconde classi; manca la classe terza, che consentirebbe l’accesso alla qualifica di operatore agroalimentare. I detenuti che desiderano completare il ciclo di studi con la qualifica professionale o con l’esame di Stato possono frequentare, ma solo grazie alla disponibilità dei docenti e di qualche volontario, come uditori e presentarsi agli esami come privatisti. Il Garante comunale riferisce che i corsi presenti non soddisfano le richieste avanzate dai detenuti che si ricorda sono per la maggior parte definitivi. Sono assenti lavoranti ex art.21 occupati all’esterno e non sono ancora avviati i progetti di lavori socialmente utili. L’assessore al Welfare ha dato riscontro rispetto alle attività del Comune che sta valutando la possibilità di individuare gli ambiti di occupazione dei detenuti in lavori socialmente utili. Nessuno esce dal carcere per attività esterne e pochi sono i lavoranti occupati all’interno e comunque divisi dagli altri detenuti in una sezione che si trova nella cinta intermedia. Non è stata ancora attivata la sezione dimittendi, come previsto dalle disposizioni dipartimentali: la Direzione riferisce che ciò dipende dalla inagibilità dei locali. Mancano spazi verdi per agevolare i momenti di relazione tra i detenuti e i familiari durante il periodo estivo, ovvero esiste un’area recintata, utilizzabile allo scopo, ma completamente incolta e con un unico piccolo alberello al centro. Alcuni detenuti del nuovo padiglione hanno lamentato l’assenza di contatti con la direzione e con gli educatori, come la mancanza di spazi attrezzati per l’attività fisica (una sola palestra per entrambi i padiglioni, che per effetto delle turnazioni viene agita una sola volta la settimana). Il problema più sentito è la mancanza di attrezzature per poter allestire nel nuovo padiglione uno o più locali per l’attività fisica. L’assessore, valutando importante il benessere psico-fisico delle persone ristrette, si è impegnato a verificare la possibilità di trovare le risorse necessarie. In generale, si può affermare che in un carcere dove gli spazi non mancano e che potrebbero essere utilizzati come officine, laboratori, aule e altro, quello che appare è l’assenza di un generale disegno progettuale per le attività sia intramurarie che extra murarie. Terni: arrivati primi cinquanta detenuti e altri cento in arrivo da Civitavecchia Il Messaggero, 19 aprile 2014 A Sabbione è successo quello che si temeva. Nel penitenziario ternano sono arrivati i primi cinquanta detenuti della categoria As3, la terza tipologia per indice di pericolosità. Inutile descrivere la tensione legata al provvedimento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che ha deciso di inviare nel carcere di Sabbione un totale di centocinquanta detenuti di categoria delinquenziale inferiore soltanto ai 41 bis. Per la polizia penitenziaria un super lavoro legato alla sistemazione dei cinquanta detenuti già a Terni e degli altri cento che arriveranno nei prossimi giorni. I nuovi ospiti di Sabbione infatti, su disposizione del Dap, devono essere sistemati nel vecchio edificio, quello aperto nel 1992, che a questo punto diventerà struttura destinata all'alta sicurezza. Il nuovo edificio invece, inaugurato di recente e destinato di fatto a raddoppiare la capienza del penitenziario ternano, sarà riempito con i detenuti considerati meno pericolosi. Per far posto ai primi cinquanta reclusi As3, in queste ore il personale della penitenziaria è impegnato a trasferire gli ospiti del vecchio edificio nelle nuove celle. Sulla vicenda i vertici del penitenziario ternano non intendono rilasciare dichiarazioni e mantengono un comprensibile riserboma è evidente che non c'era spazio per opporsi alle decisioni del Dap che, impegnato in queste settimane a sfollare le carceri strapiene, aveva fatto capire chiaramente che la struttura di Sabbione non poteva non ospitare persone che vivono in condizioni di sovraffollamento. A Terni c'era da riempire il nuovo padiglione, del quale fino ad oggi erano stati aperti solo due piani per ragioni legate alla cronica carenza di personale della penitenziaria. A disposizione c'erano posti per un centinaio di reclusi nei piani ancora da aprire, altri cinquanta posti si sono liberati nei mesi scorsi anche grazie allo "sfollamento" della vecchia ala del penitenziario ternano. Dopo che l'Italia è stata condannata da Strasburgo per le condizioni disumane in cui si trovano parecchi detenuti, costretti a vivere in celle senza lo spazio vitale per muoversi, il Dap ha deciso di correre ai ripari andando a caccia di posti liberi dove trasferire i reclusi in sovrannumero. E così a Terni sono stati mandati in gran silenzio cinquanta detenuti sfollati dal carcere di Civitavecchia. E nei prossimi giorni arriveranno altri cento reclusi da Civitavecchia e da altri istituti e sono tutti colpevoli di reati per associazione mafiosa, camorra, ndrangheta. Firenze: Uil-Pa; nel carcere di Sollicciano dopo i piccioni… anche l'invasione dei topi Comunicato Uil-Pa, 19 aprile 2014 Nonostante le nostre denunce a tutti i livelli il carcere di Firenze Sollicciano continua ad essere un muro di gomma. Questa la denuncia di Eleuterio Grieco, Coordinatore Provinciale della Uil-Pa Penitenziari Toscana. L’istituto è ormai abbandonato a se stesso, dopo il problema dei piccioni ancora non risolto, ora apprendiamo che vi sono anche i topi che da quanto ci è dato sapere albergano nelle nella struttura penitenziaria ed in particolare in ambienti molto sensibili alla salute delle persone come le cucine. Che vi era un problema igienico sanitario lo abbiamo denunciato a tutte le autorità preposte così come fanno quotidianamente anche le personalità Istituzionali esterne che entrano a vario titolo a Sollicciano. Non poco tempo fa, abbiamo chiesto un ispezione del Visag Regionale di distanza al Prap Toscana, organo di controllo della salubrità negli ambienti poiché ritenevamo che vi fosse un "rischio sanitario in tutta la struttura" ma a tutt’oggi nessuna azione concreta. Noi crediamo che sia arrivato il momento che l’Asl 10 del dipartimento di prevenzione igiene e sanità pubblica avvii immediatamente una ispezione in tutta la struttura. -Sottolinea il Dirigente della UIl-Pa Penitenziari -La Direzione del carcere di Sollicciano senz’altro è più impegnata alla prospettiva di carriera che alla risoluzione dei problemi è del personale è dei detenuti, tenuto conto che sembrerebbe favorita al colle regionale del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Toscana, evidentemente, proprio per essersi prodigata in questi anni in termini di efficienza, funzionalità nonché salubrità nel carcere di Firenze Sollicciano. Nuoro: visita Camere Panali; carcere non è sovraffollato, ma diversi problemi strutturali Ansa, 19 aprile 2014 "Al carcere di Badu e Carros non c’è sovraffollamento, ma tanti problemi strutturali": lo ha detto il delegato per l’Osservatorio nazionale delle carceri dell’Unione Camere Penali, Michele Passione, in visita ieri nel carcere nuorese. I numeri del carcere del capoluogo barbaricino sono stati presentati stamattina dall’osservatorio delle carceri della Camera penale di Nuoro, che ha promosso l’iniziativa della visita di ieri: 151 detenuti presenti di cui 37 ergastolani, 103 con condanne definitive, sette stranieri e due detenuti in regime di 41bis. "Non ci sono condizioni di sovraffollamento - ha detto Passione - ma in alcune ali del carcere si soffre la ristrettezza di spazio. Ciò che colpisce è il fatto che la nuova ala del carcere quasi finita non può essere utilizzata per problemi economici e di contenzioso. Inoltre la riforma sanitaria nazionale delle carceri a Nuoro è stata introdotta con 4 anni di ritardo e le figure previste in alcuni casi sono insufficienti, in altre mancano del tutto come il criminologo e lo psichiatra. Considerato che qui la maggior parte della popolazione carceraria è anziana perché c’è un alto numero di ergastolani e la maggior parte di questi ha più di 50 anni, la cura dell’aspetto sanitario è fondamentale". L’iniziativa della camera penale nuorese vuole essere un modo "per sensibilizzare e quindi intervenire sui problemi dei carcerati" ha detto l’avvocato Giovanna Serra referente dell’osservatorio delle carceri della provincia di Nuoro. "Ieri abbiamo fatto una ricognizione di tutto ciò che esiste a Badu e Carros - ha proseguito Serra - questo ci servirà per capire dove e quando intervenire in tutela dei detenuti". Quello dei detenuti è un problema non sempre sentito dalla società, secondo il presidente della Camera Penale di Nuoro, Francesco Lai. "La politica - ha detto - non si interessa ai detenuti forse perché non portano voti. La loro voce si leva solo per l’inasprimento delle pene ma non per le cattive condizioni in cui vivono i carcerati. Noi crediamo invece che i detenuti per la società sono una risorsa e non un peso. La politica torni ad occuparsi di loro". Agrigento: "Un amico per evadere dalla solitudine", un’associazione a sostegno dei reclusi di Chantal Capasso www.ilgiornaleditalia.org, 19 aprile 2014 Interessante incontro quello con Roberta Lala, presidente dell’Associazione "Un Amico per evadere dalla solitudine" da sempre impegnata nel sociale, oggi coinvolta in un notevole progetto che ha condiviso con la nostra redazione. Ci spiega il presidente che scopo dell’associazione è quello di tutelare i diritti dei detenuti offrendo loro assistenza legale gratuita. L’Associazione si occuperà inoltre della corrispondenza epistolare e del sostegno psicologico del detenuto al fine di evitare l’emarginazione. Uno degli strumenti principali del trattamento rieducativo e risocializzativo del detenuto è il lavoro, strumento necessario per il graduale reinserimento del detenuto nella società civile. Pertanto verranno promosse le cooperative sociali di tipo B con lo scopo della promozione umana e dell’integrazione sociale dei detenuti, vista la scarsità di posti reperibili nell’amministrazione penitenziaria. Le cooperative sociali di tipo B disciplinate dalla legge 8 novembre 1991 n. 38; adoperano una politica del lavoro innovativa e dinamica, prevedono sgravi contributivi e fiscali a favore degli imprenditori disposti ad offrire opportunità di lavoro ai detenuti ed infine forme contrattuali " flessibili", capaci di modellarsi secondo le esigenze del lavoratore e del datore di lavoro. Considerato il periodo di crisi economica in cui versa lo Stato Italiano gli sgravi contributivi rappresentano un incentivo all’assunzione. Le cooperative sociali possono effettuale il reinserimento delle persone svantaggiate, attraverso la programmazione di progetti di formazione e preparazione professionale in modo da offrire un attività lavorativa concreta, stabile e duratura. Altra iniziativa interessante è il programma lavorativo per il reinserimento del detenuto nella società civile potrebbe essere supportato dalla vendita di prodotti artigianali creati all’interno delle carceri e immessi nel mercato. L’associazione promuoverà inoltre iniziative culturali di vario genere in quanto la cultura è un elemento essenziale per combattere la micro criminalità. Il cuore pulsante dello scopo della nascita dell’Associazione, afferma il presidente Lala, è la lotta contro il pregiudizio sociale nei confronti dei detenuti, i quali una volta scontata la loro pena, possano vivere la loro vita senza alcuna emarginazione in modo che non avvenga la reiterazione del reato. Particolare attenzione verrà mostrata nei confronti delle detenute madri e dei minori reclusi. I figli minori delle detenute hanno maggiormente necessità di adeguati supporti psicologici onde evitare traumi che possono essere non correttamente elaborati, trasformandosi nell’età evolutiva in problematiche di vario genere. Pertanto l’associazione si avvarrà del supporto di specialisti che interverranno in supporto dei minori. Per quanto concerne i minori reclusi verranno promosse iniziative di vario genere al fine di poter dare loro sostegno rieducativo onde evitare il più possibile il senso di isolamento psicologico. L’associazione si occuperà dei detenuti che scontano pene per reati minori. La struttura associativa periodicamente provvederà alla raccolta di libri da donare alle diverse case circondariali, e raccolta di beni alimentari da donare alle famiglie dei detenuti più disagiate. Altro scopo sociale dell’associazione è quello di verificare le condizioni del detenuto all’interno del carcere, cosi come previsto dalle norme della Comunità Europea. Alla luce delle recenti condanne della Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo, nei confronti del l’Italia per trattamento disumano e degradante, ledendo la dignità dell’individuo a causa del sovraffollamento delle carceri. In corso la raccolta in un libro delle testimonianze dei detenuti che vivono la triste realtà delle carceri Italiane, molte le case circondariali che hanno aderito a tale progetto, si prevede la sua pubblicazione per la prossima estate. Secondo quanto sostiene Roberta Lala, la reclusione è un periodo che dovrebbe rieducare il detenuto onde evitare la reiterazione del reato combattendo così la micro criminalità, non dovrebbe di certo essere un luogo che abbrutisca il soggetto ledendone la dignità. Pertanto ogni società civile dovrebbe concorrere al miglioramento delle condizioni dell’individuo disagiato. Scontare una pena privando il soggetto della libertà personale, deve servire all’individuo stesso a comprendere i valori positivi, rifiutando comportamenti atti a nuocere la società civile. Solo un percorso formativo e rieducativo mirato all’evoluzione culturale e della coscienza può portare al miglioramento personale e quindi ad un vero e duraturo reinserimento nella società civile. Ogni individuo ha il compito morale di aiutare chi si trova in difficoltà senza voltare le spalle, solo così potremo vivere in una società migliore. Prato: detenuto tenta di evadere dal tribunale, viene fermato dalla Polizia penitenziaria La Nazione, 19 aprile 2014 Un detenuto pratese, Simone Ruggia, ha cercato di evadere giovedì mattina ma è stato rincorso e riacciuffato dalla Polizia penitenziaria. Al giovane, che doveva comparire davanti al giudice Massimiliano Signorini per furto e ricettazione, erano state appena tolte le manette per consentirgli di raggiungere il banco e deporre, ma appena libero dai ferri è scappato dalla porta correndo a più non posso. In aula c’è chi è rimasto sbigottito, chi ha urlato, mentre la Penitenziaria ha rincorso il giovane riacciuffandolo dopo una concitata azione, con tanto di agenti refertati dal medico. Ruggia, in seguito, si è scusato con la Penitenziaria e avrebbe detto "non so cosa mi è passato per la mente". Prima, però, il giudice lo ha fatto comunque deporre, consentendo però di lasciargli le manette ai polsi. Poi è stato riportato alla Dogaia. "Vorrei ringraziare il personale - dice l’ispettore capo Claudio Fais, comandante del nucleo interprovinciale - che ha dimostrato grande professionalità. Anche perché l’età avanza e stare dietro a questi ragazzi non è facile...". Sant’Angelo dei Lombardi (Av): ritrovato dell’hashish in pacco destinato ad un detenuto www.irpiniareport.it, 19 aprile 2014 Ieri mattina gli agenti della polizia penitenziaria del carcere di Sant’Angelo dei Lombardi hanno rinvenuto circa 7 grammi di hashish, occultati nel risvolto di un’asciugamani, all’interno di un pacco inviato a mezzo posta ad un detenuto. Ne da comunicazione Domenico de Benedictis, Segretario Regionale della Uil-Pa Penitenziari che così commenta l’accaduto. "Sottolineiamo con soddisfazione il ritrovamento dello stupefacente perché rende merito alla quotidiana opera di prevenzione dei baschi blu della polizia penitenziaria. I tentativi di introdurre droga in carcere sono sempre più frequenti - sottolinea il Segretario Regionale - e il personale fa di tutto per contrastare questi tentativi, spesso intercettando le sostanze stupefacenti. Nel caso specifico è stata una azione di controllo manuale effettuata dagli addetti all’ufficio depositi effetti personale, il cosiddetto casellario, ad intercettare la droga. Ma in Campania è attivo un nucleo cinofili antidroga della polizia penitenziaria che costituisce un valido supporto ai vari reparti della polizia penitenziaria della Campania e delle regioni limitrofe. Forse - conclude De Benedictis - un solo reparto cinofili in Campania non basta a garantire una efficace azione di prevenzione. Per questo ci chiediamo se non sia il caso che l’Amministrazione Penitenziaria cominci a pensare alla riconversione in antidroga del Reparto Cinofili di stanza a Bellizzi Irpino che attualmente è dedito a manifestazioni di rappresentanza". Roma: alla Via Crucis con Papa Francesco anche detenuti e persone senza fissa dimora Adnkronos, 19 aprile 2014 Ci sono anche due detenuti a portare la croce in una stazione della Via Crucis di ieri sera al Colosseo, presieduta da Papa Francesco. La stazione iniziale e quella finale con la croce in mano al cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, che chiude la Via Crucis, prima della benedizione di Papa Francesco. Nella seconda stazione della Via Crucis, un operaio e un imprenditore reggono assieme la croce. Poi, la volta di due immigrati, di due ospiti in comunità di recupero, di due persone senza fissa dimora, di una famiglia, di due detenuti, di due donne, di due malati, di due bambini, di due anziani, dei custodi di Terra Santa e di due suore, prima che la croce torni nuovamente nelle mani del cardinale Vallini. Quindi, la benedizione di Papa Francesco. Via Crucis al Colosseo: immigrati e detenuti i nuovi crocifissi Gli innocenti che muoiono per l’inquinamento nella Terra dei fuochi; gli immigrati che affogano quando sono ormai in vista della sponda della speranza; i bambini, le donne, i nuovi schiavi vittime della tratta degli esseri umani; quanti cercano nella morte la salvezza dalla disperazione di non poter portare il pane a casa; i cristiani perseguitati e torturati per la loro fede; i detenuti nelle carceri superaffollate; i malati terminali sulla cui pelle spesso altri speculano. "Sono loro i nuovi Crocifissi - dice monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano, autore delle meditazioni per la Via crucis presieduta dal Papa questa sera, 18 marzo, Venerdì santo, al Colosseo - loro i protagonisti della vere meditazioni della Via crucis proposte da Papa Francesco nel suo ministero quotidiano". "Sono tutti temi tratti dall’esortazione apostolica Evangelii gaudium", spiega Bregantini in una intervista all’Osservatore Romano. "È il filo conduttore di tutto il cammino. In effetti, la vera meditazione della Via crucis la fa Papa Francesco con la sua catechesi quotidiana, con i suoi interventi e con i suoi gesti. Ho cercato di farmi interprete di alcuni problemi di oggi, vissuti alla luce della fragilità umana: il peso della crisi, gli immigrati, i malati, specialmente quelli terminali e quanti muoiono per l’inquinamento della Terra dei fuochi. Ma anche l’esperienza del carcere, della tortura, della solitudine. Realtà di ogni giorno redente però dalla croce portata da Gesù". Enna: prima visita ufficiale vescovo Rosario Gisana ai detenuti della Casa Circondariale www.vivienna.it, 19 aprile 2014 A due settimane dalla consacrazione ufficiale il vescovo della Diocesi di Piazza Armerina questa mattina sarà tra i reclusi presenti ad Enna per celebrare la messa. Per alcuni di loro sarà anche un’occasione per ricevere i sacramenti del battesimo, della cresima e dell’Eucarestia conclusione di un percorso cristiano portato avanti dal cappellano del carcere e delegato regionale per la pastorale delle carceri per la regione Sicilia, don Giacomo Zangara che dice: "La presenza del vescovo tra i detenuti è segno della sollecitudine della Chiesa verso coloro che hanno iniziato un cammino di conversione. Oggi le carceri italiane stanno avviando un percorso di cambiamento nell’applicazione della cosiddetta sentenza Torreggiani che richiede ancora di più una umanizzazione delle carceri". Don Zangara sostiene infatti la necessità di percorsi educativi e strutture alternative alla reclusione, ma anche strutture dove al detenuto possa essere sempre garantita la dignità di persona: "La pena serve per poter acquisire quei comportamenti che sono fondamentali per un vivere civile. Come comunità cristiana siamo chiamati a condividere le sofferenze dei fratelli". Di tutto ciò, ha evidenziato il cappellano, se ne occupano "i volontari che operano dentro le carceri nell’aiuto materiale per i detenuti indigenti e nel condividere la fede nella catechesi e nella celebrazione eucaristica domenicale". Pesaro: "Villa Fastiggi Prison Blues"… una band fanese suona per i detenuti del carcere www.viverepesaro.it, 19 aprile 2014 Quando la musica può aggregare e unire, anche se per poco, persone che vivono e hanno vissuto destini diversi, 46 anni più tardi di Johnny Cash nella prigione di Folsom. Quando lo spirito di volontariato incontra la passione per la musica e per un genere in particolare. Si può riassumere in questo modo l’esperienza vissuta dalla country band fanese dei The Fellows, che sabato 15 marzo 2014 hanno suonato all’interno della Casa Circondariale di Villa Fastiggi. Un concerto benefico, inserito all’interno dei laboratori riservati ai detenuti e fortemente voluto dalla direzione del carcere e dal personale che ogni giorno vive e lavora a stretto contatto con loro. "È stata un’esperienza indimenticabile - racconta Fabrizio Pollastrelli, in arte Paul Aster, cantante dei The Fellows - di quelle che si ricordano per tutta la vita. Non avevamo mai suonato in un luogo e in un contesto così particolare e diverso rispetto a quello a cui siamo abituati. Devo ammettere che all’inizio eravamo un po’ contratti, come si dice in gergo, ma mano a mano che il concerto procedeva, e viste le reazioni entusiaste del pubblico, ci siamo sciolti e ci siamo divertiti tantissimo. È stato un momento molto forte dal punto di vista empatico - continua Pollastrelli. Entrare in contatto con i detenuti è un’esperienza difficile da raccontare a parole. Il carcere visto e percepito da fuori è molto diverso da quello che poi è in realtà. Siamo ovviamente onorati di aver preso parte ad un’iniziativa del genere e speriamo di aver fatto passare qualche ora di allegria a chi ha voluto ascoltarci. Credo che la musica, in questo senso, abbia il potere straordinario di appiattire le differenze, di qualsiasi tipo esse siano. Speriamo anche che questo nostro concerto non sia l’ultimo di questo tipo". Francia: nuovo record del numero di detenuti, anche se calano condanne al carcere Ansa, 19 aprile 2014 La Francia ha raggiunto un nuovo record di sovrappopolazione carceraria, con 68.859 detenuti al primo aprile 2014, nonostante i giudici condannino sempre meno spesso alla prigione. Attualmente, secondo statistiche pubblicate dal quotidiano Le Figaro, solo nel 51% dei casi in cui i reati prevedono la possibilità di pena detentiva, i magistrati transalpini decidono di infliggerla. Inoltre, il 30% delle volte la condanna alla prigione è commutata in libertà condizionale, quindi solo il 21% delle volte si finisce davvero in galera. Questo apparente paradosso, spiega l’esperto Pierre-Victor Tournier al Parisien, è "principalmente spiegato da un allungamento delle pene: non si manda più in carcere, ma si resta in prigione più a lungo". Altri fattori che incidono, l’aumento della popolazione (che sempre secondo Tournier potrebbe incidere per quasi un terzo sull’aumento del numero di detenuti) e "la massificazione dell’attività penale", ovvero l’incessante aumento dei numeri di denunce e dei casi che effettivamente finiscono in tribunale, che in base ai dati del sindacato della magistratura sono raddoppiati tra il 1996 e il 2012. Spagna: indulti "speciali" concessi per la Settimana Santa contestati da associazioni laiche di Antonio Andreucci Ansa, 19 aprile 2014 La Settimana Santa è molto attesa in Spagna anche dai detenuti che hanno la possibilità di tornare liberi grazie a un indulto speciale, una pratica secolare, disciplinata da una legge del 1870, applicata sempre, eccetto durante i tre anni della Guerra civile. Quest’anno ne hanno beneficiato in 21, ma le Associazioni laiche contestano la violazione della Costituzione che all’articolo 16.3 afferma: "Nessuna religione deve avere un carattere di stato". "Chi ottiene questo indulto - denuncia il portavoce di Giudici per la Democrazia, Joaquim Bosch - è sempre cattolico. Sono indulti legati a una particolare fede religiosa. In questo modo si ha la netta impressione che venga violato il principio costituzionale della separazione dei poteri tra Stato e Chiesa". Contro questa prassi è attiva anche l’associazione "Europa Laica", il cui presidente, Francisco Delgado, lamenta come "l’applicazione della legge non sia coerente con lo stato democratico". "Abbiamo risollecitato il Ministero della Giustizia a intervenire, ma la politica è molto lenta e chiude gli occhi quando si tratta di tradizioni", aggiunge sconsolato. A loro replica José Carlos Alonso Diez, abate della Confraternita: "Non ci interessa quale religione professi il detenuto. Certo, se è cattolico, ci fa piacere". Sinora, però, nessun detenuto di altre religioni ha beneficiato di questo indulto. La legge intervenne quasi un secolo dopo per disciplinare una consuetudine avviata nel 1759, quando a Malaga, a causa di un’epidemia, non si svolsero le processioni. I detenuti chiesero di avere un’immagine di Cristo, ma la richiesta fu respinta. Il diniego causò una serie di evasioni che indussero Carlo III a correre ai ripari, concedendo alla Confraternita "Jesus el Rico" di proporre i detenuti a cui concedere l’indulto. Della tradizione si tenne conto nel 1870 quando fu emanata la legge sull’indulto, ancora in vigore. La Confraternita - alla quale provengono proposte da tutta la Spagna - presenta alcune decine di domande alla magistratura locale che le esamina e le trasmette al Governo per l’approvazione. Gli indulti di quest’anno hanno riguardato: 13 condannati per delitti contro la salute pubblica; tre per traffico di droga, due per falsificazione di documenti e uno ciascuno per lesioni, falsa testimonianza e falsificazione di banconote. Stati Uniti: New Hampshire; la pena di morte resta in vigore per un solo voto in Senato Adnkronos, 19 aprile 2014 Per un solo voto lo stato americano del New Hampshire non ha potuto abolire la pena di morte, malgrado il governatore Maggie Hassan avesse già dichiarato di voler firmare la legge. La Camera aveva votato il mese scorso a favore dell’abolizione con 225 sì e 104 no, ma al Senato il provvedimento si è bloccato su un 12 contro 12. A questo punto è stato deciso all’unanimità di rinviare il tutto alla prossima sessione. Nel 200o era stata approvata l’abolizione della pena capitale, ma l’allora governatore Jeanne Shaheen aveva posto il veto. L’abolizione era prevista per il futuro e in teoria non avrebbe dovuto incidere sulla sorte dell’unico detenuto nel braccio della morte, Michael Addison, condannato per aver ucciso un poliziotto nel 2006. Tuttavia è molto improbabile che la sentenza potesse essere eseguita dopo l’abolizione della pena di morte. L’ultima esecuzione in New Hampshire risale al 1939. Al momento sono 18 gli Stati americani dove non è prevista la pena di morte. Da quando questa fu reintrodotta negli anni Settanta, ci sono state oltre 1.300 esecuzioni, un terzo delle quali in Texas. La maggior parte delle esecuzioni, i due terzi, è avvenuta in sei Stati: Texas, Virginia, Oklahoma, Florida, Missouri e Alabama. Medio Oriente: forze sicurezza israeliane arrestano manifestanti palestinesi Cisgiordania Nova, 19 aprile 2014 Dieci palestinesi sono stati arrestati dalle forze israeliane, ieri, in tutta la Cisgiordania e la Striscia di Gaza dove si sono tenute manifestazioni per commemorare la Giornata del prigioniero palestinese. Migliaia di manifestanti hanno sfilato per le strade di Hebron, Gaza, Jenin, Nablus, e Ramallah per ricordare il giorno della solidarietà con gli oltre 5 mila prigionieri attualmente detenuti nelle carceri di Israele. Più di 3 mila manifestanti hanno marciato attraverso la città di Hebron sventolando la bandiera palestinese, immagini dei prigionieri e cartelloni in cui chiedevano la fine delle violazioni israeliane dei diritti dei detenuti. Le forze israeliane (Idf) hanno ferito 10 palestinesi mentre disperdevano la folla e decine sono rimaste intossicate dall’eccessiva inalazione dei gas lacrimogeni lanciati dall’Idf nell’area di Bab al-Zawiya, nel centro di Hebron. Iran: nuove impiccagioni, a patibolo anche 3 condannati per reati commessi da minorenni Aki, 19 aprile 2014 Non si ferma la macchina del boia in Iran, neanche dopo quanto accaduto nella provincia di Mazandaran, dove nei giorni scorsi un uomo condannato per omicidio è stato salvato all’ultimo minuto dall’esecuzione in pubblico, dopo che la madre della vittima ha deciso di risparmiargli la vita. Nelle ultime ore, altre quattro impiccagioni sono state eseguite nel carcere di Bandar Abbas, nel sud della Repubblica islamica. Stando a quanto riferito dal gruppo "Attivisti per i diritti umani e la democrazia in Iran", le condanne sono state eseguite ieri. Tre dei detenuti saliti al patibolo erano stati condannati a morte per reati commessi quando erano ancora minorenni. Si tratta di Ahmad Rahimi (21), Ali Fouladi (22) e Ali Sharifi (29). Quest’ultimo era rinchiuso in carcere da quando aveva 14 anni. Il quarto detenuto giustiziato si chiamava Zargham Jahangiri ed aveva 27 anni. La notizia è stata confermata a Iran Human Rights (Ihr) da due fonti indipendenti. Afghanistan: commando attacca prigione; 3 morti in scontro a fuoco e 2 detenuti liberati Aki, 19 aprile 2014 Un commando di cinque militanti afghani armati hanno attaccato la notte scorsa la prigione centrale di Maimana, capoluogo della provincia settentrionale di Faryab, riuscendo a liberare due detenuti dopo aver impegnato la sicurezza in uno scontro a fuoco che ha provocato tre morti. Lo scrive l’agenzia di stampa Pajhwok. Un ufficiale della polizia locale, il colonnello Muhammad Naeem ha precisato che l’attacco è avvenuto ieri sera verso le 21, con una operazione durata meno di 30 minuti. Dopo essere riusciti a far irruzione nel carcere, i militanti hanno aperto la cella di due detenuti e hanno cominciato una ritirata, resa difficile dalla reazione delle guardie della sicurezza. In un breve scontro a fuoco, precisa infine la Pajhwok, un militante e due agenti hanno perso la vita. Libia: Ministro Esteri tunisino; rapitori diplomatico chiedono rilascio di detenuti islamici Nova, 19 aprile 2014 I rapitori del diplomatico tunisino, rapito ieri a Tripoli, hanno chiesto per il suo rilascio la scarcerazione dei detenuti islamici presenti nelle carceri tunisine. Lo ha rivelato il ministro degli Esteri tunisino, al Monji al Hamidi, alla radio locale "Mosaique Fm". Il ministro di Tunisi ha anche aggiunto che, in seguito a questo sequestro, ha deciso per ragioni di sicurezza di ridurre la presenza dei suoi diplomatici a Tripoli, essendo quello di ieri il secondo sequestro del secondo diplomatico tunisino in Libia in un mese. Brasile: spazi riservati per gay e lesbiche nelle carceri, è una misura anti-discriminazione Ansa, 19 aprile 2014 I detenuti gay, lesbiche, travestiti e transessuali in Brasile hanno diritto a spazi riservati nelle carceri del Paese: lo ha stabilito una risoluzione del Consiglio nazionale di lotta alla discriminazione, legato alla segreteria dei Diritti umani della Presidenza della Repubblica di Brasilia. Il testo non equivale a una legge, né prevede multe nel caso in cui gli Stati del Paese non creino aree speciali per questi detenuti nelle loro carceri. Ma può servire come punto di riferimento ed è comunque "importante", secondo il presidente dell’Associazione brasiliana di gay, lesbiche, bisessuali, travestiti e transessuali (Abglt), Carlos Magno Silva Fonseca. "Quando un travestito o un trans viene arrestato - sottolinea Fonseca - è costretto a tagliare i capelli e a convivere con persone omofobe, aumentando il livello di vulnerabilità".