Giustizia: pdl per amnistia e indulto, al Senato la relatrice... dà i numeri sulle carceri di Dimitri Buffa L'Opinione, 17 aprile 2014 La smentita del Dap non sembra essere bastata a Nadia Ginetti, la relatrice renziana in commissione giustizia al Senato, che ieri è tornata a insistere sui 48 mila e 309 posti disponibili, mentre lo stesso Dap parla di poco più di 43 mila e i Radicali italiani con la loro segretaria Rita Bernardini (che solo domenica aveva interrotto circa due mesi di sciopero della fame per sensibilizzare l’opinione pubblica alla questione carceraria e al rischio della condanna europea dell’Italia prevista per fine maggio) sostengono essere ancora di meno. Nella giornata di ieri si è parlato anche dei quattro progetti di legge su amnistia e indulto depositati a palazzo Madama, ma la linea del governo appare contraria anche a dispetto dell’evidenza di una condanna davanti alla Cedu ormai tanto inevitabile quanto annunciata. La Ginetti ha chiesto che si riparli di quei disegni di legge che riguardano provvedimenti di clemenza generalizzati, uno dei quali porta la prima firma del senatore luigi Manconi del Pd (e recepisce in toto le istanze radicali), "solo" dopo l’audizione del ministro Andrea Orlando davanti alla stessa commissione. Evento che dovrebbe svolgersi il 23 aprile, subito dopo Pasqua. La relatrice continua a manifestarsi ottimista sul fatto che da qui al 28 maggio funzioneranno i provvedimenti di affidamento in prova, lo svuota carceri, la messa alla prova e il piano carceri. Ma oramai questa strategia appare solo di attesa. Come se si sperasse che la Cedu (corte europea dei diritti dell’uomo) alla fine ci dia un’altra proroga. Circostanza però che da Strasburgo e Bruxelles viene decisamente smentita. Chi vivrà vedrà, quindi, compresi i poveri detenuti che ormai nelle nostre prigioni vivono in condizioni che sono state già definite e assimilate da più organismi internazionali a quelle delle persone torturate dai regimi autoritari. Giustizia: la Circolare Dap contro Antigone è un ostacolo alla vera "trasparenza" di Susanna Marietti (Coordinatrice Associazione Antigone) Il Fatto Quotidiano, 17 aprile 2014 Si avvicina la scadenza imposta all’Italia dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. A fine maggio a Strasburgo si potrebbe decidere di procedere alle condanne sui 4.000 ricorsi pendenti in relazione al sovraffollamento delle carceri italiane. Vista la media del risarcimento già stabilito in passato, si può ragionevolmente affermare che il nostro Paese rischia 28 milioni di euro di multe. Tutte assai meritate. Anche lasciando da parte le motivazioni etiche - ovviamente le prime in assoluto a imporsi - verrebbe da dire che, in epoca di spending review, all’Italia ben più converrebbe trattare bene le persone incarcerate piuttosto che maltrattarle. La Corte procederà senza troppe lentezze, posto che con la sentenza Torreggiani dello scorso anno aveva già ammonito le autorità italiane a prestare massima attenzione. La questione è il troppo tempo passato dai detenuti in uno spazio eccessivamente ridotto e senza una vita comunitaria degna di questo nome. Una delegazione del Parlamento Europeo che alcuni giorni fa ha visitato il carcere napoletano di Poggioreale ha raccontato di essersi trovata di fronte a una situazione medievale indegna di esistere in un contesto europeo. Di questo parliamo, anche a questo si riferiscono i ricorsi pendenti davanti alla Corte di Strasburgo. I numeri in questa fase sono essenziali. C’è o non c’è sovraffollamento? È garantito quel minimo di tre metri quadri a detenuto al di sotto del quale le istituzioni europee valutano si configuri automaticamente un trattamento degradante della persona? Quanti reparti sono attualmente in ristrutturazione e perché? I reparti chiusi vengono conteggiati come posti disponibili nelle statistiche ufficiali? Quante carceri nuove sono state aperte? Quante ore d’aria o di socialità fanno i detenuti? Quanti lavorano e per quanto tempo? Quanti vanno a scuola e che scuole seguono? Quanti sono i medici e che turni fanno? A che ora vengono aperte le celle la mattina? Esiste una sala mensa? Sono queste le domande che di solito rivolgiamo ai direttori degli istituti quando giriamo per le carceri con il nostro Osservatorio sulle condizioni di detenzione in Italia. Una recente circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria inviata alle direzioni di tutti gli istituti di pena italiani afferma perentoriamente che non devono più essere fornite informazioni agli osservatori di Antigone, "onde evitare incoerenze pregiudizievoli in ordine all’immagine esterna dell’Amministrazione". Non ci pare che questa possa qualificarsi come quella trasparenza di cui il sistema penitenziario avrebbe bisogno. Su tale terreno si misura il rapporto tra istituzioni e società civile, su quanto le prime sono disposte a farsi osservare, misurare, giudicare dalla seconda. Durante un pubblico confronto con noi, i vertici dell’Amministrazione Penitenziaria hanno rivendicato la loro nota per quanto riguarda le capienze degli istituti - il tema fondamentale oggi che si avvicina la scadenza europea - sostenendo che informazioni fornite direttamente alla nostra associazione porterebbero a una disomogeneità dei dati. Ci pare una tesi senza fondamento. La rilevazione periferica dei dati è sicuramente più capillare e utile di quella centralizzata. Sappiamo che il Ministro vorrebbe che la circolare venga ritirata. Ci auguriamo che ciò accada al più presto. Giustizia: il Dap; nessun intento censorio nei confronti dell’attività svolta da "Antigone" Comunicato Dap, 17 aprile 2014 Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria intende chiarire il significato della lettera inviata lo scorso 25 marzo ai direttori degli istituti penitenziari, con la quale ha ritenuto opportuno fornire indicazioni sulla necessità di indirizzare al Dipartimento le richieste di dati e informazioni che l’Associazione Antigone rileva nell’ambito della ricerca che annualmente i referenti di tale Associazione svolgono nelle carceri italiane, su autorizzazione dello stesso Dap. È fuori di discussione che la nota non ha alcun intento censorio nei confronti dell’attività di ricerca svolta da Antigone che, come per gli scorsi anni, è stata autorizzata a visitare tutte le carceri italiane e ad accedere in tutti gli spazi detentivi, ad eccezione dei reparti che ospitano in detenuti in regime di 41bis e collaboratori di giustizia, con l’utilizzo di video fotocamere per documentare l’attività di ricerca, ma tende solo a centralizzare la diffusione dei dati relativi alle presenze detenuti, ai posti regolamentari e a quelli effettivi, costantemente monitorati dal Dap tramite l’utilizzo di un sistema informatizzato, in grado di "fotografare" quotidianamente la situazione reale. Ciò all’unico scopo di evitare la diffusione di dati parziali o non corretti, raccolti in tempi diversi e non soggetti alla doverosa verifica degli uffici preposti, attesa la rilevanza che essi rivestono in relazione all’azione di miglioramento delle condizioni detentive messe in atto dal Dipartimento anche mediante la ristrutturazione di intere sezioni. Le reazioni e le dichiarazioni a mezzo stampa sulla mancanza di trasparenza dell’Amministrazione Penitenziaria, o su di una sua presunta volontà di edulcorare i dati, appaiono smentite dai fatti, se è vero, come è vero, che l’accesso nelle carceri è ampiamente sostenuto dall’Amministrazione, come dimostrano le migliaia di autorizzazioni rilasciate a organi dell’informazione, ad associazioni pubbliche e private, alle organizzazioni sindacali, ai rappresentanti della società civile, a scolaresche e, finanche, a singoli cittadini. Azione accompagnata dalla messa a disposizione di dati statistici e amministrativi utilizzati in svariate situazioni. L’Amministrazione Penitenziaria ribadisce che questa politica di apertura non va intesa, come è ovvio, quale "gentile" concessione, bensì come ferma convinzione che un’amministrazione pubblica debba rendere conto del suo operato ed essere sottoposta, a maggior ragione per le carceri, al controllo costante da parte dell’opinione pubblica. Inoltre, si ritiene che solo sviluppando il rapporto con il mondo esterno si agevoli quel processo di umanizzazione dei luoghi di detenzione che, in ossequio all’art. 27 della Costituzione, l’Amministrazione Penitenziaria ha intrapreso, ben prima che arrivassero le censure della Corte di Strasburgo. Antigone: chiediamo ritiro Circolare "Non c’è una giustificazione perché i dati e le informazioni, sulla situazione delle carceri debbano essere centralizzati dal Dap. Per questo chiediamo il ritiro della circolare che consigliava ai direttori degli istituti penitenziari di non fornire notizie all’associazione". Lo dichiara Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone che si batte per i diritti nelle carceri. "Non abbiamo mai messo in discussione - replica Gonnella alla precisazione del Dap - la maggiore disponibilità dimostrata, a partire dal 2010, dall’amministrazione penitenziaria all’accesso dei media negli istituti di pena, ma centralizzare l’informazione, come si chiede nella circolare, porta a conoscere le condizioni nelle carceri dopo tanto tempo e quando le condizioni spesso sono già cambiate". "Chiediamo solo - conclude - di poter continuare a fare nelle carceri il nostro lavoro di osservatori indipendenti". Sappe: figuraccia del Dap, il ministro orlando avvicendi Tamburino "Oggi, nel 2014, in Italia, dopo trent’anni dalla glasnost di Michail Gorbaciov, ci tocca subire la circolare di un Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che "consiglia" ai propri Provveditori di non fornire direttamente informazioni e dati statistici all’Associazione Antigone che si occupa di carcere da decenni... roba da Politburo. E lo stesso era successo qualche mese fa, con la reprimenda del Dap ad un’altra Associazione, Ristretti Orizzonti, accusata di falsificare i dati delle morti in carcere. A nostro avviso questa è una pagina molto triste che spiega ancora meglio, se ce ne fosse ancora bisogno, l’inadeguatezza della dirigenza del Dap. E la patetica retromarcia di oggi conferma l’inadeguatezza di Giovanni Tamburino a guidare l’Amministrazione Penitenziaria". Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. "Il Sappe, già parecchi anni fa, ha chiesto in via informale che ai Sindacati di Polizia Penitenziaria venissero forniti mensilmente i dati statistici sulle presenze dei Poliziotti e dei detenuti nelle carceri italiane: delle informazioni minime per poter valutare la situazione del sovraffollamento e del carico di lavoro dei colleghi. E lo stesso abbiamo chiesto di sapere il numero esatto dei poliziotti suicidi", aggiunge. "Dopo quasi un anno dalla prima richiesta, non siamo stati degnati nemmeno di una risposta dal Dap, ma sono trapelate solo voci di corridoio informali, rubate qua e la secondo le quali "i dati non possono essere fornirti né a noi, né ad altri". Ma di cosa hanno paura al Dap?. Ovviamente ed innegabilmente, la responsabilità di tutto ciò non può che ricadere sul Capo Dap Giovanni Tamburino che ha dimostrato inconfutabilmente di non essere assolutamente all’altezza dell’incarico che ricopre", conclude Capece che rinnova l’invito "al Ministro della Giustizia Orlando di avvicendarlo dalla guida del Dap". Giustizia: la Via Crucis e il cammino dei detenuti verso il riscatto di Antonio Mattone Il Mattino, 17 aprile 2014 La Via Crucis nelle carceri avvicina in modo straordinario la sofferenza di chi è detenuto alla Passione di Cristo. I racconti dei Vangeli che narrano gli episodi della via dolorosa tanto spesso sembrano essere uno spaccato di quello che avviene a chi finisce in galera, anche nel nostro paese, su cui incombe la condanna dell’Europa per il trattamento inumano e degradante del sistema carcerario. Fin dal momento dell’arresto in cui si è spogliati, privati dei propri oggetti personali e talvolta della propria dignità, ci sono dei tratti che fanno riconoscere l’amara esperienza dei detenuti di ogni carcere in Gesù. Quest’anno, nella Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo, Papa Francesco farà un significativo riferimento alle disumane condizioni delle prigioni: dai temi del sovraffollamento, ai suicidi, fino alla lentezza della giustizia. Gesù condannato, scartato, vittima di razzismo e di calunnia è una delle immagini proposte nelle meditazioni dei testi preparati dall’arcivescovo di Campobasso Giancarlo Bregantini. Nel carcere di Poggioreale la tradizionale Via Crucis parte davanti al padiglione Roma. Una grande croce viene portata a turno dai reclusi per i viali del penitenziario dove si snodano le quattordici stazioni, così quelli che non partecipano possono ascoltare il rito quando il corteo è nei pressi della loro cella. Ci sono le pie donne, le suore sempre attente affinché tutto riesca per il meglio, mentre le guardie sono pronte a vigilare e a riprendere quelli che parlano tra di loro. I volontari guidano la processione. Il grido crescente della folla inferocita che condanna sbrigativamente Gesù rievoca quella cultura del disprezzo e quella diffidenza superficiale con cui tanto facilmente la società odierna giudica i detenuti, seppur colpevoli dei reati commessi. Una moltitudine interattiva che punta il dito con un click per condannare o assolvere tra una connessione e l’altra. Cosa può venire di buono da Poggioreale, potremmo dire oggi? Le tante storie che approdano nelle carceri sembrano essere simili, recite degli stessi copioni, ma in realtà sono esistenze uniche e irripetibili, ciascuna con il suo carico di mistero (perché il male è un mistero) e di sofferenza. La scena in cui Gesù viene picchiato, insultato e preso a sputi, può forse evocare celle zero e maltrattamenti di cui tanto si è parlato nei mesi scorsi. Tuttavia, la professione di fede del centurione che riconosce la grandezza di Dio e avverte un senso di pietà per quell’uomo vinto e sofferente, è la prima forma di riscatto che scaturisce dalla Passione di Cristo. Quello del soldato romano doveva essere davvero un lavoro ingrato, catapultato in una terra straniera a trascorrere interi pomeriggi infuocati su quella collina rocciosa per fare la guardia a ladri, assassini e folli. Un lavoro che induriva il cuore e anestetizzava i sentimenti. Nell’ultima stazione le donne vanno di buon mattino al sepolcro dove è stato deposto Gesù, come quelle mamme e quelle mogli che all’alba fanno quelle file disumane per andare a trovare i propri cari. Gli olii e i profumi aromatici a Poggioreale sono anche quel sapone e quei bagnoschiuma che le suore dispensano con tanta generosità. Alcuni anni fa, un detenuto nel commentare questa scena raccontava che di notte gli sembrava di stare in quel sepolcro. E dal buio della sua cella, mentre i compagni dormivano, chiese al Signore se anche per lui ci sarebbe stata resurrezione. Al termine del rito il gruppo si scioglie e si torna nelle celle. Nel carcere di Poggioreale la via crucis continua nella vita di tutti i giorni. Ma il Venerdì Santo spesso lascia tracce nel cuore. Il desiderio di cambiare vita, una domanda di perdono. Quella che rivolse, appeso alla croce, il Buon Ladrone a Gesù. Giustizia: Orlando incontra i Pg, per trasferimento detenuti stranieri nei Paesi d’origine Il Velino, 17 aprile 2014 Si è svolto questa mattina, presso gli uffici di via Arenula, l’incontro voluto dal Ministro della Giustizia Andrea Orlando con i Procuratori Generali al fine di costruire una collaborazione per far fronte all’emergenza carceraria del nostro Paese. Al centro della riunione l’approfondimento degli strumenti e delle azioni necessarie al trasferimento dei detenuti nei Paesi d’origine, con particolare attenzione alla Decisione Quadro 2008/909/Gai relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive ai fini della loro esecuzione nei Paesi dell’Unione Europea. Nella riunione sono emerse le possibili soluzioni per rendere più rapide le procedure di trasferimento in conformità con le garanzie previste dall’ordinamento. I Procuratori generali hanno espresso apprezzamento per l’iniziativa del ministero, tesa a favorire un adeguato sostegno alle Procure con l’obiettivo di una compiuta attuazione della normativa europea che renderà possibile l’esecuzione della pena detentiva nel proprio Paese di provenienza del soggetto condannato in Italia. Giustizia: Orlando; 40 bambini in cella con le madri e soltanto 2 Icam, a Milano e Venezia Adnkronos, 17 aprile 2014 Sono 40 i bambini che vivono in carcere con le loro madri. Mentre 12 sono nei due unici istituti a custodia attenuata: sei in provincia di Milano, sei a Venezia. Ma entro fine mese sarà operativo anche un altro istituto del genere a Cagliari. I numeri li ha forniti il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Il ministro ha anche reso noto che attualmente in 105 carceri ci sono ludoteche e spazi verdi pensati per i figli dei detenuti. La struttura di Venezia è stata inaugurata nel 2012. La Casa, ricavata in un palazzo del 700 attiguo al carcere femminile della Giudecca, ne occupa metà pianoterra e il primo piano. I bambini e le bambine ospitati hanno a disposizione anche un grande giardino alberato, attrezzato per i giochi. La struttura comunica con la casa di reclusione dove le mamme hanno la possibilità di lavorare. Giustizia: le colpe (impunite) della destra… grazie anche alla complicità della sinistra di Marco Travaglio Il Fatto Quotidiano, 17 aprile 2014 Perché il detenuto Berlusconi Silvio non è in galera a scontare la pena per frode fiscale? Secondo Massimo D’Alema, convertito in tarda età al giustizialismo, perché è ricco e potente: "In Italia c’è una giustizia a velocità variabile. Cittadini molto meno fortunati, meno ricchi e potenti, per reati molto minori, vanno in prigione". Ora, che questi discorsi da bar li faccia la gente comune, è comprensibile. Ma che li faccia D’Alema, sette volte deputato e una europarlamentare, segretario del Pds, presidente della Bicamerale, presidente del Consiglio, vicepremier e ministro degli Esteri, è davvero troppo. L’inchiesta sui fondi neri Mediaset che ha portato alla prima condanna definitiva di B. nasce nel 2004: in origine le frodi fiscali ammontano a 360 milioni di dollari, con l’aggiunta di falsi in bilancio e appropriazioni indebite. Reati commessi dal 1988 fino al 2004, prescrizione di 15 anni, cioè nel 2017, quanto basta per celebrare tutti e tre i gradi di giudizio. Ma nel 2005 il centrodestra approva la legge ex Cirielli, che dimezza la prescrizione a 7 anni e mezzo, consente di sostituire il carcere con i domiciliari per gli ultrasettantenni e interrompe la "continuazione" dei reati. Cioè costringe i giudici a valutarli anno per anno. Risultato: spariscono subito i fondi neri di B. per gli anni 1988-’99 (che prima erano agganciati a quelli successivi). E da allora, a ogni anno di processo, evapora un anno di reati (quelli relativi a 7 anni prima). Così i falsi in bilancio e le appropriazioni indebite, grazie anche alla controriforma berlusconiana dei reati societari del 2002, scompaiono tutti. E così, anche grazie al condono tombale del 2003, le frodi fiscali. Alla fine resteranno in piedi solo le ultime, relative agli ammortamenti sul biennio 2002-2003 (7,3 milioni), che costeranno a B. la condanna definitiva. Con tutti gli altri reati falcidiati dall’ex Cirielli, la pena sarebbe stata nettamente superiore. Senza contare quelle che si sarebbe beccato B. negli altri sette processi, per falsi in bilancio e corruzioni di giudici e di testimoni, mandati in prescrizione dalle sue leggi. Ma anche i 4 anni del caso Mediaset sarebbero bastati a spedirlo per almeno un anno in galera (o al massimo ai domiciliari). Di lì, dopo 12 mesi, avrebbe potuto chiedere di scontare i restanti 3 anni ai servizi sociali. Ma nel 2006 ecco l’ennesimo salva-Silvio, stavolta targato centrosinistra (e naturalmente votato da Forza Italia): l’indulto di 3 anni, esteso ai reati dei colletti bianchi. Il Caimano intasca un bonus triennale da detrarre dalla prima condanna definitiva. E il 1° agosto 2013 i 4 anni a cui lo condanna la Cassazione scendono a 1 solo. Per questo, in base alla legge italiana, B. non entra neppure in carcere e chiede, da libero, i servizi sociali. Solo in casi eccezionali i giudici possono negarli: a lui, come a qualunque altro condannato. L’altro ieri il Tribunale di sorveglianza non gli ha usato alcun trattamento di favore: sono le norme fatte dalla destra e dalla sinistra che hanno allungato a dismisura i processi dei ricchi e dei potenti muniti di avvocati ben pagati, abbreviato i termini di prescrizione e indultato i delitti dei "signori" col pretesto di sfollare le carceri (peraltro mai viste dai "signori"). E alla fine hanno prodotto la pochade del frodatore pregiudicato che se la cava con 7 giorni di servizi sociali nell’ospizio di Cesano Boscone. D’Alema non faccia il furbo, scaricando sui giudici le colpe dei politici, lui compreso. Se il centrosinistra, nei suoi 9 anni di governo su 20, non avesse fatto da palo a B. conservando tutte le sue leggi vergogna e regalandogli l’indulto (che salvò anche i furbetti del quartierino amici di D’Alema), e avesse invece riformato la prescrizione (che salvò anche molti uomini del centrosinistra, incluso D’Alema per un finanziamento illecito da un imprenditore malavitoso), punito severamente la frode fiscale e mantenuto le promesse sulla certezza della pena, oggi Berlusconi sarebbe in galera da un pezzo. E in ottima compagnia. Giustizia: per "voto di scambio" fino a 10 anni carcere, ma per M5S è regalo a mafia 9Colonne, 17 aprile 2014 È legge il nuovo testo dell’articolo 416-ter, che prevede che chiunque accetti la promessa di procurare voti in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità venga punito con la reclusione da quattro a dieci anni. Il Senato, al termine di una mattinata contraddistinta nuovamente dalle veementi proteste del Movimento 5 Stelle, ha approvato il ddl sul voto di scambio, nello stesso testo che aveva già avuto l’ok da parte della Camera, con 191 voti favorevoli, 32 contrari (i grillini, per l’appunto) e 18 astenuti (i leghisti). "Affinché sia chiaro il valore dell’atto che stiamo per compiere, va sottolineato che l’assenza di questa tipologia di reato, della promessa reciproca di altra utilità, ha impedito fino ad oggi alla magistratura di contestare efficacemente quelle responsabilità come responsabilità penali" ha risposto Marco Mirabelli (Pd) alle contestazioni dei grillini (che hanno portato il presidente del Senato Pietro Grasso all’espulsione dall’aula di Vincenzo Santangelo, Alberto Airola e Barbara Lezza, responsabili insieme ad altri dei soliti cori "fuori la mafia dallo Stato" ma anche di aver polemizzato con cartelli sul recente incontro Napolitano-Berlusconi. "Stiamo reagendo in maniera determinata contro l’imbavagliamento imposto a chi vuole esprimere le proprie ragioni" ha detto il capogruppo del M5S Flavio Buccarella, che ricordando la presenza ieri in tribuna in Senato anche Beppe Grillo, che aveva spiegato di "voler vedere in faccia" chi avrebbe votato il ddl, ha rincarato la dose: "Purtroppo siamo costretti ogni giorni a guardare negli occhi persone che dicono parole così ipocrite". Secondo Michele Giarrusso (M5S) "il provvedimento rappresenta un grave arretramento nel contrasto della criminalità e pone le premesse per un nuovo patto tra Stato e mafia. La classe politica non si è sufficientemente interrogata sulle ragioni della mancata sconfitta della mafia da parte dello Stato". Ma di fatto il testo approvato rimane quello già approvato dalla Camera all’unanimità, e quindi con il voto favorevole anche degli stessi grillini a Montecitorio. Giustizia: Dell’Utri ricoverato in ospedale a Beirut "per ragioni umanitarie", in manette Corriere della Sera, 17 aprile 2014 Marcello Dell’Utri è stato trasferito all’ospedale Al Hayat, che si trova nella parte sud di Beirut. È un ospedale privato ma con una convenzione con l’esercito. Dell’Utri è piantonato dalla polizia e può incontrare solamente i familiari. Quando era detenuto nel quartiere generale del servizio di informazioni della polizia poteva incontrare solo familiari, avvocato e un diplomatico dell’ambasciata italiana. Per tutta la mattina Dell’Utri è stato sottoposto a una perizia medica che ha accertato la sua incompatibilità con la detenzione. La decisione è stata presa dal procuratore generale del sud del Libano Samir Hammud. Un ricovero deciso solo per "ragioni umanitarie", spiega l’avvocato libanese di Dell’Utri, Nasser Al Khalil, aggiungendo che non vi sono novità sul piano giudiziario. "Che io sappia, la richiesta documentata di estradizione non è ancora arrivata dall’Italia", ha detto il legale. Il giornalista del Corriere Giuseppe Guastella è riuscito a entrare nell’ospedale di Beirut e a vedere l’ex senatore prima di essere fermato dalla polizia: "Dell’Utri è fisicamente molto provato" ha raccontato al telefono. "Ha la barba lunga, l’aspetto stanco e fisicamente appare un uomo in difficoltà: è ammanettato". Guastella è stato fermato insieme al collega di Repubblica: i due sono riusciti ad entrare nell’ospedale per alcuni minuti, hanno provato a parlare all’ex senatore e a scattare delle foto. A quel punto è intervenuta la polizia libanese che ha bloccato i due e li ha portati in cella di sicurezza per una mezz’ora per l’identificazione. Le foto sono state cancellate e i due giornalisti sono stati poi rilasciati. Il rinvio in Cassazione Intanto è slittata al 9 maggio la decisione definitiva attesa dalla Cassazione sul destino di Dell’Utri: la Prima sezione penale ha accolto la richiesta di far slittare l’udienza per via delle cattive condizioni di salute dei legali, l’avvocato napoletano Massimo Krogh e il palermitano Giuseppe Di Peri. Così il "fondatore" di Forza Italia ha guadagnato giorni importanti, quasi un mese, nella lotta contro l’estradizione verso l’Italia dal momento che la nuova udienza è stata calendarizzata per venerdì 9 maggio, con inizio alle ore 14. Non è nemmeno così sicuro che il 9 maggio la Cassazione riesca a decidere in giornata se confermare o meno la condanna a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa che grava sul capo del latitante approdato a Beirut da Parigi. Il 9 maggio è un venerdì e se le cose si prolungassero - ad esempio l’avvocato Krogh reduce da un intervento con postumi per trenta giorni potrebbe anche sospendere la sua arringa e chiedere un aggiornamento - nulla esclude che la Prima sezione si riconvochi il giorno dopo, se non in altra data. I collegi e le udienze di routine sono già fissate con anticipo di mesi e non è facile ricomporre il puzzle per far riunire lo stesso collegio designato a trattare un caso incappato in un rinvio. Le incognite dietro l’angolo Qual è il rischio? Che l’ex braccio destro di Berlusconi torni libero. La misura cautelare alla quale è infatti soggetto Dell’Utri ha la durata di un mese, e scadrà quindi il 12 maggio: se dall’Italia entro quella data non arriveranno prove pesanti per giustificare la richiesta di estradizione, come appunto potrebbe essere una sentenza di condanna definitiva, le autorità libanesi potrebbero non ritenere affatto sufficiente il mandato di arresto emesso dalla Corte di Appello di Palermo. E quindi rilasciare l’ex senatore Pdl subito dopo il 12 maggio. Una richiesta di arresto non ha il peso di una condanna definitiva per un reato grave. E su quella richiesta tra l’altro pesa il reclamo dei legali di Dell’Utri: è improbabile che il tribunale del riesame di Palermo lo accolga, ma non si può nemmeno escludere. E al Riesame servono una decina di giorni per decidere. Ma, in ogni caso, anche il semplice dispositivo di condanna, non corredato dalle motivazioni, potrebbe essere considerato troppo poco: in genere serve almeno un mese affinché le motivazioni siano scritte dal relatore. Piemonte: nominato il Garante dei diritti dei detenuti, è il Radicale Bruno Mellano Ansa, 17 aprile 2014 Il Piemonte ha il suo Garante dei detenuti. È l’ex Consigliere regionale Radicale e parlamentare Bruno Mellano. L’accordo oggi nell’ultima seduta del consiglio regionale. Nulla di fatto,invece, per il difensore civico, per il quale era stato indicato l’avvocato Renzo Cappelletto. Chiudendo quella che "salvo effetti speciali dovrebbe essere l’ultima seduta del consiglio regionale" , il presidente Valerio Cattaneo ha ringraziato tutti "per il lavoro di questi 4 anni di legislatura travagliata". Comunicato dell’Associazione Radicale Adelaide Aglietta Dulcis in fundo: nell’ultima seduta, nell’ultima votazione, questo Consiglio Regionale ha trovato in sé la forza per fare la cosa giusta: nominare il Garante regionale delle carceri, come gli imponeva una legge regionale (la n. 28 del 2 dicembre 2009), entrata in vigore (si fa per dire) quattro anni e mezzo fa. L’Associazione radicale Adelaide Aglietta si è battuta, innanzitutto, perché tale legge fosse rispettata. Nel gennaio 2012 ponemmo il problema della nomina del garante in una conferenza stampa con Emma Bonino; seguì un digiuno a staffetta di decine di persone, durato vari mesi (durante il quale Igor Boni e Salvatore Grizzanti digiunarono per dieci giorni ed ottennero di essere auditi in Commissione); poi cinque detenuti del carcere di Asti diffidarono formalmente (grazie al lavoro dell’avvocato Antonio Maria Polito) il Presidente della Giunta Regionale ad attuare la legge; poi l’Associazione Aglietta inviò gli avvocati Mauro Anetrini e Alberto Ventrini a perorare la causa del garante in I Commissione, contro i tentativi di stravolgimento della figura del garante o addirittura di abrogazione della legge (vedi la famigerata Pdl "Montaruli - Pedrale"); e ancora comunicati, sit-in sotto il Consiglio (con battitura delle sbarre), lettere e appelli al Presidente Cattaneo. Detto questo, siamo ancor più soddisfatti perché il prescelto è Bruno Mellano. Nella legislatura 2000-2005 furono oltre 100 le visite effettuate da Mellano e da Carmelo Palma nelle carceri piemontesi. Mellano e Palma presentarono (il 7 febbraio 2005) la prima proposta di legge sul garante carceri, poi ripresa da Rocchino Muliere (PD) e divenuta legge. Mellano ha poi proseguito l’impegno sulle carceri come parlamentare della Rosa nel Pugno e poi nella sua normale attività lavorativa in una cooperativa impegnata nell’inserimento lavorativo anche di persone detenute. Auguriamo a Bruno buon lavoro, nell’interesse di tutta la collettività piemontese, di cui le 13 carceri, gli oltre 5.000 detenuti, le migliaia di agenti di polizia penitenziaria ed operatori devono essere considerati parte integrante, e non un mondo a parte. L’abbiamo sempre detto: la nomina del garante è una misura di riduzione del danno, né più né meno. Il 28 maggio, fra 42 giorni, scadono i termini assegnati all’Italia dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo affinché si ponga fine ai trattamenti inumani e degradanti che ormai da anni contraddistinguono l’esecuzione della pena e la custodia cautelare nei 205 penitenziari italiani. Continua la lotta di Marco Pannella e dei radicali per l’amnistia e l’indulto, nel silenzio generale delle forze politiche e dei media, nonostante le parole pesanti e inequivocabili pronunciate a più riprese dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Livorno: carcere delle Sughere, il nuovo padiglione sarà pronto entro fine mese di Lara Loreti Il Tirreno, 17 aprile 2014 Un mese di lavori, in cui le ditte si sono date un gran da fare per sistemare le infiltrazioni, gli ingranaggi arrugginiti e gli ascensori allagati del nuovo padiglione delle Sughere, pieno di problemi ancora prima di essere inaugurato. Le ultime notizie dicono che l’ormai famigerato nuovo edificio sarà consegnato alla direzione del carcere tra fine aprile e inizio maggio, per poi essere pronto e operativo a luglio. Una notizia da dare sottovoce, visto che la data dell’inaugurazione rimbalza da anni. Ma come mai questa improvvisa accelerazione? Chi lavora nel carcere di via delle Macchie testimonia che dai primi di marzo - quando sul Tirreno è uscita la notizia dell’indagine della Procura di Roma sulla regolarità dei lavori di costruzione della nuova struttura (che ospiterà 180 detenuti) - fino ad oggi, alle Sughere c’è stato un gran fermento di operai. E se davvero le ditte sono riuscite a sistemare tutte quelle anomalie in un mese, si può parlare di lavori a tempo record, se si considera che quel padiglione è in costruzione da 7 anni e che doveva essere pronto da almeno due. Sempre nello stesso periodo, i primi di marzo, alle Sughere c’era stata la visita del garante Marco Solimano, che aveva accompagnato il garante regionale Franco Corleone, e i consiglieri regionali Marco Ruggeri (accompagnato da Jari De Filicaia), Marta Gazzarri e Marco Taradash. Il gruppo, però, non aveva potuto far visita all’edificio perché chiuso. "Evidentemente la visita da me promossa con Garante regionale e i Consiglieri - dice Solimano - unita all’articolo del Tirreno sull’inchiesta in Procura, ha spinto verso un’accelerazione. Questo mi fa piacere, spero solo che non si tratti dell’ennesima data fantasma". L’obiettivo di fine aprile è confermato anche dalla direttrice delle Sughere, Santina Savoca: "Le ditte devono finire il collaudo, comunque a fine mese il padiglione ci verrà consegnato - conferma la dirigente. La data deve ancora essere fissata, ma tutto fa pensare che sarà effettiva. In queste ultime settimane le ditte hanno lavorato alacremente". Anche il sindacato Uil prende posizione sul tema: "Aspettiamo con trepidazione questa apertura, il punto però è che, una volta che l’edificio sarà attivo, il numero degli agenti in servizio dovrà essere proporzionato ai detenuti - dice Enrico Berti del coordinamento provinciale della Uil penitenziaria - il Ministero dovrà mandarci nuovi agenti, almeno i 50 che sono stati distaccati prima della ristrutturazione. Ora siamo 120 agenti per 160 detenuti, ma tra i poliziotti occupati nel Nucleo traduzioni e quelli amministrativi, operativi siamo solo una settantina: pochi". Il garante Solimano sottolinea anche il problema della destinazione del padiglione: "Girano ancora voci per cui all’interno verranno messi i detenuti della massima sicurezza: questa decisione, che era presente nel Piano di Giustizia 2013, sarebbe sbagliata. La provincia di Livorno è molto ampia e ha bisogno di posti in carcere per la media sicurezza. Sappiamo che la tendenza del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) era cambiata e che anche a Roma erano d’accordo per la media sicurezza, ma di ufficiale non è arrivato ancora niente. Inoltre, mi auguro che venga ripristinata la sezione femminile, che a Livorno c’è sempre stata e che a regime ha sempre ospitato non meno di 35-40, a fronte di una capienza di 45. Non è giusto che le donne vengono arrestate a Livorno poi vengano mandate altrove, spesso fuori regione per la penuria di posti". Reggio Emilia: 4 detenuti tunisini denunciano di aver subito violenze, 14 agenti indagati di Tiziano Soresina Gazzetta di Reggio, 17 aprile 2014 C’è una nuova inchiesta che ha sempre il proprio "cuore" nel carcere della Pulce. E per la seconda volta - un anno fa gli accertamenti finiti in un fascicolo riguardarono le botte ad un ladro georgiano - è il pm Maria Rita Pantani a dover sbrogliare l’intricata matassa di quanto sarebbe accaduto, nella struttura di via Settembrini, a quattro fratelli tunisini condannati pesantemente in primo grado perché ritenuti i "padroni" dello spaccio di droga in centro storico. Ed anche in questo caso vi sarebbero degli atti violenti, con accuse e controaccuse fra i quattro fratelli Rhimi e gli agenti di polizia penitenziaria: i detenuti nordafricani che denunciano calci e pugni ed altre lesioni subite, mentre le guardie carcerarie li accusano di subbugli all’interno del carcere. Mesi di tensioni - a cavallo fra la primavera 2012 e l’inizio del 2013 - che comunque hanno avuto già alcune conseguenze. I quattro tunisini (Ayachi, Hicham, Tarek e Maher Rhimi) sono stati trasferiti dal carcere della Pulce, mentre - per lesioni gravi - sono finiti nel registro degli indagati 14 agenti di polizia penitenziaria. Da quanto "filtra" dalle indagini, sarebbero già state fatte - nel carcere - delle perquisizioni e sarebbero stati acquisiti degli atti. Un blitz che lascia intuire come siano ancora diversi gli aspetti da focalizzare da parte del pm Pantani. Del resto anche la prima indagine si è rivelata delicata ed ha richiesto non pochi approfondimenti, fra cui anche due confronti effettuati in tribunale. E sono 9 (sugli iniziali 11) gli agenti carcerari riconosciuti da chi li accusa di pestaggio, cioè il georgiano 20enne Guran Shatirishvili (il "palo" del furto in cui il 9 luglio 2012 un ladro tentò di sparare ad un poliziotto). Reggio Emilia: Sappe; indagini sugli agenti? la magistratura faccia chiarezza al più presto Adnkronos, 17 aprile 2014 "La magistratura saprà accertare con chiarezza i fatti e ci auguriamo che lo faccia al più presto, al fine di sgombrare il campo da pesanti accuse, restituendo così la giusta e necessaria serenità al personale coinvolto e alle loro famiglie". Lo affermano Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe e Francesco Campobasso, segretario regionale dello stesso sindacato dei baschi azzurri, in merito "alle notizie riguardanti un’indagine in corso nei confronti di 14 agenti della polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Reggio Emilia accusati di lesioni nei confronti di alcuni detenuti". "Ci preoccupa il fatto -sottolinea il Sappe- che nel giro di un anno, per la seconda volta, la polizia penitenziaria di Reggio venga coinvolta in episodi di questo tipo, tant’è che proprio questa mattina abbiamo contattato il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria, al quale abbiamo chiesto di intervenire, per fare chiarezza dal punto di vista amministrativo". "Conoscendo la professionalità con cui opera il personale di polizia penitenziaria - spiegano ancora Durante e Campobasso - attendiamo fiduciosi, consapevoli del fatto che i nostri agenti, anche a Reggio, nel corso degli anni hanno lavorato per garantire l’incolumità dei detenuti, a molti dei quali hanno anche salvato la vita, quando gli stessi hanno tentato il suicidio. Questa - concludono i sindacalisti del Sappe - è la polizia penitenziaria che conosciamo e alla quale daremo sempre tutto il nostro sostegno e la nostra fiducia". Castelfranco Emilia (Mo): valutazioni Garante regionale detenuti, dopo visita al carcere Ristretti Orizzonti, 17 aprile 2014 L’ufficio del Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale si è recato presso la Casa di reclusione di Castelfranco Emilia (Mo) per effettuare colloqui con gli internati. Il numero delle presenze è tendenzialmente stabile: sono un centinaio le persone in regime di internamento, mentre quelle detenute in regime di custodia attenuata si contano sulle dita di una mano. Restano stabili anche le caratteristiche degli internati: si tratta per lo più di persone in condizione di forte disagio sociale, con storie di tossicodipendenza o problemi psichiatrici alle spalle (alcuni con doppia diagnosi), senza riferimenti sociali, abitativi, di lavoro, spesso privi anche di legami familiari dopo una vita trascorsa in carcere. Gli stranieri, spesso privi di documenti, sono ancora più sforniti di una rete di relazioni che possa supportarli all’esterno, con ulteriori difficoltà di reinserimento sociale. Immutata è anche la normativa prevista dal codice penale in tema di misure di sicurezza detentive per imputabili che prevede l’assegnazione alla casa di lavoro o alla colonia agricola, sebbene siano da tempo depositati progetti di riforma favorevoli alla loro abrogazione (fra gli altri, i progetti di riforma del Codice Penale Grosso, Nordio e Pisapia, e il Disegno di legge presentato nel 2010 alle Camere d’iniziativa dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna). All’interno della casa di lavoro c’è pochissima possibilità di lavorare (alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria), a turnazione, solo per periodi limitati e con retribuzioni decisamente insufficienti per chi è in condizioni di lavorare e vorrebbe impiegare utilmente il tempo. La giornata è trascorsa per la maggior parte nell’ozio. Da tempo viene applicato il regime aperto alle camere detentive, con un orario di apertura particolarmente ampio. Anche di recente (il 25 febbraio) la Garante regionale, Desi Bruno, è tornata ad interrogare in forma scritta i vertici dell’Amministrazione penitenziaria circa la possibilità di attuare forme di riorganizzazione tese alla territorializzazione delle misure di sicurezza (in questo senso potrebbero essere utilizzati gli appositi spazi degli istituti penitenziari, soluzione consentita dall’ordinamento penitenziario), consentendo il rientro e/o l’avvicinamento, ove possibile, degli internati ai luoghi di residenza o comunque di frequentazione abituale, e agevolando così la presa in carico da parte dei servizi territoriali. In questo modo, si potrebbe incidere sui casi di proroga, anche consentendo alla Magistratura di sorveglianza di valutare opportunità concrete per l’internato di progressiva "fuoriuscita" dalla misura di sicurezza, con la trasformazione della misura di sicurezza detentiva in libertà vigilata sino alla revoca. Sul tema, l’Amministrazione penitenziaria aveva già manifestato un orientamento favorevole. A normativa immutata, potrebbe risultare anche di una certa utilità il protocollo operativo predisposto dal Prap dell’Emilia-Romagna per la gestione dell’esecuzione della misura di sicurezza detentiva, del 24 settembre 2013, da applicare nei casi in cui la persona in esecuzione di pena - intra ed extra muraria- risulti soggetta a misura di sicurezza e finalizzato a consentire un’effettiva presa in carico della persona. Nel corso della visita, si è avuto modo di apprendere ulteriori dettagli circa la tragica morte di un internato, avvenuta fuori dall’istituto: di rientro da una licenza, mentre scendeva dal treno per fare rientro in Istituto, l’uomo è rimasto incastrato con il piede nella porta, la cui chiusura era stata attivamente automaticamente, venendo trascinato per centinaia di metri, prima che il treno interrompesse la corsa. Perugia: morte Aldo Bianzino in carcere, in appello ridotta pena poliziotto penitenziario Adnkronos, 17 aprile 2014 Pena ridotta da 18 a 12 mesi per l’agente della Polizia penitenziaria Gianluca Cantoro, accusato di omissione di soccorso e omissione di atti d’ufficio in relazione alla morte di Aldo Bianzino, avvenuta all’interno del carcere di Perugia nell’ottobre del 2007. Era stata la difesa dell’imputato a fare ricorso in appello perché quella pena per loro era troppo pesante, e perché, secondo una giurisprudenza del 2011, uno dei due reati poteva essere assorbito nell’altro, come effettivamente la Corte d’Appello di Perugia ha fatto oggi. La sentenza è arrivata dopo tre ore di camera di consiglio. Sulmona (Aq): fulmine sul carcere causa blackout, detenuti e personale senz’acqua www.quiquotidiano.it, 17 aprile 2014 L’ira di Zeus si scatena sui mortali o la natura fa semplicemente il suo corso? Un fulmine è caduto sul carcere di via Lamaccio e per la seconda volta, in pochi giorni, è mancata l’acqua nel penitenziario ovidiano e per diverse ore. Colpa del temporale e dell’impressionante scarica elettrica lanciata sulla struttura, fortunatamente non ci sono feriti. La saetta ha mandato in tilt la centralina elettrica della casa di reclusione, ma il sistema di emergenza ha funzionato. Scroscio incessante e abbondante di pioggia pomeridiana, il lampo è caduto violento appena dopo le 16 di ieri e, solo grazie all’immediato intervento dei tecnici, il sistema elettrico è stato riportato all’efficienza, ripristinato dopo diverse ore di lavoro. Scongiurata così anche l’eventualità di rimanere ancora senz’acqua calda, episodio che qualche giorno fa ha costretto a docce fredde l’intera popolazione carceraria, mandando in crisi circa 500 detenuti e costringendo a lavarsi con acqua gelida anche il personale che alloggia nei locali del penitenziario. Acqua fredda per 4 giorni perché mancava la soluzione salina da immettere nelle condotte per sterilizzarle e liberarle dal calcare. Niente malumori in circolo, ma l’aria poteva diventare davvero irrespirabile se non si agiva prontamente, equilibri precari che poco giovano ad un penitenziario di alta sicurezza e agli agenti di polizia penitenziaria, in vertenza perché sotto organico. Resta la preoccupazione sui fondi per la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’istituto di detenzione peligno, troppo pochi. Sono stati stanziati solo 150mila euro per la manutenzione ordinaria di tutti gli istituti di pena abruzzesi, briciole a confronto del lavoro che si deve garantire per evitare danni gravi agli impianti dei penitenziari. Troppo pochi 150mila euro per risolvere le anomalie strutturali delle carceri abruzzesi, insufficienti se si pensa alle carceri colabrodo e alle crepe degli istituti di pena, quello ovidiano non è da meno, nonostante la struttura sia quasi nuova. L’auspicio è di vedere nell’agenda governativa un impegno concreto per la ristrutturazione e la costante manutenzione delle carceri italiane. Per non ritrovarsi piegati da una situazione che, da un momento all’altro, potrebbe collassare. Pordenone: l’Orto dei detenuti e il sogno di aprire una bancarella al mercato cittadino di Daniele Boltin Messaggero Veneto, 17 aprile 2014 È l’orto urbano più curioso della città e si trova in pieno centro. Al Castello. I contadini in erba sono i detenuti della casa circondariale di Pordenone che, grazie a un insieme di sinergie, stanno dando una nuova immagine all’esterno del carcere. L’iniziativa, grazie alla disponibilità del direttore Alberto Quagliotto, è stata promossa dalle associazioni San Vincenzo, Carcere e comunità, dalla cooperativa Oasi, dal Comune e dall’Ambito distrettuale 6.5. Così "Un castello, l’orto e le rose" ha preso vita in quella fascia di terra inutilizzata tra la struttura del carcere e il muro di cinta. Il progetto è stato avviato a marzo del 2013, con l’impostazione del terreno da coltivare, e adesso è in fase avanzata. Nella parte superiore dell’area sono state piantate rose e papaveri, che danno colore alla prigione, mentre in quella inferiore erbe aromatiche e ortaggi. In questo momento sono due i detenuti al lavoro in giardino e hanno creato un orto rigoglioso e ordinato. L’obiettivo è fare una bancarella fuori dal portone del carcere e vendere gli ortaggi il sabato al mercato. Pavia: detenuto viene accompagnato in ospedale e tenta la fuga per ben due volte www.polpen.it, 17 aprile 2014 Il piano era stato studiato con attenzione e non poco "sacrificio", infatti è cominciato tutto con l’ingestione da parte del detenuto di alcuni corpi estranei, batterie ed accendino, così da essere trasportato d’urgenza al pronto soccorso del vicino ospedale. Qui è scattata la seconda fase del suo piano, infatti due Poliziotti Penitenziari lo hanno accompagnato all’interno della struttura ospedaliera e lui li ha strattonati, facendone anche cadere uno rovinosamente. Si è quindi dato alla fuga non calcolando però il terzo Poliziotto Penitenziario, l’Assistente Capo alla guida della scorta, che aspettava all’esterno della struttura. Proprio l’Assistente Capo si è subito accorto del fuggitivo e ha iniziato l’inseguimento, che si è concluso a pochi metri di distanza grazie anche all’aiuto dei vigili urbani che hanno partecipato al riarresto del detenuto bloccando uno dei due lati della sbarra d’accesso dell’ospedale. Non contento del fallito tentativo, il detenuto, ha attuato un farraginoso quanto disperato piano B, ovvero all’arrivo all’interno della struttura, il detenuto ha nuovamente tentato di strattonare il Personale di Polizia Penitenziaria non appena si sono aperte le porte del Cellulare, questa volta non è neanche cominciata la fuga, poiché la professionalità dei Poliziotti Penitenziari ha impedito che il tentativo desse l’esito sperato dal recluso. Sembra che tra tutti i Poliziotti Penitenziari che hanno partecipato a questa malaugurata esperienza nessuno abbia riportato, fortunatamente, ferite gravi. Salerno: accordo Piano di Zona-Uepe, 20 detenuti saranno impiegati in servizi di utilità di Alfonsina Caputano La Città di Salerno, 17 aprile 2014 Detenuti impiegati in lavori al servizio della comunità. È quanto stabilito da una apposita convenzione stipulata tra il Piano di zona Ambito S2 e l’Ufficio per l’esecuzione penale esterna del Tribunale di Salerno, che ha consentito anche di avviare l’applicazione della misura dei lavori di pubblica utilità. L’obiettivo principale del provvedimento è quello di realizzare il trattamento socio- educativo delle persone sottoposte a condanne e favorirne il reinserimento sociale attraverso delle pene alternative al carcere. Nel dettaglio, saranno complessivamente venti le persone coinvolte nel programma. Di queste, due sono già in corso di esecuzione, per reati che riguardano le violazioni al Codice della strada, la detenzione di piccole dosi di stupefacenti ed attività scorrette nel settore del gioco e delle scommesse clandestine, oltre che dello svolgimento di manifestazioni sportive. I lavori di pubblica utilità nei quali saranno impiegate le venti persone con precedenti penali riguardano diversi settori. In particolare, si occuperanno di manutenzione del verde pubblico e delle strade cittadine, di servizi sociali ma anche di attività culturali e di segreteria. Verona: strada spianata al "Rems" di Nogara, 40 detenuti psichiatrici ospitati dal 2016 di Riccardo Mirandola L’Arena, 17 aprile 2014 L’assessore regionale alla Sanità Luca Coletto ha presentato in municipio il progetto della nuova struttura. Il cantiere da 12,6 milioni di euro aprirà nel giugno del 2015 Verranno costruiti nuovi edifici da quattro stanze per 40 pazienti La nuova struttura per detenuti psichiatrici, tecnicamente chiamata Rems - acronimo che sta per residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza - è stata presentata ufficialmente ieri mattina in municipio dall’assessore regionale alla Sanità Luca Coletto, dal direttore generale dell’Ulss 21 Massimo Piccoli e dal sindaco Luciano Mirandola. Un progetto, quello per il Rems, che è già stato approvato dalla Giunta regionale e che ora ha la strada spianata per la realizzazione grazie ad un finanziamento statale di 12 milioni di euro a cui andranno ad aggiungersi i 600mila stanziati dal la Regione stessa. I tempi che Coletto, Piccoli e Mirandola hanno messo sul tavolo per la costruzione del futuro centro, al centro di timori e qualche protesta, sono piuttosto chiari. Entro il giugno del 2015 inizieranno i lavori che dovranno poi terminare a fine 2016. "Il Comune di Nogara", ha esordito Coletto, "ha creduto fin da subito in questa opportunità unica per l’ex ospedale Stellini e in quattro mesi siamo arrivati ad avere tutte le autorizzazioni necessarie per far partire l’iter. Questa è vera efficienza amministrativa e voglio evidenziare che in questo periodo di ristrettezze economiche anche nel settore sanitario stiamo puntando ad un investimento forte sul territorio con benefici sul fronte occupazionale". "I posti di lavoro previsti", ha aggiunto l’assessore regionale, "saranno infatti almeno 150, compreso l’indotto, e di questo occorre sicuramente tenere conto. La Regione sta correndo per realizzare la Rems in tempi molto rapidi e la scelta di Nogara è ottimale sotto tutti i punti di vista". Il progetto prevede innanzitutto la ristrutturazione della corte agricola adiacente all’ex ospedale e di villa Stellini, meglio conosciuta come primo padiglione della struttura ospedaliera nata agli inizi del 1900. Nelle vicinanze troveranno invece posto alcuni nuovi edifici che andranno ad accogliere 40 pazienti attualmente detenuti a Castiglione delle Stiviere (Mantova) e a Reggio Emilia. Tali costruzioni saranno strutturate su un unico piano e avranno quattro stanze da letto ciascuna con relativi servizi e una sala polifunzionale. Sul fronte della sicurezza, la Regione, in ottemperanza a quanto previsto dalle normative europee in materia, adotterà un sofisticato sistema di videosorveglianza con barriere verdi composte da alberi e siepi in modo che il contesto ambientale non sia quello di una Struttura carceraria vera e propria. "Il progetto per il futuro dello Stellini", ha commentato Mirandola, "è stato ben recepito dalla popolazione anche perché fa sperare in un futuro roseo per il nostro ospedale. Va precisato che tutto il piano terra sarà occupato dai servizi specialistici, dalla Radiologia e dai medici di base, mentre il primo piano accoglierà il nuovo reparto di Psichiatria, i cui lavori sono in fase avanzata". Ci sarà poi", ha proseguito, "il trasferimento dei non autosufficienti della casa di riposo al secondo piano mentre per l’ala sud puntiamo ad allestire un centro di diagnostica per arginare la fuga degli utenti dell’Ulss 21 verso il Mantovano. Sono orgoglioso di dire che così facendo diamo speranze concrete per poter riempire lo Stellini nei prossimi tre anni e questo grazie alla Regione e all’Ulss 21". Speranze, quelle di Mirandola, che sono state poi confermate dal direttore generale. "Per Nogara", ha chiarito Piccoli, "puntiamo a 50 posti letto di Rsa per i non autosufficienti della casa di riposo anche se speravamo di poter accogliere anche quelli di Gazzo. Avremo poi 20 posti di ospedale di comunità, il reparto di Psichiatria per acuti, la Radiologia e la diagnostica. Segno, questo, che su Nogara in pochi anni verranno investiti ben 15 milioni di euro. A testimonianza della considerazione verso questa struttura abbiamo già chiesto alla Fondazione Cariverona di finanziare l’acquisto di un ecografo di ultima generazione del costo di 600mila euro". Ancona: Sappe; detenuto evade da lavoro all’esterno…. si poteva evitare Ansa, 17 aprile 2014 Un detenuto slavo, ristretto per spaccio di droga nel carcere di Ancona Barcaglione, è evaso durante il lavoro all’esterno che effettuava presso una Cooperativa. Lo rende noto Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. "Il fine pena del detenuto era nel 2015 ma nelle ultime ore è intervenuta per lui una nuova condanna a ulteriori 3 anni per cui ha pensato bene di allontanarsi. E ci sembra grave che il direttore non abbia ritenuto prudente, come invece avrebbe dovuto a nostro avviso, di interrompere ancorché temporaneamente l’impiego di lavoro all’esterno. Questo avrebbe potuto evitare l’evasione, così come avere a disposizione adeguate politiche penitenziarie che invece l’Amministrazione penitenziaria guidata da Giovanni Tamburino non persegue affatto, inseguendo la favola della vigilanza dinamica e delle carceri autogestite. Per questo chiediamo al Ministro della Giustizia Orlando di avvicendare l’attuale Capo del Dap". Capece sottolinea che gli episodi di evasione sono minimi, "ma è evidente che c’è sempre qualcuno che se ne approfitta: nel 2013 sono state complessivamente 10 le evasioni commessa da soggetti ammessi al lavoro all’esterno, come in questo caso, 10 quelle poste in essere da Istituti di pena e 47 dopo aver fruito di permessi premio e 21 dalla semilibertà. In questo caso c’è il rammarico per una evasione che poteva essere evitata con un minimo di attenzione maggiore da parte del direttore". Isernia: Uil-Pa; carcere in stato abbandono e sovraffollamento, anche in otto in camerone Ansa, 17 aprile 2014 "Nel carcere di Isernia c’è una condizione di abbandono". Å il giudizio impietoso del segretario nazionale Uil-Pa, Eugenio Sarno, al termine di una visita nel penitenziario di Ponte San Leonardo, nell’ambito dell’iniziativa "Lo scatto dentro, perché la verità venga fuori". Sarno era stato in servizio al carcere di Isernia nel 1983 come guardia carceraria. "La situazione - ha detto - è mutata molto. Prima questa struttura era di riferimento. Oggi, invece, non abbiamo testimone se vi sia un direttore o se vi sia un comandante, tant’è che trascorse due ore non abbiamo potuto acquisire i dati delle presenze. C’è una situazione di assoluto sovraffollamento, un cella singola ospita tre detenuti, in un camerone da quattro sono alloggiati otto o dieci detenuti. Come per la quasi totalità degli istituti penitenzieri, il cucinino è ricavato nel bagno per cui i detenuti cucinano dove defecano". La visita di Sarno è stata documentata con scatti fotografici, alcuni dati ai giornalisti. Il sindacalista ha fatto, inoltre, rilevare che "c’è un laboratorio odontoiatrico attrezzato, ma inutilizzato". "Qualcuno - ancora Sarno - qui a Isernia voglia approfondire perché quelle attrezzature, ancora incartare, sono state acquistate e non utilizzate". Sarno ha posto anche un altro interrogativo relativo all’infermeria presente nella struttura, ma quando "i detenuti stanno male vengono portati in ambienti sanitari esterni, con un aggravio dei carico di lavoro per la polizia penitenziaria". Nel pomeriggio i detenuti hanno ricevuto la visita dei frati francescani che hanno celebrato, nel penitenziario, il rito della Lavanda dei Piedi. Roma: il Cappellano di Regina Coeli; i detenuti sono affascinati da Papa Francesco Adnkronos, 17 aprile 2014 "I detenuti, praticamente tutti, anche quelli non cattolici, sono letteralmente affascinati dalla figura di papa Francesco: è entrato nel loro cuore". È quanto sottolinea all’Adnkronos padre Vittorio Trani, il francescano che da ben 35 anni è il cappellano del carcere romano di Regina Coeli, dove oggi l’elemosiniere pontificio monsignor Konrad Krajewski ha portato oltre mille Vangeli tascabili, dono speciale del Papa per la Pasqua. "È stato un gesto bellissimo che è stato molto apprezzato, il segno di una attenzione straordinaria da parte del Santo Padre - commenta padre Vittorio - I detenuti percepiscono la sua vicinanza e in tanti mi hanno chiesto di ringraziare papa Francesco, di fare da tramite". Del resto, la religiosità è una componente tradizionalmente forte all’interno delle mura penitenziarie. "La Bibbia e il Vangelo sono sempre molto richiesti. Anzi, ce ne vorrebbero tanti anche in altre lingue, visto la forte presenza di detenuti non italiani - è la richiesta del cappellano - Molti richiedono anche la corona per il Rosario e recentemente abbiamo distribuito dei crocifissi in miniatura. Anche la benedizione pasquale delle celle è stata chiesta da circa il 95% dei detenuti, persino dai musulmani con i quali il rito tradizionale cattolico è stato sostituito con una loro preghiera islamica". Ferrara: Collettivo 34R e laboratorio Sancho Panza in sciopero della fame per i detenuti www.telestense.it, 17 aprile 2014 Sciopero della fame per chiedere di migliorare la vita dei carcerati: è il digiuno a staffetta organizzato dal Collettivo 34R e dal laboratorio Sancho Panza, che da oggi faranno il digiuno a staffetta. Quarantotto ore di digiuno a testa per una settimana: obiettivo rivendicare i diritti dei detenuti. È l’iniziativa indetta a livello nazionale dal Coordinamento dei detenuti a cui hanno aderito il Collettivo 34R e il laboratorio Sancho Panza di Ferrara. Oltre allo sciopero della fame, le associazioni sostengono i carcerati anche con altre iniziative. Ad esempio raccolgono al centro "La Resistenza" di Ferrara libri, dischi e foto da consegnare poi ai detenuti, che li aiutino a evadere con la mente per un attimo dalle quattro mura della cella. Bolzano: il vescovo Muser incontra i detenuti e celebra liturgia all’interno del carcere Ansa, 17 aprile 2014 Il vescovo Ivo Muser, insieme al cappellano del carcere Roland Faustin, ha celebrato una liturgia della parola nel carcere di Bolzano con i detenuti, il personale del carcere, i sostenitori e i numerosi volontari. Nel corso dell’omelia il vescovo Ivo Muser ha sottolineato che si tratta di guardare con sincerità e umiltà nello specchio della propria vita. Traendo spunto dal Vangelo odierno il vescovo ha detto che ognuno si deve porre la domanda se è capace, di essere fedele o meno nel mondo degli affari, nel matrimonio, con gli amici. "In questo modo la parola del Vangelo diventa concreta, diventa parola di Dio per me, diventa un grande invito alla conversione", ha detto mons. Muser, spiegando perché la Pasqua è la festa della vita, della gioia e della speranza. "Credete in Dio che non vi esclude, che sta dalla vostra parte", ha detto il vescovo. A quanti lavorano nel carcere e a tutti i volontari il presule ha detto di tentare sempre di salvaguardare la dignità di tutti coloro che sono messi nella loro responsabilità. Al termine della celebrazione della Liturgia della Parola il vescovo Muser ha dedicato molto tempo a parlare con i detenuti, ma anche con i responsabili del carcere, i volontari e i sostenitori. Benevento: Sinappe; detenuti minacciano agente e oltrepassano il cancello di sbarramento www.ntr24.tv, 17 aprile 2014 L’episodio è avvenuto questa mattina alla Casa circondariale di Capodimonte. Il sindacato degli agenti penitenziari: "La direzione intervenga". Ha aggredito verbalmente un assistente capo di polizia penitenziaria insultandolo ripetutamente e poi minacciandolo di morte. Infine, accompagnato da altre persone, ha oltrepassato il cancello di sbarramento del locale passeggio prima di essere bloccato dagli agenti. L’episodio, secondo quanto riferito dal Sinappe, è accaduto questa mattina nel carcere di Capodimonte, a Benevento. Protagonisti della vicenda alcuni detenuti di origine casertana e napoletana, rinchiusi per associazione di stampo camorristico. Il gesto da parte dell’arrestato, secondo il sindacato, sarebbe stato dettato dalla volontà di imporre la propria leadership criminale anche all’interno della casa circondariale sannita. La sommossa è stata evitata solo grazie all’intervento del personale in servizio che nell’immediatezza ha contenuto il tentativo. "È evidente - spiega in una nota il Sinappe - quanto la carenza di personale all’interno dell’istituto e la mancanza di strumenti atti a prevenire simili episodi pesi sulle decisioni dei detenuti tali da intraprendere azioni delittuose nei confronti del personale di Polizia Penitenziaria, creando vere e proprie associazioni criminali anche all’interno dei penitenziari, prendendo ad ostaggio chi nel rispetto delle regole lavora quotidianamente garantendo sicurezza e legalità. Pertanto - aggiunge il comunicato, il Sinappe esprime la propria indignazione per quanto successo, chiedendo alla Direzione interventi e provvedimenti atti a prevenire ulteriori episodi di violenza. Nella circostanza - conclude - esprime la propria solidarietà e il proprio sostegno al personale operante che ancora una volta ha dato prova di competenza e coraggio nella gestione di eventi delittuosi che compromettono la sicurezza dell’Istituto". Forlì: mille libri catalogati da due detenute, che ricevono attestati per l’impegno profuso Dire, 17 aprile 2014 Nel carcere di Forlì, all’interno della sezione femminile, si è concluso il progetto "Cataloghiamo i libri". Grazie alle donazioni di librerie e computer, da parte di Hera, è stato possibile, spiega una nota di Linea rosa onlus, catalogare gli oltre mille volumi della biblioteca rendendo, attraverso una catalogazione accurata, maggiormente fruibile e consultabile il patrimonio librario. Nella realizzazione del progetto sono state coinvolte due detenute che hanno "lavorato con entusiasmo", affiancate dalla volontaria di Linea Rosa. E ieri sono stati consegnati gli attestati di riconoscimento per sottolineare l’impegno con cui le donne coinvolte nel progetto hanno svolto il loro lavoro. Roma: il 20 maggio sit-in del Sappe, richiesta è di avvicendare Capo del Dap Tamburino Comunicato Sappe, 17 aprile 2014 In piazza, ancora una volta, per gridare l’ira dei poliziotti penitenziari del primo Sindacato della Polizia Penitenziaria contro la dirigenza dell’Amministrazione Penitenziaria guidata da Giovanni Tamburino. Lo ha deliberato questa mattina la riunione della Segreteria Generale del Sappe, riunita nella sede romana di via Trionfale. "La decisione è stata unanime e fortemente caldeggiata dai nostri Consiglieri Nazionali in occasione del recentissimo XXV Consiglio Nazionale del Sindacato", spiega il Segretario Generale Sappe Donato Capece. "Viviamo da due anni nell’immobilismo totale, con una Amministrazione incapace di dare soluzioni alle molte criticità con le quali si trova costretto ad operare quotidianamente il Personale di Polizia Penitenziaria. Auto e furgoni che cadono a pezzi eppure continuano a circolare per le strade, sicurezza e salubrità dei luoghi di lavoro precarie (a Sollicciano, tanto per fare un esempio sono stati trovati morti dei topi nella Caserma Agenti ed oggi persino nella cucina), poliziotti stressati e demotivati senza alcuna formazione professionale. La misura è colma e non possiamo restare con le mani in mano. Torneremo in piazza per gridare la nostra rabbia e per chiedere al Ministro della Giustizia Orlando ed al Presidente del Consiglio Renzi di non confermare - e quindi avvicendare - il Capo del Dap Tamburino, primo responsabile di questo generalizzato malessere". Cinema: "Delinquenti", documentario sull’Ucciardone denuncia condizioni delle carceri di Antonella Folgheretti www.ilsitodipalermo.it, 17 aprile 2014 Il progetto è dell’associazione palermitana "Cineanima": vuole documentare cinematograficamente le meno visibili realtà del disagio sociale. La missione è quella di comprendere i fenomeni di marginalità sociale e la strada scelta è quella del documentario. Così l’associazione Cineanima (nata nel 2010 a Palermo è presieduta da Giuseppe Candura), attraverso l’uso professionale del film documentario d’autore, cerca di creare nuove spinte verso l’integrazione culturale e la legalità. Ne è il frutto il documentario "Delinquenti". Il lungometraggio rappresenta la condizione detentiva, esempio emblematico di marginalità. "Delinquenti" coglie le vite di singoli detenuti nella loro realtà quotidiana all’interno della Casa circondariale "Ucciardone" di Palermo. Sulla base dell’autorevole esperienza già realizzata all’interno della Casa circondariale, il Ministero della Giustizia ha nuovamente autorizzato la casa di produzione alla realizzazione di un documentario sulle persone internate nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto in Provincia di Messina. L’autorizzazione del Ministero di Giustizia ha consentito alla casa di produzione Cineanima di effettuare le riprese a stretto contatto con i detenuti per oltre tre settimane. Ispirato al "cinéma vérité", il film non contiene interviste e scene preorganizzate ma soltanto immagini straordinariamente autentiche dei detenuti immersi nei riti e tabù del microcosmo carcerario più famoso d’Italia. Le speranze, paure, confessioni e lacrime dei reclusi pervadono il documentario rendendolo una testimonianza straordinaria ed esclusiva sull’idea stessa della pena e del reinserimento sociale. L’iniziativa, si è avvalsa del patrocinio e del supporto di Regione Siciliana, Autorità Garante dei Diritti dei Detenuti, Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo, Distretto Siciliano dei Lions Clubs Internationals, e Consorzio Med Europe Export di Confindustria Palermo. Il documentario "Delinquenti" ha vinto, presso l’International Documentary film festival di Sarajevo, il Grand Prix per il miglior film documentario in concorso "Per la coesione dei messaggi universali e l’approccio coraggioso alle complesse tematiche sociali". "Delinquenti" è andato in onda in anteprima nazionale il 26 marzo 2014 su "Diario Civile", il programma di Rai Storia sui temi della giustizia e dei diritti, con la presentazione del Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti. Il lavoro porta la firma di Tamara von Steiner, regista nota per opere, sempre intrise di un colto simbolismo e d’una estetica elegante. La direzione della fotografia è stata curata da Irma Vecchio, formatasi in Germania e che vanta lavori con grandi maestri come Wim Wenders e Franco Maresco. Il sound design è stato realizzato da Aleksandar Protic, cineasta serbo con all’attivo oltre 30 lavori di rilievo internazionale che conta fra le tante importanti collaborazioni anche quella con il celebre regista Emir Kusturica. La presa diretta dell’audio è stata curata da Francesco Vitaliti che ha collaborato con il centro Sperimentale di Cinematografia e con varie produzioni cinematografiche tra cui quella dell’ultimo film di Franco Maresco. Immigrazione: giovane tunisino dà fuoco a una coperta, allarme al Cie di Bari La Repubblica, 17 aprile 2014 In udienza dal giudice per conoscere il suo destino. Nè l'espulsione e il rimpatrio né la liberazione e il permesso. Ma ancora un rinvio e un prolungamento della permanenza all'interno del Centro di identificazione ed espulsione del quartiere San Paolo di Bari. Così un giovane tunisino, esasperato dall'ennesimo prolungamento, dopo l'udienza, al rientro nel modulo in cui è detenuto, ha dato fuoco a una coperta per protesta. Il fumo proveniente dalle stanze del Cie ha subito allarmato il personale in servizio nel centro per migranti senza documenti. Sono stati gli operatori della cooperativa che gestisce il Cie a spegnere il rogo. La polizia ha poi identificato l'autore del gesto. I disordini sono avvenuti ieri mattina alle 11. Ma, spiegano gli operatori, sono pane quotidiano. La scorsa settimana una protesta simile era stata messa in scena da un migrante che chiedeva di uscire dalla cella per raggiungere il fratello in Calabria perché gli avevano sparato. Il giovane africano, mercoledì scorso, aveva appiccato il fuoco a un materasso. A domare le fiamme erano stati gli stessi poliziotti e gli operatori del centro con un estintore anche se era stato necessario l'intervento dei vigili del fuoco. "Sono esasperati dalla detenzione, cercano la libertà" ha spiegato in un'intervista a Repubblica il direttore del Cie di Bari, Rohan Lalinda, con un passato da clandestino e di detenuto all'interno di uno di questi centri. Droghe: piccolo spaccio, approvato emendamento del governo. Obiettivo "niente carcere" di Simona D’Alessio Italia Oggi, 17 aprile 2014 Reclusione da 6 mesi a 4 anni e sanzioni (da circa 10 mila euro) per il reato di piccolo spaccio di sostanze stupefacenti, con l’obiettivo di "non renderlo punibile con il carcere". È quanto stabilisce un emendamento del governo al decreto 36/2014 (Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del presidente della repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale), approvato ieri dalle commissioni giustizia e affari sociali di Montecitorio. Una scelta che segue di poche settimane la decisione di introdurre tale fattispecie, all’interno di un precedente decreto, 146/2013, per ridurre la popolazione dietro le sbarre per smercio di dosi contenute di stupefacenti (si veda Italia Oggi del 31/01/2014), e che risente della bocciatura della Consulta, il 13 febbraio scorso, della legge 49-2006, la Fini-Giovanardi; il provvedimento dell’esecutivo Renzi, infatti, nasce principalmente per rivedere le norme che avevano equiparato le droghe leggere a quelle pesanti, imponendo eguali pene e ammende. In tal modo, viene, dunque, ripristinata l’attenuante della lieve entità e, spiega a Italia Oggi Piergiorgio Vargiu (Sc), relatore del testo insieme a Donatella Ferranti (Pd), "si considera il piccolo spacciatore un consumatore che fa un’attività di supporto ad altri consumatori. Chiaro è" che, prosegue, fi no ai 4 anni previsti, "c’è un’ampia gradazione della pena, che porterà il magistrato a decidere come infliggerla, anche in base ad altri elementi", per esempio valutando la diversificazione fra allucinogeni. Il ministero della salute, inoltre, potrà, con un apposito decreto, procedere all’aggiornamento delle tabelle, sentiti il Consiglio e l’Istituto superiore di sanità, e non più palazzo Chigi e il dipartimento nazionale per le politiche antidroga, secondo quanto si legge in una proposta del M5S che ottiene il via libera. In giornata, o al più tardi martedì, il dl sarà licenziato dai deputati della II e della XII commissione e, una volta ottenuto il parere degli altri organismi parlamentari, è atteso per l’esame in Assemblea il 28 aprile. Siria: foto di presunte torture sui prigionieri mostrate al Consiglio di sicurezza dell’Onu Nova, 17 aprile 2014 Foto delle presunte torture perpetrate dal governo siriano contro i prigionieri sono state mostrate ieri ai componenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Dalle immagini emergono abusi di ogni genere nei confronti dei detenuti, inclusi pestaggi e strangolamenti. Il governo di Damasco ha smentito la veridicità delle foto, pubblicate in un rapporto commissionato dal Qatar, paese vicino all’opposizione siriana. La sessione di ieri del Consiglio di sicurezza è stata convocata dalla Francia che ha chiesto alla Corte penale internazionale di indagare sui crimini contro l’umanità commessi in Siria. L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navi Pillay, aveva denunciato lunedì scorso "un uso dilagante" della tortura in Siria, anche nei confronti dei bambini. "In ogni conflitto armato la tortura costituisce un crimine di guerra, ma quando viene utilizzato in modo sistematico e diffuso, ed è il caso della Siria, ciò costituisce un crimine contro l’umanità", ha dichiarato la Pillay, secondo quanto riporta il sito web delle Nazioni Unite. L’Alto commissariato dell’Onu ha pubblicato nei giorni scorsi un rapporto contenente un resoconto dettagliato delle violazioni di diritti umani commesse in Siria. "Esorto il governo e i gruppi armati dell’opposizione in Siria a fermare immediatamente l’uso della tortura e degli abusi e a rilasciare tutti coloro che sono arbitrariamente detenuti in condizioni che violano chiaramente le normative internazionali sui diritti umani. I detenuti devono essere trattati umanamente", ha detto la Pillay. Secondo il rapporto dell’Ufficio dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (Unhrc), che si è basato su interviste rilasciate da persone che hanno trascorso del tempo in strutture di detenzione durante il conflitto in Siria, i detenuti vengono regolarmente picchiati e umiliati per diverse ore dalle guardie in quella che viene definita come "festa dell’accoglienza". Svizzera: detenuto serbo incendia la cella, ricoverato in ospedale e già dimesso www.cdt.ch, 17 aprile 2014 Un incendio è scoppiato nelle prime ore di stamane in una cella per gli arresti situata in uno stabile amministrativo alla periferia di Berna. La polizia cantonale pensa che ad appiccare il fuoco sia stato lo stesso detenuto, un serbo di 36 anni, che è stato ricoverato all’ospedale per sospetta intossicazione da fumo ma è già stato dimesso. I pompieri sono stati allarmati poco prima delle 4.30 e hanno domato le fiamme in breve tempo con un semplice estintore, ha indicato stamane il comando dei vigili del fuoco in una nota. Una volta spento l’incendio i pompieri hanno dovuto usare potenti ventilatori per liberare dal fumo i piani dello stabile, situato a pochi passi dallo Stade de Suisse (ex Wankdorf). L’ammontare dei danni non è stato ancora stimato. Il portavoce della polizia cantonale Christoph Gnägi, interpellato dall’ats, ha detto che l’uomo era stato fermato poco dopo le due di stamane a Rüfenacht, nel comune di Worb a est di Berna, perché aveva danneggiato un distributore automatico di alimentari. L’uomo è stato portato al posto di polizia per accertamenti, visto che non aveva documenti addosso, ed è risultato essere ricercato. Probabilmente ha appiccato il fuoco con un accendino, bruciando un "elemento di plastica" non meglio precisato che ha fatto molto fumo. Il serbo, ricoverato in ospedale dalla polizia sanitaria, non è rimasto ferito come indicava la nota mattutina dei pompieri, ha detto Gnägi, ed è già stato dimesso. Venezuela: respinta richiesta di amnistia per leader delle proteste, centinaia gli arrestati Il Velino, 17 aprile 2014 Nulla di fatto dopo la riunione tra il governo e l’opposizione. Oltre 40 morti e centinaia di arrestati dall’inizio delle manifestazioni. Il governo venezuelano ha respinto le richieste arrivate dall’opposizione di una amnistia per i leader delle proteste attualmente in carcere. Rappresentanti del governo e dell’opposizione si sono incontrati per la seconda volta martedì per cercare di porre fine a due mesi di proteste anti-governative. Dopo la riunione, Ramon Aveledo, della coalizione di opposizione Mud ha dichiarato che la sua proposta di una legge di amnistia era stata respinta. Aveledo ha spiegato che l’opposizione cercherà ora "altri modi" per risolvere il problema dei "prigionieri politici". Il vicepresidente Jorge Arreaza ha aggiunto che entrambe le parti hanno condannato qualsiasi uso della violenza. Più di 40 persone sono morte nel corso degli scontri e centinaia di persone sono state arrestate da quando le proteste sono iniziate ai primi di febbraio. La maggior parte è stata rilasciata, ma un certo numero di politici di alto profilo dell’opposizione è ancora in stato di detenzione. Tra quelli ancora in carcere ci sono Leopoldo Lopez, accusato di incitamento alla violenza, e i sindaci delle città di San Cristobal e San Diego, Daniel Ceballos e Enzo Scarano. La scorsa settimana, il capo del comando strategico militare del Venezuela, Vladimir Padrino, ha ammesso che sono stati commessi "alcuni eccessi" dai membri della Guardia Nazionale. Arabia Saudita: carcere fino a un anno e multe per mariti che picchiano le mogli Agi, 17 aprile 2014 Il ministero della Giustizia saudita ha annunciato che a partire dalla prossima settimana saranno puniti con carcere e multe gli uomini che picchiano le mogli. Secondo il quotidiano al-Jazira, il governo ha deciso che possano essere inflitte multe dai 5mila e ai 50mila rial (tra i mille e 12mila euro) e pene detentive che andranno da un mese a un anno. Le pene sono previste nell’ambito dalla cosiddetta "Legge di Protezione contro i Danni", varata recentemente dal governo, messa a punto da un’equipe che si è avvalsa anche della consulenza di organizzazioni a tutela dei diritti umani. Finora le autorità saudite affidavano al libero arbitrio dei giudici il compito di condannare e punire gli uomini colpevoli di violenze domestiche, ma questo ha dato spazio alle interpretazioni più fantasiose. Memorabile la sentenza del maggio 2012, quando il magistrato condannò un marito a memorizzare cinque parti del Corano e 100 "hadiz", i detti del profeta Maometto; a settembre dello stesso anno un giudice condannò un marito a 20 frustate, assestate alla presenza della moglie mentre un altro coniuge violento, nel marzo dell’anno scorso, fu condannato a 45 giorni di prigione, 50 frustate e a frequentare un corso sulle tecniche per favorire una serena vita matrimoniale.