Giustizia: "Law & Order" ... lo slogan della destra oggi è anche quello della sinistra di Donatella Coccoli Left, 15 aprile 2014 Vent’anni di scontro tra giudici e centrodestra berlusconiano. Il risultato? La magistratura che si arrocca, la politica che fugge e abbandona i più deboli. "La cultura giuridica di sinistra è stata quasi paralizzata, perché ha dovuto difendere la magistratura dagli attacchi, riducendo la critica. Questo ha determinato una caduta della cultura garantista. Penso per esempio a molti processi di mafia o a quelli nei confronti dei No Tav" . L’analisi è di Luigi Ferrajoli, filosofo del diritto di fama internazionale, che proprio sul garantismo ha fondato gran parte della sua ricerca (i suoi ultimi libri sono Dei diritti e delle garanzie, Il Mulino, e La democrazia attraverso diritti, Laterza). La "caduta del garantismo" nell’analisi di Ferrajoli, comincia con la stagione di Mani pulite e segna l’intero ventennio berlusconiano. Si tratta della rinuncia da parte della sinistra a " una tradizione di tutela del più debole nei confronti della repressione, del sopruso, dell’abuso del potere giudiziario e anche di quello poliziesco" . Quasi un tradimento del principio di uguaglianza e di legalità in nome del quale fino agli anni Settanta le forze di sinistra si erano spesso contrapposte a una magistratura considerata a volte conservatrice, addirittura fascista, in un’epoca di leggi " speciali" lesive dei diritti sanciti dalla Costituzione. All’origine del " tradimento" , di questo " chiudere gli occhi" di fronte ai problemi della giustizia, la contrapposizione sempre più dura tra la magistratura e il centrodestra berlusconiano. " Uno scontro tra due fonti di legittimazione" , lo definisce Ferrajoli. " Da un lato quella elettorale e politica di Berlusconi che è appunto legittima per quanto riguarda la rappresentanza ma contemporaneamente non lo è per le violazioni della legge; dall’altro la legittimazione legale che è alla base del potere giudiziario e dello stato di diritto" . In un contesto di acceso populismo, che fa perno sull’ideologia del capo " come incarnazione della volontà popolare e perciò esente da censura" , è accaduto così che gran parte della sinistra si sia schierata a fianco della magistratura sotto attacco. Da storico della mafia Salvatore Lupo ha incontrato spesso nei suoi studi il potere giudiziario. In un recente libro (La mafia non ha vinto, Laterza) scritto con il giurista Giovanni Fian-daca arriva a smontare le tesi del processo di Palermo sulla trattativa Stato-mafia sostenendo la legittimità dell’intervento da parte delle istituzioni centrali. Lupo condivide il giudizio sull’immobilismo della sinistra: " Non tanto quella parlamentare, ufficiale - dice - quanto quella di opinione, costituita per esempio dalla rete di organizzazioni per la legalità e l’antimafia, che nel loro impegno a sostegno della magistratura non hanno visto le difficoltà e i contrasti al suo interno" . In questo modo è stata data una sorta di delega al potere giudiziario. E la figura del magistrato per i cittadini - spettatori dei processi-gogna in tv degli anni 90 - assume una funzione quasi salvifica. La battaglia legale contro la corruzione - mai combattuta prima di allora in modo così intenso - arriva a fare del pubblico ministero una specie di missionario. Un fenomeno con radici lontane. " La sensazione di un forte ideologismo politico del potere - ricorda Lupo - si diffonde negli anni 70 delle bombe e degli attentati e negli anni 80 delle mafie. Tangentopoli non è altro che il punto di esplosione di tutte queste tensioni e Mani pulite si accompagna all’azione della magistratura antimafia di Palermo" . E l’opinione pubblica, " nel passaggio in cui i partiti si indeboliscono o addirittura si suicidano" si identifica nei giudici. " Dalla crisi dei partiti - continua lo storico siciliano - emergono legittimità diverse e anche delle classi politiche " di riserva" : le tecnocrazie, alle quali anche la magistratura appartiene" . I magistrati agli occhi dei cittadini appaiono superiori rispetto ai politici, anche perché da un punto di vista morale questa legittimazione viene stata sancita da un altissimo prezzo di sangue. Le stragi di mafia del 1992 sono ferite che non si rimarginano. " Se come cittadino penso che il ruolo della magistratura e dei suoi supporter sia sproporzionato nella vita italiana, come storico non posso nascondermi che se tutto questo è avvenuto vi sono delle ragioni non secondarie" , spiega Lupo. " Cause che certo non vanno cercate nel complotto o nella guerra civile o in altre stupidaggini con cui la classe politica specie a destra, si è baloccata" , conclude Salvatore Lupo. Ma l’atteggiamento subalterno nei confronti del potere giudiziario rivela anche lo smarrimento determinato dalla fine dei blocchi contrapposti, il vuoto di idee e di progetti da parte di una sinistra che tentava faticosamente di rinascere dalle ceneri del Pci. Così, oltre alla perdita dell’identità garantista ed egualitaria, si fa strada una visione della legalità che per certi aspetti addirittura ricalca il modello della destra. " In quegli anni avviene una mutazione genetica" , sostiene Valerio Spigarelli, presidente nazionale dell’Unione camere penali. " Cambia l’approccio culturale della sinistra e la parola d’ordine diventa Lavo & Order, lo slogan dei conservatori" . Sull’onda del populismo giudiziario cade pure il segretario degli allora Ds Massimo D’Alema: nel 1997 promuove la candidatura nelle fila dell’Ulivo di Antonio Di Pietro, uno dei protagonisti del " feroce rito della privazione della libertà" dice ancora Spigarelli. La linea della " sicurezza" prosegue con norme molto dure sull’immigrazione, come quel " decreto Amato" scritto in fretta subito dopo l’omicidio della signora Reggiani a Roma, poco prima delle elezioni politiche del 2008. Ma anche in tema di tossicodipendenza, la legge Fini-Giovanardi, fu preceduta dalla Iervolino-Vassalli, che trasformava in reato il consumo personale. Anche la sinistra, dunque, si serve del diritto penale per risolvere i problemi sociali. E spesso quello che viene prodotto è una legislazione criminogena che divarica la frattura fra i deboli e i forti. Le conseguenze di una tale politica repressiva sono sotto gli occhi di tutti: la proliferazione di microreati e le carceri che scoppiano. Ma nonostante una condanna per trattamenti disumani da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo la sinistra - Pd, Sel e anche una parte dei M5S - " non riesce a promuovere una mobilitazione per l’indulto" , sottolinea Valerio Spigarelli. Il governo Renzi poi non si discosta dai precedenti esecutivi. " Non si parla - insiste Spigarelli - del ruolo del giudice equidistante e nemmeno del fatto che il Csm viene amministrato da una serie di correnti che applicano una sorta di manuale Cencelli" . E ancora: " Nel discorso alla Camera l’unico accenno alla giustizia penale che ha fatto Renzi è stato sull’omicidio stradale: una maniera per solleticare il consenso dell’opinione pubblica, visto che non si tratta affatto un’emergenza" . La vera emergenza è il crollo della legalità intesa come capacità di fare le leggi. " Siamo al totale dissesto" , sottolinea Luigi Ferrajoli. " Invece di introdurre leggi organiche per ogni settore - salute, lavoro, istruzione, ambiente etc. - adesso ci sono leggi assolutamente incomprensibili, illeggibili, articoli formati da centinaia di commi con rinvii interni ad altre leggi che a loro volta rinviano ad altre, un labirinto inestricabile e ingovernabile" . Lo strapotere della magistratura deriva anche dal dissesto della legislazione e dall’uso improprio che essa può fare delle leggi. " E allora c’è un solo modo per ridurre il più possibile il potere giudiziario: fare delle buone leggi, chiare, precise e rigorose" . La buona giustizia dipende dalla buona politica e non viceversa. Giustizia: dossier-carceri al Consiglio Europa, Rita Bernardini interrompe sciopero fame Public Policy, 15 aprile 2014 " L’altra sera, dopo 46 giorni di sciopero della fame, ho sospeso il mio Satyagraha che ho condotto assieme ad altre più di 1.500 persone che stanno, con la loro nonviolenza, scandendo i giorni che ci separano dal quel 28 maggio che la Corte Edu (Corte europea dei diritti dell’uomo) ha fissato per l’Italia affinché ponga fine all’infamia in corso dei trattamenti inumani e degradanti ai quali sono sottoposti i detenuti nelle nostre carceri" . Lo dice in una nota il segretario di Radicali italiani, Rita Bernardini. " La mia sospensione - che interviene nel momento in cui la mia forza fisica è notevolmente provata - è dovuta innanzitutto alla mozione approvata ieri dal comitato nazionale di Radicali Italiani, alle 36 persone, compagne e compagni membri del Comitato e non solo, che attraverso il loro di sciopero della fame hanno deciso di rilanciare il Satyagraha in corso, e a un dossier sulle carceri elaborato dall’avvocato Debora Cianfanelli che il parlamentino di Radicali Italiani ha deciso di trasmettere al Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa" , continua l’ex deputata. E sul capo dello Stato: " Mi piace porre in evidenza che il nostro Paese ha ancora la grande risorsa istituzionale e umana del nostro presidente della Repubblica che, con il suo messaggio alle Camere di sei mesi fa, ha voluto indicare (purtroppo inascoltato) al Parlamento l’obbligo di uscire immediatamente dall’illegalità di una pena carceraria e di una " giustizia" che violano da decenni diritti umani fondamentali" . Bernardini ricorda poi la polemica con il Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria: " Nel mio e nostro piccolo riteniamo un successo aver costretto il Dap a fornire finalmente (anche se parzialmente) il dato effettivo della capienza regolamentare dei nostri 205 istituti penitenziari: non 49.000 o 50.000 come veniva costantemente riferito pubblicamente, ma 43.500 per 60.000 detenuti. E a questi vanno ancora sottratti i posti inutilizzati e inutilizzabili, come ad esempio in Sardegna e negli Opg" . Comunicato stampa di Rita Bernardini Ieri sera, dopo 46 giorni di sciopero della fame, ho sospeso il mio Satyagraha che ho condotto assieme ad altre più di 1.500 persone che stanno, con la loro nonviolenza, scandendo i giorni che ci separano dal quel 28 maggio che la Corte Edu ha fissato per l’Italia affinché ponga fine all’infamia in corso dei trattamenti inumani e degradanti ai quali sono sottoposti i detenuti nelle nostre carceri. La mia sospensione - che interviene nel momento in cui la mia forza fisica è notevolmente provata - è dovuta innanzitutto alla mozione approvata ieri dal Comitato Nazionale di Radicali italiani, alle 36 persone, compagne e compagni membri del Comitato e non solo, che attraverso il loro di sciopero della fame hanno deciso di rilanciare il Satyagraha in corso, e a un dossier sulle carceri elaborato dall’avv. Debora Cianfanelli che il parlamentino di Radicali italiani ha deciso di trasmettere al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. Per il resto, dal mondo esterno al nostro, " radicale" - tralasciando l’ostracismo del servizio pubblico radiotelevisivo al quale non vogliamo certo rassegnarci e che combatteremo con le nostre armi, quelle della nonviolenza - mi piace porre in evidenza che il nostro Paese ha ancora la grande risorsa istituzionale e umana del nostro Presidente della Repubblica che, con il suo messaggio alle Camere di sei mesi fa, ha voluto indicare (purtroppo inascoltato) al Parlamento l’obbligo di uscire immediatamente dall’illegalità di una pena carceraria e di una " giustizia" che violano da decenni diritti umani fondamentali. " Non bisogna perdere nemmeno un giorno" , aveva detto il nostro Presidente Napolitano - Supremo Garante della Costituzione - e noi abbiamo contato e stiamo contando quelli che non vorremmo più fossero i giorni dell’infamia della nostra democrazia sempre più " reale" , come lo fu in passato il " comunismo reale" . Nel mio e nostro " piccolo" riteniamo un successo aver costretto il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria a fornire finalmente (anche se parzialmente) il dato effettivo della capienza regolamentare dei nostri 205 istituti penitenziari: non 49.000 o 50.000 come veniva costantemente riferito pubblicamente, ma 43.500 per 60.000 detenuti. E a questi vanno ancora sottratti i posti inutilizzati e inutilizzabili, come ad esempio in Sardegna e negli Opg. Per concludere, chiedo a tutti i mezzi di informazione di dare notizia della mozione generale approvata ieri dal nostro Comitato nazionale. Vi troveranno perfino la notizia delle ragioni della non presentazione dei radicali alle prossime elezioni europee, della centralità della nostra lotta per la " fuoriuscita dello Stato italiano dalla condizione letteralmente criminale nella quale si trova da decenni" ; il rilancio del nostro Satyagraha, le iniziative riguardanti il governo dell’economia e i risvolti partitocratici della sua gestione. Le adesioni raccolte nel corso del Comitato al Satyagraha in corso: Membri del Comitato Nazionale di Radicali italiani: Luca Bove, Matteo Ariano, Domenico Letizia, Maurizio Buzzegoli, Paola Di Folco, Marta Gemma, Irene Testa, Massimiliano Iervolino, Pier Giorgio Focas, Anna Briganti, Valentino Paesani, Michele Capano, Diego De Gioiellis, Lorenzo Lipparini, Riccardo Magi, Francesco Napoleoni, Paolo Izzo, Matteo Mainardi, Emanuele Baciocchi, Alessandro Massari, Giulia Simi, Monica Mischiatti, Maria Giovanna DeVetag, Strik Livers Lorenzo, Stefano Santarossa, Antonella Soldo. Valerio Federico, Tesoriere di Radicali italiani. Filomena Gallo, Segretaria dell’Associazione Luca Coscioni, Antonella Casu, Tesoriera di Non c’è Pace Senza Giustizia, e Giorgio Pagano, Segretario dell’Era. Membri di Direzione: Marco Beltrandi e Maria Grazia Lucchiari. i radicali: Stefano Marrella, Daniele Sabiu, Nicolino Tosoni, Ilary Valvonesi e Carlo Loi. Mozione Generale approvata dal Comitato Nazionale di Radicali Italiani Il Comitato Nazionale di Radicali italiani, riunito a Roma dall’11 al 13 aprile 2014, riafferma come obiettivo immediato l’obbligo della fuoriuscita dello Stato italiano dalla condizione letteralmente criminale nella quale si trova da decenni, attraverso gli strumenti indicati fin dall’inizio dai radicali e oggi fatti propri dalle Massime Autorità responsabili del Diritto in Italia. L’amnistia e l’indulto, così come perfettamente individuati dal Presidente della Repubblica nel suo messaggio alle Camere dell’8 ottobre 2013, costituiscono la misura strutturale irrinunciabile che, " senza perdere nemmeno un giorno" , consentirebbero al nostro Paese di rientrare nella legalità costituzionale sia italiana che europea. Rilancia il Satyagraha " abbiamo contato gli anni, ora contiamo i giorni" iniziato il 28 febbraio per scandire quotidianamente il tempo concesso dalla Corte Edu allo Stato italiano affinché si ponga fine ai trattamenti inumani e degradanti che ormai da anni contraddistinguono l’esecuzione della pena e la custodia cautelare nei 205 penitenziari italiani. Ringrazia gli oltre 1.500 cittadini, in gran parte detenuti e loro familiari, che hanno animato la lotta nonviolenta assieme alla Segretaria di Radicali italiani, giunta oggi al 46° giorno di sciopero della fame mentre mancano 44 giorni alla scadenza ultimativa della Corte di Strasburgo. A questa scadenza si aggiunge quella del 12 maggio entro la quale la Cedu ha chiesto alla Repubblica italiana di fornire una risposta sul mancato governo del Vesuvio, un vulcano attivo alle cui pendici abitano 800mila persone, a seguito di una denuncia promossa da Marco Pannella, redatta e presentata grazie all’avvocato Paoletti. Dà mandato agli organi statutari di inoltrare sollecitamente al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il dossier predisposto dall’avvocato radicale Deborah Cianfanelli sullo stato delle nostre carceri in vista della riunione in cui verranno valutate le misure adottate dall’Italia per corrispondere all’ingiunzione della sentenza Torreggiani. Saluta la vittoria conseguita, dopo dieci anni di lotta, dall’Associazione Luca Coscioni e dal Partito Radicale, sancita proprio in questi giorni dalla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale il divieto della fecondazione eterologa. Ringrazia, in particolare, la Segretaria dell’Associazione, avvocato Filomena Gallo, ideatrice e regista della lunga battaglia giudiziaria per l’affermazione di inviolabili diritti costituzionali negati dalla Legge n. 40. Proprio nel momento in cui giungono a successo battaglie storiche Radicali " zero virgola due" è la cifra degli ascolti concessi ai radicali nei Tg dal sistema pubblico della cosiddetta informazione. Secondo i dati rilevati dal Centro d’Ascolto diretto da Gianni Betto nel periodo che va dal 21 febbraio al 31 marzo i leader radicali Emma Bonino e Marco Pannella non sono mai stati visti dal pubblico delle trasmissioni Rai. Il Comitato di Radicali italiani identifica nell’ostracismo dei media il segnale di una più vasta e sistematica conventio ad excludendum da parte della degenerata " democrazia reale" italiana. Per questo, condivide la scelta della non presentazione alle prossime consultazioni elettorali europee e decide di dare il suo massimo apporto alle iniziative di denuncia presso le giurisdizioni internazionali della totale illegalità che principalmente si manifesta nella negazione del diritto alla conoscenza del popolo italiano. Il Comitato di Radicali italiani evidenzia come la partitocrazia abbia assunto negli ultimi 20 anni nuove forme, mantenendo le vecchie pratiche, da sempre evidenziate dall’analisi radicale. Oggi si struttura in oligarchie e reti di potere legate o interne a partiti e corporazioni. Questa " nuova" partitocrazia occupa le strutture economiche della società italiana conservando i vizi del consociativismo e del metodo spartitorio. Essa non agisce più prioritariamente tramite le Istituzioni e le assemblee elettive, ma attraverso un’enorme area solo formalmente privata, di fatto sottoposta a controllo partitocratico. Questa nuova forma privata - elemento coessenziale al regime - non produce merito ed efficienza, ma sprechi, incompetenze e consenso partitocratico. Si tratta di un sistema - comprendente tra l’altro società partecipate da Enti locali e Regioni, Fondazioni bancarie e Cassa Depositi e Prestiti - che consente di eludere il rispetto delle regole di finanza pubblica - patto di stabilità - e di uscire dal perimetro del debito pubblico; una forma privata, conveniente al potere, utile a proteggere aree dell’economia dalla concorrenza. Radicali Italiani ha predisposto proposte che prevedono forme di controllo che si fondano su obiettivi definiti e risultati oltreché su verifiche di qualità dei servizi resi. Questa campagna politica è finalizzata, in ultima istanza, a garantire il diritto alla conoscenza in quest’ambito. Il Comitato di Radicali italiani evidenzia inoltre che ulteriori condizionamenti all’economia si manifestano con il sistema dei sussidi statali. Il c. d. " ricatto delle mance" , risponde a logiche clientelari e viene concesso attraverso sconti fiscali e sussidi ai consumi di fonti energetiche fossili. Questi sono erogati in patente violazione degli obiettivi di sostenibilità ambientale, obiettivi contenuti nelle norme comunitarie e nazionali. La sistematica violazione dello Stato di diritto, certificata anche dalle 114 procedure d’infrazione aperte dalla Ue nei confronti dell’Italia, coinvolge, direttamente o indirettamente, con 37 di queste, il settore ambientale. L’ultima infrazione aperta è legata alla violazione delle direttive sulla protezione degli habitat. Il Comitato di Radicali Italiani impegna i suoi organi ad avviare una campagna politica finalizzata alla riforma organica della normativa nazionale sulla caccia, con l’obiettivo di renderla finalmente coerente con le direttive europee in materia. Il Comitato di Radicali italiani decide di denunciare la Procura della Repubblica di Foggia per omissione d’atti d’ufficio per non aver proceduto all’arresto della Segretaria di Radicali italiani che il 16 gennaio scorso ha illegalmente ceduto il raccolto della sua coltivazione di cannabis terapeutica ai malati del Social Cannabis Club di Racale (LE), e ciò nonostante l’autodenuncia e l’ampia documentazione foto-video della disobbedienza civile. Giustizia: dati statistici sulle carceri, sarebbe ora che anche al Dap arrivasse la " glasnost" www.poliziapenitenziaria.it, 15 aprile 2014 Era il 1986 quando il Presidente dell’Unione Sovietica Michail Gorbaciov, per identificare un nuovo corso teso a non nascondere nulla e a discutere liberamente "in modo trasparente" anche critico, utilizzò il termine " glasnost" . Oggi, nel 2014, in Italia, dopo trent’anni, ci tocca subire la circolare di un Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che "consiglia" ai propri Provveditori di non fornire direttamente informazioni e dati statistici all’Associazione Antigone che si occupa di carcere da decenni ... roba da Politburo. A nostro avviso questa è una pagina molto triste che spiega ancora meglio, se ce ne fosse ancora bisogno, l’inadeguatezza della dirigenza del Dap. Il Sappe, già parecchi anni fa, ha chiesto in via informale che ai Sindacati di Polizia Penitenziaria venissero forniti mensilmente i dati statistici sulle presenze dei Poliziotti e dei detenuti nelle carceri italiane: delle informazioni minime per poter valutare la situazione del sovraffollamento e del carico di lavoro dei colleghi. Le richieste erano state fatte in via informale perché ritenevamo che fossero talmente legittime e talmente facili da soddisfare che sarebbe stato quasi offensivo, per il Dap, ricevere una richiesta scritta. Ma la burocrazia al Dap vince sempre e fummo costretti a formalizzare e, poi, sollecitare la richiesta dei dati statistici sulle carceri in Italia. Dopo quasi un anno dalla prima richiesta, non siamo stati degnati nemmeno di una risposta dal Dap, ma sono trapelate solo voci di corridoio informali, rubate qua e la secondo le quali "i dati non possono essere fornirti né a noi, né ad altri". Evidentemente, per il Dap e l’Ufficio per lo Sviluppo del Sistema informativo automatizzato del Dap che gestisce i dati statistici, la materia è troppo scottante e i dati sono talmente sensibili e segreti che non possono essere forniti né ad Antigone, né tantomeno al Sappe. Secondo noi le motivazioni che hanno determinato questa regressione conservatrice sulla divulgazione dei dati, risiedono in più ragioni. La prima (quella più grave) è che il Dap non è in possesso di dati certi, attuali ed attendibili al 100% sulle sue carceri. Basti pensare alla vicenda della Ministro Cancellieri che ha smentito pubblicamente i dati del Dap sulla capienza degli istituti penitenziari ed ha "confessato" che non ce n'erano di attendibili. In effetti non tutti sanno (e il Dap si guarda bene dal dirlo) che non esistono dati dettagliati ed ufficiali sulla capienza degli istituti penitenziari e quelli che il Dap "manda in giro" altro non sono che un calcolo (probabilistico) ricavato dividendo gli spazi disponibili per una capienza minima (3 metri quadri). Più o meno il calcolo usato nella sanità per stabilire i posti letto del sistema ospedaliero. Oppure, se questo rende meglio l'idea, quello usato per calcolare il numero dei manifestanti nei cortei o nei sit-in di protesta. In questo ultimo caso, sappiamo bene quale e quanta discordanza ci sia tra quelli diffusi dalla questura e quelli dichiarati dagli organizzatori. Beh, per analogia, questo è quello che potrebbe succedere tra il Dap, il Sappe e le associazioni se potessimo ricevere questi dati. La seconda ragione, è che il Dap tende sempre (per istinto di autoconservazione della sua dirigenza) a nascondere quello che fa (e non fa) per evitare di essere criticato, giudicato e soprattutto che possa essere messa in discussione la sua dirigenza. La terza ragione (the last but not the least) è che non sono capaci a raccogliere ed elaborare i dati, probabilmente per incompetenza professionale. In questo ultimo caso va detto, però, che non si tratta di una "incapacità assoluta", nel senso che non esiste al Dap personale in grado di raccogliere ed elaborare dati, ma di una "incapacità relativa" nel senso che - per una regola aurea in vigore al dipartimento - si mette sempre la persona sbagliata al posto sbagliato. Per spiegarci meglio citiamo, ad esempio, (per il Corpo in particolare) la comunicazione, l'ufficio stampa, il sito internet, le relazioni esterne, le relazioni con il pubblico, la rappresentanza... e chi più ne ha più ne metta... Tutti settori che possono essere giudicati - da tutti - per i risultati (non) raggiunti. Ecco qua, quindi, che il Dap (consapevole della propria inadeguatezza) invece di risolvere i problemi interni, appone il "segreto di stato" su dati ed informazioni che dovrebbero essere invece di pubblico dominio e preclude ogni possibilità ad associazioni come Antigone e sindacati come il Sappe, che potrebbero elaborare ed utilizzare efficacemente quei dati grazie a personale e competenze superiori a quelle dipartimentali (almeno a quelle che attualmente attendono a quei settori). Ovviamente ed innegabilmente, la responsabilità di tutto ciò non può che ricadere sul Capo Dap Giovanni Tamburino che ha dimostrato inconfutabilmente di non essere assolutamente all'altezza dell'incarico che ricopre. Senza, però, sottovalutare le responsabilità "a caduta" del restante establishment del dipartimento che, ciascuno per la propria parte, ha contribuito - con le proprie azioni od omissioni - a portare il Dap alla drammatica situazione attuale. Visto che qui in Italia nessuno sembra rendersi conto di questo, ci auguriamo che qualcun altro - a Strasburgo - decida per noi e metta nero su bianco che "Le responsabilità sono delle persone che hanno (mal)gestito l'amministrazione penitenziaria negli ultimi anni". Giustizia: Sippe; i poliziotti penitenziari sono demotivati, sicurezza delle carceri a rischio Asca, 15 aprile 2014 Il Segretario Generale del Si.P.Pe. (Sindacato Polizia Penitenziaria), Alessandro De Pasquale, lancia un appello alla politica affinché prenda in seria considerazione la sicurezza dei cittadini garantita 24 ore su 24 da migliaia di donne e uomini delle forze di polizia che non intendono più accettare i blocchi stipendiali che demotivano il personale. Le carceri affollatissime sono gestite con strumenti arcaici e con un esiguo personale a cui oltretutto lo Stato vorrebbe si aggiunge la beffa. Per il Si.P.Pe., l’allarme demotivazione da parte delle forze di polizia, ed in particolare delle donne e degli uomini della polizia penitenziaria, non va assolutamente sottovalutato. Concordiamo - afferma De Pasquale - con quanto sostenuto dal Generale Leonardo Gallitelli in commissione antimafia sul disagio che vivono tutti gli operatori del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico. Il Si.P.Pe. auspica un immediato intervento anche dal capo del dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che ha il dovere di sostenere, almeno da un punto di vista morale, le donne e gli uomini della polizia penitenziaria che tutti i giorni garantiscono la sicurezza dei cittadini nonostante abbiano i peggiori stipendi d’Europa. Nel 2014 - conclude De Pasquale - ci sono ancora poliziotti italiani appena assunti che prendono 1.300 euro netti al mese. I colleghi tedeschi del Bundeskriminalamt, prendono 1.626 euro; in Francia, i neoassunti nella Police Nationale guadagnano 1.683 euro; gli spagnoli 1.420, in Gran Bretagna addirittura 2.516 sterline (3.200 euro), che diventano 3.171 (4.000 euro) dopo i primi dieci anni. Insomma, gli stipendi dei poliziotti Italiani rappresentano una vergogna davanti all’Europa perché dimostra una scarsa considerazione da parte della politica sulla sicurezza dei cittadini. Giustizia: Berlusconi-Napolitano, gli esiti criminali della " politica separata" di Paolo Favilli Il Manifesto, 15 aprile 2014 La magistratura faccia il suo mestiere, noi politici facciamo il nostro. Quando la sfera politica è sciolta dai legami con le sfere costituzionali, i presidenti possono trovare la sintonia con i delinquenti. Il recente incontro tra Napolitano e Berlusconi non ha suscitato, come indicatore, particolari riflessioni. Quasi tutti i commentatori si sono limitati, nella migliore delle ipotesi, a sollevare qualche distinguo sul momento dell’incontro, ad esercitarsi su qualche variazione relativa alla sua contingente opportunità. Si è considerato del tutto naturale, insomma, che il Presidente della Repubblica discutesse con il capo dell’opposizione (?) il punto centrale dell’attuale momento politico: il destino di quelle che la neo-lingua chiama " riforme" e che sono l’obiettivo principe di Napolitano. Inoltre l’altro Presidente, quello del consiglio, ha fatto della " profonda sintonia" con Berlusconi a proposito della suddette " riforme" , uno dei cardini portanti della sua navigazione politica. Per la proprietà transitiva la " profonda sintonia" si estende ad ambedue i presidenti. Questo stesso giornale, che esprime, peraltro, un’opposizione radicale al contro-riformismo da lungo tempo in atto, ha messo opportunamente in luce " l’imbarazzante, stupefacente atto politico" del " clamoroso faccia a faccia" e l’ha collegato, com’è del tutto evidente, ad una " posta in gioco molto alta" , circoscrivendo l’analisi al fatto in sé (Norma Rangeri, Il colle spregiudicato, 2 aprile 2014). Se proviamo a ragionare su tempi più lunghi rispetto alla pur gravissima contingenza, possiamo valutare meglio la profondità dei guasti nel nostro connettivo civile e politico. Alcune settimane fa il deputato Brunetta ha redarguito vivacemente la presidente della Camera per non aver espresso riprovazione nei confronti del deputato Di Battista che avrebbe offeso gravemente Silvio Berlusconi usando nei suoi confronti il termine " delinquente" . La presidente Boldrini riconosce fondata l’osservazione di Brunetta, e sia pure in ritardo, richiama Di Battista per avere usato un " linguaggio offensivo" . Di che cosa è " spia" la ritrosia ad usare il linguaggio della verità nei confronti del " capo dell’opposizione" ? Tutti i dizionari della lingua italiana sono concordi nel definire " delinquente" una persona che ha commesso un fatto previsto dalla legge come delitto. Nel nostro caso, poi, un delitto di particolare gravità, che ha come soggetto uno dei massimi servitori dello Stato. La definizione dei dizionari, necessariamente alquanto sintetica, non riesce a dar conto del complesso di dottrine giuridiche a cui si ispira il quadro legislativo più recente. In tale contesto, infatti, il reato non viene considerato solo nell’ambito di un sistema di norme giuridiche astratto ed esterno al delitto, bensì nell’unità sistematica della vita del delinquente. Una prospettiva in cui il termine assume più ampio spessore e rilevanza. Una prospettiva che rende difficile l’espediente dell’uso del termine " delinquente" in " senso tecnico" , come hanno suggerito molti parlamentari del Pd. Un’analisi minimamente accurata della lunga e gravosa vicenda giudiziaria di Berlusconi, tra condanne in primo grado, avvenute prescrizioni, leggi ad personam, procedimenti ancora aperti, fa emergere una realtà in cui l’" unità sistematica della vita del delinquente" si staglia nelle sue molteplici sfaccettature. L’" unità sistematica della vita del delinquente" , dunque, si articola nel contesto di un sistema di relazioni. I giornali dei giorni scorsi riferiscono che soltanto Cesare Previti e Marcello Dell’Utri possono attraversare senza problemi il cordone protettivo costruito intorno ai dolori del giovane-vecchio Berlusconi. Proviamoci a ricapitolare: Cesare Previti è stato condannato in via definitiva per aver corrotto magistrati con i soldi di Berlusconi in favore di Berlusconi. Marcello Dell’Utri, latitante appena raggiunto da mandato di cattura, è stato condannato in secondo grado come intermediario tra mafia e Berlusconi. Berlusconi, Previti Dell’Utri, delinquenti in senso proprio e non in senso tecnico, sono stati i promotori della vicenda politica di Forza Italia. Nella storia dell’Italia repubblicana anche i gangli centrali della vita politica nazionale non sono stati sempre immuni da contaminazioni con sfere della criminalità organizzata. È la prima volta, però, che un’operazione il cui esito sarà la gestione del potere dello Stato per lunghi anni, il condizionamento della vita pubblica ad ogni livello fino ad oggi, si manifesta così intrinseca con un’operazione criminale. Eppure un fenomeno di tale mostruosità, un indicatore la cui rilevanza è essenziale per qualsiasi riflessione seria relativa a questa lunga contemporaneità italiana, è presente solo come elemento di superficie nella babele massmediologica e nel confronto politico. Indagarne le ragioni è, per uno studioso di storia, problema appassionante e stimolante. L’ampio spettro delle domande da porsi, i problemi metodologici di un’indagine di tal genere, sono il sale della professione. Osservarne gli effetti da cittadino consapevole suscita, invece, uno sguardo esterrefatto su tanto orrore politico/morale. Tra i molti elementi di un insieme così informe, articolato su piani diversi che si intrecciano, proviamo ad indicarne uno: quello del " pensiero unico" della politica, in questo caso distinto da quello dell’economia anche se collegatovi strutturalmente. Un " pensiero unico" che riserva alla politica uno spazio molto più limitato rispetto alle ambizioni dei mutamenti profondi economici e sociali che hanno innervato tale dimensione per un periodo storico molto lungo. Una limitazione di rilevanza, una riduzione a manovra spregiudicata il cui obiettivo è un potere esercitato in favore di un gruppo, di una corporazione, o addirittura di una persona. Nel migliore dei casi come pura gestione dell’esistente. Nel contempo la " autonomia del politico" viene declinata come separazione rispetto alle altre sfere della vita pubblica. Anzi‚ se non proprio teorizzata, tale separatezza viene praticata in termini " assolutistici" . La sfera politica, insomma, si ritiene " sciolta" dai legami con le altre sfere costituzionali. Naturalmente Presidenti e delinquenti non interpretano esattamente nella stessa maniera la condizione di assolutismo. Per i delinquenti, l’esponente politico eletto è immune rispetto alla giurisdizione. Chi ha ricevuto i voti dagli elettori non può essere giudicato da chi ha vinto un concorso statale. Per i Presidenti invece, può, anzi deve essere giudicato, e le sentenze vanno rispettate. Solo che non hanno alcuna incidenza sulla manovra politica. " È un problema tra Berlusconi e la magistratura" , ha detto con chiarezza un deputato renziano quando si è posta la questione della candidatura del delinquente alle elezioni europee. Insomma: la magistratura faccia il suo mestiere che noi politici facciamo il nostro in assoluta separatezza. Il presidente giovane si è formato in questo clima di " pensiero unico" della politica. Aveva perfettamente ragione ad ironizzare sull’ipocrisia di chi criticava l’incontro del Nazareno dopo aver praticato per lunghi anni il gioco degli incontri incrociati. Il presidente vecchio, invece, è stato uno di coloro che alla costruzione di questa casa della politica ha portato un contributo non irrilevante. Proprio sulla concezione della politica, infatti, Napolitano è stato il più deciso ed irriducibile avversario di Enrico Berlinguer. Austerità (antitetica all’uso del tutto ideologico del termine nell’attuale congiuntura), questione morale, questione economico-sociale sono l’insieme strutturale con cui deve misurarsi la politica. La sola dimensione in cui trova senso quella politica che ha come stella polare l’emancipazione dei subalterni. Una concezione della politica nella quale non si separano i valori, i comportamenti, le relazioni e le qualità del carattere umano dalle forze storiche e sociali che danno loro forma. Qui sta il nocciolo della " diversità" , un nocciolo tutto politico, per niente antropologico. Ebbene Napolitano ha combattuto duramente questa concezione della politica quando era dirigente del Pci e l’ha definita " armamentario ideologico del passato" (indicativa la scelta del termine " armamentario" ) in sede memorialistica. (Dal Pci al socialismo europeo, 2006) Ora la collaborazione di Berlusconi viene ritenuta necessaria al percorso delle " riforme" tracciato dai Presidenti in " sintonia" col delinquente. Per collaborarvi quest’ultimo ha chiesto l’" agibilità politica" . Sembra che, di fatto, la stia ottenendo. Naturalmente i Presidenti non c’entrano niente nel favorire il percorso che sta portando alla suddetta soluzione gradita al delinquente (e ai Presidenti). Per capire meglio i meccanismi e gli arcani intrecciati con tali esiti, l’" armamentario" della concezione politica di Berlinguer è del tutto inutile. Utilissima invece la sistematica di Giulio Andreotti. Giustizia: Berlusconi e gli altri " affidati" … l’esercito silenzioso di cui nessuno parlava di Eleonora Camilli Redattore Sociale, 15 aprile 2014 La misura dell’affidamento ai servizi sociali, che sconterà anche l’ex premier, lo scorso anno aveva coinvolto 22 mila persone. Al 31 marzo erano 11 mila le pratiche attive. Dal 2006 sono aumentate di oltre 5 volte. Boom anche per i lavori di pubblica utilità. Nel 2013 in Italia sono stati trattati 22.357 affidamenti in prova al servizio sociale, al primo trimestre del 2014 le pratiche attive erano 11.646. Una misura in costante aumento (quintuplicata dal 2006) quella che sconterà anche l’ex premier Silvio Berlusconi e che coinvolge una platea di persone sempre più ampia. Complici le ultime misure normative, tra cui il cosiddetto " decreto svuota carceri" , infatti tutte le misure alternative stanno aumentando anno dopo anno. Stando ai dati del ministero della Giustizia, al 31 marzo 2014 sono 30.683 le persone che stanno attualmente scontando una pena alternativa al carcere: oltre ai già citati 11.646 con l’affidamento in prova al servizio sociale, 800 sono invece le persone in semilibertà e 10.071 in detenzione domiciliare. 4.857 persone stanno poi svolgendo lavori di pubblica utilità (Lpu): 3.103 sono in libertà vigilata. 193 scontano la pena in libertà controllata, 4 hanno invece la sospensione condizionata della pena. Nel dettaglio, tra gli 11.646 che sono in affidamento in prova ai servizi sociali, invece, 5.570 sono i condannati che si trovavano in stato di libertภ2.603 i condannati dallo stato di detenzione (provenienti dagli arresti domiciliari), 90 le persone in misura provvisoria. 1.014 sono i condannati tossicodipendenti o alcolisti affidati direttamente ai servizi sociali, mentre 1.923 sono i tossico/alcool dipendenti provenienti dagli arresti domiciliare e 398 sono quelli in misura provvisoria. In 4 casi si tratta di persone affette da Aids condannate dallo stato di libertà mentre 44 sono i malati di Aids provenienti dagli arresti domiciliari. " Si tratta di un esercito silenzioso: undicimila persone che nella maggior parte dei casi non fanno notizia - sottolinea Rita Crobu, dirigente dell’Uepe, l’Ufficio di esecuzione penale esterna del ministero della Giustizia - Sui mass media le notizie riguardano, nella maggior parte dei casi, i detenuti in sovraffollamento, ma le misure alternative al carcere stanno aumentando ed è giusto parlarne. Anche perché negli anni passati lo scarso riscorso alla misura è dovuto anche alla poca conoscenza, questo è accaduto nel caso dei lavori di pubblica utilità, anche questi in crescita negli ultimi anni. Ma va ricordato che in parte si tratta di un aumento legato al parallelo aumento della popolazione carceraria e in parte agli ultimi provvedimenti legislativi adottati, tra cui lo svuota carceri" . Nel caso dei lavori di pubblica utilità, ad esempio, il boom di richieste si è avuto tra il 2011 e il 2012 quando le richieste sono passate da 62 del 2010 a 1.341. Futuro analogo potrebbe avere anche lo strumento dell’affidamento in prova con l’approvazione del decreto sulla messa alla prova per persone che hanno una pena sospesa, spiega ancora Crobu. " In questo caso si amplierà di molto la platea e cambierà l’impegno degli Uepe - afferma - che dovrà essere potenziato in termini di organico e di strutture che lavorano per permettere l’applicazione dello strumento" . Per la dirigente dell’Uepe l’affidamento in prova è uno strumento importante che " non va banalizzato né ridicolizzato, perché permette di scontare realmente la pena reinserendo il condannato nella società. Questo è fondamentale - spiega - soprattutto dal punto di vista della recidiva, i cui dati ci dicono che è meno frequente tra chi sconta misure alternative di chi è detenuto in carcere. Questo spiega anche perché, in mancanza di ostacoli, i giudici sono orientati a concedere questo tipo di misure che portano buoni risultati a tutta la società" . Giustizia: su Dell’Utri si decide entro 30 giorni e l’arresto in Libano diventa caso politico di Giuseppe Guastella Corriere della Sera, 15 aprile 2014 " La politica è in ogni cosa" , come ripetono tutti anche per strada, la politica rischia di svolgere un ruolo decisivo sui tempi dell’estradizione di Marcello Dell’Utri, arrestato sabato mattina a Beirut su richiesta della magistratura di Palermo. Ci potrebbe volere anche un intero mese prima che la trafila bizantina arrivi a un punto fermo. " Siamo in attesa dell’arrivo della richiesta di estradizione per studiarla e decidere sulla base della convenzione tra Italia e Libano" precisa il procuratore generale del Libano Samir Hammoud, aggiungendo di aver " incaricato la Polizia di contattare la magistratura italiana per chiedere l’invio della richiesta che sarà studiata e sulla quale decideremo in base alla convenzione tra il Libano e l’Italia" . La più alta carica giudiziaria del paese ieri non ha convocato Dell’Utri nel palazzo di giustizia perché per la convalida dell’arresto è stata ritenuta sufficiente la comunicazione fatta sabato stesso per telefono dalla Polizia e la documentazione arrivata con il mandato di arresto internazionale trasmesso dall’Interpol. " Rimane detenuto fino alla decisione sull’estradizione" ripete il magistrato che, però, assicura: " Rispetteremo i tempi" . E chiude, impassibile: " Questo è quanto prevede la legge" . La richiesta potrebbe arrivare già nei prossimi giorni firmata dal ministro della giustizia Orlando, solo allora Hammoud sarà obbligato a convocare e sentire l’ex senatore di Forza Italia assistito da un legale di fiducia (è stato nominato l’avvocato Nasser Al Kalil) e, esaminati gli atti, a trasmettere tutto con il suo parere al ministro della giustizia il quale, a sua volta, passerà l’incartamento al presidente della Repubblica che emetterà un decreto controfirmato dal guardasigilli. Tutto deve avvenire, in base al trattato italo-libanese, comunque entro 30 giorni dall’arresto, pena la scarcerazione dell’indagato. Un sistema di pesi e contrappesi tipico del Libano dove, in base ad un accordo tra le innumerevoli fazioni politiche e religiose, il presidente della Repubblica deve essere sempre un cristiano-maronita, il premier musulmano sciita mentre il presidente del parlamento deve obbligatoriamente essere musulmano sunnita. E la magistratura non è immune dall’influenza della politica, dicono molti avvocati. In questo panorama politico, la questione Dell’Utri può diventare una patata bollente difficile da maneggiare in vista delle elezioni del 25 maggio. A mettere per primo distanza tra sé e il fondatore di Forza Italia, accusato dal- la magistratura di aver avuto rapporti con la mafia, organizzazione criminale tristemente famosa in tutto il mondo, è Amin Gemayel. Secondo una ricostruzione giornalistica, Dell’Utri sarebbe arrivato a Beirut a fine marzo su ordine di Silvio Berlusconi al quale il presidente Russo Vladimir Putin avrebbe chiesto di occuparsi del finanziamento della campagna per le presidenziali di Gemayel. Il candidato interviene con un comunicato in cui parla di " notizia priva di qualsiasi fondamento sotto tutti gli aspetti, anche nei piccoli dettagli" sostenendo che " la sua pubblicazione tende a confondere ed alterare la realtà" . Una certa sensazione di voler fare le cose celermente era palpabile anche ieri al quarto piano del palazzo di giustizia di Beirut, dove già di primo mattino si sono precipitati addetti dell’ambasciata italiana, agenti dell’Interpol, avvocati e giornalisti italiani. Tutti per sentirsi dire che non ci sarebbe stata alcuna udienza, ma almeno con la possibilità di capire che fino all’arrivo del file italiano Dell’Utri resterà in custodia nella sede dei servizi di informazione della Polizia, dove è stato rinchiuso sabato scorso. Un trattamento di riguardo, visto che di norma l’arrestato viene rinchiuso direttamente in una delle carceri libanesi, le cui condizioni sarebbero peggiori perfino di quelle italiane. Anche prima di consultare le carte, però, il procuratore generale può decidere in che modo l’ex senatore deve essere tenuto in stato di custodia. " Dipende da me" , ha detto a un legale ieri mattina sottolineando il proprio ampio " potere discrezionale" . Tradotto, vuol dire che l’alto magistrato può anche decidere che Marcello Dell’Utri, dati i 72 anni di età e le sue condizioni fisiche dopo la recente angioplastica al cuore, può trascorre il resto del periodo di custodia agli arresti in un albergo della città sotto stretta sorveglianza della Polizia o anche la scarcerazione con alcune limitazione della libertà per prevenire il pericolo di fuga. Uscire dal Libano, in ogni caso, non è certamente semplice. Il confine a Nord e a Est con la Sira è chiuso a causa della guerra civile in quello stato, quello a Sud è controllato meticolosamente da Israele, non ci sono collegamenti passeggeri via mare e quelli commerciali sono sorvegliati da unità della marina militare. L’unica via di entrata ed uscita è l’aeroporto di Beirut, anch’esso strettamente presidiato. "Mi trattano bene" : le rassicurazioni a moglie e figlio durante il colloquio "L’importante è che la salute vada bene" : Marcello Dell’Utri non esibisce preoccupazione, ma a chi lo può visitare nel quartier generale del servizio di informazioni della polizia di Beirut, dove è rinchiuso da sabato dopo l’arresto, torna subito alla mente la recente operazione di angioplastica che ha subito. " Mi trattano bene, non ho nulla da rimproverare" , dice l’ex parlamentare con quella che appare come " una grande dignità" . Sarà proprio sul tema delle condizioni di salute a rischio che giocherà molte delle sue prime carte il difensore di Dell’Utri, l’avvocato Nasser Al Kalil, che ieri è andato a trovarlo dopo aver ottenuto l’autorizzazione dal procuratore generale del Libano Samir Hammoud, che ha convalidato sabato stesso il fermo richiesto dalla magistratura di Palermo attraverso un mandato di cattura internazionale diffuso dall’Interpol. La sua strategia punta alla scarcerazione per incompatibilità con le condizioni carcerarie attraverso la richiesta di una perizia medica in modo da ottenere almeno il ricovero in ospedale, anche se piantonato, così da sottrarre l’ex senatore di Forza Italia al rischio di essere prima o poi trasferito da quella che è praticamente una " foresteria" a un vero e proprio carcere. Maglietta a maniche lunghe di colore verde scuro, pantaloni marroni, Marcello Dell’Utri non indossa gli stessi abiti del giorno dell’arresto. Gli agenti che lo hanno prelevato al mattino presto nella stanza del lussuoso Hotel Phoenicia gli hanno permesso di portarsi dietro i vestiti e alcuni libri, che legge avidamente, anche perché si trova in stato di isolamento con il divieto sia di vedere la tv sia di sfogliare i giornali. " Mi è sembrato avere un morale altissimo" riferisce l’avvocato Georges Jabre, il legale italo-libanese incaricato dall’ambasciata italiana di verificare le condizioni di dell’indagato. " Lo facciamo sempre per assicurarci che i vengano rispettati i diritti umani nei confronti dei nostri connazionali" , spiega il legale. Quando nella stanza sono entrati la moglie, Miranda Ratti, e il figlio Marco, che la sera prima erano arrivati a Beirut, Marcello Dell’Utri, forse in quello che qualcuno ha interpretato come un tentativo di alleggerire la tensione, li ha accolti con un " Ah, ci siete tutti" seguito da forti e calorosi abbracci. La signora Miranda ha anche consegnato al marito alcune delle medicine necessarie per proseguire la terapia postoperatoria. Parallelamente a quella sanitaria, l’avvocato Nasser Al Kalil starebbe studiando anche la strada della scarcerazione su cauzione, che è prevista dal codice libanese, con l’obbligo di non lasciare il territorio del paese. Una richiesta da presentare prima di venerdì, quando gli uffici giudiziari chiuderanno per quattro giorni consecutivi in occasione delle festività della Pasqua, che quest’anno coincidono per i cattolici e per gli ortodossi. Ultimo capitolo difensivo, l’attacco ai presupposti della carcerazione. " Il vostro sistema, che dovrebbe essere più evoluto del nostro, prevede che un uomo possa essere arrestato per il solo " rischio" di pericolo di fuga?" , ironizzava in mattinata lungo i corridoi del palazzo di giustizia sottintendendo che non c’era neppure il pericolo che il suo assistito volesse sottrarsi alla giustizia italiana. Giustizia: il boss Vincenzo Virga, detenuto ad Opera, denudato prima di videoconferenza Ansa, 15 aprile 2014 " Mi hanno denudato prima di accedere alla saletta... e questo capriccio, che a Parma non c’era, mi ha costretto a ritardare la mia presenza" . Lo ha detto, il boss Vincenzo Virga, imputato come mandante nel processo per l’omicidio di Mauro Rostagno, stamani giustificando il ritardo di quasi un’ora con cui è stata avviata la videoconferenza dal carcere di Opera (Milano). " Per me è stato solo un capriccio, signor presidente" . Il presidente della Corte di assise di Trapani, Angelo Pellino, dopo le dichiarazioni spontanee del boss, ha detto: " Chiederemo chiarimenti" . Giustizia: carcere per almeno 4 anni, per chi commette reati finanziari in Europa Ansa, 15 aprile 2014 Ultimo via libera formale del Consiglio d’Europa alla proposta di regolamento sugli abusi di mercato (abuso di informazioni privilegiate, manipolazione di indici) che introduce sanzioni penali: carcere per almeno 4 anni per chi commette tali reati finanziari in Europa. Per Viviane Reding, commissaria alla Giustizia, e Michel Barnier, responsabile Mercato interno, " è un messaggio forte di ‘tolleranza zerò verso chi abusa delle informazioni privilegiate in possesso cercando di manipolare il mercato" . Dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, prevista per giugno, gli Stati Ue avranno 24 mesi per l’adozione delle misure che regolano in modo più stringente anche le piattaforme elettroniche, finora escluse dalla legislazione europea. Lettere: il caso Berlusconi e l’abuso del termine " rispetto" di Giampaolo Cassitta La Nuova Sardegna, 15 aprile 2014 Il rispetto, secondo una delle definizioni del vocabolario italiano, è il riconoscimento di una superiorità morale manifestato attraverso il proprio atteggiamento o comportamento. Il rispetto è dunque una parola " alta" perché è anche un apprezzamento di stima e di buona considerazione. La parola in questi giorni è stata utilizzata molte volte da Silvio Berlusconi nei confronti dei giudici che devono decidere la sua richiesta di affidamento in prova al servizio sociale. Ha chiesto rispetto per la sua figura, per la sua storia, per ciò che è stato ed è ancora in questo paese. Il rispetto non si acquista ed è un po’ come la pace: cresce se trova il terreno adatto. È bello esigere rispetto. Lo si fa anche nei grandi gesti sportivi e bellici: si ha sempre rispetto dell’avversario. Berlusconi non è però un avversario cui si deve l’onore delle armi. È stato condannato in maniera definitiva e merita il rispetto dovuto a chi non si sottrae alla giustizia e aspetta il responso del collegio giudicante, in questo caso il Tribunale di Sorveglianza di Milano che deve analizzare in base ad un preciso articolo di legge se il condannato è meritevole del beneficio richiesto. Il Pm, anche lui, ha chiesto rispetto per la Magistratura che non opera in termini vendicativi nei confronti di nessun condannato, ma analizza la sua richiesta e prova ad applicare giustizia. Ci vuole rispetto per le cose. In tutte le cose. Ce ne vorrebbe per chi ha perso il posto di lavoro e chiede, alla politica, una risposta che da anni non arriva. Ce ne vorrebbe, per esempio, nei confronti degli operai dell’Alcoa, di Portovesme, che attendono ancora una risposta a seguito di una telefonata promessa da un presidente del Consiglio Italiano a quello russo. Il rispetto si acquista nei gesti, nei modi, negli aspetti. Nella serietà dei momenti. Ci vorrebbe il giusto rispetto nei confronti di chi ancora all’Aquila non ha una casa degna di questo nome e vive in appartamenti costruiti troppo velocemente dove qualcuno, con poco rispetto, ha pensato di far trovare, nel frigo, una bottiglia di spumante, in un luogo dove non c’era molto da festeggiare. E quanto rispetto meritano i parenti delle vittime del Moby Prince, quelle della strage di Piazza Fontana, di piazza della Loggia, della stazione di Bologna, dell’Italicus, di Ustica? Quanto rispetto vi era nelle risposte dei generali, dei politici, dei vari esperti nei confronti di chi ancora attende da anni una risposta chiara e risolutiva? Certo, ci vuole rispetto. Quello che non hanno avuto i terroristi che vigliaccamente si sono nascosti in Francia e Brasile e ancora oggi insultano le vittime. Certo, ci vuole rispetto e serietà: parole che non si trovano nella vacanza a Beirut di un ex politico fuggito senza attendere la sentenza e trovato in un grande albergo con un rotolo di trentamila euro, roba che fa ricordare più alla banda bassotti che alla dignità delle persone. Ci vuole rispetto nei confronti dei bambini, delle donne, degli anziani, ma ci vuole un enorme rispetto per chi, per esempio, in questo momento è in carcere e sconta in silenzio la sua pena. Quel detenuto attende anche lui una risposta dai giudici di sorveglianza. Anche lui ha chiesto l’affidamento in prova al servizio sociale oppure non riesce a presentarlo per il semplice motivo che non ha un lavoro e nessuno gli offre soluzioni alternative come, per esempio, occuparsi dei disabili. Il rispetto si costruisce, non lo si esige. Il rispetto è saper gettare lo sguardo verso gli ultimi, saper vedere oltre il proprio orticello. Chi chiede rispetto ha il diritto di ottenerlo ma anche il grande dovere morale di rispettare gli altri. Se cominciassimo a rispettare le leggi e le storie di tutti sarebbe davvero un bell’inizio. Con tutto rispetto. Lettere: con la candidatura di Fiandaca alle europee l’addio del Pd ai giustizialisti Stefano Menichini Europa, 15 aprile 2014 Per una cerchia di addetti ai lavori, la candidatura di Giovanni Fiandaca nelle liste europee del Pd ha il significato forte di un capovolgimento di paradigma, che va trasmesso a un pubblico ampio. I titoli accademici e professionali aiutano solo a definire il livello della persona: uno dei maggiori studiosi italiani di diritto penale, ex membro laico del Csm, presidente di commissioni per la riforma delle leggi antimafia. Per il pensiero politico ci facciamo aiutare dall’antipatizzante Antonio Ingroia: " Fiandaca è uno dei principali giustificazionisti della trattativa stato-mafia (...) [candidandolo si punta a] oscurare ancora una volta, con atti politicamente discutibili e mediaticamente rilevanti, la verità sulla stagione dei patti osceni con la mafia di una classe politica che occupa ancora ruoli di rilievo nelle istituzioni" . Capito? Per l’ex pm di Palermo, bocciato come magistrato dall’esito delle sue inchieste e come politico dall’avventura elettorale del 2013, ora riciclato nei ruoli burocratici della Regione Sicilia, la candidatura di Fiandaca è un segnale complice alla mafia da parte di una politica amica, un favore fatto ai registi dei " patti osceni" tra i quali Ingroia non ha il coraggio di citare per nome e cognome il presidente della repubblica, pur alludendovi chiaramente (" ruoli di rilievo nelle istituzioni" ). Ecco perché la scelta di Matteo Renzi sulle liste siciliane è forse uno dei suoi gesti più forti da segretario del Pd. Perché segna la rottura definitiva tra la sinistra e il coté politico-giornalistico-giudiziario che prospera sulle più indimostrate teorie complottarde applicate a ogni passaggio della storia italiana, mischiando e confondendo verità giudiziarie, anatemi morali e ambizioni politiche. E una sfida a qualcosa di più grande di un gruppo o di una cordata. S’è finalmente deciso di contrastare apertamente un modo di pensare che a sinistra s’è radicato negli anni, causando un grave impoverimento culturale, e che Fiandaca descrive come " la propensione quasi compulsiva a identificare il diritto e la giustizia solo con l’accusa e la condanna, e a reagire con sospetto e indignazione di fronte a eventuali archiviazioni o assoluzioni (...) la scarsa attitudine a comprendere e interiorizzare il valore irrinunciabile, per uno Stato di diritto, del garantismo penale" . Ecco che cosa significa, ben oltre la Sicilia e le contese sui processi di Palermo, la candidatura di Fiandaca. Toscana: l’Opg di Montelupo Fiorentino chiuderà i battenti entro il 31 marzo 2015 di Roberto Tatulli Il Sole 24 Ore Sanità, 15 aprile 2014 I progetti per 4,6 milioni potenzieranno la formazione, gli addetti e i centri intermedi. Delineato il percorso che entro il 2015 porterà al completo superamento dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino. La Regione Toscana ha approvato e definito ì progetti che, grazie a 4,6 milioni dì euro di risorse statali, creeranno il percorso utile a definire come si concluderà, dopo la proroga di un anno per tutte le Regioni (firmata la settimana scorsa dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano) anche l’esperienza dell’Opg presente nella Provincia fiorentina. L’obiettivo regionale è quello di potenziare la rete del servizi territoriali, fare formazione professionale e aggiornamento continuo degli operatoli, adeguare la dotazione di personale, creare percorsi di dimissioni per pazienti stranieri senza fissa dimora e potenziare le strutture intermedie di secondo livello. A fine febbraio 2014 nell’ospedale psichiatrico giudiziario dì Montelupo Fiorentino erano presenti 107 persone (nel 2012 erano 227). Dal 2010 a oggi sono stati dimessi 25 internati toscani e sono in dimissione aliti 31, per un totale di 56 persone che escono e tornano nel proprio territorio di provenienza, facendo impegnare alla Regione Toscana poco più di 1,2 milioni di euro: 600mìla euro per i primi 25 dimessi e più di 635mila euro per i successivi 31. Secondo il programma che porterà al superamento dell’Opg e previsto il potenziamento dei Dipartimenti di salute mentale (Dms) che, per i progetti di residenzialità e reinserimento sociale dovrà avere risorse adeguale per garantire sia il personale che altri servizi eventualmente coinvolti nel progetto (come a esempio Seri o servizi per la disabilità). Altro punto rilevante è l’investimento in formazione, utile a sviluppare competenze professionali e garantire l’aggiornamento continuo agli operatori delle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza detentive (Rems) e delle altre residenze psichiatriche dì secondo livello. A questo va aggiunto il progetto di adeguamento del personale, necessario a garantire livelli adeguati di qualità assistenziale e appropriatezza organizzativa nel passaggio dall’Ospedale psichiatrico giudiziario alle nuove strutture sani (arie extra-ospedaliere. Per questo dovrà seguire il potenziamento delle strutture intermedie di secondo livello (dedicate ai casi meno gravi, per l’esecuzione di misure di sicurezza non detentive), che hanno un ruolo fondamentale per garantire, da un lato che la permanenza nella Rems sia ridotta al minimo tempo indispensabile a ristabilire condizioni dì maggiore stabilità clinica e comportamentale e, dall’altro, che le strutture territoriali ordinarie siano in grado di accogliere persone che hanno raggiunto un adeguato equilibrio e stabilità. Altro progetto punta a creare un ambiente con caratteristiche sanitarie appropriate dove praticale gli accertamenti diagnostici e terapeutici necessari a evitare la permanenza in carcere di detenuti con problemi psichici, in pratica un luogo dove garantire la gestione di un reparto detentivo, presso un istituto penitenziario della Toscana, gestito dall’Asl territorialmente competente. Poi. anche consentire la presa in carico territoriale dei pazienti stranieri che non hanno dimora sul territorio italiano. Al momento, sono presenti nell’Opg di Montelupo 7 persone senza fissa dimora. Un percorso regionale e un programma, che riceverà dallo Stato 4.585.636 euro, già approvato nel 2013, compresi il complesso degli interventi assistenziali necessari che. secondo l’ultima delibera regionale, dovranno portare al completamento del processo di superamento dell’Opg entro il 31 marzo prossimo. Veneto: imprenditori di " Life" in sciopero della fame per solidarietà con gli " indipendentisti" Adnkronos, 15 aprile 2014 Uno sciopero della fame per solidarietà con i " patrioti" arrestati è iniziato oggi da parte di una trentina di volontari veneti. Ad annunciarlo Fabio Padovan dei Liberi Imprenditori federalisti (Life) Veneto che ha spiegato che " alcuni di loro si astengono anche dall’assumere liquidi" . " Un digiuno di un giorno, o due o tre. Insomma ciascuno offre il suo sacrificio come può. Ci serbiamo dentro il cuore, nel posto più intimo, che non possono certo rubarci, il nostro contatto spirituale con chi sta dietro le sbarre - spiega. Loro " sentiranno" la nostra vicinanza - spiegano i volontari della Life. Per ogni patriota in carcere, un veneto ogni giorno, finché non saranno tutti fuori, smettete di mangiare. A turno: se dentro le italiche galere adesso sono in 21, vuoi vedere che non riusciamo a trovare 21 Veneti che li accompagnano ogni giorno col loro personale sacrificio?" . " Ciascuno continuerà a fare il suo lavoro, andrà a scuola, in ufficio, sul campo, in fabbrica, e però quel giorno da lui scelto non mangerà, e saprà che lo sta facendo insieme a tanti altri fratelli e sorelle per alleviare le pene, col conforto della vicinanza del suo spirito, a chi è ingiustamente incarcerato e magari terrorizzato - sottolinea Padovan. E non occorrono controllori, non è una gara. Come controllore abbiamo la nostra coscienza veneta, la stessa che ci porta a sostenere l’indipendenza come unica alternativa allo sfacelo italico che ci circonda" . Pisa: Osapp; detenuto di 64 anni muore in cella, " non è stato possibile salvarlo…" www.pisatoday.it, 15 aprile 2014 A raccontare l’episodio è il vicesegretario generale dell’Osapp Giuseppe Proietti Consalvi che sottolinea la freddezza e la tempestività dell’agente di Polizia Penitenziaria intervenuto appena visto il detenuto riverso sul tavolino. "La Polizia Penitenziaria è abituata a fare l’impossibile ma per i miracoli non è purtroppo attrezzata". A dichiararlo è il vicesegretario generale dell’Osapp Giuseppe Proietti Consalvi, che analizza la morte di un detenuto, deceduto nella serata del 13 aprile all’interno del Centro Diagnostico Terapeutico annesso alla Casa Circondariale di Pisa. " Il detenuto di origine slava di 64 anni, affetto da svariate patologie soffriva anche di disturbi di natura psichiatrica, è stato trovato esanime dal personale di Polizia Penitenziaria che durante un normale giro di controllo nella sezione detentiva lo ha notato riverso sul tavolino della cella - racconta Proietti Consalvi - l’agente di Polizia Penitenziaria ha fatto scattare nell’immediatezza l’allarme e benché siano stati adottati tutti i protocolli salva vita previsti, non è stato possibile salvare l’ennesima vita nelle patrie galere" . " È evidente - conclude Proietti Consalvi - che in ogni caso vada premiata la freddezza e la tempestività del poliziotto penitenziario che ha avviato le procedure per il tentato salvataggio del recluso e questo a prescindere dall’esito dell’intera vicenda" . Ragusa: carcere di Modica verso la chiusura, carenza di personale dietro l’accelerazione www.radiortm.it, 15 aprile 2014 C’è probabilmente la carenza di personale dietro l’accelerazione della chiusura della casa circondariale di Piazza Gesù a Modica. I trenta agenti di polizia penitenziaria, così come quelli di Mistretta e Nicosia, infatti, verranno spalmati su tutto il territorio regionale. Ragusa e Noto sono le destinazioni più richieste dagli agenti. " Sicuramente non è una bella notizia - afferma Salvatore Margani della segreteria provinciale Ugl - anche perché si era parlato di differire la chiusura fino al completamento dei lavori dell’ala di Ragusa" . La chiusura è alle porte. A Piano del Gesù è cominciata la ricognizione dei beni in dotazione così come richiesto dal Ministero. L’operazione prelude alla chiusura ed al trasferimento dei circa 50 detenuti attualmente ospiti in quello che fu il convento annesso alla chiesa del Gesù ed alla mobilità delle 31 unità di polizia penitenziaria e dei 13 impiegati amministrativi oltre al direttore. Il personale sarà assegnato ad altre sedi. Domenico Nicotra, segretario generale Osapp Polizia Penitenziaria da sempre ha auspicato la chiusura di Modica per trasferire gran parte degli agenti a Ragusa dove a fronte di circa 150 detenuti al momento mancano almeno venti agenti con il personale che deve ancora usufruire delle ferie del 2013. Ieri in campo anche la Federazione nazionale sicurezza della Cisl. Corrado Presti e Lorenzo Pagano della segreteria provinciale, pur comprendendo le esigenze statali legate alla spendig review chiedono all’attuale Ministro della Giustizia di pensare ad una diversa destinazione della struttura penitenziaria, quale sede distaccata di Ragusa (quindi eliminando i costi legati alla dirigenza e al personale amministrativo) nella quale potrebbero essere ospitati detenuti ammessi al beneficio della semilibertà. Parma: situazione allarmante presso il Cdt, la Garante regionale scrive al Ministro e al Dap Ristretti Orizzonti, 15 aprile 2014 Facendo seguito a quanto verificato nel corso di ripetute visite presso gli Istituti penitenziari di Parma, Desi Bruno - Garante regionale delle persone soggette a limitazioni della libertà personale - ha inviato una lettera al Ministro della Giustizia e al Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, segnalando una serie di criticità che necessitano di interventi immediati. Scritta di concerto con il Garante dei Detenuti del Comune di Parma, Roberto Cavalieri, questa lettera richiama l’attenzione sul Centro Diagnostico e Terapeutico gestito dall’Ausl all’interno del complesso penitenziario: vi vengono assegnati i detenuti per il trattamento di patologie in fase acuta o cronica, e può ospitare al massimo 20 persone. La Garante segnala la " reiterata prassi" per cui viene inviato a Parma da tutti gli istituti di pena italiani " un numero eccessivo di detenuti affetti da gravi patologie, anche psichiche" ; data la limitatezza dei posti disponibili, alcuni di questi malati finiscono collocati nelle ordinarie sezioni detentive, in ambienti inidonei. L’eccessiva presenza di persone malate, aggiunge Desi Bruno, ha altresì comportato forti difficoltà nel sottoporre i detenuti a esami specialistici all’esterno, " e la crescente promiscuità determinata dalla convivenza di persone sane e persone malate, ha fatto registrare un netto peggioramento delle condizioni di vita complessive" . A questo proposito, la Garante afferma di aver ricevuto varie lettere collettive dai detenuti. Fra i vari fattori di rischio, nella lettera inviata dalla Garante si fa riferimento al numero di detenuti cardiopatici (circa 170 su 600 detenuti). Quindi, la Garante si rivolge al Ministro della Giustizia e al Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per sollecitare che i trasferimenti verso i Centri Diagnostici e Terapeutici vengano adottati " solo se esiste un’effettiva possibilità di presa in carico - nel breve periodo - del soggetto da pare del Centro stesso" , al contrario di quanto accade attualmente. Padova: contro i criminali romeni, un " patto" tra polizie... e pene da scontare all’estero di Adriana Comaschi L’Unità, 15 aprile 2014 Ivo Rossi, il sindaco reggente di Padova: " Ce lo chiede la comunità romena locale" . Un " patto" con informazioni sulle bande e pene da scontare all’estero. Padova chiede aiuto a Bucarest contro una criminalità crescente, spesso riconducibile a cittadini romeni. Un’idea nata dalla comunità romena locale stanca di vedersi confondere con chi delinque, assicura Ivo Rossi, sindaco reggente dopo la decadenza di Zanonato e vincitore delle primarie del centrosinistra per le prossime amministrative: " Questa è una frontiera dell’integrazione europea con cui occorre confrontarsi, servono soluzioni innovative" . Sindaco, Padova studia un " patto" con la polizia rumena? Di che si tratta? " Negli ultimi mesi abbiamo registrato un progressivo aumento di spaccate contro negozi, furti, appartamenti svaligiati che hanno visti protagonisti dei cittadini romeni. Ci ha allarmato il numero dei reati, non la nazionalità di chi li commette. Però due settimane fa sono stato con il console e l’ambasciatore rumeno a una cerimonia in una chiesa, ora di rito ortodosso, messa a disposizione della comunità rumena. Una comunità molto importate, diecimila persone che poi vogliono dire il 4,5% dei nostri residenti, integrati e lavoratori, c’è anche una consigliera comunale eletta cinque anni fa: arrivata qui " clandestina" ora è sposata con un italiano e lavora in banca, a dimostrazione di come la nostra sia una società che riesce perfettamente a integrare. In quell’occasione la comunità ha espresso il suo forte disagio perché questi reati commessi gettano un’ombra su di loro, un po’ come accadeva negli Usa agli italiani per colpa di qualche mafioso. E questo non ha senso, le mele marce ci sono ovunque. Così il console ci ha dato la sua disponibilità per una collaborazione" . In cosa si tradurrà, in concreto? " Intanto precisiamo che il Comune non sottoscriverà alcunché, non è di nostra competenza. Il console invece incontrerà presto il Prefetto e ogni passo ulteriore dipende dal Viminale: noi abbiamo raccolto la sua disponibilità a una cooperazione tra le forze dell’ordine, anzitutto per uno scambio di informazioni. Dalle indagini emerge ad esempio che sempre più spesso bande vengono a fare scorribande in Italia dall’estero, specie nelle città più ricche del Nord, anche perché ritengono che qui sia più facile rispetto ad altri Paesi" . E Bucarest magari le ha già schedate? " Mi dicono che in passato una collaborazione c’è stata e ha portato a colpire proprio bande del genere nel paese di origine o in Italia. Ecco, questa è una delle prossime frontiere dell’integrazione europea, di quella vera in cui tuteli il rispetto delle regole indipendentemente dal Paese in cui ci si trova" . Dunque caccia alle bande oltre confine. E poi? " Poi c’è da affrontare un nodo tutto nostro, quello dei piccoli reati per cui esiste la percezione di una sorta di impunità. Faccio un esempio: un cittadino romeno viene sorpreso a rubare in un negozio qui a Padova, viene chiesta la conferma del fermo ma il giudice per questo tipo di reato visto anche il sovraffollamento delle carceri sceglie la denuncia a piede libero. Risultato, lunedì era libero e il venerdì successivo già rubava di nuovo, e pure nello stesso negozio. Lo hanno ripreso e lui tranquillo ha detto che ci riproverà, solo " da un altra parte" . Qui va così" . Sta pensando che invece le pene si potrebbero scontare in Romania? " Credo che sia una discussione che bisogna affrontare, l’integrazione tra Stati passa anche da questi aspetti. Sono emergenze che non esistevano anni fa e allora bisogna avere la forza di trovare strumenti innovativi. È un periodo che si discute molto di Europa, anche questo è un terreno da non sottovalutare. Credo tra l’altro che Renzi, che è stato sindaco fino a poco tempo fa, abbia dovuto fare i conti con problemi analoghi e abbia presente il fenomeno. Magari per lui sarà più facile trovare soluzioni, appunto, innovative" . Insomma un modello da estendere su scala nazionale? " La collaborazione con altri Paesi Ue può essere solo positiva. E ancora prima, trovo positivo e interessante che lo stimolo sia arrivato dalla comunità romena locale. Del resto guardo i giornali locali di oggi e leggo " fermato romeno predone di bar" : se ogni giorno ci sono titoli così poi si rischia di generalizzare un fenomeno e di proiettarne la responsabilità su tutta la comunità e questo non ha senso, vogliamo evitarlo" . Temete che montino i pregiudizi? " No, siamo stati la prima città a istituire la Consulta delle comunità straniere eletta direttamente, qui ci sono una decina di comunità per quasi 90 etnie di paesi diversi. L’immigrazione è un fenomeno che conosciamo bene e abbiamo l’interesse ad accompagnarlo nel processo di integrazione. Ma certo c’è qualcuno che soffia sul fuoco" . Macomer (Nu): nel progetto " Il carcere va a scuola" gli studenti fanno lezione in carcere di Luciano Piras La Nuova Sardegna, 15 aprile 2014 Un altro mondo, lì a due passi, a Bonu Trau, eppure così lontano e sconosciuto. Una contraddizione, un paradosso. È il mondo del carcere. La Casa circondariale di Macomer, nella zona industriale. Struttura costruita negli anni Ottanta, aperta nel 1994 come Casa mandamentale. Diventato carcere di massima sicurezza per terroristi islamici, futuro incerto a sentire i ripetuti allarmi dei sindacati. Carcere, ma anche un centro di addestramento delle unità cinofile della polizia penitenziaria, molto attivo e utilizzato anche dalle altre forze dell’ordine, vera e propria eccellenza nel panorama della giustizia italiana. È da questo carcere, da questo mondo, che parte una nuova sfida per una società migliore. Con un gemellaggio che vede protagonisti i detenuti, da un lato, e gli studenti del liceo Galileo Galilei di Macomer, dall’altro. È grazie a un progetto sulla legalità, in prima fila il Ctp (Centro territoriale educazione permanente) di Nuoro diretto da Antonio Alba, che nei giorni scorsi i ragazzi e le ragazze della 5ª F e della 5ª C hanno potuto varcare i cancelli dell’Istituto di pena di Bonu Trau. Hanno così visto dal vivo alcune parti della struttura, comprese diverse celle, e soprattutto hanno incontrato gli allievi della scuola carceraria. Tra liceali e detenuti c’è stato poi un dibattito, uno scambio di vedute e opinioni. Sono stati letti alcuni racconti scritti dai detenuti. Racconti in prima persona che spiegano cos’è la vita in carcere, le sofferenze che la detenzione causa non solo ai detenuti ma anche e soprattutto alle loro famiglie di origine. La visita al carcere si è conclusa con una dimostrazione pratica del gruppo cinofilo della polizia penitenziaria che ha simulato una ricerca di sostanze stupefacenti con i cani antidroga. " L’obiettivo che speriamo di aver raggiunto, era quello di aiutare i ragazzi a riflettere sul fatto che alcuni atteggiamenti e azioni hanno come conseguenza la detenzione" spiegano le docenti del Ctp nuorese Raffaela Podda e Maria Lucia Sannio. Sono loro che hanno portato avanti l’iniziativa di Macomer. Messa in piedi sull’impronta del progetto " Il carcere va a scuola" , che ormai da dodici anni a questa parte lega la Colonia penale di Mamone alle scuole medie e superiori della provincia di Nuoro. " Nei giorni scorsi, per la prima volta, questa attività è stata proposta nella struttura di Macomer - raccontano le due docenti - nella consapevolezza che spesso i detenuti con la loro esperienza e i loro racconti carichi di sofferenza, funzionano da deterrente contro la tendenza ai comportamenti devianti di una parte della nostra gioventù" . Il progetto prevede adesso, dopo questo primo incontro, un altro grande passo in avanti: portare alcuni detenuti reclusi a Bonu Trau a una assemblea del liceo Galileo Galilei. Naturalmente con un permesso premio di alcune ore. Palermo: la Polizia stradale incontra i detenuti dell’Istituto penale minorile " Malaspina" Italpress, 15 aprile 2014 Questa mattina presso l’Istituto penale minorile " Malaspina" di Palermo verrà proiettato " Young Europe" , primo film realizzato da una Forza di Polizia, per portare l’educazione stradale all’interno degli Istituti Penali per i Minorenni. La proiezione di domani costituisce l’ultima delle sette proiezioni già date all’interno degli istituti penali per i minorenni di Roma, Napoli, Catanzaro, Milano, Torino, Pontremoli. Il film, del regista Matteo Vicino e cofinanziato dalla Commissione Europea, viene presentato per la prima volta ai giovani detenuti di alcuni istituti penali per i minorenni d’Italia, nell’ambito di un programma di educazione stradale avviato dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza in collaborazione con il Dipartimento per la Giustizia Minorile. Il progetto è frutto di un’iniziativa promossa dalla Polizia Stradale per facilitare il percorso d’integrazione sociale dei giovani detenuti in vista della loro reintegrazione nella società attraverso un percorso educativo sui temi della sicurezza e della legalità. Ogni proiezione sarà seguita da un dibattito moderato dagli operatori della Polizia Stradale per un messaggio di apertura e prossimità che vuole arrivare nelle realtà più difficili. L’obiettivo è quello di far crescere nei giovani la consapevolezza di tutti i rischi connessi ad una guida imprudente e pericolosa e diminuire il numero degli incidenti stradali, che costituisce ancora oggi, la prima causa di morte per giovani in Italia ed in Europa. Milano: reportage dal carcere di Bollate, il dolore dei detenuti scritto nei tatuaggi di Andrea Galli e Gianni Santucci www.corriere.it, 15 aprile 2014 Un rosario, vida loca, pistole e proiettili, freedom, nomi di donne e di nonne, kiss my love, pochi numeri e quei pochi usati come confessione: per esempio un 90 impresso sulla spalla, e nella smorfia il 90 simboleggia la paura. Tacite regole in prigione: parlar poco, semmai esibire. Così i muscoli vanno gonfiati e il corpo coltivato perché racconti. Luci basse nel teatro scelto per location, il tecnico di studio, un sudamericano naturalmente palestrato, concentrato e rigoroso, collega spine e srotola fili e sposta luci obbedendo al fotografo fin quando quest’angolo di prigione è pronto. I detenuti si spogliano, i detenuti svelano. Carcere modello di Bollate, hinterland di Milano, struttura all’avanguardia. Una manciata di ore in cella, un programma intenso di attività, il sovraffollamento ovunque altrove straripante qui arginato, anzi assente. Abbondano redazioni, laboratori di sartoria, call center per le aziende, il maneggio, la serra, spettacoli, dibattiti, letture. Un laboratorio sperimentale. Di storie. E le storie, in galera, hanno l’alfabeto dei tatuaggi. Michele, 26 anni - Battito d’ali e spine di rose: ha provato a scappare ma alla fine s’è fermato. I suoi tatuaggi sono disegni semplici e chiari. È stato rapinatore, trafficante, latitante. La vita a mille all’ora. Innamorato di una ragazza salvadoregna, stava per sposarla: a un mese dal matrimonio gliel’hanno uccisa in uno scontro a fuoco. " Aveva l’unica colpa di passare di lì" . Poi Michele ha provato a scappare di nuovo alla giustizia, forse senza convinzione. Si è consegnato alla polizia. Ha messo in pausa i tatuaggi: preferisce i libri, quelli dell’università dove si sta laureando in Scienze motorie. Due passioni: da bambino il pattinaggio, da adulto Duchamp. Spiega Massimo Conte, dell’Agenzia di ricerca sociale Codici, che nel mondo criminale i tatuaggi sono di due tipi: quelli che appunto descrivono un fatto biografico, qualcosa che è accaduto a te, al tuo uomo, alla tua donna, ai tuoi figli; e poi ci sono i segni dalla doppia strumentalità, la prima convogliata all’interno per sancire un legame di appartenenza/solidarietà, la seconda volta invece all’esterno per comunicare agli altri. Comunicare cosa? " Fuck the police" ripete il detenuto Daniele quasi fosse un ritornello rap. Lui giura che il tatuaggio-insulto, fatto a diciott’anni, se l’era promesso da bambino. " Mio papà era un pregiudicato. Lo uccisero in un agguato. Ricordo gli agenti, salirono in casa. C’eravamo io e mia mamma. Guardarono lei, annunciarono il cadavere riempito di spari. E dissero: " Signora condoglianze, ma sappia che per noi è semplicemente uno in meno. Si voltarono e se ne andarono" . La furia della strada, le derive della malavita, il linguaggio della violenza. Ma alla lunga la rabbia s’indebolisce, viene schiacciata. Entra nel tempo dei nuovi simboli da tatuare: velieri, farfalle. Indicano libertà, speranza di vita buona. Sono in qualche modo promesse fatte a se stessi negli anni da reclusi. Luca ha quasi quarant’anni, un passato lontanissimo che lo commuove (i nonni perseguitati che lasciarono in fretta l’Iraq e finirono a Milano) e un presente da fine pena chissà quando. Ha l’aria d’uno che riuscirebbe a spaccare i palazzi a mani nude. Dice: " In prigione ogni giorno è una battaglia. La galera o t’affonda o ti tira fuori il meglio" . Un muro di disegni difficile da sgretolare: scorpioni, aquile, leoni, spade, pugnali si inseguono su toraci e schiene, si annidano in caviglie, dorsi dei piedi, polsi, dita, risalgono sulle tempie, s’inchiodano al cuore. Figlio d’un carabiniere e di una famiglia modello, Matteo è stato un bandito. Quelli dalle gambe leste e dagli occhi che ordinano. Banche, istituti postali. Dice che viene sempre il figlio a trovarlo, nelle ore di permesso, nessun altro familiare. " Ha quattordici anni. Inizia a sbarellare un po’. Cattive frequentazioni, strane idee per la testa. " Ehi, smettila con le cazzate" , gli ordino. Mi ride in faccia. " Proprio tu parli?" . Le età e le fasi della vita, il dentro e il fuori, chi avanza e chi arretra. Dice Andrea che per tatuaggio ha scelto l’immagine di un figlio che prende la mano di un padre. " Il mio bimbo era appena nato. Due ore dopo già mi arrestavano, stavo andando in ospedale. Non sono nemmeno riuscito a prenderlo in braccio" . E di nuovo non rimane che lasciar impressi i segni. Ecco. Nel suo caso è una frase che si mangia centimetri di pelle, e che è una promessa se non già una sofferta, colpevole scusa in anticipo: " Non sarai nessuno per il mondo ma per me sei il mondo" . Sulmona (Aq): molte le presenze al convegno " 31.12.9999: fine pena mai!?" www.rete5.tv, 15 aprile 2014 Grandissimo successo e vasti consensi ha ottenuto il IV Convegno di Criminologia " 31.12.9999: fine pena mai!?" e tenutosi presso la sala polivalente del carcere di massima sicurezza di Sulmona. "L’evento organizzato dall’International Police Association - conferma il presidente Mauro Nardella - in collaborazione con la Uil Csp L’Aquila, Il Centro Europeo sulla Sicurezza e Autodifesa e il Comune di Molina Aterno ha visto la partecipazione di 400 persone rendendo gremiti tutti gli spazi dell’aula che ha ospitato l’evento. I relatori intervenuti si sono distinti per competenza e capacità. Tutti seguitissimi gli interventi. Il convegno egregiamente moderato dal giornalista scrittore e vicecaporedattore del Tg5 Carmelo Sardo ha visto il suo inizio con l’introduzione da parte dell’ideatore ed organizzatore della manifestazione Mauro Nardella, Presidente dell’International Police di Sulmona e Segretario Regionale Uil Penitenziari F.F.. lo stesso è proseguito con i saluti della criminologa Susanna Loriga Presidente del Cesad, del sindaco di Sulmona Peppino Ranalli , del sindaco di Molina Aterno Roberto Fasciani e di Alfredo Iasuozzi Segretario Nazionale dell’Ipa. Quest’ultimo ha colto l’occasione per consegnare un attestato di gratitudine ad Antonietta Santavenere ad essa assegnato poiché distintosi per la costante collaborazione offerta negli ultimi anni. Subito dopo è stata la volta dei relatori. Ad iniziare l’interessantissima sequela di interventi ci ha pensato la dr.ssa Bruna Brunetti, Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria seguito a ruota dal Professor Giuseppe Ferraro docente di Filosofia all’università " Federico II" di Napoli. Francesco Cascini, Vice Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e Michele Fina Collaboratore del Ministro della Giustizia Andrea Orlando hanno reso ai convenuti spunti di enorme interesse riprendendo, avvalorandoli, i contenuti del convegno stesso. Michele Fina ha portato i saluti diretti del Ministro Orlando ponendo, tra l’altro, l’accento sulla qualità del lavoro svolto dagli organizzatori e sulla scelta del tema oggetto del seminario. Subito dopo gli interventi di questi ultimi è stata la volta della delegazione dei detenuti ergastolani. Tonio Dell’Olio dell’Ufficio di Presidenza dell’Associazione Libera e Cecilia Loreti dell’Associazione " Gruppo Idee" hanno risaltato aspetti che evidenziano da una parte questioni legate alle vittime della Mafia e dall’altra la volontà di far emergere attraverso il lavoro e le attività sociali le qualità dei soggetti detenuti. Molto commovente è stato il momento della consegna dell’encomio al detenuto ferito nell’incidente che ha coinvolto un mezzo dell’Amministrazione Penitenziaria e che, malgrado la situazione emergenziale (i 5 agenti di scorta erano tutti più o meno gravemente feriti) venutosi a creare, ha collaborato in maniera egregia al mantenimento dell’ordine. Rocco Primavera, docente presso l’università di Urbino, sulle questioni legate all’ergastolo ha espresso, nell’intervento che ne è seguito, un trattato di elevata filosofia. Susanna Detrassi Docente del Nuovo Ateneo Romano e il Dr. Domenico Cipollone hanno concluso gli interventi. Unico neo del pomeriggio la sola presenza di Gianni Melilla tra i tantissimi parlamentari che avevano promesso la loro presenza. Il convegno è stato registrato da Radio Magic e sarà trasmesso integralmente da radio radicale. Lo stesso sarà oggetto di un video documentario prodotto da Mediaset e sarà il contenuto di un dossier che sarà consegnato direttamente nelle mani dei membri della Commissione Giustizia. Particolari ringraziamenti sono stati rivolti alla Fondazione Carispaq Provincia dell’Aquila, alla Uil Csp l’Aquila per i contributi offerti; alle istituzioni ed associazioni che hanno patrocinato gli eventi tra esse il " Gruppo idee" che ha donato mezzi e materiali per la produzione dei manufatti ,oggetto dei regali per i relatori, e che ha permesso all’Aias di incamerare euro utili per la sopravvivenza del centro diurno per disabili capitanato dal Prof. Sante Ventresca, presente al convegno e verso il quale sono state spese tante parole per l’opera da lui portata avanti e che ha permesso il connubio detenuti e ragazzi diversamente abili. Ringraziamenti sentiti vanno ai relatori intervenuti; a tutto il Corpo di Polizia Penitenziaria prodigatesi per la perfetta riuscita in sicurezza della manifestazione e che hanno dato un’immagine molto positiva ai convenuti; alla Pro Loco di Molina Aterno; ai detenuti e a Sante Ventresca dell’Aias per gli splendidi manufatti realizzati; Al comitato scientifico organizzativo nelle persone di: Luisa Pesante, Carlo Neigre,Vincenzo Rea, Antonietta Santavenere, Maria Trozzi, Silvia di Tommaso, Daniela Di Carlo, Vincenzo Nicolardi, Michele Americo, Vanda Puccilli, Paolo Schillaci, Agostino De Simone, Pasqualone Berardino". Intanto si è già posto la prima pietra sul V appuntamento e che si terrà ad Aprile 2015. In quell’occasione si parlerà di terrorismo nazionale ed internazionale. Firenze: Abu-Assad, il regista candidato all’Oscar, a sostegno dei prigionieri palestinesi www.toscananews24.it, 15 aprile 2014 La testimonianza di Hany Abu-Assad, regista candidato all’Oscar 2014 per il Miglior film straniero con il suo " Omar" , è stata una delle voci dell’iniziativa svoltasi questa mattina a Palazzo Medici Riccardi, " Diamo voce ai prigionieri palestinesi" , in vista della prossima alla giornata internazionale dei prigionieri palestinesi che si terrà il 17 aprile. Il regista palestinese, già vincitore del Gran premio della giuria all’ultimo Festival di Cannes, ha partecipato all’incontro che ha visto la presenza dell’ambasciatrice palestinese in Italia, Mai AlKaila, e di Fadwa Barghouti, moglie di Madwan Barghouti politico palestinese rinchiuso nelle carceri israeliane dal 2002. " La liberazione dei prigionieri detenuti ingiustamente nelle carceri israeliane - sottolinea l’Ambasciatrice palestinese in Italia Mai AlKaila - è una condizione necessaria per l’avanzamento del processo di mediazione" . Secondo i dati 2013 della " Rete romana di solidarietà con il popolo palestinese" , nelle 17 prigioni, nei 4 centri per gli interrogatori e nei 4 centri di detenzione israeliani, erano rinchiusi 4.812 palestinesi. Di questi, oltre 200 tra minori e bambini, di cui 31 sotto i sedici anni. Tutte le strutture di reclusione, ad eccezione del carcere di Ofer, si trovano all’interno di Israele, in palese violazione dell’art. 76 della IV Convenzione di Ginevra, che stabilisce che una potenza occupante deve detenere i residenti del territorio occupato nelle carceri all’interno del territorio stesso. Moglie Barghouti: liberare prigionieri palestinesi Un appello per liberare " tutti i prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, e in particolare Marwan Barghouti. Questo sarebbe un esempio della serietà e della volontà di voler realizzare il processo di pace tra Israele e la Palestina" . È il messaggio lanciato oggi da Fadwa Barghouti, moglie dell’esponente palestinese rinchiuso nelle carceri israeliane dal 2002, in occasione di un’iniziativa organizzata nella sede della Provincia di Firenze dal titolo " Diamo voce ai prigionieri palestinesi" . L’appuntamento è stato organizzato in vista della prossima alla giornata internazionale dei prigionieri palestinesi che si terrà il 17 aprile. Tra i presenti anche l’ambasciatrice palestinese in Italia Mai AlKaila, e Abu-Assad, regista candidato all’Oscar 2014 per il miglior film straniero con il suo Omar. Secondo i dati 2013 della " Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese" , in 17 prigioni, 4 centri per gli interrogatori e 4 centri di detenzione israeliani, erano rinchiusi 4.812 palestinesi. Di questi, oltre 200 tra minori e bambini, di cui 31 sotto i sedici anni. Roma: " La fine all’alba" al Teatro Golden " Compagnia Stabile Assai" con attori detenuti www.rbcasting.com, 15 aprile 2014 Dal 25 al 28 Aprile 2014 al Teatro Golden di Roma la Compagnia Stabile Assai del carcere di Rebibbia sarà in scena con lo spettacolo " La fine all’alba" , scritto da Antonio Turco, con la regia di Francesco Cinquemani. Un’opera noir e crepuscolare. Cinque rapinatori con tre ostaggi in una banca. La consapevolezza che quella potrebbe essere la loro ultima notte produce nei personaggi complesse riflessioni sulla propria esistenza. La scelta per i rapinatori è tra l’ergastolo e la morte. Ognuno dei rapinatori non ce l’ha fatta a vivere nella normalità della vita quotidiana, dopo aver scontato lunghe pene. Hanno deciso di giocarsi tutto nell’ultimo colpo. I tre ostaggi sono: il direttore della banca, una ragazza, un signore anziano, tutti loro si sono trovati nel posto sbagliato e nel momento sbagliato. La Compagnia Stabile Assai della Casa di Reclusione Rebibbia di Roma è il più antico gruppo teatrale operante all’interno del contesto penitenziario italiano. Il suo esordio risale a Luglio 1982. Ha vinto il Premio Troisi e ottenuto la Medaglia d’oro dal Capo dello Stato. Gli attori detenuti della Compagnia Stabile Assai: Giovanni Arcuri, Salvatore Buccafusca, Renzo Danesi, Aniello Falanga, Cosimo Rega, Francesco Rallo, Tonino Farinelli, Roberto Pedetta. Gli attori della compagnia non detenuti: Patrizia Patrizi, Patrizia Spagnoli, Deborah Bertagna, Angelo Ait. Nel cast l’attore professionista Mario Zamma e Rocco Duca, per anni unico esponente della polizia penitenziaria a salire sul palco insieme ai detenuti. Roma: Papa Francesco regala 1.200 copie del Vangelo ai detenuti nel carcere di Regina Coeli Ansa, 15 aprile 2014 " La Settimana Santa è un buon momento per confessarci e riprendere la strada giusta" . Lo scrive in un tweet Papa Francesco che proprio mercoledì prossimo farà consegnare dal suo elemosiniere, padre Konrad, 1.200 copie del Vangelo ai detenuti nel carcere romano di Regina Coeli. Si tratta della stessa edizione del Vangelo che papa Francesco ha fatto distribuire in piazza San Pietro durante l’Angelus di otto giorni fa. Siria: Alto Commissario Onu Pillay; c’è uso sistematico della tortura sui detenuti, deve cessare Asca, 15 aprile 2014 Il responsabile per i diritti umani delle Nazioni Unite, l’alto commissario Navi Pillay, ha condannato oggi l’uso di " routine" della tortura sui detenuti in Siria, presentando un nuovo rapporto che evidenzia rapimenti, pestaggi e dolorose estrazioni di denti ed unghie sulle vittime. " Gli elementi in nostro possesso confermano che la tortura è routinaria in carceri e luoghi di detenzione siriani e che viene usata anche da gruppi armati" , ha detto Pillay. " In presenza di un conflitto armato - ha aggiunto - l’uso della tortura costituisce un crimine di guerra. Quando viene usata in maniera sistematica, così come confermato in Siria, diventa un crimine contro l’umanità" . Il rapporto dell’Onu si basa sulle testimonianze di 38 detenuti sopravvissuti alle torture che hanno dettagliato violenze sistematiche su uomini, donne e bambini nel paese. " Le forze governative ed i gruppi armati che stanno agendo nel conflitto siriano - ha precisato l’alto commissario Onu - devono urgentemente interrompere le torture e rilasciare tutti coloro che sono detenuti in maniera illegale ed arbitraria senza il rispetto degli standard internazionali sui diritti umani" . Medio Oriente: in preparazione Giornata dei Prigionieri per sostenere i detenuti palestinesi www.infopal.it, 15 aprile 2014 Bahàa Al-Madhoun, sottosegretario del ministero dei Prigionieri, ha affermato che " gli eventi del Giorno del Prigioniero di quest’anno saranno rivolti allo smascheramento dei crimini delle Autorità di occupazione israeliana commessi contro i prigionieri palestinesi" . Al-Madhoun ha dichiarato che il principale crimine fra tutti è quello di negare il trattamento medico. La sofferenza dei " prigionieri" sarà trasmessa a tutto il mondo, che da tempo è compiacente, attraverso il suo silenzio, con i crimi israeliani" . In un’intervista radio avvenuta domenica, Al-Madhoun ha dichiarato che il numero di prigionieri palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane è arrivato a 5.200. Secondo Al-Madhoun, i prigionieri della Cisgiordania, Striscia di Gaza e Gerusalemme occupata sono diventati, in quest’ordine: 440, 430 e 159, 235 prigionieri della Palestina occupata del 1948 e prigionieri arabi che hanno partecipato alla lotta palestinese per la libertà. Tra le priorità del ministero ci sono la riattivazione della causa nazionale e internazionale dei prigionieri e la lotta per il loro diritto di vivere con dignità. Lo stesso è stato garantito agli ex prigionieri e le loro famiglie, ha dichiarato, aggiungendo che il ministero ha sollecitato i media perché facciano luce sulla questione dei prigionieri. " Diversi eventi devono ancora tenersi nei continenti Europeo e Arabo, a supporto della causa" . " Il ministero dei Prigionieri deve organizzare diverse cerimonie per celebrare il Giorno dei prigionieri, il più importante fra la larga scala di dimostrazioni alla quale parteciperanno tutte le nazioni, oltre a diversi eventi sportivi e mostre fotografiche" , ha dichiarato al-Madhoun. Al-Madhoun ha fatto un discorso contro le violazioni israeliane dei diritti dei detenuti, sostenendo che i prigionieri palestinesi sono l’obiettivo delle aggressioni, umiliazioni e negazioni di visite d’Israele, insieme alla mancanze di cure mediche, incarcerazione solitaria e assalti brutali perpetrati per provocare i prigionieri e demoralizzare il loro spirito. Ha poi invitato i popoli arabi e islamici, insieme alla Lega Araba e l’Organizzazione per le Conferenze islamiche, a sostenere i diritti dei detenuti palestinesi e a prendere parte alla cerimonia della Giornata del prigioniero, che si terrà giovedì 17 aprile. La cerimonia coincide con diverse denunce di prigioniere palestinesi contro la mancanza di cure mediche e il deterioramento delle condizioni fisiche fra i detenuti. In accordo con la dichiarazione di domenica della Società dei Prigionieri Palestinesi, Anaam Hasanaat sta ricevendo solamente degli antidolorifici contro la sua emicrania mortale. I prigionieri hanno oltre condannato il vagone " Bosta" usato per condurre i detenuti in tribunale o ai centri di trattamento medico, con sedili di ferro e in condizioni difficili, spesso per viaggi di lunga durata. Secondo la dichiarazione, ci sono 19 detenute nelle prigioni dell’occupazione. Cuba-Usa e lo " scambio di prigionieri" , intervista al Vice ministro degli Esteri cubano di Sandra Amurri e Stefano Citati Il Fatto Quotidiano, 15 aprile 2014 Rogelio Sierra, vice ministro degli Esteri di Cuba, è appena stato in viaggio d’affari in Italia e parla al Fatto della situazione sull’isola, alla luce dello scandalo Zunzuneo che ha ri-raffreddato le relazioni con gli Usa. " Quello denunciato dall’agenzia di stampa Usa Ap dimostra i reiterati intenti di destabilizzazione da parte americana; non hanno rinunciato al proposito di provocare il caos, la sovversione politica, oltretutto con investimenti milionari. Dovrebbero astenersi da queste azioni illegali, cubiertas (segrete) e rispettare la legge e il diritto internazionale come sancito anche dall’Onu" . Quale è stata la reazione dell’opinione pubblica? Ha subito la manovra come un violazione elementare delle regole; si è sentita ingannata e usata, inconsapevolmente, su temi quotidiani, usati per creare fiducia e per propalare incitamenti alla sollevazione. A questo punto è ipotizzabile uno scambio tra il prigioniero americano Alan Gross e gli ormai 3 prigionieri politici cubani ancora in carcere negli Usa, che tante campagne di mobilitazione hanno suscitato? Già prima dello scoppio dello scandalo Zunzuneo avevamo reiterato al governo Usa la volontà di cercare insieme una soluzione accettabile sul caso Gross. Noi abbiamo una preoccupazione anche umanitaria sulle sorti dei 3 cubani ancora ingiustamente incarcerati. Vi aspettavate questo cambio di situazione dopo la stretta di mano Obama-Raul Castro al funerale di Mandela a novembre? Quella stretta di mano è stata accolta come una normale cortesia tra capi di Stato: un fatto di pura educazione, nulla più. Quali sono i rapporti con il Venezuela a un anno dalla morte di Chavéz? Maduro è alle prese con una strenua opposizione. I rapporti sono eccellenti: si trattava di una fratellanza non solo tra Chavéz e Fìdel, ma proprio tra due popoli. L’addio fisico del leader bolivariano non ha danneggiato le relazioni e lo solidarietà. Come sta Fìdel Castro; ci sono continue voci nel mondo sulle sue condizioni. Resta il leader storico della revolucion, ed è sempre impegnato ad arricchire l’opera rivoluzionaria; sta scrivendo un libro: non sappiamo se più di ricordi personali o un nuovo volume delle sue riflessioni (Sierra e l’ambasciatrice Milagros Carina Soto Aguero accarezzano con affettuoso rispetto alcuni dei ponderosi volumi che raccolgono il pensiero del Lìder Maximo, ndr). Quale può essere il ruolo del papa argentino nelle relazioni internazionali di Cuba? Per quel che riguarda gli Usa, i nostri due paesi hanno i loro canali diplomatici su temi bilaterali. Ma certo qualsiasi sforzo per l’avvicinamento tra l’Avana e Washington è apprezzato da noi. A che punto sono e come stanno le riforme economiche e la serie di aperture sociali? Sono cambiamenti che hanno a che fare anche con il ricambio generazionale del regime (lei ha 49 anni). È una trasformazione, la necessità di correggere degli errori e migliorare il funzionamento della vita economica. Tra gli errori possiamo elencare episodi di cattiva organizzazione, alcuni meccanismi inceppati che hanno intorpidito alcuni ambienti; e non dimentichiamo i fattori esterni della crisi economica globale. Ma il bloqueo (le sanzioni americane, attive dal 1962, ndr) sono talmente forti che la crisi non si sente quasi... La continuità nel solco della generazione del ‘59 è un obbligo morale e l’impegno rimane quello dello sviluppo economico e il progresso sociale su basi socialiste. In questo il ruolo delle donne resta fondamentale, tanto è vero che siamo uno dei rari paesi al mondo dove la presenza delle donne in alcune professioni sensibili è superiore a quella degli uomini. Iraq-Arabia Saudita: gli ambasciatori discutono situazione dei prigionieri sauditi Nova, 15 aprile 2014 Gli ambasciatori di Arabia Saudita e Iraq in Giordania, rispettivamente Sami bin Abdullah Saleh e Jawad Hadi Abu, si sono incontrati quest’oggi per discutere delle condizioni dei detenuti sauditi in Iraq. Lo riferisce la televisione statale irachena, precisando che i colloqui hanno riguardato soprattutto la condizione dei detenuti sauditi che potrebbero essere condannati a morte per il presunto coinvolgimento in atti terroristici. Lo scorso 9 marzo il premier iracheno, Nouri al Maliki, aveva accusato Arabia Saudita e Qatar di aver finanziato apertamente i ribelli sunniti nella provincia di Anbar, dove sono in corso violenti scontri dall’inizio dell’anno. Lo scorso 30 marzo l’Iraq ha chiesto alle autorità saudite di poter verificare le condizioni in cui versano i propri cittadini detenuti nelle carceri di Rabat e di poter accertare se sono vittime o meno di abusi o violazioni dei diritti umani. Lo aveva riferito il ministero dei Diritti umani di Baghdad precisando di aver ricevuto da parte delle famiglie di alcuni prigionieri segnalazioni di " comportamenti contrari agli standard stabiliti dalle convenzioni internazionali" . " Questo ci preoccupa" , si legge in una nota che annuncia la decisione di inviare in Arabia Saudita un’apposita commissione ministeriale e nella quale si esprime la speranza che il governo saudita cooperi su questo fronte con l’Iraq. Nelle prigioni di Rabat sono rinchiusi oltre 200 detenuti iracheni. Turchia: il governo pensa a prigioni separate per gay, l’opposizione solleva perplessità Tm News, 15 aprile 2014 Prigioni speciali per i gay. È questo il progetto che ha già sollevato un vespaio di polemiche, annunciato dal ministro della giustizia turco Bekir Bozdag. Ne parla il sito internet del quotidiano Hurriyet. Rispondendo a un’interrogazione parlamentare del Partito repubblicano del popolo (Chp), una formazione di opposizione, Bozdag ha affermato che la misura è destinata a " proteggere i detenuti" , separandoli in base all’orientamento sessuale. Polemico il parlamentare Chp Veli Agbaba. " Quello che è più urgente per le persone Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali, ndr.) è migliorare le condizioni detentive e quindi finire l’isolamento nell’isolamento" , ha detto. " Misure come questa - ha continuato - finiranno solo per rivelare l’orientamento sessuale dei detenuti. È necessario un profondo lavoro, prima di fare una cosa del genere" . In Turchia ci sono 79 gay dichiarati in prigione, tuttavia il numero di persone omosessuali che scontano una pena è probabilmente molto più alto. Albania: violenze durante proteste contro morte detenuto albanese in Grecia, sospesi 4 agenti Nova, 15 aprile 2014 Quattro agenti di polizia albanesi sono stati sospesi dopo gli atti violenti nei confronti dei manifestanti che hanno partecipato lo scorso fine settimana ad una protesta davanti all’ambasciata greca a Tirana, contro la morte di un detenuto albanese torturato in un carcere del paese ellenico. La protesta, durante la quale è stata bruciata anche la bandiera greca, era stata organizzata da un movimento di giovani albanesi che si sono scontrati con la polizia la quale aveva circondato la sede diplomatica greca. Gli agenti hanno fatto uso dei manganelli per disperdere la folla. Gli atti violenti sono stati denunciati anche da un fotografo, minacciato da un gruppo di poliziotti, ripresi mentre picchiavano un manifestante. " Anche su questo caso saranno presi i dovuti provvedimenti" , fa sapere una nota della polizia di Tirana che si è scusata con il giornalista. Libia: aggiornato al 27 aprile processo a Saif al Gheddafi per repressione rivolta del 2011 Tm News, 15 aprile 2014 Si è aperto ieri a Tripoli per essere subito aggiornato al 27 aprile il processo ai figli del deposto colonnello Muammar Gheddafi e ad un’altra trentina di responsabili incriminati per la sanguinosa repressione della rivolta del 2011. Il processo è stato rinviato dopo soli 40 minuti dal suo inizio per l’assenza di numerosi imputati. Su 37, solo in 23 si sono presentati nell’aula della Corte penale di Tripoli: fra questi Abdallah al Senussi, ex famigerato capo dei servizi di Muammar Gheddafi, e l’ultimo Primo ministro, Baghdadi al Mahmudi. Seif al Islam, secondogenito dell’ex dittatore e ritenuto uno dei principali responsabili del vecchio regime doveva apparire in video conferenza perché detenuto a Zenten; alla sbarra anche Saadi, un altro figlio di Gheddafi, noto per la sua passione per il calcio, che a inizio marzo è stato estradato dal Niger, dove si era rifugiato alla fine della rivoluzione.