Giustizia: la presunzione d’innocenza "europea" sempre più vicina di Paolo Bozzacchi Italia Oggi, 11 aprile 2014 La Commissione affari legali dell’Europarlamento ha approvato all’unanimità la proposta della Commissione europea che prevede la garanzia del rispetto della presunzione d’innocenza per tutti i cittadini comunitari indagati dalle autorità giudiziarie. In dettaglio Bruxelles prevede che un presunto colpevole non possa subire nessuna decisione ufficiale prima della condanna definitiva, l’onere della prova ricade interamente sulla pubblica accusa qualunque dubbio in merito alla colpevolezza sia a favore dell’indagato o imputato. Inoltre sono garantiti sia il diritto di rimanere in silenzio quando interrogato che quello di essere presente in Aula durante il processo. La proposta della Commissione fa parte di un pacchetto di misure che comprende anche una direttiva sulle garanzie speciali per i minori indagati o imputati, che assicura loro (vulnerabili a causa della loro età) il diritto di avvalersi di un difensore in tutte le fasi del procedimento. Si tenta così di tutelare quei minori che decidono di rinunciare a un avvocato difensore, perché esiste il forte rischio che non comprendano le conseguenze di una loro eventuale rinuncia ai diritti di cui godono. Sono anche previste altre garanzie a salvaguardia dei minori, come il diritto di essere tempestivamente informati sui loro diritti, di essere aiutati dai genitori, di non essere interrogati in udienze pubbliche, di essere esaminati da un medico e di essere tenuti separati dai detenuti adulti qualora privati della libertà personale. Dello stesso pacchetto fa parte una raccomandazione sulle garanzie procedurali per le persone vulnerabili indagate o imputate in un procedimento penale. Obiettivo riconoscere queste persone affette da disabilità fisiche o mentali, per tener conto delle loro speciali esigenze. Se i cittadini non comprendono il procedimento o le conseguenze di azioni quali la confessione, il procedimento non si può svolgere secondo i principio del "confronto ad armi pari" tra accusa e difesa. Previste per gli indagati vulnerabili garanzie speciali, quali l’obbligo di avvalersi di un difensore, l’assistenza da parte di un terzo idoneo e l’assistenza medica. Prossimo step l’approvazione del pacchetto in plenaria. Giustizia: il Dap a direttori carceri "non dare più nessuna informazione ad Antigone" Ansa, 11 aprile 2014 Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria manda una circolare ai direttori delle carceri perché non forniscano più dati e informazioni sugli istituti penitenziari all’Associazione Antigone, "onde evitare - scrive il Dap - incoerenze pregiudizievoli all’immagine esterna dell’Amministrazione. Patrizio Gonnella, Presidente di "Antigone", l’associazione che si batte per i diritti in carcere, protesta e afferma: "così si dà l’impressione che si sia qualcosa da nascondere". Nella circolare del Dap, datata 25 marzo scorso, "si ritiene opportuno che le richieste di dati ed informazioni sugli Istituti penitenziari italiani presentate dall’associazione "Antigone" siano indirizzate direttamente a questo Dipartimento, il quale provvederà a valutarle secondo le linee di massima trasparenza alle quali si ispira". "Dal 1998 - spiega Patrizio Gonnella - l’associazione è autorizzata a svolgere attività di osservazione e, salvo una brevissima parentesi ai tempi del ministero guidato da Roberto Castelli, abbiamo sempre potuto svolgere serenamente le nostre visite e raccogliere informazioni dai direttori". "Questa nota - aggiunge Gonnella - ci pare un pericoloso passo indietro". "Quello che a noi interessa sono i dati di sistema" prosegue il presidente di Antigone che spiega come doversi rivolgere non più ai direttori ma all’amministrazione centrale "ritarda l’assunzione di informazioni di rilevanza pubblica". Inoltre così facendo il Dap "dà l’impressione che si sia qualcosa da nascondere o un’assenza di fiducia rispetto alle direzioni periferiche". "Viene ridotta l’opportunità di informare correttamente l’opinione pubblica intorno alle condizioni di vita nelle carceri che dipendono molto dal tasso di affollamento, dalle presenze, dai posti letto disponibili". Gonnella scrive che "l’immagine esterna dell’Amministrazione è meglio tutelata da un rapporto trasparente con le organizzazioni non governative, nelle diversità del ruolo ricoperto da ciascuno". Gonnella, infine, chiarisce come Antigone non chieda "dati e informazioni sensibili o che riguardano la sicurezza penitenziaria. Siamo interessati solo a dati che ci consentono di informare correttamente l’opinione pubblica sui temi che ineriscono il mandato costituzionale della pena". Giustizia: il Dap trasferisce tutti principali boss mafiosi in regime 41-bis in carceri diverse Ansa, 11 aprile 2014 Nelle ultime settimane circa 250 mafiosi al carcere duro - in tutto sono 700 - sono stati prelevati dagli istituti di pena in cui erano detenuti e trasferiti in altre carceri di massima sicurezza. Una "rivoluzione" rimasta top secret, progettata dal Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria nei mesi scorsi e comunicata al ministero della Giustizia, alla Direzione Nazionale Antimafia e alle Dda di tutta Italia. Imponenti le misure di sicurezza visto che in ballo c’erano personaggi di spicco di mafia, ‘ndrangheta, camorra e sacra corona unita. Il provvedimento è stato adottato per evitare lunghe permanenze dei detenuti negli stessi istituti di pena: il trasferimento ha riguardato, infatti, i mafiosi al 41 bis ristretti nello stesso carcere da oltre 5 anni. Lo spostamento dovrebbe evitare consolidamenti di rapporti tra i carcerati e il personale, amministrativo e sanitario, degli istituti di pena. Tra i nomi "eccellenti" toccati dalla decisione del Dap boss del calibro di Raffaele Cutolo, dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, di Leoluca Bagarella, Totò Riina e Bernardo Provenzano. Sia Bagarella che Riina hanno "inaugurato" oggi il collegamento in videoconferenza nelle loro nuove carceri all’udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia in corso a Palermo. Riina da Milano è stato portato a Parma (istituto di pena in cui era ristretto Bernardo Provenzano, mandato a Opera e poi in ospedale a Milano per accertamenti) e Bagarella dall’Aquila è finito a Tolmezzo. "L’opportunità di tali trasferimenti, funzionale alla stessa ragion d’essere del regime detentivo del carcere duro - ha scritto il Dap in una nota al Guardasigilli -, è stata discussa e condivisa nell’ambito di una riunione convocata dal Procuratore Nazionale Antimafia alla fine del mese di novembre dell’anno scorso, alla quale hanno partecipato i Procuratori Distrettuali Antimafia competenti sui soggetti individuati per i trasferimenti". "Nel caso di Provenzano, e di altri detenuti in età avanzata, - ha spiegato il Dipartimento - le ragioni della movimentazione hanno riguardato anche la necessità di collocare tali soggetti in istituti dotati di centri clinici particolarmente attrezzati e in territori dello Stato dove l’offerta sanitaria è notoriamente migliore". Provenzano, dopo il via libera del magistrato di sorveglianza, da Opera è stato portato in ospedale presso la struttura protetta ed è - scrive il Dap - "costantemente monitorato. Le sue condizioni di salute sono stazionarie". Sul banco dei testi al dibattimento, celebrato davanti alla corte d’assise, mentre i boss partecipano in videoconferenza, è salito il pentito Stefano Lo Verso, ex uomo d’onore di Ficarazzi che avrebbe ospitato Provenzano, nel 2003, durante la latitanza. Nel periodo in cui si sarebbe occupato di lui il padrino di Corleone avrebbe confidato a Lo Verso di godere della protezione di politici e alti funzionari dell’Arma e che Marcello Dell’Utri era diventato, dopo la morte di Salvo Lima, il nuovo referente politico di Cosa nostra. Trasferimento Provenzano rientra in movimentazione detenuti 41 bis Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha risposto alla richiesta del ministro della Giustizia Andrea Orlando illustrando le ragioni del trasferimento del capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano da Parma a Milano. Ecco il testo della missiva, resa nota dal dicastero: "Il detenuto Provenzano Bernardo in data 6 aprile 2014 è stato trasferito dall’Ospedale Civile di Parma dov’era ricoverato dal giugno del 2013, presso l’istituto penitenziario di Milano Opera. Il trasferimento è parte di una più generale movimentazione disposta da questa Direzione Generale che ha riguardato circa 250 detenuti, ristretti in regime di 41 bis O.P. e reclusi nel medesimo penitenziario da oltre cinque anni. L’opportunità di tali trasferimenti, funzionale alla stessa ragion d’essere del regime detentivo de quo, è stata discussa e condivisa nell’ambito di una riunione convocata dal Procuratore Nazionale Antimafia alla fine del mese di novembre dell’anno scorso, alla quale hanno partecipato i Procuratori Distrettuali Antimafia competenti sui soggetti individuati per le movimentazioni. All’esito della riunione ciascuna Direzione Distrettuale Antimafia ha fatto pervenire a questa D.G. e al Procuratore Nazionale Antimafia le osservazioni e i nulla osta necessari ai trasferimenti prospettati. Nel caso di Provenzano, e di altri detenuti in età avanzata, le ragioni della movimentazione hanno riguardato anche la necessità di allocare tali soggetti in Istituti dotati di centri clinici particolarmente attrezzati e siti in territori dello stato dove l’offerta sanitaria è notoriamente migliore. Provenzano, è stato inizialmente condotto nell’area riservata dell’Istituto di Opera ed è stato immediatamente richiesto al Magistrato di Sorveglianza competente per territorio di valutare la possibilità di disporre il ricovero presso la struttura protetta dell’Ospedale San Paolo di Milano per i necessari accertamenti medici da parte dei nuovi organismi sanitari e per approntare nuove ed eventuali diverse terapie. In data di ieri il Magistrato di Sorveglianza ha autorizzato con ordinanza il ricovero e Provenzano è stato prontamente condotto presso il nosocomio milanese. Provenzano è costantemente monitorato e le sue condizioni di salute sono stazionarie. Sarà cura dello scrivente informare codesto Gabinetto di ogni eventuale mutamento delle condizioni de Provenzano". Roberti (Dna): trasferimenti boss per eliminare rischi Il trasferimento di circa 200 esponenti apicali di mafia, camorra e ‘ndrangheta al 41 bis in diversi istituti di pena italiani è "una cautela" presa dal Dap anche "sulla base di informative fornite dalla Direzione nazionale antimafia", ma soprattutto "una cautela che dimostra come il sistema per eliminare ogni rischio derivante da una lunga permanenza in uno stesso carcere funzioni". Lo dice all’Agi il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. "Il cambiamento è stato sostenuto anche da informazioni nostre - ribadisce - la scelta finale è del Dap". Giustizia: Scurria (Fdi-An); dopo dossier dell’Ue, riforma priorità assoluta dell’Italia Agenparl, 11 aprile 2014 "Il dossier Dell’Ue pubblicato dal quotidiano Il Tempo sulla drammatica situazione delle carceri italiane è l’ennesimo dimostrazione della superficialità degli ultimi due governi. Matteo Renzi e il suo predecessore Enrico Letta nei loro altisonanti proclami hanno ritenuto opportuno non affrontare il dramma del sovraffollamento carcerario. Abbiamo già ricevuto una pesante condanna dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per aver violato gli standard minimi di vivibilità delle nostre carceri, determinando una situazione di vita degradante per i detenuti. Oggi i tre membri della Commissione giustizia del Pe ci raccontano che le nostre carceri sono le più affollate d’Europa e che il numero delle persone in attesa di una condanna definitiva sono il 40% del totale, di cui più della metà risulteranno sicuramente innocenti. Non possiamo pensare che la detenzione preventiva sia la soluzione ai molti problemi che abbiamo: immigrazione, tossicodipendenza e malattia mentale. La capacità rieducativa del carcere è efficace solo nel caso in cui contestualmente alla pena i detenuti possano dedicarsi a lavori utili alla società. In tal caso si può ottenere un calo dal 70% al 10% di recidiva del reato. Il carcere preventivo in Italia è paragonabile solo alla tortura. Un luogo di umiliazione, sofferenza e sicuramente di non riabilitazione; dunque la riforma della giustizia rimane una priorità assoluta dell’Italia". È quanto dichiara l’eurodeputato di Fratelli d’Italia - Alleanza Nazionale, Marco Scurria, membro della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Pe. Giustizia: Ucpi; misure alternative non sono "favore" ai condannati, abbattono la recidiva Asca, 11 aprile 2014 "Aldilà della questione specifica di Berlusconi va detto però con forza che il ricorso alle misure alternative al carcere abbattono la recidiva, e questo è un bene per tutti, ha una ricaduta positiva sulla società in termini di sicurezza". Lo ha spiegato Valerio Spigarelli, presidente dell'Unione Camere Penali, ai microfoni di "Prima di tutto" su Radio 1. "In genere - ha aggiunto Spigarelli - chi viene sottoposto a queste misure, non torna a delinquere, oppure lo fa in modo assai inferiore rispetto agli altri. Quindi è una fattispecie di esecuzione della pena che ci ritorna in positivo, ci conviene. Molto spesso invece - ha concluso Spigarelli - queste misure vengono viste come sconti o peggio favori ai condannati. No, lo facciamo proprio perché nella logica complessiva del sistema, ci avvantaggia dal punto vista sociale". Giustizia: da oltre 20 anni nell’Opg di Aversa, ecco gli internati "sepolti vivi" di Patrizia Sessa Ansa, 11 aprile 2014 Marco trascorre le sue giornate sulla brandina. Lì mangia, lì dorme, lì pensa. Quello che lo circonda non gli interessa proprio più. È rinchiuso nell’Opg di Aversa (Caserta) da 23 anni. Con quale accusa? Per offese e resistenza a pubblico ufficiale. Massimiliano, ogni giorno, chiude la porta della sua cella anche quando potrebbe uscire, "così non sento le urla degli altri". Carlo, invece, è in Opg per aver fatto una pipì in piazza. È giunto in Italia dalla Libia su un barcone ed ora si ritrova a vivere in un ospedale psichiatrico giudiziario. Benvenuti nell’Opg di Aversa dove i nomi qui utilizzati sono di fantasia ma le loro vite fin troppo reali. Ieri, a sorpresa, il consigliere regionale della Campania, Antonio Amato, e il ricercatore universitario Antonio Esposito, hanno visitato quelle celle e quei corridoi. Da tutti, "tutti", la richiesta è stata sempre la stessa: "Fateci uscire, vogliamo solo vivere". Nell’Opg di Aversa ci sono al momento 147 internati, alcuni giovanissimi, perfino 21 anni. La chiusura era fissata per il 1 aprile 2014 ma è stata nuovamente prorogata di un anno. E in questo limbo temporale, racconta il ricercatore universitario in bioetica, Antonio Esposito, le cose, se è possibile stanno peggiorando ancora di più "perché se prima gli internati potevano seguire un corso di teatro, attività varie, ora è tutto fermo visto che tutto si dovrebbe organizzare con 5mila euro l’anno, questo è quanto stanziato per l’area trattamentale, per le misure alternative all’utilizzo dei farmaci". E non solo. "C’è un solo psichiatra disponibile dalle ore 8 alle 20 e solo nei giorni feriali - aggiunge l’esponente del Pd, Amato - Quanti pazienti può seguire uno psicologo presente dalle 8 alle 14? Può bastare di notte o la domenica un solo medico di medicina generale?". Marco, di Latina, nell’Opg da 23 anni, per gli psichiatri potrebbe uscire ed essere curato dalla sanità territoriale, il centro di salute mentale laziale di appartenenza. Invece persiste la pericolosità sociale. "Eppure non sono mai venuti a visitarlo - dice Amato - la diagnosi è avvenuta per corrispondenza, come il rifiuto della presa in carico". A fronte di progetti di dismissione, ogni settimana ad Aversa ci sono nuovi internamenti. Molti, sempre di più anche gli immigrati. Carlo, nome di fantasia, è nell’Opg per una pipì fatta nel luogo sbagliato. "Pensavano fosse nigeriano, qui hanno scoperto che è originario della Guinea - spiega Esposito - Dalla Libia su un barcone, in Italia viveva in strada. L’internamento in Opg che a volte segue quello nei Cie è la risposta repressiva che diamo alle nuove forme di povertà". Dalla visita è emerso che altrI sei internati sono lì da oltre venti anni. Riccardo, ad Aversa da oltre due decenni, è morto qualche mese fa, senza mai riuscire a tornare libero. Il primato, chiamiamolo così, per ora spetta a Marco, lì da 27 anni. "Io voglio solo vivere o anche andare in un carcere normale - dice - ok, non ci legano più a letto come avveniva un tempo ma è la nostra testa e il nostro cuore a non essere più liberi. E tutto questo nessuno lo merita". Giustizia: la storia di Antonio… rinchiuso da 27 anni nell’Opg di Aversa Corriere dell’Irpinia, 11 aprile 2014 Ventisette anni. Tanti sono passati dal giorno in cui Antonio, questo è il nome di fantasia per proteggere la sua privacy, ha trascorso in un Ospedale Psichiatrico Giudiziario. È il record tutto irpino di permanenza negli Opg. Quello che vanta tra i 147 internati di Aversa, l’Ospedale psichiatrico giudiziario che avrebbe dovuto chiudere i battenti il primo aprile, ma che ha ottenuto una proroga di un anno. Quanti ne dovrà ancora scontare Antonio? E il suo non è l’unico caso limite. Anche perché, nonostante dalla struttura possano anche essere ravvisate le condizioni per la liberazione e il trattamento in cura ad altre strutture dell’Asl di competenza, l’irpino, come gli altri internati viene ritenuto "socialmente pericoloso" dai Tribunali di Sorveglianza. E quindi per lui, come per un altro detenuto che ha destato l’attenzione del consigliere regionale Antonio Amato (si tratta di un giovane di Latina, da 23 anni internato per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale), ieri mattina protagonista di un’ispezione a sorpresa nella struttura, le porte dell’Opg non si apriranno facilmente. "Come si può pretendere che questi luoghi siano curativi se poi, a fronte di patologie anche gravi, ce un solo psichiatra disponibile dalle 8,00 alle 20,00 e solo nei giorni feriali? Quanti pazienti può seguire uno psicologo presente dalle 8 alle 14? Può bastare di notte o la domenica un solo medico di medicina generale? Cosa resta dell’area trattamentale, di tutte le misure alternative all’utilizzo dei farmaci, se per un anno intero vengono stanziati 5 mila euro? Alcuni internati" afferma il consigliere del Pd che preannuncia un interrogazione urgente a seguito della visita "restano nelle stanze sempre, anche per pranzo e cena. La maggior parte del tempo, semplicemente, non c’è nulla da fare se non fumare, in condizioni di pulizia e igiene che lasciano fortemente perplessi". "Altro che proroga di un anno - conclude il consigliere Amato - con il mancato investimento sulla psichiatria territoriale e sui progetti terapeutici individualizzati, senza la riforma del nodo delle misure di sicurezza, questi luoghi, magari con un altro nome, non svuoteranno mai. Utilizziamo questo tempo perché non ci siano più alibi all’orrore degli Opg, perché finalmente si investa su progetti di cura costruiti sulla singola persona, si superi il persistente stigma sulle persone affette da patologia psichiatrica, non si agisca solo per sostituire il nome delle scatole contentive" Aumentano gli immigrati internati per motivi banali. "C’è un ragazzo che è entrato in Opg per una pipì fatta in piazza" racconta ancora Esposito "pensavano fosse nigeriano, qui hanno scoperto che è originario della Guinea. È giunto in Italia dalla Libia su un barcone, per luì, come per un altro internato srilankese che viveva per strada, l’internamento in Opg, che a volte segue quello nei Cie, è la risposta repressiva che diamo alle nuove forme di povertà e irregolarità. Certo - conclude Antonio Esposito - incontrare ancora in questa struttura pure le stesse persone riprese nei video denuncia della commissione Marino indica come, dopo il clamore mediatico, stia scivolando tutto, ancora una volta, in un cono d’ombra che ripete sempre lo stesso orrore". Giustizia: da inizio anno concesse 140 ricompense per appartenenti a Polizia penitenziaria Adnkronos, 11 aprile 2014 L’Amministrazione penitenziaria "riunisce mensilmente la Commissione preposta alla valutazione dei casi che vedono protagonisti gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, distintisi in attività di servizio, per la concessione delle relative ricompense, i cui elenchi sono resi pubblici attraverso comunicati stampa e pubblicati sul sito ufficiale del Corpo www.polizia-penitenziaria.it. Nel solo primo trimestre 2014 sono state concesse 140 ricompense". Il Dipartimento per l’amministrazione replica, in una nota, al sindacato Osapp che ha contestato la promozione conferita, per meriti eccezionali sportivi, all’assistente capo di Polizia penitenziaria Stefano Ciallella, in forza al Gruppo sportivo Fiamme Azzurre". Il sindacato aveva criticato la scelta del Dap, ritenendo che Cialella "si sarebbe limitato ad allenare l’atleta paralimpica delle Fiamme Azzurre Annalisa Minetti". Il Dipartimento ricorda i numerosi successi ottenuti dalla Minetti da gennaio 2013, da quando Ciallella fu scelto come suo atleta guida e allenatore: "un titolo italiano indoor, un titolo italiano outdoor e un titolo mondiale il 21 luglio 2013 a Lione nella specialità 800 metri T11 stabilendo, tra l’altro, il record mondiale con il tempo di 2.21,82". "Sulla base di tali motivazioni, per il valore assoluto dei successi ottenuti, l’assistente capo Ciallella il 23 luglio 2013 - chiarisce ancora il Dap - è stato proposto per la promozione al grado superiore, avanzamento concesso con Decreto n. 2846 del 16 dicembre 2013 della Direzione generale del personale e della formazione, avendo lo stesso contribuito a diffondere la conoscenza e la positiva immagine del Corpo di Polizia Penitenziaria - Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre". Giustizia: Silvio Berlusconi e la pena alternativa, stavolta è "uno come tanti…" di Luigi Ferrarella Corriere della Sera, 11 aprile 2014 Berlusconi, con i suoi 4 anni per frode fiscale ridotti a 12 mesi dallo sconto di 3 anni di indulto sui reati commessi prima del 2006, ieri in Italia era infatti il 5.570esimo condannato definitivo in libertà ad essere avviato o confermato nel 2014 ai servizi sociali come forma di esecuzione della pena alternativa al carcere sotto i 3 anni. E del resto il Tribunale di Sorveglianza milanese è lo stesso che di recente ha ad esempio ammesso al beneficio anche un uomo che doveva scontare 1 anno per aver picchiato e strappato un dente alla moglie, che a differenza di Berlusconi era pregiudicato e senza lavoro, che (sempre a differenza dell’ex premier super-difeso da super-avvocati) aveva persino sbagliato a fare la richiesta nel modo giusto, ma che si era comunque visto concedere i servizi sociali proprio a casa della moglie dettasi disponibile a risperimentare un percorso per il bene dei figli. Nella maggior parte dei casi, del resto, i condannati ottengono l’affidamento ai servizi sociali senza specifici programmi ma solo con l’indicazione di "relazionarsi con l’assistente sociale designato", e l’unico obbligo di rispettare le prescrizioni standard di stare in casa dalle 23 alle 6, non frequentare pregiudicati, non espatriare. Ciò che vale per tutti, dunque, vale per Berlusconi. E viceversa. Perché in generale si possono anche nutrire dubbi su un sistema sanzionatorio che vede in carcere 8.601 evasori fiscali in Germania e solo 156 in Italia (lo 0,4% contro la media Ue del 4,1%), o che tra condoni e sconti sbriciola l’entità teorica delle condanne definitive. Ma intanto varrebbe la pena che tutta questa inedita attenzione pubblica, dedicata ai servizi sociali per Berlusconi, fosse poi prestata anche alle risorse economiche, alle assunzioni nelle cancellerie e alle fluidità normative necessarie per irrobustire ancor più le misure alternative al carcere: quelle che fanno il bene della collettività prima che dei condannati, statisticamente abbattendone al 19% la recidiva che sfiora invece il 70% per chi espia tutta la pena in carcere. Giustizia: emesso un ordine di custodia cautelare per Marcello Dell’Utri… ma è latitante di Riccardo Arena La Stampa, 11 aprile 2014 Il suo telefono squilla a vuoto, lontano, come se Marcello Dell’Utri fosse chissà dove. E in effetti è chissà dove: un ordine di custodia cautelare è stato emesso contro di lui dalla terza sezione della Corte d’appello di Palermo, ma non è stato eseguito, perché gli agenti della Squadra mobile di Milano non hanno trovato l’ex delfino di Silvio Berlusconi. Era troppo tardi: l’ex senatore del Pdl, condannato a sette anni per mafia e che attende per martedì la sentenza definitiva, potrebbe essere all’estero, in Guinea Bissau, Libano, Repubblica Dominicana. In quest’ultimo Paese si era già rifugiato due anni fa, in circostanze analoghe, quando sparì nei giorni in cui la Cassazione doveva decidere la sua sorte. Poi la condanna fu annullata con rinvio e lui ricomparve. Ora un’intercettazione ambientale del novembre scorso orienta più verso la Guinea Bissau e il Libano. La Procura generale aveva chiesto in un primo momento il divieto di espatrio, dato che l’ex manager di Publitalia aveva più passaporti diplomatici di Paesi stranieri. L’intercettazione ambientale dava poi un’idea precisa delle possibili intenzioni sia dell’imputato che dei suoi familiari (il fratello gemello Alberto Dell’Utri). La Corte d’appello, che aveva già una volta detto di no alla richiesta di arresto (nel marzo dell’anno scorso, il giorno in cui aveva ribadito la condanna a sette anni), aveva però rigettato anche questa seconda richiesta del Pg Luigi Patronaggio: il concorso esterno, avevano scritto i giudici, non ammette mezze misure. In sostanza, o il carcere o niente. La Procura generale ha a questo punto percorso due strade: prima ha impugnato il rigetto del divieto di espatrio (che ieri il tribunale del riesame ha confermato) e ha chiesto una misura cautelare in carcere, sulla base di nuovi elementi. Il provvedimento è stato emesso, nel giro di pochissime ore, ma non è stato eseguito. L’imputato non c’era più. L’intercettazione ambientale che aveva messo in allarme gli inquirenti era stata eseguita dalla Procura di Roma, nell’ambito di un’inchiesta per riciclaggio su un imprenditore calabrese, Gianni Micalusi, l’8 novembre scorso, ed era stata subito trasmessa a Palermo: Alberto Dell’Utri parlava di un possibile riparo del fratello all’estero. Dell’Utri, parlando col titolare del ristorante Assunta Madre di Roma, Vincenzo Mancuso, faceva riferimento al fatto che la Guinea "è un Paese che concede i passaporti diplomatici molto facilmente… bisogna accelerare i tempi". E Mancuso, di rimando: "Ma scusami, Marcello non ha pensato a farsi nominare ambasciatore della Guinea?". Alberto parlava a quel punto di "tutto un retroscena" che ruotava attorno "a un personaggio che ha sposato la figlia del presidente africano". Un’altra strada era quella offerta dal Libano: "Marcello - raccontava sempre il fratello - ha cenato a Roma con un politico importante del Libano, che si candida presidente". Lettere: quando la giustizia è ingiusta… di Giuseppe Rossodivita (Avvocato Radicali Italiani) Il Tempo, 11 aprile 2014 Dopo la condanna dei giudici di Strasburgo con la "sentenza Torreggiani" - ai quali occorrerà fornire risposte entro il prossimo 28 maggio - arriva anche quella dei parlamentari europei giunti in Italia per vedere con i loro occhi le condizioni delle nostre carceri. Peggio di noi solo Serbia e Grecia, scrivono nel rapporto i membri della Commissione Libertà Civili preoccupatissimi, come i giudici di Strasburgo, per l’abuso della detenzione preventiva, che è patologia del processo penale nostrano. Nei fatti è una vera e propria pena anticipata in assenza di condanna, la custodia cautelare in Italia, che pesa circa il 40% delle presenze in carcere. La metà di questo 40% sarà poi assolto, dicono le statistiche del Ministero della Giustizia e le decine di milioni di euro per risarcire le migliaia di ingiuste detenzioni sono prelevate dalle nostre tasse, giammai dalle tasche dei giudici che sbagliano con così tanta preoccupante frequenza. In realtà il carcere disumano e degradante italiano non è altro che il dietro le quinte di uno spettacolo quotidiano osceno: quello dello sfascio del sistema giustizia. Nei prossimi giorni sarà decisa la sorte di Berlusconi, affidamento ai servizi sociali o detenzione domiciliare, condannato eccellente che per vent’anni ha parlato di riforma della giustizia senza però mai muovere un dito. Lettere: il "silenzio stampa" sui 40 giorni di sciopero della fame di Rita Bernardini di Paolo Izzo L’Unità, 11 aprile 2014 Parliamoci chiaro: a me sembra una notizia di drammatico rilievo - e quindi è assurdo il silenzio stampa che la circonda - che Rita Bernardini sia giunta al suo 40esimo giorno di sciopero della fame e che il suo "satyagraha" sia seguito a staffetta da almeno un migliaio di persone, per lo più militanti radicali, detenuti e loro parenti. La segretaria di Radicali italiani lotta per il ripristino della legalità nel nostro Stato in tema di giustizia e carceri, cioè per l’uscita dell’Italia da quella "flagranza criminale di reato" che già ci è valsa una "sentenza pilota" della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea , che sarà effettiva il prossimo 28 maggio nel caso che il nostro Paese non smetta di perpetrare "trattamenti inumani e degradanti" ai suoi reclusi. Lettere: le peripezie carcerarie e ospedaliere di Bernardo Provenzano… di Massimo Bordin Il Foglio, 11 aprile 2014 Lo hanno visto passare dal carcere di Parma a un ospedale della stessa città da cui è stato spostato prima al carcere milanese di Opera poi a un ospedale della stessa città. Contestualmente il suo antico sodale Totò Riina ha fatto il percorso inverso dal carcere di Milano a quello di Parma. Impensabile tenerli insieme. Negli stessi giorni il ministero ha disposto una gigantesca quadriglia di 200 detenuti in regime di 41 bis spostati di sede. Le condizioni di Provenzano risultano effettivamente gravi, tanto che è stato stralciato dal processo sulla trattativa per certificata impossibilità a partecipare al dibattimento. Certo ci sono precedenti che inducono alla cautela. L’ultimo, di pochi anni fa, riguardò un boss, Gerlando Alberti, che, malato di tumore, organizzava, nella sala d’attesa della chemioterapia di un ospedale palermitano, riunioni con altri vecchi mafiosi malandati quanto lui. Grazie a microspie opportunamente disposte dalla polizia, si scoprì che discutevano dell’organizzazione, forse velleitaria, di un traffico di droga in grande stile. Nel dubbio lo rimisero in carcere ma alla fine anche il vecchio "zu Paccarè", come era chiamato, fu mandato a morire a casa sua. Sul caso di Provenzano una cosa saggia ha detto il procuratore nazionale antimafia Roberti. Il problema non va posto sul regime di detenzione, che nel suo caso è obbligato, ma sulla compatibilità del suo stato con la detenzione. Giusto. Ma c’è qualcuno che abbia il coraggio di prendersi la responsabilità di scarcerarlo? Campania: la Garante dei detenuti "ora un indulto mirato, per svuotare le carceri" di Michele Paoletti Roma, 11 aprile 2014 "Le ipotesi in discussione sono diverse per un tema cosi complesso, un indulto mirato per azzerare la mole enorme di nuovi processi sentenze già definitive o un ricalcolo della pena per chi è già in carcere". È quanto dichiara il Garante dei detenuti della Regione Campania Adriana Tocco, a margine convegno su "Fini-Giovanardi" otto anni di incostituzionalità, le problematiche attuali, svoltosi presso l’Aula biblioteca del dipartimento Giurisprudenza dell’Università Federico II, moderato dalla giornalista di Panorama Annalisa Chirico, e che ha visto tra gli altri la partecipazione del direttore del dipartimento di Giurisprudenza Lucio De Giovanni, del garante dei detenuti Regione Toscana Franco Corleone, del Provveditore regionale Amministrazione Penitenziaria Tommaso Contestabile, del Procuratore aggiunto della Procura di Napoli Nunzio Fraiasso, del presidente dell’associazione "Carcere Possibile Onlus" Riccardo Polidoro e della componente commissione Giustizia della Camera dei deputati Alessia Morani. "Una risposta omogenea e chiara è necessaria per risolvere - aggiunge Tocco - un problema dettato da una legge dichiarata ormai incostituzionale e che ha ripristinato la norma precedente, la cosiddetta Iervolino-Vassallo". Sulla stessa lunghezza d’onda il Garante dei dei detenuti della Regione Toscana Franco Corleone che rileva come "è stata cancellata una norma della dittatura della maggioranza, un abuso che denunciavamo da tempo. Ora però - prosegue - bisogna trovare una soluzione agli effetti prodotti, perché secondo il principio dell’intangibilità del giudicato le sentenze definitive non possono essere riviste". Nell’attesa che la Corte di Cassazione si pronunci per dare un’interpretazione chiara e univoca, considerando che la situazione attuale vede 12mila persone condannate a pene anche severe per la detenzione e il consumo personale di droghe leggere, mentre altre 5mila attendono una sentenza definitiva, la parlamentare Alessia Morani, annuncia che "in Commissione Giustizia sono in discussione i correttivi normativi necessari". "Abbiamo avviato una serie di audizioni in Commissione - spiega la deputata Pd - per un correttivo ad hoc sul ricalcolo delle pene. Ma - conclude - è da escludere l’ipotesi di un indulto mirato". Toscana: Garante; oggi carceri utilizzate come succedaneo al manicomio del secolo scorso Ansa, 11 aprile 2014 Le carceri sono utilizzate come "succedaneo al manicomio del secolo scorso". Lo ha detto il garante dei diritti dei detenuti della Regione Toscana, Franco Corleone, intervenendo al Convegno "Sistema penale: la sfida della personalizzazione", nella sede della Regione a Firenze. Descrivendone le condizioni, Corleone ha definito le carceri italiane "un sottoprodotto del collegio e della caserma". "L’Italia - ha ricordato - è stata condannata dalla Corte Europea dei diritti umani per lo stato delle proprie strutture carcerarie e la Fini-Giovanardi è stata dichiarata incostituzionale. Insomma, abbiamo un carcere illegale e la norma che ha prodotto il massimo numero di detenuti è incostituzionale". Corleone ha definito "degradanti" le condizioni dei detenuti: "Il carcere così com’è - ha concluso - non è credibile per nessuno e non produce i risultati che si propone, cioè il reinserimento nella società". Toscana: università in carcere, nuovo accordo regionale e sezione pratese Italpress, 11 aprile 2014 Un nuovo accordo per il Polo Universitario Penitenziario. Viene presentato domani, venerdì 11 aprile, presso la casa circondariale della Dogaia (Prato, via della Montagnola 76) ed è siglato da Regione Toscana, Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, Università di Firenze, Pisa e Siena. Con l’occasione viene inaugurata la nuova sezione universitaria all’interno della Dogaia. L’iniziativa si svolge, all’interno del carcere pratese, alle ore 9:30. Oltre a un rappresentante dei detenuti e al direttore della Dogaia, intervengono il presidente della Regione Toscana, un sottosegretario alla Giustizia, il rettore dell’Università di Firenze, il provveditore regionale per l’amministrazione penitenziaria. Promossa a partire dal 2000 su iniziativa dell’Università di Firenze con Regione Toscana, amministrazione penitenziaria e in collaborazione con l’associazione per il volontariato penitenziario (Avp), l’esperienza dell’università in carcere presso la Dogaia di Prato si è poi sviluppata, nel 2010, con la costituzione del "Polo Universitario Penitenziario della Toscana" che coordina le attività svolte, nelle carceri toscane, dalle tre Università: Firenze, Pisa, Siena. Sardegna: "no" a chiusura del carcere di Iglesias, interrogazione Pd al ministro Orlando Agi, 11 aprile 2014 Cinque deputati del Pd, in testa Emanuele Cani eletto nel Sulcis, chiedono chiarezza al ministro della Giustizia Andrea Orlando sul futuro del carcere di Iglesias e sulle voci di un’eventuale chiusura. "Sarebbe davvero paradossale, in una condizione che vede il nostro Paese in forte criticità per sovraffollamento delle carceri, pensare di chiudere un istituto penitenziario che si configura come una struttura, recente, efficiente e con progetti sperimentali in atto", osservano Cani, Walger Verini, Francesco Sanna, Romina Mura e Siro Marrocu in un’interrogazione presentata al ministro. Civitavecchia: nuova tappa del processo per il suicidio della detenuta al carcere di Aurelia www.trcgiornale.it, 11 aprile 2014 Nuova udienza per la morte di Alessia T., la detenuta di 31 anni che nel giugno 2009 si suicidò al carcere di Borgata Aurelia impiccandosi con i suoi slip. Per la vicenda sono imputati per omicidio colposo la direttrice del carcere Patrizia Bravetti, lo psichiatra Paolo Badellino, la responsabile del settore femminile del penitenziario, Cecilia Ciocci, e il commissario facente funzione degli agenti di custodia Mario Celli. Nel corso del dibattimento, il Giudice Monica Ciancio ha ascoltato due consulenti della difesa dello psichiatra che aveva in cura la giovane, al quale è stato chiesto se per la 31enne era necessario il Trattamento Sanitario Obbligatorio e se potevano essere messe in atto delle terapie alternative. Alla giovane, come già emerso nelle scorse udienze, era stata diagnosticata una forte depressione e aveva già tentato il suicidio prima di essere trasferita dal carcere di Rebibbia. La prossima tappa del processo è stata fissata al 21 maggio, quando sarà effettuata una calendarizzazione delle udienze per sentire gli altri testimoni della difesa. Modica (Ra): la chiusura della Casa circondariale è ormai imminente di Duccio Gennaro www.corrierediragusa.it, 11 aprile 2014 "Il carcere di Modica chiuderà a breve": lettera "shock" del Ministero della Giustizia al direttore. La chiusura del carcere segue quella del Tribunale avvenuta lo scorso settembre ed era ineluttabile anche se iniziative parlamentari e politiche hanno fatto slittare dallo scorso anno ad ora il provvedimento della definitiva chiusura. Il carcere di Modica chiude. La comunicazione è arrivata sul tavolo del direttore qualche giorno fa da parte del Ministero della Giustizia. L’amministrazione generale degli istituti di pena ha comunicato che la chiusura è "imminente" in esecuzione del decreto del 1 febbraio dello scorso anno. Insieme a Modica chiuderanno in Sicilia anche gli istituti di pena di Mistretta e Nicosia, che, come Modica, hanno visto soppresso dallo scorso 13 settembre il tribunale. Nel carcere di Piano del Gesù a Modica è cominciata già la ricognizione dei beni in dotazione così come richiesto dal Ministero. L’operazione prelude alla chiusura ed al trasferimento dei circa 50 detenuti attualmente ospiti in quello che fu il convento annesso alla chiesa del Gesù. Il direttore sta anche procedendo alla chiusura contabile ed alla rendicontazione. Tutto insomma deve essere pronto per la chiusura che come recita la comunicazione ministeriale è "imminente" anche se non vengono forniti dettagli di sorta. Presso la casa circondariale di Piano del Gesù sono attualmente in organico 31 unità di polizia penitenziaria e 13 impiegati amministrativi oltre al direttore. Il personale andrà in mobilità ed assegnato a varie sedi. La più vicina è Ragusa dove è probabile che molti dei detenuti di Modica saranno trasferiti. La chiusura del carcere segue quella del Tribunale avvenuta lo scorso settembre ed era ineluttabile anche se iniziative parlamentari e politiche hanno fatto slittare dallo scorso anno ad ora il provvedimento della definitiva chiusura. La spending review avviata dal governo Monti con la nuova geografia delle sedi giudiziarie, proseguita dal governo Letta, ha subito un’accelerazione con il governo Renzi e nulla sembra a questo punto salvare i tre istituti di pena dei tre centri isolani. Lecce: accordo tra Comune e carcere, su lavori socialmente utili e raccolta differenziata www.leccesette.it, 11 aprile 2014 Doppio accordo tra Comune di Lecce e carcere di Borgo San Nicola: lavori socialmente utili per un gruppo di detenuti e, da lunedì, parte la raccolta differenziata. La raccolta differenziata arriva nel carcere di Borgo San Nicola. Questa mattina il direttore della casa circondariale Antonio Fullone e l’assessore alle Politiche Ambientali del Comune di Lecce Andrea Guido hanno siglato un accordo che prevede l’attivazione della raccolta differenziata dei rifiuti prodotti nel carcere leccese e l’introduzione di lavori socialmente utili per i detenuti. Già da lunedì prossimo saranno distribuiti i sacchetti per la raccolta. Tre saranno i colori dei contenitori per i tre materiali da differenziare: carta, plastica e alluminio. In contemporanea, cominceranno i corsi - tenuti da personale della ditta Axa - per divulgare tra i detenuti e i dipendenti del carcere di Lecce le informazioni utili ad un corretto conferimento dei rifiuti. Alcuni detenuti, cinque alla volta, invece, potranno, grazie a permessi di lavoro, collaborare con il Comune di Lecce per i prossimi 12 mesi ed essere impiegati in attività come la raccolta dei rifiuti, operazioni di bonifica, pulizia delle spiagge e del verde cittadino. Ci sarà un rimborso spese di 5 euro giornaliere a persona; inoltre, a carico dell’amministrazione comunale saranno le spese assicurative e un rimborso spese carburante per un totale di 8.350 euro. "Siamo sicuri - ha commentato l’assessore Guido - che attivando la raccolta differenziata nel carcere di Borgo San Nicola ci sarà un incremento sensibile per il raggiungimento del nostro obiettivo. Saremo più vicini al 5% di differenziata che ci siamo proposti. Bisogna considerare che quella del carcere è una popolazione costituita da circa 1500 detenuti e 700 dipendenti. Ringrazio il direttore della casa circondariale per la sensibilità dimostrata e, dopo questo importante passo, spero che la comunità leccese tutta intraprenda la buona pratica della differenziazione dei rifiuti". Milano: reportage dal carcere di Bollate, dove si studia da chef di Elvira Serra Corriere della Sera, 11 aprile 2014 Entriamo con la tessera numero 24, dopo aver lasciato i documenti all’ingresso. Sembra una scuola d’altri tempi, è una prigione. Saranno cuochi anche qua, con le grate alle finestre, nella succursale dell’alberghiero Paolo Frisi di Milano dentro il carcere di Bollate, una iniziativa fortissimamente voluta da Silvia Polleri, fondatrice della cooperativa di catering "Abc. La sapienza in tavola" che da tempo dà lavoro ai detenuti. La sfida è partita in sordina due anni fa con un finanziamento a fondo perduto di un gruppo di imprenditori. Ci hanno creduto i dirigenti scolastici e quelli del Dap, il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria: va bene, purché lo Stato non debba metterci un soldo. Venti studenti hanno fatto l’esame da privatisti e a settembre hanno cominciato l’anno regolarmente: quelli di prima ora sono 25. Li hanno scelti tra chi deve scontare una pena lunga, sono più motivati a completare il ciclo per riaffacciarsi sul mercato del lavoro con una competenza spendibile. La cucina è nel Terzo reparto, assomiglia a quella di un ospedale. Tra i fornelli spunta Elio Gracioppo, una vita in cattedra e gli occhi che brillano per questa docenza più speciale delle altre, perché qui non si tratta soltanto di dosare gli ingredienti, ma di mescolare dolori, reati, rabbia e il risultato della convivenza acquista un gusto ben più saporito di un piatto riuscito. La divisa è rigorosa: pantaloni a quadretti per gli aspiranti cuochi e blu con coreana bianca per i futuri operatori di sala. L’unica donna è Chiara Guercio, assistente di classe. Dice: "In questi mesi ho imparato a non distinguere tra noi e loro, ho lasciato il giudizio fuori dalla porta. Anche perché ho capito che la vita può cambiare molto repentinamente". Del primo si sta occupando Francesco Stagnitto, 28 anni, della provincia di Caltanissetta. Sono sue le crespelle alla valdostana. La doratura è perfetta, consistenza croccante, si sente subito il fungo e poi il prosciutto. "Anche la besciamella l’abbiamo fatta noi", spiega con un certo orgoglio. Salatura perfetta, sapore di montagna. "Uscirò di qui tra sette anni. Mi piacerebbe aprire un ristorante con mio fratello Davide, lui è bravo, ha già lavorato al Baglioni di Londra e di Bologna. Gli avevano proposto di andare in Cina, ma vuole aspettarmi, adesso vive a Milano". Il risultato promette bene, Francesco non cambiare strada. Il secondo è di Ramon Villarroel, lo aiuta Giovanni. Sono morbidelle di tacchino al curry. Ramon si è concentrato sulla salsa al curry, quaranta minuti senza smettere di girare con il cucchiaio di legno. La presentazione è deliziosa, le polpette hanno una superficie croccante di mandorle, il condimento aggiunge punti di felicità al piatto. L’autore è di Santiago del Cile e ha 44 anni. "Uscirò nel 2020. Studio e cucino, abbiamo un forno in comune per tutta la sezione con il quale preparo la pizza per mia figlia e gliela porto ai colloqui, una volta alla settimana. Gli altri mi chiedono di preparare le torte per i loro parenti, l’ultima che ho fatto era al cocco". Il dolce lo ha preparato Mario, ma lo ha aiutato Gaetano Papa, 46 anni, del Trapanese. È una bavarese all’arancia presentata dentro il frutto, con la crema sofficissima e dolce, funestata, purtroppo, dalla colla di pesce che non si è sciolta. Peccato, perché i sapori erano freschi e genuini. Gaetano starà "dentro" fino a gennaio del 2019. L’obiettivo, dopo, è lavorare. "Appena mi sarò sistemato sarebbe bello aprire un bar self service, la mia famiglia mi supporterà". La gara prevede un vincitore, ed è Francesco. Ma vincono tutti, per la volontà di riprovarci e di rimettersi in gioco. Per non aver perso la speranza che una vita, dopo, è ancora possibile. Pescara: protesta degli agenti di Polizia penitenziaria per gli straordinari non pagati Il Centro, 11 aprile 2014 Un clangore, ogni 2-3 ore, per cinque, sei volte al giorno. Mentre altre proteste sono in arrivo da chi invece vigila sulle azioni di chi ha messo in atto l’azione di protesta cadenzata. Sono da una parte i detenuti della casa circondariale di San Donato, dall’altra i 120 agenti di Polizia penitenziaria che vi lavorano. Dal 5 aprile scorso, infatti, gli ospiti del carcere hanno indetta una protesta, che è partita a livello nazionale, e che dunque non ha alcun riferimento a problemi locali, nella quale, dalla mattina al calar del sole, con pause che arrivano a circa tre ore, si mettono a battere, con degli oggetti metallici, come bombolette del gas, sulle inferriate delle celle. Un frastuono ritmato, che dura a volte anche un quarto d’ora per ciascuna sessione, messo in atto per richiamare l’attenzione sulla discussione in atto relativa al condono. Insomma, quello che stanno chiedendo i detenuti, a Pescara, come in altre carceri italiane, attraverso questa protesta sonora, è un abbattimento degli anni residui da scontare come pena. Ma se da una parte sono i carcerati a protestare, dall’altra sono gli agenti della polizia penitenziaria che reclamano sulla busta paga più leggera. Da quattro mesi, fanno sapere i sindacati della forza pubblica, non stanno percependo per intero lo stipendio. Dunque, alla protesta dei detenuti, a breve si affiancherà anche quella dei secondini. Dopo Pasqua, fanno sapere, si attueranno delle forme di protesta, ancora da concordare, che esulano tuttavia dallo sciopero, vietato per le forze dell’ordine. Nello specifico, gli agenti della polizia penitenziaria rivendicano la mancata corresponsione, negli ultimi quattro mesi, del pagamento relativo agli emolumenti del lavoro straordinario. "In sostanza", mettono in rilievo i sindacati, "siamo arrivati a una decurtazione dello stipendio, quella che si rifà alla voce "accrediti sui capitali", per una somma che va dai 200 ai 400 euro mensili". Una bella fetta di stipendio, che gli agenti cominceranno a richiedere fra poco più di una settimana. "Qui non si tratta più", hanno concluso dai sindacati, "di un mese di ritardo. Siamo già arrivati a quattro e pertanto la situazione comincia a diventare preoccupante". Trento: il "Premio solidarietà 2013" va al progetto "Sportello in carcere per i familiari" www.vitatrentina.it, 11 aprile 2014 La Fondazione Trentina per il volontariato ha deciso quest’anno di assegnare il "Premio solidarietà 2013" al progetto "Sportello in carcere per i familiari" promosso dalla Conferenza regionale volontariato giustizia Trentino - Alto Adige. Dopo il riconoscimento a chi si prodiga per soddisfare i bisogni di base - la necessità di alimentarsi -, a chi offre sostegno nelle nuove frontiere aperte dagli interrogativi non risolti sul fine vita, alle iniziative innovative per essere accanto ai familiari dei malati di Alzheimer e a chi affronta con un approccio comunitario la dipendenza dal gioco d’azzardo, viene così premiato l’impegno gratuito e disinteressato di chi si prodiga a sostegno dei familiari delle persone detenute. La Conferenza, costituita nel 2002, rappresenta un tavolo di lavoro tra realtà non profit del territorio impegnate nel rispetto della giustizia e dei diritti umani fondamentali di tutte le persone presenti in regione. Ne fanno parte l’associazione Ama, la cooperativa Punto d’incontro, Atas-Cinformi, Odòs di Bolzano (il servizio della Caritas altoatesina per i detenuti e gli ex detenuti), Avvocati per la solidarietà di Trento e Rovereto, i frati di Cles, la Caritas di Trento, la cooperativa Girasole di Rovereto, l’Associazione Provinciale Aiuto Sociale (Apas). Oltre all’attività di sensibilizzazione e informazione, che si è tradotta tra l’altro nella predisposizione di un apprezzato vademecum intitolato "Codice a sbarre" che illustra i tratti essenziali della procedura penale, il funzionamento della Casa Circondariale, offrendo anche una panoramica delle cooperative e delle associazioni che offrono servizi a detenuti ed ex-detenuti, dal 2012 la Conferenza è impegnata nell’assistenza volontaria ai detenuti e alle loro famiglie. Il servizio è svolto tre giorni alla settimana nel carcere di Spini di Gardolo con uno "sportello" che offre informazioni, sostegno, aiuto ai familiari dei detenuti ed è stato riconosciuto dalla Fondazione Trentina per il volontariato come l’iniziativa più meritevole, tra quelle presentate quest’anno. "Un’iniziativa di vera solidarietà": così l’ha giudicata il consiglio di amministrazione della Fondazione. Il servizio è assicurato da un gruppo di volontarie disponibili e preparate che nei tre giorni della settimana dedicati ai colloqui accolgono i familiari dei detenuti e i loro bambini offrendo ascolto e consigli, svolgendo un’azione di orientamento sulle prassi adottate in carcere, ad esempio relativamente al deposito di pacchi viveri o di beni di prima necessità, aiutando nella compilazione di moduli. "Siamo davvero contenti di questo premio", spiega Roberta Bianca Scabelli, fresca presidente della Conferenza regionale volontariato giustizia Trentino - Alto Adige, che di mestiere fa l’educatrice ed è consulente legale del servizio "Odòs" della Caritas di Bolzano per le persone ristrette e per gli ex detenuti. "è un riconoscimento al lavoro dei nostri volontari, la cui presenza rende meno traumatico l’impatto con la realtà del carcere". Sono decine le persone che ogni settimana entrano in carcere per incontrare i loro congiunti. "Sono persone costrette a scontare una colpa che non è loro e che, grazie al nostro sportello, trovano persone che le sanno ascoltare, che le comprendono e le sanno orientare in una realtà così dura e difficile", spiega Scabelli. Persone preparate, perché, sottolinea, se è vero che "volontari non ci si improvvisa", ciò vale a maggior ragione per che vuole affrontare la realtà del carcere. Per questo la Conferenza promuove percorsi di formazione organizzati specificatamente per l’ambito penale - quest’anno il corso si svolge tra la fine di marzo e i primi di maggio ed è organizzato con il sostegno del Centro servizi volontariato - e organizza periodici momenti di formazione e di aggiornamento. Nel bilancio di questi primi due anni, Scabelli registra l’instaurarsi di relazioni più costruttive con l’istituzione carcere ("Si lavora insieme, volontari e agenti di polizia penitenziaria") e il rafforzamento della rete di realtà che costituiscono la Conferenza, prima più sfilacciata e frammentata. Ma il pregio maggiore dello sportello per i familiari è forse l’agevolare l’accesso al carcere da parte della comunità locale, il suo contribuire a migliorare il rapporto fra il "dentro" e il "fuori". Il premio di 5 mila euro (lordi: il 25% andrà al fisco) è stato attribuito all’Apas, che ha materialmente presentato la domanda di partecipazione al Premio anche a nome delle altre realtà della Conferenza, in quanto organizzazione di volontariato iscritta all’albo provinciale. "Ci sentiremo nei prossimi giorni con le altre realtà della Conferenza regionale volontariato giustizia - spiega Fabio Tognotti, direttore dell’Apas - per vedere come utilizzare questa significativa somma. Ma posso senz’altro anticipare fin d’ora che sarà destinata a rafforzare l’attività dello sportello". Firenze: ieri il convegno "Oltre il carcere, per riflettere insieme sul sistema penale…" www.provincia.fi.it, 11 aprile 2014 A palazzo Bastogi il convegno organizzato da Garante dei diritti dei detenuti della Toscana, Franco Corleone in collaborazione con la Fondazione per la formazione forense dell’Ordine degli Avvocati di Firenze e con il Circolo Piero Gobetti. Oltre il carcere, per riflettere insieme sul sistema penale e guardare alla sfida della "personalizzazione". Questo il cuore dell’incontro svoltosi ieri pomeriggio, giovedì 10 aprile, in Sala delle Feste di palazzo Bastogi, per presentare e discutere le tesi proposte in "Sulla pena. Al di là del carcere (Liberilibri, 2013)". Al centro dei lavori l’intervento di Franco Corleone, Garante dei diritti dei detenuti della Regione Toscana, che ha visto nell’incontro il tentativo di alzare lo sguardo dall’emergenza della crisi delle carceri ad una prospettiva di grande riforma, che ripensi la funzione del carcere e il senso della pena. Una riflessione urgente, secondo il Garante, perché il rischio maggiore oggi, per i detenuti e i cittadini, è che la giustizia non sia più convincente e quindi anche il carcere, e che l’obbligo costituzionale del reinserimento sociale sia solo una chimera. Il ragionamento che inizia con questo convegno e che dovrà essere approfondito è quello di immaginare un sistema di pene efficaci, immediate, riparative, e non solo di privazione della libertà, che tra l’altro rischia di arrivare tardi e di risolversi in una prospettiva, per i detenuti, di un loro incattivimento, e per i cittadini di una sensazione di inutilità. Da qui l’invito a riflettere insieme sul paradosso che stiamo vivendo: da un il giudizio di illegalità espresso dalla Corte europea dei diritti umani sul sistema carcerario italiano; dall’altro la legge sulle droghe, che va a riempire il carcere, giudicata incostituzionale dalla Consulta. Gli altri interventi sono stati affidati a Silvia Cecchi, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro; Giovanna Di Rosa, magistrato e componente del Csm; Maria Tamma, consulente centro anti-violenza "Artemisia"; Paolo Bonetti, filosofo. Il convegno - organizzato dal Garante dei diritti dei detenuti, in collaborazione con la Fondazione per la formazione forense dell’Ordine degli Avvocati di Firenze e con il Circolo Piero Gobetti - è stato moderato da Paolo Marini, segretario del circolo Gobetti. Macerata: "Storie rock di genere da galera" con detenuti-attori del Barcaglione di Ancona di Maurizio Verdenelli www.cronachemaceratesi.it, 11 aprile 2014 Per un giorno, ieri, a distanza di trent’anni a Macerata l’Università, stabilmente "ospitata" nei locali che furono del carcere mandamentale in pieno centro storico, in via Garibaldi, è tornata ad "ospitare" l’istituzione penitenziaria. Sia nell’aula magna, nel pomeriggio, sia nell’auditorium San Paolo dove in serata si è scatenato un musicalissimo e gradevolissimo inferno diretto da Marco Bragaglia. Mentre dalla foto che immortala il cardinal Montini (che qualche anno dopo sarebbe diventato papa), Paolo VI osservava compiaciuto lo svolgersi della trama delle "Storie rock di genere da galera" interpretate magistralmente dagli attori detenuti (in art. 21) del Barcaglione. Alcuni con perfetto phisique du role (ma rassicurante era stato in aula magna il loro sorriso) altri che li avresti scambiati nei corridoi dell’ateneo per severissimi docenti. "Il lavoro penitenziario… diritto e rovescio", dettato dalla prof. Lina Caraceni, ha avuto dunque un "inveramento" in questa città senza celle, dove il carcere a stretto contatto con le case ("Durante la guerra, un detenuto evase passando per il nostro salotto" racconta Giancarlo Travaglini, noto commerciante del centro storico) venne chiuso a metà degli anni 80, mentre Camerino ne aspetta uno finora vanamente per risolvere, come noto, i suoi nodi legato allo sviluppo. Tuttavia il problema-carceri, come noto, è di valenza nazionale ed anche di più visto che l’Europa ci ha messo in "mora" al proposito. A Macerata ieri, in ogni caso, è stato trattato un modello virtuoso; quello del Barcaglione, 100 detenuti, 14 in art. 21. "Una percentuale del 15% che è interessante. Persone per il quale il penitenziario è per il momento un motivo di rieducazione. Sono impegnate all’esterno (per questo che non possono avere rapporti con gli altri detenuti) in attività teatrali, culturali con il progetto regionale legato alle biblioteche. Inoltre tra le attività c’è soprattutto la coltura dell’olio e della vite con ottimi risultati grazie al coinvolgimento di un detenuto, già titolare di una grande tenuta agricola" ha detto il dottor Maurizio Pennelli, direttore del Barcaglione e del carcere di Fossombrone. Il ricordo del cronista, in proposito, va a colui che venne definito il doganiere-miliardo, avendo sottratto negli anni 60, una tale cifra (enorme per quei tempi) dalle casse dello Stato con artifizi contabili che lasciò meravigliati gli stessi giudici. Umbro di Terni, l’ex dirigente pubblico infedele venne detenuto a Perugia ed incaricato di assistere i ragionieri del carcere, divenne un modello di rigore e di efficienza per tutti! Il dottor Pennelli viene da Napoli ed è un direttore davvero al passo con i tempi. "Conosco Scampia, so quello che significa il degrado umano e la criminalità. In quel quartiere grande come Macerata, dove c’è un posto di polizia volante, un cinema ed un altro paio appena di strutture aggregative, ogni famiglia ha perlomeno un componente in carcere ed i ragazzi non sognano l’auto o la moto, ma la rivoltella". Ha raccontato la prof. Caraceni: "Siamo andati con gli studenti a visitare il carcere di Nisida, nel Napoletano ed un educatore ci ha raccontato un episodio. Un detenuto gli aveva chiesto quanto guadagnasse con quella vita di sacrifici. "1.500 euro". E il ragazzo: "Quando esco da qui, ti porto con me e ti troverai in tasca quella cifra tutte le settimane". L’educatore, quando ce lo raccontava, era sconvolto. "Era solo un ragazzo… e la proposta che mi faceva, era per simpatia nei miei confronti perché mi riteneva sfruttato…". Tante storie tra diritto e rovescio anche dal dottor Stefano Trovato, presidente della cooperativa sociale Irs-Aurora. Una vita difficile quella dell’educatore con mensilità, quando va bene, che non superano le mille euro. "Il contatto con la gente che soffre nelle carceri, per piccolissime pene (soprassalto del direttore Pennelli ndr) è tuttavia gratificante" ha detto Trovato. Come altamente gratificante è l’attività teatrale portata avanti dalla dott.ssa Francesca Marchetti, presidente dell’associazione Art’O. "Ci ritroviamo nella cappellina del carcere, lì proviamo, e talvolta ci diamo il cambio con il cappellano per la funzione religiosa" ha detto Francesca Marchetti che a Macerata ha trovato un uguale contesto chiesastico per la performance dei suoi attori-detenuti: la San Paolo. Attività future? "Stiamo preparando il Macbeth al Barcaglione andremo in scena a luglio e sarà un evento cittadino per Ancona" annuncia in esclusiva. E per quanto riguarda l’attività didattica dell’Unimc che fa capo alla prof. Caraceni. "Una visita-stage a presto". Dove? "In carcere, è chiaro. In quello di Fermo" dice la professoressa. E Trovato: "Questa sì che è vita!" ridendo di gusto. Libri: "La Colonia Penale di Tramariglio. Memoria di vita carceraria" www.alguer.it, 11 aprile 2014 Dopo l’inaugurazione del museo "Giuseppe Tomasiello" sulla storia della vita carceraria di Tramariglio, avvenuto lo scorso luglio alla presenza del ministro della Giustizia, sabato prossimo alle 10,30 presso il nuovo carcere di Bancali presentazione di un prezioso volume sulle memorie di detenuti e agenti di custodia. Il titolo è "La Colonia Penale di Tramariglio. Memorie di vita carceraria". Edito dalla Carlo Delfino Editore fa parte della collana dei "quaderni del Parco di Porto Conte". A curarlo Stefano Tedde, Angelo Ammirati e Vittorio Gazale insieme ai 6 detenuti in articolo 21 Davide Aristarco, Simone Silanos, Lorenzo Spano, Daniele Uras, Giuliano Usala e Roberto Varone che hanno curato il lungo lavoro di recupero degli archivi storici della colonia penale di Tramariglio. La giornata sarà anche l’occasione per presentare per la prima volta alla stampa l’organizzazione e le strutture della nuova Casa Circondariale di Sassari. Sabato 12 aprile alle ore 10.30, all’interno della Casa Circondariale di Bancali, verrà presentato il volume "La Colonia Penale di Tramariglio. Memoria di vita carceraria", edito da Carlo Delfino editore e che racconta il lavoro di recupero dell’archivio dell’ex carcere di Tramariglio. Il volume rientra nella collana editoriale del Parco di Porto Conte la cui sede si trova appunto nella prestigiosa colonia penale di Tramariglio. Un museo a cielo aperto di storia umana incastonato in una delle perle naturali della Sardegna qual è il Parco regionale di Porto Conte. Dopo quindi, l’inaugurazione del museo della storia carceraria dedicato alla memoria del giovane agente di custodia "Giuseppe Tomasiello" arriva una preziosa guida alla conoscenza della storia del territorio di Tramariglio vissuta dai detenuti nel ventennio di funzionamento della colonia penale. Un lavoro frutto di un intensa attività di ricerca e digitalizzazione dell’archivio storico del carcere, rimasto per lungo tempo abbandonato negli scantinati del carcere di San Sebastiano a Sassari e che è ritornato alla luce grazie ad un opera di recupero eseguito da 6 detenuti in articolo 21 che hanno lavorato per circa un anno presso la sede del Parco. Si tratta di un primo esempio a livello nazionale di un progetto di questo tipo, nato dalla collaborazione tra la Casa Circondariale di Sassari, il Parco Naturale Regionale di Porto Conte e l’Archivio di Stato. Il volume, ricco di immagini d’epoca e di documentazione originale e inedita, è composto da 400 pagine, con un dvd allegato di 50’, ed è firmato, tra gli altri, dagli stessi detenuti in articolo 21 protagonisti dell’intervento di recupero. Il volume si articola in capitoli che raccontano la vita ad oggi sconosciuta della Colonia Penale di Tramariglio: Il territorio prima della colonia; La nascita delle colonie penali e Cuguttu (Alghero); La nascita della casa di lavoro all’aperto di Tramariglio; Struttura e organizzazione della colonia; Le produzioni agrarie; Le attività artigianali; L’alimentazione; La scuola; Momenti di relax; Il cinema per i detenuti; L’ingresso del detenuto in colonia; Il "detenuto tipo" di Tramariglio; La storia del detenuto Nilo Vettorazzi; Comunicare con gli altri: le lettere dei detenuti; Il Consiglio di disciplina; Sorvegliare e punire: la conta e i rapporti disciplinari; Evadere a tutti i costi; L’ammutinamento del 1951; gli agenti di custodia; La colonia e il mondo esterno; L’omicidio dell’agente Giuseppe Tomasiello. Alla giornata di presentazione, oltre gli autori, parteciperanno il presidente del Consiglio Regionale Gianfranco Ganau, il provveditore dell’Amministrazione Regionale della Sardegna Gianfranco De Gesu, il presidente del Parco di Porto Conte Stefano Lubrano e il direttore dell’Archivio di Stato Monica Grossi. Tra gli interventi previsti, quello del direttore della Casa Circondariale di Sassari Patrizia Incollu che farà gli onori di casa, della responsabile dell’Area Trattamentale Maria Paola Soru, del direttore del Parco Vittorio Gazale, degli storici archivisti Angelo Ammirati e Stefano Tedde e naturalmente dei protagonisti del progetto Davide Aristarco, Simone Silanos, Lorenzo Spano, Daniele Uras, Giuliano Usala e Roberto Varone. La giornata sarà anche l’occasione per presentare per la prima volta alla stampa l’organizzazione e le strutture della Casa Circondariale di Sassari. Il lavoro dei detenuti raccolto in un libro (La Nuova Sardegna) É il racconto di uno straordinario progetto di recupero degli archivi di un ex carcere da parte di un gruppo di detenuti in "articolo 21", cioè di coloro che possono lasciare il carcere per buona parte della giornata e svolgere attività lavorative all’aperto. In fondo, una scommessa vinta da parte di chi crede ancora che il passaggio in carcere rappresenti, comunque, una fase - più o meno lunga - destinata al recupero e al reinserimento sociale di chi ha sbagliato e paga il conto con la giustizia. La vicenda è riassunta nel libro "La colonia penale di Tramariglio. Memoria di vita carceraria" (editore Carlo Delfino) che sarà presentato domani mattina, alle 10.30, nel carcere di Bancali. A promuovere l’iniziativa, la Casa circondariale di Sassari e il Parco di Porto Conte, che ha la propria sede istituzionale nella ex diramazione centrale della colonia penale agricola di Tramariglio. Protagonisti del progetto sono Stefano Tedde, Angelo Ammirati, Davide Aristarco, Vittorio Gazale, Simone Silanos, Lorenzo Spano, Daniele Uras, Giuliano Usala e Roberto Varone. Il carcere è nato nel 1940, nell’ampio programma di colonizzazione del territorio: per 20 anni l’area di Tramariglio è stata utilizzata per ospitare circa 5mila detenuti che lavoravano nei campi e la sera tornavano in carcere. Nel 1963 l’amministrazione carceraria ha abbandonato tutti gli stabili e i detenuti sono stati trasferiti in altre carceri sarde. La struttura è stata recuperata e dal 2007 ospita la sede del Parco di Porto Conte: l’obiettivo del progetto è stato quello di dare un’anima al luogo attraverso la realizzazione del museo del carcere e il recupero degli archivi (abbandonati negli scantinati di San Sebastiano). La missione è stata compiuta grazie al lavoro quotidiano di 6 detenuti. E l’esperienza è raccontata in un volume di 400 pagine con un dvd allegato. Spagna: operazioni anti-droga a rischio con l’abolizione della "giustizia universale" Nova, 11 aprile 2014 Spagna, il buco nel sistema della giustizia universale minaccia ulteriori operazioni antidroga. La rapida riforma della giustizia universale, promossa dal governo del Partito popolare (Pp) per limitare la capacità dei giudici spagnoli di perseguire i crimini contro l’umanità, contiene un "bug" (in informatica, un errore di programmazione) che ha provocato un risultato fatale: il rilascio di otto narcotrafficanti egiziani detenuti mentre si trovavano a bordo del Peschereccio "La volontà di Dio", una nave senza bandiera, carico di 10 tonnellate di hashish e che era stato intercettato dalla dogana spagnola in acque internazionali a sud di Almeria. La riforma urgente della legge è motivata dal desiderio dell’Esecutivo del primo ministro, Mariano Rajoy, a scrollarsi di dosso la pressione da parte di paesi come la Cina, infuriata per il perseguimento dei suoi leader in merito al genocidio avvenuto in Tibet. Fonti giudiziarie sostengono che quello degli egiziani non sarà probabilmente l’unico caso e credono che altre decine di trafficanti di droga stranieri arrestati dalle autorità spagnole in acque internazionali potrebbero essere rilasciati in conformità con la nuova legge. Martedì scorso, il giudice della Corte Nazionale, Fernando Andreu, ha chiuso il caso sulla nave pirata "Volontà di Dio" e ha ordinato il rilascio di otto marinai egiziani. La legge anteriore che regolava la giustizia universale dichiarava i giudici dell’Alta Corte competenti di indagare e perseguire "gli atti commessi da spagnoli e stranieri al di fuori del territorio nazionale", normalizzati in Spagna, come vari crimini, tra cui "traffico di droghe psicotrope, tossiche e stupefacenti". Con la riforma del Pp, in vigore dal mese di marzo, la Spagna non è più il "gendarme universale dei mari", ha riferito la polizia. Stati Uniti: il Messico protesta per esecuzione in Texas di cittadino con ritardo mentale Adnkronos, 11 aprile 2014 Il Messico ha manifestato agli Stati Uniti la sua "più energica" protesta contro l’esecuzione in Texas del cittadino messicano Ramiro Hernandez Llanas. Si tratta del quarto messicano giustiziato in Texas, malgrado il pronunciamento della Corte Internazionale di Giustizia sul "caso Avena", che nel 2004 aveva chiesto la revisione dei processi di 51 messicani condannati a morte in Texas dato che erano stati violati i loro diritti consolari. Lo stato del Texas non ha mai voluto rispettare la sentenza, ignorando le pressioni internazionali e del governo federale di Washington che ha messo in guardia contro il rischio di ricadute sui diritti dei detenuti americani all’estero. Hernandez Llanas, 44 anni, è stato giustiziato con una iniezione letale alle 18.28 di ieri sera (ora locale) nel carcere di Huntsville. Era stato condannato a morte nel 2000 per aver ucciso tre anni prima il suo datore di lavoro e averne violentato la moglie. Nel processo non è stato tenuto conto del suo ritardo mentale. La madre e parte dei suoi sei fratelli si sono recati in Texas per assistere il congiunto prima dell’esecuzione. Hernandez Llanas ha trascorso le ultime ore assieme al cappellano. Suo fratello Jorge, presente all’esecuzione, ha detto di averlo trovato "in pace" e che ha chiesto perdono alle vittime e i loro familiari. Libia: evasi 10 detenuti dopo attacco armato a blindato che li trasportava a Tripoli Nova, 11 aprile 2014 Un gruppo di dieci detenuti sono fuggiti durante un’operazione di trasferimento a Tripoli. I detenuti sono fuggiti mentre venivano trasportati dal carcere alla sede procura della capitale libica. Un commando armato ha attaccato il blindato che li stava trasportando. Il vicedirettore del carcere di Ain Zara, Ashar Zayd, ha spiegato al quotidiano "Quryna" che i detenuti "sono evasi dopo che alcuni miliziani hanno aperto il fuoco contro le guardie". Un altro gruppo di detenuti presenti nel veicolo si è rifiutato invece di fuggire e sono rimasti a bordo. Ucraina: amnistia per filorussi che consegnano armi, per gli altri pronto l’uso della forza di Lucia Resta www.polisblog.it, 11 aprile 2014 Il presidente a interim dell’Ucraina, Olexsandr Turcinov, ha assicurato che ci sarà un’amnistia per gli insorti filorussi che consegneranno le armi e lasceranno liberi gli edifici amministrativi che sono ancora occupati. Poche ore prima, però, il ministro degli Interni Arsen Avakov aveva usato toni più duri: "Qualora i negoziati con i militanti separatisti dovessero fallire, useremo la forza". L’ultimatum scadrà tra 48 ore, ma al momento sembra difficile che si possa trovare un accordo. La Cnn ha riferito, citando come fonte l’ufficio del presidente ucraino Olekasender Turchinov, che le forze speciali di Kiev hanno ripreso in controllo del quartier generale delle forze armate a Donetsk che stamattina erano state occupate da manifestanti filorussi che hanno proclamato la Repubblica di Donetsk e indetto un referendum per l’11 maggio. Il portavoce della Casa Bianca Jay Carney ha affermato che gli Stati Uniti hanno chiesto a Vladimir Putin di mettere fine ai tentativi di destabilizzazione dell’Ucraina e hanno sottolineato la loro preoccupazione sulle occupazioni che i manifestanti filorussi stanno portando avanti nelle sedi del governo di Donetsk, Luhansk e Khariv. Washington ha avvertito che in caso di nuove violazioni ci saranno delle sanzioni per la Russia. Kirghizistan: centinaia di arresti durante una manifestazione promossa dall’opposizione Tm News, 11 aprile 2014 La polizia kirghisa ha arrestato centinaia di persone in occasione di una manifestazione indetta dall’opposizione per reclamare riforme. Un migliaio di persone si è raccolto in un parco di Bishkek per una manifestazione organizzata dal Movimento nazionale di opposizione, formato dall’alleanza di vari partiti minori nei mesi scorsi. La polizia ha annunciato oltre 150 arresti, l’opposizione ha parlato di 500 manifestanti in carcere. Una portavoce della polizia di Bishkek, Anna Zhukova, ha detto che 150 persone arrivate nella capitale dalle province sono state fermate e la polizia intende rilasciarle dopo averle interrogate e averne verificato i documenti. L’opposizione chiede una riduzione dei poteri presidenziali nella volatile repubblica centroasiatica, che ha visto il rovesciamento di due regimi, nel 2005 e nel 2010, anno in cui nel sud disordini interetnici uccisero centinaia di persone. L’anno scorso scontri sanguinosi per una miniera d’oro gestita da una società canadese hanno condotto alla dichiarazione dello stato d’emergenza in alcune parti del paese. Egitto: presa di posizione Parlamento turco; condanne a morte di massa urtano coscienze Aki, 11 aprile 2014 Il Parlamento turco prende posizione contro le condanna a morte di masse inflitte in Egitto a 529 appartenenti ai Fratelli Musulmani. "È ovvio che le condanne alla pena di morte inflitte per motivi politici urteranno le coscienze dell’intera umanità, non solo quelle degli egiziani", si legge in una nota sottoscritta da tutte le forze politiche rappresentate in Aula, dall’Akp del primo ministro Recep Tayyip Erdogan, al principale partito di opposizione, il laico e kemalista Chp. Nella nota, riportata dal sito web di ‘Hurriyet’, si esprime la preoccupazione della Turchia per le condanne, in quanto rischiano di scatenare ulteriori tensioni in Egitto e "alimentare desideri di vendetta". Le esecuzioni delle pene di morte - si legge - resterebbero "una macchia nera nella storia dell’umanità". Viene sottolineato, tuttavia, che "gli egiziani hanno il diritto di definire il loro futuro senza alcun intervento esterno". Il governo di Erdogan è stato uno dei sostenitori dell’ascesa dei Fratelli Musulmani in Egitto, che condusse all’elezione a presidente nel 2012 di Mohamed Morsi. I rapporti tra Turchia e Egitto si sono incrinati dopo la destituzione di Morsi, avvenuta lo scorso 3 luglio ad opera delle forze armate. Morsi è in carcere con tutti i dirigenti della Fratellanza, tra cui la Guida Suprema, Mohamed Badie.