Giustizia: quanto maggiore la quota di Pil criminale, tanto più fragile l’economia del Paese di Marcello Esposito Vita, 23 agosto 2014 A partire da ottobre alcuni paesi europei, tra cui l’Italia, inseriranno nel calcolo del Pil alcune forme di economia illegale. Una decisione che non sta in piedi moralmente, ma soprattutto economicamente. Ecco perché. A partire da ottobre alcuni paesi europei, tra cui l’Italia, inseriranno nel calcolo del Pil alcune forme di economia "criminale" (contrabbando, prostituzione e droga). A quanto è stato comunicato da imbarazzati funzionari, la decisione proviene motu proprio da Eurostat, l’agenzia statistica della Comunità Europea, che in questo modo recepisce indicazioni metodologiche risalenti addirittura al 1995. Stendiamo un velo pietoso sul modo in cui la stima verrà effettuata e lasciamo ai non addetti ai lavori l’illusione che le statistiche economiche ufficiali siano frutto di una scienza e non di un’arte divinatoria. Cerchiamo invece di capire le distorsioni economiche, prima ancora che morali, implicite in una scelta apparentemente "tecnica" ma sostanzialmente "ideologica". Il Pil, tra tutte le statistiche economiche, è una delle più importanti e ha assunto una valenza che va ben al di là delle classifiche sportive tra paesi o della semplice misurazione della "ricchezza" materiale prodotta in un determinato lasso temporale. Una valenza che nel caso dell’Unione Europea è sancita da trattati internazionali che vincolano i comportamenti dei paesi membri, influenzando reciprocamente la vita, le speranze e il benessere di 500 milioni di persone. Ci riferiamo principalmente al Trattato di Maastricht e agli accordi successivi, attraverso i quali è stata creata la moneta unica e si sono coordinate le finanze pubbliche dei paesi membri. In questi accordi e nella loro applicazione pratica, il Pil svolge un ruolo determinante perché è da una sua corretta misurazione che discende un’interpretazione appropriata di alcuni rapporti chiave, come quello del deficit/Pil e quello del debito/Pil. Perché si è deciso di usare il Pil e non qualche misura alternativa di benessere o di felicità? Perché non sono state incluse forme di attività come il lavoro casalingo? Il motivo è che serve una misura della potenziale "base imponibile" su cui i governi contino per rispettare gli impegni assunti nei confronti degli investitori, privati e istituzionali, che, acquistando il loro debito, hanno finanziato la quota di spesa pubblica non coperta dalle tasse. Il Pil, se calcolato correttamente, rappresenta la misura più affidabile della capacità di un’economia di produrre reddito "tassabile". Visto nell’ottica dell’investitore, basta anche solo l’inserimento dell’economia "sommersa" nel calcolo del PIL per sporcarne la capacità segnaletica: il reddito dell’economia sommersa per definizione sfugge alle autorità fiscali del paese e quindi è inutile ai fini della determinazione della sostenibilità delle finanze pubbliche. Se gli abitanti di Evadolandia hanno tutti la Mercedes ma risultano nullatenenti per il fisco, il ministero del Tesoro pagherà uno spread salato sui suoi titoli di Stato anche se sulla carta il deficit/Pil dovesse risultare inferiore al 3% a causa di un Pil gonfiato dalla stima del reddito evaso. Forse qualcuno ricorderà che nel 2006 la Grecia rivalutò nottetempo del 25% il proprio Pil, includendo stime fantasiose circa la dimensione dell’economia sommersa e dell’economia criminale. In quel modo riuscì a mascherare lo sforamento nel rapporto deficit/Pil che era in atto. Come è andata a finire, lo sanno tutti. Per la cronaca anche l’Italia ("una faccia, una razza") è famosa per un’operazione analoga voluta da Bettino Craxi a fine anni ‘80, limitata tuttavia all’economia "sommersa", e che ci illuse per qualche anno di aver spezzato le reni alla Gran Bretagna. Se, oltre all’economia "sommersa", si include anche (una stima) di una certa economia "criminale" all’interno del Pil, si rischia invece di compiere un vero e proprio errore di logica economica. Se il "sommerso" potrà emergere con una più efficiente lotta all’evasione, con una legislazione fiscale più semplice, l’economia "criminale", invece, non potrà mai emergere. L’economia "criminale" viene combattuta ogni giorno dalle forze di polizia, dalla magistratura, dalle istituzioni. L’obiettivo è quello di azzerarla perché il nostro comune sentire ha decretato che tali attività sono dannose e distruggono capitale umano, sociale ed economico. E, a causa di ciò, anche le attività lecite che dipendono dall’economia "criminale" sono a rischio. Quanto maggiore la quota di Pil criminale tanto più fragile è l’economia del paese. Volendo usare una metodologia di ponderazione presa a prestito dai modelli di risk management delle banche, l’economia "in chiaro" dovrebbe avere un peso del 100% nel Pil, la stima dell’economia "sommersa" un peso inferiore al 100%, a testimonianza della difficoltà di farla emergere. La stima dell’economia criminale dovrebbe invece entrare nel calcolo del Pil con un peso negativo. Per capire per quale motivo, l’economia "criminale" dovrebbe entrare con segno negativo nel calcolo del Pil, facciamo un semplice esempio. Prendiamo il caso di una cosca mafiosa che impiega i soldi del traffico di droga nell’economia del proprio territorio acquistando auto di lusso, ristrutturando ville, pagando vitto e alloggio alle famiglie dei carcerati, etc. etc. Cosa succederebbe se arrivasse un magistrato come Falcone o Borsellino e, arrestando la cupola della cosca, azzerasse l’afflusso di denaro? Il Pil del territorio si sgonfierebbe non solo per l’ammontare "criminale" ma anche per quello "lecito" che le attività criminali avrebbero reso possibile. E veniamo all’arte divinatoria che dovranno applicare i poveri sventurati a cui sta toccando il compito impossibile di inventarsi una stima del valore aggiunto delle attività criminali stando seduti davanti ad un computer dell’Istituto di Statistica. Prendiamo il caso della dimensione internazionale del traffico di droga. Alcune droghe, come l’eroina e la cocaina, non sono prodotte in Italia, ma sono importate dall’America Latina o dall’Asia. Bisognerebbe dedurre dalla spesa dei consumatori domestici il costo della merce alla frontiera. Una parte della merce che entra in Italia viene poi esportata in altri paesi europei. L’attività di import-export, che pare rappresenti una parte importante dei guadagni delle mafie italiane, sarà inclusa nel Pil? E come fa l’Istat a calcolare quale parte del valore aggiunto creato con il traffico di droga o la prostituzione rimane in Italia? Se i soldi spesi dai consumatori italiani, in droga o prostitute, vengono spediti all’estero per sfuggire ai controlli della polizia e della magistratura italiana, questi non dovrebbero entrare nel Pil italiano se non per la parte relativa al sostentamento della rete di distribuzione in loco (spacciatori, operazioni militari, …). Sarebbe poi curioso capire come l’Istat aggiornerà le stime del Pil in base alle operazioni di polizia e all’azione della magistratura. In teoria, l’IStat dovrebbe poi mettere in correlazione il livello dell’attività criminale in Italia con l’attività legislativa in materia ("svuota carceri", "Severino", "41bis", …) o con fenomeni come l’emergere di nuove droghe e trend di consumo. L’inclusione dell’economia criminale o di parti di essa all’interno del Pil ha quindi un senso "economico" solo se l’Europa avesse intenzione di legalizzare quel tipo di attività. Viceversa, non ha alcun senso "economico", ma rappresenta una fonte di errori statistici incommensurabili. E, quel che è peggio, rappresenta il frutto di una interpretazione "ideologica", spesso errata anche dal punto di vista scientifico, del concetto di "domanda di mercato" e "comune accordo tra le parti" per discriminare tra le attività criminali che fanno parte del Pil e quelle escluse. L’accettabilità sociale dell’economia di mercato si basa sulla libertà degli individui di accettare una determinata transazione ad un determinato prezzo. Gli individui non devono subire coercizioni, se no non è più un’economia di mercato. Si può parlare di "comune accordo" tra un drogato e uno spacciatore? Come si può considerare "libero scambio" quello tra un uomo e una prostituta, se questa è stata costretta con le sevizie e la violenza a fare una scelta di vita così degradante? E volendo ragionare per assurdo, perché escludere il "pizzo", la "mazzetta" o l’ usura dalla definizione di libero scambio? A Chicago qualcuno potrebbe considerarle forme primitive ma efficaci di offerta di servizi di sicurezza, di consulenza e di peer-to-peer lending. Per non parlare della massima espressione della libertà individuale: la speculazione edilizia sul territorio del demanio, dove più che il "comune accordo" vale il principio del "silenzio- assenso". Un’ultima domanda per Eurostat e Istat: quando considereremo Pil anche la "libera compravendita" di organi e lo scambio di materiale pedopornografico? Giustizia: giornalisti e magistrati, due caste invincibili che si alimentano a vicenda di Tiziana Maiolo Il Garantista, 23 agosto 2014 Intercettazioni, la riforma impossibile, La riforma che non si è fatta, la riforma che non si farà, la riforma che non si può né si vuole fare. Riforma impossibile prima di tutto perché va a toccare due Grandi Caste del potere politico, quella dei magistrati e quella dei giornalisti. Due poteri che si alimentano a vicenda. Ogni magistrato del settore penale sa che il suo lavoro - che ogni principio di ragionevolezza, se non di democrazia, vorrebbe efficiente e riservato - vale poco se non sarà amplificato dal circo mediatico che gli darà un forte consenso popolare, Esemplare da questo punto di vista la dichiarazione dell’attuale capo del sindacato magistrati, Rodolfo Maria Sabelli, che in un’intervista a Repubblica di alcune settimane fa sottolinea l’importanza di rendere pubbliche le intercettazioni "ai fini del controllo diffuso sulla misura". Il che, tradotto in lingua italiana, significa la ricerca di quel consenso popolare che dovrebbe appartenere più al inondo politico che a quello giudiziario. E in un certo senso serve anche a stimolare, soprattutto in questi momenti difficili per tanti cittadini, quella sorta di invidia sociale che finisce per invocare le forche quando l’inchiesta penale riguardi personaggi del mondo polìtico o economico e finanziario. In questa operazione il Grande Complice del magistrato è il giornalista. Sono stata per troppi armi cronista giudiziaria per non conoscere il meccanismo, quelle visitine solitarie del cronista nell’ufficio del Pm, quelle notizie distillate una a una che ti fanno scrivere ogni giorno, i testi delle intercettazioni depositate direttamente in edicola prima ancora che in cancelleria, quél vincolo omertoso per cui il giornalista non rivelerà mai le sue fonti e il magistrato-fonte sa che l’opinione pubblica sarà sempre con lui. Per alcuni, il circo mediatico-giudiziario sarà anche la porta di ingresso al mondo politico, al parlamento, magari al governo. L’altro motivo per cui quella sulle intercettazioni riforma impossibile è, paradossalmente, perché mette il dito su quel delicato ma fondamentale diritto di ogni cittadino che è la sua riservatezza, diritto tutelato dall’art. 15 della costituzione. Purtroppo, dal momento in cui la notizia, il testo di un’intercettazione (magari senza alcun rilievo penale ma particolarmente morboso) "scappa" dalle mani di chi dovrebbe esserne il custode rigoroso e atterra sulla scrivania del cronista, questi non ricorderà l’articolo 15 della costituzione, ma privilegerà sempre l’articolo 21, quello che garantisce la propria libertà di espressione. Anche a costo di calpestare le libertà altrui. E si pubblica a piene mani. Non conosco giornalisti che tengano notizie nel cassetto. Fa sorridere l’idea del ministro Orlando (ingenuo o imbroglione?) di organizzare due giorni di dibattito con tutti i protagonisti per affrontare insieme il problema. Una volta si diceva che quando non si sa che pesci prendere si fa un gruppo di studio, oppure si apre un tavolo, con grande soddisfazione dei mobilieri. Il ministro propone il codice di auto-regolamentazione per i giornalisti? Ma non lo sa che la gran parte dei giornali questo codice l’ha già e che è il Grande Violato Quotidiano? Se davvero il governo vuole affrontare la questione, deve fare solo due cose. Prima di tutto prendere atto del fatto che le intercettazioni in Italia sono troppe. Nel 1999 sono stata relatrice di minoranza sul tema alla commissione bicamerale Antimafia, nella quale avevamo appurato che in tutti gli Stati Uniti le intercettazioni erano state un quarto rispetto a quelle nel nostro Paese, e che in Italia un cittadino su quattro era stato, in modo diretto o indiretto, intercettato. E nel testo conclusivo, concordato con il relatore di maggioranza (di sinistra) Giacalone e il presidente Del Turco ci domandavamo se questo tipo di controllo "da strumento di acquisizione della prova" non fosse diventato "generico strumento di ricerca dì informazioni di eventuale rilievo penale... di ricerca preventiva e invasiva dei diritti di riservatezza in aperto contrasto con la lettera costituzionale". Avevano più coraggio i governi dì una sinistra tradizionale rispetto agli innovatori di oggi? Sulla giustizia sicuramente sì. Tanto che in un altro governo il ministro della Giustizia Mastella aveva presentato una proposta che limitasse la pubblicità delle intercettazioni al periodo successivo al rinvio a giudizio dell’imputato. E questa è la seconda cosa che il ministro Orlando dovrebbe fare, cioè riprendere in mano il testo Mastella. Se volesse fare la riforma della intercettazioni. Ma non lo farà, perché è una riforma impossibile. Giustizia: Forza Italia avverte Renzi "no a reato falso bilancio e a bidone auto-riciclaggio" Adnkronos, 23 agosto 2014 Forza Italia apprezza i "segnali buoni" arrivati dal governo sulla giustizia civile, ma sulla riforma di quella penale avverte Matteo Renzi: no al "conservatorismo manettaro" dei grillini, nè prevalga la linea di "certa parte del Pd". E soprattutto: niente scherzi sulle intercettazioni e il falso in bilancio. Ci pensa "Il Mattinale", la newsletter del gruppo azzurro alla Camera a mettere in guardia il premier da M5S: "Insulti a parte, che ormai sono una colonna sonora banale, la linea dei grillini sulla giustizia è il conservatorismo manettaro. E qui ci riferiamo a due questioni su cui loro battono e ribattono con accenti da purificatori sanguinari. Se vincono loro, ad essere impiccati sarebbero artigiani e piccoli industriali che in Veneto e in Lombardia hanno votato 5 Stelle". Il "foglio azzurro" spiega qual è la "verità sul falso in bilancio: fu depenalizzato dal governo Berlusconi, su richiesta di Confindustria e anche delle coop rosse. Le procure quando trovavano errori nei bilanci, fatti magari in buona fede o per necessità, li intendevano come maniera per procurarsi fondi per la corruzione. Si era ingenerato un vero e proprio terrore tra imprenditori piccoli e grandi. Si stabilì che restasse in campo penale solo su denuncia di un socio o di azionista. Ora che succederebbe con il ripristino tal quale del reato? Di nuovo incertezza, paura, caccia al corruttore tra le righe di ogni foglio". "C’è un ulteriore falso sul falso in bilancio, cioè che modulare il reato da amministrativo a penale sulla base della quantità, come pare proporre il ministro Orlando, peraltro osteggiato anche da molti dei suoi, sarebbe un piacere a Berlusconi". "Berlusconi non c’entra nulla, non dirige più società, non è questione sua. É una questione degli imprenditori, e alla fine degli italiani. I grillini e un’ala del Pd vogliono che sia perseguibile d’ufficio qualunque errore di bilancio, sono contro artigiani, commercianti e imprenditori. Confcommercio, Confartigianato, Confindustria sono con noi". "Il Mattinale" dedica un paragrafo al "bidone dell’auto-riclaggio. Questo è un reato da regime di polizia fiscale. In pratica in che cosa consiste? Se un pizzaiolo evade un tot di tasse, e con quel che ha sottratto al fisco compra una farina di qualità superiore per fare meglio le sue pizze, non è passibile solo della sacrosanta multa per non aver corrisposto le giuste imposte, ma viene denunciato per il reato penale, punito con anni e anni di carcere, di auto-riciclaggio. Una norma da pazzi - garantisce l’house organ forzista. Farlo sapere in giro. E smettere di lasciar passare che sia una forma di lotta alla corruzione". Ogni giudizio di Fi, comunque, è rinviato al Consiglio dei ministri del 29 agosto. "In attesa di quella data - scrive "Il Mattinale" - sulla giustizia civile, i segnali sono buoni: più rapidità, più certezze. Se quella penale il rinvio di molte pratiche essenziali non ci piace. Anche questo fattore di incertezza fa male all’economia". Giustizia: l'offerta di Berlusconi… con qualche modifica diremo sì alla riforma di Mario Ajello Il Messaggero, 23 agosto 2014 Perfino sulla riforma della giustizia, che per ora non gli piace, vorrebbe dire di sì a Matteo Renzi. E quando parla di lui, cioè del premier, Silvio Berlusconi assume toni doppiamente paterni, da uno che potrebbe anagraficamente essere padre di Matteo e da padre della patria. Usa toni flautati, fa di tutto per non essere contundete nei contenuti l’ex Cavaliere. Non fa che ripetere: "Matteo è un ragazzo, pieno di talento, che però sta sbandando. Non posso non dargli una mano". Addirittura, Berlusconi, sarebbe intenzionato ad aiutare il "ragazzo che sbanda anche sulla riforma della giustizia. "È piena di errori, e ancora molto incompleta - ragiona papà Berlusconi nel chiuso di Arcore - ma è già qualcosa questa iniziativa di Renzi. Arriva dopo vent’anni di guerra assurda contro qualsiasi modifica che tutti ritengono e non da oggi necessaria nell’ordinamento. Non me la sento di stroncarla preventivamente. Non farei un buon servizio al Paese". E ancora: "Se verranno apportate delle modifiche, e noi le nostre proposte le abbiamo e stiamo cominciando a farle presente al governo, potremmo pure dire di sì in Parlamento a questa riforma". È un Berlusconi così il Berlusconi di questi giorni. Ragiona del tema giustizia, medita sulle difficoltà dell’Italia. Osserva: "Possiamo aiutare Renzi su molte cose, anche sull’economia, e lo faremo con generosità e spirito di responsabilità. Non serve più dilaniarsi come inutilmente s’è fatto in passato. L’Italia, e il suo premier insieme a lei, è a un bivio: o si salva o è peggio per tutti. Non me la sento, in una situazione così, di stare con le mani in mano o di attizzare polemiche da opposizione non costruttiva. Sarebbe contro la mia natura e non è ciò che serve adesso al Paese". Il Berlusconi "costruttivista" è quello che si dice pronto a dare una mano a Renzi in tutti i campi. Osserva con i pochissimi che in queste ore hanno accesso alla sua conversazione: "Gli italiani si sono affidati a Renzi e io rispetto il volere degli italiani. È in gioco il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti e le polemiche della politichetta di piccolo cabotaggio non fanno bene a nessuno e non mi’ riguardano. Il ragazzo sbaglia e sbanda in Europa, dove sembrava che potesse fare meglio. È in forte difficoltà sulle materie economiche, perchè in quel campo i problemi sono più grandi della sua età e della sua esperienza. E poi, molti nel suo partito aspettano soltanto che vada a sbattere. Ma questo va evitato". E ancora: "Se andrà a sbattere contro un muro, noi non andremo a sbattere con lui ma dobbiamo fare di tutto perchè ciò non accada". Il mood berlusconiano questo è. Il format è quello dello statista molto preoccupato e per nulla divisivo. Non vuole infilarsi in chiacchiere politichesi ("Ingresso al governo? Macché. Il nostro contributo lo diamo da fuori") e quando qualcuno cerca di trascinarlo ih discorsi sul Nuovo Centrodestra o su cose così lui si ritrae. Anche se non gli dispiace, naturalmente, sapere che in previsione delle prossime regionali diversi esponenti di Ned starebbero bussando a Forza Italia. Sul suo partito, è molto concentrato insieme a Maria Rosaria Rossi. Sta pensando a come rilanciare Forza Italia e a come evitare - la Rossi su questo sta lavorando con molto impegno - che la crisi finanziaria del partito lo costringa a rinunciare alla sede (sontuosa) di Piazza in Lucina e a fare tagli anche del 50 per cento al personale. I tagli verranno evitati, ma la fatica e la preoccupazione per scongiurare questa eventualità sono forti. Il 24 settembre a Roma, Berlusconi parteciperà alla cena di fund-raising che sta organizzando la Rossi. Ne seguiranno altre tra Roma e Milano. E poi, da marzo, quando sarà finita la pena che sta scontando l’ex premier, Berlusconi andrà in giro attraverso ogni regione italiana partecipando personalmente, una ad una, ad altre iniziative di raccolta di fondi curate dalla tesoriera del partito. E il web sarà il fulcro di questo sforzo di riorganizzazione finanziaria. Ma per ora, c’è il soccorso a Renzi in cima alle sue priorità. "È un ragazzo pieno di buona volontà. Sta cercando di fare le riforme che servono al Paese. E noi non gli impediremo di governare. I cittadini hanno deciso di mettere l’Italia nelle sue mani e noi non siamo mai andati contro il popolo". Giustizia: parla il Segretario dell’Anm "riformare la prescrizione è la prima cosa da fare" di Gianni Barbacetto Il Fatto Quotidiano, 23 agosto 2014 Bene che il governo pensi al processo civile. Poi c’è bisogno di leggi anticorruzione, non di responsabilità civile e tribunali speciali per le toghe. Un elemento del piano per la giustizia delineato dal ministro Andrea Orlando, il segretario dell’Associazione nazionale magistrati, Maurizio Carbone, lo apprezza: "La priorità data al processo civile, da rendere più veloce, dopo anni in cui la politica ha puntato invece sul processo penale e sull’ordinamento dei magistrati. La priorità al processo civile è un fatto certamente positivo. Come anche il metodo seguito: quello del dialogo, e non dello scontro, con i magistrati". Gli apprezzamenti positivi finiscono qui? È positivo che si proponga anche di riformare il falso il bilancio e di introdurre il reato di auto-riciclaggio, per rendere più efficace la lotta alla corruzione: speriamo però che sia la volta buona, perché è da tanto che se ne parla, senza aver ancora fatto nulla; troppe volte le speranze a questo proposito sono state deluse. Non mi pare invece per niente apprezzabile il rilievo dato alla responsabilità civile dei magistrati. I problemi della giustizia non si risolvono inasprendo le sanzioni alle toghe o concedendo risarcimenti ai cittadini, ma offrendo processi più veloci e una giustizia migliore. Respingiamo il messaggio che sia colpa dei magistrati se la giustizia non funziona, come respingiamo il messaggio che i magistrati non rispondano delle loro azioni: rispondono già oggi in sede penale, come tutti i cittadini, poi in sede civile e infine in sede disciplinare. Sulla riforma dei tempi di prescrizione l’accordo politico sembra essere più difficile. Riformare la prescrizione è indispensabile. La legge ex Cirielli ha dimezzato i tempi di prescrizione anche per reati di corruzione, per esempio, e questo rende la lotta alla corruzione, che nel nostro Paese deve essere una priorità, una lotta contro il tempo, con i processi che oltretutto si allungano perché gli imputati puntano alla prescrizione. Mi pare di notare su questo punto uno slittamento, perché non sono stati ancora raggiunti accordi politici. Ma riformare la prescrizione è assolutamente necessario, per il contrasto alla corruzione e per accelerare i processi. Si sta discutendo anche di intercettazioni. Tornerà una legge bavaglio? Su questo punto dobbiamo trovare una soluzione che tenga conto di tre esigenze ugualmente importanti: la tutela della riservatezza dell’indagato e ancor più dei terzi intercettati e non indagati; il diritto di cronaca, dei giornalisti che devono poter scrivere le notizie e dei cittadini che devono essere informati; l’esigenza di proteggere la segretezza dell’indagine. Per quanto riguarda la pubblicazione delle intercettazioni, le violazioni riguardano di solito norme che già esistono. È necessaria però una maggiore attenzione dei giornalisti a non pubblicare elementi che non riguardino l’indagine ma siano solo gossip; e anche dei magistrati, che devono selezionare e inserire nei loro provvedimenti solo le intercettazioni funzionali al provvedimento che stanno emanando. Non vorremmo però che si tornasse a mettere in discussione le intercettazioni in sé, come strumento d’indagine: sono assolutamente essenziali per individuare i reati, sia di mafia, sia di corruzione, sia finanziari. Del Consiglio superiore della magistratura si dice che deve cambiare in base al principio che "chi nomina non giudica e chi giudica non nomina". Se questo vuol dire una più netta separazione della sezione disciplinare del Csm dentro il Consiglio, allora non c’è contrarietà. Siamo invece assolutamente contrari a istituire una Alta Corte separata dal Csm che gli sottragga la funzione disciplinare. Oltretutto questo vorrebbe dire modificare la Costituzione. Quello che si può invece fare, anche in risposta alle polemiche sull’influenza delle correnti dentro il Csm, è la riforma della legge elettorale: oggi la parte del Csm eletta dai magistrati è eletta con un sistema maggioritario a collegio unico nazionale che offre a chi vota poche possibilità effettive di scelta. Proprio per questo noi abbiamo sperimentato, per la prima volta nell’ultima elezione, il sistema delle primarie per indicare i candidati, offrendo così a chi vota maggiore possibilità di scegliere. Questo può essere di stimolo al legislatore per intervenire sul sistema elettorale: ma c’è tempo per riflettere, visto che le elezioni per il Csm sono appena state fatte. Anche se il Parlamento non ha invece ancora scelto i nomi dei membri di sua competenza. Giustizia: Coisp; legge sui rimedi compensativi ai detenuti, le solite "pezze" sui disastri www.mediterranews.org, 23 agosto 2014 "Ai detenuti sconti di pena e soldi che dovrebbero andare con priorità a chi li ha guadagnati col sudore? Le solite assurde pezze. Aprire penitenziari inutilizzati e costruirne di nuovi". "Con i milioni di euro che ci vorranno per indennizzare i detenuti a titolo di rimedio compensativo ci si sarebbero potuti costruire penitenziari in ogni angolo della Penisola. Ma ecco che al Governo ci hanno pensato bene e hanno trovato subito la soluzione: non soldi e solo soldi, diamo anche una bella sforbiciata alle pene da scontare, così chi si lamenterà più? Beh, ci lamentiamo noi: all’immenso esborso di denaro che ci vorrà per chi è finito in carcere giustamente, si unirà anche l’inutile spesa di pagare tutti gli Appartenenti alle Forze dell’Ordine ed alla Magistratura che lavorano ogni giorno per mandarli dentro ‘sti bravi ragazzi! Potremmo invece lasciare tutti liberi, loro e noi, e tagliare la testa al toro! Sai quanti soldi risparmiati". Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp, Sindacato Indipendente di Polizia, commenta con dura ironia il contenuto della legge - appena entrata in vigore - di conversione del decreto legge che prevede misure compensative per i detenuti che hanno subito un trattamento c.d. inumano, in violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Un provvedimento che prevede, fra l’altro, sconti di pena o soldi ai detenuti reclusi in "condizioni inumane". Per compensare la violazione della Convenzione sui diritti dell’uomo, se la pena è ancora da espiare è previsto un abbuono di un giorno per ogni dieci durante i quali è avvenuta la violazione del diritto a uno spazio ed a condizioni adeguate. Per chi non si trova più in carcere è previsto un risarcimento pari a 8 euro per ciascuna giornata di detenzione trascorsa in condizioni non conformi alle indicazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo (da qui al 2016 per i risarcimenti saranno disponibili 20,3 milioni di euro). E ancora: divieto di custodia cautelare in carcere in caso di pena non superiore ai 3 anni (esclusi però i delitti ad elevata pericolosità sociale); e poi, a meno che non prevalgano esigenze processuali o di sicurezza, l’imputato che lascia il carcere per i domiciliari lo farà senza accompagnamento delle Forze dell’Ordine. "Più che dei provvedimenti per fronteggiare il sovraffollamento delle carceri - insiste Maccari - sembrano tanto misure premiali per chi delinque! Ma come, vengono stangati in ogni modo possibile e fino all’indegnità più assoluta gli Appartenenti al Comparto Sicurezza e contemporaneamente si pensa a come dare corpo alle ragioni di protesta di chi in carcere ci è entrato avendo scelto deliberatamente e liberamente di delinquere e di infrangere le regole della Sicurezza che noi dobbiamo garantire? È pura follia. Fino a ieri si è sparso il panico più totale fra migliaia di donne e uomini in divisa che potrebbero vedersi bloccati gli stipendi ancora per altri due anni, dopo i precedenti quattro di lacrime e sangue, senza avere il modo di arrivare e fine mese in condizioni dignitose, ed oggi siamo qua a discutere di pagare chi in carcere non ha un trattamento adeguato per colpa di quello stesso Stato che toglie i soldi di tasca agli onesti per coprire le proprie inefficienze? È una vera vergona. Probabilmente anche a noi non resta che rivolgerci all’Europa perché riconosca il nostro diritto di non sottostare più all’indifferenza ed allo sfruttamento che subiamo ogni giorno da troppi anni". "Non si riesce a comprendere - conclude Maccari, e questo perché non c’è una valida spiegazione, come mai non si sfruttino le tante strutture carcerarie inutilizzate o non si passi a crearne urgentemente di nuove, invece di mettere le solite "pezze" su disastri di proporzioni titaniche, sfornando un indulto dopo l’altro, accorciando le pene già comminate, riducendo e facendo quasi scomparire le dovute punizioni per reati che invece si chiede a noi di combattere senza frontiere - lo spaccio è l’esempio più lampante, e finendo per occuparsi prima delle lamentele di chi delinque e mai di quelle di chi tutela cittadini e Istituzioni. Le contraddizioni che governano incontrastate l’Italia rosicchiano di più ad ogni giorno che passa, inesorabilmente, le motivazioni e la dedizione del Personale in divisa che, se non ha mai trovato conforto nel trattamento economico ricevuto, fino ad oggi si è fatta bastare la soddisfazione di fare cose buone per la società, assicurando alla giustizia, e quindi alle patrie galere, chi ha violato la legge meritando, per previsione di quella stessa legge, di entrare in una cella. Anche questo adesso non vale più, e noi assistiamo attoniti, fra l’altro, alle centinaia e centinaia di scarcerazioni effetto delle nuove iniziative legislative, mentre i detenuti vanno a casa mettendosi in tasca i soldi che noi non troviamo nelle nostre buste paga anche se ci spetterebbero. Sullo sfondo di questa lieta immagine rimangono le scuole cadenti dove mandiamo i nostri figli, i servizi inesistenti che servirebbero ai nostri anziani genitori, i malati a passeggio per mancanza di posti letto negli ospedali, le case vuote di coppie che non possono più pagare gli affitti perché rimaste improvvisamente disoccupate (e che tanto avrebbero voluto essere ospitate nell’albergo a tre stelle con piscina nel Nuorese dove 47 immigrati si sono rifiutati di entrare), le volanti ferme perché senza benzina ed i Poliziotti che avrebbero dovuto occuparle che chiedono al detenuto mandato ai domiciliari senza scorta: scusa mentre te ne torni a casa con la tua auto, mi dai un passaggio in Questura?". Giustizia: intervista ad Alessandra Celletti, la pianista che suona per gli ergastolani di Nicoletta Pasqualini Sempre, 23 agosto 2014 "Mi piacerebbe che per una volta fossero ad ascoltarmi i buoni e i cattivi. Penso che la musica possa far cadere tutte le barriere ed essere un prezioso strumento per sostenere delle battaglie di civiltà". Alessandra Celletti in carcere, ma con la sua musica. Varca i portoni, i vari sistemi di sicurezza e suona per gli ergastolani. È così che ha deciso di festeggiare il suo compleanno in un modo del tutto originale: una giornata sull’ergastolo con gli ergastolani dentro le mura del carcere di Padova, per trasportarci con i suoi brani all’interno di quel mondo così poco conosciuto. "Mi piacciano le imprese impossibili - dice - ma soprattutto è grande la mia fiducia negli esseri umani". Anima sensibile, non è estranea ad esperienze di musica portata là dove pulsa la vita quotidiana. Alessandra, pianista e compositrice dalla formazione classica, con una cascata bionda sulla testa che le circonda gli splendidi occhi verde smeraldo, ha attraversato l’Italia su un camion, "on the road" come novella Jack Kerouac, lei e il suo pianoforte, con concerti gratuiti, arrivando direttamente al cuore della gente. "Certo non è uno dei periodi più facili per l’arte - riflette - ma non per questo mi è andata via l’allegria, la voglia di condividere suoni e sorrisi". Lei cerca di fare qualcosa per trasformare ciò che non le piace. "Voglio vedere le cose belle. Ho ancora accanto a me i miei due amici con la coda: uno è Nasino, il gatto, capace di fare le fusa, l’altro è Pianoforte, in grado di trasformare 88 tasti bianchi e neri in miriadi di suoni colorati. Non mi sembrano magie da poco!". Da qualche mese è in contatto con Carmelo Musumeci, detenuto nel carcere di Padova condannato all’ergastolo ostativo, ossia senza speranza di uscire vivo. "Ho a cuore la vita di quest’uomo - mi spiega - non solo perché, nonostante i suoi errori passati, ha una forte sensibilità e un grande coraggio, ma anche perché è realmente il simbolo della possibilità di trasformazione. Oggi non è più la persona che era tanti anni fa, eppure sul suo foglio di detenzione c’è scritto che la sua pena terminerà il 9-9-9999". Tra poco Alessandra Celletti affronterà la platea, detenuti e guardie carcerarie, il mondo di fuori che per oggi è dentro, "buoni" e "cattivi" uniti dalla forza della musica, un linguaggio che non ha bisogno di spiegazioni. "Non so che pianoforte potrò avere a disposizione, ma come ho sempre detto mi piace suonare qualsiasi pianoforte, anche il più malandato. Così come mi piace dialogare con ogni essere umano". Una scelta inusuale quella di festeggiare il compleanno in carcere. Com’è nata l’idea? "Il punto di partenza risale a pochi mesi fa. Tornando in treno da un concerto che avevo fatto in Molise, una ragazza mi ha raccontato la storia di Carmelo Musumeci. Appena arrivata a casa sono andata su internet a cercare notizie. Mi ha talmente colpito che gli ho scritto di getto una lettera. E così sono entrata in contatto con lui e Nadia Bizzotto della Papa Giovanni XXIII, che è la sua tutor, il suo angelo come la definisce lui, che mi ha fatto partecipe di questa battaglia". L’incognita del pianoforte, per una musicista come te, non è un problema? "Ho saputo che il do centrale non funziona. Un po’ mi preoccupa. Ma so che oggi non è un concerto vero e proprio. Oggi al centro non c’è la performance per cui farmi dire: "Che brava che sei!". Ovviamente cercherò di suonare il meglio possibile, ma oggi è soprattutto un gesto simbolico, una scelta di solidarietà verso questi "uomini ombra", a sostegno della battaglia per l’abolizione dell’ergastolo". La tua musica arriverà ai "buoni" e ai "cattivi"… "L’ho scritto a Carmelo, nella mia prima lettera, che questa separazione l’ho sempre trovata ingiusta, anche quando ero bambina. Alle elementari la maestra usava mandare qualcuno alla lavagna per scrivere i buoni e i cattivi e ogni volta io mi alzavo di corsa dal banco per cancellare tutto prima che lei potesse leggere i nomi. Siamo tutti una stessa cosa. Quando staremo tutti bene non ci sarà più questa separazione. Forse è un’idea un po’ utopica, ma è anche giusto seguire degli ideali per farli diventare realtà". Da dove ti viene questa capacità di vedere il bello anche nelle situazioni difficili? "Fin da quando ero piccola mi dicono che sorrido sempre. È vero. È proprio una mia caratteristica quella di essere una persona sorridente anche se, come tutti, ho momenti difficili da affrontare. Cercare sempre il meglio, non solo in me ma anche negli altri, è una cosa che mi affascina e mi aiuta a migliorare. Alimentare non tanto le parti negative ma quelle positive, non soffermarsi su cosa non va ma più su quello che va bene, e da lì partire". Agnese Moro, figlia di Aldo, lo statista ucciso dalle brigate Rosse, ha detto: "L’ergastolo è come dire ad una persona "ti vogliamo buttare via", ma io non voglio buttare via nessuno". "Nessuno dovrebbe essere considerato irrecuperabile perché qualsiasi persona ha il seme della bontà dentro il cuore". Questo me l’ha scritto Carmelo nell’ultima lettera che mi ha inviato quando ha saputo che venivo a suonare qui. Purtroppo si pensa che le persone si dividano in buone e cattive, in realtà tutte hanno questo seme di bontà dentro, è che a volte non ci sono le condizioni perché si manifesti. Penso che la società debba garantire le condizioni per far emergere questa bontà che ognuno ha". La musica, un ponte che aiuta a tirar fuori questa bontà? "Alla musica cerco di dare questo senso, creo piacevolezza attraverso suoni inesplorati". Come nasce la tua musica? "Suono da quando avevo sei anni e per me suonare è una cosa naturale, è il mio modo di parlare. Per tanti anni ho suonato Chopin, Bach, Mozart, tutto il repertorio classico che si fa al conservatorio. Ad un certo punto ho sentito naturalmente il bisogno di sperimentare delle cose mie. Mi metto al pianoforte e suono fino a quando sento che esce qualcosa che mi piace in modo particolare. Ho un modo tutto personale di comporre". Ne esce un mondo onirico, magico. Che cos’è? "Il bello della musica è che ti lascia questo punto interrogativo, questo mistero che ognuno di noi ha. Uno suona e non sa né quello che viene fuori né quello che è. Questo mondo onirico rimane lì, sospeso, come questo mondo in cui viviamo che è un po’ terreno e un po’ celeste". Un modo per trasformare le cose che non vanno? "Ci provo. Ma per trasformare qualcosa d’importante ci vuole impegno. Non si può essere soli, ci vuole una forza grande da coinvolgere altri perché le trasformazioni vere si fanno insieme". Quale umanità hai incontrato durante l’estate 2013 con "Piano piano on the road"? "È stata un’esperienza che non mi aspettavo si concretizzasse, sembrava veramente una follia poter caricare il pianoforte sopra Un camion ed andare a suonare per l’Italia. Ma quando fai una cosa che funziona le difficoltà alla fine si superano. Sono state 14 tappe in luoghi strepitosi. Una dentro un bosco al confine tra Friuli e Slovenia, un’altra in Sicilia sulle montagne... È stato un modo sia di conoscere luoghi naturali che di entrare in contatto con le persone dentro la natura". Ricorre spesso nella tua musica il volo. per rimanere in tema l’ultimo lavoro lo hai chiamato "Night flight". Che cosa significa per te? "Al di là di tutte le metafore, è bella la sensazione di stare sospesa per aria, per me è una questione fisica. Questa passione prende vita quasi ogni notte. Ho cercato di raccontare questa sensazione, il sogno di un volo. Nel video descrivo con le immagini proprio questa sensazione di correre per poi spiccare il volo". Un messaggio di speranza per chi è dentro e per chi è fuori? "Non bisogna mai perdere la speranza perché è quella che dà la forza di lottare e di far passare le cose giuste. La mia speranza è che cambi soprattutto il cuore di tante persone. In questi mesi mi sono accorta che c’è tanta rabbia dentro, e finché c’è questa rabbia le cose non possono cambiare. Spero che tante persone diventino in fretta felici in modo che passi questa rabbia e ci sia posto per tutti". Porto Azzurro (Li): celebrati i funerali del detenuto morto nella Casa di reclusione www.tenews.it, 23 agosto 2014 Nella chiesa parrocchiale di Porto Azzurro si sono svolti i funerali di Michele, detenuto di origini serbe, deceduto per cause naturali nella casa di reclusione elbana. Alla Messa, celebrata don Francesco, cappellano del carcere, erano presenti educatori penitenziari e agenti di polizia, alcuni detenuti e numerosi volontari. "La vita di Michele - ha detto don Francesco - non è stata una vita facile. Vogliamo mostrargli affetto con la nostra presenza, con la convinzione che la morte non ha l’ultima parola. E lasciandoci interpellare dalla parola di Gesù che dice che gli ultimi saranno i primi". I canti, eseguiti nel corso della messa, hanno proclamato questa fede, parlando di accoglienza da parte di Dio, di lutto trasformato in gioia, di speranza e di salvezza. Tutto condensato in una frase scritta dagli amici: "Miki, Dio ti accoglierà come uomo e ti darà un compito: proteggere i tuoi compagni di sofferenze". Michele è stato sepolto nel cimitero di Porto Azzurro. "Dialogo", Associazione elbana di volontariato carcerario Rossano (Cs): situazione migliorata dopo ispezione a sorpresa dell’On Enza Bruno Bossio www.quicosenza.it, 23 agosto 2014 Il direttore del penitenziario rossanese dichiara di attendere con serenità l’esito dell’ispezione. Intanto ieri mattina la deputata Enza Bruno Bossio ed il consigliere regionale Carlo Guccione si sono recati nel carcere di Rossano per un’altra visita ispettiva dopo quella "a sorpresa" effettuata dalla deputata lo scorso 9 Agosto. I due hanno dichiarato di avere trovato una situazione "sostanzialmente migliore" rispetto a quanto riscontrato nella visita precedente. In quella occasione l’on. Enza Bruno Bossio aveva trovato alcuni detenuti della sezione isolamento praticamente nudi in celle completamente vuote e in mezzo ai loro escrementi. "Questa mattina - afferma Enza Bruno Bossio - abbiamo potuto constatare che nelle celle sono stati sistemati gli arredi ed i detenuti sembravano in buone condizioni. Resta da spiegare come sia stato possibile che delle persone possano essere tenute in condizioni tanto inumane, soprattutto se si considera che uno di loro era in condizioni psichiche gravi tali da far temere atti autolesionistici e non si sia provveduto al suo piantonamento come di solito si fa in questi casi piuttosto che lasciarlo da solo nudo in una cella vuota". "Si tratta di una questione assai seria - ha proseguito Bruno Bossio - ancor più alla luce della entrata in vigore del dl 92/2014 che stabilisce misure compensative per quei detenuti che subiscono un trattamento disumano". Il dl 92/2014, oltre a sancire sconti di pena o risarcimenti per i detenuti che hanno subito trattamenti contrari all’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, prevede anche un aumento degli organici della magistratura di sorveglianza e della polizia penitenziaria. Visitato il reparto di alta sicurezza i due hanno avuto modo di parlare con i reclusi, i quali hanno rappresentato diverse problematiche che vanno dalle difficoltà di ricevere regolarmente la posta, di poter lavorare e svolgere attività alternative, di potere comunicare con i propri congiunti, di poter ricevere visite specialistiche, l’insufficienza del servizio di assistenza sociale, ecc. Carlo Guccione ha affermato che "i detenuti ci hanno detto che l’infermeria del carcere svolge il proprio ruolo in maniera sostanzialmente efficiente, anche se abbiamo dovuto riscontrare che un detenuto non autosufficiente era praticamente affidato al sostegno volontario dei suoi compagni di cella. Alcuni di loro ci hanno anche rappresentato la circostanza che negli istituti del centro-nord le condizioni di vita siano decisamente migliori. In generale, anche a Rossano, dobbiamo quindi rilevare le carenze di personale di custodia, di assistenza sanitaria, sociale e culturale e di sovraffollamento che si riscontrano in altri istituti di pena". I due esponenti democratici si sono impegnati a farsi carico delle problematiche che sono state loro sottoposte e di tornare a far visita alla struttura nelle prossime settimane. Entrambi hanno infine affermato "come sia ormai improcrastinabile la nomina in Calabria di un garante per i detenuti, figura già istituita in diverse altre regioni". Il garante avrebbe "la funzione di recepire le istanze ed i bisogni dei detenuti e di svolgere una efficace opera di mediazione con la magistratura di sorveglianza e contribuire quindi a migliorare le condizioni di vita all’interno delle carceri calabresi. Un risultato che anche le più frequenti visite ispettive da parte di deputati ed esponenti delle istituzioni non potrebbero certamente ottenere". Sulmona (Aq): Uil-Pa; 50 agenti in malattia, il Sindacato annuncia lo stato di agitazione Ansa, 23 agosto 2014 Stato di agitazione di tutto il personale in servizio al supercarcere di Sulmona e preparazione di eclatanti azioni di protesta: li annuncia la Uil-Pa Penitenziari lanciando l’allarme sulla drammatica situazione in cui versa il penitenziario dal punto di vista della carenza di personale. "Sono mesi che il trend delle persone ricorrenti all’istituto della malattia per far fronte a uno stress arrivato alle stelle è in continua e drammatica crescita", spiega Mauro Nardella della Uil Penitenziari. "Ogni giorno si registrano record di assenze dal servizio che altro non fanno che fungere da pesantissima zavorra nei confronti di chi, armato di indomabile volontà, si ritrova a prestare servizio presso l’istituto di pena in condizioni a dir poco infernali". Dalle fisiologiche 10 assenze al giorno del 2010, con 310 i poliziotti presenti, si è passati a oltre 35 assenze medie giornaliere, con un organico attuale di 246 unità. E una punta, in questi giorni, di 50 agenti in malattia. "Il fallimento della classe politica capace di produrre solo ed esclusivamente tagli - prosegue Nardella - unito a una classe dirigenziale regionale e nazionale che troppe volte ha fatto orecchie da mercante ai problemi del carcere, ha fatto traboccare un vaso per fin troppo tempo, e solo per lo spirito di sacrificio del personale, è rimasto al culmine della sua capacità". "Per questo - conclude la Uil Penitenziari - chiediamo l’allontanamento delle persone incapaci che hanno trasformato il sistema carcerario di Sulmona, una volta estremamente efficiente, in un autentico colabrodo". Sulmona (Aq): scomunica ai mafiosi, tra i detenuti di AS è "protesta delle coscienze" di Maria Trozzi www.report-age.com, 23 agosto 2014 Il carcere di Larino, in Molise, non è un caso isolato. Dalla scomunica ai mafiosi pronunciata da Papa Francesco in Calabria, il 21 giugno scorso sulla piana di Sibari, a disertare messa sono anche i detenuti di Sulmona soprattutto quelli della sezione che riunisce i condannati per reati di tipo associativo. Nel carcere ad alta sicurezza della provincia de L’Aquila non si scherza affatto e nel bel mezzo dello stato di agitazione proclamato dagli agenti, sottorganico e nei "record di malattia", capita che i ristretti non "vadano" a messa, per protesta. Papa Francesco incontra in Vaticano i detenuti Secondo indiscrezioni, il cappellano del carcere peligno sarebbe turbato per la scarsa partecipazione alle celebrazioni eucaristiche dei carcerati condannati per reati di tipo mafioso, circa il 50% in meno di coloro che prima partecipavano al rito. Tra la popolazione carceraria di Sulmona che supera la fatidica soglia delle 500 unità sarebbero pressappoco 60 i condannati per reati mafiosi che si terrebbero alla larga dal rito cattolico rifiutando il sacramento che sino a maggio ricevevano. Anche in questo caso non si tratterebbe di una rivolta, sta di fatto che le poche e incisive parole aggiunte dal Papa, all’omelia della messa celebrata in Calabria, hanno scatenato l’inferno. Si potrebbe cominciare a chiamarla la protesta della coscienza di chi è rimasto scosso dai moniti del pontefice. Padre Sante Inselvini, cappellano del carcere peligno, prova a riportare i ristretti del 416bis alla ragione per convincerli a tornare a Dio, compito arduo. Non è stata classificata come ribellione contro le verità del Pontefice nemmeno l’astensione ai sacri riti dei ristretti di Larino, carcere ad alta sicurezza, se è lo stesso per i detenuti della valle Peligna si potrebbe pensare di mettere a punto la medesima iniziativa del vescovo di Termoli, Gianfranco De Luca. Il presule, in visita al carcere della provincia di Campobasso i primi di luglio, ha sollecitato la riflessione, già innescata dal pontefice e surrogata dal cappellano, per sciogliere i dubbi dei detenuti ad alta sicurezza, sostenendo così il ministero del cappellano per dare ancora più vigore all’intervento di Papa Francesco. Dal 21 giugno a Sulmona i detenuti ristretti per reati mafiosi non partecipano alle celebrazioni cristiane, qualcuno si è riavvicinato solo grazie all’intercessione di padre Sante, ma sono ancora molti quelli da portare sulla retta via. Un aiuto alla missione del cappellano potrebbe arrivare dall’alto e non farebbe male a quelle parole sgorgate da un coraggio che sembrava ormai alieno dall’essere umano: "Quando all’Adorazione del Signore si sostituisce l’adorazione del denaro, si apre la strada al peccato, all’interesse personale e alla sopraffazione. La ‘ndrangheta è adorazione del male, i mafiosi non sono in comunione con Dio sono scomunicati". Teramo: l’autobiografia in carcere, un metodo per riflettere di Giuseppina Pimpini (docente scuola media carceraria) Il Centro, 23 agosto 2014 Nel carcere si scrive molto: lettere, poesie, canzoni, racconti; si scrive per capirsi di più, per assaporare un senso di libertà altrimenti non consentito. La narrazione e la scrittura di sé nei luoghi di detenzione sembra essere una necessità per non permettere al tempo trascorso in carcere di divenire tempo vuoto. È creatività che aiuta a sopravvivere e a ricercarsi uno spazio di libertà. Diventa un veicolo per la scoperta di nuovi mondi, nuove forme del pensiero e nuove capacità di espressione di sé, di altre opportunità raramente individuate e prese in esame in passato; permette di respirare aria familiare grazie alla potenza dei ricordi. La possibilità di esserci, di pensare, di immaginare e di ricordare fanno parte della propria individualità e sono potenzialità di ogni persona. Anche in carcere è quindi possibile creare un tempo ed uno spazio in cui "prendere la parola" e coscienza della propria esistenza. La scrittura è anche una delle strategie di sopravvivenza tra le più utilizzate. È un viaggio per rivisitare la propria vita, dare voce a momenti belli e brutti, riscoprire la molteplicità della propria individualità ed intravedere in tutto questo una prospettiva per il futuro. Il detenuto può riscoprire il senso della realtà solo partendo da se stesso, facendo affiorare da molto lontano parti di sé dimenticate o cancellate. A volte è sufficiente un profumo, un suono, un’immagine per riattivare e recuperare ricordi dimenticati o messi a tacere. Facendo leva sulla propensione alla scrittura, un metodo didattico interessante e molto utilizzato in carcere è l’autobiografia come momento autoriflessivo, meditativo e auto-formativo dove il soggetto, attraverso uno sguardo retrospettivo, riesce a distaccarsi dalla propria storia e vedersi con una luce nuova, diversa e, magari, a trovare un punto di vista che non aveva mai valutato. Il soggetto racconta o scrive operando scelte, andando avanti e indietro nel passato, riflettendo sul presente e sul futuro, compone una trama della propria esistenza carica di senso e di consapevolezza. Ricordi e speranze dietro le sbarre, di Antonella Scarsella (detenuta carcere Castrogno) Il gelato, che prelibata delizia! Quanti bei ricordi evoca nella mia mente! Ricordo quando da bambina mia madre mi portava al parco giochi e nei periodi caldi mi comprava un bel gelato. Per me il chiosco con tutti i suoi colori e tutti i suoi profumi era un’attrazione irresistibile, come lo era vedere un bel cono variopinto. A me piacevano il pistacchio, la fragola e il melone, un contrasto di colori molto piacevole agli occhi. Ricordo che mi distraevo a giocare e le palline di gelato si scioglievano e cadevano a terra e io rimanevo a guardare delusa la cialda del cono che mi rimaneva quasi vuota in mano. Avrei voluto avere una bacchetta magica per far tornare tutto al suo posto, ma mi rimanevano solo le manine appiccicate dallo sciroppo del gelato. Crescendo il chiosco dei gelati a me tanto caro da bambina è rimasto un’attrazione irresistibile, i suoi colori, i suoi profumi svegliano in me qualcosa di fanciullesco. Poi sono diventata madre anch’io e come faceva la mia, da piccolo portavo mio figlio al parco giochi e compravo un bel gelato per entrambi, e mi piaceva molto stare seduta su una panchina a gustare il gelato con il mio bambino, e vederlo mentre si sporcava le manine e il viso, e mi inteneriva tanto quando tendeva le sue mani sudice come richiesta d’aiuto. Il gelato mi ricorda anche il compleanno del mio bambino, perché essendo nato in giugno si faceva sempre festa con una bella torta gelato e i suoi amichetti apprezzavano sempre tanto l’idea. Per una mamma è sempre meraviglioso vedere i bambini sporcarsi mentre gustano il gelato. Oggi il gelato si compra un po’ dovunque, al bar al supermercato, ma a me resta indelebile il ricordo del chiosco con la sua vetrina aperta e i bidoncini variopinti posti in bella vista di tutti, e il gelataio che pazientemente accontentava tutti con la sua palettina. Nei miei ricordi di bambina, andando ancora indietro con la memoria, c’è anche un furgoncino arancione con la scritta "Gelati", che passava ogni sabato nella zona di periferia in cui abitavo. Arrivava nella piazza del paese suonando una piacevole canzoncina, sempre la stessa, e era il richiamo per tutti. Noi bambini gli andavano incontro felici, e in pochi minuti spendevano le monete della nostra paghetta per quel gelato tanto atteso. La piazza si riempiva a poco a poco di bambini, di voci e di colori, mentre dal furgoncino usciva la dolce melodia della canzoncina, per noi tanto attesa durante tutta la settimana. Allora ci accalcavamo tutti, e senza attendere che uscisse il gelataio gridavamo i nostri gusti "io lo voglio al pistacchio…., io alla fragola", mentre il gelataio ci diceva "calma, ce n’è per tutti", preparava i coni variopinti con una tale rapidità che in poco tempo aveva accontentato tutti. Ricordo anche un aneddoto legato al furgoncino. Un giorno mia madre aveva comprato una vaschetta di quel buonissimo gelato, io e i miei fratelli dopo averlo scoperto in frigorifero, lo mangiammo di nascosto. Quella sera mia madre aveva ospiti a cena e a fine pasto prese il gelato per offrirlo, ma trovò la vaschetta vuota. Non ci sgridò davanti agli ospiti che non si erano accorti di nulla, ma a fine settimana non ci diede la paghetta, e con nostro grande dispiacere non potemmo spendere le nostre monete dal gelataio. Egitto: prigionieri politici in sciopero della fame di Giuseppe Acconcia Il Manifesto, 23 agosto 2014 Fratelli musulmani e dissidenti laici di sinistra. Come Alaa Abdel Fattah che sconta una pena di 15 anni per aver violato la legge anti-proteste I prigionieri politici egiziani hanno iniziato lo sciopero della fame. A dare il via all’opposizione non violenta nelle carceri erano state le migliaia di Fratelli musulmani in prigione, dopo l’elezione di Abdel Fattah al-Sisi alla presidenza della Repubblica, nonostante il boicottaggio del voto della maggioranza degli egiziani, nel maggio scorso. Tra loro citiamo Ibrahim al-Yamany e Mohamed Soltan in sciopero della fame da mesi. E Ibrahim Halawa, 18 anni, arrestato la scorsa estate in piazza Ramsis e in prigione senza accuse precise. Anche le sue sorelle, con lui al momento dell’arresto, detenute nella prigione per donne di Qanater, hanno iniziato lo sciopero della fame lo scorso 8 agosto. A loro si sono aggiunti in questi giorni, attivisti laici e di sinistra. A cominciare da Alaa Abdel Fattah, che sconta una condanna a 15 anni di reclusione e al pagamento di una multa pari a 100 mila ghinee (11 mila euro) nella prigione di Tora per aver partecipato a una manifestazione nel novembre scorso in violazione della legge anti-proteste. Alaa ha iniziato lo sciopero dopo aver fatto visita in ospedale al padre Ahmed Seif al-Islam, anziano avvocato che dirige il centro per la difesa dei diritti umani Hisham Mubarak, in gravi condizioni di salute. Alaa appartiene infatti ad una famiglia di noti attivisti egiziani di sinistra, inclusa la zia, la scrittrice Ahdaf Soueif, e la sorella Sanaa, anche lei in carcere dallo scorso giugno con le stesse accuse. Alaa è stato detenuto tre volte dall’inizio delle rivolte nel gennaio 2011 e ha spesso denunciato gravi episodi di tortura in carcere, a cui ha assistito direttamente. Allo sciopero di Alaa si sono aggiunti il fondatore del movimento, messo fuori legge, 6 Aprile, Ahmed Maher, gli attivisti Mohamed Adel, Ahmed Douma e il fotoreporter Mohamed al-Noubi. Il processo a carico di Douma è stato rinviato per mesi e dovrebbe aver luogo il prossimo 3 settembre. Douma dovrebbe comparire davanti ai giudici insieme ad altri 269 attivisti, accusati di aver attaccato le forze di sicurezza e di possesso di armi in riferimento a varie manifestazioni, che hanno avuto luogo al Cairo nel 2011 alle porte del palazzo del governo in via Qasr al-Aini. È poi ancora in carcere l’attivista, vicina al movimento operaio, Mahiennur el-Massry, condannata dalla Corte di Alessandria a due anni di reclusione, in seguito ridotti a sei mesi. Come se non bastasse, a conferma che nel mirino sono principalmente i movimenti giovanili, il ministero dell’Educazione ha annunciato la messa al bando di ogni attività politica all’interno degli atenei. La censura delle associazioni universitarie entrerà in vigore con l’avvio dell’anno accademico. La Rete araba per i diritti umani (Anhri) ha duramente criticato la decisione definendola "una grave violazione dei diritti umani, delle libertà di espressione, a detrimento della partecipazione politica". I campus egiziani sono stati al centro delle proteste contro il colpo di stato militare del 3 luglio 2013. In particolare il dormitorio dell’Università al-Azhar, a due passi da Rabaa al Adaweya, è stato teatro degli scontri più cruenti tra islamisti e polizia. Ma anche nel campus dell’Università di Ayn Shams si sono registrati duri scontri, morti e feriti negli ultimi mesi. Proprio piazza Nahda, dove sorge l’Università del Cairo, era stata scelta dagli islamisti per uno dei sit-in a sostegno della legittimità dell’ex presidente Mohammed Morsi, deposto dai militari ormai più di un anno fa. Per limitare il dissenso, gli atenei erano stati chiusi durante le elezioni presidenziali del maggio scorso che hanno incoronato Sisi nuovo presidente. Da parte sua, Sisi procede a vele spiegate nel suo difficile tentativo di modernizzazione del paese. Dopo l’aumento dei prezzi di benzina, bollette, sigarette e alcolici, l’ex generale gioca la carta degli appalti pubblici. Non solo per raddoppiare il Canale di Suez ma anche per rifare il trucco ai centri urbani delle principali città egiziane. Per migliorare il trasporto pubblico (Morsi ci aveva provato tentando di regolamentare l’uso delle vespette-taxi: i tok tok), rinnovare piazze, strade, ravvivare il settore edilizio e limitare l’occupazione dello spazio pubblico da parte dei venditori ambulanti, Sisi si è incontrato con i governatori egiziani. Per attuare il suo piano però, il militare in giacca e cravatta non ha ascoltato i richiami del Consiglio di stato che aveva criticato l’esenzione sulle tasse per i beni immobili a club, alberghi, cliniche, ospedali ed edifici di proprietà dell’esercito. Turchia: trattative con il Pkk, atteso nuovo messaggio di Ocalan per inizio settembre Adnkronos, 23 agosto 2014 Per il primo settembre è atteso un nuovo messaggio del leader detenuto del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), Abdullah Ocalan, in occasione della Giornata mondiale della pace che in Turchia si celebrerà tra dieci giorni. "Ocalan avrà un messaggio per il primo settembre, la Giornata mondiale della pace. Il messaggio ci verrà inoltrato nei prossimi giorni tramite il ministero della Giustizia", ha fatto sapere la deputata del Partito democratico del popolo (Hdp), Pervin Buldan, come si legge sul giornale turco Hurriyet. Buldan era tra i tre deputati del partito che lo scorso 15 agosto hanno potuto incontrare Ocalan e ha rivelato che nel fine settimana si recherà con una delegazione nella zona di Kandil, sulle montagne nel nord dell’Iraq, dove si è stabilita la leadership del Pkk. Nel prossimo messaggio Ocalan dovrebbe elaborare il contenuto delle dichiarazioni trapelate il 16 agosto, dopo il colloquio con i deputati dell’Hdp. In un comunicato diffuso dal partito in quell’occasione si sottolinea come il leader detenuto del Pkk sia convinto che il "trentennale conflitto" tra il movimento e la Turchia "si sta avviando alla conclusione grazie a colloqui democratici".