Giustizia: nel piano di riforma non solo il processo civile, subito anche la prescrizione di Virginia Piccolillo Corriere della Sera, 22 agosto 2014 Il Guardasigilli incontra Forza Italia, che si prepara alla battaglia sul falso in bilancio. Ci sarà anche l’allungamento dei termini di prescrizione nel pacchetto giustizia che il Guardasigilli Andrea Orlando porterà in Consiglio dei ministri il 29 agosto. Ieri, in una giornata resa rovente dalle accuse dei Cinque Stelle al ministro di fare solo "chiacchiere da bar" e "nascondersi dietro la riforma del processo civile per non varare leggi contro la corruzione e la criminalità organizzata", da via Arenula si è fatto sapere che "nelle prossime ore" saranno messi a punto anche i testi della parte penale del pacchetto giustizia e non solo quelli che riguardano il processo civile. Orlando, che da Forza Italia ieri ha ricevuto la richiesta di non ripenalizzare il reato di falso in bilancio e di inasprire l’azione di risarcimento civile contro i magistrati, punta comunque ancora a un incontro nei prossimi giorni con Cinque Stelle, Lega e Sel, che ieri hanno disertato l’appuntamento. Dice di "sperare ancora in un dialogo". E invita ad attendere la prossima settimana quando renderà nota la parte penale del "pacchettone" giustizia con articolati specifici. Quelli che il M5S sostiene di aver chiesto da 10 giorni "senza alcuna risposta". E che ancora non è chiaro cosa conterranno. Attualmente solo due cose saranno sicuramente fuori dal Consiglio del 29: la riforma del Consiglio superiore della magistratura e il giro di vite sulle intercettazioni. Rinviata la prima a dopo le elezioni dei "laici" del nuovo Csm da parte del Parlamento e il secondo a dopo un incontro con i direttori delle più importanti testate giornalistiche. Anche alla luce dell’invito del capo dello Stato a non inasprire i toni con temi divisivi. "Nei prossimi giorni con le forze politiche affronteremo l’insieme dei dodici punti della riforma", assicura Orlando. Ma cosa, nel concreto, verrà quindi presentato? Forza Italia preme perché non venga toccato il reato di falso in bilancio. Ieri Giacomo Caliendo, ex sottosegretario alla Giustizia del governo Berlusconi, ha detto ad Orlando che non si "può tornare al passato", quando era punito penalmente, almeno per quanto riguarda gli "errori formali". In più, il senatore forzista ha chiesto l’inasprimento dell’azione di risarcimento civile sui magistrati, prevista comunque dal governo in forma indiretta. "La quantificazione della quota che il magistrato dovrà restituire allo Stato - spiega Caliendo - deve essere fatta sulla base del danno causato. E dovrà essere punibile il giudice che non chiede preventivamente l’interpretazione autentica di una norma europea". Di sicuro nel pacchetto giustizia del governo ci sarà lo snellimento del processo civile, sulla base del lavoro svolto dalla commissione Berruti. E, se ne è parlato ieri, anche l’istituzione del Tribunale della Famiglia e delle modifiche della legge sul divorzio. Ma i punti roventi sono altri. La durata della prescrizione che verrà aumentata per non rendere vani i processi. E le norme che dovrebbero evitare nuovi casi Mose ed Expo, a partire dall’auto-riciclaggio. Ci saranno? È su questo punto che ieri Orlando è stato accusato di fare "solo chiacchiere da bar". "Da 10 giorni abbiamo depositato le nostre proposte, ma il ministro non ha ancora risposto", spiegava ieri Alfonso Bonafede (M5S), enumerandole: "La priorità deve essere la lotta alla corruzione in un Paese che ne è dilaniato. Non solo per ragioni etiche ma economiche. Oltre alla penalizzazione del falso in bilancio e dell’auto-riciclaggio (deve essere sanzionato anche il solo lavaggio di denaro che accade nelle slot-machine), chiediamo pene più severe per corrotti, concussi e condannati per mafia e voto di scambio. E sospendere la prescrizione al momento del rinvio a giudizio". "Spunti utili" e "integrabili" con le proposte del governo, li ha definiti ancora ieri Orlando. Giustizia: sulla riforma Forza Italia frena e Grillo contrattacca di Ugo Magri La Stampa, 22 agosto 2014 Renzi e Grillo si sono presi a male parole senza un vero perché. All’origine un piccolo sgraffio, l’irritazione dei Cinque stelle per un presunto sgarbo procedurale del ministro Orlando. Che li aveva convocati ieri sulla riforma della giustizia però senza sottoporre in anticipo testi scritti. Forse quei testi non erano ancora pronti, o magari Orlando non voleva scoprire le carte, vai a sapere. Fatto sta che i grillini, risentiti, hanno disertato l’incontro per marcare la protesta. E di buon mattino hanno diffuso una lettera al Guardasigilli dove lo accusano di "scortesia istituzionale". Fin qui siamo nella consueta dialettica politica. Poi però, nella foga, hanno tirato in ballo il premier (che sta in vacanza a Forte dei Marmi) toccandolo per giunta su un nervo sensibile: i rapporti con Berlusconi. E sono andati giù davvero grevi: "Proviamo un senso di ribrezzo nel constatare che un presidente del Consiglio possa ancora scendere a patti con l’ex Cavaliere sulla giustizia...". Ribrezzo, proprio così. Per cui a Renzi è saltata la mosca al naso. E con i tempi di reazione tipici dei tempi moderni ha rilanciato urbi et orbi un tweet velenoso del presidente Pd Orfini: "Per M5S con i terroristi bisogna interloquire, ma guai a farlo con il governo...". Ah sì, noi amici dei terroristi? Ora lo sistemo io, deve aver pensato Grillo. Altro tweet stavolta dell’ex comico, che ha fatto suo un concetto del fido Di Maio: "No lezioni dal compare del Noto Pregiudicato". Per fortuna non sono spuntati fuori i coltelli. Più tardi Renzi ha riflettuto sulla sua reazione fumantina. E nel pomeriggio Palazzo Chigi ha precisato conciliante: il premier non ha mai detto che i pentastellati dialogano "solo" coi terroristi. Le porte per un futuro colloquio anche con il governo restano spalancate. In assenza dei grillini, unico ad affacciarsi a via Arenula è stato il senatore Caliendo per conto di Forza Italia. Due ore di amabile conversazione col ministro (Caliendo è un vecchio gioviale magistrato partenopeo). Il rappresentante berlusconiano ha sollevato parecchie obiezioni. La responsabilità civile dei magistrati appare al centrodestra fin troppo civile, nel senso che non punisce a sufficienza le toghe cadute in errore, Forza Italia vorrebbe qualcosa di assai più draconiano. Sul falso in bilancio teme che si cadrà dalla padella nella brace, finendo per colpire con eccesso di zelo i "piccoli" che commettono errori formali, danneggiando l’economia. Delusione "azzurra" per il rinvio della stretta sulle intercettazioni (ma il ministro ha spiegato che, prima dimettere le proposte nero su bianco, vorrà dare ascolto ai direttori di giornale attraverso un giro di tavolo subito dopo le ferie). E il Csm, ha chiesto Caliendo, perché rimandarlo? Anche qui Orlando ha spiegato che bisogna dare almeno il tempo alle Camere di eleggere i membri di nomina parlamentare, altrimenti mancherebbe l’interlocutore. Però Forza Italia teme che alla fine cambierà poco. E attende con sospetto l’incontro della settimana prossima, in cui il Guardasigilli illustrerà come allungare i tempi della prescrizione (tema che a Berlusconi interessa non poco). Insomma, tutto questo feeling con l’ex Cav sulla giustizia al momento non risulta. Niente accordi segreti con nessuno", garantisce Orlando. A conti fatti, il Consiglio del 29 agosto approverà senza dubbio il decreto per le cause civili arretrate che, rammenta il sottosegretario Ferri, sono 5milioni e si traducono in 90 miliardi di mancata ricchezza: abbattere i tempi anche del 10 per cento sarebbe già un bel risparmio. Andrà avanti il ddl sulla responsabilità civile, così pure quello contro la criminalità economica, comprensivo di auto-riciclaggio e di falso in bilancio. Sulla prescrizione e sul resto tutto è apparecchiato, assicurano al ministero, l’ultima parola spetterà a Renzi. Giustizia: la riforma si fa in due, il presidente del consiglio in carica… e l’ex di Andrea Colombo Il Manifesto, 22 agosto 2014 Governo. Scontro a colpi di tweet con i 5 Stelle sulla riforma. A parlare con Orlando va solo Forza Italia. Ma fino al prossimo faccia a faccia tra Renzi e Berlusconi c’è poco da discutere. A chiacchierare col ministro Orlando di riforma della Giustizia, di tutte le opposizioni ce ne va una sola: quella che all’opposizione ci sta per finta: Forza Italia. Tutte le altre disertano, innescando la solita ridicola rissa a colpi di tweet tra Pd e Movimento 5 Stelle. Le opposizioni non sdegnano il cortese invito per protesta contro questo o quel versante della strombazzata, ma proprio perché non saprebbero contro cosa protestare. La riformona, al momento, è tutta virtuale, secondo le migliori tradizioni di casa Renzi. Una scatola che nei punti essenziali aspetta di essere riempita. Attende cioè l’incontro di settembre tra i soci fondatori della maggioranza di fatto, il presidente del consiglio in carica e l’ex, Silvio Berlusconi. I consigli e i suggerimenti degli oppositori, al ministro Orlando, sono puntualmente arrivati. Quelli a cinque stelle addirittura in doppia copia, ma dagli spalti di via Arenula non è arrivato manco un laconico segnale di posta ricevuta e meno che mai l’auspicata e attesa illustrazione della riforma. Nel merito gli invitati alla consultazione hanno idee opposte: tra la concezione della giustizia di Sel e quella della Lega ci passa di mezzo il mare, anzi ci passano di mezzo le garanzie. Ma nel metodo il parere è unanime: da un ministro che non ti fa sapere in anticipo di cosa parlare e i tuoi suggerimenti chissà se li ha mai letti non vale la pena di recarsi. La sua, chiosano i pentastellati, "è una scortesia istituzionale". Potrebbe finire lì, come finisce con la Lega e con Sel. Invece il presidente ex giovane ed ex turco del Pd, Matteo Orfini, si scatena: "Coi terroristi bisogna interloquire, ma mai farlo col governo". Oddio, da quel che si è visto a palazzo Madama sulla riforma del Senato per la verità il governo pare che la parola "interlocuzione" debba ancora andarsela a cercare sul dizionario, ma tant’è. Matteo il Grande (Renzi), o probabilmente chi per lui, coglie la palla al balzo e ritweetta pari pari. Così, finalmente sono i gagliardi a cinque stelle a potersi scatenare nell’arena della rete. Tocca a Luigi Di Maio che non va giù di fioretto: "Mai avuto niente a che fare con i terroristi. Ma proviamo un senso di ribrezzo nel constatare che un presidente del consiglio possa ancora scendere a patti con Berlusconi sulla giustizia". Scatenata una rissa che per la riforma in questione equivale al peggior viatico possibile, e amplificata senza guardare alle virgole dai giornali online, Renzi non ha altra strada che smentire a metà il suo stesso retweet. "Il presidente del consiglio si è limitato a fare un retweet con un’affermazione che si può leggere e trascrivere nero su bianco. Ma non ha mai detto che il M5S tratta solo con i terroristi". Non che come pezza sia un granchè… Fi invece all’incontro ci è andata spedita, ma mica è facile immaginarsi un summit più stinto. Non è colpa del ministro e dell’ex sottosegretario azzurro. È che sono comprimari senza diritto di spingersi oltre l’ovvio, in attesa che si vedano e decidano i rispettivi sovrani. Caliendo lamenta il rinvio della riforma delle intercettazioni, poi sottolinea la necessità di evitare improvvidi "ritorni al passato", in soldoni il ripristino del falso in bilancio. Orlando ascolta, prende atto, medita. Riferirà. La quadra dovrebbe essere appunto evitare entrambi i passi "estremi": niente norme sulle intercettazioni, anche se ad Arcore le aspettano come assetati nel deserto, ma neppure il pieno ritorno del falso in bilancio, che sarebbe sì necessario e urgente ma lì c’è il rischio che Silvio si storca sul serio. A dettagliare la riforma sarà dunque la quarta puntata del Nazareno, dove però si dovrà parlare molto anche d’economia e c’è da scommettere che tra i due banchi lo scambio sarà pesato col bilancino e l’intreccio strettissimo. È così che funziona il mercato. La minaccia del falso in bilancio è già tornata utile più volte quando si trattava di spingere il condannatissimo a miti consigli un po’ su tutti i fronti. Potrebbe rivelarsi un’arma preziosa anche quando Matteo Renzi dovrà cortesemente ripetere a Silvio Berlusconi che i suoi voti sui provvedimenti economici è ben lieto di incamerarli, ma presentarlo in società come interno alla maggioranza purtroppo proprio non si può. Giustizia: Leva (Pd): bene riforma del civile, ma presto anche quella del penale Dire, 22 agosto 2014 Bene la riforma della giustizia civile, ma bisogna pensare presto anche alla riforma del penale. Lo afferma Danilo Leva, deputato Pd e già responsabile Giustizia del partito durante la segreteria di Guglielmo Epifani. "Un Paese è civile se civili sono le sue regole, se civile è il suo ordinamento penale. Il diritto penale è il terreno privilegiato su cui si articolano le libertà e le garanzie costituzionali, il terreno su cui è stato costruito il paradigma dello Stato di diritto e della democrazia liberale, così come delle difese dell’economia sana nei confronti dell’economia criminale. Ed è proprio su questo versante che abbiamo nel corso degli anni manifestato segnali di cedimento culturale molto preoccupanti", dice Leva, il quale sottolinea come in Italia esista "una questione penale riconducibile al totale fallimento delle politiche messe in campo sino ad oggi. Abbiamo assistito inermi ad una espansione massima del diritto penale su un duplice piano: l’aumento delle figure di reato e del volume degli affari penali; e l’espansione di fatto della carcerazione, a partire da quella preventiva". "È accaduto così che mentre è cresciuta l’impunità dei poteri criminali e dei reati del potere, o della grande criminalità organizzata o della grande corruzione, si è sviluppato un irrigidimento antigarantista della repressione penale a danno dei ceti più poveri e marginalizzati, quali ad esempio immigrati, tossicodipendenti e disoccupati". "Una democrazia matura- aggiunge Leva- non può assistere a questa involuzione sociale, perchè alla fine l’inflazione legislativa e la sovrapproduzione di diritto penale producono inefficienza, irrazionalità e violazione dei classici principi garantisti (principio di tassatività, certezza della legge penale, obbligatorietà dell’azione penale, il ruolo del processo come strumento di verifica dei fatti e non di penalizzazione preventiva). Ma l’espansione del diritto penale è arrivata a sviluppare anche l’aumento delle pene carcerarie, come frutto di una politica indifferente alle cause strutturali dei fenomeni criminali e che il più delle volte ha assecondato o addirittura alimentato le paure, gli umori repressivi e le pulsioni presenti nella società". "L’unica risposta che si è data nel corso degli ultimi anni - sostiene Leva - è stata quella della realizzazione di un sistema carcerocentrico. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti". Leva propone in particolare di basare la riforma penale su alcuni punti cardine: "1) Depenalizzazione. Non si tratta soltanto di ridurre la sfera della tutela penale ai beni che riteniamo essere fondamentali. Bisogna ridurre il perimetro di tali beni a quello dei soli beni offesi da figure di reato che realisticamente possano essere perseguitate efficacemente dal sistema giudiziario. Dovrebbero essere depenalizzati tanti reati bagattellari che ancora oggi ingolfano i Tribunali, come tutte le contravvenzioni, tutti i reati punibili con la sola pena pecuniaria. Dovrebbero essere riformate le leggi sulla droga anche alla luce della recentissima sentenza della Corte Costituzionale sulla Fini-Giovanardi. Si potrebbero punire a querela di parte tutti i reati lesivi di diritti patrimoniali e perciò disponibili. Infine, una riforma del diritto penale sostanziale, che parta da una consistente depenalizzazione, avrebbe la necessità di ancorare tale impostazione a due principi: il principio di legalità, legato all’esigenza di introdurre una riserva di codice in materia penale ed il principio dell’apprezzabilità del danno o del pericolo corso (l’espressione è di F. Carrara), in modo da redigere una sorta di scala gerarchica di beni meritevoli di tutela a cui far conseguire ad esempio la depenalizzazione dei reati di pericolo astratto in favore di tecniche diverse di tutela, civili o amministrative, più adeguate della mera repressione penale. 2) Pena. Innanzitutto bisognerebbe riconsiderare tutto il sistema delle pene nel nostro paese e immaginare il ricorso al carcere soltanto in via eccezionale e come ipotesi residuale per le tipologie di reato più gravi. Poi va ripensato lo stesso sistema dell’esecuzione penale, segnato, da profonda disuguaglianza, incertezza, arbitrio burocratico. Un intervento riformatore potrebbe puntare ad eliminare l’attuale divaricazione tra pena edittale, pena irrogata e pena scontata con l’abbassamento della prima alla seconda e della seconda alla terza". "Quindi - spiega Leva - andrebbe eliminato prima di tutto l’ergastolo, ancora presente in Italia nonostante le previsioni dell’art. 27 della Costituzione. Infine, bisognerebbe assolutamente intervenire sulla custodia cautelare di cui nel nostro paese si è fatto un abuso ed un uso distorto. Quello della riforma della carcerazione preventiva è oramai il grande tema assente nel dibattito sulla riforma della giustizia, ma è la vera priorità in un sistema come il nostro, davvero malato e che ha trasformato quest’ istituto da eccezionale in ordinario. 3) Processo. La parità delle parti nel processo e l’effettività del diritto alla difesa richiederebbero l’introduzione, in aggiunta alla difesa privata, di una difesa pubblica affidata a un pubblico ministero di difesa dotato di poteri simili alla pubblica accusa. Bisognerebbe poi affrontare il tema della durata dei processi soprattutto alla luce di un eventuale accorciamento del termine di prescrizione. Non bisogna mai dimenticare che la prescrizione è un istituto di diritto sostanziale e non processuale e che quindi qualsiasi intervento in materia deve essere equilibrato e rigoroso e, soprattutto, frutto di un corretto bilanciamento tra l’interesse dello Stato ad esercitare la pretesa punitiva ed il diritto dei cittadini ad avere un processo dalla durata ragionevole". "Infine - avverte Leva -ci sono i temi della riforma della responsabilità civile, ormai non più rinviabile, e dell’organizzazione della magistratura, su cui è necessario discutere senza tabù. Ed allora ben vengano interventi che diluiscano il peso delle correnti all’interno del Csm o che creino apposite sezioni disciplinari. Resta da affrontare il nodo della separazione delle funzioni requirenti da quelle giudicanti. Per troppo tempo si è preferito un dibattito di natura ideologica sulla questione. Il Pd dovrebbe invece affrontarlo senza nascondere la polvere sotto il tappeto ed iniziando una discussione laica. Oggi grazie ad alcuni interventi legislativi sono già stati introdotti alcuni paletti. Credo però che sia possibile immaginare un sistema in cui, senza modificare la Costituzione, il passaggio da una funzione all’altra sia residuale". Giustizia: Sottosegretario Ferri; rivedere prescrizione, ma riforma complessiva processo Tm News, 22 agosto 2014 "Vogliamo riportare le pene del falso in bilancio però distinguendo e mantenendo delle soglie minime di punibilità". Lo ha detto Cosimo Ferri, sottosegretario alla Giustizia, intervenendo ad Agorà Estate, su Rai3. "Nel provvedimento sulla criminalità economica - ha ribadito Ferri - il governo vuole introdurre sia l’auto-riciclaggio che il falso in bilancio, rivedendolo e mantenendo però delle soglie minime di punibilità per distinguere la grande impresa dal piccolo imprenditore. Stiamo valutando con il presidente del Consiglio dei ministri se portare il 29 agosto il disegno di legge che prevede questo provvedimento contro la criminalità economica, che comprende auto-riciclaggio, falso in bilancio, e prevenzione per quanto riguarda la confisca dei patrimoni della mafia". Il sottosegretario ad Agorà ha parlato anche del tema della prescrizione: "Sulla prescrizione c’è già una relazione depositata da cui vogliamo partire, però inserendola in una riforma complessiva del processo penale. Oggi la prescrizione c’è e dobbiamo interrogarci perché alcuni procedimenti vengono accantonati oppure vengono dichiarate 130mila prescrizioni, che sono tantissime, tanto che alcuni la chiamano un’amnistia mascherata, e altri processi invece sono spediti. Credo nell’obbligatorietà dell’azione penale e credo sia importante questo principio, quindi occorre uniformare i processi". Giustizia: Mattiello (Pd); si avvicina il 29 agosto… ministro nomini il capo del Dap Ansa, 22 agosto 2014 "Si avvicina il 29 agosto e cresce l’attesa per i provvedimenti che il ministro Orlando presenterà al Cdm. Il ministro sta dimostrando grande sensibilità e prudenza nell’affrontare una materia tanto complessa e decisiva per la qualità della vita dei cittadini. Tra le questioni che andranno risolte c’è pure quella della nomina dei nuovi vertici del Dap, Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria, uno degli apparati fondamentali per il funzionamento dello Stato nel suo insieme, che ha a che fare non soltanto con la vita dei circa 54 mila detenuti, ma con quella degli agenti della polizia penitenziaria e generalmente con tutti gli addetti". A scriverlo è il deputato Pd, membro della Commissione Antimafia Davide Mattiello, che dice di condividere l’appello lanciato dall’Associazione Antigone: "il nuovo Capo del Dap è bene che sia persona capace di interpretare al meglio la funzione costituzionale della esecuzione della pena in carcere. Oltre al sovraffollamento che genera condizioni di vita indecenti, bisogna impegnarsi ancora di più perché il carcere non sia soltanto una discarica sociale, ma rappresenti un’occasione di riscatto sociale per chi espia la pena". "Ma chiedo al ministro Orlando - prosegue Mattiello - di tenere nel medesimo conto la capacità del futuro capo del Dap di governare con il massimo della consapevolezza e della lealtà istituzionale quel circuito di contatti tra Dap, Gom, Servizi, detenuti di caratura particolare, normalmente al 41 bis, Autorità Giudiziaria e collaboratori di giustizia. Un circuito necessario al funzionamento dello Stato, ma delicato e potenzialmente utile ad attività di depistaggio. Insomma, è sicuramente importante, come dice Antigone, che il prossimo capo del Dap ne sappia di "domandine" e vita carceraria, ma è altrettanto importante che ne sappia di "farfalle" soprattutto quando hanno a che fare con operazioni classificate e protocolli". Gibiino (Fi): no a giustizialismo, finalmente giustizia giusta "Una giustizia giusta ed efficiente è condizione necessaria per ridare slancio all’economia, per consentire alla nostra Italia di essere più competitiva e tornare ad essere attrattiva". Lo afferma in una nota il senatore Vincenzo Gibiino, membro del Comitato di Presidenza di Forza Italia e coordinatore azzurro in Sicilia. "Forza Italia, come sempre pronta a dare il proprio contributo per la crescita del Paese, auspica che l’esecutivo voglia fare sul serio, una riforma vera che coinvolga sia il civile, garantendo in primo luogo una normalizzazione delle tempistiche dei procedimenti, che il penale, a partire dai nodi della responsabilità civile dei giudici e delle intercettazioni. Gli italiani dicono no al giustizialismo e vogliono finalmente una giustizia giusta". Giustizia: Antigone; quando lo Stato viola dignità umana delle persone legittimo risarcirle Ristretti Orizzonti, 22 agosto 2014 È stata pubblicata ieri sulla Gazzetta Ufficiale ed entra in vigore da oggi il decreto che prevede un risarcimento per tutti quei detenuti che abbiano subito un trattamento inumano e degradante ai sensi dell’art. 3 della Convezione Europea dei Diritti dell’Uomo. "Quando lo stato viola la dignità umana di qualunque persona, è legittimo che debba essere risarcita" dichiara Patrizio Gonnella, presidente nazionale di Antigone. "Si tratta di una legge importante - prosegue Gonnella - che prevede un risarcimento per chi ha subito un trattamento inumano e degradante. Speriamo serva anche a fare in modo che in futuro non si ritorni ad una situazione di sovraffollamento ingestibile". "La stagione delle riforme ora non deve chiudersi. Basta poco perché si torni ad una situazione grave che metta a rischio i diritti dei detenuti". "Ricordiamo che sono ancora migliaia le persone in più nelle carceri rispetto ai posti disponibili, per questo - conclude il presidente di Antigone - è importante che, ad esempio in materia di droghe, si facciano passi avanti in direzione di una legge meno punitiva". "Altrettanto importante - secondo Gonnella - è che si arrivi presto alla nomina del capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Un capo che parli la lingua della legalità, della dignità e della nonviolenza affinché casi come quello avvenuto nel carcere di Rossano Calabro negli ultimi giorni - e denunciato da una deputata del Pd - dove persone erano costrette a vivere in isolamento tra i loro escrementi non si verifichino più". Nelle settimane scorse Antigone aveva predisposto dei modelli per la presentazione delle istanze di ricorso per chi ha subito un trattamento inumano e degradante perché costretto a vivere in una cella con meno di 3 mq. di spazio. I ricorsi possono essere presentati sia da chi è ancora detenuto sia da ex detenuti. Ricordiamo che la legge prevede uno sconto di pena di un giorno ogni dieci scontati in celle con meno di 3 mq di spazio e un risarcimento di 8 euro al giorno per chi non è più in stato di detenzione. Nei modelli di ricorso presentati da Antigone c’è anche quello diretto ad ottenere l’interruzione dello stato di detenzione inumana e degradante per questioni legate al sovraffollamento, laddove attualmente esistente. Giustizia: Pagano (Dap); risarcimenti, difficile prevedere costo economico per lo Stato Adnkronos, 22 agosto 2014 "I detenuti cha faranno ricorso saranno tanti. Noi ne stimiamo oltre 10mila". Così il presidente dell’Associazione Antigone Patrizio Gonnella sottolinea all’Adnkronos l’entrata in vigore della legge sui rimedi compensativi ai reclusi che hanno subito trattamenti inumani in carcere. Un provvedimento di cui sarà difficile prevedere i costi per lo Stato, precisa il vice direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Luigi Pagano, che aggiunge: "il magistrato di sorveglianza deve valutare l’ammissibilità di ogni singolo ricorso e accertare il numero di giorni che il detenuto ha passato in carcere in condizioni di vessazione". "Solamente 5mila - continua Pagano - sono quelli che già avevano fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo e che lo presenteranno ai giudici nazionali. A loro se ne aggiungeranno almeno altri 5mila, che faranno richiesta per la prima volta delle misure compensative previste dal provvedimento". Una stima di 10mila persone che però è solo indicativa, puntualizza Pagano: "stiamo cominciando a fare una ricognizione presso gli istituti del provveditorato per capire quante domande ci saranno. Ora che la legge è in vigore, bisognerà vedere se effettivamente il titolare del diritto farà richiesta oppure no". Pagano giudica complicato fare una previsione della spesa dello Stato per risarcire i detenuti: "Il magistrato dovrà analizzare ogni singola richiesta e giudicare caso per caso. Dovrà valutare di volta in volta l’ammissibilità del ricorso e accertare la durata dell’eventuale trattamento degradante subito dal recluso. Poi dovrà andare in contraddittorio, prima di emettere una decisione finale". Lettere: grazie per "l’aria buona" che mi fate respirare di Marcello Pesarini Ristretti Orizzonti, 22 agosto 2014 Caro Ristretti, vorrei potervi esprimere, come cittadino, volontario e dipendente pubblico il mio ringraziamento per l’aria buona che mi fate respirare. Dopo avere scorso quotidianamente il giornale on line, ed avere scorso finalmente l’ultimo numero del mensile, potrò affrontare con un po’ di supporto la stampa e l’opinione pubblica. Faccio degli esempi e propongo dei correttivi. La sempre più intricata situazione delle guerre in Medio Oriente, per voler parlare solo di quelle, fa si che si parli sempre più della figura del "terrorista", magari approfittando di episodi aberranti, ai confini di quello che vogliamo ammettere. Anche personaggi di rilievo, magari troppo coinvolti, ci tengono a precisare i limiti delle azioni ammissibili, dimenticando che il coraggioso tentativo di dialogare con chi è molto diverso da noi andrebbe incoraggiato a pratica quotidiana. I sempre più frequenti omicidi, femminicidi, infanticidi, compiuti da tanti "uomini e donne della porta accanto", alzano un polverone di illazioni, testimonianze, pareri di esperti, e memorie ricavate da computer, dna, etc. È sempre più difficile in questo mondo ammettere che la devianza, il gesto inaspettato, l’incapacità di controllarci, siano al nostro fianco. Ci siamo costruiti un mondo in cui l’illusione di poter controllare tutto fa si che i parenti di uno sfortunato che in motocicletta va contro una pianta e muore, fanno causa al comune perchè essa era cresciuta dove non doveva. L’esasperazione della prevenzione, del controllo, servono solo a diminuire la nostra capacità di affrontare gli imprevisti, così abituati come siamo ad avere tutto incasellato. Io sarei contrario anche alle piste ciclabili nelle città, perchè disabituano sia l’automobilista che il ciclista ad affrontare ogni eventualità. Veniamo al positivo: Ristretti segna un metodo, non per forza una via, ed in tanti cerchiamo di seguirla. Sarebbe necessario, per tanti di noi, permetterci ogni tanti dei momenti di confronto sulla pena che viene comminata dalle autorità, che noi non contestiamo come atto giudiziario ma vogliamo sia meno pena possibile, ed in qualche modo restituita ai "liberi" come istruzione. L’esperienza di ognuno di noi è utile, e scavando nella mia posso dire che molti di noi "liberi" ci siamo costruiti delle "pene" fuori dal carcere, forse perchè ci reputavamo inadatti al consesso civile, forse perchè lo volevamo combattere ma non ci riuscivamo. Bene, confrontando queste esperienze con l’ottica di chi non vuole prevenire nulla, ed invece ammette la "non norma" accanto a sé e dentro di sé, potremmo arricchire non solo le attività del terzo settore, ma forse costruire nuove proposte per le istituzioni, capaci di essere efficaci anche di fronte alla "responsabilità civile" del giudice. Lettere: a Debora Serracchiani sulle condizioni delle carceri e della giustizia di Stefano Santarossa e Michele Migliori (Radicali Italiani) www.radicali.it, 22 agosto 2014 Cara Debora, sentiamo l’urgenza di scriverti per condividere l’urgenza di dare risposte alla perdurante inadempienza delle nostre Istituzioni nei confronti dei cittadini detenuti nelle carceri italiane. Come Radicali pensiamo che provvedimenti combinati di amnistia ed indulto siano allo stato attuale di urgente necessità ad una riforma strutturale della giustizia atta a riportare il nostro Paese nell’alveo della propria legalità costituzionale e del diritto internazionale. Necessità e urgenza rilevate con chiarezza anche dal nostro Presidente, Giorgio Napolitano, nel messaggio alle Camere dello scorso ottobre e venti giorni fa anche dal rapporto stilato dagli ispettori delle Nazioni Unite. Particolarmente intollerabile è poi il fatto che nelle carceri italiane sia negato il diritto alla salute. Oltre il 60% dei detenuti soffre, infatti, di patologie cui le strutture penitenziarie non sono in grado di garantire prevenzione né tantomeno cura. Patologie che, oltretutto, sono non di rado generate dalla stessa carcerazione o con essa incompatibili. E al quadro già descritto aggiungiamo il tema della mancata riforma della giustizia e delle conseguenti violazioni ormai decennali dell’art. 6 della Convenzione per l’irragionevole durata dei processi, con condanne inflitte all’Italia ormai in modo seriale dalla Corte Edu. Si tratta di una reale débâcle della giustizia che comporta un prezzo che gli italiani pagano, non solo in termini di diritti umani violati, ma anche in termini strettamente economici. Quali investitori italiani e stranieri si possono permettere di investire in questo Paese se non c’è certezza di diritto sia nel campo penale che nel campo civile? Queste motivazioni hanno indotto Marco Pannella e Rita Bernardini a intraprendere un nuovo Satyagraha, nelle forme dello sciopero della fame e della sete, con la richiesta di un intervento urgente del nostro Governo e del nostro Parlamento per porre immediatamente fine a questo intollerabile stato di cose. Come saprai, in queste ore Marco Pannella, nonostante stia sottoponendosi alla cura per due tumori - al polmone e al fegato - ha deciso di restare in trincea e continuare a combattere per affermare i diritti dei carcerati maltrattati e torturati da uno Stato criminale e privo di dignità. Oggi più di ieri, Marco Pannella resta "il solo uomo politico italiano - come diceva Leonardo Sciascia - che costantemente dimostri di avere il senso del diritto, della legge e della giustizia". Marco continua a prendere le parti e la posizione delle vittime di fronte al proprio oppressore con l’arma della nonviolenza e del rifiuto passivo. Invece di mostrare i muscoli lui mostra il suo magrore per cercare il dialogo con i forti e potenti. Anche mettendo a repentaglio la sua vita. Ti chiediamo di aderire a questa lotta, nelle forme e con le modalità che riterrai opportune, e, nel tuo ruolo, di portarne parola e azione. Il primo passo che ti suggerisco è quello di dare seguito all’inascoltata richiesta di confronto che Marco sta cercando di intraprendere anche con il Partito Democratico, dialogo che in questi mesi sembra essersi interrotto in modo unilaterale. Ci auguriamo che questa lettera possa contribuire a dare qualche risposta alle ragioni della lotta nonviolenta di Marco Pannella ma anche alle migliaia di cittadini detenuti "torturati" nelle carceri italiane. Ti ringraziamo per l’attenzione. Lettere: la guerra all’accattonaggio non è ben vista dal popolo di Giuseppe Mosconi (Ordinario di Sociologia del Diritto) Il Mattino di Padova, 22 agosto 2014 Il clochard dal vero, decostruendo gli stereotipi. Alla fine i nodi vengono al pettine. L’avevano detto, preconizzato e promesso i paladini della nuova sicurezza in città, candidati sindaci e assessori: guerra all’accattonaggio, "pulizia" delle strade dal "degrado", videosorveglianza, tolleranza zero, militarizzazione della polizia locale, dislocamento del controllo. E adesso lo stanno facendo, a modo loro, cioè non ripristinando il tessuto sociale e andando a fondo nelle problematiche implicate (come dimostra la situazione della stazione), ma con singoli atti puramente simbolici: lo sfratto di una famiglia di sinti, pur assistita da un notissimo e stimatissimo religioso; ora l’ammanettamento e la brutale rimozione di un homeless, sotto gli occhi di tutti. Ma quando le promesse di sicurezza contro gli enfatizzati nemici pubblici diventano realtà, la gente non ci sta. Le immagini e le aspettative entrano in conflitto. Quel guazzabuglio di emotività, di malessere, di risentimenti, di sfiducia, di luoghi comuni, di preoccupazioni, ma anche di pietà e di umanità, che si aggroviglia attorno al tema della sicurezza, si dipana almeno in parte di fronte alle persone concrete, ai protagonisti reali dell’esercito dei "nemici" e degli invasori. Emergono dimensioni diverse, che pure potevano essere presenti nella "domanda di sicurezza" degli orientamenti elettorali. Allora le motivazioni del voto per i profeti dell’ordine metropolitano si incrinano, le certezze rassicuranti vacillano. Di fronte alle situazioni concrete delle persone fisiche, alle loro storie, gli stereotipi si destrutturano, il gioco non regge più. Il fatto è che dietro a ogni "nemico", a ogni immigrato, detenuto, mendicante, tossicodipendente, senza casa, anche dietro i comportamenti meno accettabili e più drammatici, c’è una persona, una storia, un insieme di desideri, di tentativi, di fallimenti, propri di ogni essere umano. Perché bisogna aspettare il suicidio, il naufragio, lo scandalo, il dramma, la palese e inaccettabile ingiustizia per rendersene conto? Allora le retoriche della tolerance rivelano tutta la loro inconsistenza. Ma anche il semplice appello ai sentimenti di umanità e la ricerca di dialogo rischiano di restare invischiati nell’ambivalenza dei modelli culturali diffusi, così come negli strumentalismi del mondo della politica e dei suoi linguaggi. A fronte di queste riflessioni alcuni riferimenti vanno messi a fuoco. La sicurezza è il prima battuta una questione di diritto e di diritti. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 115/2011, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 54 della legge 92/2008, "limitando il potere di emanare ordinanze a tutela dell’incolumità pubblica e della sicurezza urbana ai casi in cui sussistano presupposti di contingibilità e urgenza, a condizione della temporaneità dei loro effetti e, comunque, nei limiti della concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare" (Anfp). I riferimenti vanno ai principi costituzionali dell’eguaglianza e della riserva di legge nella limitazione della libertà delle persone art. 3 23, 97). Non solo, nel vuoto applicativo, ordinanze di questo genere prosperano, sull’onda delle propagande securitarie, ma, come nel caso del clochard in questione, il comportamento degli agenti risulta un atto del tutto arbitrario, motivato e legittimato in modo emblematico solo dal clima e da questo tipo di orientamenti, rispondente a puri criteri di prassi e di scelte di modalità d’intervento, a fronte di un comportamento (il rifiuto di pagare una multa, per quanto accompagnata, a quanto risulta dalla lacerazione del documento) del tutto legittimo e azionabile nelle procedure di ricorso azionabili, di cui gli agenti avrebbero dovuto informare l’interessato. È invece evidente dalla cronaca l’escalation di una coercitività smisurata agita teatralmente contro una figura simbolo del "degrado", legittimata da un clima e una cultura che debordano i limiti della legge. Per non parlare dei principi e dei testi posti a tutela dei diritti umani, che a fronte di questi e di molti altri consimili casi restano totalmente lettera morta. Solo la capacità e la volontà di capire, prevedere e gestire le situazioni di marginalità e di disagio può prevenirne gli esiti più insicurizzanti, nell’interesse di una collettività non solo diffusamente afflitta dalla crisi, ma anche da inaccettabili strumentalità per catalizzare il consenso politico. Bari: detenuto in permesso premio morto per colpo di pistola alla testa, forse è suicidio La Presse, 22 agosto 2014 è stato ritrovato stamattina a Putignano, in provincia di Bari, dai carabinieri della locale stazione il cadavere di Domenico Fallacara, barese, classe 1971. L’uomo era detenuto nel carcere di Taranto e si trovava a casa sua a Putignano in permesso premio dal 13 al 25 agosto. Dai primi rilievi è emerso che a causare la morte sia stato un colpo di pistola sparato in fronte, l’arma aveva la matricola abrasa. Secondo le prime indagini si tratterebbe di suicidio, ma la dinamica del decesso è ancora al vaglio degli inquirenti. Il fascicolo è a carico del magistrato di turno Antonino Lupo. Era stato condannato a cinque anni di reclusione per aver svaligiato nel 2010 una sala bingo a Bari, insieme a un complice, Domenico Fallacara, trovato morto questa mattina nella sua abitazione di Putignano, in provincia di Bari. L’uomo all’epoca del furto, pregiudicato con precedenti specifici, era stato arrestato con un bottino di 21mila euro e la pistola calibro 7,65 usata durante la rapina. Secondo le prime indagini compiute dai carabinieri Fallacara si sarebbe sparato un colpo in testa con una pistola con matricola abrasa, ma le indagini sono ancora in corso. Il corpo dell’uomo è stato trovato questa mattina nel suo appartamento di Putignano, frazione di San Pietro Piturno, in provincia di Bari, con un colpo di pistola in fronte. A dare l’allarme la moglie e il figlio che abitavano con lui. L’uomo, in permesso premio fino al 25 agosto dal carcere di Taranto dove era detenuto, al momento del fatto era solo in casa. Avrebbe utilizzato una pistola 7,65 con matricola abrasa, nella cui canna sono stati trovati altri 5 proiettili inesplosi. Sul posto i carabinieri della compagnia di Gioia del Colle guidati dal capitano Fabio Di Benedetto e la sezione di investigazioni scientifiche di Bari. Dalle prime analisi sul corpo effettuate dal medico legale non ci sarebbero dubbi sul fatto che si sia trattato di un suicidio, ma gli inquirenti non hanno trovato nessun biglietto che potesse confermarlo. Secondo gli investigatori le ragioni del gesto non sarebbero legate al passato criminale dell’uomo ma alla sua vita personale. Sembra che negli ultimi giorni Fallacara avesse avuto continue liti familiari. La conferma sulle cause del decesso arriverà nei prossimi giorni, dopo l’autopsia sul corpo ordinata dal pubblico ministero di turno Antonino Lupo della procura barese. La salma è stata trasferita all’ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti. Firenze: in 400 fuori dal carcere. Il cappellano "Sollicciano adesso è luogo più dignitoso" Corriere Fiorentino, 22 agosto 2014 Sollicciano tocca il minimo storico: mai così pochi detenuti nel carcere fiorentino. Erano quasi 1.100 qualche mese fa, mentre oggi sono 702, quasi 400 detenuti in meno, 150 dei quali usciti tra luglio e agosto. Sono i numeri più bassi degli ultimi vent’anni, registrati per un breve periodo soltanto dopo l’indulto del 2006. Un risultato che alleggerisce considerevolmente il sovraffollamento dell’istituto, adesso molto più vivibile rispetto ai mesi scorsi, tanto che la direzione sta pensando di procedere alla ristrutturazione di alcune sezioni dove la capienza si è ridotta, lavori che potrebbero partire già dalle prossime settimane. È l’effetto del provvedimento svuota carceri, varato sei mesi fa dal governo, una misura che di fatto non punisce più con la galera lo spaccio lieve. Sostanzialmente, meno arresti significa un graduale svuotamento delle celle. Una misura che, secondo il Dipartimento toscano dell’amministrazione penitenziaria, ha influito per il 50% sullo sfollamento di Sollicciano. Ma lo svuotacarceri, se da una parte fa tirare un sospiro di sollievo alle amministrazioni penitenziarie, dall’altra fa infuriare le forze dell’ordine, che parlano di arresti dimezzati. Proprio nei giorni scorsi, l’Associazione nazionale funzionari di polizia (Anfp) ha inviato una lettera al ministro dell’Interno Angelino Alfano: "Così si incoraggiano gli spacciatori". E poi: "Se l’obiettivo perseguito dal legislatore di svuotare le carceri è più che legittimo, si è però sottovalutato il fatto che il "piccolo spaccio" è un fenomeno in realtà assai pericoloso" scrive Lorena La Spina, segretario nazionale dei Funzionari di polizia. Tra gli intenti dello svuota-carceri, c’è quello di non affollare le prigioni con i ragazzi che spacciano droghe leggere tra gli amici. Eppure, si precisa nella lettera spedita dalla Polizia ad Alfano, "così si alimenta la criminalità organizzata". "Non è proprio così - ribatte il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria Carmelo Cantone. I pusher seriali continuano ad arrivare in carcere, per loro sono rimaste in vigore le leggi che prevedono l’arresto in virtù dell’articolo 74 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti". Busto Arsizio: il carcere non è più inumano, scende il numero di detenuti www.varesenews.it, 22 agosto 2014 Da oltre un anno al centro delle polemiche per il sovraffollamento la struttura di via per Cassano ha visto scendere di quasi un centinaio il numero dei carcerati e si sta ampliando. Da oggi si potrà chiedere il risarcimento. Se la legge di conversione del decreto 92/2014, applicabile da oggi, fosse entrata in vigore un paio di anni fa nel carcere di Busto Arsizio molti detenuti si sarebbero armati di carta e penna per chiedere il risarcimento previsto dalla normativa che concede 8 euro per ogni giorno di "trattamento inumano" subito dai detenuti delle carceri italiane, oppure uno sconto di pena di un giorno ogni 10 giorni al di sotto degli standard previsti dalla norma. E invece no, nonostante la condanna della Corte Europea di Strasburgo. Negli ultimi due anni, nel carcere bustocco, sono cambiate molte cose e molte stanno cambiando proprio in questi giorni. L’ultimo dato sul numero di detenuti attualmente presenti nella struttura di via per Cassano parla di 322 detenuti (140 italiani e 182 stranieri): "Un numero che non si vedeva da tempo da queste parti - spiega il direttore Orazio Sorrentini - l’anno scorso in questo periodo erano ben oltre i 400. Merito (o colpa, dipende dai punti di vista, ndr), principalmente, del nuovo provvedimento svuota-carceri che ha cambiato i criteri per la custodia cautelare in carcere". I numeri sono ancora ben oltre la soglia di capienza attuale che non dovrebbe superare le 180 unità ma il tutto dovrebbe risolversi entro questo autunno quando termineranno i lavori di ampliamento che porterà la capienza a quasi 300 posti. Entro quel periodo saranno conclusi anche i lavori per il riadattamento dell’area dedicata ai disabili (rimasta chiusa per anni per la mancanza di personale specializzato a disposizione) che è in fase di allestimento: "Il riadattamento del reparto - spiega ancora il direttore - ha subito un’accelerata dopo la visita dell’assessore regionale alla Sanità Mario Mantovani. Resterà un’area per disabili ma senza che vi sia la necessità della presenza di personale ospedaliero in maniera costante. Qui accoglieremo solo detenuti con disabilità leggere". Come dicevamo non vi sono, al momento, richieste di risarcimenti per trattamenti inumani tra i detenuti attualmente presenti ma qualche richiesta è pervenuta da detenuti in altre strutture che hanno scontato qui una parte della loro pena. Da tempo, comunque, la dirigenza della struttura ha adottato una politica della gestione dei detenuti che permette loro di trascorrere gran parte del tempo fuori dalle celle e questo permette di abbassare il limite di metri quadri a disposizione di ogni carcerato da 7 a 3 mq. Dunque, almeno per quanto riguarda la situazione attuale, non ci dovrebbero essere richieste di applicazione della legge approvata lo scorso 2 agosto dal Parlamento. Asti: detenuti lavoreranno come volontari, accordo del Comune con direzione del carcere di Valentina Fassio La Stampa, 22 agosto 2014 Dal carcere di Quarto, sei detenuti "assunti" come volontari: lavoreranno in regime di volontariato al servizio della città. Tre hanno già iniziato, altri tre cominceranno nelle prossime settimane. L’idea nasce dal protocollo sottoscritto dal sindaco Brignolo e dall’assessore Piero Vercelli (Servizi sociali) con la direttrice del carcere Elena Lombardi Vallauri: il documento prevede la possibilità di inserire in lavoro volontario, non retribuito, "i detenuti che potrebbero svolgere attività lavorativa all’esterno del carcere, ma non hanno trovato un posto di lavoro vero e proprio". Si tratta dei detenuti che si avvicinano a fine pena, che hanno tenuto una buona condotta e che possono essere autorizzati a lasciare il carcere per diverse ore per andare a lavorare: "Con l’accordo siglato con il carcere - spiegano dal Comune - il lavoro volontario nelle strutture comunali viene equiparato al lavoro retribuito. Per i detenuti c’è il vantaggio di svolgere attività formative, che possono facilitare il reinserimento sociale e professionale. Al tempo stesso la città può contare sul lavoro svolto gratuitamente da queste persone (il costo è limitato a polizza di assicurazione e buono pasto) per erogare servizi ai cittadini". Due dei tre detenuti in servizio sono già impegnati come operai ai Servizi Aree Verdi e Provveditorato, il terzo lavora come impiegato negli uffici dell’Urbanistica. "I prossimi tre inserimenti, relativi a detenuti che sono già stati sottoposti a colloqui e verifiche, sono previsti per settembre - anticipano gli amministratori - non appena il Tribunale di sorveglianza concederà l’autorizzazione, lavoreranno con gli operai delle Aree Verdi". L’iniziativa si inserisce nell’elenco delle tante collaborazioni avviate tra città e carcere come "Coltivare la Libertà", un progetto che ha fatto nascere nell’area del carcere un’azienda agricola di oltre un ettaro: gestita dai detenuti, fornisce frutta (oltre 600 le piante) e verdura (pomodori, melanzane, peperoni) alla mensa sociale di corso Genova. Lodi: lettera di Loscarcere dopo l’addio della direttrice del carcere Stefania Mussio di Davide Cagnola Il Cittadino, 22 agosto 2014 "Con Stefania Mussio si è chiuso un ciclo; ora, con la nuova direttrice, vogliamo riprendere il discorso interrotto tempo fa, con la consueta passione e nel rispetto dei ruoli". Si chiude così una missiva con cui l’associazione di volontariato Loscarcere torna a dire la sua sul "caso" dell’ex direttrice del carcere di Lodi, Stefania Mussio, allontanata da circa un mese in seguito alle proteste dei sindacati di polizia penitenziaria, e allo stesso tempo dà il benvenuto alla nuova reggente della casa circondariale Stefania D’Agostino. Questo inseguito alla lettera di solidarietà di 16 professori universitari alla Mussio per il suo lavoro svolto a Lodi, per i progetti e le iniziative svolte. "Abbiamo fatto un tratto di strada insieme alla dottoressa Mussio, condividendo molti dei progetti educativi realizzati e l’idea della necessità di occasioni e pratiche di scambio e di dialogo tra la realtà detentiva e il contesto cittadino - si legge nella lettera. Abbiamo sempre creduto che, per quanto importanti, le attività ludiche e ricreative fossero secondarie rispetto a ciò che attiene al percorso di ogni detenuto nella prospettiva del suo reinserimento". In quest’ottica "abbiamo concorso a sviluppare, con numerosi attori locali e con la Provincia, il progetto "Lavoro debole" e lo "Sportello lavoro", che è diventato un punto di riferimento anche per i tanti soggetti istituzionali (sindaci in primis) che nel lodigiano si trovavano ad affrontare le difficoltà del rientro nelle loro comunità delle persone reduci dall’esperienza della detenzione". E ancora: "Proviamo amarezza di fronte agli eventi che si sono verificati negli ultimi mesi. Noi però vorremmo "ripartire" dagli ospiti della Casa Circondariale, affinché sia rinnovata loro un’attenzione che riesca davvero a rendere il carcere meno disumano e, praticabili, in concreto, non solo a parole, tutte le opportunità di reinserimento previste. Con l’allontanamento della dottoressa Mussio si è chiuso un ciclo contrassegnato, inizialmente, da entusiasmo e condivisione ma che, con il passare del tempo, ha "tradito" nei fatti le sue premesse teoriche e il senso profondo di un intervento che non può prescindere dalla distinzione tra ciò che è essenziale e ciò che essenziale non è". La versione integrale dello scritto inviato dall’associazione Loscarcere sarà pubblicata lunedì nella pagina della lettere. Palermo: agente accoltellato da un detenuto dell’Ucciardone con un’arma rudimentale di Marco Vaccarella Giornale di Sicilia, 22 agosto 2014 È stato ferito da un quarantenne rinchiuso nella sezione di massima sicurezza. L’ha colpito con un’arma rudimentale. Il poliziotto ha riportato un taglio profondo al braccio. L’uomo l’ha assalito da dietro le sbarre. La direttrice Barbera: "Sono reazioni imprevedibili, può capitare" Detenuto ferisce con un’arma rudimentale un poliziotto penitenziario in servizio all’Ucciardone. Un’aggressione brutale, improvvisa, che al malcapitato, un assistente capo quarantenne originario del Trapanese, è costata un profondo taglio al braccio destro. Medicato con otto punti di sutura al pronto soccorso dell’ospedale Villa Sofia, ne avrà per almeno dieci giorni. È accaduto domenica pomeriggio alla "nona sezione", reparto di massima sicurezza al piano terra del carcere borbonico di via Enrico Albanese. Area tristemente famosa, la "nona". Soprattutto nel periodo a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta, quando le inchieste del maxiprocesso riempivano quelle celle di capomafia da tutto lo Stivale. Cagliari: tenta di evadere da Buoncammino, nascosto per poi uscire nel camion dei rifiuti di Matteo Vercelli L’Unione Sarda, 22 agosto 2014 Tenta di evadere dal carcere di Buoncammino Nascosto per poi uscire nel camion dei rifiuti I cortili per le passeggiate all’interno del carcere di Buoncammino. Il detenuto, un 28enne sardo, ha scavalcato le mura delle zone per il "passeggio" riuscendo a nascondersi: per uscire si sarebbe gettato nel camion della spazzatura o si sarebbe mischiato tra i familiari dei detenuti presenti nel carcere cagliaritano per i colloqui. È stato rintracciato e denunciato alla Procura per tentata evasione. Nessun "buco" nelle mura. Niente funi per calarsi dall’alto e trovare la libertà. Per la fuga dal carcere di Buoncammino un detenuto sardo di 28 anni aveva scelto una via alternativa: nascondersi in una nicchia quasi invisibile e attendere il passaggio del camion della spazzatura. Si sarebbe gettato tra i rifiuti lasciando così il penitenziario. Il tentativo di evasione è stato però scoperto dagli agenti della polizia penitenziaria che dopo mezz’ora hanno rintracciato il detenuto: è stato denunciato per tentato evasione e resistenza. Ora sarà la Procura a occuparsi della vicenda. Il fatto è avvenuto martedì 19 agosto ma la notizia è trapelata solo ora. Secondo una prima ricostruzione il detenuto verso le 10,30 ha raggiunto la zona dei "cortili" per la passeggiata: piccoli rettangoli all’aperto, con mura alte quasi tre metri e protette da filo spinato. Quando il giovane è rimasto solo ha messo in atto il suo piano. Grazie alla sua forza fisica e alla sua agilità è riuscito a scavalcare il muro subito dopo il passaggio di uno degli agenti di guardia al "perimetro" del carcere. Sapeva dove andare: forse grazie a qualche soffiata, aveva individuato una nicchia praticamente invisibile con vista sulla zona dei colloqui e, poco più avanti, con panorama sul cortile dove passano i mezzi autorizzati a entrare e uscire dal penitenziario. La sua idea, dalle prime indagini condotte dagli agenti della polizia penitenziaria, era quella di buttarsi nel camion della spazzatura e lasciare così Buoncammino. Oppure, approfittando della confusione, mischiarsi tra i parenti in visita ai detenuti alla fine dei colloqui per raggiungere l’uscita e fuggire dal portone alla prima occasione utile. Un’impresa difficile e complessa ma non impossibile. È stato uno degli agenti della polizia penitenziaria a dare l’allarme. Quando è tornato per accompagnare il detenuto (il giovane deve scontare una pena fino al 2026 per violenza sessuale, rapina, furto) nella cella singola, non lo ha più trovato. Immediato l’allarme. Sono scattate le ricerche coordinate dalla vice comandante Manuela Cojana: con due squadre da sei agenti ha perlustrato le aree all’aperto. Dopo mezz’ora di caccia all’uomo, grazie ad alcune informazioni che circolavano in carcere, gli agenti hanno scoperto il nascondiglio del detenuto (che in passato aveva già tentato un evasione da un altro penitenziario sardo). Ci è voluto un po’ per convincerlo a lasciare la nicchia e arrendersi: se si fosse lanciato nel cortile (da un’altezza di parecchi metri) le conseguenze sarebbero potute essere tragiche. Il detenuto è stato bloccato (a fatica, per questo è stato accusato anche di resistenza) e riaccompagnato in cella. Determinante per evitare la clamorosa evasione, la grande professionalità del personale della polizia penitenziaria. La notizia è stata confermata da fonti interne a Buoncammino e dal sindacato della polizia penitenziaria Ugl. "Questo episodio", sottolinea il segretario locale Francesco Matta, "evidenzia ancora le difficoltà interne al carcere soprattutto nel periodo estivo. Oltre alla consolidata carenza di personale, in questi mesi tra ferie e malattie gli agenti al lavoro sono pochi. Le sorveglianze vengono garantite con lo spirito di sacrificio dei colleghi. Ma questa vicenda conferma anche che a Buoncammino non ci sono spazi adatti per le persone che soffrono di problematiche particolari. Servirebbero istituti specifici". Forlì: una "finestra sul mondo" all’interno del carcere, sabato un incontro culturale www.forli24ore.it, 22 agosto 2014 Sabato 23 agosto, al carcere di Forlì si terrà un nuovo appuntamento con la cultura e la poesia. L’evento che rientra nelle iniziative messe in campo per la formazione culturale dei detenuti sarà dedicato a "La poesia dell’avventura e il fascino della Cina". L’incontro, proposto da Fara Editore in collaborazione con l’Area Pedagogica del carcere vedrà la partecipazione di due artisti che presenteranno ai detenuti due storie di ordinaria umanità: una, raccontata da Lorenzo Mari autore del libro "Come il Titanic" sarà incentrata sulla disperata richiesta di accoglienza all’Europa da parte dei migranti che spesso con le loro barche affondano nel Mediterraneo, l’altra sarà raccontata invece da Ardea Montebelli, fotografa e poetessa che parlerà generosa dedizione agli altri da parte del missionario Padre Matteo Ricci, in Cina negli anni tra il 1582 e il 1610. I detenuti nel frattempo saranno preparati all’appuntamento con un incontro propedeutico curato da Gabriella Mazzotti di Linea Rosa e Guido Passini, poeta e Presidente della Associazioni Davide e Guido/Insieme-Fibrosi Cistica. I carcerati ascolteranno la storia degli autori, giornalisti e artisti che poi incontreranno dal vivo faranno la rappresentazione e il tema che poi incontreranno dal vivo. Taranto: sorpreso con della droga in carcere, denunciato detenuto La Repubblica, 22 agosto 2014 Tre involucri nella cella, nascosti in una paio di scarpe del detenuto. Un detenuto di 29 anni è stato sorpreso all’interno della sua cella, nel carcere di Taranto, con tre involucri contenenti circa 5 grammi di eroina e 33 grammi di hashish. La droga è stata sequestrata, mentre il giovane è stato denunciato per violazione della legge sugli stupefacenti. Sono in corso le indagini per appurare come la droga sia stata introdotta in carcere. La direzione della casa circondariale sottolinea in una nota "la grande professionalità, l’intuito investigativo e l’abnegazione di tutto il reparto della polizia penitenziaria di Taranto". La droga, trovata grazie al fiuto di una unità cinofila, era nascosta in un paio di scarpe del detenuto. Pisa: musica dentro al carcere… con l’Associazione Culturale "Il Mosaico" Il Tirreno, 22 agosto 2014 Nove mesi di studio e preparazione hanno dato il loro frutto, sancito dal saggio di fine corso degli allievi del Progetto Musica Dentro, "allievi speciali". Parliamo infatti di alcuni detenuti della Casa Circondariale di Pisa che hanno partecipato alla Seconda Edizione del corso di educazione musicale realizzato dall’Associazione Culturale "Il Mosaico", in collaborazione con la Compagnia di San Ranieri. Il progetto è stato reso possibile dalla sinergia di vari soggetti finanziatori, prima fra tutti la Fondazione Pisa, a cui si sono aggiunti i contributi del Consiglio Regionale della Toscana, della Società della Salute Pisana e della Fondazione Intesa Sanpaolo onlus. Nel saggio di fine corso svoltosi all’interno della Sala Polivalente del Carcere Don Bosco si sono raccolti i frutti dell’intenso lavoro dei "coristi", che hanno seguito il lungo lavoro sotto la guida di Marialuisa Pepi. Teatro: in Basilicata e Puglia la compagnia "Stabile assai" di Rebibbia www.basilicata24.it, 22 agosto 2014 Dal 21 al 25 agosto la storica Compagnia "Stabile Assai" della Casa di Reclusione di Rebibbia si esibirà in Puglia e Basilicata. Una vera e propria tournée che toccherà Casalabate (Lecce) con uno spettacolo in piazza il 21, il carcere di Potenza il 22 e di Matera il 23 e Alberobello (nell’area del Trullo Sovrano il 25) e che si propone come un evento di straordinaria valenza sociale, se si considera che la Compagnia "Stabile assai" è formata da detenuti/attori di Rebibbia. Un evento unico in Italia e che ribadisce la valenza artistica di questo particolare gruppo teatrale, coordinato dal suo fondatore, l’educatore Antonio Turco, e che prevede la presenza, ma solo in veste di attore, di Rocco Duca, unico agente di polizia penitenziaria a recitare con i detenuti. Il gruppo è formato da Giovanni Arcuri (il Cesare di "Cesare deve morire", il film dei fratelli Taviani che ha vinto l’Orso d’oro a Berlino nel 2012), Salvo Buccafusca (un tempo cassiere della cosca di Pippo Calò, oggi, dopo essersi laureato in sociologia e aver scontato 20 anni di carcere, affermato imprenditore edile), Aniello Falanga (ergastolano, appartenente al clan Alfieri e oggi, dopo 24 anni di carcere, ammesso alla semilibertà come operaio), Francesco Rallo (ergastolano, appartenente al clan di Partanna e oggi, a 68 anni e dopo 22 anni di carcere, ammesso all’art. 21 come magazziniere in uno degli archivi del Ministero della Giustizia), Luigi Mennini (colpevole di alcuni reati finanziari, il cui nome è stato affiancato all’affare Marcinkus e oggi, dopo 18 anni di carcere, impiegato in uno studio legale). Il gruppo è supportato da professionisti del settore come il noto attore comico Mario Zamma, da musicisti come Lucio e Roberto Turco, Barbara Santoni e Paolo Tomasini e dalla docente universitaria, psicoterapeuta Patrizia Patrizi. Le manifestazioni sono state organizzate dal Comitato Regionale dell’Aics di Basilicata, dall’Aics di Matera e Lecce e dall’Amministrazione comunale di Alberobello. Lo spettacolo che andrà in scena è intitolato "Bazar", scritto e diretto da Antonio Turco. La Compagnia, nella sua lunga storia (è stata fondata nel luglio del 1982), ha vinto due volte il Premio Troisi e ha ottenuto la Medaglia d’oro dal Presidente Napolitano per la valenza sociale della sua attività artistica. Si è esibita nel 2009 presso la Camera dei Deputati e al Campidoglio. Assume particolare rilevanza, durante la tournée, la tappa della Basilicata dove, in molte occasioni, la Compagnia è stata ospitata dal Comitato Regionale Aics di Basilicata. Una specifica menzione deve essere rivolta ai Dirigenti e agli Operatori dell’Aics di Basilicata, coordinate dal Presidente, Francesco Cafarelli, che hanno confermato una consolidata vocazione solidaristica e uno specifico interesse verso le tematiche detentive, mantenendo inalterato un appuntamento che idealmente lega il carcere di Rebibbia alla ospitalità e all’accoglienza della comunità lucana. Da sottolineare il lavoro che da molto tempo l’Aics di Potenza dedica ai minori con problemi di inclusione sociale. L’impegno pluridecennale dell’Aics di Potenza nell’area penale, oltre ad aver raggiunto elevati standard professionali nella gestione dell’intero panorama minorile (l’Aics opera nell’Istituto Penale Minorile dagli anni novanta e successivamente ha ampliato il raggio d’azione nel Centro Prima Accoglienza e nella Comunità Educativa Ministeriale), da alcuni anni ha esteso il proprio intervento all’interno delle Case Circondariali di Potenza, Matera e Melfi e con L’Ufficio Esecuzione Penale Esterna, con una serie di attività sportive e culturali e Formative. L’esibizione della Compagnia Stabile Assai rientra, quindi, in una programmazione più vasta in cui teatro, formazione, sport e occasioni culturali possano favorire il processo di reinserimento anche lavorativo di molti detenuti. Mali: la solitudine dei bambini soldato, dopo la guerra ora sono in prigione come adulti di Chiara Nardinocchi La Repubblica, 22 agosto 2014 A due anni e mezzo dallo scoppio del conflitto che ha portato all’intervento della Francia, Amnesty International denuncia la costante violazione dei diritti umani dei più piccoli. Prima schiavizzati e costretti a combattere, sono detenuti nelle carceri assieme agli adulti. Come se il dramma di essere arruolati e costretti a combattere non bastasse, per molti bambini maliani al di sotto dei 16 anni si aggiunge anche il pericolo di essere arrestati e rinchiusi lontano da casa, senza supporto legale e privi della vicinanza dei propri cari. A dirlo è il rapporto di Amnesty International "Mali: tutte le parti in conflitto devono porre fine alle violazioni dei diritti umani". Bambini soldato. Sono molte le violazioni dei diritti che riguardano i bambini maliani dall’inizio del conflitto nel 2012. Sia le truppe filo governative che i gruppi ribelli hanno assoldato minorenni nei propri eserciti e armati li hanno mandati alla guerra. Un numero considerevole dei bambini soldato sono stati arrestati dalle autorità del Mali e imprigionato senza adeguate misure di protezione, insieme agli adulti e senza garanzie di riabilitazione. Le accuse a loro carico sono di essere guerriglieri ribelli e di possedere illegalmente armi da fuoco. Gran parte è detenuta nel carcere di Bamako dove Amnesty è riuscita ad entrare e raccogliere le testimonianza dei piccoli prigionieri. "I bambini - sottolinea Gaetan Mootoo, ricercatore di Amnesty per l’Africa occidentale - hanno sofferto molto nel corso di questo conflitto. Molti di loro sotto i 16 anni sono stati reclutati come bambini soldato e dopo esser stati accusati di essere membri di gruppi armati, sono detenuti insieme agli adulti e senza consulenza legale". Lontani dalle famiglie. Tutti gli intervistati hanno affermato di non aver ricevuto visite dai propri familiari. Uno dei motivi potrebbe essere la lontananza: Bamako infatti dista circa 900 chilometri dalle loro case, una distanza difficilmente percorribile dalle famiglie sia per motivi geografici che economici. Tuttavia Amnesty riferisce di una coppia di genitori cui è stato negato d’incontrare loro figlio ed è stata allontanata dalle forze dell’ordine. "Al momento del mio arresto - racconta un detenuto minorenne arrestato a febbraio 2014 - ero in un centro dove è possibile farsi vaccinare . I soldati sono arrivati e mi hanno accusato di essere un islamista. Ho detto loro che ero un pastore e non un islamista, ma mi hanno portato nel carcere di Timbuktu dove sono rimasto per un mese poi mi hanno trasferito a Bamako. Non ho ancora visto il giudice e voglio vedere i miei genitori. Mi preoccupo per loro perché staranno pensando cose terribili su di me". Promesse non mantenute. La fine ufficiale del conflitto nel 2013, non ha posto termine alle violenze. Nonostante le elezioni, il nuovo governo non è ancora riuscito a riprendere il controllo di alcune zone a nord paese dove c’è Kidal, una delle città più importanti dello stato. Con la fine del conflitto, il primo luglio 2013 il Mali ha firmato un protocollo d’intesa con l’Onu con le linee guida per il trattamento dei minori assoldati dagli eserciti per combattere tra cui il rilascio o il trasferimento di unità di protezione dell’infanzia e il reinserimento dei bambini nella società. Ma la realtà è molto diversa. Le autorità continuano a trattare minori e adulti in ugual modo violando così il diritto internazionale e soprattutto l’infanzia di bambini che a causa della guerra hanno perso da tempo l’innocenza Egitto: si allarga la protesta degli attivisti in carcere, molti sono in sciopero della fame Adnkronos, 22 agosto 2014 Si allarga in Egitto la protesta degli attivisti in carcere. Dopo il blogger egiziano Alaa Abdel-Fattah, in sciopero della fame da lunedì in segno di protesta contro la sua detenzione, sono in sciopero della fame anche il fondatore del movimento giovanile del 6 Aprile, Ahmed Maher, l’attivista del gruppo Mohamed Adel, il noto attivista Ahmed Douma e il fotoreporter Mohamed Abdel Moneim (Al-Noubi). Tutti, si legge sul giornale Ahram Online, protestano da ieri sera contro la loro detenzione. "Gli attivisti detenuti proseguiranno con lo sciopero della fame fin quando non verranno rilasciati", ha detto Zizo Abdo, membro del 6 Aprile, in dichiarazioni ad Ahram Online. Abdel-Fattah e Al-Noubi sono detenuti in attesa di un nuovo processo con l’accusa di aver violato la nuova legge sulle manifestazioni. Maher, Adel e Douma sono stati condannati lo scorso dicembre a tre anni di carcere e al pagamento di una multa sulla base della stessa normativa. Afghanistan: liberati nove pachistani detenuti a Bagram, la "Guantánamo d’Oriente" Asca, 22 agosto 2014 Nove pachistani detenuti da anni nella controversa prigione afgana di Bagram, ribattezzata la Guantánamo d’Oriente, sono rientrati nel loro Paese dopo essere stati liberati dalle forze americane. Lo ha annunciato la Croce Rossa. Gli Stati Uniti avevano trasferito nella primavera 2013 l’autorità di questo carcere situato a nord di Kabul alle autorità afgane, ma avevano mantenuto il controllo su più di una cinquantina di detenuti stranieri, compresi numerosi pachistani. Posso confermare la liberazione di nove detenuti di origini pachistane, ha indicato Yuriy Shafarenko, responsabile delle comunicazioni della Croce Rossa internazionale (Cicr) a Islamabad. Il Cicr aiuta a stabilire le comunicazioni tra famiglie e detenuti, in particolare organizzando visite virtuali via Skype, ma non ha facilitato queste liberazioni, ha chiarito il responsabile.