Giustizia: la riforma è un affare di maggioranza di Andrea Fabozzi Il Manifesto, 21 agosto 2014 Niente modifiche costituzionali "perché così Fi non è indispensabile". M5s salta l’incontro. Fatto l’accordo sulla responsabilità civile dei magistrati. Spunta l’assicurazione obbligatoria. Rinviato il nodo Csm, come richiesto da Napolitano, ma passi in avanti anche sul dossier più delicato. Rinviata la stretta sul Csm "per garbo istituzionale" a quando la nuova consiliatura sarà insediata (così ha chiesto Napolitano), il vertice di maggioranza sulla giustizia è scivolato via senza intoppi. All’uscita ieri dal ministero di via Arenula, dichiarazioni identiche di Pd, Ncd e centristi in genere: grandi passi in avanti. Addirittura, secondo il democratico Verini, "la convergenza è andata oltre le aspettative". Nel senso che il partito del ministro Orlando intravede una soluzione anche alla partita sul Csm. Ma intanto porta a casa l’accordo, già fatto, sul civile e sui dossier meno scottanti che riguardano le magistrature onoraria, contabile e amministrativa. Con la riunione di ieri può dirsi cosa fatta anche l’accordo sulla nuova responsabilità civile dei magistrati. Se al famoso consiglio dei ministri del 29 agosto ci sarà spazio solo per un decreto e un disegno di legge sulla giustizia civile, anche la responsabilità dei magistrati è piuttosto urgente. Perché c’è ancora il baco dell’emendamento Pini nella legge comunitaria - quello con il quale Lega e Forza Italia (e qualche Pd) hanno introdotto alla camera il risarcimento diretto delle toghe (la commissione lo ha cancellato, ma deve esprimersi l’aula) - e perché a luglio l’esecutivo ha bloccato d’autorità una simile riforma portata avanti dal socialista Buemi. Il governo presenterà un disegno di legge: quello che adesso è condiviso dalla maggioranza. Il risarcimento resta indiretto, ma la rivalsa dello stato sulla toga diventa obbligatoria e potrà colpire la metà dello stipendio mensile. Inoltre viene cancellato il filtro del tribunale sull’azione risarcitoria. Accolto il meccanismo del risarcimento indiretto, gli alfaniani e il socialista avevano ripiegato sulla soglia aggredibile dallo stato, considerando la metà dello stipendio non sufficiente a coprire danni ingenti. La soluzione passa per l’assicurazione obbligatoria, le toghe cioè dovranno fare come i medici. La schiarita nella maggioranza sulla responsabilità civile è anche la ragione per la quale il Movimento 5 stelle ieri sera ha comunicato che non parteciperà all’incontro che oggi Orlando dedicherà alle opposizioni. Le motivazioni appariranno sul blog, ma sono anticipate dalle parole del capogruppo M5s in commissione giustizia: "Il ministro non ha risposto alla nostra richiesta di chiarimenti, le priorità sono ben altre rispetto alla responsabilità civile dei magistrati". La defezione grillina non potrà che facilitare il confronto con Forza Italia, le cui posizioni restano sulla carta assai distanti da quelle di Orlando, ma bisogna ricordarsi della volontà di Berlusconi di replicare lo schema che ha condizionato la riforma costituzionale. La differenza è che per la riforma della giustizia non si interverrà con modifiche alla Costituzione. La linea del ministro è stata certificata ieri, con l’assenso anche degli alfaniani che pure partivano da richieste opposte. Il viceministro Costa, che è del Nuovo centrodestra, ha fatto capire bene le ragioni di questo mezzo passo indietro: "Intervenire con leggi ordinarie è molto importante perché delimita le riforma della giustizia nell’ambito della maggioranza". Berlusconi, dunque, non è indispensabile com’è stato per il bicameralismo. Togliere dal tavolo le modifiche al titolo IV della Costituzione significa rinunciare all’idea del Nuovo centrodestra (già nella riforma "epocale" tentata da Alfano guardasigilli) di sorteggiare il componenti del Csm (che per la Carta, art. 104, devono essere eletti). E così per perseguire l’obiettivo di frenare il condizionamento delle correnti sul Csm, alla maggioranza non resta che il sistema del voto disgiunto a più liste, ammesso che funzioni. Senza cambiare la Costituzione, poi, non si potrà nemmeno prevedere quella Alta corte per i procedimenti disciplinari a carico dei magistrati che sarebbe piaciuta ad Alfano (e a Berlusconi). Il disciplinare resta nel Csm (art. 105), Orlando insisterà però un’incompatibilità assoluta tra i "giudici dei giudici" e i consiglieri che dovranno occuparsi delle nomine. Cioè tutti: il nuovo plenum sarebbe dunque perennemente a rischio quorum (il problema del numero legale si era già posto con la modifica del 2002). Soluzione? Aumentare il numero dei componenti del Csm di 6 unità, riportandoli a 30 com’era prima della riforma Castelli. La riforma che il centrosinistra, negli anni, ha più volte promesso di voler cancellare, e adesso vuole aggiustare. Giustizia: Forza Italia e Ncd si impongono per bloccare la riforma del ministro Orlando di Mario Portanova Il Fatto Quotidiano, 21 agosto 2014 "La prescrizione non si tocca". Ma in molti Stati la cancellazione del reato non esiste. Da noi si salvano circa il 10% dei corrotti, nel resto d’Europa meno del 2%. Il 29 agosto dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri la riforma della giustizia promessa da Matteo Renzi, ma sui temi più delicati l’accordo è ancora lontano. Non a caso negli ultimi giorni il premier ha focalizzato i suoi tweet sulla giustizia civile, tacendo sul resto: intercettazioni telefoniche, responsabilità civile dei magistrati, nuovo Csm. E, soprattutto, la prescrizione, che per come è architettata ora porta a una cifra record di procedimenti penali cancellati in corsa, soprattutto per i reati dei colletti bianchi e degli amministratori pubblici. NEL 2012, in Italia sono stati dichiarati prescritti 113 mila procedimenti penali, il 7% di quelli conclusi. Di questi, 39 mila sono defunti durante il processo di primo o di secondo grado, con un evidente spreco di risorse - già all’osso - della macchina giudiziaria. II 13,7% dei processi prescritti in Cassazione ha riguardato i reati contro la Pubblica amministrazione. Una nota dolente che è costata all’Italia numerosi richiami dall’Unione europea, rimasti finora lettera morta. Ogni riforma tesa a prolungare i tempi di "scadenza" dei reati, infatti, è vista come fumo negli occhi dal centrodestra berlusconiano-alfaniano. Nel 2012, in piena emergenza economica, Silvio Berlusconi minacciò addirittura di far cadere il governo Monti se avesse osato farlo. Nulla è cambiato: anche stavolta, l’ex premier Berlusconi, insieme a Ncd, si è fatto sentire con il ministro Orlando per bloccare il processo di riforma. Ora la patata bollente passa nelle mani di Renzi, che al momento naviga a vista. Eppure in altri Stati indubbiamente di diritto, esistono meccanismi semplici e lineari che garantiscono tanto il cittadino incriminato quanto l’interesse pubblico di concludere un processo. I nostri parlamentari li conoscono, dato che sono elencati in un dossier dell’Ufficio studi della Camera pubblicato il 26 maggio. Ma forse sono troppo semplici per diventare oggetto di intese più o meno larghe. In Francia il termine per perseguire i reati più gravi è di dieci anni, ma "può essere interrotto da qualsiasi atto di istruzione e di azione giudiziaria". E ogni volta il cronometro torna a zero: la prescrizione arriva perciò dieci anni dopo l’ultimo intervento delle toghe. In Germania il limite massimo, comprese le interruzioni, arriva al doppio dei termini originari: se un reato si cancella in dieci anni, una volta avviata l’indagine la giustizia ne ha a disposizione ben 20. Il dossier della Camera ricorda un’altra norma tedesca che difficilmente troverà cittadinanza nella riforma Renzi-Alfano; per reati compiuti da membri del Parlamento federale, la prescrizione scorre non da quando è stato commesso il reato, come in Italia, ma "dal momento in cui viene avviato il procedimento". E nel Regno Unito? Nella patria dell’habeas corpus la prescrizione non esiste. Limiti all’inizio di un’azione penale sono posti solo per i reati più lievi, mentre per i più gravi "non sussistono", e comunque è il giudice che valuta caso per caso "l’interesse pubblico". In Spagna, semplicemente, il tempo si congela per tutta la durata del processo. Nessun sistema, tra quelli citati, contiene alchimie simili a quella della nostra legge ex Cirielli: anche in Italia la prescrizione è interrotta dagli atti dell’autorità giudiziaria, ma la norma approvata sotto il governo Berlusconi impone che per i non recidivi (la stragrande maggioranza dei politici e dei colletti bianchi) non possa comunque superare il tempo fissato dalla legge aumentato di un quarto. Così anche chi sa di essere colpevole tira il processo più in lungo possibile, sperando nel colpo di spugna, invece di accettare subito le pene più lievi garantite dai riti alternativi. "La nostra è un’anomalia assoluta, ma non è piovuta dal cielo", commenta Alberto Vannucci, direttore del Master in analisi della criminalità organizzata e della corruzione dell’Università di Pisa. "Il legislatore ha fatto una manovra a tenaglia per ostacolare la punizione dei corrotti. Da un lato la legge Cirielli, dall’altro una serie di intoppi procedurali che allungano i processi. Tutti provvedimenti adottati da Mani pulite in poi con consenso bipartisan, anche se il centrodestra ci ha messo indubbiamente più passione. Risultato: gli studi dicono che in Italia sono prescritti circa il 10% degli inquisiti per corruzione, mentre negli altri Paesi dell’Unione europea non si va oltre il 2%". Giustizia: Nuovo Centrodestra; nella riforma ci sia separazione carriere dei magistrati Tm News, 21 agosto 2014 "Siamo disponibili a trovare una sintesi, non a contraddire ciò in cui crediamo". È questo il messaggio che il Nuovo centrodestra lancia, attraverso "L’Occidentale", suo giornale on line, a proposito della riforma della giustizia. Separazione delle carriere, revisione della disciplina della pubblicabilità delle intercettazioni, prescrizione e durata dei processi sono alcuni dei temi toccati nella lunga nota pubblicata dalla testata del partito guidato da Angelino Alfano Tra le proposte evidenziate nel documento, c’è l’apertura alla possibile sospensione della prescrizione in alcune fasi del procedimento, in cambio però di un rilancio del "processo breve". "Una giustizia - si legge - che ritenga inconcepibile per uno Stato democratico la pretesa di un rapporto punitivo che duri illimitatamente nel tempo, e che dunque a fronte di ipotesi di interruzione della prescrizione in corrispondenza di determinate tappe processuali, preveda tempi certi per la celebrazione dei successivi gradi di giudizio e anche per la fase delle indagini preliminari". "Una giustizia - scrive ancora L’Occidentale - nella quale la custodia cautelare in carcere sia l’eccezione da motivare e non la regola dalla quale dover derogare. Una giustizia nella quale non si abbiano sentenze mediatiche anticipate dalla prematura divulgazione delle intercettazioni, soprattutto se irrilevanti e relative a soggetti terzi. Una giustizia che preveda efficaci strumenti normativi per il contrasto di condotte dall’elevato disvalore sociale ed economico, che siano però razionali e ben formulati". Ncd vuole "una giustizia nella quale la separazione delle carriere garantisca la effettiva terzietà del giudizio, nella quale l’autogoverno sia sottratto alla lottizzazione correntizia, nella quale il giudizio disciplinare sia efficace, imparziale e svincolato dagli organi che sovrintendono all’andamento della carriera". "Una giustizia - prosegue la nota dell’Occidentale - per la cui ingiusta amministrazione il responsabile, come chiunque altro in questo Paese sbagli, sia chiamato a pagare; con tutte le cautele dovute alla particolarità della funzione giudiziaria ma senza più disparità di trattamento. Vasto programma? Sono le nostre idee, e una riforma della giustizia dovrà contenere molto di tutto questo". Giustizia: il ministro Orlando; occorrono tribunali specializzati per rilanciare l’economia di Alessandro Galimberti Il Sole 24 Ore, 21 agosto 2014 Ministro Orlando, nei 12 punti della riforma della giustizia prendete di petto vent’anni di problemi incancreniti - dal collasso del processo civile al funzionamento del Csm, dal ripristino del penale societario e della "adeguata" prescrizione fino alla questione intercettazioni - e sui quali più di un esecutivo ha alzato bandiera bianca. Certamente ne avete la consapevolezza, ma c’è la determinazione a non perdere pezzi per strada? Guardi, c’è senz’altro una forte determinazione politica ma prima ancora la consapevolezza che molti di questi problemi bloccano l’economia e mettono in pericolo la tenuta del Paese. Giustizia, vertice di maggioranza: convergenza Pd-Ncd su responsabilità civile toghe, più tempo per riforma Csm Quindi? Quindi partiamo subito dal rapporto tra giustizia ed economia. Oggi la prima - meglio, l’assenza della prima - è una tara non più sopportabile dal Paese, un sistema costoso e non produttivo di risultati diventato insostenibile. Che dà problemi di competitività e di affidabilità internazionale e di gestione delle controversie tra privati. E sa cosa succede dentro questa inerzia? Cosa? Che si offre alla criminalità organizzata, parliamo di diritto civile, la possibilità di offrire una "giustizia" sostitutiva, una sorta di "ordine alternativo". Quindi più ancora che di una scelta politica, parlerei di una necessità irrinunciabile. Per anni sono state seguite priorità distorte, oggi diciamo che il civile, appunto, è il luogo dove è avvenuto il collasso, nel sostanziale disinteresse della politica e dei media. E noi ripartiamo da qui. Quindi nel Consiglio dei ministri del 29 agosto vedremo i primi provvedimenti? Certo, noi saremo pronti su tutto. Giustizia ed economia, il primo step: soluzione dell’arretrato e specializzazione dei tribunali per arrivare, gradualmente, alla riforma del processo. Poi, la questione "ordinamentale" (Csm, responsabilità dei magistrati, giudici onorari, personale amministrativo). Infine la parte relativa al processo penale. Magistrati, appunto. Non teme di veder percepita, e osteggiata, la vostra riforma come il redde rationem dell’ultimo ventennio? No, vede, è il metodo che diventa anche "sostanza". Qui come negli altri 11 punti stiamo prestando tutta l’attenzione istituzionale dovuta. Non solo coinvolgendo il Csm - che peraltro da tempo sollecita una revisione della propria legge elettorale - ma anche facendo da argine a pretese eccessive della politica. Sulla responsabilità civile dei giudici, per esempio, abbiamo respinto l’azione diretta che dava adito, quella sì, a un sospetto di aggressione al giudice e a un’intimidazione. Il punto è la prospettiva di quello che si fa: la nostra, oggi, è tutelare i diritti del cittadino che ha subito un danno. E se è successo, lo Stato paga e poi si rivale sul magistrato in torto secondo precise regole. Reintrodurrete il falso in bilancio, dopo 12 anni di depenalizzazione "de facto". È una questione di affidabilità del sistema, che deve essere percepita anche da lontano, in modo chiaro. È uno strumento essenziale per contrastare la corruzione e garantire la concorrenza. Abbasserete le soglie di punibilità. Però dobbiamo evitare di cadere in un’eccessiva re-giurisdizionalizzazione che finirebbe per punire le piccole imprese per fatti di relativa o nessuna gravità. Però poi date segnali esterni contrastanti. La "svuota carceri" ha liberato 14 mila detenuti in sovraffollamento al prezzo di depotenziare quasi del tutto la custodia cautelare, chiedendo peraltro ai giudici di emettere un giudizio profetico (sulla condanna finale superiore in concreto a 3 anni) prima di far scattare le manette. Perché contrastanti? La custodia cautelare ha una funzione endoprocessuale, non può essere usata come un deterrente generale" e non è un’anticipazione della pena, la cui determinazione spetta al giudice del processo e solo a lui. E poi con il nostro decreto abbiamo modificato l’automatismo di cui lei parla, consentendo comunque al giudice dell’indagine di valutare sempre la pericolosità sociale dell’indagato, e se del caso restringerlo in attesa di processo. E i 14 mila condannati tornati liberi non sono un problema? Erano stati condannati in parte per reati "di strada", altri erano invece in attesa di giudizio per gli stesi reati: figli di leggi estremamente punitive e progressivamente smontate dalla Consulta e dalla Cassazione. Nessuna pena è stata cancellata, ci sono stati sconti mirati e selettivi senza ricorrere a provvedimenti eccezionali. Tema intercettazioni. C’è un versante investigativo e un altro (la pubblicazione degli atti sui mass-media) sul quale due suoi illustri predecessori (Mastella e Alfano) hanno dato forfait. Non c’è il rischio concreto che si traduca in un vincolo per le indagini e in un bavaglio per l’informazione? Come mezzo di ricerca della prova non cambieremo nulla, anzi, ne amplieremo l’utilizzo ai fatti di corruzione. Sulla pubblicazione invece? Sappiamo benissimo del delicato equilibrio tra diritto all’informazione e tutela della privacy e stiamo cercando una soluzione condivisa. Con chi? Con gli editori, i direttori di giornali, i giornalisti. Io credo davvero che si possano fare passi avanti, tutti insieme, agendo in modo convinto sulla deontologia. Anche qui vogliamo applicare il metodo della condivisione degli obiettivi e soprattutto del modo per arrivarci. Il premier Renzi nella conferenza stampa di fine giugno, che ha dato avvio alla consultazione pubblica online per la riforma della giustizia, ha annunciato anche l’esordio del nuovo reato di auto-riciclaggio. Esatto. Ma il problema è che quella norma, dopo almeno dieci anni di gestazione, è già presente nel Ddl sul rientro dei capitali al vaglio della Camera. Non le pare strano? È importante che il reato sia stato formulato, anche se è lì per una necessità contingente (combattere l’evasione fiscale internazionale, ndr). La commissione Finanze della Camera ha messo un paletto fondamentale, ora non è un problema "dove" l’auto-riciclaggio finirà, ma "come" finirà. Perché comunque su quella ipotesi bisognerà lavorare, in una prospettiva di un nuovo reato svincolato da necessità contingenti e destinato a stare in pianta stabile nell’ordinamento. Nel Cdm del 29 faremo una proposta in questo senso. Appellabilità delle sentenze. I penalisti temono un taglio netto, con buona pace dei diritti... Faremo un passaggio anche con le Camere penali per trovare un equilibrio corretto. Ma l’impianto da cui partiamo è quella della commissione Canzio sia di concerto con il ministro Cancellieri e con la presenza degli avvocati. Ci confronteremo sull’articolato; di certo le garanzie processuali dovranno andare di pari passo con i tempi "certi" della sentenza. Torniamo un momento al processo civile. Lei è davvero convinto di farcela a eliminare l’arretrato di 5,3 milioni di cause? Il tema è un altro: dobbiamo farlo, de-giurisdizionalizzando le procedure, responsabilizzando gli avvocati e specializzando l’offerta con i tribunali "per materia". Oggi abbiamo un contenzioso pari a 3,5 volte la Germania, non è più ragionevolmente sostenibile. Però sui tribunali specializzati l’esperienza dell’ultimo decennio non può certo dirsi felice: più contenziosi e confusione applicativa che risultati. Eppure non solo riproponete il tribunale per l’impresa, ma anche quello della famiglia. No, vede, la specializzazione non solo è un trend europeo, ma è figlia della complessità attuale. Il giudice "tuttologo" poteva andar bene in una società e in un economia più semplice, oggi non più. E comunque il bilancio dei nuovi tribunali delle imprese (legge Severino, ndr) hanno dato risultati numericamente piccoli e di nicchia ma qualitativamente importanti, tanto da farci risalire nella classifica dell’efficienza della giustizia civile. Ha menzionato gli avvocati. Lei dopo anni di incomprensioni ha condotto un’operazione-recupero che non è passata inosservata. Vuol dire che troverà anche il tempo di completare la riforma professionale del 2012 e per risolvere anche il tema della società "speciale" tra avvocati? Lo stiamo già facendo, solo che è "oscurato" al dibattito pubblico dalle altre iniziative che il governo sta portando avanti. Il sistema giustizia non può non contare sull’apporto convinto e condiviso di un’avvocatura moderna. La carriera Andrea Orlando è nato a La Spezia l’8 febbraio 1969. Dal 22 febbraio 2014 è ministro della Giustizia nel Governo Renzi. Dal 2006 è membro della Camera dei deputati dove è stato componente della commissione Bilancio della Camera e della commissione parlamentare Antimafia. Dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014 è stato ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare nel Governo Letta. Comincia l’attività politica giovanissimo e a 20 anni diventa segretario provinciale della Fgci (Federazione giovanile comunista italiana) e l’anno successivo viene eletto nel consiglio comunale della Spezia con il Pci. Poi segue l’evoluzione del partito e nel 2006, come responsabile dell’organizzazione entra a far parte della segreteria nazionale del Pds che poi confluirà nel Pd Giustizia: il Viceministro Costa; è giusto procedere alla riforma con una legge ordinaria di Dino Martirano Corriere della Sera, 21 agosto 2014 "Con il Pd e gli altri partiti che sostengono il governo, abbiamo deciso di procedere in ogni caso con legge ordinaria E questo significa che la riforma della giustizia verrà portata avanti dalla maggioranza politica". Il viceministro della Giustizia Enrico Costa (Ned) ha partecipato al vertice di via Arenula più guardando alle incursioni di Forza Italia sulla riforma del processo che al codice penale. E, dunque, non è un cruccio per il partito di Alfano se le materie più incandescenti (prescrizione, intercettazioni, Csm) siano state espunte dal pacchetto di testi che approderà nel Cdm del 29 agosto. Sulla giustizia non si ripeterà un patto tra Pd e Forza Italia? "Se altri partiti vorranno dare un contributo sarà l’intera maggioranza, poi, a valutarlo". Per ora, oltre al civile, l’accordo ci sarebbe solo sulla responsabilità civile dei magistrati. È così? "Sulla responsabilità civile dobbiamo mettere a fuoco alcuni contenuti. Ma siamo vicini a chiudere i testi". Il suo partito sostiene la necessità di creare due Csm, di separare le carriere tra giudici e pm e istituire un’Alta corte disciplinare. Senza modificare la Carta siamo lontani... "Siamo in una maggioranza, le posizioni di partenza verranno modificate. Con il governo Monti, tra Pd e Pdl c’era una gara al potere di veto. Oggi, tra Pd e Ncd non è così. E poi vorrei ricordare che l’Alta Corte è un’idea anche di Violante e dei "saggi" di Napolitano". Falso in bilancio: pena superiore ai 5 anni per consentire le intercettazioni? "Non conosco ancora i particolari ma apprezzo l’impianto della norma". Sulle intercettazioni torniamo al ddl Mastella che vietava la pubblicazione di tutti gli atti fino al termine delle indagini preliminari? "È una base di partenza, quel testo fu votato all’unanimità dalla Camera". Quel ddl non è troppo spinto, quasi un "bavaglio alla stampa"? "Con i governi di centrodestra (sorride, ndr), sono state avanzate proposte più spinte. Certo, poi ci sono temi delicati come quello delle intercettazioni "a strascico" che oggi non sono all’ordine del giorno". Come si trova in via Arenula a fare il vice di Orlando dopo aver combattuto per tanti anni su barricate contrapposte? "Del ministro Orlando ho apprezzato molto il garbo, l’umiltà e la capacità di ascolto. Non si è fatto dominare dall’istinto e dalla fretta. E ora sta per portare a casa il risultato". Giustizia: come nuovo capo dell’Amministrazione Penitenziaria servirebbe un Brubaker di Patrizio Gonnella (Presidente dell’Associazione Antigone) Il Manifesto, 21 agosto 2014 Pare che 29 agosto il Governo nominerà il nuovo capo dell’amministrazione penitenziaria. Ci piacerebbe che abbia il coraggio di non essere solo un funzionario pubblico come Robert Redford nel famoso film. Pare che 29 agosto il Governo nominerà il nuovo capo dell’amministrazione penitenziaria nota ai più come Dap. Non è una nomina di secondo piano. Nelle sue mani vi è il destino di circa 500 mila persone, tra detenuti, poliziotti, operatori vari e i loro familiari. Dalla sua capacità, dalla sua autorevolezza morale e dalle sue idee dipenderà il modello di pena riservato ai 54 mila detenuti ristretti nelle nostre prigioni e alle decine di migliaia di persone attualmente in esecuzione penale esterna. Il capo Dap è trattato, finanche ai fini previdenziali, alla pari del capo della Polizia. Si usa la parola capo non a caso. Non è un dirigente come tutti gli altri. È uno dei vertici del sistema pubblico italiano. Si capisce come il ruolo attragga molti. Da tre mesi, ovvero da quando a fine maggio l’Italia si è presentata davanti al comitato del Consiglio d’Europa che controlla l’esecuzione delle sentenze dalla Corte Europea dei diritti Umani per rendere conto di quanto fatto dopo essere stata condannata per la situazione delle proprie carceri, il seggio è vacante. L’attenzione pubblica intorno al tema penitenziario, un tema di difficile digestione da parte dei media e delle forze politiche, è stata crescente tra il 2011 e il 2014. I messaggi di Giorgio Napolitano e gli scioperi della fame e della sete di Marco Pannella, a cui va un saluto riconoscente, sono stati importanti. Da qualche mese l’attenzione è scemata. Di carcere si parla poco, molto poco. Qualche giorno fa una deputata del Partito democratico ha denunciato nefandezze, umiliazioni e prevaricazioni da lei viste nel carcere di Rossano in Calabria. Quel racconto di persone costrette a vivere in isolamento tra i loro escrementi avrebbe meritato ben diversa esposizione mediatica. Dalla periferia penitenziaria italica arrivano segnali non proprio rassicuranti. Pratiche poco rispettose dei diritti umani trovano terreno fertile là dove non c’è una direzione forte e ostinata in senso contrario, ovvero nel senso della costruzione di una pena pienamente rispettosa della dignità umana. L’Italia sarà ancora un anno sotto la supervisione degli organismi giurisdizionali europei. Un anno nel quale, in fretta, bisognerà definitivamente cestinare antiche e consolidate prassi custodiali fortemente lesive dei diritti fondamentali della persona detenuta. Nei mesi precedenti alla decisione del Consiglio d’Europa lo si è iniziato a fare (si pensi alla decisione di superare la pratica medievale di lasciare i detenuti chiusi nelle celle fino a 20-22 ore al giorno) e si è anche avviato un percorso di trasparenza nei dati. Un ruolo decisivo lo ha avuto il nostro Mauro Palma nella sua doppia funzione di presidente del Consiglio europeo per la cooperazione nell’esecuzione penale e di consigliere del Ministro della Giustizia. È indubbio che senza il suo contributo l’Italia avrebbe subito ben altra sorte a Strasburgo. Sarebbero probabilmente piovute condanne per il passato e si sarebbe consolidata sfiducia per il futuro. Come detto, tra qualche giorno dopo mesi di vacatio saranno nominati i vertici del Dap. Il primo messaggio che vorremmo arrivasse dal nuovo futuro capo dell’amministrazione penitenziaria deve essere quello diretto a bandire del tutto la violenza fisica e psichica dalla vita reclusa. Va ridisegnato in altri termini il rapporto tra custodi e custoditi, oggi non sempre all’insegna della legalità. Chi ha costruito o avallato il modello Rossano deve subirne le conseguenze. Chi viceversa ha creduto in un modello legale e umanocentrico deve essere pubblicamente sostenuto. Robert Redford in Brubaker, film di Stuart Rosenberg del lontano 1980, racconta una storia realmente accaduta negli anni sessanta del secolo scorso in Arkansas. Il criminologo Thomas Murton per riformare il sistema carcerario dello Stato si finse detenuto. Così scoprì una quotidianità fatta di violenze, vessazioni, soprusi e spie. Pochi mesi fa il nuovo capo delle carceri del Colorado, Rick Raemisch, si è fatto rinchiudere per quasi un giorno intero in una cella di isolamento per poi raccontare al mondo la crudele disumanità del trattamento subito. Ci piacerebbe che il prossimo capo Dap abbia il coraggio di non essere solo un funzionario pubblico. Vorremmo che sappia di cosa si parla quando si usano termini come sbobba, superiore, domandina, camosci e girachiavi in modo da non iniziare da zero una scalata di conoscenze. Vorremmo un capo Dap che parli la lingua della legalità, della dignità e della nonviolenza. Il trattamento dei detenuti di mafia o sottoposti al regime di cui all’articolo 41-bis - circa 700 rispetto ai 54 mila totali - non è una scusa per nominare un giudice, e ancor più un pm, ai vertici dell’amministrazione. Siamo arrivati alle condanne europee a causa di un sistema che ha fallito nei suoi obiettivi costituzionali. Una responsabilità che è anche esito di un modello gestionale nel quale le correnti della magistratura hanno trattato la questione penitenziaria come un posto di potere piuttosto che un problema da risolvere. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha finora usato un linguaggio fortunatamente distante da quello intollerante e violento di alcuni suoi predecessori. Ha usato parole chiare per spiegare quale debba essere il senso della pena in una società democratica. Ci auguriamo che si sia preso questi mesi di tempo, lasciando il sistema penitenziario privo di testa, per fronteggiare le pressioni di chi pretendeva ruoli di vertice al Dap in continuità con il passato. Se così non fosse sarebbe l’ennesima occasione persa. Giustizia: in vigore legge su risarcimenti ai detenuti che hanno subito trattamento inumani Adnkronos, 21 agosto 2014 È in vigore da oggi la legge di conversione del decreto del che prevede misure compensative per i detenuti che hanno subito un trattamento inumano, in violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La legge è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale di ieri. Risarcimenti, in denaro o attraverso sconti di pena, stretta sulle misure cautelari, novità sulla detenzione minorile e più agenti di polizia penitenziaria i punti principali della legge, che ha avuto il 2 agosto via libera definitivo con il voto di fiducia del Senato al decreto licenziato il 24 luglio dalla Camera. Il decreto era stato messo a punto dalla presidenza del Consiglio dei ministri e dal ministro della Giustizia Andrea Orlando e approvato dal Cdm il 20 giugno. La legge contiene le misure previste dopo la "promozione" dell’Italia da parte del Consiglio d’Europa, per gli interventi sull’emergenza carceraria. Alla scadenza prevista dalla sentenza Torreggiani, che ha condannato l’Italia per la situazione delle carceri, Strasburgo ha infatti valutato positivamente le azioni avviate dal governo, rimandando un ulteriore "esame" a giugno del prossimo anno. Cosa prevede la legge Otto euro al giorno di indennizzo o sconti di pena per i detenuti che hanno vissuto o tuttora vivono in carcere in condizioni inumane. Ecco, in sintesi, le principali novità della legge sui rimedi compensativi in vigore da oggi. Risarcimenti Sconti di pena o soldi ai detenuti reclusi in "condizioni inumane". Per compensare la violazione della Convenzione sui diritti dell’uomo, se la pena è ancora da espiare è previsto un abbuono di un giorno per ogni dieci durante i quali è avvenuta la violazione del diritto a uno spazio e a condizioni adeguate. Per chi non si trova più in carcere è previsto un risarcimento pari a 8 euro per ciascuna giornata di detenzione trascorsa in condizioni non conformi alle indicazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo. La richiesta, in questo caso, va fatta entro 6 mesi dalla fine della detenzione. Da qui al 2016 per i risarcimenti saranno disponibili 20,3 milioni di euro. Stretta sul carcere preventivo Divieto di custodia cautelare in carcere in caso di pena non superiore ai 3 anni. In altri termini, se il giudice ritiene che all’esito del giudizio la pena irrogata non sarà superiore ai 3 anni, per esigenze cautelari potrà applicare solo gli arresti domiciliari. La norma non vale però per i delitti ad elevata pericolosità sociale (tra cui mafia e terrorismo, rapina ed estorsione, furto in abitazione, stalking e maltrattamenti in famiglia) e in mancanza di un luogo idoneo per i domiciliari. Viene ribadito invece il divieto assoluto (norma già esistente) del carcere preventivo e dei domiciliari nei processi destinati a chiudersi con la sospensione condizionale della pena. Chi trasgredisce ai domiciliari, peraltro, va in carcere. Benefici minori a under 25 Le norme di favore previste dal diritto minorile sui provvedimenti restrittivi si estendono a chi non ha ancora 25 anni (anziché 21 come oggi). In sostanza, se un ragazzo deve espiare la pena dopo aver compiuto i 18 anni ma per un reato commesso da minorenne, l’esecuzione di pene detentive e alternative o misure cautelari sarà disciplinata dal procedimento minorile e affidata al personale dei servizi minorili fino ai 25 anni. Sempre che il giudice, pur tenendo conto delle finalità rieducative, non lo ritenga socialmente pericoloso. Ai domiciliari senza scorta A meno che non prevalgano esigenze processuali o di sicurezza, l’imputato che lascia il carcere per i domiciliari lo farà senza accompagnamento delle forze dell’ordine. Più Magistrati di Sorveglianza Qualora l’organico sia scoperto di oltre il 20% dei posti, il Csm in via eccezionale (riguarda solo i vincitori del concorso bandito nel 2011) destinerà alla magistratura di sorveglianza anche i giudici di prima nomina. È anticipata al 31 luglio la scadenza del commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria. Più agenti penitenziari Cresce di 204 unità l’organico della polizia penitenziaria, con un saldo finale che vedrà meno ispettori e più agenti. Giro di vite su comandi e distacchi del personale Dap presso altri ministeri o amministrazioni pubbliche, per due anni saranno vietati. Giustizia: "In galeeeera!"… "Il Fatto Quotidiano" come "Il Secolo" dei tempi di Almirante di Piero Sansonetti Il Garantista, 21 agosto 2014 Quando ero ragazzo mi arrabbiavo molto, scorrendo i titoli del "Tempo" (allora era "il Tempo" di Angiolillo), o del "Secolo d’Italia" che era il giornale del Msi, o del "Borghese" di Mario Tedeschi, quando se la prendevano coi giovinastri, i delinquenti di strada, i drogati: chiedevano galera, condanne, fermezza, un po’ di repressione. La destra italiana in quegli anni - a cavallo tra i sessanta e i settanta - era molto impaurita sia dai giovani, per le loro strane idee politiche. Sia dall’invasione della marijuana e di altre droghe, perché non le capivano, temevano che potessero provocare disordine, ribellione. Naturalmente la destra era proibizionista, si metteva a strillare se vedeva in giro, per esempio, Marco Pannella, che era un trentenne dalle idee ribelli e voleva mettere tutto sottosopra, e distribuire libertà e licenze francamente immorali e intollerabili. "Arrestateli, arrestateli", gridavano i benpensanti della destra, "Arrestateli, sono drogati". Noi, sì, ci arrabbiavamo, però ci veniva anche parecchio da ridere. Un po’ andavamo fieri di fare imbufalire questi borghesi, di impaurirli, magari con una spinello, o anche un po’ di più, con un acido, con l’Lsd. La sinistra non è che fosse entusiasta di queste strane idee della nuova generazione, e nemmeno che amasse uno come Pannella, o più tardi gli hippy e poi gli indiani metropolitani. No, non li amava, però non se la sentiva di accodarsi alle grida reazionarie e un po’ fasciste, e allora finiva, a forza, per difenderli. Beh, l’epoca dell’ipocrisia è finita. Ora c’è "Il Fatto", che sarà pure un giornale con qualche sfumatura fascista, però è considerato unanimemente la bandiera della sinistra. Ormai l’unica bandiera, visto che i grandi giornali di sinistra o hanno chiuso -come l’Unità, Liberazione, Paese Sera - o sono diventati un po’ marginali, come "il manifesto". Se sei di sinistra, compri il "Fatto". E che ci trovi? Beh, prendete ad esempio il numero di ieri. Non capisci bene se lo ha confezionato Marco Travaglio o il vecchio senatore Angiolillo, o qualche giornalista nostalgico del primo Almirante, quello delle spedizioni punitive all’Università. Sentite un po’: titolo d’apertura, quasi a tutta pagina: "Spacciatori in libertà". Passiamo alle pagine due e tre, interamente dedicate all’argomento. Carrellata di titoli: "È il paese dei pusher liberi. Il governo congela le pene". "Venditore di droga? Orlando ha fatto la grazia". "Dopo 48 ore tornano tutti liberi". Infine un quarto titolo, apparentemente meno scalmanato (ma sempre in linea): "Piano carceri, sogni e promesse infrante". Quali sono i sogni infranti? Si legge nel sommario: Fassino aveva promesso che avrebbe trasformato in galere le navi, Cancellieri aveva promesso le caserme". Insomma, abbiamo passato gli anni a sognare tante nuove celle, sbarre, buglioli, e invece niente: solo leggi "carcericide" (vocabolo inventato per contrapporsi al famoso vocabolo "liberticida" coniato dal solito Pannella). Le due pagine grondano indignazione. Le firme agli articoli sono firme di lusso del "Fatto": Barbacetto, Tinti (il magistrato, che però, bisogna ammetterlo, è forcaiolo come pochi ma almeno è spiritoso...). La denuncia è semplice: è stata votata una legge che non prevede l’arrest preventivo per il piccolo spaccio (cioè, in genere, per i ragazzetti beccati con qualche dose di erba) e questo impedisce alla polizia di effettuare robuste retate. Barbacetto, con toni sinceramente disperati, fa anche un po’ di numeri: l’anno scorso, a giugno - solo giugno! - più di duemila arresti. Fantastico! E quest’anno? Nemmeno mille, vi rendete conto che miseria?! Ecco, il linguaggio è quasi identico a quello della destra reazionaria degli anni cinquanta. Ma la disperazione, il dolore per tutta questa gente senza manette, francamente è superiore. Ora, visto che stiamo affrontando il problema del piccolo spaccio, noi avremmo una idea. Non so se solo enunciarla possa comportare un avviso di garanzia. Comunque ve la dico: legalizziamo le droghe leggere, perché questo eviterebbe lo spaccio clandestino. E magari anche qualche giornalista del "Fatto" potrebbe, senza violare la legge, comprarsi uno spinello. PS. Il dubbio però è che al "Fatto" qualcuno lo spinello lo abbia già fumato, magari senza essere abituato, e gli abbia fatto un po’ male. Sempre a pagina 2, ieri, c’era questo titolo: "Silvio combatte il fisco inicuo". Già, con la "e", non col la "q" come quore, squola, qubo.... Giustizia: farsi visitare in carcere? gratis per i detenuti, a pagamento per gli agenti di Simone Boiocchi La Padania, 21 agosto 2014 Due pesi e due misure. E, come al solito, a vantaggio dei più furbi. Capita ad esempio che, mentre i detenuti delle carceri nostrane vengono sottoposti ad accertamenti e a visite mediche pagate dal contribuente, lo stesso non accade per gli uomini della polizia penitenziaria che le visite le fanno comunque, ma a spese loro. Come se non bastasse, denunciano gli agenti, anche le dotazioni di sicurezza lasciano a desiderare: mascherine, guanti e quant’altro: "Quando ci sono, non bastano per tutti e comunque non sono le più adatte per i compiti che ci vengono assegnati". Eppure basterebbe guardare ai dati per capire che il problema è serio, anzi, più serio di quanto molti pensano. Se tra i detenuti è allarme malattie infettive, si capisce che il rischio contagio non esclude gli agenti della polizia penitenziaria e i dipendenti dell’amministrazione carceraria. Se poi si impiega qualche minuto per analizzare i dati, si scopre che ad essere colpiti sono circa due detenuti su tre. Un dato frutto della somma delle percentuali di alcune patologie infettive che si registrano nelle carceri del Paese: la positività al test dell’epatite Cè, infatti, del 28%, per l’epatite B del 7%, e del 3,5% per l’Hiv. Inoltre il 20% ha una tubercolosi latente, e il 4% ha presentato risultati positivi per la sifilide. Aggiungendo poi il rischio contagio Ebola, il cerchio si chiude. Ma è un cerchio estremamente preoccupante che lascia alquanto perplessi. Ma c’è di più. Mentre il governo Renzi vara lo svuota-carceri, la sinistra sostiene la depenalizzazione dei reati e la strana maggioranza di governo pensa di "premiare" chi ha commesso reati con misure alternative alla detenzione, gli agenti della polizia penitenziaria vengono "promossi" al grado di autisti e tassisti per le ragazze partecipanti ai Campionati mondiali di pallavolo femminile che si terranno dal 23 settembre al 5 ottobre 2014. Mentre, infatti, nelle carceri mancano uomini e mezzi, ecco che l’esecutivo ha una brillante idea. Quella di diminuire ancor di più la loro presenza, per creare un servizio di trasporto per il Mondiale di volley al quale saranno destinati agenti e 11 autobus del Corpo di Polizia penitenziaria. "Trovo che sia una cosa vergognosa usare uomini e mezzi dello Stato per il servizio taxi delle atlete e dei relativi accompagnatori, tanto più se si considerano le gravi condizioni del parco automezzi nazionale della Polizia Penitenziaria. Ma le sa queste cose il ministro della Giustizia Andrea Orlando o le fanno a sua insaputa?", denuncia Donato Capece, segretario generale del primo Sindacato del Corpo, il Sappe. "Questo non è affatto un servizio finalizzato a valorizzare l’immagine dei Baschi Azzurri e il nostro duro e difficile lavoro, ma puramente un servizio di trasporto: assurdo, se si considera che l’uso dei mezzi andrà inevitabilmente a incidere sulla funzionalità dei medesimi. Non solo. Sono anni che denunciamo la fatiscenza di buona parte dei mezzi con i quali quotidianamente viaggiano le donne e gli uomini del Corpo impegnati nei servizi di traduzione e piantonamento dei detenuti e gli stessi ristretti. Sono centinaia gli automezzi fermi nelle autorimesse in attesa di riparazioni che non possono essere eseguite perché mancano i soldi, tanto che è lo stesso Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) a comunicarlo ufficialmente nelle note di risposta alle lettere delle Direzioni delle carceri che chiedono fondi per le riparazioni. Dipartimento che però è solerte a impiegare mezzi della Polizia Penitenziaria per servizi non istituzionali come quello connesso ai Campionati mondiali di pallavolo femminile". Così mentre gli agenti e (c’è da scommetterci) i mezzi migliori faranno tappa al Campionato del mondo di volley, è credibile che qualcuno lamenti la scarsità dei mezzi gridando allo scandalo perché i detenuti sono costretti a spostarsi su autobus fatiscenti. Una vergogna che mette in luce l’unico vero interesse della sinistra: la tutela dei delinquenti alla faccia dei cittadini onesti e di chi ogni giorno cerca di fare al meglio il proprio dovere. Giustizia: Sindacati Comparto Sicurezza; no a proroga blocco stipendi per altri due anni Il Sole 24 Ore, 21 agosto 2014 "Ai ministri Alfano, Pinotti, Orlando e Martina chiediamo di battere un colpo per i loro Poliziotti, Penitenziari, Forestali e Vigili del Fuoco. L’ipotesi, rilanciata da alcuni organi di stampa, relativa alle intenzioni del Governo di voler prorogare per altri due anni il blocco delle retribuzioni è inaccettabile, pericolosa e ridicola. Soprattutto, cozza in maniera fragorosa con le roboanti dichiarazioni che i titolari del Viminale e della Difesa hanno rilasciato nelle settimane scorse, promettendo e quasi garantendo il superamento del tetto stipendiale che, in misura maggiore rispetto al pubblico impiego, penalizza le donne e gli uomini in divisa. Così, in una nota, le segreterie dei sindacati autonomi Sap, Sappe, Sapaf e Conapo, rappresentativi di circa 43mila iscritti tra operatori di Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria, Corpo Forestale dello Stato e Vigili del Fuoco. Friuli: carceri sovraffollate, indispensabile nuovo penitenziario di San Vito al Tagliamento www.ilfriuli.it, 21 agosto 2014 È emergenza carceri anche in Friuli Venezia Giulia dove, conti alla mano, gli istituti penitenziari devono fare i conti con il sovraffollamento. La casa circondariale di Udine, al 31 luglio 2014, contava 157 detenuti, contro i 111 posti regolamentari previsti. A Tolmezzo, carcere di alta sicurezza, la capienza è di 149 detenuti, ma attualmente vi trovano posto 170 carcerati. A Gorizia i posti regolamentari sarebbero 55, ma 41 di questi non sono attualmente disponibili e il numero di detenuti presenti nel carcere è di 16 unità. Il carcere di Pordenone ha una capienza di 41 posti regolamentari e una presenza attuale di 69 detenuti, mentre Trieste ospita 193 detenuti, contro i 139 posti regolamentari. Questo il quadro emerso dai dati - aggiornati al 31 luglio 2014 - forniti dal dicastero della Giustizia. "I dati relativi al sovraffollamento delle sedi carcerarie sono particolarmente drammatici in Friuli Venezia Giulia, e anche per questo auspichiamo che l’iter per la realizzazione del nuovo penitenziario di San Vito al Tagliamento non subisca rallentamenti - hanno affermato congiuntamente la presidente e il vicepresidente della Regione Debora Serracchiani e Sergio Bolzonello". La presidente Serracchiani ha informato di essersi "già rivolta al ministro della Giustizia Andrea Orlando per sollecitare il Governo nazionale a proseguire sulla strada dell’avvio della nuova struttura, che andrebbe anche a sostituire l’attuale vecchio carcere ospitato nel castello di Pordenone". "Abbiamo fatto nostro l’appello del sindaco di San Vito al Tagliamento Antonio Di Bisceglie, il quale ha chiesto un incontro urgente al ministro Orlando proprio per ottenere garanzie sulle misure necessarie per assicurare la continuità delle attività già svolte dal commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie". Il "decreto detenuti" approvato il 24 luglio scorso ha infatti anticipato al 31 luglio (rispetto a fine 2014) la scadenza del commissario, stabilendo che il proseguimento della sua attività dovrà essere definito con un decreto del ministro della Giustizia, di concerto con quello delle Infrastrutture. Il Friuli Venezia Giulia, ha rilevato la presidente Serracchiani, anche secondo recenti dati resi noti dallo stesso dicastero della Giustizia, presenta nel suo complesso un grave tasso di sovraffollamento nelle sue case circondariali, "tra i più alti del nostro Paese", riguardanti in particolare i penitenziari di Pordenone ed Udine, che potrebbe essere alleviato dalla costruzione del nuovo carcere di San Vito, e dalla contestuale chiusura di quello di Pordenone, "un patrimonio immobiliare che vorremmo fosse restituito alla fruizione pubblica con il passaggio dallo Stato al Comune di Pordenone". "Andremmo così a liberare una struttura utile per il capoluogo della Destra Tagliamento e verrebbe finalmente creato un carcere che risponda veramente a quell’esigenza di rispetto del diritto anche delle persone in detenzione, nonché degli operatori della Polizia penitenziaria", ha sottolineato a sua volta il vicepresidente della Regione Sergio Bolzonello. I dati (aggiornati al 31 luglio 2014) forniti dal dicastero della Giustizia indicano per il carcere di Pordenone una capienza di 41 posti regolamentari ed una presenza attuale di 69 detenuti, mentre nella struttura di Udine risultano reclusi 157 detenuti, a fronte di 111 posti regolamentari, di cui comunque 18 non disponibili. Asti: tre detenuti del carcere di Quarto lavorano gratuitamente per il Comune www.atnews.it, 21 agosto 2014 Hanno preso servizio i primi tre detenuti del carcere di Quarto, che lavorano in regime di volontariato per la Città di Asti e altri tre saranno inseriti a partire da settembre. L’idea nasce da un protocollo sottoscritto dal sindaco Brignolo e dall’assessore ai servizi sociali Vercelli, per la Città di Asti, con la direttrice della Casa Circondariale, Elena Lombardi Vallauri lo scorso 20 maggio, che prevede la possibilità di inserire in lavoro volontario (non retribuito) i detenuti che avrebbero titolo per svolgere attività lavorativa all’esterno del carcere ma non hanno trovato un posto di lavoro vero e proprio. Com’è noto, infatti, i detenuti che si avvicinano alla fine della pena e che hanno tenuto una buona condotta, possono essere autorizzati a lasciare il carcere per un certo numero di ore per andare a lavorare. La crisi del momento, però, fa si che pochi detenuti trovino un posto di lavoro e quindi possano fruire del beneficio. Con l’accordo siglato tra il Carcere e la Città di Asti, il lavoro volontario presso le strutture comunali a beneficio della cittadinanza viene equiparato al lavoro retribuito. "Il vantaggio per i detenuti è evidente, perché possono svolgere, seppure senza retribuzione, attività lavorative che sono comunque formative, agevolano le relazioni con altre persone e quindi facilitano il futuro reinserimento sociale e professionale" commentano il Sindaco Brignolo e l’Assessore Vercelli. "La Città anche ne ha un doppio beneficio, perché può contare sul lavoro gratuito di queste persone, per erogare servizi a tutti i cittadini e nel lungo periodo un miglior inserimento sociale dei detenuti può prevenire il loro ritorno al crimine" aggiungono Brignolo e Vercelli. Due dei tre detenuti attualmente in servizio sono al lavoro come operai (presso il Servizio Aree verdi e presso il Servizio Provveditorato) e uno come impiegato presso gli uffici dell’Urbanistica. I prossimi tre inserimenti, relativi a detenuti che sono già stati sottoposti ai colloqui e alle verifiche del caso e sono già stati selezionati, sono previsti per il mese di settembre. Non appena verrà concessa l’autorizzazione da parte del Tribunale di Sorveglianza si aggregheranno agli operai delle Aree Verdi della Città. Il Costo per la Città è minimo (polizza di assicurazione e buono pasto). Questa è solo una delle forme di collaborazione tra il Carcere e la Città: ad esempio l’azienda agricola gestita dai detenuti del carcere di Quarto fornisce frutta e verdura alla mensa sociale. "Queste forme di collaborazione sono importanti dal punto di vista formativo, ma anche morale, perché le persone che hanno sbagliato oggi hanno la possibilità di ristorare una parte del danno arrecato alla comunità, lavorando direttamente per la Città o producendo alimenti per i bisognosi" concludono Brignolo e Vercelli. Biella: "Cascina Aurora" è in vendita, naufragato il progetto per reinserire i detenuti di Elena Lovero www.newsbiella.it, 21 agosto 2014 Era stata ristrutturata perché doveva diventare un luogo per reinserire i detenuti nella vita lavorativa dopo aver scontato la loro pena. Stiamo parlando della cascina "Aurora" e delle serre che si trovano a Castellengo, che sono ben visibili dalla provinciale che da Cossato porta a Mottalciata. Alla fine degli anni 2000 i locali della cascina erano disabitati da tempo e la Cooperativa Sociale "La Betulla", ora sciolta, ha acquistato il cascinale ai piedi della riserva naturale della Baraggia e iniziato la ristrutturazione al fine di realizzare un centro di accoglienza per detenuti ed ex detenuti. Il "progetto Aurora" avrebbe dovuto offrire un’abitazione, un lavoro ed un supporto socio-educativo, per il graduale reinserimento nella vita di tutti i giorni, per coloro che erano stati in carcere. Tra le attività previste vi era l’apertura di un agriturismo, l’avvio dell’attività agricola grazie alle serre e dell’allevamento di animali e un progetto di pet therapy. I lavori di ristrutturazione, durati diversi anni, si sono conclusi nel 2011, ma lo scioglimento della cooperativa "La betulla", non ha permesso che il progetto si realizzasse. Ora la cascina Aurora può essere acquistata con concordato preventivo, tramite il commissario che si occupa della liquidazione dell’azienda, ma trovare un acquirente non è così semplice. "È un peccato - è il commento dell’assessore alle politiche sociali di Cossato - perché il cascinale è nuovo e si sarebbe potuto dare il via, a diverse attività, per aiutare gli ex detenuti. Purtroppo, comprare la struttura e tutto il terreno circostante, è troppo costoso e il comune non è in grado di affrontare una spesa simile, per portare avanti il "progetto Aurora". Un piano, che, per essere portato avanti, avrebbe bisogno di numerose risorse sia a livello economico, che umano. Quindi, soprattutto, in questo momento, l’unica possibilità è che qualche privato proceda nell’acquisto, per lo meno perché non vada perduto tutto il lavoro di ristrutturazione". Ivrea (To): progetto "Cambio di rotta", la Compagnia di San Paolo per tirocini in carcere La Sentinella, 21 agosto 2014 Si chiama "Cambio di rotta" ed è un progetto finanziato con 50 mila euro dalla Compagnia di San Paolo a sostegno di attività che riguardano il reinserimento dei detenuti. Il Comune di Ivrea è capofila dell’iniziativa e lavorerà con il Comune di Cuorgnè, l’Ufficio esecuzione penale esterna di Vercelli e Biella, i consorzi Inrete e Ciss 38, il Sert dell’Asl/To4, il dipartimento di Scienze sociali dell’università di Torino, la Fondazione Ruffini e l’associazione Mastropietro. "Cambio di rotta" ha l’obiettivo di promuovere il lavoro e lo studio all’interno del carcere e l’inserimento sociale e lavoratori di detenuti in uscita dal carcere. Il Comune di Ivrea coordinerà il progetto, quello di Cuorgnè parteciperà al gruppo di lavoro sui tirocini formativi e attiverà un tirocinio formativo nel proprio ente cercando anche un’azienda nel proprio territorio disponibile ad aderire all’iniziativa. Parteciperanno ai tirocini anche i consorzi socio assistenziali e mentre all’Università toccherà il compito di valutare l’insieme e l’efficacia del progetto. Padova: Fp-Cgil; troppi agenti "distaccati" senza motivo e superlavoro per chi è rimasto Il Mattino di Padova, 21 agosto 2014 Non è un buon momento per la Polizia penitenziaria del carcere Due Palazzi: organici ridotti all’osso, un’inchiesta che ha smascherato un giro di droga destinato a coinvolgere otto agenti e alcuni detenuti e un nuovo filone d’indagine su pestaggi all’interno della casa di pena (indagati due agenti e sei reclusi). "Siamo venuti a conoscenza dell’ennesimo distacco di personale di polizia penitenziaria presso il Gruppo operativo mobile nonostante nel predetto servizio vi sia un esubero di personale di agenti penitenziari. Tale distacco, nel pieno svolgimento delle ferie estive, sta minando i diritti minimi del personale di Polizia penitenziaria" denunciano il segretario regionale Daniele Giordano e il coordinatore regionale della Polizia penitenziaria Giampietro Pegoraro del sindacato Fp (Funzione pubblica)-Cgil Veneto. "Non riusciamo a capire l’utilità del distacco quando l’Amministrazione penitenziaria si sta adeguando ai dettati della Corte Europea in materia di detenzione. Come Fp-Cgil Veneto penitenziari denunciamo il metodo usato dall’Amministrazione e chiediamo sia fatta piena luce sul perché di questi distacchi in pieno agosto". Intanto per gli agenti è superlavoro nel carcere Due Palazzi, 780 detenuti e una capienza sulla carta pari alla metà. Il direttore Salvatore Pirruccio precisa solo: "Il Ministero ha ritenuto di trasferire in altri istituti del Triveneto gli agenti indagati (quelli arrestati sono ai domiciliari)". E conferma: "Il personale mancante non è stato sostituito: andiamo avanti lo stesso con qualche sacrificio in più in attesa delle sostituzioni". Benevento: rissa tra detenuti del reparto di Alta Sicurezza della Casa Circondariale www.tvsette.net, 21 agosto 2014 A sole 24 ore dal comunicato stampa, nel quale le Organizzazioni Sindacali della Polizia Penitenziaria Cgil, Sinappe Ugl e Uil, oltre a dichiarare, in maniera perentoria, l’interruzione delle relazioni sindacali con l’attuale direzione della Casa Circondariale Sannita e il conseguente stato di agitazione congiunto, sono costrette a denunciare nuovamente preoccupanti falle nella maglia della sicurezza della Casa Circondariale di Benevento. Questa volta, l’ennesimo evento critico ha riguardato lo scontro, in un crescendo di turpe violenza, tra due distinti gruppi di detenuti, uno composto da ristretti di origine calabrese, l’altro da napoletani, entrambi sottoposti al regime di Alta Sicurezza con reati di associazione a delinquere . Tali reiterati momenti di elevata tensione potrebbero essere, con ovvia probabilità, la conseguenza di una controversia relativa a contese interne al contesto penitenziario beneventano, da sempre questioni rischiose e delicate per le loro possibili e immaginabili ripercussioni sul territorio. Da un iniziale acceso diverbio, contenuto grazie all’intervento del personale di Polizia Penitenziaria, i detenuti, poco dopo, sono passati alle vie di fatto affrontandosi in una violenta colluttazione, il cui bilancio è stato di 7 feriti non gravi, immediatamente soccorsi e curati dal Personale Sanitario dell’Istituto. "Solo l’alta professionalità e la tempestività dell’intervento dei pochi Agenti presenti - dichiarano le organizzazioni sindacali Cgil , Sinappe Ugl e Uil - ha evitato epiloghi ben più seri". "Appena 24 ore orsono, avevamo segnalato sia la carente percezione ed osservanza degli standard minimi di sicurezza sia l’evidente assenza di equilibrio tra necessarie esigenze di sicurezza dell’Istituto penitenziario beneventano e il permanente e imposto aumento di attività trattamentali onerose e dal dubbio valore riabilitativo, a favore dei detenuti da parte della dirigenza, anche nel periodo concomitante con le ferie estive del personale, non tenendo conto, secondo una prassi negativa e antiprofessionale, ormai cronica e più volte criticata, della riduzione della forza lavoro di quest’ultimo". "Tali attività, dipendenti da accordi fittizi con i coordinatori di alcune unità operative per la gestione del Personale da "indirizzare opportunamente" verso lo spasmodico aumento di tali attività trattamentali, sottraggono ineliminabili risorse del personale al controllo del restante contesto, costituito e condiviso da Operatori e detenuti, da lungo tempo ormai, troppo bisognosi dell’attento ascolto e della comprensione dei reali aspetti controversi dell’Istituto, da chi potrebbe e dovrebbe in maniera più competente, regolare, adeguata e globale, concretamente e repentinamente risolverli". "In ultimo - concludono i Sindacati - alla luce dei recenti eventi e di quanto già ampiamente evidenziato in passato, a tutela della sicurezza dell’intera struttura, degli Operatori e utenti, nonché ai fini del rispetto delle imprescindibili prerogative sindacali per nulla considerate o sminuite dalla direzione, non possiamo far altro che ribadire, con più forza, l’attuale stato di agitazione e con obbiettiva fermezza, l’urgenza di un immediato ed irrevocabile avvicendamento al vertice della dirigenza". Enna: "Happy dentro", quando l’allegria danza dietro le sbarre Redattore Sociale, 21 agosto 2014 La vita quotidiana in carcere raccontata a ritmo di musica, sulle note di "Happy". Il video realizzato dai detenuti di Enna, nell’ambito di un corso di formazione. "Happy dentro", perché anche dietro le sbarre essere allegri è possibile. È questa la scommessa, o la lezione, dei detenuti della Casa circondariale "Luigi Bodenza" di Enna, protagonisti del video musicale girato da Paolo Andolina, sulle note del celebre brano musicale "Happy" di Pharrell Williams. Una popolazione intera che balla, o si muove a ritmo di musica, continuando a compiere le azioni di sempre, trasformando la vita di ogni giorno in una danza collettiva. Ci sono i detenuti, ma anche il personale che lavora all’interno del carcere: dall’assistente sociale alle guardie carcerarie. E così, tra la partitura musicale, si apre una finestra sulla quotidianità del carcere, sugli spazi e sui tempi di questa realtà nascosta, dove pulsa una vita "reclusa", ma non per questo condannata al grigiore e alla monotonia. Il video, che solo su Youtube ha superato in poche settimane le 50 mila visualizzazioni, è stato realizzato nell’ambito di un corso di formazione professionale di Anfe (Formazione professionale in Sicilia) sulla fotografia digitale, che prevedeva proprio la produzione di un piccolo filmato. Un esperimento ben riuscito, che strappa più di una risata, ma che soprattutto fa passare, proprio all’inizio, il messaggi che è la ragione e lo scopo dell’iniziativa: "È il racconto di un sogno, quello di provare ad essere spensierati anche dietro le sbarre. Per questo siamo grati a tutti quelli che si sono messi in gioco vivendo qualche momento di felicità in mezzo a tanta sofferenza. Lavorare sulla felicità, quella dell’Anima, impone un comportamento positivo che può incidere sulla devianza. Il carcere è privazione di libertà, ma se provi a sognare puoi essere felice, anche per qualche attimo". Stati Uniti: sconta 16 anni ma è innocente, verrà risarcito con 10 milioni di dollari Tm News, 21 agosto 2014 La città di New York risarcirà con 10 milioni di dollari Jabbar Collins, dichiarato innocente nel 2010 dopo aver trascorso 16 anni in carcere per omicidio. "Il caso è significativo - scrive il New York Times - perché porta alla luce le discutibili politiche applicate sotto l’ex procuratore distrettuale di Brooklyn, Charles J. Hyners". Il 42enne afroamericano era stato condannato nel 1994 per l’omicidio di un rabbino ortodosso. I suoi legali raccolsero testimonianze di quanti avevano deposto contro di lui, che raccontarono di aver ricevuto denaro o di essere stati minacciati dall’ufficio del procuratore. Scoprirono inoltre che elementi potenzialmente a suo favore erano stati ignorati. Nel 2010, un giudice ribaltò quindi il verdetto di colpevolezza e dichiarò non necessario un nuovo processo. "La città dovrà affrontare altre azioni legali simili, perché condanne sbagliate degli anni 80 e 90 continuano a essere annullate", scrive la testata, citando i processi celebrati sotto il mandato dell’allora procuratore Hyners. Collins a luglio aveva già raggiunto un accordo con lo Stato per un risarcimento da 3 milioni di dollari. Turchia: oppositore politico grida "ladro" al premier Erdogan, rischia due anni di carcere Ansa, 21 agosto 2014 Rischia una condanna a due anni di carcere l’oppositore turco Ertan Altinci, che durante un comizio per le amministrative di marzo aveva dato del "ladro" al premier islamico Recep Tayyip Erdogan, sfiorato da uno scandalo di corruzione, riferisce la stampa di Ankara. Altinci, di professione insegnante, è stato formalmente incriminato di "insulto a pubblico ufficiale". L’incidente si era verificato a Osmaniye ai primi di marzo. Altinci era stato pestato dai simpatizzanti di Erdogan prima di essere consegnato alla polizia. Nonostante le accuse e i sospetti, il premier turco ha vinto fin dal primo turno le presidenziali del 10 agosto e diventerà il nuovo capo dello stato il 28 agosto. Egitto: due attivisti iniziano sciopero della fame contro la repressione www.contropiano.org, 21 agosto 2014 Anche Ahmed Douma, un altro noto attivista egiziano in carcere e figura di spicco nella rivolta anti-Mubarak, ha iniziato uno sciopero della fame in solidarietà con Alaa Abdel Fattah, il blogger recentemente condannato a 15 anni dopo una manifestazione non autorizzata alla quale aveva partecipata. Lo riferisce l’avvocato per i diritti umani Osama al Mahdi, legale di Douma, anche lui in cella per aver violato la controversa legge del 2013 che limita moltissimo il diritto a manifestare. Douma ha incaricato il legale di lanciare un hashtag su Twitter, "siamo stufi", invitando tutti gli altri detenuti politici a iniziare lo sciopero della fame. Quanto ad Alaa, la sua decisione di iniziare da lunedì scorso lo sciopero completo della fame è seguita ad una sua visita al padre - Ahmed Seif El-Islam, avvocato per i diritti umani - ricoverato in ospedale dopo un’operazione al cuore: secondo quanto riferito in una lettera dai suoi familiari, che non avevano avuto modo di avvertirlo in tempo, Alaa non sapeva ancora che il genitore non era più cosciente e si trovava in rianimazione. Alaa è arrivato in ospedale domenica notte, riferiscono, "con un mazzo di fiori in mano, impaziente di parlare con il padre". L’averlo trovato in quelle condizioni lo ha spinto a decidere "che avrebbe smesso con qualunque forma di collaborazione con l’ingiusta e assurda situazione in cui si era trovato, anche al costo della propria stessa vita". "Non svolgerò più il ruolo che hanno scritto per me", ha detto Alaa secondo quanto riferito dalla famiglia. Il giovane, proseguono i familiari, "è in prigione per la terza volta dall’inizio della rivoluzione dell’11 gennaio. Ogni volta le autorità - qualunque fossero - lo hanno accusato di crimini ridicoli e inventati". Accuse per le quali, accusano, lo hanno privato della possibilità "di essere accanto alla moglie alla nascita del primo figlio, lo hanno separato dalla famiglia, gli hanno impedito la carriera nell’impresa informatica da lui fondata". Poi hanno incarcerato, il 21 giugno scorso, "la sorella Sanaa perché chiedeva la liberazione sua e di tutti quelli ingiustamente detenuti", e ora - sottolineano - gli hanno impedito di essere accanto al padre prima che fosse operato a cuore aperto o quando era ancora cosciente". Ora, conclude la lettera, i familiari e gli amici di Alaa ritengono "le autorità responsabili per la sua sicurezza e salute". Il blogger è in carcere in attesa di un nuovo processo, fissato per il 10 settembre, con le accuse di rissa, distruzione di proprietà pubbliche e violenza contro le forze di sicurezza. In primo grado è stato condannato con altri 24 imputati a 15 anni di prigione. Anche la sorella è sotto processo per aver violato la legge sulle manifestazioni, e anche lei aveva avuto il permesso di visitare il padre in ospedale. Egitto: detenuto con problemi respiratori morto a causa interruzione di energia elettrica Nova, 21 agosto 2014 Ibrahim Ismail, detenuto del carcere egiziano di Nag Hammadi, nella parte settentrionale del paese, è morto soffocato a causa di una lunga interruzione di energia elettrica: lo riferiscono i media di stato citando una fonte della sicurezza. Da quanto emerge dalle indagini iniziali, Ismail soffriva di problemi respiratori e non ha sopportato le alte temperature nella sua cella provocate dal blackout. Il primo ministro egiziano, Ibrahim Mahlab, ha riconosciuto "la grande crisi del settore energetico" che da mesi affligge il paese ed ha promesso un miglioramento della situazione per domenica prossima. "Le problematiche legate all’energia che siamo chiamati ad affrontare dipendono dalla mancata attuazione dei piani di sviluppo degli anni precedenti e dalla forte carenza delle forniture di carburante", ha spiegato Mahlab. "Stiamo lavorando per risanare il settore dell’energia in Egitto", ha aggiunto il primo ministro del Cairo. "Le problematiche legate all'energia che siamo chiamati ad affrontare dipendono dalla mancata attuazione dei piani di sviluppo degli anni precedenti e dalla forte carenza delle forniture di carburante", ha spiegato Mahlab. "Stiamo lavorando per risanare il settore dell'energia in Egitto", ha aggiunto il primo ministro del Cairo.