Giustizia: la riforma tra le linee guida di Orlando e il patto del Nazareno di Nicola Tranfaglia www.articolo21.org, 10 agosto 2014 Una soluzione di centro, che - a quanto pare - piace alla destra di Berlusconi. Questa è l’impressione che si può ricavare, leggendo le norme principali del disegno Orlando sulla giustizia, il progetto del governo attuale appena presentato ai "media" sulla giustizia. Il patto del Nazareno tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, presidente del Consiglio ma anche segretario in carica del Partito democratico ed uomo noto per i tempi rapidi e per il desiderio di concludere entro i prossimi giorni la fase progettuale delle riforme messe in cantiere nel suo governo di "larghe intese" (la riforma della giustizia sarà pronta a settembre per il Consiglio dei ministri) è - come si dice in gergo - blindato e il ministro della Giustizia Orlando, presentando ieri le linee guida della riforma della giustizia che è in cantiere, ha dichiarato che "per cambiare la riforma della giustizia ci confronteremo con le opposizioni" e, prima di tutto (l’incontro è previsto per le ore 12 di mercoledì 12 agosto) e - che non suoni come monito non richiesto - nella stanza famosa che fu di Palmiro Togliatti quando era stato ministro - come allora si diceva di Grazia e Giustizia - nel 1948, ai tempi dell’amnistia sui delitti del periodo fascista di cui fu autore. Ma ci si chiede in questi giorni cosa emerge dal progetto che ha suscitato immediatamente la reazione contraria del presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati e da Pippo Civati all’opposizione senza esitazioni dalla linea adottata dal segretario-presidente, preoccupati che la riforma si riveli un manifesto contro i giudici, e da quelli che nel Partito Democratico sono sempre disposti a seguirlo. Innanzitutto il progetto prevede l’ampliamento della responsabilità dei magistrati; quindi il superamento del filtro esercitato dalle corti di Appello quando si presenta azione di rivalsa verso i giudici, ricordando che, in un quarto di secolo, quel filtro ha pressoché impedito la rivalsa dello Stato su giudici e pubblici ministeri, e nello stesso tempo l’obbligatorietà della rivalsa dopo un verdetto che abbia accertato la "negligenza inescusabile" del magistrato. Certo, come era anche nella riforma Vassallo del 1988, l’azione di rivalsa dei cittadini non può rivolgersi direttamente contro i magistrati ma è lo Stato danneggiato che si rifà con i magistrati fino a metà del proprio stipendio (ora è ancora un quarto). L’impianto della riforma prevede anche la possibilità di ricorso del cittadino che potrà fare causa anche "per violazione e manifesto errore nella rivelazione dei fatti e delle prove" mentre oggi la valutazione delle prove non dà luogo a responsabilità del magistrato. Sono previsti nello stesso tempo mutamenti nelle prescrizioni, impossibilità delle intercettazioni per chi non è indagato e una riorganizzazione del Consiglio Superiore della Magistratura che metta fuori combattimento le forti correnti che percorrono quella corporazione, forse attraverso l’obbligo di elezioni primarie che dovrebbero sfociare quindi in una lista unica comprensiva di tutti i vincitori. Ma, a quanto pare, una proposta organica e definitiva non è ancora pronta. Entro Ferragosto il ministro dovrebbe anche provvedere alla nomina del nuovo Capo del Dap o Dipartimento dell’Amministra zione Penitenziaria. La situazione delle nostre carceri, infatti, è sempre sull’orlo della crisi. Il sovraffollamento dei detenuti si è ridotto e il numero attuale è di 54.400 detenuti ma il Guardasigilli non ha ancora scelto il nuovo titolare del Dipartimento. Per aver un’idea della situazione nel continente europeo rispetto alla nostra, basti dire che in Francia non è contemplata l’azione diretta contro i magistrati ed è lo Stato in prima istanza a rispondere per i danni causati dall’azione giudiziaria e teoricamente (ma di fatto non avviene) potrebbe rivalersi verso i magistrati. In Spagna, invece, è prevista la responsabilità dei magistrati in campo civile come penale. In Germania è prevista la responsabilità della rivalsa "in caso di colpa o dolo grave" da parte della Federazione come di un Land. In Inghilterra, infine, i giudici sono immuni da responsabilità ma in certi casi possono essere rimossi. Come si vede, legislazioni diverse legate alla storia dei vari paesi. Quella italiana, e questo va ricordato, è più vicina a quella della Francia e soffrirebbe di uno strappo legato, come sembra questo, al patto del Nazareno con l’uomo di Arcore Giustizia: tutti gli show del criminologo che porta in cattedra anche Schettino di Aldo Grasso Corriere della Sera, 10 agosto 2014 Schettino che tiene una lectio agli studenti. Schettino che affonda l’Università. Lo Schettino che è in noi. Schettino, dalla scena del crimine al profiling. Chi sia Francesco Schettino lo sappiamo, ma qui, tanto per usare un linguaggio forense, il "colpevole" è un altro. Si chiama Vincenzo Maria Mastronardi, cattedratico, psichiatra e criminologo, direttore del Centro sperimentale cine-teatrale di criminologia alla Sapienza di Roma ("Testimonianze dal vivo di Autori di reati efferati" si reclamizza nella home page). È lui che ha invitato Schettino a un seminario organizzato al Circolo aeronautico di Roma (il nome del comandante appariva nel manifesto di presentazione). Le autorità accademiche sospettano che il prof. Mastronardi si sia prestato a una manovra della strategia difensiva degli avvocati di Schettino. Mastronardi, capelli tintissimi nonostante sia alle soglie della pensione, è noto alle cronache come autore di molte perizie (caso Cesaroni, Pietro Maso, Rudy Guede...), frequenta i salotti televisivi (di fatto ha scalzato il suo collega Francesco Bruno), ama molto la visibilità (viene descritto come un compulsivo raccontatore di barzellette). Il successo televisivo del "crimine irrisolto" ha introdotto nello showbiz una figura di rilievo, il Criminologo. Negli ultimi anni, il Criminologo, o presunto tale, è diventato un personaggio: lo abbiamo visto all’opera, infervorato e dottorale, nel Novi Ligure show, nel Cogne Show, nell’Erba show, nel Garlasco show e in tanti altri talk. Spesso in una situazione imbarazzante, perché coinvolto direttamente o indirettamente nel caso (e questo, nella deontologia professionale, non è corretto). Diciamo anche che per alcuni criminologi la tv è diventata un’ottima vetrina per dare lustro alla loro attività e oscurare il lavoro serio dei colleghi che non operano sotto i riflettori. Gli studi di criminologia si basano anche sulla casistica, e dunque è importante studiare tutti i casi famosi. Ma a una condizione: devono giudiziariamente essere conclusi. S’invita Schettino quando ancora 32 morti aspettano giustizia? Per riscattare una stupidaggine non basta né un seminario né un master. Giustizia: inchiesta Mose; Galan resta in carcere, è pericoloso e la famiglia è coinvolta di Roberta De Rossi Il Mattino di Padova, 10 agosto 2014 "Le modalità della condotta complessivamente tenuta dal Galan, caratterizzata dalla capacità di profittare di qualunque occasione, anche di mera convivialità, per avanzare le sue richieste e le sue pretese sfruttando le sue cariche istituzionali, induce questi giudici a ritenere che il medesimo, se posto in una condizione di occasione favorevole, darebbe corso all’ennesima richiesta illecita". Il deputato Giancarlo Galan, ex presidente della Regione Veneto e ex ministro deve per questo restare in carcere: scritto e firmato da Angelo Risi, presidente del Tribunale del Riesame che la scorsa settimana aveva respinto - con i giudici Defazio e Bello - l’istanza della difesa per la scarcerazione, Settanta pagine di motivazione, dai toni molto duri. Galan deve restare in cella prima del processo anche perché - sì sbilanciano i magistrati -a fronte di "un dolo di elevatissima intensità e dell’esistenza dì una pluralità di fatti, ben difficilmente la pena detentiva da eseguire non sarà superiore ai tre anni". Contro di lui le dichiarazioni univoche, concordanti tra loro (ma non concordate) di Giovanni Mazzacurati (l’ex presidente del Consorzio che ha detto di aver corrisposto a Galan uno "stipendio" di un milione dì curo l’anno per agevolare l’iter del Mose); Piergiorgio Baita (l’ex presidente Mantovani che ha riferito di aver pagato i restauri di villa Rodella a Cinto Euganeo, per 1,3 milioni, per agevolare l’accesso ai project financing della Regione); l’ex segretaria Claudia Minutillo (che Galan ha cercato di screditare accusandola di aver chiesto a nome suo e incassato centinaia di migliaia di euro, ma che per i giudici è immune da responsabilità a riguardo). A questo si aggiungono le intercettazioni del prestanome di fiducia Paolo Venuti, che con la moglie parla del tesoretto in Croazia di Galan per 1,8 milioni dì curo. Testimonianze che - per ì giudici - "hanno ulteriormente evidenziato in modo limpido e circostanziato la riferibilità a Galan, sia in modo diretto sia in modo indiretto, di notevolissimi mezzi finanziari, occultati dal Venuti, derivanti da liquidità di ignota, ma - sulla base di questi presupposti - assai verosimile provenienza illecita. Tale fatto esime, fra l’altro, il Tribunale dal dover confutare i risultati della consulenza patrimoniale difensiva, ormai inattendibile tenuto conto del fatto che gli elementi finanziari sopravvenuti sono, da soli, sufficienti a smentire, per fatti concludenti, qualunque altro, diverso risultato". Duro il Tribunale: "La personalità del ricorrente, così come ricostruita negli atti e da tutti gli elementi acquisiti nel corso delle indagini, si palesa come allarmante e caratterizzata da una particolare, pregnante e radicata negatività", "un soggetto dedito al sistematico e continuo mercimonio della pubblica funzione, esercitata e sfruttata allo scopo di ottenere benefici economici della più varia tipologia (...) che testimoniano il sintomatico ed assoluto asservimento dell’Ufficio di Presidenza della Regione Veneto agli interessi privatistici del Galan, finalizzato ad alimentare la sua consolidata corruzione". Un’aggravante il fatto "che il denaro utilizzato per la sua corruttela giungeva da imprenditori concessionari di un appalto pubblico (tale è il Consorzio Venezia Nuova), ed erano denari pubblici appartenenti alla collettività, stanziati per un’opera idraulica dì interesse nazionale". Danaro provento dì sovrafatturazioni, "in quella che, a tutti gli effetti, si è rivelata essere una gigantesca truffa lì dove l’esecuzione di un’opera pubblica ha costituito solo il pretesto per procedere ad una sistematica opera di saccheggio di qualunque utilità si rendesse disponibile". Giustizia: Alfonso Papa; a Secondigliano sopravvissuto grazie aiuto di detenuti e operatori Il Mattino, 10 agosto 2014 "È una vicenda che mi ha toccato nel profondo, che ho vissuto in termini tragici, posso dire che se sono sopravvissuto in questi giorni di detenzione, lo devo grazie al sostegno umano che ho ricevuto da altri detenuti, dal personale di polizia penitenziaria e da tutti gli operatori che ho incontrato". Poche ore dopo la scarcerazione disposta dal Tribunale del Riesame, Alfonso Papa commenta così il suo ritorno a casa, dopo più di due settimane trascorse in una cella del carcere di Secondigliano. In questa seconda inchiesta che la coinvolge, lei è accusato di aver favorito gli imprendi tori Grillo, a loro volta ritenuti legati al clan Bel forte di Marcianise: è un livello diverso, rispetto alle accuse della P4, quelle dei rapporti con il lobbista Luigi Bisignani. "Non entro nel merito del procedimento, mi limito a riporre massima fiducia nel lavoro dei miei avvocati (i penalisti Carlo Di Casola e Giuseppe D’Alise) e totale fiducia verso i magistrati". Lunedì mattina, lei sarà interrogato dai pm. "Ho chiesto io di essere ascoltato sui fatti che mi vengono contestati, continuo a sentirmi un uomo delle istituzioni, ho il dovere di partecipare alla ricostruzione dei fatti". Che clima ha trovato a Secondigliano? "Se sono sopravvissuto, lo devo al clima di profonda solidarietà umana tra detenuti e operatori. È una umanità dimenticata quella che ho incontrato in questi giorni, ho vissuto in pieno quel senso di attenzione per la dignità della persona che troppe volte dimentichiamo nel mondo dei liberi". Cosa prova ad essere accostato a camorristi casalesi? "Non parlo delle indagini, dico solo che queste vicende hanno avuto effetti devastanti nella mia vita privata". Livorno: Casa di Reclusione di Porto Azzurro, un inferno. Le ispezioni dopo una lettera di Ilaria Bonuccelli Il Tirreno, 10 agosto 2014 Inferno Porto Azzurro. Il carcere dell’Elba, riservato a chi deve scontare pene come l’ergastolo, è nell’occhio del ciclone per le condizioni dei detenuti. Una lettera anonima parla di presunti soprusi, mancanza di generi essenziali come il sapone e un clima che ha portato a un decesso e un tentato suicidio. Franco Corleone aveva messo in agenda il sopralluogo da una decina di giorni. Da quando sulla sua scrivania di garante regionale dei detenuti era atterrata una lettera anonima: "il carcere di Porto Azzurro è abbandonato a se stesso". Poi un elenco di (presunti) soprusi, corruttele, cattive abitudini. Si era organizzato per settembre, subito dopo le ferie. Con l’arrivo del nuovo direttore. Non aspetterà così tanto. Salirà fino all’antica fortezza spagnola dell’Elba entro fine mese. Oggi lo precederà già il sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Ferri. Un detenuto morto (per cause naturali, pare) e uno salvato dal suicidio in poche ore causano un’ accelerazione dei tempi. Per forza. Un carcere (quasi) per sempre. Porto Azzurro non è mai stato un carcere facile. Chi ci entra deve scontare pene definitive. Non è una casa circondariale, dove si passa una notte in attesa della convalida dell’arresto o qualche settimana di arresti domiciliari. Porto Azzurro è la destinazione finale, la meta. È la galera quella vera, dove le sezioni si chiamano Ergastolo 1 ed Ergastolo 2 non per caso. Le celle per molti diventano casa: c’è la bandiera della squadra di calcio, la gabbietta con il canarino, il necessario per dipingere. Forse per questo si tentano le evasioni eclatanti. Pochi mesi fa l’omicida Filippo De Cristofaro non è rientrato da un permesso premio; nell’agosto del 1987 il terrorista nero Mario Tuti guidò una fuga-rivolta fallita - seguita in diretta Rai - prendendo 36 ostaggi. Non c’è il garante dei detenuti. L’Elba preferisce ignorare questa "casa di reclusione". Il Comune di Porto Azzurro non ha mai neppure nominato un garante dei detenuti, la persona che fa visita ai prigionieri e raccoglie bisogni e lamentele di chi è rinchiuso. Allora il carcere torna a farsi sentire, a modo suo. Lunedì, l’ultima volta. Un detenuto serbo è stato trovato morto nel suo letto. Uno albanese è stato salvato dagli agenti della polizia penitenziaria mentre tentava di impiccarsi ai tubi del termosifone usando una corda rudimentale creata con le lenzuola. Troppo per non prestare attenzione. Sopralluogo da Firenze. La lettera, per quanto anonima, aveva già smosso le acque. Questi episodi le hanno rese tempestose. Così Corleone si muoverà, con il garante dei detenuti di Livorno, Marco Solimano che già è stato a Porto Azzurro insieme a due consiglieri regionali. "Oggi - ammette Corleone - è necessario monitorare il carcere, verificare se corrisponda al vero quello che è stato denunciato nella lettera inviata a noi e alla Procura. Anche se anonima, non credo che tutto sia inventato. Può darsi che qualche cosa si esasperi ma di sicuro quelle parole sono la testimonianza di un disagio". A maggior ragione un tentato suicidio. "E comunque - riprende Corleone - non c’è bisogno che venga compiuto un reato per intervenire: una situazione di disagio deve essere colta e merita una risposta". Torna il direttore del carcere. La prima - annuncia Corleone - sarà l’arrivo di un direttore in pianta stabile, in autunno "dopo alcuni anni che mancava. Se in un carcere manca un direttore - osserva Corleone - alla fine tutti comandano. Quella che non comanda mai è la giustizia. Ed è indubbio che Porto Azzurro sia in una condizione di difficoltà che deve essere superata". Carta igienica razionata. Secondo la lettera, i detenuti vivrebbero in condizioni difficili, in una struttura non adeguata, senza sapone per lavarsi, con la carta igienica razionata e perfino senza l’acqua calda a causa delle caldaie rotte. Una condizione confermata e denunciata alcuni mesi fa anche dal Sappe, il sindacato autonomo della polizia penitenziaria. Che smentisce, invece, l’esistenza di casi di maltrattamenti. Di sicuro - ricorda Solimano - quando "ho visitato il carcere di Porto Azzurro c’erano sezioni terribili, celle con bagno a vista, senza muro di contenimento che non si possono più usare. Alcune parti erano chiuse perché inagibili. Il problema, però, è che il garante dei detenuti sull’isola non esiste". Proprio per questo - torna alla carica Franco Corleone - il Comune di Porto Azzurro "lo deve chiedere: questa figura è presente in molto posti significativi e non è accettabile che all’Elba manchi. Ci sono molte persone preparate che sull’isola accetterebbero volentieri l’incarico (che non è retribuito o talvolta comporta un rimborso spese simbolico, ndr). Ora scriverò a tutti i Comuni che hanno un carcere sollecitandoli a nominarlo. Non ne può fare a meno Porto Azzurro". Oltre 320 detenuti. Qui la capienza piena è di 363 detenuti. Al momento ci sono 326 detenuti, di cui 176 stranieri. Con i vari problemi di integrazione. "Al di là dei numeri, a Porto Azzurro lo stato di abbandono c’è. Purtroppo il carcere su un’isola è sempre a rischio, anche di gestioni troppo autoreferenziali come dimostra la storia: sfruttando l’isolamento, i regimi li utilizzavamo come carceri speciali. Ora è tempo di cambiare". Nuoro: aperto un primo spiraglio per salvare il carcere di Macomer di Tito Giuseppe Tola La Nuova Sardegna, 10 agosto 2014 Sembra che per il carcere di Macomer (ma anche per quello di Iglesias, al quale l’amministrazione penitenziaria aveva riservato la stessa sorte) ci siano ancora delle speranze e che si riesca a evitarne la chiusura. Per il momento le operazioni che puntavano alla chiusura e alla dismissione delle due strutture avviate dal dipartimento delle carceri verranno rallentate. Lo ha deciso il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che potrebbe anche disporre di sospenderle e bloccarle definitivamente mantenendo in funzione entrambi gli istituti di pena. Ieri mattina, una delegazione guidata dal presidente della Regione, Francesco Pigliaru, ha incontrato il ministro insieme ai deputati Francesco Sanna e Roberto Capelli e ai senatori Luigi Manconi, Silvio Lai e Giuseppe Luigi Cucca. Al ministro Orlando sono state illustrate le reali condizione delle due carceri, "oggettivamente diverse - si legge in una nota della Regione - da quelle in base alle quali il ministero è giunto alla decisione di chiuderle. Si tratta di differenze che riguardano elementi di fatto come capienza, utilizzazione, necessità di interventi, idoneità. Tutti questi elementi esposti stamani a voce, verranno formalmente sottoposti al ministro che si è impegnato a riconsiderare la decisione di chiusura, tenendo conto delle nuove informazioni ricevute, ma anche dell’importanza di mantenere in quelle città la presenza dello Stato. Con il ministro è stato avviato anche un confronto su temi più generali relativi al sistema carcerario sardo". Soddisfatti i parlamentari sardi del Partito democratico che sottolineano la disponibilità del ministro Orlando a collaborare con la Regione per evitare la chiusura delle due carceri. "Consideriamo molto positivo l’incontro di questa mattina tra il ministro Orlando, il presidente Pigliaru e una delegazione di parlamentari sardi per discutere del piano carceri della Sardegna - è scritto in un comunicato del Pd sardo -, in particolare abbiamo espresso riserve sull’opportunità della chiusura delle carceri di Macomer e Iglesias, sia per il fatto che lo Stato abbandona territori già indeboliti sul piano sociale ed economico, sia per alcuni errori sostanziali nell’analisi delle strutture che hanno condizionato negativamente l’impostazione del decreto. Il ministro Orlando ha preso atto di queste osservazioni rappresentate dal presidente della Regione e dai parlamentari e ha proposto un tavolo di confronto con la Regione e i parlamentari del territorio per il mese di settembre su tutto il sistema carcerario sardo per valutare l’utilizzo delle strutture in maniera condivisa". Sulle stesso fronte si erano battuti nei giorni scorsi i parlamentari della provincia di Nuoro Michele Piras e Roberto Cappelli, i quali avevano presentato anche un ordine del giorno per il mantenimento delle carceri. Il documento è stato però bocciato con i voti della maggioranza dopo il parere negativo del Governo. Resta ora da vedere cosa farà l’amministrazione penitenziaria. Le procedure di chiusura del carcere vengono per ora rallentate con la prospettiva di una sospensione definitiva, ma non vengono interrotte. Poiché in questi giorni le attività di trasferimento dei detenuti sono andate avanti a ritmo serrato, si tratta di vedere se, in attesa dello stop definitivo del ministro, non si arrivi a chiudere. Nel frattempo continua la mobilitazione e lunedì mattina per protestare contro la chiusura e per chiedere una risposta definitiva e certa del Governo, i consigli comunali della zona si riuniranno di fronte alla struttura carceraria di Bonu Trau. Cagliari: Locci (Fi): Governo abbandoni la scellerata idea di chiudere il carcere di Iglesias L’Unione Sarda, 10 agosto 2014 "Il Governo torni sui suoi passi e abbandoni definitivamente la scellerata idea di chiudere il carcere di Iglesias. La soppressione dell’istituto di pena creerebbe enormi danni al territorio, sia in termini economici che sociali e rappresenterebbe l’ennesimo tentativo insano di razionalizzazione proprio in settori dove non se ne avverte la necessità". Lo scrive, in una nota, Ignazio Locci, consigliere regionale di Forza Italia. "Nell’incontro che si è svolto l’altro ieri tra il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il presidente della Regione, Francesco Pigliaru, e una delegazione di parlamentari sardi - aggiunge Locci - sarebbe emersa la volontà del Governo di rallentare le operazioni di chiusura delle carceri di Iglesias e Macomer, che potrebbero persino essere stoppate definitivamente. Ma prima di cantare vittoria sarebbe bene pretendere garanzie concrete: il Governo di Matteo Renzi ha già dimostrato ai sardi di non farsi scrupoli a disattendere gli impegni assunti a suo tempo (si veda la mancata deroga ai posti letto per il #San Raffaele di Olbia). Ora più che mai, dunque, è necessario che Pigliaru mantenga alta la guardia - conclude il consigliere regionale di Sant’Antioco - evitando attestati di fiducia incondizionata". Firenze: presidio dei Radicali a Montelupo Fiorentino… basta con la vergogna degli Opg Ansa, 10 agosto 2014 I Radicali fiorentini dell’Associazione "Andrea Tamburi" hanno organizzato stamane un presidio nonviolento all’esterno dell’Opg di Montelupo Fiorentino (FI) per chiedere i provvedimenti di amnistia e indulto: l’evento è stato organizzato in concomitanza con l’azione nonviolenta che vede impegnati più di 300 cittadini e in prima persona la Segretaria di Radicali Italiani, Rita Bernardini, e Marco Pannella. "L’amnistia e l’indulto sono provvedimenti obbligati per ripristinare lo Stato di Diritto e i Diritti Umani nel nostro Paese - hanno dichiarato Massimo Lensi, componente della Direzione di Radicali Italiani, e Maurizio Buzzegoli, segretario dell’Ass. Tamburi - oltre che punto di partenza per una seria riforma strutturale della Giustizia". Ma uno degli obiettivi della manifestazione di questa mattina riguardava anche la chiusura degli Opg: "Auspichiamo che non arrivino ulteriori proroghe per questi "residui manicomiali" - hanno dichiarato i due esponenti radicali- e che da oggi al prossimo 31 marzo 2015 nasca una stretta collaborazione tra Ministero e Istituzioni locali per porre fine a questi autentici orrori indegni di un Paese appena civile". Palermo: carenza personale e strumenti sorveglianza, ispezione M5S all’Ucciardone Italpress, 10 agosto 2014 "Sicurezza interna ed esterna, carenza di personale e spazi non utilizzati". Il Movimento 5 Stelle accende i riflettori sulle disfunzioni del carcere palermitano dell’Ucciardone, che oggi è stato ispezionato da tre parlamentari alla Camera: le palermitane Chiara di Benedetto, Giulia Di Vita, e Claudia Mannino. Numerose le note negative finite sui taccuini delle deputate, che cercheranno di "andare a fondo alla questione, raccogliendo ulteriori elementi con mirate richieste di accesso agli atti". "Chiederemo - dicono - le carte al Ministero della Giustizia e alla direzione del carcere. La carenza di personale è evidente e si ripercuote anche sulla sicurezza esterna. Un esempio? La recinzione esterna, che ospita sedici postazione non vede mai la presenza di 4,5 agenti per turno, che diventano ancora meno in periodi di ferie come questo". "Non esistono - dicono le parlamentari - telecamere che vigilano sul perimetro esterno del carcere". "Hanno l’acqua calda razionata e spazio di servizi degni di scatenare attacchi di claustrofobia. In alcune sezioni si fa addirittura fatica a capire chi è il detenuto o l’agente, vista l’inaccettabile condizione che relega l’agente penitenziario ad operare per un turno intero nello spazio di 6-7 metri quadrati e senza la possibilità di andare nemmeno in bagno" concludono le deputate che esaminate le carte le parlamentari "decideranno quali azioni intraprendere". Livorno: i detenuti di Porto Azzurro lavorano al restauro del carcere di Pianosa Il Tirreno, 10 agosto 2014 E anche per i lavori di agricoltura. In vista del rilancio della casa di detenzione dell’isola "piatta" dell’arcipelago toscano, il garante regionale dei detenuti, Franco Corleone, lancia la proposta: "Se Pianosa, come sembra, diventerà un luogo per accogliere chi sta scontando una pena per i lavori esterni - agricoltura e restauro, appunto - ritengo che i detenuti dovrebbero provenire da Porto Azzurro. Questo garantirebbe una prospettiva diversa di inserimento sociale. Ovviamente l’opportunità dovrebbe essere data a rotazione: con l’arrivo del nuovo direttore fisso si potrà affrontare il discorso". Foggia, detenuto rumeno aggredisce a manda all’ospedale due poliziotti penitenziari FoggiaToday, 10 agosto 2014 Domenico Mastrulli, segretario generale del Co.S.P. (Coordinamento Sindacale Penitenziario): "Difficile governare una realtà di 528 carcerati con 25 agenti in servizio e ad andarci di mezzo sono sempre e solo i poliziotti penitenziari". Il rumeno in stato di fermo doveva essere tradotto dinanzi la Magistratura per direttissima e nel momento del prelievo effettuato da due agenti della Polizia Penitenziaria del Nucleo Traduzioni e Scorte del carcere di Foggia, il fermato, si è avventato, per futili motivi contro i due agenti Penitenziari, procurando ferite e lesioni agli arti inferiori dei due Poliziotti fratturando loro, anche gravemente, le mani degli stessi poi accompagnati d’urgenza al Pronto Soccorso di Foggia. Torino: detenuto in overdose di morfina, salvato dai medici dell’Ospedale Maria Vittoria www.torinotoday.it, 10 agosto 2014 L’uomo avrebbe avuto in mattinata un colloquio con una parente. Secondo le prime ricostruzioni pare che sia stata proprio questa persona a cedergli la morfina. È stato ricoverato ieri sera al Maria Vittoria di Torino un detenuto in carcere di 50 anni, trasportato all’ospedale dopo un’overdose di morfina. L’uomo, salvato dai medici per miracolo durante la notte, era in carcere per scontare un pena per rapina. Secondo i primi accertamenti svolti dal personale penitenziario, pare che la vittima avesse avuto, in mattinata, un colloquio con una parente. Questa è, infatti, sospettata di avergli ceduto, in qualche modo, la morfina. Ora, gli agenti, dovranno chiarire come siano andate effettivamente le cose anche grazie alla testimonianza dell’uomo. Modena: detenuto evaso dal carcere di Castelfranco catturato dai Carabinieri a Napoli ModenaToday, 10 agosto 2014 Lo scorso 11 aprile avrebbe dovuto far rientro alla casa lavoro di Castelfranco Emilia, ma ha approfittato di un permesso premio per evadere. Oggi la cattura a Napoli del 32enne evaso, che per sfuggire all’arresto ha ferito sé stesso e un Maresciallo I Carabinieri di Napoli hanno catturato Antonio Frenna, 32enne, già noto alle Forze dell’Ordine e detenuto per furto nella casa di reclusione di Castelfranco Emilia, nella quale non aveva fatto rientro dall’11 aprile rendendosi irreperibile dopo un permesso per affidamento a lavoro esterno. Frenna, ora gravato a seguito dell’evasione da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Modena, è stato individuato e catturato nella sua abitazione, in via Carrette, nel rione Sanità del capoluogo campano. Quando è stato preso - comunicano i Carabinieri in una nota - era verosimilmente sotto l’effetto di stupefacenti. Mentre veniva accompagnato verso l’uscita dell’appartamento è andato improvvisamente in escandescenze divincolandosi con violenza e andando a colpire con una mossa fulminea il vetro di una porta interna, ferendosi. Subito è stato fatto trasportare da ambulanza del 118 al Pronto Soccorso dell’ospedale S. Maria Loreto Nuovo ove i medici gli hanno prestato le cure del caso per "trauma cranico non commotivo e ferita lacero contusa a cuio capelluto e volto", guaribili in 10 giorni. Anche un Maresciallo dell’Arma si è ferito a una mano (5 giorni di guarigione) nel tentativo di fermare l’esagitato dopo che si era fatto male. Dopo le formalità di rito il 32enne è stato condotto nel carcere di Poggioreale. Reggio Calabria: presentato libro "Viaggio nelle carceri", di Nino Castorina e Davide Lacara di Ilaria Calabrò www.strettoweb.com, 10 agosto 2014 La prima ufficiale in Calabria del "viaggio nelle carceri" libro di Nino Castorina e Davide Lacara pubblicato da Editori Internazionali Riuniti si svolge a Reggio Calabria sul lungomare Italo Falcomatà in un suggestivo panorama molto giovanile ed alla presenza di una nuova generazione impegnata in politica. Ad aprire i lavori Alex Tripodi componente della Direzione Regionale del Pd Calabria e responsabile organizzazione dei Gd che nel ringraziare il segretario provinciale Danisi ed il segretario regionale Valente oltre ai vari ospiti presenti ha spiegato il lavoro del movimento giovanile in tutta la provincia ed il senso della campagna di ascolto che in questi mesi si sta svolgendo in tutto il territorio provinciale ed a Reggio Calabria in sostegno a Giuseppe Falcomatà per l’importante appuntamento amministrativo. Da qua i motivi che hanno portato ad abbinare alla campagna di ascolto la presentazione del primo volume dei Giovani Democratici. A moderare il dibattito Federica Venturelli giovanissima consigliera comunale di Modena ma di origini calabresi. "Dentro il pacchetto della giustizia Orlando, riteniamo importante focalizzare l’agenda sul tema delle carceri" affermano Castorina e Lacara. "Se non si parla di riforma delle carceri, è inutile parlare di riforma della giustizia. Nel nostro paese, non è mai stato risolto nulla. Solo negli anni 70, se ne è parlato, perché cominciarono ad esserci delle rivolte. Che aspettiamo? Che i detenuti si ribellino ancora?". Il saggio, già in vendita, è ricco di contributi da parte di chi, nel corso degli anni, si è battuto per la causa delle carceri , come Rita Bernardini, segretaria dei Radicali Italiani, Roberto Giacchetti, vicepresidente della Camera dei Deputati, l’On. Laura Coccia, l’ On. Enza Bruno Bossio, Giulia Tempesta giovanissima consigliere comunale a Roma o Maria Pisani portavoce del Partito Socialista Italiano. Tanti racconti nel libro, edito da Editori Riuniti Internazionali (Eir), che tracciano il panorama delle carceri italiane ma anche delle interviste inedite come quella a Raffaele Sollecito e a Paolo Romeo. Alla presentazione presente il segretario regionale dei Giovani Democratici della Calabria Mario Valente che si è soffermato sulla vicinanza del movimento giovanile al tema in oggetto, spunto che ha visto l’approvazione ed il sostegno anche di Nicola Irto vice segretario regionale del Pd Calabria, anche lui in supporto di questa campagna sui diritti promossa dai Giovani Democratici a livello nazionale. Incentrato sui temi dell’Europa e del buon governo l’intervento di Giosi Ferrandino, sindaco di Ischia, e primo dei non eletti al Parlamento Europeo, molto vicino ai Giovani Democratici reggini che ringrazia per l’importante iniziativa fatta e per il lavoro che da tempo costruiscono in tutto il territorio provinciale. Le conclusioni dell’appuntamento a Giuseppe Falcomatà che nel rispondere alla domanda di Federica Venturelli sul futuro di Reggio Calabria ha lanciato la speranza di un sogno, quello di far risplendere una nuova "primavera" a Reggio Calabria, si è poi soffermato sul tema della Giustizia e della sicurezza urbana e ha ringraziato i Giovani Democratici per aver scelto questa tema delicato all’interno della loro campagna di ascolto. Importante la partecipazione del pubblico che ha visto presenti anche l’On. Demetrio Battaglia, l’Avv Massimo Canale , l’Avv Giampaolo Catanzariti oltre a vari altri esponenti del Partito Democratico e di altre forze politiche. Il tema delle carceri afferma Castorina - Responsabile Legalità della Segreteria Nazionale dei Gd - è un tema paese che va affrontato trovando le più ampie convergenze possibili e noi siamo qua per questo. India: niente arbitrato internazionale, ultima beffa per i marò Il Tempo, 10 agosto 2014 La più volte annunciata procedura internazionale non è stata mai avviata. L’internazionalizzazione della vicenda dei marò Girone e Latorre, ingiustamente detenuti da novecento giorni in India, è a zero. La procedura non è stata ancora formalmente avviata. La doccia fredda l’ha somministrata ieri il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova, durante un incontro delle commissioni Esteri e Difesa, riunite per la discussione del decreto legge sulla proroga delle missioni internazionali. Nella relazione illustrata dal relatore Carlo Galli è scritto che per la vicenda dei nostri due fucilieri Latorre e Girone la procedura di arbitrato internazionale è stata avviata. A questo punto interviene Della Vedova, il quale chiarisce che questo non è corretto. Ci sono dei colloqui, ma la proposta non è stata ancora formalizzata, spiega il sottosegretario. Alla riunione è presente il deputato di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale Edmondo Cirielli, componente della commissione Esteri. L’onorevole, da sempre in prima linea per il caso dei due marinai, salta sulla sedia: "Come solo colloqui?" E scoppia la polemica: "Abbiamo appreso con stupore e sconcerto - dichiara Cirielli - che la declamata procedura di arbitrato internazionale più volte strombazzata dal Governo Renzi durante le europee non è stata ancora formalizzata". Perché, effettivamente, l’internazionalizzazione è il cavallo di battaglia dell’esecutivo, che l’ha sempre indicata come elemento importantissimo per riportare a casa, presto e con onore, i due marinai del Battaglione San Marco. Il sottosegretario Della Vedova sottolinea che quella di Cirielli è una strumentalizzazione e "meno si strumentalizza e più si lavora, più si avvicina la possibilità di raggiungere l’obiettivo che sta a cuore a tutti noi". E non è assolutamente vero, chiarisce Della Vedova che il governo non sta facendo nulla: "Come dimostra la presenza l’altro giorno del ministro Pinotti a Nuova Delhi. Si sta lavorando nella direzione dell’internazionalizzazione e come ha detto proprio il ministro della Difesa: per una comunicazione che possa portare ad uno scambio di punti di vista che è anche uno dei passi richiesti dalla prassi giuridica per un primo approccio all’internazionalizzazione della vicenda, che è l’obiettivo del governo italiano". "Siamo a questo punto - aggiunge il sottosegretario - e come ha ribadito il ministro Pinotti un accordo tra i governi sarebbe l’elemento più auspicabile. Si lavora con serietà". "E non credo - conclude Della Vedova - che nessuno abbia mai detto che è stato avviato l’arbitrato. Io non ne ho mai avuto notizia. All’arbitrato ci si arriva. Non si parte dall’arbitrato". Sudan: 200 profughi eritrei saranno deportati nel Paese da cui sono fuggiti Paolo Lambruschi Avvenire, 10 agosto 2014 Ancora 48 ore di tempo per fermare la deportazione dei circa 200 profughi eritrei detenuti senza ragione in un carcere nel deserto del Sudan. Tra loro anche 15 minori non accompagnati. Si tratta di disertori dalla coscrizione militare a vita in vigore nello stato caserma dell’Asmara arrestati tre mesi fa mentre stavano marciando verso il campo profughi dell’Acnur di Shegarab, vicino a Kassala, dove volevano chiedere asilo. I militari sudanesi li hanno invece portati in un carcere a due ore da Khartoum dopo un processo sommario per ingresso illegale nel paese e la condanna a un mese e 500 sterline sudanesi di multa. Avvenire aveva dato la notizia alcune settimane fa. Nel gruppo c’erano anche 34 donne, alcune con bambini piccoli, nel frattempo trasferite a Shegarab. Scontata la pena, gli eritrei dovevano essere liberati, invece un accordo tra i due governi ne ha stabilito la deportazione. Molti dei detenuti sono stati colpiti dalla malaria, dissenteria e da altri problemi legati anche alle pessima situazione igienico-sanitaria, alla fame e all’acqua salata che sono costretti a bere. Sulla vicenda si affacciano le ombre del traffico di uomini e di organi. Alcuni di loro sarebbero stati venduti dalle autorità carcerarie ai trafficanti di uomini, i Rashaida, che hanno chiesto i riscatti alle famiglie. Un uomo di nome Berhane, riferiscono i detenuti, non sarebbe più tornato con i compagni e sarebbe stato ucciso per espiantatagli e rivendere illegalmente gli organi. Dopo la recente visita dell’ambasciatore eritreo i prigionieri hanno sentito i secondini parlare di deportazione in programma lunedi 11 agosto. Del caso si è occupata l’agenzia Habeshia di don Mosè Zerai, l’angelo dei profughi eritrei, che ha lanciato una petizione on line all’Acnur per fermare l’operazione. "La deportazione - scrive l’agenzia Habeshia - è in totale violazione della convenzione di Ginevra siglata dal Sudan. Chiediamo alla comunità internazionale di intervenire per bloccare la deportazione di persone che rischiano di subire arresti arbitrari e torture nel paese di origine". In ottobre, sotto la presidenza italiana, verrà organizzato a Khartoum un vertice tra Europa e Africa sul traffico di esseri umani. Libano: jihadisti chiedono scambio prigionieri per rilascio militari Aki, 10 agosto 2014 È uno scambio di prigionieri tra 19 soldati e 20 jihadisti quello chiesto dagli islamici armati che da giorni sono impegnati in scontri con l’esercito del Libano nella città nord orientale di Arsal, al confine con la Siria. Lo riporta il quotidiano locale An Nahar, precisando che gli uomini armati hanno chiesto che vengano scarcerati 20 estremisti detenuti a Roumieh. "È molto semplice. Riavranno i loro soldati in cambio degli ostaggi islamici", ha detto una fonte dei miliziani. La richiesta è stata sottoposta al governo di Beirut. Tra coloro per i quali è stata chiesta la scarcerazione c’è anche Imad Gomaa, arrestato una settimana fa negli scontri ad Arsal, come riporta il quotidiano As Safir. Gomaa era comandante del Fronte al-Nusra, filiale di al-Qaeda in Siria, ma nelle settimane scorse aveva abbandonato il gruppo per unirsi allo Stato islamico. Una fonte governativa citata dal giornale ha però fatto sapere di non aver ricevuto richieste dagli islamici. Gli scontri ad Arsal hanno causato la morte di decine di persone, tra cui 17 soldati dell’esercito.