Giustizia: Berlusconi fa ricorso alla Corte di Strasburgo "in Italia lesi i miei diritti" di Dino Martirano Corriere della Sera, 8 settembre 2013 La scelta di rivolgersi a Strasburgo per "smontare" il testo della Severino Ma il Pd Casson: irricevibile. E Stefàno (Sel): per noi non cambia nulla. Il ricorso di Silvio Berlusconi alla Corte europea per i diritti dell'uomo di Strasburgo, ampiamente annunciato dai suoi avvocati, arriva alla vigilia della seduta della giunta delle elezioni del Senato che, a partire da domani alle 15, affronterà l'iter per la decadenza da parlamentare dell'ex premier condannato a 4 anni per frode fiscale dalla Cassazione. Il Cavaliere, dunque, si appella alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (che insiste in ambito di Consiglio d'Europa, quindi ben più ampio di quello dell'Unione Europea) non contro la sentenza della Cassazione ma, con mossa preventiva, contro l'esito che potrebbe avere l'iter della giunta delle elezioni. La difesa di Berlusconi contesta infatti la norma contenute nella legge anticorruzione Monti-Cancellieri-Severino (decade chi è condannato a pene superiori ai due anni) che nel suo caso ancora non è stata applicata. Per questo, commenta il senatore Felice Casson (Pd), "il ricorso ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione è manifestamente irricevibile perché si riferisce a una decisione che ancora non è stata presa". Questo vuol dire, aggiunge Casson, che in caso di reale decadenza, "Berlusconi presenterà un nuovo ricorso". Trentatré pagine fitte fitte. Il ricorso di Berlusconi punta, dunque, a smontare la legge Monti-Cancellieri-Severino votata anche dal suo partito nel 2012. Perché, argomenta il Cavaliere, "le norme sull'incandidabilità e sulla decadenza del parlamentare condannato ledono senza possibilità di alcun rimedio il diritto di Silvio Berlusconi, leader di uno dei maggiori partiti politici italiani, di continuare a rivestire la carica di senatore e ledono la legittima aspettativa degli elettori alla sua permanenza in carica...". Per cui, si legge ancora nel ricorso, "il ricorrente chiede alla Corte di dichiarare la responsabilità dello Stato italiano per la violazione dell'articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo perché l'applicazione delle norme", contenute nella legge anticorruzione, "è contraria al divieto di retroattività delle sanzioni penali". Poi, il Cavaliere condisce la sua denuncia con una affermazione di carattere generale: sostenendo che nella sua vicenda giudiziaria, "ci sono sufficienti elementi per affermare che gli obiettivi politici hanno prevalso sulle ragioni del diritto". Ora bisognerà vedere come influirà questa mossa con il lavoro della giunta del Senato che si riunisce domani pomeriggio per ascoltare la relazione di Andrea Augello (Pdl). Secondo quanto afferma il presidente della giunta, Dario Stefàno (Sel), non cambia nulla: "Da un punto di vista procedurale non cambia nulla. Si tratta di un evento esogeno che non incide sulle procedure della giunta". È sicuro però che domani il relatore si soffermerà a lungo anche su questo ulteriore elemento avanzato dalla difesa di Berlusconi. E questo "supplemento" d'istruttoria non potrà che allungare i tempi. Comunque, assicura il presidente Stefano, "il documento è stato inviato per conoscenza, la nostra bussola resta la relazione di Augello". Giustizia: la "truffa delle etichette" sui diritti umani di Andrea Pugiotto Il Manifesto, 8 settembre 2013 Diventato un pregiudicato a seguito di condanna definitiva per frode fiscale, il senatore Silvio Berlusconi si è affaticato nel cercare un rimedio giuridico ai due effetti della sentenza: l'esecuzione della pena detentiva e l'interdizione dai pubblici uffici. In questa affannosa ricerca, il diritto ha smesso di essere norma generale e astratta, retta da un principio di legalità costituzionale teso a garantire l'eguaglianza di tutti davanti alla legge. È apparso semmai come il cilindro magico dal quale estrarre, di volta in volta, il coniglio del giusto colore: grazia, commutazione di pena, amnistia, indulto, revisione del giudicato, ricorso alla Corte europea dei diritti umani, impugnazione di legge alla Corte costituzionale. Fino alla proposta di travestire da giudice di rinvio alla Consulta un organo parlamentare (la giunta per le elezioni) a composizione politica, privo di terzietà, che non ha poteri decisori ma solo istruttori, parte di un Parlamento che, se vuole, può sempre modificare le leggi, specialmente se le ritiene incostituzionali. Insomma, di tutto e di più. Forse troppo, perché tutto è possibile ma a tutto c'è un limite. E il diritto protegge tutti, ma non a tutti i costi. Anche domani, davanti alla giunta per le elezioni del Senato, il diritto verrà tirato come un elastico: la legge Severino, introducendo il divieto di ricoprire cariche elettive a seguito di condanna definitiva, ha natura penale? Se sì, non potrebbe operare retroattivamente. Dunque, non troverebbe applicazione con riferimento alla condanna di Berlusconi, intervenuta dopo l'entrata in vigore della nuova legge. È la tesi dei sei pareri giuridici pro veritate - invero non tutti di eguale pregio - depositati in giunta. Ne sintetizzo il ragionamento, scandito da quattro concatenati passaggi: [1] La Costituzione impone al legislatore il rispetto degli obblighi derivanti da accordi internazionali, come la Convenzione europea dei diritti umani. [2] Secondo quanto insegna la Corte costituzionale, le norme della Cedu vanno interpretate alla luce degli orientamenti della Corte di Strasburgo. [3] La giurisprudenza dei giudici europei riconduce alla materia penale sanzioni che, anche se qualificate diversamente dal diritto statale, hanno in concreto i connotati tipici della pena. [4] La sanzione della decadenza dal seggio parlamentare è, in tal senso, una vera e propria sanzione penale. Come accade nella matematica, il procedimento è corretto, ma il risultato è sbagliato. Le premesse del ragionamento corrispondono a verità, ma dubito che il divieto sopravvenuto di ricoprire una carica elettiva presenti quei connotati sostanziali cui guarda la Corte di Strasburgo. Della pena, infatti, la decadenza dal seggio non ha né lo scopo (prevenire nuovi delitti, reprimere il reo) né la gravità (perché non impone al condannato condizioni intrinsecamente afflittive). La tesi giuridica favorevole al senatore Berlusconi, a ben guardare, strumentalizza l'orientamento dei giudici europei. La loro pragmatica giurisprudenza mira giustamente a evitare la truffa delle etichette: il rischio, cioè, che ogni Stato, battezzando come extra penale un'autentica sanzione, possa così negare le garanzie individuali spettanti sia all'imputato che al reo previste dalla Cedu. Ma nel mondo capovolto di palazzo Madama, si persegue esattamente il contrario. Si vorrebbe estendere quelle stesse garanzie (come il divieto di retroattività) a chi non ha titolo giuridico per rivendicarle. La truffa delle etichette starebbe proprio nel ricondurre alla materia penale una misura approvata anche da chi ora ne contesta la natura giuridica, operante sul piano esclusivamente elettorale, in ottemperanza a due norme costituzionali, facce della stessa moneta: l'art. 65 (che chiama la legge a determinare "i casi di incompatibilità" con la carica parlamentare) e l'art. 54 (che pretende da chi è chiamato a svolgere funzioni pubbliche di adempierle con "disciplina e onore"). È comunque positivo che falchi e colombe del centrodestra (e qualche pontiere di centrosinistra) mostrino, oggi, così tanta attenzione ai vincoli costituzionali derivanti dagli obblighi internazionali e dalle sentenze della Corte di Strasburgo. Non è sempre stato così. Spesso di quei vincoli ci si è liberati con un'alzata di spalle, ignorandoli o fingendo di ignorarli. Qualche esempio recente? Con due "sentenze-pilota" la Corte di Strasburgo ha condannato l'Italia intimandole un termine inderogabile entro cui rimediare alle sistematiche trasgressioni accertate. È accaduto a gennaio, in ragione del sovraffollamento carcerario che vìola il divieto di trattamenti inumani e degradanti (art. 3 Cedu), e agli inizi di settembre perché l'Italia si ostina, contro più norme della Cedu, a negare l'indennità integrativa dovuta a chi è stato infettato da Hiv, Epatite B o C dopo una trasfusione. E ancora. A fine 2012 le Camere hanno dato ratifica ed esecuzione al Protocollo opzionale alla Convenzione Onu sulla tortura (legge n. 195) e hanno adeguato l'ordinamento allo Statuto della Corte penale internazionale che giudica anche della tortura (legge n. 237), senza introdurre però il relativo reato nel codice penale. Eppure tutte le pertinenti convenzioni internazionali cui l'Italia ha aderito prevedono l'obbligo di punire penalmente la tortura. L'ultimo esempio riguarda i Cie, dove segreghiamo gli stranieri irregolari in attesa di espulsione. Vere e proprie prigioni fatte di gabbie di ferro, filo spinato, cemento armato, muri di cinta. Dove uomini e donne, senza aver commesso alcun reato, scontano una detenzione che, per scopo e modalità afflittive, a Strasburgo qualificherebbero un'autentica sanzione penale. Per il legislatore italiano è, invece, una misura amministrativa. Una truffa delle etichette, che ha permesso di applicare retroattivamente le norme che hanno progressivamente allungato la durata di questa galera, fino agli attuali infiniti 18 mesi (legge n. 129 del 2011). Il rispetto della legalità costituzionale non può avvenire a giorni alterni. Altrimenti è poco credibile rivendicare - in punta di diritto - per il proprio leader politico ciò che si continua a negare a un soggetto torturato dalle forze dell'ordine. O a un detenuto chiuso in celle colme oltre l'inverosimile. O a un migrante abbandonato nell'inferno di una prigione che preferiamo etichettare sotto falso nome. Giustizia: Cancellieri; l'amnistia ci farebbe comodo e non riguarderebbe Berlusconi Asca, 8 settembre 2013 "L'amnistia ci farebbe molto comodo per un alleggerimento della pressione sulle carceri e ci consentirebbe un intervento immediato". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, intervistata da Maria Latella su Sky Tg24, precisando che "non si applica ai reati fiscali" e pertanto non riguarderebbe "la posizione di Silvio Berlusconi". "Il problema delle carceri va affrontato a 360 gradi e riformato strutturalmente. Il nostro Paese non è ancora all'altezza, è indietro. L'amnistia, che è comunque decisa dal Parlamento, ci farebbe molto comodo perché rappresenterebbe un alleggerimento della pressione e ci consentirebbe interventi immediati sulle carceri". "L'amnistia, però - ha ammesso il Guardasigilli -, è un tema che fa paura ai cittadini perché si pensa che porti nuovamente in circolazione persone che hanno dato luogo a reati riprovevoli, mettendo in gioco anche delicate questioni di sicurezza". Rispondendo poi a una domanda, il ministro della Giustizia ha escluso che Silvio Berlusconi possa, in linea teorica, beneficiare dell'amnistia: "Non si applica ai reati fiscali". Berlusconi abbia fiducia nell'Italia "A Berlusconi direi di avere fiducia e di credere in questo Paese". La legge Severino sulla decadenza da parlamentare "è stata scritta con onestà intellettuale ed è stata fatta con il massimo impegno. Ma come tutte le leggi, ci sono chiavi di lettura e interpretazioni diverse che è giusto analizzare. Sul tema ci sono stati pareri molto elevati di persone per le quali nutro molta stima. Ci sono dei dubbi e la corte di Strasburgo si esprimerà in proposito". Lo ha detto il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, intervistata da Maria Latella su Sky a Cernobbio. Per il Guardasigilli "è giusto che la Giunta in Senato svolga la sua attività nella massima serenità. Domani farà i suoi passaggi nei tempi e nei modi che riterrà più opportuni". La riforma sulla Giustizia, ha avvertito ancora Annamaria Cancellieri, "deve essere affrontata senza ideologie, avendo come punti di riferimento i cittadini e la Costituzione. Io non mi occupo di Berlusconi, a lui ci stanno pensando i suoi avvocati. Io mi interesso dei problemi generali del Paese, dei tempi dei processi e della situazione delle carceri". Giustizia: Cancellieri; il 13 settembre chiusura piccoli tribunali, poi toccherà alle carceri di Fiorenza Sarzanini Corriere della Sera, 8 settembre 2013 "Sono stata attaccata e insultata, ma questo non basta a fermarci. Il 13 settembre la riforma dei tribunali entrerà in vigore e la chiusura delle strutture già individuate diventerà realtà". Il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri non arretra Anzi rilancia annunciando che adesso si metterà mano anche alla riforma delle carceri con l'apertura di Pianosa e la chiusura delle strutture più piccole. Gli ultimi giorni sono stati segnati da una polemica durissima contro l'attuazione di quel provvedimento che prevede la soppressione di 947 uffici giudiziari, praticamente uno su due: tra questi 30 tribunali, 30 procure, 220 sezioni distaccate e 667 sedi di giudice di pace, con il trasferimento di 7.300 dipendenti e di 2.700 magistrati. Risparmio previsto: 80 milioni di euro. Ma proprio ieri sul Corriere della Sera, gli economisti Francesco Giavazzi e Alberto Alesina si sono chiesti se alla fine il governo resisterà davvero 0 se invece modificherà le nuove norme dimostrando che questa riforma è fatta in realtà di "parole al vento". Ministro avete intenzione di cedere? "Voglio rassicurare Alesina e Giavazzi e con loro tutti i cittadini: indietro non si torna". Però su alcuni punti avete già ceduto concedendo una proroga di due anni ad alcuni uffici. "Da quando mi sono insediata ho avviato trattative con i presidenti delle regioni, i sindaci, i sindacati di categoria per trovare una soluzione. E alla fine mi sono resa conto che non avremmo potuto soddisfare le richieste di tutti perché questo avrebbe significato far fallire la riforma. Quindi abbiamo deciso di procedere con alcune eccezioni. Abbiamo scelto di applicare un criterio standard che avesse come unico obiettivo smaltire i carichi di arretrato più consistente. È una correzione che chiamerei di buon senso. L'impianto e la sostanza della riforma, di cui va dato il giusto merito al governo Monti e in particolare a Paola Severino, non vengono toccati". Quali sono? "Le sedi che si trovano in centri con più di 180 mila abitanti e hanno un carico di lavoro che supera i 7.000 fascicoli ogni anno, vivranno per altri 24 mesi. A Sanremo, Chiavari, Bassano, Vigevano, Pinerolo e Alba si smaltiranno i processi civili. A Lucera e a Rossano Calabro quelli penali e civili Poi c'è Urbino che invece rimane aperto perché così ci ha imposto la Consulta". Un ordine del giorno del Senato vincola il governo ad effettuare modifiche e secondo il capogruppo pdl Maurizio Gasparri la scelta di procedere ugualmente "sarebbe un atto gravissimo in contrasto con il Parlamento, che renderebbe ancora più precaria la vita del governo". Sicura che non ci saranno ripensamenti? "Questa riforma è indispensabile e lo dirò in Parlamento. Ricorderò che ci siamo impegnati di fronte all'Europa e non possiamo perdere la faccia. Ma ricorderò soprattutto le sollecitazioni del capo dello Stato e del Csm affinché si proceda con la massima urgenza e senza passi indietro". Lei dice di essere stata attaccata soprattutto dagli amministratori locali. Quali erano le loro istanze? "Il problema è sempre lo stesso: sulle riforme siamo tutti d'accordo purché non intacchino i nostri interessi. Si è ripetuto quel che accade quando si deve aprire una nuova discarica che certamente è necessaria, purché la si faccia sotto casa di qualcun altro". Quali sono gli interessi in gioco? "Gli amministratori locali si fanno portavoce delle proteste dei dipendenti che saranno costretti a cambiare sede, poi ci sono i danni economici all'indotto provocati inevitabilmente dalla chiusura degli uffici pubblici. Ne siamo consapevoli e cercheremo di farci carico delle situazioni più gravi, però dobbiamo pensare al bene dominante che è quello del Paese, a una ristrutturazione generale che razionalizza e consente allo Stato grandi vantaggi". Farete lo stesso con le carceri? "n progetto per la riapertura di Pianosa è pronto. Siamo già d'accordo con il presidente della Regione Toscana su un piano di rilancio dell'isola soprattutto per quanto riguarda gli investimenti nel turismo. Intanto abbiamo la mappa delle carceri che saranno chiuse se ospitano un numero troppo esiguo di detenuti oppure ampliate dove è possibile. Proprio tenendo conto del sovraffollamento, dobbiamo ridistribuire forze e denaro eliminando le strutture troppo onerose". Lei parla al futuro, mentre una parte del Pdl minaccia di sfiduciare il governo. È sicura che resisterete? "So che siamo in una situazione delicata, ma io sono abituata a lavorare come se non avessi scadenze e continuerò a farlo". Ieri Berlusconi ha notificato alla Giunta del Senato un ricorso alla Corte Europea contro la legge Severino. Crede che questo debba fermare l'iter sulla sua decadenza da parlamentare? "Ho già detto che tutti i dubbi devono essere fugati circa l'applicazione delle leggi. Ora l'ultima parola spetta al Parlamento. Per noi è doveroso attendere in silenzio le sue decisioni". Giustizia: Sappe a Cancellieri, no riapertura super penitenziario Pianosa Adnkronos, 8 settembre 2013 "Quali sono le carceri che il governo vuole chiudere? E come pensa di riaprire il supercarcere di Pianosa, assegnando quali detenuti?" A chiederlo al ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, è il segretario generale del Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria, Donato Capece replicando a quanto anticipato dal guardasigilli in un'intervista al Corriere della Sera. Per Capece, "è sorprendente, per non dire altro, che le determinazioni che il ministero della Giustizia e il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sulle carceri vengano rese pubbliche in una intervista e non, come dovrebbe essere, a seguito di un confronto pubblico e costruttivo con le organizzazioni sindacali del mondo penitenziario. Il ministro tiri fuori le carte dai cassetti e si confronti con chi rappresenta agenti, sovrintendenti, ispettori e commissari di polizia". Chiede, in particolare, il Sappe a Cancellieri: "Quali sono le carceri che si vorrebbero chiudere, dove si pensa di mandare il personale che ci fa oggi servizio e i detenuti? Eravamo contrari alla chiusura del supercarcere di Pianosa e invece l'autorità politica andò avanti lo stesso. Oggi, sentiamo parlare di riapertura del carcere di Pianosa, da sempre avversata dal Sappe in quanto in contrasto con le esigenze di razionalizzazione e ottimizzazione delle risorse economiche e umane e, più in generale, con il processo di spendig review in atto", avvertendo: "Non tollereremo decisioni prese a colpi di mannaia: siamo pronti a mobilitare l'intera categoria". Giustizia: caso Cucchi, esce un libro-inchiesta finanziato con il crowdfunding Redattore Sociale, 8 settembre 2013 Uscirà il 22 ottobre con Altreconomia e si intitola "Mi cercarono l'anima". "Un libro per restituire umanità a Stefano e dignità alla famiglia", spiega l'autore Duccio Facchini. Esce il 22 ottobre per l'Altraeconomia "Mi cercarono l'anima", un libro inchiesta sui sette giorni tra l'arresto e la morte di Stefano Cucchi. La storia di Cucchi viene ripercorsa dal giornalista Duccio Facchini che racconta il tempo che il ragazzo ha trascorso nelle mani dello Stato. L'autore ha intervistato il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani e Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione Antigone che si occupa dei diritti dei carcerati. Il libro contiene anche un intervento di Lorenzo Guadagnucci sul rapporto tra verità giudiziarie e media. Guadagnucci ha iniziato ad occuparsi dell'argomento dopo i fatti della Diaz, durante il G8 del 2001. "Mi cercarono l'anima", edito l'Altraeconomia, è stato finanziato attraverso la piattaforma di crowdfounding Produzioni dal basso ed è prenotabile fin da ora. "Teniamo molto a rivendicare questo strumento. Crediamo in una forma di editoria indipendente in cui i proprietari sono i lettori che partecipano al progetto con una quota - spiega Duccio Facchini - è un aspetto importante che si colloca perfettamente nella natura del progetto". Sulle motivazioni del libro Facchini spiega: "Ho voluto ridare umanità alla figura di Stefano: il ragazzo è stato definito zombie, sieropositivo e spacciatore abituale. Il libro vuole restituire dignità alla famiglia, biasimata più volte dalla Procura per aver mostrato le foto di Stefano ai media. Questo è stato un atto di coraggio per evitare che la storia di Cucchi si aggiungesse ad una serie di casi di "arrestati nella notte" e finisse dimenticata, l'attenzione dei media ha dato nuova importanza al caso". Nel 2009 Stefano Cucchi viene arrestato perché in possesso di 21 grammi di hashish. Una settimana dopo l'arresto muore mentre si trovava ancora in custodia cautelare. Quel giorno pesava 43 chili, pochissimo per un ragazzo alto 1.76, e presentava lividi su tutto il corpo. Il libro cerca di dare una risposta alle tante domande, ai tanti buchi di questa vicenda. Dando voce a testimonianze come quella di Yaya Samura, ragazzo che divideva la cella con Stefano nei sotterranei del Palazzo di Giustizia e che afferma di averne visto il pestaggio. A quattro anni da allora gli unici ad essere stati condannati in tribunale sono i medici del Reparto speciale del Sandro Pertini di Roma per negligenza, ma non ci sono ancora i responsabili dei traumi sul corpo di Stefano, secondo la Procura causati da una "caduta dalle scale". I fatti raccontati in "Mi cercarono l'anima" dimostrano in realtà uno scollamento nella "catena di comando". Medici, infermieri e agenti e magistrati: ognuno ha la sua parte di responsabilità nella morte del ragazzo. Giustizia: il Senatore Manconi "forse uno spiraglio per la morte di Giuseppe Uva" Redattore Sociale, 8 settembre 2013 Il presidente di "A Buon Diritto Onlus" commenta la risposta del ministro Anna Maria Cancellieri alla sua interrogazione sull'operaio morto dopo essere stato trattenuto quasi tre ore all'interno di una caserma :"Il percorso per arrivare alla verità e alla giustizia inizia solo ora". "Il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri ha risposto questo pomeriggio a una mia interrogazione sulla vicenda di Giuseppe Uva, operaio quarantenne morto a Varese nel 2008, dopo essere stato trattenuto quasi tre ore all'interno di una caserma dei carabinieri". È quanto si legge in una nota di Luigi Manconi, presidente di A buon Diritto Onlus. "A tutt'oggi non si è giunti a una risposta giudiziaria - prosegue la nota - e, fatto ancora più grave, in questi cinque anni i carabinieri e i poliziotti responsabili del fermo non sono mai stati indagati, nonostante tre diversi giudici abbiano scritto in altrettante sentenze della necessità di approfondire quanto avvenuto in quella caserma. Il giorno 8 ottobre è stata finalmente fissata l'udienza in camera di consiglio per decidere in merito alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero Agostino Abate con riguardo alla posizione processuale delle forze dell'ordine coinvolte. Il ministro Cancellieri ha dichiarato in aula di aver dato disposizioni all'ufficio dell'ispettorato generale di acquisire tutti gli atti necessari a valutare la sussistenza di profili di responsabilità in capo a chi ha avuto in mano il processo senza però indirizzarlo nel verso giusto. Come affermo da anni, insieme alla sorella della vittima e al suo avvocato, è assolutamente necessario avviare un'indagine che porti ad accertare quanto avvenne in quella caserma prima che la prescrizione giunga a cancellare questa atroce vicenda. E se, come sta avvenendo, il percorso per arrivare alla verità e alla giustizia inizia solo ora e con tanto ritardo lo si deve, e questa responsabilità non può essere ignorata e va tutta accertata, anche alla ostinata, pervicace negligenza di un pubblico ministero che per cinque anni non ha fatto ciò che poteva e doveva". Calabria: Nucera (Pdl); soddisfatti per la riapertura del carcere di Laureana di Borrello Asca, 8 settembre 2013 "La casa di reclusione a custodia attenuata "Luigi Daga" di Laureana di Borrello riaprirà presto i suoi cancelli. Lo ha ufficializzato oggi il Segretario generale aggiunto del Sappe, il Sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria, Giovanni Battista. Una notizia della quale non possiamo che essere estremamente soddisfatti, che emerge da una nota ufficiale inviata alle organizzazioni sindacali dal Provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria". È quanto afferma il Segretario Questore del Consiglio regionale della Calabria, Giovanni Nucera. "Una notizia - afferma - che premia le battaglie condotte in questi mesi da diversi soggetti istituzionali, e dal Movimento dei Popolari liberali, sia a livello nazionale, attraverso le iniziative del Sen. Carlo Giovanardi, che a livello regionale dal sottoscritto attraverso prese di posizione e una mozione che ha impegnato il Consiglio regionale a fare in modo che uno degli istituti penitenziari definiti all'avanguardia a livello europeo, non rimanesse definitivamente chiuso e che in Calabria scomparisse uno dei progetti sperimentali più innovativi di rieducazione e reinserimento dei giovani detenuti nella società". "È il trionfo di una giusta battaglia - commenta Giovanni Nucera - che premia la grande professionalità del sempre compianto Paolo Quattrone, che ancora oggi vede uomini disposti a continuare l'impegno di civiltà carceraria che l'ex Provveditore aveva avviato in Italia attraverso la casa di reclusione di Laureana di Borrello e gratifica l'azione di difesa di quella innovativa struttura portata avanti dalle amministrazioni comunali di Laureana, sotto le gestioni dei Sindaci Paolo Alvaro e Domenico Ceravolo". "La casa di reclusione Luigi Daga - ricorda l'on. Giovanni Nucera - si è imposta nel tempo come modello nazionale che noi speriamo possa adesso riproporsi in altre realtà territoriali italiane e replicare i positivi effetti già raggiunti nei soggetti cosiddetti "a basso indice di pericolosità sociale". "L'aspetto sul quale adesso occorre vigilare ed impegnarsi - prosegue il Segretario Questore del Consiglio regionale - è quello di chiedere al Ministro di Grazia e Giustizia Anna Maria Cancellieri, di potenziare gli organici in servizio in quell'istituto cosicché possa esprimere tutte le potenzialità di cui è capace quel carcere al fine di perfezionare un modello educativo che è servito non solo, come è stato ampiamente dimostrato, al recupero di tanti giovani che in passato hanno ceduto alle facili tentazioni delle organizzazioni criminali, ma anche alle comunità nelle quali quegli stessi giovani hanno scelto di proseguire con onestà e rettitudine la loro vita una volta recuperato un equilibrato rapporto con la società civile". "La battaglia avviata dal Sappe, il Sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria, davanti all'improvvisa e assurda decisione di chiudere il Luigi Daga - conclude Giovanni Nucera è stata quanto mai utile ed efficace e consente la riproposizione di quel "Progetto Giovani' che ha permesso di sottrarre molti giovani detenuti alla sub cultura tipica del carcere e della criminalità organizzata, incidendo sul fenomeno della recidiva attraverso la prevenzione e l'inclusione sociale". Siena: detenuto di 35 anni muore nel carcere di Santo Spirito, mistero sulle cause www.corrieredisiena.it, 8 settembre 2013 Aperta un'inchiesta sull'improvviso decesso di un uomo di 35 anni. Inizialmente era sembrato un decesso per cause naturali poi però è emersa la necessità di verificare Misterioso decesso all'interno della casa circondariale di Santo Spirito. Il fatto risale a qualche giorno fa, per l'esattezza a martedì scorso, ed è passato inosservato all'opinione pubblica. Inizialmente era sembrato un decesso per cause naturali poi però è emersa la necessità di verificare. A quanto si apprende sebbene regni un certo riserbo sul caso, intorno a questa misteriosa morte sarebbe già stata avviata un'inchiesta per fare chiarezza su una lunga serie di punti interrogativi sollecitati dalla circostanza. Saranno determinanti comunque i risultati dell'autopsia. Genova: Sappe; detenuto tenta suicidio in carcere, portato in ospedale perde la testa Ansa, 8 settembre 2013 Tentato suicidio nel carcere di Marassi. Un detenuto genovese ha rischiato di togliersi la vita: immediato l'intervento della Polizia Penitenziaria che lo ha portato in ospedale ma lì è andato in escandescenze. L'episodio si è verificato la scorsa notte, come ha reso noto il segretario del Sappe Roberto Martinelli che poi ha aggiunto: "I provvedimenti citati dal ministro della Giustizia Cancellieri, a partire dallo sfollamento delle carceri con la capienza di 400 unità devono essere adottati in brevissimo tempo". Teramo: colloqui all'aperto tra giochi e verde per detenuti e figli di Diana Pompetti Il Centro, 8 settembre 2013 "I bambini non sentono l'odore del carcere" ripete il direttore di Castrogno. Non dovrebbero. Ma quando infanzia e sbarre s'intersecano, quando puoi vedere tuo padre o tua madre solo dietro un vetro, allora l'odore ti resta attaccato addosso. E a nulla servono Carte dell'Onu o circolari del sorriso. Eppure in quest'Italia condannata dalla Corte Europea "per il trattamento inumano e degradante dei detenuti" si possono strappare angoli di terra per allestire giardini e giochi dove far incontrare reclusi e figli. Tra alte mura che aspettano di essere colorate. Succede per la prima volta a Teramo, nel penitenziario più sovraffollato d'Abruzzo. Il direttore Stefano Liberatore è un padre che ha preso i giochi dei figli e li ha portati a Castrogno, si è improvvisato giardiniere e insieme ai detenuti ha piantato alberi e fiori, ha inseguito fondi sempre più esigui 3er comprare gazebo sotto cui far incontrare le famiglie, ha realizzato scivoli di cemento per abbattere le barriere architettoniche. Sogna di coprire le mura con murales, di avere altre altalene e scivoli, di poter estendere quello che chiama il "giardino degli affetti" anche alla sezione maschile. "Perché l'immobilismo uccide", dice questo funzionario che da vent'anni gira i penitenziari italiani con esperienze a Sulmona, Brescia, Cremona, l'Opera di Milano, "bisogna dare dignità ai detenuti, aiutarli a recuperare la genitorialità. E farli incontrare all'aperto con i figli è un primo passo. L'attenzione 3er i bambini che accedono alle strutture penitenziarie è sintomo di civiltà della pena, perché significa rispetto per la dignità dei reclusi i cui affetti divengono oggetto di attenzione positiva da parte dello Stato e può contribuire alla credibilità del percorso di rieducazione. Certo non basta, non è sufficiente, ma è comunque qualcosa". E qualcosa - quando fondi e personale sono sempre di meno, quando la burocrazia frena tutto rendendo diffìcile, se non impossibile, ogni percorso di riabilitazione garantito dalla Costituzione - diventa quello che vedi in un assolato sabato di settembre: bimbi nel giardino di un carcere a trovare mamma o papà, stretti tra un abbraccio e un giro sull' altalena. Pronti a fare un pic-nic insieme nell'area in cui campeggia il vademecum con le regole "per non sporcare a terra, non danneggiare i giochi, non urlare". è sempre diffìcile, ma forse così lo è un po' di meno. Perché se la Carta Onu sui diritti del fanciullo stabilisce "che il bambino ha il diritto di intrattenere regolarmente rapporti personali e diretti con i genitori detenuti" il carcere resta un luogo chiuso dove il tempo è sospeso e spesso non esiste più, dove sconosciuti dividono ore e spazio in balia del caldo, del panico, del vuoto, della rabbia propria e altrui. Michel Foucault nel 1975 in "Sorvegliare e punire" sosteneva "che la prigione fabbrica indirettamente dei delinquenti facendo cadere in miseria la famiglia del detenuto". E 40 anni dopo l'aggravante del sovraffollamento può solo mortificare o cancellare ogni residuo di speranza. "La realtà carceraria è quella che è", dice Liberatore, "i numeri non aiutano, ma bisogna sempre andare avanti cercando di fare il possibile per garantire dignità a chi è recluso. Pur con i pochi fondi che oggi arrivano. Io devo ringraziare il personale, gli agenti, il comandante Osvaldo Vaddinelli che condividono con me questa speranza di cambiamento. Con loro anche il presidente del Bim Franco lachetti e la preside dell'istituto Di Poppa Silvia Manetta sempre pronti a collaborare con i nostri progetti". Ora il direttore di Castrogno spera di poter colorare le mura, di trovare fondi e volontari che lo aiutino a creare altri "giardini degli affetti". "Coinvolgeremo i detenuti", continua, "ma se c'è qualcuno, qualche ente o associazione che vuole aiutarci siamo pronti ad accoglierli". Sempre inseguendo un solo obiettivo: evitare che i reclusi vengano trattati da esclusi. Nel carcere 430 detenuti Il carcere teramano di Castrogno è uno dei penitenziari più affollati d'Italia, il più affollato d'Abruzzo: ospita 430 detenuti (per capienza ne potrebbe contenere la metà), di cui cinquanta donne con tre bambini al di sotto dei tre anni (così come stabilisce la legge che consente alle mamme detenute di portare i piccoli). è l'unico penitenziario abruzzese con un servizio di guardia medica e di psichiatria attiva 24 ore su 24: un servizio che viene garantito dalla presenza di un solo medico e di un solo infermiere per turno. Al suo interno ha la sezione alta sicurezza, quella dei protetti e quella femminile. Un reparto che in Abruzzo esiste solo a Teramo e a Chieti. Secondo i sindacati è il terzo carcere italiano per numero di suicidi tra i detenuti. Gli agenti di polizia penitenziari in servizio sono 183, sulla carta dovrebbero essere cinquanta in più. Per garantire tutti i turni spesso sono costretti a saltare turni di riposo e ferie. Chieti: Referendum, tutti i detenuti aventi diritto firmano le proposte Radicali Notizie Radicali, 8 settembre 2013 Come preannunciato, stamattina una delegazione dei radicali abruzzesi si sono è recata presso il carcere di Chieti per raccogliere le firme dei detenuti sulle dodici proposte referendarie. "Abbiamo avuto un riscontro sorprendente - ha detto Pina De Gregorio, della Segreteria dei Radicali Abruzzo - considerato che il 100% di coloro che avevano la possibilità di firmare le nostre proposte lo ha fatto". Sono state ben 76 infatti le firme raccolte, a fronte di una popolazione carceraria di 121 detenuti, compresi 45 tra interdetti, stranieri e detenuti in semilibertà e lavoro all'esterno. Le proposte sono state firmate anche dal Comandante Valentino Di Bartolomeo e dall'agente di Polizia Penitenziaria Sandro Garofalo, che ha collaborato alle operazioni di raccolta firme. In conclusione, Riccardo Chiavaroli - consigliere regionale del Pdl ed iscritto al Partito Radicale Transnazionale - ha espresso il proprio ringraziamento sia all'autenticatore Raffaele Di Felice, consigliere comunale Pdl di Chieti, che al Comandante Di Bartolomeo ed alla polizia penitenziaria per l'accoglienza riservata e "per aver consentito lo svolgimento delle operazioni con celerità, professionalità e in un clima di serenità e spirito collaborativo". Sassari: festival "Pensieri e parole Libri e film all'Asinara" di Anna Sanna La Nuova Sardegna, 8 settembre 2013 Dopo le prime due giornate a Porto Torres il festival "Pensieri e parole Libri e film all'Asinara" torna nel suo luogo più caro, ricco di storia e di ricordi. Nell'ex super carcere di Fornelli per tutto il fine settimana si alterneranno film, ospiti, dibattiti e riflessioni sul cinema e la scrittura. Si parte nel pomeriggio con la presentazione di "Libera storie", il progetto che punta a diffondere la lettura nelle carceri isolane promosso dall'Assessorato regionale alla pubblica istruzione in collaborazione con il Provveditorato Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria e l'Associazione Italiana Biblioteche. In serata è attesissimo l'arrivo di Alessandro Gassman con il suo primo film da regista "Razza Bastarda", mentre domani gli ospiti saranno Kasia Smutniak, il regista Rolando Ravello, lo scrittore Bruno Arpaia e Domenico Procacci. La giornata di domenica sarà aperta alle 19 proprio da un dibattito tra Arpaia e il patron della Fandango sullo stato della cultura in Italia. "In un momento delicato come questo dovremmo avere un impegno vero anche da parte di chi ci governa a creare una politica culturale che al momento non c'è - afferma Procacci - se la cultura diventa una priorità in Italia come lo è in altri paesi può essere l'inizio di un periodo nuovo. Se invece sarà sempre considerata qualcosa di superfluo, un lusso, allora continuerà così. Ci sono dei paesi come la Francia dove le possibilità sono molte di più e ci sono un clima culturale e una attenzione decisamente maggiori. Da noi è un momento particolarmente difficile. È una cosa ciclica, mi è successo diverse volte da quando ho iniziato a fare questo lavoro. Ma adesso sono leggermente meno ottimista". Sono tanti i talenti italiani scoperti o rilanciati dalla Fandango, da Gabriele Muccino a Emanuele Crialese. Tanti i successi di pubblico e di critica come "Le conseguenze dell'amore" di Paolo Sorrentino e "Gomorra" di Matteo Garrone. Una realtà particolarissima, quella della Fandango, nata come casa di produzione cinematografica estesasi negli anni all'editoria e alla musica, con una web tv e una web radio. Con scelte coraggiose come la produzione del film "Diaz. Non pulire questo sangue", sui fatti del G8 di Genova con cui l'Italia non ha ancora mai fatto davvero i conti: "È stato un film molto difficile da produrre - spiega Procacci - penso però che abbia contribuito al dibattito con una conoscenza più ampia di ciò che accadde in quella scuola". Tra le prossime uscite targate Fandango, è in lavorazione "Arance e martello" di Diego Bianchi e sono da poco iniziate le riprese di "Una donna per amica" di Giovanni Veronesi con Fabio de Luigi e Laetitia Casta. E non mancano i progetti per la televisione: "al momento quello più avanzato è la serie di Gomorra che produciamo per Sky ma stiamo lavorando anche a una serie televisiva sulla vita di Oriana Fallaci a cui si aggiungerà un film per il cinema". Tra i registi con cui Domenico Procacci vorrebbe lavorare c'è anche Paolo Sorrentino, "con cui abbiamo fatto due film, e poi ha continuato con i suoi produttori storici. Un mio antico sogno invece era produrre Nanni Moretti: sembrava impossibile, poi c'è stato "Habemus Papam" e anche il prossimo film lo faremo insieme". Mondo: Nessuno tocchi Caino; esecuzioni record in Iraq e Iran e in Corea del Nord Tm News, 8 settembre 2013 Nessuno tocchi Caino lancia l'allarme sul numero record di esecuzioni registrate in Iran, Iraq e Nord Corea negli ultimi venti giorni. Lo indica l'ong italiana in un comunicato ufficiale, che definisce invece positiva la sospensione delle esecuzioni in Pakistan, stabilita dal primo ministro Nawaz Sharif. Negli ultimi venti giorni, dopo la fine del Ramadan, l'Iran del nuovo Presidente Rohani ha effettuato e reso note almeno 26 esecuzioni, otto delle quali avvenute sulla pubblica piazza e una nei confronti di un ragazzo che era minorenne quando ha commesso il reato. Almeno altre sedici persone sono state giustiziate in segreto: undici a Karaj e cinque a Orumieh. Dall'inizio dell'anno l'Iraq di Nouri al Maliki, che pare stia seguendo pedissequamente il modello iraniano anche sulla pena di morte, ha già giustiziato almeno 70 persone, 21 delle quali sono state impiccate nelle ultime due settimane. Dal 2005 a oggi, l'Iraq post-Saddam ha eseguito almeno 517 condanne a morte "legali", un trend da regime saddamita. Con le 12 esecuzioni del 20 agosto, tra cui quella di Hyon Song-Wol, l'ex fidanzata del leader nordcoreano Kim-Jong-un, la Corea del Nord resta tra quei Paesi che fanno maggiormente ricorso alla pena di morte anche se il numero delle esecuzioni è tenuto assolutamente nascosto. Positiva invece la notizia che viene dal Pakistan, dove alla fine di agosto il premier Nawaz Sharif ha sospeso l'esecuzione della pena capitale per 468 detenuti, compresi terroristi e altri condannati a morte da tribunali militari. Sharif ha rinviato le esecuzioni capitali fino a nuovo ordine dopo essersi consultato con il Presidente Asif Ali Zardari, da sempre contrario alle esecuzioni. Questa moratoria temporanea - conclude la nota - è stata anche il frutto delle pressioni dell'Ue, che avrebbe posto questo come condizione per assegnare alle esportazioni pakistane uno stato di priorità. Medio Oriente: il 29 ottobre Israele rilascerà altri detenuti palestinesi Adnkronos, 8 settembre 2013 La prossima liberazione di palestinesi detenuti nelle carceri israeliane avverrà il 29 ottobre. Lo ha detto il ministro dei prigionieri palestinesi Issa Qaraqe ha anche annunciato le scadenze delle successive liberazioni che porteranno a 104 il numero complessivo, in quattro fasi, dei detenuti rilasciati da parte di Israele come gesto di buona volontà in occasione della ripresa dei colloqui di pace tra le parti. Le altre date indicate da Qaraqe sono il 29 dicembre e il 28 marzo. Il primo gruppo di 26 persone è stato rilasciato lo scorso 14 agosto a poche ore dal riavvio delle trattative e dopo numerose proteste in Israele da parte delle famiglie delle vittime (ma non solo) a causa del tipo dei reati commessi dai detenuti. La maggior parte di loro è in carcere da prima degli Accordi di Oslo del 1993. Afghanistan: talebani rilasciano deputata in cambio di miliziani scarcerati in Pakistan Aki, 8 settembre 2013 I Talebani hanno liberato una deputata afghana, Fariba Ahmadi Kakar, in cambio del rilascio di sette detenuti dalle carceri di Kabul. Lo rende noto il vice presidente del Consiglio provinciale di Ghazni, Abdul Jameh Jameh, ricordando che la deputata era stata sequestrata dai Talebani più di tre settimane fa. Parlamentare della provincia di Kandahar, Kakar era stata rapita dai Talebani il 14 agosto a Ghazni mentre si stava recando a Kabul con i figli. L'autista e i figli della donna sono stati rilasciati poche ore dopo il sequestro. Mansoor Dadullah, Said Wali, Abdul Manan, Karim Agha, Sher Afzal, Gul Muhammad e Muhammad Zai sono i nomi dei prigionieri liberati, secondo quanto riferito dal ministero degli Esteri afghano, ricordando che l'anno scorso sono stati liberati circa 26 detenuti talebani.