Giustizia: le carceri italiane sono tra le peggiori d’Europa… parola di ministro di Valter Vecellio www.lindro.it, 19 settembre 2013 La denuncia non può essere più esplicita, e, data la fonte, più credibile. È il capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Giovanni Tamburino, che parla. L’Italia, dice, è “tra i peggiori” paesi d’Europa in termini di sovraffollamento carcerario, con 150 detenuti ogni 100 posti disponibili. E ancora: il “tasso di detenzione”, sulla base di un’analisi “comparativistica” rispetto a Paesi paragonabili al nostro, e alla situazione della “criminalità in Italia”, potrebbe “con una previsione a medio termine” plausibilmente “attestarsi al livello attuale, con 100-110 detenuti ogni 10mila abitanti”. “Il cosiddetto decreto svuota-carceri”, dice sempre Tamburino, “ha contribuito a una riduzione consistente del numero dei detenuti nelle carceri italiane se si compara il dato risultante dall’applicazione della nuova normativa a quello del 2010: rispetto ai 69 mila detenuti del secondo semestre del 2010 dai dati di qualche giorno fa emergeva come in poche settimane, la cifra avesse raggiunto i 64 mila, scendendo al di sotto della soglia psicologica di 66 mila che per mesi non eravamo riusciti a varcare”. La situazione, tuttavia, continua a essere preoccupante. Si stima, per esempio. che, dal 1988, ben 50 mila persone circa siano state vittima di ingiusta detenzione o di errore giudiziario; dal 1991 lo Stato ha risarcito per circa 600 milioni di euro questi innocenti. Eppure, dal 1988, su 400 cause presentate per la responsabilità civile dei magistrati, solo quattro magistrati sono stati condannati. Com’è possibile? “La somma delle vittime e dei risarcimento è al ribasso”, spiega il presidente dell’Unione delle Camere Penali Valerio Spigarelli. “Si tenga conto che per l’ingiusta detenzione non sempre lo Stato concede il risarcimento, anche a fronte di una sentenza di assoluzione totale dell’ex detenuto. Purtroppo, anche la legge attuale sulla responsabilità civile è fatta male: c’è un filtro preliminare alle cause, di cui si occupa ovviamente la magistratura stessa. La legge oggi prevede la responsabilità solo per dolo o colpa grave, cioè solo per gravissimi casi. Restano esclusi ad esempio tutti gli errori di interpretazione delle prove o delle leggi, per cui se anche ci fosse un magistrato che compisse un errore clamoroso, come inventarsi una legge, paradossalmente non avrebbe responsabilità civile”. Una cosa è certa: con solo quattro magistrati sanzionati in 26 anni o abbiamo i giudici migliori del mondo, cosa quantomeno discutibile e contraddetta da tutti gli altri dati e indicatori; oppure la legge così com’è non funziona e va radicalmente modificata. Per capire come stanno le cose, facciamoci aiutare dal professor Giuseppe Di Federico. Di Federico è docente di Ordinamento giudiziario a Bologna, è stato componente ‘laico’ del Consiglio superiore della magistratura; attualmente è componente della commissione di saggi voluta dal presidente del Consiglio Enrico Letta per mettere a punto un pacchetto di riforme costituzionali. “Come diceva Giovanni Falcone”, spiega Di Federico, “una delle ragioni della crisi della giustizia sta nel fatto che i magistrati, dopo il reclutamento, non subiscono più valutazioni di professionalità. Poi, ed è una questione di massima importanza, il processo, civile e penale, dovrebbe svolgersi in tempi ragionevoli. Altro aspetto che in Italia non esiste. Per i ritardi della nostra giustizia abbiamo ricevuto dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo il doppio delle condanne ricevute dagli altri Paesi dell’Europa occidentale nel loro insieme”. A differenza di tutti gli altri paesi, nota Di Federico, “da noi il Pubblico Ministero è indipendente come il giudice. Dalla Francia agli Stati Uniti, dal Portogallo alla Germania, all’Inghilterra, il PM fa invece parte di una struttura gerarchica unificata. Ha, cioè, a livello nazionale un capo che è politicamente responsabile del modo in cui vengono condotte le indagini e l’iniziativa penale. Qui, tutto questo non c’è. Le singole procure ed i singoli pm possono agire a loro piacimento. E se alla fine esce fuori che non c’era alcuna ragione per agire, loro possono sempre dire che non potevano fare diversamente a causa della obbligatorietà dell’azione penale”. Di Federico ricorda gli anni in cui ha lavorato gomito a gomito con Falcone al ministero della Giustizia: “Ero consulente del ministro Claudio Martelli, Falcone era direttore degli Affari penali e mi diede, tra l’altro, l’incarico di fare il monitoraggio del processo penale. Fra le riforme che Falcone si proponeva vi era quello di rendere più efficace il funzionamento dell’ufficio del pubblico ministero. Non solo riteneva altamente disfunzionale che le Procure avessero politiche criminali diverse, potendo ciascuna decidere quali reati perseguire prioritariamente, ma anche e soprattutto che ogni pm potesse fare di testa propria. Una delle prime cose che fece, fu una riunione dei procuratori generali. Venne fuori che ciascun procuratore generale sapeva ben poco di quanto avveniva nel suo stesso distretto giudiziario. Falcone allora si fece promotore del decreto istitutivo della Direzione Nazionale Antimafia, assegnandole poteri effettivi di coordinamento dell’attività investigativa in materia di criminalità organizzata. Vi fu la ribellione di tutte le procure e si dovette fare marcia indietro, togliendo pure il potere di avocazione dei casi più importanti da parte del procuratore nazionale antimafia. Quando poi lui fece domanda per ricoprire quell’incarico, venne bocciato in commissione al Csm. Qualcuno del Csm scrisse pure che Falcone non poteva andare alla Direzione Antimafia perché ormai era diventato un collaboratore di Martelli ed aveva perso la sua indipendenza”. Giustizia: il coraggio di cambiare il sistema giudiziario di Gian Marco Chiocci Il Tempo, 19 settembre 2013 Nuoti in un mare non tuo, con onde e cavalloni sempre più forti e impetuosi. Chi ha inventato la stupidissima frase “dormire come un innocente”? Io non dormo, sono un disperato in gabbia, che si nutre di calmanti, sonniferi, che sbatte le ali in una gabbia ignobile. Una massa continua mi dilania, mi mangia il cuore. Lo confesso. L’insonnia da prima notte da direttore de II Tempo l’ho combattuta andando a rileggermi le lettere del detenuto Enzo Tortora alla sorella Anna. Un’insonnia ovviamente non paragonabile a quella del presentatore di Portobello e di quanti ogni notte, innocenti in cella, si affidano ai sogni per evadere e riacquistare la libertà negata. Inconsciamente avevo somatizzato le storie dei 50mila poveri cristi sbattuti per sbaglio nelle patrie galere, stando ai numeri che lo Stato - non Il Tempo - si è ben guardato dal rendere pubblici. Un’inchiesta, la nostra, che ha sconvolto tutti: addetti ai lavori, gente comune, lettori vecchi e nuovi, persino magistrati e certi politici che a parole col direttore di questo giornale si complimentano via sms e nei fatti se ne sbattono di mettere una firma sui referendum radicali, di rendere questa giustizia più giusta, le galere meno affollate, insomma evitano accuratamente di impegnarsi per rendere serena la vita di ognuno di noi assicurando a chi sbaglia, chiunque esso sia, di pagare pegno. Questo per dire, e ribadire, che il male di una giustizia sfasciata non è Silvio Berlusconi, anche se una certa magistratura - e con lei una politica trasversalmente pavida per timore delle toghe - sin dal 1994 la pensa diversamente. Sulle “anomalie” sviscerate dal Cavaliere in videotape è obiettivamente difficile dissentire. Il personaggio più tartassato della storia, dato sempre per morto e puntualmente risorto, seppur ferito ieri ha suonato la carica di Forza Italia. Se in tanti dovessero accorrere, la speranza è che almeno stavolta la facciano questa benedetta riforma della giustizia già sfuggita quando il centro destra aveva i numeri per portarla a casa. Ora o mai più. Perché, come ha ribadito Berlusconi (ma a parlare poteva essere uno dei troppi indagati, sputtanati, ammanettati ingiustamente) “non possiamo permettere che l’Italia resti rinchiusa nella gabbia di una giustizia malata che lasciai suoi segni sulla carne viva di milioni di italiani”. Giustizia: intervista a Antonio Di Pietro (Idv); non esiste un abuso del carcere preventivo di Maurizio Gallo www.iltempo.it, 19 settembre 2013 “Dire che c’è un abuso della carcerazione preventiva è un abuso del termine, perché sulla richiesta del pm c’è la verifica del giudice”. Parola di Antonio Di Pietro, ex ministro del governo Prodi, ex leader dell’Idv e, soprattutto, ex pubblico ministero di Mani Pulite. Dottor Di Pietro, siamo di fronte a un’inflazione di errori giudiziari e di ingiuste detenzioni. Come mai tutti questi sbagli? “Chi lavora può sbagliare, siamo uomini e non padreterni. Per questo ci sono tre gradi di giudizio. Ma bisogna stare attenti: l’errore giudiziario non è quando un pm inizia un’indagine e poi l’imputato viene assolto. Il magistrato ha l’obbligo dell’azione penale di fronte a notizie di reato. A me è capitato di prosciogliere persone che avevo messo sotto indagine, oppure lo ha fatto il Gip. Ma io non mi sono sentito sconfitto per questo. Bisogna distinguere fra indagini preliminari e rinvio a giudizio”. Allora quando, secondo lei, siamo in presenza di un errore giudiziario? “Io accuso lei di omicidio e il “morto” è vivo. Questo è un errore giudiziario”. L’uso disinvolto e senza riscontri dei pentiti, la voglia di protagonismo e l’innamoramento per una tesi accusatoria da parte del pm non giocano un ruolo importante? “Ripeto. C’è un solo modo per non sbagliare mai: fare il notaio invece che il pm. Il pm scava, non certifica. Come ho fatto con Mario Chiesa per Mani Pulite. Lui fu arrestato in flagranza di reato e il codice mi permetteva di chiedere il rinvio a giudizio per direttissima. Invece non presi questa strada perché capii che era solo la punta di un iceberg...”. Anche lei è stato indagato. “Sì, mi indagò la procura di Brescia e poi fui prosciolto. Ma non per questo li ho considerati cattivi pm. Hanno verificato e hanno fatto bene”. Sì, ma ci sono esempi eclatanti di errore, come il caso Tortora... “Su questo sono d’accordo con lei. Ma a tutti può capitare. Se oggi discutiamo del risarcimento alla Cir di Berlusconi è perché qualcuno non ha fatto il suo dovere e si è fatto corrompere. Ma una cosa è il dolo e una cosa la trasandatezza. Da un lato ci sono dolo e colpa grave, dall’altro una diversa interpretazione del caso da parte di pm e gip. Non si può pretendere la responsabilità civile per un errore d’interpretazione”. Gli episodi di ingiusta carcerazione dimostrano che c’è un abuso della carcerazione preventiva. È d’accordo? “No. È un abuso di parole. C’è un uso, non un abuso. La detenzione viene disposta quando la richiesta del pubblico ministero viene verificata e accolta dal giudice per le indagini preliminari. Quindi è un falso problema”. Ma il problema degli errori giudiziari esiste. Che fare? “È passato il messaggio che la colpa non è di chi commette i reati ma di chi li scopre. Questo non è giusto. Ci vogliono più mezzi, più uomini, più risorse finanziarie per mettere i magistrati in condizione di lavorare meglio. Lo stesso discorso vale per le carceri. Non è con amnistie e indulti periodici che si risolve il problema”. Giustizia: Violante (Pd); l’amnistia è il “Dash” per la coscienza della politica Agi, 19 settembre 2013 “L’amnistia è il Dash per la coscienza della politica”. Lo ha detto Luciano Violante intervenendo a Roma a un incontro sui principali temi della Giustizia organizzato dall’Unione delle Camere penali italiane. “Certamente - ha poi osservato l’esponente del Pd, se riuscissimo a fare una riforma profonda del sistema penale allora l’amnistia sarebbe assolutamente necessaria, ma oggi non c’è nessuna riforma e attraverso l’amnistia ci si vuole liberare del problema delle carceri, che poi tornerebbe dopo 3 anni, come si è dimostrato finora”. Parlando sempre della questione delle carceri, Violante ha poi auspicato la creazione di “un garante nazionale e di un commissario straordinario per il lavoro in questi luoghi”. Giustizia: Spigarelli (Ucpi); adesione nostra protesta è stata totale, bene firma referendum Ansa, 19 settembre 2013 “La giustizia penale si è fermata: è stata totale l’adesione alla nostra protesta”. Il presidente dell’Unione delle Camere penali, Valerio Spigarelli, traccia un bilancio pienamente positivo al quarto giorno di astensione dalle udienze indetto dalla sua organizzazione contro una politica “debole” in materia di giustizia e “inadempiente” sull’emergenza carceri. Lo fa a margine di un confronto con la politica organizzato dall’Ucpi sui temi della giustizia. Una partecipazione così alta allo sciopero dà il senso dell’inadeguatezza della politica ad affrontare nodi cruciali che riguardano il rapporto tra cittadini e Stato come la questione della separazione delle carriere in magistratura e dell’uso della custodia cautelare. Temi di cui non si parla anche perché il dibattito politico è sempre intorno “a singoli processi”. La soddisfazione di Spigarelli riguarda anche la raccolta per le firme sui referendum per la giustizia. I penalisti fanno parte con i Radicali nel Comitato promotore e in questi giorni hanno allestito banchetti presso le varie Camere penali e davanti ai tribunali. “Il riscontro in termini di consensi è stato inaspettato; solo a Pavia abbiamo raccolto 4.000 firme”. E a sottoscrivere i quesiti che riguardano la custodia cautelare, l’abolizione dell’ergastolo, la separazione delle carriere, la responsabilità civile e gli incarichi extragiudiziari dei giudici, “sono stati anche alcuni magistrati”. “I referendum sono strumenti di democrazia diretta”, che hanno inciso sulla vita del Paese, sottolinea il leader dei penalisti. “Chi si azzarda a trasformarli in consultazioni pro o contro qualcuno - avverte - lo fa solo per sabotarli”. Giustizia: Amnesty e Antigone; inaccettabile definizione di tortura in discussione al Senato Ristretti Orizzonti, 19 settembre 2013 Amnesty International Italia e Antigone hanno espresso disappunto per la definizione di tortura contenuta nel testo in discussione alla Commissione Giustizia del Senato, in quanto difforme dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. “Se questa definizione fosse introdotta nella legislazione penale, un singolo atto di tortura non sarebbe sufficiente a punire i torturatori” - hanno dichiarato le due associazioni. Secondo l'ultimo testo unificato del disegno di legge sull'introduzione del delitto di tortura nel codice penale, presentato il 17 settembre dal relatore Nico D’Ascola (Pdl), per esservi tortura vi sarebbe infatti bisogno che vengano commessi “più atti di violenza o di minaccia”. Un solo atto del genere potrebbe dunque consentire di evitare una condanna. Si tratta di una definizione che ricorda tristemente una formulazione proposta nel 2004 dalla parlamentare della Lega Nord Carolina Lussana. “Nel caso della proibizione legale della tortura il lavoro del parlamento può e deve essere facilitato dai testi internazionali. La definizione dell’articolo 1 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984 non richiede sforzi di fantasia da parte del legislatore. È necessaria, piuttosto, una seria volontà politica, che purtroppo nell'ultimo quarto di secolo è mancata” - hanno sottolineato Amnesty International Italia e Antigone. La lacuna normativa perdura da 25 lunghissimi anni, durante i quali l’Italia non ha onorato gli impegni internazionali, al contempo mostrando di non essere affatto immune dai rischi di tortura. Nell'ambito di importanti sentenze, infatti, i giudici italiani hanno affermato che questa lacuna normativa impedisce loro di procedere alla punizione di fatti gravissimi. Tra queste, la sentenza definitiva di condanna per i fatti di Bolzaneto. “Ci appelliamo alla Commissione Giustizia affinché elabori e approvi una definizione di tortura conforme a quella delle Nazioni Unite” - hanno concluso Amnesty International Italia e Antigone. Reggio Calabria: nel carcere di Locri raccolte 100 firme sui 12 Referendum Radicali di Antonella Trifirò www.strettoweb.com, 19 settembre 2013 Tramite una nota il consigliere provinciale della Lista Scopelliti Presidente, Francesco Cannizzaro, fa sapere che questo pomeriggio è stata offerta la possibilità ai detenuti della Casa Circondariale di Locri di esprimere per la prima volta il proprio pensiero su materie referendarie prima dell’eventuale apertura delle urne. Insieme all’avvocato Eugenio Minniti che ha guidato la delegazione della Camera Penale e al coordinatore dei riformisti l’avvocato Gianpaolo Catanzariti, sono state raccolte in carcere otre 100 firme sui 12 referendum per la giustizia giusta e i nuovi diritti umani e civili. Obiettivo primario di questa campagna referendaria è raccogliere almeno 500 mila firme entro Settembre, perché nella primavera del 2014 gli italiani possano essere chiamati a votare per dodici riforme possibili che, secondo i Radicali, il Parlamento non metterà mai all’ordine del giorno perché sgradite ai potenti e solo una nuova, immediata mobilitazione istituzionale, civile, sociale, attraverso i Referendum popolari, può imporre all’agenda della politica. “Dobbiamo stimolare gli organi legislativi al varo di una riforma della giustizia da anni caldeggiata e sempre rimandata a fronte di altre emergenze nazionali - dice Cannizzaro. “Intanto, le carceri scoppiano e non esiste una soluzione reale al problema mentre l’Ue ci guarda in attesa di risposte concrete che l’estensione del cosiddetto “svuota carceri” non può dare. Uscendo dall’istituto penitenziario di Locri, porto con me fuori dalle sbarre non solo le tante firme dei detenuti ma anche le loro speranze e il sostegno all’iniziativa radicale sia per l’amnistia sia per i referendum per la giustizia giusta e contro le leggi criminogene. Un sentito ringraziamento va al coordinatore Catanzariti per l’impeccabile lavoro svolto sul territorio, alla direttrice della Casa Circondariale, la Dottoressa Patrizia Delfino, e agli agenti di polizia penitenziaria per la disponibilità ancora una volta dimostrata nei nostri confronti e per aver consentito lo svolgimento degli eventi di raccolta firme garantendo, con la loro costante presenza, la legittimità delle procedure”. Ferrara: “Libri galeotti, quando i diritti sono dietro le sbarre”… di Elisa Fornasini www.estense.com, 19 settembre 2013 La libreria Ibs apre il nuovo ciclo di incontri sul carcere. No, non riguarda il quinto canto dell’Inferno di Dante ma il nuovo ciclo d’incontri che si svolgerà alla libreria Ibs.it bookshop di Ferrara dal 20 settembre all’11 ottobre. L’iniziativa, dal titolo completo di “Libri galeotti. Carcere, pena (e dintorni) nelle pagine di recenti volumi”, si propone di affrontare tematiche alquanto spinose riguardo al carcere: dal disegno costituzionale della pena all’effettività della sua esecuzione, dai centri di identificazione ed espulsione al sovraffollamento delle carceri italiane, dai diritti dietro le sbarre alla dignità personale. “La durata delle cose è in misura della loro qualità”. È con queste parole che Andrea Pugiotto, ordinario di Diritto costituzionale dell’Università di Ferrara e organizzatore dell’evento, apre orgogliosamente la conferenza stampa. In effetti c’è da esserne orgogliosi: l’iniziativa arriva con successo alla terza edizione, dopo la prima edizione di “Un libro dietro le sbarre” del 2011 e “Nuovi libri dietro le sbarre” dell’anno scorso. Entrambe le precedenti iniziative si sono tradotte in due pubblicazioni editoriali curate da Franco Corleone e Pugiotto: “Il delitto della pena. Pena di morte ed ergastolo, vittime del reato e del carcere” (Ediesse, 2012) e “Volti e maschere della pena. Opg e carcere duro, muri della pena e giustizia ripartiva (Ediesse, 2013). In questo nuovo ciclo di incontri cambiano i temi affrontanti ma la forma collaudata resta la stessa perché rappresenta la chiave del successo dell’iniziativa. “Si parte da un libro - spiega Pugiotto - che fa da detentore di una discussione a cui partecipano l’autore, gli esperti del tema (giuristi, filosofi, magistrati, garanti dei detenuti, ndr) e il pubblico che può intervenire”. Inoltre in apertura e chiusura di ogni incontro l’attore Marcello Brondi interpreterà alcune pertinenti letture sceniche. Il primo incontro, dal titolo “Il reato che non c’è: la tortura”, si terrà venerdì 20 settembre alle 17.30 in cui verrà presentato il libro “Legalizzare la tortura? Ascesa e declino dello Stato di diritto” (il Mulino, 2013) di Massimo La Torre e Marina Lalatta Costerbosa. Dopo il saluto introduttivo di Roberto Bin, direttore Iuss Ferrara 1391, si terrà la discussione a cui prenderanno parte l’autrice Costerbosa, Andrea Pugiotto e Mauro Palma, già presidente del comitato Europeo Prevenzione Tortura . A coordinare l’incontro Cristiana Fioravanti, associato di diritto dell’Unione europea dell’università di Ferrara. Il secondo incontro, che si svolgerà venerdì 27 settembre alle 17.30, si intitola “Le prigioni degli altri: i centri d’identificazione e di espulsione” in cui verrà trattata la tematica del Cie grazie al libro di Caterina Mazza “La prigione degli stranieri. I centri di identificazione e di espulsione” (Ediesse, 2013). A discutere con l’autrice sempre Pugiotto e Alberto Burgio, ordinario di Storia della filosofia dell’Università di Bologna, mentre Giuditta Brunelli, ordinario di Diritto costituzione dell’Università di Ferrara coordinerà l’appuntamento. Il saluto introduttivo spetterà invece a Desi Bruno, garante dell’Emilia Romagna per le persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale. “Chiudere due centri Cie è stata una conquista - spiega Bruno, presente alla conferenza - ma la situazione carceraria non è cambiata. Sono 3mila e 800 i detenuti a presenza regionale a fronte dei 2mila e 560 di capienza nelle 11 carceri regionali. Il tema del sovraffollamento non risolto incide sulla condizione di vita di queste persone”. Il terzo incontro “Diritti e diritto dietro le sbarre” si terrà venerdì 4 ottobre alle 17.30. A discutere con l’autore del libro “Dignità e carcere” (Editoriale Scientifica, 2011) Marco Ruotolo, ci saranno Pugiotto e Francesco Maisto, presidente Tribunale di sorveglianza di Bologna. A coordinare l’incontro Paolo Veronesi, associato di Diritto costituzionale di Unife, mentre il saluto introduttivo spetterà a Marcello Marighelli, garante comunale dei diritti dei detenuti. “I detenuti perdono solo la libertà, non devono perdere i diritti” è il commento di Marighelli, preoccupato anche lui del sovraffollamento. “La casa circondariale di Ferrara ha una capienza di 250 persone, mentre secondo gli ultimi dati pervenuti a settembre sono 401 i detenuti rinchiusi. Senza contare che prima del terremoto si era arrivati a una condizione insostenibile con oltre 500 incarcerati”. Il quarto e ultimo incontro dal titolo “Dall’aula di tribunale al carcere: un’agenda di cose da fare”, si terrà venerdì 11 ottobre alle 17.30. Il punto di partenza per trattare il tema del sovraffollamento sarà il libro “Sovraffollamento carceri: una proposta per affrontare l’emergenza” (Quaderni del Csm, n. 160, 2013) a cura di Glauco Giostra, a cui seguirà la discussione con Marcello Bortolato, tribunale di Sorveglianza di Venezia e Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti del comune di Firenze. A coordinare l’incontro Pugiotto, dopo il saluto introduttivo di Federico D’Anneo, direttore della scuola forense di Ferrara. Affiancate al programma seminariale, saranno proposte due iniziative collaterali. La prima, mercoledì 25 settembre alle 21 presso la sala Boldini, consisterà nella proiezione del docufilm “Lo stato della follia” alla presenza del regista Francesco Cordio, che ha realizzato un intenso lavoro di documentazione e narrazione che ha costretto il parlamento a chiudere gli ospedali psichiatrici giudiziari. La seconda, sabato 5 ottobre alle 17.30 presso la libreria Ibs sarà la presentazione, a cura del regista e attore nonché Horacio Czertok, del primo dei “Quaderni del teatro carcere”. “Il fascicolo documenta le splendide esperienze di attività teatrale realizzate nelle case circondariali dell’Emilia Romagna - spiega Czertok, responsabile del progetto. Inoltre verrà presentato anche Astrolabio, il giornale della casa circondariale di Ferrara edito dai detenuti stessi. Infine si eseguirà una perfomance a sorpresa”. A portare il proprio saluto anche le autorità. “Su questi temi si gioca la civiltà - commenta il vicesindaco Massimo Maisto - perché sono temi scomodi, difficili, di cui si fa fatica a parlare. Aver dato il patrocinio a questo evento dimostra la nostra scelta politica forte di voler discutere, approfondire e affrontare queste problematiche che riguardano anche la casa circondariale di via Arginone”. Si collega al suo intervento Chiara Sapigni, assessore comunale alla Sanità e Servizi alla Persona: “Il carcere deve essere inserito nella vita della città, nonostante sia fuori dalle mura estensi. Tra gli obiettivi da raggiungere c’è l’inserimento sociale di chi ha scontato la sua pena ed è tornato in libertà”. L’assessore conclude l’incontro prendendo a prestito le parole del Cardinal Carlo Maria Martini: “Chi lascia l’uomo nella sua colpevolezza, chi lo scolpisce dentro di essa, non è molto diverso dal colpevole stesso”. L’iniziativa è promossa dall’Università di Ferrara (dottorato di ricerca in Diritto costituzionale), in collaborazione con il Garante dei diritti dei detenuti di Ferrara, il Garante delle persone private della libertà della Regione Emilia Romagna, il Difensore Civico Regione Emilia Romagna e la scuola forense dell’Ordine degli avvocati di Ferrara, e ha il patrocinio dell’Amministrazione comunale e provinciale di Ferrara, della fondazione forense di Ferrara e dello Iuss Ferrara1391. Firenze: Renzi (Pd); problema carceri da affrontare senza provvedimenti una tantum Adnkronos, 19 settembre 2013 “Del tema delle carceri si parla spesso quando ci sono eventi negativi: ma i problemi nazionali, come il sovraffollamento dei detenuti, non si affrontano con lo svuotamento degli istituti, con la creazione di nuovi carceri o con provvedimenti una tantum ma con operazioni e sfide culturali ed educative”. Lo ha detto il sindaco di Firenze Matteo Renzi presentando in conferenza stampa a Palazzo Vecchio le biciclette riciclate ma di design realizzate con il marchio “Piede Libero” da detenuti ed ex detenuti delle carceri fiorentine. Latina: arriva il braccialetto elettronico per il controllo a distanza dei detenuti domiciliari www.ilpuntoamezzogiorno.it, 19 settembre 2013 Due giorni fa l’Ufficio Gip del Tribunale Ordinario di Roma ha dato incarico alla Divisione Anticrimine della Questura di Latina di curare l’applicazione e l’esecuzione del controllo a distanza di un detenuto, da tradurre nella città di Terracina. Si è dato, pertanto, corso alla procedura, per la prima volta nella Provincia di Latina, di istallazione e attivazione di un dispositivo di controllo e gestione di un sistema di sorveglianza elettronico per il monitoraggio a distanza tra la Centrale Operativa della Questura, il Commissariato di P.S. di Terracina e la dimora del detenuto. Questo pomeriggio i tecnici della Telecom, in base ad una Convenzione Quadro stipulata con il Dipartimento della P.S., hanno messo a punto un sistema all’interno della Sala Operativa della Questura di Latina idoneo per il controllo dei detenuti domiciliari per poter consentire il controllo a distanza, con le modalità previste dall’art 275 bis del codice di procedura penale, su tutto il territorio della provincia La base normativa è data da una legge del 2001 n. 341 recante disposizioni urgenti per l’efficace e l’efficienza dell’Amministrazione della Giustizia. Il giudice nel disporre la misura se lo ritiene necessario può prescrivere procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici. Dopo la messa a punto del sistema sinergicamente è avvenuta la traduzione, da parte della Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Latina, del detenuto presso la propria abitazione, dove, contemporaneamente, sono arrivati i tecnici e gli uomini del Commissariato di P.S. di Terracina. Il braccialetto elettronico viene indossato alla caviglia mentre una unità di sorveglianza locale simile ad una radio-sveglia viene istallata presso l’abitazione del soggetto sottoposto al controllo per ricevere i segnali inviati dal braccialetto. Il detenuto deve rimanere in un determinato raggio di azione preimpostato durante il sopralluogo dai tecnici della Telecom perché in caso contrario scatta l’allarme alla Centrale Operativa. Il dispositivo è a prova di manomissioni o danneggiamenti. Infatti, i funzionari incaricati hanno assicurato che qualsiasi anomalia del sistema viene immediatamente segnalata alla Sala Operativa della Questura. Quello istallato oggi è il 46° braccialetto “attivo” in Italia ed il 100° da quando è entrata in vigore la legge n. 341/01. Benevento: domani l’on. Marco Di Lello (Psi) visita domani il carcere www.informatoresannita.it, 19 settembre 2013 Continua l’impegno dei parlamentari e degli esponenti socialisti rispetto a quella che ormai tutti definiscono l’emergenza carceri. Dopo aver lanciato la campagna “La rosa dei diritti”, gli esponenti del Psi hanno iniziato un tour delle carceri italiane, da Nord a Sud: domani l’on. Marco Di Lello alle ore 9.45 sarà a Benevento. “Il sovraffollamento carcerario che stiamo riscontrando non è degno di un paese civile. Noi abbiamo lanciato una campagna per promuovere la costruzione di nuove strutture e per migliorare la condizione dei reclusi, a partire dai bambini, figli delle donne detenute”. Così il capogruppo alla Camera del Psi, Marco Di Lello. “da sempre il sovraffollamento carcerario è una piaga sociale nel nostro Paese. Aspettiamo il tanto auspicato ddl del ministro Cancellieri che dovrebbe incidere anche sulla depenalizzazione di alcuni reati: nel frattempo continuiamo a mantenere alta l’attenzione sulla situazione carceri con campagne tematiche e continue visite ispettive come quella prevista per domani a Benevento e, soprattutto, continuando con l’attività parlamentare”. Palermo: i detenuti del carcere di Termini Imerese protagonisti del riscatto sociale di Francesco Mantoni www.ilsitodipalermo.it, 19 settembre 2013 “Termini, città dentro le mura. Un progetto di rinascita”. Dal 20 al 22 settembre in mostra le opere realizzate dagli allievi del corso di formazione per ceramisti reclusi all’interno del penitenziario. Quando il carcere non è solo luogo di detenzione ma anche di rinascita. Dal 20 al 22 settembre, infatti, si svolgerà un’originale mostra “Termini, città dentro le mura. Un progetto di rinascita”. L’iniziativa, che mette in esposizione le opere artistico-pittoriche realizzate dai detenuti ospiti del carcere “Cavallacci” di Termini Imerese, è stata organizzata dall’Ecap della cittadina termale, dall’amministrazione comunale e dall’Associazione dei Frati Minori di Termini Imerese. Le opera sono state realizzate dai detenuti allievi del corso di formazione professionale per ceramista decoratore del 2012-2013 e realizzate grazie all’attività didattica di artisti, docenti e volontari che hanno coordinato i detenuti allievi. “Da dietro le sbarre - ha sottolineato il sindaco di Termini Imerese, Totó Burrafato - i detenuti che si sono macchiati di colpe per aver trasgredito la legge non dimenticano la loro città. I murales realizzati sono frutto dei loro ricordi o degli scorci che riescono ad intravedere dal carcere. È chiara la valenza sociale dell’iniziativa che grazie alla sensibilità dell’Ecap e dei Frati francescani coniuga gli sforzi messi in campo per tentare di garantire il recupero di quanti hanno saldato i propri conti con la giustizia impegnandosi anche in specifiche attività formative per ritornare ad una vita normale”. L’inaugurazione è venerdì il 20 Settembre 2013 alle ore 11,30, presso la Rocca del Castello al Belvedere. “È un’iniziativa nobile - ha dichiarato l’assessore alla Cultura Noemi Virzì - che unisce il tema sociale con l’arte. Attraverso le pitture e le ceramiche i detenuti del carcere raccontano Termini Imerese, diventando protagonisti di un riscatto sociale”. Siena: i detenuti mettono in scena i grandi protagonisti della storia locale www.gonews.it, 19 settembre 2013 Sono state identificate 6 figure emblematiche come Porsenna, Ambrogio Lorenzetti, Beccafumi, Pirro Maria Gabbrielli, la Famiglia Cassioli e il Mezzadro. Si chiama “Il gioco dei musei. Musei a teatro” ed è l’interessante e innovativo progetto che Fondazione Musei Senesi ha realizzato per la Casa Circondariale Santo Spirito di Siena con l’Associazione Sobborghi onlus, che vede il patrocinio della Prefettura di Siena e il sostegno di Regione Toscana - Piano Integrato della Cultura 2012 e Provincia di Siena. Articolato in tre fasi il progetto ha previsto un primo step all’interno della Casa Circondariale senese dove sono state organizzate 6 conferenze tematiche dedicate ai grandi protagonisti della storia e dei musei del territorio. In particolare sono state identificate sei figure emblematiche: Porsenna, Ambrogio Lorenzetti, Beccafumi, Pirro Maria Gabbrielli, la Famiglia Cassioli e il Mezzadro. Si è così voluto compiere un viaggio nel tempo toccando tutte le aree tematiche che i musei della Fondazione Musei Senesi rappresentano - archeologia, arte, scienza, antropologia - tramite la storia di personaggi eminenti. Le conferenze, tenute in carcere dai direttori dei musei coinvolti o da esperti del settore, sono state preparatorie per una serie di viste guidate - a Siena (Museo Civco, Museo Diocesano, Museo dell’Accademia dei Fisiocritici), Colle Val d’Elsa (Museo Civico Archeologico e Necropoli di Dometaia), Asciano (Museo Cassioli e Museo di Palazzo Corboli) e Buonconvento (Museo della Mezzadria Senese) - indirizzate ai detenuti il cui regime carcerario fosse idoneo a tale attività. Dopo le visite è partita la seconda fase del progetto, condotta dall’Associazione Culturale “Sobborghi” Onlus, da anni impegnata in attività teatrali finalizzate al reinserimento sociale dei detenuti, che ha portato all’identificazione di un gruppo di “attori” che saranno protagonisti di una performance teatrale, frutto di un lavoro di scrittura e di messa in scena curata dal al regista Altero Borghi. La conclusione del progetto è prevista per sabato 5 ottobre 2013 alle ore 17 quando nella Casa Circondariale Santo Spirito di Siena, sarà presentato in anteprima alle autorità lo spettacolo “Il gioco dei musei”, lavoro scritto e interpretato dai detenuti della Casa Circondariale Santo Spirito di Siena con la partecipazione di Serena Cesarini Sforza per la regia di Altero Borghi Lo spettacolo sarà replicato per il pubblico venerdì 11 ottobre 2013 alle ore 16.00. Chiunque voglia assistervi dovrà far pervenire la propria adesione, entro il 1° ottobre, ai indirizzi e-mail: cc.siena@giustizia.it; daniela.bellocci@giustizia.it, allegando copia del documento di riconoscimento. Per motivi di sicurezza il numero massimo di spettatori non potrà essere superiore a 50. Oltre all’Associazione Sobborghi, che ha visto impegnata anche Serena Cesarini Sforza, “Il gioco dei musei. Musei a teatro” è stato realizzato grazie a: Luigi Di Corato, Giacomo Baldini, Sara Ferri, Pietro Meloni, Elisa Bruttini, Francesca Petrucci, Mariella Carlotti per Fondazione Musei Senesi; Sergio La Montagna, direttore della Casa Circondariale Santo Spirito, con il supporto del responsabile dell’area pedagogica, Sabrina Falcone, nonché del reparto di Polizia Penitenziaria. Alla fine degli spettacoli sarà offerto un rinfresco grazie a Conad e Consorzio Arché. Pavia: la direttrice su furto in carcere “ladri conoscevano struttura, entrati da sotterranei” Ansa, 19 settembre 2013 Si stringe il cerchio attorno agli autori del furto nel carcere di Pavia, messo a segno nella notte tra martedì 17 e mercoledì 18 settembre. Ad agire è stato qualcuno che conosce bene l’istituto: per questo è entrato attraverso un sotterraneo ed è riuscito a eludere la sorveglianza interna. A farlo capire è Iolanda Vitale, direttrice del penitenziario di Torre del Gallo, che oggi ha voluto fare ulteriormente chiarezza su una vicenda che ha destato clamore. Il colpo è stato messo a segno nell’ufficio conti correnti, al piano terra della palazzina della direzione (che è lontana, comunque, dall’ala dell’istituto che ospita le celle). I ladri sono fuggiti con un bottino di circa cinquemila euro: “Sono i soldi che vengono lasciati dai familiari dei detenuti”, ha spiegato oggi la direttrice. Grazie a questi depositi, i reclusi possono poi acquistare generi alimentari, sigarette o inviare telegrammi. “È stato commesso un reato per il quale, sotto la direzione della Procura, si sta indagando al fine di individuare gli autori - ha dichiarato oggi la Vitale. È stato commesso in una struttura della Pubblica Amministrazione e questo genera sorpresa e sconcerto, visto il luogo. Le mie dichiarazioni nascono dall’esagerato rilievo che, a mio parere, è stato dato all’evento. Esagerazioni che denotano una scarsa conoscenza e una superficialità nella valutazione dei fatti e della modalità del lavoro che viene svolto nel nostro istituto”. Roma: consegnati al Papa i doni realizzati dai detenuti nel carcere di Sulmona Il Tempo, 19 settembre 2013 Ieri, In piazza San Pietro, Papa Francesco ha ricevuto i doni realizzati dai detenuti nei laboratori del carcere di massima sicurezza di Sulmona e Teramo. Ad omaggiare sua Santità il cappellano Sante Inselvini, religioso marista che ha consegnato nelle mani del Pontefice un quadro e una ceramica che hanno realizzato i reclusi nei laboratori dei penitenziari abruzzesi. Nel ringraziare, il Papa ha voluto rivolgere un pensiero alle mamme dicendo “penso sempre a loro che soffrono tanto per i figli in carcere”. L’evento, che ha ricevuto diverse adesioni, 170 per la precisione, è stato fortemente voluto dai rappresentanti di Polizia Penitenziaria di stanza in via Lamaccio a Sulmona. “Con questa udienza abbiamo voluto rappresentare il punto di vista professionale e la quotidianità vissuta in carcere - ha precisato il segretario provinciale della Uil, Mauro Nardella - soprattutto in considerazione del delicato compito che abbiamo sul tema di rieducazione e reinserimento sociale del condannato. È stata un’esperienza bellissima che ci ha aiutati a capire ancor più l’importanza del lavoro che svolgiamo quotidianamente”. Come si sa il tema del carcere è molto sentito da Papa Francesco e alla richiesta avanzata direttamente dal presidente Ipa, Mauro Nardella e dal cappellano del Carcere Padre Sante Inselvini di partecipare all’evento ed avere l’opportunità di consegnare i manufatti prodotti dai detenuti, il Vaticano ha subito e affermativamente risposto riservando ai 170 partecipanti i posti speciali messi a disposizione nei confronti di chi si pone in una situazione di rilievo dal punto di vista dell’attività sociale. Torino: la pace nel segno del teatro… si incontreranno detenuti e vittime di reati di Francesca De Carolis La Repubblica, 19 settembre 2013 Si incontreranno e potranno guardarsi negli occhi. Da una parte, i detenuti finiti in prigione per furti, scippi e rapine; dall’ altra, le vittime che quei reati li hanno subiti. Saranno loro i protagonisti di “Cicatrici e guarigioni”, il ciclo di otto eventi teatrali che andranno in scena dal 9 al 18 ottobre nel carcere “Lorusso e Cutugno”. “Il reato crea una ferita nelle vittime, uno strappo che provoca paura e insicurezza e che non si rimargina finché non si affronta - spiega il regista Claudio Montagna, che dal 1993 coordina il laboratorio teatrale in carcere- L’ obiettivo di questi eventi è di permettere agli autori dei reati e alle vittime di ‘ spiegarsi’ e di capire le ragioni dell’ altro”. Quello che accadrà in scena nessuno può dirlo con precisione: Montagna, con il gruppo Ts Teatro e società, ha preparato solo delle tracce. Ogni serata prevederà l’ incontro tra una vittima e un detenuto, che solo poco prima sapranno di andare in scena. Dopodiché i due interlocutori inizieranno il loro dialogo. “Sarà una sorpresa anche per noi che non sappiamo chi avremo davanti fino all’ ultimo - racconta Rossana Mastrorilli, 58 anni, impiegata e vittima di uno scippo L’ unico aspetto che abbiamo pianificato, durante gli incontri nella sede del Gruppo Abele, sono brevi slogan che contengono il senso delle serate: il mio è “noi fra voi”, un invito al confronto, dal quale può nascere una riconciliazione”. Gli eventi sono realizzati col sostegno della Compagnia di San Paolo e la partecipazione del Comune. L’ iscrizione obbligatoria si chiuderà oggi (info www.teatrosocieta.it). Genova: detenute con bimbi piccoli fuori dalla cella, alleanza tra Comune e volontariato La Repubblica, 19 settembre 2013 Le detenute con bambini piccoli, fino a sei anni, da gennaio non dovranno più scontare la pena in carcere. È con questa nuova legge - la 62 del 2011, che entrerà in vigore appunto da gennaio (la norma vigente riguardava le donne con figli fino a tre anni di età) - che si sta confrontando il Comune di Genova. “Avvieremo un tavolo operativo - anticipa l’assessore alla Legalità Elena Fiorini - coinvolgendo anche i servizi sociali e i volontari che ruotano intorno al mondo del carcere. L’obiettivo è trovare strutture esterne e progetti che aiutino queste donne a rifarsi una vita. Perché il carcere non è qualcosa di estraneo: è dentro la città, e deve farne parte”. Ieri, nella sala convegni dei Banco di Chiavari in via Garibaldi è andato in scena il primo passo di questa collaborazione più stretta tra istituzioni e mondo del volontariato. Per dare vita ad una “rivoluzione culturale” che abbatta le barriere. “L’affollamento delle carceri - spiega l’assessore regionale alla Salute Claudio Montaldo - non si risolve solo costruendone di nuove. La sfida del 2014 sarà quella di concentrarci sui detenuti tossicodipendenti e su quelli con problemi mentali. Che dovranno essere seguiti in strutture dove al primo posto si metta la salute”. Nel frattempo, si va avanti per piccoli passi: “Abbiamo rifinanziato le borse lavoro per dieci detenuti di Marassi e Pontedecimo, che da un anno lavorano nei cimiteri cittadini - racconta l’assessore Fiorini - continueranno anche l’anno prossimo: il loro servizio è utile alla città”. A Pontedecimo i detenuti fanno teatro, insieme a genitori e bambini della scuola Daneo. E la Comunità di Sant’Egidio ha avviato un progetto per favorire il dialogo tra le diverse fedi: “A luglio abbiamo festeggiato a Marassi la fine del Ramadan - racconta Doriano Saracino - con 70 detenuti musulmani, riuniti nella palestra, con l’Imam. Alla fine abbiamo fatto un rinfresco, uno di loro ha preparato le torte. Fino a mezzanotte”. Il muro di indifferenza si butta giù anche così: un mattone per volta. Iran: liberati 11 detenuti politici, c’è anche il legale di Ebadi www.corriere.it, 19 settembre 2013 L’Iran ha liberato almeno 11 prigionieri politici, tra questi anche l’avvocata per i diritti umani e attivista Nasrin Sotoudeh. Era stata arrestata nel 2010 e condannata a sei anni di carcere con l’accusa di avere agito contro la sicurezza nazionale. Sotoudeh ha difeso la premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi e diversi politici e attivisti dell’opposizione, finiti in carcere dopo le proteste seguite alla contestata rielezione di Mahmoud Ahmadinejad. La liberazione avviene a pochi giorni dal viaggio a New York del nuovo presidente moderato Hassan Roha-ni, che parteciperà all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. È l’ennesimo segnale di apertura che arriva da Teheran. Ieri Oba-ma ha definito l’elezione del riformista Hassan Rohani “un’opportunità per la diplomazia”, esprimendo l’auspicio che “gli iraniani ne traggano profitto”. In un’intervista all’emittente in lingua spagnola TekMundo, Obama ha sottolineato come vi siano “indicazioni” secondo cui Rohani “è una persona che punta ad aprire al dialogo con l’Occidente e con gli Stati Uniti, in una maniera cui in passato non abbiamo assistito”. Pertanto, ha aggiunto, “occorre metterlo alla prova”. Il presidente Usa domenica aveva reso noto un inedito scambio di messaggi con l’omologo di Teheran. I due statisti avranno l’occasione di incrociarsi la settimana prossima al Palazzo di Vetro. Fonti della Casa Bianca hanno peraltro precisato che al momento non è previsto alcun incontro bilaterale. Portogallo: popolazione detenuta raggiunge livelli record… meglio il carcere che la strada Affari Italiani, 19 settembre 2013 Si può arrivare a preferire di rimanere in carcere piuttosto che ritrovarsi in mezzo a una strada? È quello che succede in Portogallo dove, secondo quanto riporta la stampa locale, la popolazione carceraria, con 14.000 detenuti, è a livelli record dal 1998. “Ci sono reclusi che preferiscono continuare a scontare la pena in regime aperto invece di uscire in libertà condizionata. Il motivo? Fuori non hanno un lavoro. La crisi è anche la causa della diminuzione delle visite dei familiari ai centri penitenziari. Molti non hanno i soldi per pagare il biglietto dell’autobus”, scriveva il settimanale portoghese Expresso in un reportage apparso a fine luglio. Al fenomeno ha dedicato un ampio articolo anche El País. “La Direzione generale dei Servizi Penitenziari non conosce il numero di detenuti che rinunciano alla libertà ma José Brites, presidente della Ong “O Companheiro”, specializzata nel reinserimento dei reclusi, ha già lavorato con vari casi di uomini di mezz’età che preferiscono andare all’associazione di giorno e tornare in carcere a dormire invece di accedere a un regime più aperto “perché con la crisi non sanno dove andare”, scrive il corrispondente a Lisbona del quotidiano spagnolo. Negli ultimi due anni, i più duri della crisi, con la disoccupazione che supera già il 17 per cento, la popolazione carceraria è aumentata con 2.000 reclusi in più, proprio mentre si registrava un abbassamento degli indici di criminalità. Le ragioni, si legge nell’articolo, sono anche altre, anche se legate alla crisi economica. Come per esempio, l’impossibilità di pagare le multe nei casi di reati minori o le minori risorse delle famiglie di origine per farsi carico degli ex detenuti. “Non è che i detenuti preferiscano rimanere in carcere. Questi sono casi emblematici ma circoscritti - ha spiegato il giudice Mouraz Lopes a El País. I giudici incaricati di approvare la libertà condizionale, al vedere che i requisiti necessari non si compiono, la negano”. Uno dei delitti che è invece aumentato è il furto di generi alimentari. “Ci sono oggi più persone che commettono furti perché non hanno che cosa dare da mangiare ai propri figli”, ha dichiarato a l’Expresso il giudice Eurico Reis. Tunisia: piano urgenza per sicurezza per carceri, misure adottate dopo recenti evasioni Ansa, 19 settembre 2013 La Tunisia va verso l’adozione di misure urgenti per mettere in sicurezza il suo sistema penitenziario, messo di recente a dura prova da alcune clamorose evasioni di massa. Le decisioni in merito sono state assunte nel corso di una specifica riunione in seno al ministero della Giustizia. La prima e più immediata misura riguarda l’acquisizione del materiale ritenuto necessario per elevare i livelli della sorveglianza e della protezione, grazie ai fondi ancora disponibili sul bilancio del 2012 ed attivando altre forme di credito. Sarà quindi creata una commissione di coordinamento tra vari dipartimenti (Giustizia, Interno, Salute, Trasporti e Difesa) che verifichi lo stato di attuazione e quindi di avanzamento del piano. Siria: ucciso ex detenuto di Guantánamo che combatteva contro Bashar al-Assad www.america24.com, 19 settembre 2013 Un ex detenuto del carcere di Guantánamo è morto in Siria, combattendo contro il presidente Bashar al-Assad. A rivelarlo è il Miami Herald. Un video pubblicato su YouTube da un gruppo di ribelli islamici, giudicato affidabile, mostrerebbe i funerali di un combattente, tra i 30 e i 40 anni, presentato da un capo degli oppositori come Mohammed al Alami, un marocchino veterano della jihad in Afghanistan che ha passato “cinque anni nella prigione degli americani a Guantánamo”. Si tratterebbe del primo ex detenuto del carcere voluto dall’allora presidente statunitense, George W. Bush, dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, trovato a combattere in Siria contro Assad. Il dipartimento della Difesa non ha commentato la notizia. Alami trascorse in realtà quattro anni a Guantánamo, tra il 2 febbraio 2002 e il 7 febbraio 2006, quando fu rimpatriato insieme ad altri dieci presunti terroristi. Negli anni dell’amministrazione Bush, il Pentagono rilasciò più di 530 dei 779 prigionieri detenuti a Guantánamo dall’11 gennaio 2002; oggi, nel carcere vivono ancora 164 carcerati, nonostante la promessa del presidente Barack Obama di chiuderlo. La presenza sempre più ampia di jihadisti provenienti da Africa, Medio Oriente e anche Paesi occidentali ha complicato i piani statunitensi per fornire aiuti militari ai ribelli. Egitto: cittadino francese muore in carcere, ira di Parigi, ignote le cause del decesso Ansa, 19 settembre 2013 Un cittadino francese è morto mentre si trovava in custodia al Cairo, in Egitto. Lo ha fatto sapere il portavoce del ministero degli Esteri francese, Vincent Floreani. La vittima, che non è stata identificata, abitava in Egitto e i suoi familiari che vivono in Francia sono stati contattati dalle autorità. Parigi ha chiesto spiegazioni della morte avvenuta venerdì scorso. Difficile misurare i contorni della vicenda in un paese squassato e tornato sotto stretto controllo militare, come dimostra la prigionia in località segreta imposta all’ex presidente deposto Mohamed Morsi dal 3 luglio scorso.