Giustizia: ancora nessuna soluzione concreta per risolvere sovraffollamento carcerario di Lucia Brischetto La Sicilia, 18 settembre 2013 Nonostante il 27 maggio u.s. la Grand Chambre della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo abbia confermato la precedente sentenza della Corte stessa (8 gennaio scorso) rilevando il carattere strutturale del sovraffollamento carcerario, e nonostante avesse già condannato il nostro Paese, assegnandogli il termine di un anno per risolverlo (termine che scadrà il 27 maggio 2014), non è ancora successo nulla. Sono anni ormai che tutti gli ordini professionali e i sindacati penitenziari denunciano che l’emergenza penitenziaria discende dall’errata cultura secondo la quale il carcere è l’unica pena utile per punire. Negli anni si è consentito che si consolidasse la prassi del silenzio, dell’ipertrofia del diritto penale, del depotenziamento delle misure alternative. La situazione delle carceri, nonostante qualche recente intervento normativo, resta gravissima, perché il sovraffollamento è conseguenza di cause strutturali. Con il “Decreto svuota carceri” si era tentato di mettere mano alla questione con approccio sistematico ma il testo originario del D.L. presentato dal Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri è stato “sovvertito” e convertito in una legge che nulla cambia, anzi. Le scelte di mediazione del Parlamento lo hanno modificato impropriamente realizzando un’altra di quelle preziose occasioni perdute nell’ambito delle risorse penitenziarie. L’Amministrazione Penitenziaria, e con essa anche i dirigenti penitenziari, sta tentando di affrontare il problema del sovraffollamento attraverso il progetto dei nuovi Circuiti penitenziari regionali ex art. 115 Dpr 30 giugno 2000 n. 230 e della sorveglianza dinamica, ma anche con tutti gli sforzi non sarà un intervento risolutivo perché affronta il problema solo considerando personale e strutture. Tutto il personale vive e patisce le conseguenze di questa grave crisi ma chi sconta doppiamente la pena sono i detenuti. Le richieste di civiltà della pena così come sancisce la Costituzione sono sostenute da tutti i sindacati, dagli enti di solidarietà, dalla comunità. È stato varato l’1 luglio il Decreto Legge n. 78 che tratta del sovraffollamento degli istituti penitenziari e non è stato ancora completato il piano straordinario penitenziario né adottata la riforma della disciplina delle misure alternative alla detenzione. I detenuti non possono che affidarsi alla Grazia ma qualcuno pare abbia detto: “Schettino ne ammazza 34 ed è fuori ed io che ho dato una sola coltellata ad uno che è rimasto vivo, sono tre anni che sono in galera!”. Giustizia: Brezigar (Ucpi); referendum strumento efficace per attuazione di una riforma Gazzetta di Modena, 18 settembre 2013 Riforma della giustizia, è iniziata la raccolta delle firme per il referendum. Ne parliamo con l’avv. Luca Brezigar membro della giunta nazione dell’Unione Camere Penali. Avvocato, da anni si parla di riforma della giustizia, ritiene efficace il ricorso allo strumento del referendum per darle attuazione? Da anni si parla di riforma della giustizia, e da anni l’Unione delle Camere Penali porta avanti con convinzione e determinazione assolute questa battaglia. Tuttavia di fronte ad una vera e propria “ingessatura” del potere legislativo lo strumento referendario può rappresentare un canale più efficace e risolutivo. L’iniziativa referendaria è partita dal Partito radicale, e ha trovato un sostegno effettivo da parte del Pdl. Dove si colloca l’Unione in questo sodalizio? La riforma della giustizia rappresenta senz’altro uno dei punti principali costantemente all’ordine del giorno nell’agenda dell’Unione. Di fronte all’immobilità del Parlamento abbiamo pertanto accolto favorevolmente i quesiti proposti dal Partito radicale in quanto tali, al di là degli schieramenti politici. Posso garantirle che avremmo sposato ugualmente la causa anche laddove la spinta propulsiva fosse stata offerta dal Pd o dal Movimento Cinque Stelle. E l’appoggio del Pdl non cambia affatto la nostra posizione. La visibilità garantita da Berlusconi senz’altro gioverà alla diffusione del referendum, tuttavia il nostro punto di vista è distante da quello dei partiti e si colloca sopra le parti a tutela delle garanzie dei cittadini. Resta ferma una piena condivisione di vedute. Innanzitutto è doverosa una precisazione. Il Partito radicale ha proposto 12 quesiti referendari, sei relativi alla riforma della giustizia e sei riguardanti i diritti civili, dal cosiddetto “divorzio breve” all’8xmille. L’Unione sta promuovendo la raccolta di firme per i sei quesiti relativi alla riforma della giustizia, fermo restando che anche altri dei quesiti evidenziano le lacune del nostro ordinamento e l’inerzia del potere legislativo. Ad esempio? Ad esempio nell’ambito dell’annoso tema del sovraffollamento delle carceri italiane, il quesito relativo alla eliminazione della pena detentiva per i fatti di lieve entità nella normativa sugli stupefacenti costituisce un passo verso la riduzione del carico penitenziario, considerato che un detenuto su tre è tossicodipendente. Torniamo ai quesiti sulla giustizia. Ben quattro su sei interessano la magistratura. La separazione delle carriere rappresenta un caposaldo tra gli obiettivi dell’Unione. Soltanto una distinzione netta tra la magistratura giudicante e quella requirente può garantire piena applicazione al principio costituzionale di terzietà. Quanto alla ricollocazione dei magistrati “fuori ruolo”, in nome del principio di separazione dei poteri è giunto il momento di mettere fine alla commistione tra magistratura e potere esecutivo e stabilire confini chiari e inderogabili alle attribuzioni di incarichi extragiudiziari ai magistrati. I due quesiti relativi alla responsabilità civile dei magistrati, infine, intendono offrire una garanzia concreta ai cittadini vittime di errori giudiziari, svincolata dai requisiti oramai obsoleti del dolo e della colpa grave, attraverso un’azione civile risarcitoria che si estenda anche ai danni cagionati nell’attività di interpretazione di norme di diritto e di valutazione del fatto e delle prove. Uno dei quesiti riguarda l’abolizione dell’ergastolo. Sull’ergastolo è palese la contraddizione in termini in cui cade il nostro ordinamento. Quale può essere la finalità rieducativa di una pena detentiva a carattere perpetuo? E sulla custodia cautelare in carcere? Questo è un tema molto caro all’Unione. Numerose sono state le proposte di legge presentate nei due rami del Parlamento e anche il governo se n’è occupato con la legislazione d’urgenza. Purtroppo i risultati sono ancora lontani dalle aspettative. Ma resta una priorità. Basti ricordare che il 40% dei detenuti è in attesa di giudizio. Un numero sconvolgente. Porre dei limiti al ricorso alla misura cautelare della custodia in carcere favorirebbe migliori condizioni di detenzione ed eviterebbe l’attuale effetto anticipatorio della pena chiaramente in contrasto con il principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza. Cosa pensa sulla presa di distanze del Pd rispetto alla raccolta firme? Trovo la posizione del Pd in linea con la sua natura. L’antiberlusconismo è forse la piaga più dolorosa all’interno del Pd e anche in questa occasione il rischio che le proposte referendarie possano avvantaggiare Berlusconi appare più importante dei vantaggi che tali abrogazioni recherebbero. Giustizia: l’unica soluzione per riformare il Paese sono i Referendum dei Radicali di Nitto Palma Il Tempo, 18 settembre 2013 Ingiuste detenzioni! Errori giudiziari! Vite distrutte! Milioni di euro buttati dallo Stato in risarcimenti danni! Classifiche di professionalità sui vari uffici giudiziari! Uno spaccato inquietante, desolante, amaro. Ma la giustizia è davvero così ingiusta? Le risposte possono essere le più diverse, a seconda che ci si ponga in una ottica difensiva o accusatoria del sistema. Ma si correrebbe il rischio di attivare le solite polemiche. Per finire poi a sentire qualcuno affermare ipocritamente che si tratta del solito vile attacco all’autonomia e all’indipendenza della magistratura. I dati forniti, comunque li si voglia considerare, denunciano due grandi anomalie: l’eccesso dei casi di ingiusta detenzione e la rilevante quantità di denaro pubblico speso in risarcimenti. I 964 casi di ingiusta detenzione, un’enormità sia in sé, sia con riferimento ai 13 casi di errore giudiziario, evidenziano in modo eclatante ciò che il Presidente della Repubblica ha ripetutamente denunciato, l’uso eccessivo e abnorme della custodia cautelale. E perché ciò avviene? Anche alla luce di quanto affermato di recente dalla dott.ssa Boccassini, non è peregrino sospettare che ciò avvenga, oltre che per una mai punita assenza di professionalità o per un eccesso di presenza di vanità personale, per ottenere quelle pagine di giornale che un processo a piede libero non scomoderebbero, ovvero per ricercare quella popolarità da utilizzare per altre carriere ovvero, ancora, per realizzare una autoassegnata missione sociale di giustiziere, che è quanto di più lontano dall’applicazione della legge e dal ruolo che la legge stessa assegna ai magistrati. E ciò accade e, ahimè, continuerà ad accadere, senza che la politica, forse intimorita o forse connivente o forse interessata a che le cose continuino così, nulla abbia avuto o abbia in animo di fare. I milioni di euro sono a carico dello Stato, e una legge traditrice del responso referendario del 1987 impedisce che a pagare siano i reali autori dei misfatti. Basti pensare che, ad oggi, lo Stato non ha mai azionato l’azione di rivalsa risarcitoria nei confronti dei magistrati. E guai a parlare di una modifica di questa legge, guai a introdurre il tema della responsabilità civile dei magistrati. Si verrebbe accusati di minare l’indipendenza e l’autonomia della magistratura. Ma cosa c’entrano questi sacri principi? Non è forse una sacro principio anche quello che chi gravemente sbaglia e crea danno ad una persona ne paghi il tributo? E, se per ipotesi, vi fosse una seria legge sulla responsabilità dei magistrati, non sarebbe essa sola un deterrente a quelle imprudenze o imperizie o peggio che normalmente sono alla base di tutti i casi di giustizia ingiusta. E, se vi fosse, non cesserebbe la magistratura di essere una casta, forse la più potente che alberga in questo Paese. In tutti questi anni di politica ho capito che la riforma della giustizia non si farà mai, nonostante che tutti ne parlino e addirittura la invochino. Con danno per i cittadini e, anche, per la maggior parte dei magistrati, che con professionalità, serietà, riservatezza e sensibilità umana svolgono il loro lavoro. E che, spesso, forse troppo spesso, proprio per questo, proprio per non essere noti, non raggiungono i vertici degli uffici giudiziari. Quindi, l’unica strada concessa è quella referendaria. Si corra alla firma. Giustizia: la riforma può essere innescata dai Referendum dei Radicali di Sergio Soave Italia Oggi, 18 settembre 2013 A quanto pare, Silvio Berlusconi ha deciso di non far cadere il governo per protestare per la conferma politica della sua condanna giudiziaria, che considera ingiusta e basata su prevenzione e ostilità. La sua decisione, se sarà confermata, prelude a una ricostruzione del campo del centrodestra in cui la questione della giustizia assuma un peso eguale a quello delle tasse e, soprattutto, diventi tema di iniziativa politica di massa, visto che le manovre più o meno sconclusionate di affrontarlo nelle aule parlamentari sono fallite clamorosamente. I referendum indetti dal Partito radicale sembrano fatti apposta (e secondo qualche maligno lo sono) per fornire una base di convergenza esterna, cioè non direttamente legate alla vicende personali di Berlusconi, che ha già visto aderire esponenti di primo piano dell’area centrista, compreso Mario Monti. Senza una poderosa spinta dall’esterno il Parlamento non è stato mai in grado di affrontare strutturalmente il problema dello strapotere giudiziario, quale che fosse la maggioranza della legislatura. I referendum radicali, se come pare saranno sostenuti da un arco ampio di forze politiche e di personalità, possono rappresentare quella spinta. Naturalmente ci sarà il tentativo di renderli inefficaci ricorrendo all’appello all’astensione, del tutto lecito in caso di referendum, per impedire che venga raggiunto il quorum di validità. Però questa tattica, che ha funzionato tante volte, potrebbe fare cilecca in questa occasione, anche perché i radicali hanno messo al fuoco molta altra carne, magari indigesta per molti come quella che tende a limitare l’apporto finanziario alle istituzioni religiose o di beneficenza tramite l’8 per mille. La presenza di un arco eterogeneo di quesiti può indurre molti a un voto differenziato, che si può dare solo partecipando, e questo può far fallire la manovra basata sull’astensionismo. In ogni caso se si vuole svolgere questa battaglia civile è necessario che la legislatura duri abbastanza a lungo, e questo può essere il problema vero. Se anche non sarà Berlusconi a far cadere il governo per provocare elezioni anticipate, c’è il fronte opposto, quello giustizialista, che potrebbe far saltare il tavolo proprio per evitare i referendum radicali e quindi un giudizio popolare sulle storture della giustizia italiana. Le manovre in corso nel Partito democratico in vista del congresso, come sempre piuttosto confuse, sembrano il terreno più favorevole a una manovra di questo genere, anche per l’assenza di una reazione dell’area garantista che in quel partito esiste ma pare chiusa nelle catacombe. Giustizia: Cirielli (Fdi); troppi detenuti in attesa di giudizio… e troppi errori giudiziari 9Colonne, 18 settembre 2013 “Da quando è entrato in vigore il nuovo codice del 1989, le carceri italiane sono piene di persone ingiustamente detenute. E su questo incidono non solo molti stranieri, ma moltissimi cittadini in carcerazione preventiva, cioè in carcere senza un processo. Circa 20.000 sono detenuti in attesa di giudizio, e un terzo di questi sarà assolto. Per rimborsare il danno subito da queste ingiuste detenzioni, lo Stato italiano ha già dovuto corrispondere quasi 600 milioni di euro. La carcerazione preventiva incide per circa un terzo sulla popolazione carceraria, in una situazione di grave sovraffollamento. Siamo stati condannati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Chiediamo quali provvedimenti il governo intende prendere, in relazione alla custodia cautelare, e per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario”. È quanto ha dichiarato oggi alla Camera Edmondo Cirielli, deputato di Fratelli d’Italia e membro dell’ufficio di Presidenza, illustrando un’interrogazione di FdI al ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri. Cirielli ha dichiarato di non essere “per nulla soddisfatto” dalla risposta del ministro, perché “non fare entrare i delinquenti in carcere, o peggio ancora, farli uscire da condannati, anche come recidivi, non è lo strumento idoneo. Il fenomeno dell’ingiusta detenzione va limitato, perché anche una sola persona che finisce in carcere ingiustamente è una vergogna. Occorre costruire nuove carceri - ha concluso Cirielli, fare accordi con gli Stati di origine dei detenuti stranieri, per far loro scontare la pena nei loro Paesi, e limitare gli errori giudiziari e l’uso distorto della custodia cautelare”. Interrogazione a risposta immediata Al Ministro della giustizia. Per sapere, premesso che: da una recente inchiesta giornalistica risulta che dal 1989, anno di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, ammonterebbero a decine di migliaia i cittadini ingiustamente detenuti, moltissimi dei quali in regime di carcerazione preventiva; per rimborsare il danno subito, lo Stato italiano ha già dovuto corrispondere quasi 600 milioni di euro, e questo considerato che, secondo i dati di Eurispes e dell’Unione delle camere penali, solo la metà delle richieste di risarcimento vengono accolte; il tema delle ingiuste carcerazioni incide pesantemente anche sulla problematica del sovraffollamento carcerario, posto che, ad aprile 2013, il numero dei detenuti ammonta a più di 60.000 persone, 20.000 oltre la capienza delle nostre strutture penitenziarie, 12.258 dei quali erano in attesa di giudizio; nel mese di maggio 2013 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha rigettato il ricorso dell’Italia avverso la sentenza dell’8 gennaio 2013, con cui il sistema penitenziario nazionale era stato condannato per trattamento inumano e degradante inflitto agli ospiti delle strutture carcerarie, dando un anno di tempo all’Italia per risolvere l’emergenza carceraria: quali provvedimenti il Governo intenda assumere, anche in ambito normativo, al fine di combattere la piaga delle ingiuste carcerazioni, se del caso intervenendo in materia di carcerazione preventiva, e quali siano gli intendimenti del Governo in ordine alla risoluzione dell’emergenza carceraria nei tempi che chiede l’Europa, attraverso l’adozione di interventi strutturali e prescindendo da misure “svuota carceri” una tantum. Giustizia: Cancellieri; errori giudiziari statisticamente limitati, in arrivo 2.500 nuovi posti Public Policy, 18 settembre 2013 “Il Governo è intervenuto di recente sul sovraffollamento carcerario, con l’obiettivo di ottenere un significativo alleggerimento del sistema limitando gli ingressi. Fra le norme più significative quella che ha elevato il limite di pena edittale per la detenzione in carcere. Entro la fine dell’anno saranno inoltre disponibili 2.500 nuovi posti detentivi che diventeranno 10 mila al completamento del piano carceri”. Lo dice in aula alla Camera, durante il question time, il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, rispondendo a un’interrogazione di Edmondo Cirielli (Fdi). Il ministro ha poi ricordato il recente decreto varato in materia di carceri: “l’obiettivo primario della riforma, che ha fra i suoi presupposti la nota e recente decisione Torreggiani della Corte europea dei diritti dell’uomo, è di ottenere un significativo alleggerimento del nostro sistema penitenziario incidendo strutturalmente sui flussi carcerari, limitando gli ingressi, favorendo le uscite di detenuti non pericolosi e prevedendo per questi ultimi nuove opportunità trattamentali”. Fra le norme “più significative”, ha sottolineato Cancellieri, “quella che ha elevato il limite di pena edittale per l’applicazione della custodia cautelare in carcere, che potrà essere quindi disposta, di regola, soltanto in relazione a delitti puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni”. Inoltre, sono stati “abrogati alcuni automatismi che precludevano ai recidivi non pericolosi l’accesso ai benefici carcerari ed è stato reso più agevole l’impiego lavorativo dei detenuti, anche per progetti di pubblica utilità”, ha spiegato il Guardasigilli. Annamaria Cancellieri ha istituito sul tema alcune Commissioni di studio, che sono “attualmente al lavoro - ha detto il ministro - dalle quali attendo ulteriori proposte di interventi normativi sull’ordinamento penitenziario, le misure alternative alla detenzione, il sistema sanzionatorio e il processo penale”. Un’apposita Commissione, infine, “sta elaborando soluzioni organizzative - ha concluso Cancellieri - per risolvere le criticità esistenti in materia penitenziaria, riguardanti, tra l’altro, la socialità in carcere e la dignità delle condizioni detentive”. Errori giudiziari statisticamente limitati “Sono pienamente consapevole della drammaticità e delle conseguenze che possono derivare da errori giudiziari in tema di limitazione della libertà personale. Ma così come ha dimostrato il vicepresidente del Csm Vietti, si tratta di errori statisticamente limitati. Mi impegno personalmente, e con me il governo, per un sistema giuridico più giusto anche grazie alla riforma della geografia giudiziaria e lo snellimento dei processi civili fatti per elevare l’efficienza giuridica”. Questa la risposta che il ministro della giustizia Anna Maria Cancellieri ha risposto al deputato di Fdi Emanuele Cirielli nel corso del question time. Giustizia: Dap; in molte carceri celle aperte 8 ore al giorno, la vigilanza dinamica funziona Adnkronos, 18 settembre 2013 La vigilanza dinamica funziona. E da questo nuovo modello di “regime apertO” per concepire la sicurezza nelle carceri, non si torna indietro. “Abbiamo aperto le celle fino a 8 ore in molte case di reclusione, almeno una in ogni regione. Stiamo smuovendo un iceberg”, dice il capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino. Prevista da una circolare del Dap, che prevede una sorta di carcere a “regime apertO” che, per i detenuti a media e bassa pericolosità, potenzi gli spazi dedicati a lavoro, sport, attività ricreative e culturali, la vigilanza dinamica punta sull’aspetto riabilitativo della pena. “È nostra convinzione procedere in questa direzione - assicura Tamburino - coerentemente con la linea tracciata dal Guardasigilli, Annamaria Cancellieri. Lo faremo sempre con la prudenza e l’attenzione necessaria ma anche con grande determinazione. Questo è il modo giusto per far avanzare l’Amministrazione penitenziaria, che deve gestire situazioni delicate come quella del sovraffollamento”. “Il ministero della Giustizia e il Dipartimento è operativo al massimo - prosegue il capo del Dap - perché ci sia una risposta pronta e completa alle richieste dell’Europa. Siamo convinti che per la fine di maggio riusciremo a farcela”. Nella Circolare del 18 luglio scorso firmata da Tamburino (“Linee guida sulla sorveglianza dinamica”), si sottolinea che si è immaginato “un sistema più efficace per assicurare l’ordine all’interno degli istituti, senza ostacolare le attività trattamentali”. Il modello di sorveglianza dinamica, rimarca la Circolare, “fonda i suoi presupposti su di un sistema che fa della conoscenza del detenuto il fulcro su cui deve poggiare qualsiasi tipo di intervento trattamentale o securitario adeguato”. Il “primo passaggio” nella realizzazione delle condizioni che consentono la sorveglianza dinamica “consiste nella differenziazione degli istituti, per graduare in relazione alla tipologia giuridica e, prima ancora, al livello di concreta pericolosità dei soggetti”. Le conoscenze sui detenuti, però, “risulterebbero fortemente limitate ove il perimetro della loro vita rimanesse confinato nei pochi metri quadri della cella o del corridoio così come avviene in troppi istituti”. “Occorre, quindi, realizzare una diversa gestione e utilizzazione degli spazi all’interno degli istituti -è scritto ancora nella Circolare del Dap - distinguendo tra la cella -destinata, di regola, al solo pernottamento - e luoghi dove vanno concentrate le principali attività trattamentali (scuola, formazione, lavoro, tempo libero) e i servizi (cortili passeggio, alimentazione, colloqui con gli operatori), così creando le condizioni perché il detenuto sia impegnato a trascorrere fuori dalla cella la maggior parte della giornata”. “Correlativo a questa diversa collocazione - si legge ancora nella Circolare - è l’intervento degli operatori appartenenti ad altre professionalità, o anche dei volontari, all’interno dei suddetti spazi. I vantaggi di un regime penitenziario così configurato -conclude il documento inviato ai Provveditori regionali- se appaiono di immediata evidenza per la popolazione detenuta, non sono da meno per la prevenzione degli eventi critici e per il miglioramento dei compiti affidati alla polizia penitenziaria”. Giustizia: Sappe; fallimento per la legge svuota-carceri e anche per la vigilanza dinamica Comunicato Sappe, 18 settembre 2013 Carceri, cresce il numero dei detenuti in carcere: “flop” della legge svuota carceri. E fallisce anche la vigilanza dinamica voluta dal Dap: troppe risse tra detenuti nel carcere di Aosta che la stava sperimentando. “Il tempo è galantuomo. Lo avevamo detto qualche mese fa ed oggi i fatti ci stanno danno ragione. Avevamo detto che la legge cosiddetta svuota carceri non avrebbe in realtà svuotato alcunché: non solo i detenuti non sono diminuiti ma sono addirittura aumentati, superando quota 65mila per 43mila posti letto regolamentari. Avevamo detto che rincorrere la vigilanza dinamica nelle carceri ed i patti di responsabilità con i detenuti, come invece vuole il Capo del Dap Giovanni Tamburino, era una chimera: dal 16 settembre la Sezione detentiva A2 del carcere di Aosta, dove era stata introdotta la vigilanza dinamica voluta dal Dap, ha abolito la vigilanza dinamica per i troppi pestaggi avvenuti tra detenuti. Le contraddizioni dell’Amministrazione Penitenziaria retta da Giovanni Tamburino sono talmente evidenti che non sappiamo cosa aspetti la Ministro Guardasigilli ad avvicendarlo dalla guida del Dap”. È quanto denuncia Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa Organizzazione di Categoria. “L’Amministrazione Penitenziaria sembra vivere in una realtà virtuale e non si rende evidentemente conto della drammaticità del momento, che costringe le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria a condizioni di lavoro sempre più difficili” aggiunge Capece. “Ma anche il provvedimento governativo cosiddetto svuota carceri, recentemente convertito in legge dal Parlamento, non sta cambiando proprio nulla nelle carceri italiane. Pensare di risolvere i problemi del sovraffollamento delle carceri con una legge che darà la possibilità a chi si è reso responsabile di un reato di non entrare in carcere, è sbagliato, profondamente sbagliato ed ingiusto. Le soluzioni potevano e possono essere diverse: nuovi interventi strutturali sull’edilizia penitenziaria, l’aumento di personale e di risorse, espulsione dei detenuti stranieri, introduzione del lavoro obbligatorio durante la detenzione, anche modifiche normative sulle disposizioni penale, riservando il carcere ai casi che lo meritano davvero. Ma intaccare la certezza della pena per coprire le inefficienze e le inadempienze dello Stato è sbagliato. Certo, il dato oggettivo è che il carcere, così come è strutturato e concepito oggi, non funziona. Lo sanno bene i poliziotti che stanno nella prima linea delle sezioni detentive 24 ore al giorno”. Giustizia: Carrescia (Pd); garantire visite in carcere compatibili con gli orari di lezione di Chiara Rizzo Tempi, 18 settembre 2013 “Le colpe non ricadano sui figli dei detenuti”. Mozione alla Camera per garantire visite in carcere compatibili con gli orari di lezione. Intervista al primo firmatario, Piergiorgio Carrescia (Pd). “Sono 100 mila i minori che ogni anno varcano le soglie di 207 istituti penali per andare a trovare i loro familiari detenuti”, dice il deputato Piergiorgio Carrescia (Pd). Numeri impressionanti che testimoniano l’urgenza di misure volte a facilitare ai figli di detenuti la visita in carcere dei loro genitori, senza costringerli ad assentarsi da scuola. Così lo stesso Carrescia, il 23 luglio scorso, si è convinto a depositare alla Camera una mozione in materia, un testo che ha trovato subito una larga disponibilità da parte degli eletti: le firme dei deputati in calce alla mozione sono una cinquantina, da Pd, Sel, Scelta civica e gruppo misto. Onorevole, che dimensioni ha questo problema? È molto difficile quantificare il numero delle persone coinvolte. Secondo i dati del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, al 31 dicembre 2012, i 65 mila detenuti hanno dichiarato di avere un totale di 24.564 figli. Questo dato in realtà sarebbe di gran lunga maggiore, considerando le stime (peraltro prudenti) delle associazioni di volontariato che si occupano dei detenuti e dei loro figli, secondo le quali i minori sono circa 100 mila. In Europa sono invece 800 mila. Purtroppo la nostra organizzazione penitenziaria fa ricadere le colpe dei genitori sui figli, pesantemente penalizzati nel diritto allo studio dall’amministrazione penitenziaria. Perché? I colloqui con i genitori detenuti consentiti (per un massimo di sei visite al mese) avvengono di solito come tutti gli altri colloqui, solo nei giorni infrasettimanali, ad esclusione dei giorni festivi e della domenica. E per di più di mattina, in orari “di lezione”. Secondo uno studio condotto in una tesi di laurea, per esempio, nella regione Marche dei circa 400-500 minori figli di detenuti solo alcuni riescono nel corso dell’anno scolastico ad avere un colloquio con i genitori. È un problema gravissimo e la Commissione mista per lo studio dei problemi della magistratura di sorveglianza è stato il primo organismo istituzionale italiano a portarlo all’attenzione dell’amministrazione penitenziaria, chiedendo di introdurre maggiore flessibilità per gli orari d’accesso, utilizzando i giorni festivi e le domeniche. Per questo abbiamo presentato la mozione parlamentare. E ora cosa succederà? L’iter prevede che sia la conferenza dei capigruppo con la Presidenza della Camera a decidere quali mozioni calendarizzare in aula. Spero che la nostra, essendo firmata da esponenti di più gruppi, sia programmata con celerità. Qual è stata la reazione dei parlamentari quando ha presentato loro il testo della mozione? Ne ho trovati diversi che si sono voluti aggiungere ai firmatari e molti altri che dopo il deposito hanno apprezzato l’iniziativa: sul tema delle carceri c’è sensibilità. È chiaro che il problema è complesso e una mozione non basta, ma almeno è utile ad aprire una breccia di sensibilità interpartitica. Bisogna risolvere il problema quanto prima, dato che si è già aperto un nuovo anno scolastico. Lei ha avuto modo di incontrare personalmente i detenuti o i loro parenti? Non ho potuto finora entrare in carcere, ma ho incontrato dei familiari ed è stato toccante. È un tema che ho conosciuto soprattutto in questi ultimi mesi da parlamentare. Ho incontrato in particolare il figlio di un detenuto, che mi ha raccontato cosa ha comportato per la sua famiglia avere un padre in carcere, parlarne con gli amici: sono situazioni molto personali e non voglio addentrarmi, ma sicuramente la difficoltà per queste persone è anche psicologica. Per un bambino o un ragazzo il fatto di doversi assentare da scuola per visitare il genitore in carcere, oltre al problema concreto, pone un problema psicologico, la ferita di doversi giustificare con gli insegnanti o i compagni di classe e a volte di essere giudicati. Non ci si pensa mai, ma i figli dei detenuti sono a loro volta vittime del reato. Giustizia: la “morte viva”… prezzo da pagare se non si intende parlare (per tradire) di Tiziana Andina (Università di Torino) Il Manifesto, 18 settembre 2013 Avete presente le tragedie classiche? Conservano da millenni un fascino assoluto, perché portano alla luce conflitti che appartengo al profondo della natura umana. Medea o Antigone non fanno altro che questo. Alcuni giorni fa ho ricevuto una mail da un ergastolano. Non si trattava di un ergastolano qualsiasi, ma di un carcerato sottoposto a “ergastolo ostativo”. Prima di leggere la mail ignoravo di che cosa si trattasse. A volerlo spiegare in due parole potrei esprimermi così: lo Stato domanda ai suoi cittadini di fare una scelta. Una importante riduzione della pena, in cambio di una collaborazione con la giustizia. Bisogna precisare che coloro i quali si rifiutano di “collaborare” sono sottoposti a un regime che toglie qualsiasi significato alla parola futuro, lasciando come unica possibilità quella di un regime carcerario che non prevede deviazioni; una linea diritta sino a che morte non li separa dalla vita. La questione ha un aspetto tragico: lo stato impone una scelta che ha a che fare con il paradosso di Antigone. Ricordate la trama? Ruota intorno a un conflitto etico, una tensione apparentemente insormontabile. Antigone amava i suoi fratelli, amava gli dei e la sua città, Tebe. Un giorno si trova a dover compiere una scelta senza via d’uscita: i fratelli si danno la morte, l’uno per la mano dell’altro, contendendosi il trono di Tebe. Il nuovo re, Creonte, dà la colpa a uno dei due e lo condanna a non ricevere sepoltura, a vagare in eterno senza trovare pace. Ad Antigone viene fatto divieto di seppellire il fratello colpevole. Pena non lieve, in effetti, soprattutto se a sopportarla è, oltre a un morto, una sorella, scaraventata in un inestricabile conflitto etico. Antigone deve scegliere tra due principi: obbedire alle leggi scritte degli uomini e del suo re, oppure obbedire a quelle non scritte - o forse scritte altrove - che fondano i legami famigliari, le leggi avallate dagli dei. Antigone compie la sua scelta, predilige gli affetti, decide di offrire sepoltura a quel corpo. Così facendo sceglie anche la morte, avendo infranto le leggi della sua città, insieme alla autorità che quelle leggi fonda. In tutti i modi, Antigone altro non può fare che muoversi all’interno del paradosso del conflitto etico, un conflitto tra due doveri contrastanti. Dal conflitto descritto da Sofocle e ripreso secoli dopo da Hegel, non si esce che attraverso una rivoluzione copernicana, ridisegnando l’idea di stato e il confine delle relazioni personali. Pensavo, prima di leggere degli ergastoli ostativi, che come comunità ci fossimo riusciti. In questo caso, tuttavia, lo stato chiede di “collaborare” ossia chiede ad alcuni dei suoi cittadini di aiutarlo a fare ciò che da solo non è in grado di fare. Il problema, però, è che non tutti gli strumenti sono leciti per raggiungere obiettivi anche nobilissimi. In ogni caso è bene porsi il problema quando una istituzione ci domanda di “collaborare” e questa collaborazione significa venir meno alla parola data a un amico, a un fratello o anche a un semplice conoscente. Rischiamo di trovarci nel bel mezzo del paradosso del sorite senza nemmeno rendercene conto: qual è il confine da non oltrepassare? Arriviamo sino ad ammettere la trattativa stato-mafia? Ma il fine è buono, si dirà. Anche quello di Creonte lo era. Il punto è esattamente questo: i nostri principi etici, e persino il senso comune, ci indicano una cosa semplice. Le promesse, i legami tra esseri umani, i patti o gli amici, non si tradiscono, giacché sono un tassello fondamentale del nostro vivere in comune, quello sul quale gli stati fondano il loro potere. Stupisce che lo stato chieda una deroga. Le promesse si assolvono, la parola data si rispetta e lo stato deve agire in senso etico, non può chiedere deroghe per sé. Nemmeno quando lo fa per un fine giusto. Bologna: detenuto morto alla Dozza, lacrime e dolore per Nicola “ti ricorderemo sempre” www.bolognatoday.it, 18 settembre 2013 Il lutto di amici e colleghi dell’uomo trovato morto in carcere viaggia su Facebook, qui ricordi e parole d’addio si susseguono e un fiocco nero ricorda il 40enne, deceduto per cause tutte da chiarire. È stato trovato morto ieri mattina in una cella della Dozza dove si trovava rinchiuso, Nicola Continanza, 40enne bolognese. Le cause del decesso rimangono da chiarire. Amici e colleghi, increduli e affranti dalla tragica notizia, affidano ai social network lil loro cordoglio. Su Facebook in queste ore si sono susseguite frasi di dolore e ricordi, e in tanti hanno indossato un lutto “virtuale” mettendo come simbolo sul loro profilo un nastro nero. “Fratello lasci un’impronta importante dentro di me. Sei stato un fratello più che un collega e un amico”, così ricorda Nicola, il suo amico Enrico. Alle sue parole fanno eco quelle di un collega: “Ciao Nicola Continanza un onore aver lavorato con te e averti avuto come amico ci manchi già”. “Ci mancherai tantissimo” scrive Michele, e così via. Il web raccoglie il dolore e le foto che gli amici condividono per ricordare quel sorriso che ora si è spento per sempre. In attesa di capire cosa sia accaduto dietro le sbarre di un carcere che, come lamenta il Sappe - sindacato polizia penitenziaria - nell’ultimo anno ha contato decessi, gesti di autolesionismo e tentativi di suicidio dal numero allarmante. Spoleto (Pg): detenuto magrebino di 43 anni muore per sospetto ictus Il Velino, 18 settembre 2013 “È deceduto ieri alle ore 13.30 circa nell’infermeria del carcere di Spoleto, per cause naturali (ictus) un detenuto magrebino di 43 anni. Il detenuto era definitivo con fine pena 2018 ed era stato condannato a seguito di violazione della legge stupefacenti. Lo stesso era già ricoverato da diverso tempo nell’infermeria dell’istituto, era tossicodipendente ed in terapia con metadone”. A darne notizia è Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe che sottolinea come oltre 15.600 detenuti, il 24% circa di quelli presenti, ha problemi di tossicodipendenza. “Il Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe è fermamente impegnato per incrementare l’utilizzo del ricorso alle misure alternative al carcere delle persone tossicodipendenti recluse”. Il Sappe torna a sottolineare come “nonostante l’Italia sia un Paese il cui ordinamento è caratterizzato da una legislazione all’avanguardia per quanto riguarda la possibilità che i tossicodipendenti possano scontare la pena all’esterno, i drogati detenuti in carcere sono tantissimi. La legge prevede che i condannati a pene fino a sei anni di reclusione, quattro anni per coloro che si sono resi responsabili di reati particolarmente gravi, possano essere ammessi a scontare la pena all’esterno, presso strutture pubbliche o private, dopo aver superato positivamente o intrapreso un programma di recupero sociale. Nonostante ciò queste persone continuano a rimanere in carcere. Noi riteniamo sia invece preferibile che i detenuti tossicodipendenti, spesso condannati per spaccio di lieve entità, scontino la pena fuori dal carcere, nelle Comunità di recupero, per porre in essere ogni sforzo concreto necessario ad aiutarli ad uscire definitivamente dal tragico tunnel della droga e, quindi, a non tornare a delinquere. I detenuti tossicodipendenti sono persone che commetto reati in relazione allo stato di malattia e quindi hanno bisogno di cure piuttosto che di reclusione”. Cagliari: “basta con gli arresti facili”, i penalisti sottoscrivono i Referendum Radicali La Nuova Sardegna, 18 settembre 2013 Trecento firme raccolte in poco più di tre ore, un richiamo forte dagli avvocati penalisti della città contro questa “politica debole su riforme e carceri” e l’invito a programmare una sessione parlamentare dedicata completamente ai temi caldi della giustizia. Gli avvocati, che si asterranno dalle udienze ancora per i prossimi quattro giorni, hanno allestito un banchetto davanti al tribunale e hanno discusso l’intera mattinata sui perché di una nuova manifestazione di protesta che stavolta si è allargata a tutta Italia. In testa il presidente delle camere penali Mario Canessa chiedono la proposizione di una serie di referendum. Si va dall’abuso della custodia cautelare e perché il carcere venga applicato soltanto nei casi di reati gravi all’abolizione dell’ergastolo con l’applicazione piena del principio costituzionale secondo il quale la detenzione deve avere uno scopo rieducativo. L’altro caposaldo della protesta riguarda la separazione delle carriere in magistratura con l’obbiettivo che il giudizio sia affidato a un giudice terzo, obiettivo e imparziale non solo nell’apparenza. Non è finita: i penalisti si preparano a proporre referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, che secondo la loro opinione devono essere chiamati a rispondere dei propri errori anche in sede civile, pagando i risarcimenti. Infine gli avvocati penalisti chiedono che i magistrati fuori ruolo rientrino nelle loro funzioni perché l’immensa mole di processi arretrati, non solo nel penale, possa essere smaltita in tempi ragionevoli. L’astensione dei penalisti ha bloccato tutti i processi in corso e li bloccherà fino a venerdì prossimo. Fanno eccezione le udienze che riguardano imputati detenuti o agli arresti domiciliari:quelle si svolgeranno regolarmente. Firenze: nasce “Piede Libero”, brand per le biciclette recuperate da detenuti Adnkronos, 18 settembre 2013 Biciclette riciclate ma di design realizzate da detenuti ed ex detenuti delle carceri fiorentine. Si tratta dei mezzi prodotti nelle officine della cooperativa Ulisse nell’ambito del progetto “Piede Libero” presentato oggi dal sindaco Matteo Renzi quale iniziativa sociale clou in vista dei Mondiali di ciclismo. Erano presenti il vicesindaco Stefania Saccardi, il provveditore dell’Amministrazione penitenziaria della Toscana Carmelo Cantone, il direttore del carcere di Sollicciano Oreste Cacurri e dell’Istituto penale minorile Meucci Fiorenzo Cerruto, il presidente della Cooperativa Ulisse Giovanni Autorino, Mario Catoni della Catoni Associati e il consigliere speciale per la bicicletta Giampiero Gallo. “Piede Libero è Milleunabici 2.0 - ha spiegato il vicesindaco Saccardi - ovvero la continuazione di un progetto sociale targato Firenze che amplia i propri orizzonti. È anche l’occasione per modificare la progettualità interna al carcere attraverso una operazione di promozione e marketing”. Il progetto si è caratterizzato attraverso il riciclo delle biciclette abbandonate nella depositeria comunale altrimenti destinate alla rottamazione e il reinserimento sociale di detenuti ed ex detenuti attraverso l’attività lavorativa connessa. Adesso il salto di qualità. Da un’idea di Catoni Associati, agenzia di pubblicità fiorentina attenta alle tematiche sociali, nasce “Piede Libero Ricicli”. Una iniziativa che unisce etica ed estetica e che consiste nella creazione di un marchio per rendere le biciclette prodotte dalle officine del carcere di Sollicciano e dell’Istituto penale minorile Meucci riconoscibili e uniche. Il restauro non è più solo funzionale, ma prevede uno studio di re-design che comprende la scelta di colori e accessori. Le officine della Cooperativa Ulisse sono il perfetto laboratorio, fucina di creatività, capacità ideativa, competenza meccanica e luogo di recupero di materiale da rottamare dove si assemblano, si creano e si realizzano le biciclette Piede Libero. Un luogo in cui si fa formazione dei giovani e si producono artigianalmente biciclette di qualità. E si costruisce opportunità concrete per il reinserimento sociale degli ex detenuti. E “Piede Libero” è destinato a superare i confini delle officine di recupero delle biciclette, diventando il brand identificativo per tutti gli oggetti che in un prossimo futuro saranno prodotti all’interno delle strutture penitenziarie fiorentine. Ad iniziare dai gadget e dall’accessori legati alla bicicletta. In questo modo sarà possibile ampliare la produzione e quindi raddoppiare i posti di lavoro all’interno e all’esterno degli istituti di pena. Attualmente sono tre le officine in funzione: a Solliccianino, all’Istituto Meucci e nella struttura della cooperativa Ulisse collocata in un edificio di proprietà comunale accanto al Ponte della tramvia (ingresso dal parcheggio di via Baccio Bandinelli e dalla pista ciclabile lungo l’Arno). Dieci le persone che vi lavorano, tra cui 3 minori. Circa 600 le biciclette vendute ogni anno sulle circa 900 ritirate dalle depositeria comunale grazie a una convenzione con l’Amministrazione comunale (circa il 20% dei mezzi non è riutilizzabile), 70 le due ruote consegnate al Comune e distribuiti a vari uffici (servizi sociali, cultura, istruzione, Polizia Municipale, sport e ambiente). È questa una delle attività promosse dall’Amministrazione all’interno delle carceri fiorentine che, ogni anno, coinvolgono circa 700 detenuti per un investimento totale di 340.000 euro, come ha sottolineato il sindaco Renzi. Si va dal progetto con Arci per attività culturali in carcere a quello per il reinserimento sociale e lavorativo con l’associazione Ciao, dal Centro diurno Attavante gestito dall’Associazione Volontari Penitenziari alle attività sportive in carcere fino all’acquisto di buoni mensa per detenuti semiliberi indigenti. Il vicesindaco Saccardi ha poi ricordato le strutture residenziali convenzionate con il Comune per i soggetti in permesso-premio, sottoposti a misure alternative alla detenzione, esecuzione penale esterna al carcere o appena dimessi dal carcere: ovvero il Centro Samaritano gestito dalla Caritas e il Centro Casanova gestito dall’associazione Ciao. Da ricordare anche i progetti dedicati al carcere e finanziati dai privati nell’ambito del Fiorino Solidale: le borse lavoro riservate ad ex detenuti impiegati nel Parco degli Animali e la fornitura del latte da parte della Mukki e, a breve, anche della frutta dalla Mercafir al laboratorio per la produzione del gelato presso l’Istituto Meucci. Sul sito www.piedelibero.it è possibile avere ulteriori informazioni e soprattutto acquistare le biciclette. In vendita tre modelli di bici “Piede Libero”: il base, ovvero le classiche bici vendute finora con prezzi da 40 a 70 euro); il medio invece è una bicicletta nuova assemblata (tre tipi da 180, 240 e 280 euro); il modello top è invece una bicicletta riassemblata con pezzi originali e esclusivi. Si tratta quindi di un prodotto di artigianato e il prezzo si attesta su 380 euro. Nell’occasione è stata presentata anche una iniziativa di Findomestic che coinvolge la Cooperativa Ulisse e che prevede l’acquista da parte della finanziaria di biciclette per i propri dipendenti. “Grazie a Findomestic Piede Libero prende concretamente il via” ha concluso il vicesindaco Saccardi. Velletri (Rm): Sappe; ancora tagli al personale, nonostante apertura del nuovo padiglione www.castellinews.it, 18 settembre 2013 “Sembrano chiare le difficoltà nel poter mandare avanti un istituto come quello di Velletri che ha anche aperto un nuovo padiglione. Nelle carceri Italiane - scrivono il Segretario locale e il Delegato provinciale del Sindacato autonomo Polizia Penitenziaria, Emiliano Proietti e Massimo Calimera -, lavorano donne ed uomini della Polizia Penitenziaria, impegnati quotidianamente in un duro e difficile lavoro, fatto in questo storico momento di tante e tante sofferenze. La stagione estiva ormai volge al termine e con essa anche il tanto meritato periodo delle ferie estive. Anche quest’anno i rappresentanti sindacali di questa Organizzazione sindacale hanno preferito dare il loro contributo sul “campo”, non fruendo di permessi sindacali. Non si può dire abbiano fatto altrettanto tutti gli altri rappresentanti sindacali, che sembra abbiano avuto il loro da fare anche nei mesi di luglio ed agosto. Ciò nonostante, anche se tutti e in tutti i ruoli si sono dati da fare per il buon andamento del servizio, si è riusciti a garantire a tutti il meritato periodo di ferie. Di certo non si può continuare a chiedere al personale che ha vissuto anche in questo periodo tanti eventi critici, continui sacrifici e rinunce, quello stesso personale che ha garantito il buon andamento del servizio solo grazie alla professionalità, alle capacità, umanità ed alto senso del dovere. L’organico rideterminato alla data del 20 settembre 2012, vede per la Casa circondariale di Velletri 256 unità, a fronte di un organico amministrato di 209 unità, con una forza effettiva di 202 unità. La nuova proposta di pianta organica prevede addirittura una riduzione a 237 unità con una perdita quindi di 19 persone di Polizia Penitenziaria. In considerazione di quanto rappresentato, sembrano chiare le difficoltà nel poter mandare avanti un istituto come quello di Velletri che, cosa molto importante, ha da qualche mese aperto un nuovo padiglione, progettato per una capienza di circa 200 persone, subito portate a più di 260, continuando con la solita politica di riduzioni e risparmio”. Chieti: licenza media, alfabetizzazione e corso di inglese, anche i detenuti vanno a scuola Ristretti Orizzonti, 18 settembre 2013 Il dirigente dell’istituto comprensivo 4 in visita alla casa circondariale di Madonna del Freddo ha incontrato la popolazione detenuta e presentato l’offerta formativa scolastica 2013-2014. Questa mattina il preside dell’Istituto Comprensivo di Chieti, professor Ettore D’Orazio, ha incontrato i detenuti della Casa Circondariale Madonna del Freddo per consegnare le licenze di scuola media conseguite per l’anno scolastico 2012-2013 e presentare la nuova offerta formativa scolastica. Il programma di formazione da attuare durante l’anno scolastico 2013-2014 sarà caratterizzato dall’attivazione del consueto Corso di Scuola Media presso l’Istituto Penitenziario, del corso di Alfabetizzazione alla Lingua Italiana, sia per la sezione maschile che per quella femminile. Da quest’anno inoltre l’offerta scolastica si arricchisce di un Corso di Lingua Inglese, per i detenuti che ne faranno richiesta. Frosinone: corsi scolastici per detenuti attraverso un’estensione dell’offerta formativa www.alsippe.it, 18 settembre 2013 “Ringrazio di cuore il direttore della Casa Circondariale di Frosinone, dott.ssa Luisa Pesante e il Dirigente scolastico dell’Istituto di Istruzione Superiore “Anton Giulio Bragaglia”, dott.ssa Biancamaria Valeri, per avermi invitato a visitare la sezione scolastica istituita presso il carcere, dove è in corso una meritoria e molto interessante iniziativa di formazione per i detenuti. Ho avuto modo di rendermi conto, insieme ai Commissari Vicari della Provincia che mi hanno accompagnato, di quanto sia importante l’esistenza e lo sviluppo delle attività formative presso la Casa Circondariale, quale valenza non solo culturale ma umana e di effettivo supporto nel tragitto di recupero che i detenuti hanno intrapreso. Ho avuto modo di rappresentare, in loco, ai dirigenti del carcere e della scuola, ma anche alla responsabile dell’Area Educativa, dott.ssa Filomena Moscato, quanto io creda in tale valenza e come, per quanto è nelle mie facoltà, potranno ritenermi un loro collaboratore in questa attività. I detenuti, in questo momento, possono seguire nel carcere i corsi di alfabetizzazione e culturale, potenziamento della lingua italiana, scuola di Licenza Media Inferiore e di Media Superiore per il conseguimento della qualifica professionale di Operatore Termico. L’obiettivo che la dirigenza si è preposto è estendere l’offerta formativa ad un numero sempre più ampio di detenuti, mediante l’incremento della proposta e l’attivazione di nuovi corsi di studio. È già stata inviata una richiesta di allineamento del triennio del corso Ipsia e di attivazione di un corso di studi del Liceo Artistico. Credo che si debba operare con tenacia per ottenere il raggiungimento di questi risultati al più presto. Per quanto potrò ribadisco ai dirigenti del carcere e delle scuole la mia totale disponibilità”. Firenze: per l’Opg una riconversione civile, “no” ai detenuti in attesa di giudizio La Repubblica, 18 settembre 2013 Montelupo, via al superamento dell’ospedale psichiatrico giudiziario. Con un provvedimento di fine agosto, la Regione decide la destinazione per i circa 90 detenuti: 28 posti a sorveglianza intensiva a San Miniato e gli altri, in regime di non detenzione, a Firenze, Bibbiena, Aulla e Lastra a Signa. Ma non è stato ancora sciolto il nodo del riutilizzo dell’attuale Opg: il ministero vorrebbe trasferirci i detenuti in attesa di giudizio, Comune e Regione puntano ad una riconversione civile. “È però partita l’operazione e con le nuove strutture terapeutiche individuate non ci sarà il rischio che accada quello è accaduto con la legge Basaglia”, dice il consigliere regionale di “Più Toscana” Gian Luca Lazzeri, della commissione sanità. Imperia: detenuto straniero aggredisce italiano durante colloquio e minaccia la polizia www.riviera24.it, 18 settembre 2013 “Di fronte a questa ingiustificata violenza servono risposte forti: come quella di espellere tutti gli stranieri detenuti in Italia: oltre 23.200, sugli oltre 65mila presenti, per far loro scontare la pena nelle carceri dei loro Paesi” Tensioni al carcere di Imperia, dove l’altra mattina un detenuto straniero, durante i colloqui con familiari, improvvisamente ha aggredito un altro ristretto, di nazionalità italiana, che si trovava nella stessa sala. A comunicarlo è il Sindacato Autonomo di Polizia (Sappe). “Prontamente è intervenuto il personale di polizia per scongiurare più gravi conseguenze - è scritto in una nota del Sappe - in particolare ai familiari di altri detenuti che in quel momento erano nella sala. Tanto che si è reso necessario sospendere i colloqui detenuti-familiari per qualche tempo”. Secondo quanto riportato dal sindacato: “Separati i due contendenti, lo straniero continuava ad urlare contro tutti, denudandosi e urlando frasi di minaccia e di ingiuria. Dopo qualche momento di calma ha ripreso a minacciare tutti e, sfilandosi una stecca di metallo messagli in ospedale per la frattura ad un dito, ha tentato prima di colpire i nostri poliziotti, minacciandoli anche di morte; poi, ha sferrato violente testate al muro, ferendosi al capo. I poliziotti di Imperia sono comunque riusciti ad evitare conseguenze peggiori, ma di fronte a questa ingiustificata violenza servono risposte forti: come quella di espellere tutti gli stranieri detenuti in Italia: oltre 23.200, sugli oltre 65mila presenti, per far loro scontare la pena nelle carceri dei loro Paesi”. “Le tensioni in carcere crescono in maniera rapida e preoccupante, come dimostra il grave episodio contro i nostri Agenti a Imperia: bisogna intervenire tempestivamente per garantire adeguata sicurezza ai poliziotti penitenziari e alle strutture, punendo con severità e fermezza coloro che si rendono responsabile di aggressioni ai Baschi Azzurri”, prosegue Martinelli. “E invece non ci risulta che siano stati presi adeguati provvedimenti verso questo detenuto in sede di Consiglio di Disciplina, detenuto che peraltro non è stato ancora trasferito da Imperia per essere magari assegnato in una struttura che preveda circuiti penitenziari per persone con problemi mentali o particolarmente aggressive. Questo mi sembra molto grave da parte della Direzione o di chi ne fa le veci, visto che tra l’altro al carcere di Imperia non c’è un direttore titolare da diversi mesi... Chi difende i difensori?”. Pavia: furto “da record”, la scorsa notte rubata la cassaforte del direttore del carcere Corriere della Sera, 18 settembre 2013 Ignoti si sono introdotti nell’ufficio del direttore e hanno divelto forziere con 5mila euro, incassato nel muro. È un furto da Guinness dei primati, non per l’entità del bottino ma per il luogo in cui è stato commesso: è sparita la cassaforte dall’ufficio del direttore del carcere di Pavia. Il clamoroso colpo è stato scoperto all’alba di questa mattina dagli addetti dell’istituto di pena e la notizia è stata divulgata dai sindacati della polizia penitenziaria. La cassaforte conteneva all’incirca 5 mila euro in contanti, ma come detto questo è un dettaglio trascurabile. Il forziere si trovava incassato nel muro e chi l’ha divelto conosceva perfettamente la strada per arrivarci e come eludere i sistemi di sorveglianza. L’ufficio del direttore si trova in un’ala nuova del carcere, secondo alcune indiscrezioni alcuni corridoi sotterranei avrebbero garantito una via di accesso e di fuga all’ufficio, ma proprio in queste ore gli inquirenti stanno esaminando le immagini del circuito di videosorveglianza interno. Le indagini sull’incredibile furto sono coordinate dal procuratore capo di Pavia Gustavo Cioppa. La cassaforte non è stata ancora ritrovata, potrebbe anche non aver mai varcato il perimetro del carcere e il furto potrebbe essere opera di qualcuno che voleva dimostrare la vulnerabilità dei luoghi. Pochissime infatti sono le persone che possono accedere in maniera indisturbata all’ufficio del direttore. Firenze: dai laboratori al carcere, ecco i suoni della città di Gregorio Moppi La Repubblica, 18 settembre 2013 Il lavoro ha un suono, dunque può trasformarsi in qualcosa di musicale o diventare oggetto di riflessione da parte dei musicisti. Compositori quali Berio, Nono e Battistelli insegnano. Adesso è il centro Tempo Reale a occuparsi di questo tema: a modo suo, facendolo interagire con la sperimentazione artistica radicale attraverso concerti veri e propri, installazioni e performance che si svolgono anche in spazi tutt’altro che convenzionali per l’ascolto della musica. Tipo il carcere di Sollicciano. “Frastuoni e sospiri. Universi sonori del lavoro” si intitola il Tempo Reale festival di quest’anno in programma tra 4 e 17 ottobre. Come progetto plurale e accogliente concepito da uno staff di giovani lo descrive Francesco Giomi, direttore artistico del centro per la musica elettronica fondato da Berio nel 1987, oggi in procinto di traslocare i suoi macchinari da Villa Strozzi a Forte Belvedere. Plurale, perché vuole abbattere le barriere tra espressioni artistiche differenti. Accogliente, grazie a un’arte che non fissa solo il proprio ombelico ma si scopre capace di dialogare con la realtà. Tanto che Tempo Reale ha instaurato un’intesa con la Fondazione per l’artigianato artistico che, la mattina del 5 ottobre al Vecchio Conventino, permetterà al pubblico di immergersi in una singolare esperienza d’ascolto di chi per vivere, tutti i giorni, mola e cesella cristalli, lavora ferro battuto e legno. “Un percorso nell’ecosistema produttivo di Firenze, per coglierne la musicalità inaspettata e la sua temperatura emotiva”, spiega Giomi. Pure la serata inaugurale del 4 si focalizza sui mestieri. Quelli di un passato che pare remoto senza invece esserlo. Vi si ascoltano, trasfigurati dall’intervento dell’elettronica che agisce sulle voci dell’ensemble L’Homme Armè, i canti di lavoro intonati nelle tonnare, nelle solfatare, da battipali veneziani e mondine. Il 5 Villa Strozzi ospita il tedesco Fm Einheit, rappresentante di un far musica feroce, aggressivo, muscolare. Nella sua performance maneggerà martelli, mattoni spaccati, molle, motori. Naturalmente non mancano gli omaggi a Berio, sollecitati dal decennale della morte (12 e 17/10). E il 14, l’appuntamento forse più stupefacente: viaggio nelle viscere di Sollicciano insieme a Massimo Altomare e all’Orkestra Ristretta che il musicista ha creato con detenuti di svariata provenienza geografica (posti limitati, prenotazione entro il 25/9 su www.temporealefestival.it). Venezuela: sparatoria nel carcere di Maracaibo, almeno 16 morti tra i detenuti Ansa, 18 settembre 2013 È di almeno 16 morti il bilancio di un ammutinamento in un carcere di Maracaibo, nello stato venezuelano di Zulia. Lo rendono noto le autorità di Caracas, precisando che i disordini sono scoppiati tra due “bande” in lotta per avere il controllo della prigione. A rendere noto il numero delle vittime è stata la ministra per gli Affari penitenziari, Iris Varela. Durante gli scontri - avvenuti ieri, ma resi noti solo oggi - si è verificata anche una sparatoria scoppiata quando un gruppo di detenuti guidato da Edwin Soto - considerato il “leader” del carcere, noto con il nome di El Mocho - ha cercato di prendere il controllo di alcuni padiglioni della prigione, conosciuta in Venezuela come “Sabaneta”. Secondo l’ong Osservatorio venezuelano delle prigioni (Ovp), “alcuni dei prigionieri sono stati decapitati e smembrati”, fatto però smentito dalle autorità. “Questi episodi di violenza si verificano soprattutto perché le autorità non hanno il controllo interno del carcere”, hanno precisato i dirigenti di Ovp, ricordando che la capacità prevista della prigione è di 750 detenuti, mentre in realtà ne ospita più di 3.700. La ministra Varela ha trasmesso la propria “solidarietà” ai familiari delle vittime, precisando che nelle prossime ore si recherà a Maracaibo. Corea Nord: Onu; inferno carceri, atrocità come lager nazisti www.tio.ch, 18 settembre 2013 “Atrocità indescrivibili” vengono commesse nelle prigioni del regime comunista nordcoreano, dove i detenuti sono soggetti ad abusi simili a quelli perpetrati dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Lo denuncia un rapporto-shock delle Nazioni Unite che riferisce di detenuti lasciati morire di fame sotto gli occhi dei figli (reclusi con loro) e addirittura di bambini annegati. Le informazioni sugli abusi - descritte in dettaglio a margine della pubblicazione del rapporto di fronte alla commissioni dei Diritti Umani dell’Onu, a Ginevra - sono basati fra l’altro su testimonianze d’esuli nordcoreani: tra cui alcuni reduci di campi di prigionia riservati a detenuti politici, che hanno raccontato delle loro terribili esperienze il mese scorso in alcune sessioni pubbliche tenute a Seul e a Tokyo. Pyongyang ha immediatamente negato gli abusi testimoniati nel rapporto, difeso invece dal responsabile degli inquirenti, Michael Kirby, che ha parlato di un’inchiesta indipendente. Altra documentazione è stata raccolta grazie ad immagini satellitari che hanno ripreso i campi di lavoro, veri e propri lager. Al team di osservatori non è mai stato d’altronde dato il permesso di visitare queste strutture carcerarie. “Sono convinto - ha aggiunto Kirby ai membri del Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu a Ginevra, - che chiunque legga il rapporto rimarrà sconvolto e avrà le stesse reazioni che ebbero il generale americano Eisenhower e tutti quelli che scoprirono i campi di sterminio nazisti” alla fine della Seconda guerra mondiale. Le situazioni nella Corea del Nord della dinastia rossa dei Kim e nella Germania di Adolf Hitler non sono “per nulla simili”, ha puntualizzato Kirby, ma le situazioni descritte nel rapporto “mi hanno fatto venire subito alla mente le immagini dei lager” nazisti. Medio Oriente: negoziati di pace, Israele pronto al rilascio di 250 detenuti palestinesi Aki, 18 settembre 2013 Altri 250 detenuti palestinesi saranno presto liberati dalle carceri di Israele. Lo sostengono fonti “attendibili” al quotidiano pan-arabo al-Hayat, secondo cui le autorità israeliane sono prossime all’accordo per rilasciare altri prigionieri nell’ambito degli accordi per la ripresa dei negoziati di pace. 104 detenuti palestinesi sono già stati liberati, 26 il mese scorso. La seconda fase del rilascio è prevista per la fine di ottobre. La quarta e ultima fase è invece fissata per il 28 marzo 2014. All’inizio di settembre il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen (Mahmoud Abbas) ha dichiarato l’intenzione di non appellarsi a organizzazioni internazionali durante i negoziati in cambio del rilascio dei detenuti in carcere in Israele da prima della firma degli accordi di Oslo. “Considero molto importante la questione Onu, ma la causa dei detenuti è degna di sacrificio - ha detto - Abbiamo pronte 63 richieste per 63 agenzie e convenzioni Onu, ma credo che la questione dei prigionieri sia ora più significativa”. Cile: Fernando Chomali, Arcivescovo di Concepcion, celebra la messa con i detenuti Agenzia Fides, 18 settembre 2013 “So che non è facile essere qui quando si sa che fuori si celebra la Festa della patria. Tuttavia, pur essendo in questa situazione, nessuno vi può obbligare a smettere di amare la patria”: sono le parole di Sua Ecc. Mons. Fernando Chomali, Arcivescovo di Concepcion, durante l’omelia della Messa celebrata nel Centro Penitenziario di El Manzano a Concepcion. Mons. Chomali ha sottolineato il lavoro pastorale della Chiesa nelle carceri, coordinato da padre German Hermosilla, cappellano del carcere, che lavora con i detenuti e con le guardie. Un gruppo di operatori pastorali visita regolarmente la popolazione carceraria e segue anche le loro famiglie. Nell’ambito di questa pastorale, ci sono dei programmi settimanali che preparano i detenuti a ricevere i sacramenti. L’Arcivescovo ha invitato i detenuti ad avere “un cuore riconoscente, sapendo che Dio ci ascolta”, ed ha concluso: “Lui è sempre con noi, perché nonostante abbiamo commesso degli errori, Gesù Cristo è sempre misericordioso. Questa santa Messa che abbiamo preparato per voi è davvero uno spazio di vita, di fede, di speranza, con la quale vogliamo incoraggiare tutti, l’un l’altro”.