Giustizia: Napolitano ha inviato messaggio alle Camere per un provvedimento di clemenza La Repubblica, 8 ottobre 2013 "Carceri, questione scottante". Napolitano: sì a indulto e amnistia Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Reinserimento. Reclusione presso il domicilio. Minore custodia cautelare. Espiazione della pena inflitta nel proprio Paese di origine. Attenuazione degli effetti della recidiva per l'accesso alle misure alternative. Incisiva depenalizzazione dei reati. Aumentare la capienza complessiva degli istituti penitenziari. Quest'ultimo punto, però, "appare insufficiente" per "ottemperare in tempi stretti" a ciò che dice la Corte di Strasburgo. Sono alcune delle soluzioni indicate dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel messaggio inviato alle Camere: "E' necessario - ha detto - intervenire nell'immediato con il ricorso a rimedi straordinari". Ecco, dunque, che Napolitano arriva a citare prima l'indulto, poi l'amnistia: anche se "la perimetrazione della legge di clemenza rientra nelle esclusive competenze del parlamento", sottolinea con riferimento a reati particolarmente gravi, quale la violenza sulle donne. Tuttavia, "l'effetto combinato dei due provvedimenti, un indulto per pene pari a 3 anni, e un'amnistia su reati" di non grave entità potrebbe ridurre significativamente la popolazione carceraria e di "adempiere tempestivamente alle prescrizioni della comunità europea". "Vi pongo con la massima determinazione e concretezza una questione scottante. Parlo della drammatica questione carceraria che va affrontata in tempi stretti". Così Napolitano si rivolge al parlamento. Tanto alla Camera quanto al Senato i presidenti Laura Boldrini e Pietro Grasso leggono in aula il messaggio inviato dal capo dello Stato sul sovraffollamento nelle carceri. Nel messaggio, Napolitano sottolinea tra l'altro la "perdurante incapacità del nostro Stato nel garantire i diritti dei detenuti in attesa di giudizio e in esecuzione di pena" fa sì che "viene frustrato il principio costituzionale del carattere rieducativo della pena". E ancora: "L'Italia viene a porsi in una condizione umiliante sul piano internazionale per violazione dei principi sul trattamento umano dei detenuti". E' dunque "inderogabile" la "necessità di porre fine senza indugio" alla situazione. Il segretario generale della presidenza della Repubblica, Donato Marra, aveva consegnato questa mattina ai presidenti di Camera e Senato un messaggio del capo dello Stato, ai sensi dell'articolo 87 della Costituzione, sulla situazione carceraria. Il messaggio è stato controfirmato dal presidente del Consiglio Enrico Letta. Si tratta del primo passo di questo tipo compiuto da Giorgio Napolitano nei suoi due mandati da presidente della Repubblica. Il messaggio alle Camere, infatti, riveste una rilevanza costituzionale di grande peso: è uno degli atti formali che la Carta consente al capo dello Stato per esercitare formalmente il proprio potere. Già nei giorni scorsi, durante la visita al carcere di Poggioreale, il capo dello Stato aveva lanciato un invito che lasciava presagire la novità odierna: il parlamento - aveva detto - prenda in considerazione un provvedimento "di indulto o amnistia". Contestualmente, Napolitano aveva annunciato di avere pronto sul tema un messaggio alle Camere che sarebbe stato inoltrato in "un momento di maggiore serenità politica affinché venga letto e meditato con tutto lo sforzo e il coraggio". "Abbiamo un obbligo giuridico come ci impone la corte di Strasburgo per dare una risposta soddisfacente all'affollamento delle carceri", aveva detto Napolitano. "Per questo pongo al Parlamento anche l'interrogativo se esso non ritenga di prendere in considerazione la necessità di un provvedimento di clemenza, di indulto e di amnistia. E' un provvedimento che non può prendere d'autorità il presidente della Repubblica che non ne ha i poteri, che non può prendere il Governo da solo e che ha bisogno di un consenso molto ampio delle Camere, forse troppo ampio secondo quanto stabilito". Sono pochi i precedenti di messaggi alle Camere da parte del Quirinale. L'ultimo in ordine di tempo nel 2001, dodici anni fa. Fu firmato da Carlo Azeglio Ciampi, e aveva come argomento la necessità di garantire maggior equilibrio nel sistema dell'informazione e della comunicazione in Italia. Immediate le reazioni dopo l'annuncio. Il Pdl legge nella decisione del capo dello Stato una ragione in più per sollecitare un'inizitiva di riforma della giustizia da parte del governo Letta. Resta da capire come un atto di clemenza potrebbe incidere sulle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi. Per quanto riguarda l'amnistia, disciplinata dall'articolo 151 del codice penale, "estingue il reato, e, se vi è stata condanna, fa cessare l'esecuzione della condanna e le pene accessorie" e, per effetto e nei limiti dell'articolo 210 dello stesso codice, "impedisce l'applicazione delle misure di sicurezza e ne fa cessare l'esecuzione". Pertanto un'amnistia potrebbe risolvere in parte i problemi giuridici del leader del Pdl, almeno per quanto riguarda la condanna passata in giudicato relativa al processo Mediaset. Rimarrebbero scoperti però gli altri processi in dirittura d'arrivo. L'indulto invece è "causa generale di estinzione della pena, che condona in tutto o in parte la sanzione inflitta con la sentenza di condanna, ovvero la commuta in pena di specie diversa". Questo provvedimento quindi non cambierebbe la situazione di Berlusconi per quanto riguarda la decadenza da senatore. Si tratta comunque di due atti di clemenza generali, ad efficacia retroattiva e, come tali, si distinguono dalla grazia che, invece, è un provvedimento individuale. In Parlamento già depositate due proposte legge Il messaggio di Giorgio Napolitano a Camera e Senato sulla situazione carceraria ha già pronte in Parlamento due proposte di legge, che chiedono appunto l’uso dell’amnistia e dell’indulto per diminuire il sovraffollamento negli istituti di pena. I due provvedimenti giacciono da qualche mese sia a Montecitorio che a palazzo Madama e vedono come primo firmatario alla Camera, Sandro Gozi, e al Senato come cofirmatari, Luigi Manconi, Paolo Corsini e Mario Tronti, tutti parlamentari del Pd. Parecchi mesi prima del giorno della sentenza della Cassazione del primo agosto, che ha confermato in via definitiva la condanna di Silvio Berlusconi per frode fiscale Gozi e Luigi Compagna (Gal), il 23 marzo alla Camera e il 9 maggio al Senato, hanno depositato due disegni di legge che intendono ricorrere all’amnistia per fermare l’aumento spropositato della popolazione carceraria. Testi su cui poter lavorare e che metterebbero la parola fine a tutti i problemi giuridici del Cavaliere. Entrambi i provvedimenti infatti intendono inserire nell’atto di clemenza “tutti i reati commessi entro il 14 marzo 2013 per i quali è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta alla suddetta pena detentiva”. Nelle carceri posti per 47mila, ma i detenuti sono quasi 65mila Sono 64.758, contro una capienza regolamentare di 47.615 posti (ma questo dato non tiene conto di situazioni transitorie, come la chiusura di reparti per ristrutturazione ), i detenuti presenti nelle carceri italiane. carceri che, nonostante le misure per ridurre le presenze attraverso misure alternative, sono ancora troppo sovraffollate. Le cifre, aggiornate al 30 settembre 2013, sono quelle disponibili sul sito internet del ministero della Giustizia. Sul totale dei detenuti presenti nei 205 istituti di detenzione italiani, le donne sono 2.821, gli stranieri 22.770. I soggetti in semilibertà sono invece 863, e tra questi 90 sono stranieri. La Lombardia, con 8.980 detenuti e poco più di 6mila posti a disposizione, è la regione dove le carceri sono più sovraffollate, seguita da Campania (8.103 detenuti e 5.627 posti), Lazio (7.157 detenuti e 4.799 posti) e Sicilia (6.987 detenuti e 5.540 posti). Di seguito una scheda che riporta i dati regione per regione, confrontando la capienza regolamentare con la presenza effettiva. Solo l’amnistia salverebbe il Cav… Resta da capire come un atto di clemenza potrebbe incidere sulle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi. Per quanto riguarda l’amnistia, disciplinata dall’articolo 151 del codice penale, “estingue il reato, e, se vi è stata condanna, fa cessare l’esecuzione della condanna e le pene accessorie” e, per effetto e nei limiti dell’articolo 210 dello stesso codice, “impedisce l’applicazione delle misure di sicurezza e ne fa cessare l’esecuzione”. Pertanto un’amnistia potrebbe risolvere in parte i problemi giuridici del leader del Pdl, almeno per quanto riguarda la condanna passata in giudicato relativa al processo Mediaset. Rimarrebbero scoperti però gli altri processi in dirittura d’arrivo. L’indulto invece è “causa generale di estinzione della pena, che condona in tutto o in parte la sanzione inflitta con la sentenza di condanna, ovvero la commuta in pena di specie diversa”. Questo provvedimento quindi non cambierebbe la situazione di Berlusconi per quanto riguarda la decadenza da senatore. Si tratta comunque di due atti di clemenza generali, ad efficacia retroattiva e, come tali, si distinguono dalla grazia che, invece, è un provvedimento individuale. Giustizia: messaggio di Napolitano alle Camera, i commenti degli esponenti politici Ristretti Orizzonti, 8 ottobre 2013 Speranza (Pd): accogliere positivamente parole Napolitano (Dire) “Penso che le parole che saranno contenute nel messaggio alle Camere inviato dal presidente Napolitano alle Camere debbano essere accolte in maniera assolutamente positiva”. Lo ha detto il capogruppo del Pd alla Camera Roberto Speranza, intervistato da Radio Radicale. “La mia posizione- aggiunge- è che non possiamo essere indifferenti a questo messaggio, e che il problema del sovraffollamento carcerario è un problema molto molto serio”. Il messaggio del Capo dello stato sarà letto alle Camere alle 16. Cesa (Udc) e Marazziti (Scelta Civica): possibile amnistia per sfoltire carceri (Tm News) Udc e Scelta Civica potrebbero sostenere un’amnistia per sfoltire il sovraffollamento nelle carceri italiane. “La situazione è drammatica, parliamo di persone, donne, giovani, che avranno anche commesso dei reati ma che non meritano le condizioni delle carceri oggi, che non possono rimanere in quello stato. Bisogna ascoltare con grande attenzione le parole del capo dello Stato, e non solo ascoltare, ma anche fare. Io - ha detto a Radio Radicale il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa - sono per l’amnistia, e di fare subito una seria riforma della giustizia, di cui si parla da tanti anni ma che non è mai stata fatta”. “Il messaggio di Napolitano - ha fatto eco da Scelta Civica Mario Marazziti - è un grande fatto. Non ne conosciamo ancora il contenuto, non aveva mai fatto un messaggio, il tema è centrale, ed è la prima volta che sceglie questo strumento. Io sono un sostenitore di una misura di amnistia, se accompagnato ad una riforma sul sistema delle pene. Spero che questo messaggio ci aiuti a ritrovare l’unità sulle cose da fare”. Antigone: dopo condanna di Strasburgo l’Italia rischia milioni in risarcimenti “Subito via le leggi su droghe, immigrazione e recidiva. Si diano ai detenuti più ore di vita sociale e di aria. E con la clemenza si faccia ripartire il sistema nella legalità”. Questi i punti nodali, secondo il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, perché il pianeta carceri esca dall’emergenza. L’ultimo rapporto dell’associazione Antigone, che si occupa dei diritti nelle carceri, riporta un lungo elenco di criticità. La sentenza della Corte europea del maggio 2013 ha stabilito che entro fine maggio 2014 l’Italia deve tornare nella legalità penitenziaria. La Corte dei diritti umani di Strasburgo ha impegnato l’Italia ad assumere provvedimenti deflattivi risolutivi rispetto al sovraffollamento nonché a riorganizzare la vita penitenziaria migliorando le condizioni di vita interna. “I detenuti sono costretti a vivere in spazi angusti e inadatti dal punto di vista sanitario per circa 20 ore al giorno - dichiara Patrizio Gonnella - mentre la Corte Europea prevedere che meno di 3 metri quadri a persona comporta la violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea del 1950 sui diritti umani che proibisce la tortura e ogni forma di trattamento inumano o degradante”. Il sovraffollamento. L’Italia ha il tasso di sovraffollamento più alto di tutta l’area Ue: secondo Antigone, 170 detenuti ogni 100 posti letto. Per il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria i posti letto regolamentari sono 47 mila. Antigone ne conta 10 mila in meno, ovvero 37 mila, in quanto detrae dai posti letto presenti sulla carta tutti quelli relativi a reparti chiusi in quanto in ristrutturazione (ad esempio due reparti del carcere romano di Regina Coeli). Circa 28 mila persone quindi vivono in spazi ritenuti degradanti dalla Corte di Strasburgo. I ricorsi a Strasburgo. Sono a oggi molte centinaia i ricorsi pendenti per questioni legate allo spazio insufficiente; circa 400 sono quelli presentati dal difensore civico di Antigone. La valutazione di questi ricorsi è al momento bloccata nell’esame da parte della Corte europea in attesa che l’Italia assuma provvedimenti sistemici. Se non dovessero essere assunti a fine maggio 2014 verranno valutati tutti i ricorsi. Se tutti e 28 mila i detenuti in surplus e senza spazio vitale dovessero fare ricorso l’Italia dovrà sborsare una cifra intorno ai 420 milioni di euro a titolo di risarcimento. Infatti nella ultima sentenza la Corte ha assicurato una media di 15 mila euro di risarcimento a detenuto. I numeri della carcerazione in Italia. 22 anni fa i detenuti erano 31.053. 12 anni fa erano 55.393. Oggi sono 64.458. Il 35,19%è è composto da stranieri. Il 4,42% donne. Il 37,17% è in custodia cautelare. Il 39,44% ha una imputazione o condanna per violazione della legge sulle droghe. Il 53,41% è dentro per reati contro il patrimonio. Il 10,2% ha una condanna o una imputazione di mafia e dintorni. Il numero assoluto dei detenuti per associazione a delinquere di stampo mafioso è pari a 6.758 di cui 134 donne e 75 stranieri. Il 36,8% è in carcere per reati contro la persona. Il 60,45% delle persone condannate deve scontare una pena residua inferiore ai 3 anni. 16.626 sono in affidamento in prova al servizio sociale. 1.295 detenuti sono in semilibertà. 18.627 sono in detenzione domiciliare di cui il 21,6% è composto da stranieri. Il 15,3% della popolazione reclusa ha solo la licenza elementare o è privo di titolo di studio o è analfabeta. Le cause del sovraffollamento. Secondo Antigone le leggi sulla recidiva (ex Cirielli), sulle droghe (Fini-Giovanardi) e sulla immigrazione (Bossi-Fini) sono alla base della crescita della popolazione detenuta negli ultimi 22 anni. La loro abrogazione costituisce una parte del contenuto delle tre proposte di legge di iniziativa popolare promosse da decine di organizzazioni e associazioni. L’amnistia. Il provvedimento di clemenza favorirebbe, accompagnato dalle riforme di sistema, un ritorno alla normalità. Entro maggio, infatti, dovremo avere tanti detenuti quanti sono i posti letto. Brunetta (Pdl): messaggio Napolitano impone a Letta agire su giustizia (Tm News) Il Pdl legge nella decisione del Capo dello Stato di inviare alle Camere un messaggio sull’emergenza carceri una ragione in più per sollecitare un’iniziativa di riforma della Giustizia da parte del Governo Letta. “Il messaggio alle Camere del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano sulle misure necessarie per affrontare la questione carceraria - ha affermato il presidente dei deputati Pdl Renato Brunetta- introduce con la massima forza e autorevolezza il tema della giustizia nelle cose da fare da parte di governo e Parlamento. Ascolteremo alle 16 di oggi con la dovuta attenzione l`appello del Capo dello Stato, che ringraziamo per questo suo gesto, e chiediamo sin d`ora al premier Letta di dettare le linee per darvi attuazione”. “Al presidente del Consiglio ricordiamo e domandiamo, con rispetto e determinazione - ha sottolineato- di dar corpo al programma enunciato il 2 ottobre nel suo discorso per la fiducia. Quando indicò che, in tema di “opportune e urgenti riforme”, “sulla giustizia il nostro lavoro potrà basarsi sulle importanti indicazioni contenute nella relazione conclusiva del gruppo di lavoro nominato dal presidente Napolitano il 30 marzo 2013”. Si tratta della riforma della giustizia da attuare partendo dal testo dei “saggi”. E assicurò impegno per “l’adempimento degli obblighi europei (a cominciare dal rispetto delle decisioni della Corte di giustizia dell’Unione europea)”, che si connettono con l`apertura della procedura d`infrazione aperta dall`Unione Europea sulla “responsabilità civile dei magistrati”. “Lungo la strada aperta dal Capo dello Stato - ha concluso Brunetta - intraprenderemo da oggi una vigorosa campagna parlamentare, che avrà il suo perno nella proposta di sei indagini conoscitive sui sei quesiti referendari sulla giustizia promossi dai radicali e per i quali il Popolo della Libertà ha dato un contributo decisivo nella raccolta delle firme. Le indagini conoscitive dovranno incardinarsi nelle commissioni Giustizia dei due rami del Parlamento. Questo per consentire agli elettori di votare sulla base di conoscenze certe e condivise”. CARCERI. LETTA: MESSAGGIO INECCEPIBILE, GOVERNO FARÀ DI TUTTO "Il messaggio alle Camere del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sulla questione carceraria e' ineccepibile. Il capo dello Stato centra una delle vere emergenze del nostro Paese. Se e' vero che il grado di civilta' di una nazione si misura dal livello delle proprie prigioni, l'attuale situazione mortifica la dignita' dei detenuti e, con loro, dell'Italia intera. Le parole di Napolitano, che interpretano al meglio il dettato e lo spirito della Costituzione, indicano la strada per riscattarci. Per quanto di sua competenza, nel pieno rispetto delle prerogative del Parlamento come richiamate dallo stesso presidente della Repubblica, il governo continuera' a fare di tutto per recepire indicazioni e sollecitazioni giunte dal capo dello Stato". Lo dice il presidente del Consiglio Enrico Letta. CARCERI. ALFANO: SÌ A MONITO NAPOLITANO E RIFORMA GIUSTIZIA "Siamo pronti a fare la nostra parte. Le strutture del ministero dell'Interno sono pronte ad avviare immediatamente una collaborazione con quelle della Giustizia ed io con la Cancellieri, per tradurre in pratica il monito ed anche il forte invito del Presidente della Repubblica. Crediamo siano maturi i tempi per una riforma della giustizia che prenda beneficio dal lavoro dei saggi e per un lavoro sulle carceri che, come dalle parole del Presidente Napolitano, abbia tutti i connotati dell'urgenza". Lo scrive su Facebook il ministro dell'Interno, Angelino Alfano. CARCERI. DI STEFANO (M5S): NAPOLITANO A GAMBA TESA SU PARLAMENTO "In questo momento la Boldrini sta leggendo una lettera di Napolitano alle Camere che chiede l'amnistia per risolvere il problema delle carceri in Italia da tempo sotto infrazione in Europa. Napolitano interviene a gamba tesa sulla vita del Parlamento. Chi avra' da salvare? Siamo alle barzellette. Questo Governo e questo Presidente della Repubblica non agiscono mai sulle cause, sempre sulle conseguenze e sempre in malafede". Lo scrive su facebook Manlio Di Stefano, deputato 5 stelle. CARCERI. DELLAI (SC): ESAMINARE OPZIONI INDICATE DA CAPO STATO "Messaggio severo e ineludibile: in gioco non ci sono solamente i possibili effetti della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, ci sono sopratutto i principi di civilta' giuridica e di umanita' e l'efficacia stessa della politica giudiziaria del Paese. Il Parlamento deve agire di conseguenza con assoluta sollecitudine, esaminando con attenzione tutte le opzioni indicate dal capo dello Stato". Lo afferma il capogruppo di Scelta civica alla Camera, Lorenzo Dellai. CARCERI. ZANDA (PD): PARLAMENTO TRASFORMERÀ IN LEGGE MESSAGGIO "Il presidente della Repubblica rimette davanti agli occhi di tutti noi la fotografia completa della drammatica situazione delle carceri. Tutto il Parlamento dovrebbe sentirsi umiliato per non aver posto finora i rimedi di propria competenza". Cosi' il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda commenta il messaggio del capo dello Stato alle Camere. "Mortifica tutti noi che lo Stato italiano sia stato ritenuto colpevole di aver violato 'la proibizione dei trattamenti inumani e degradanti' iscritti sotto la rubrica 'proibizione della tortura' della convenzione europea. È un motivo che rende ancora piu' urgente per le Camere accogliere e trasformare in legge il messaggio del pesidente Napolitano", conclude. CARCERI. PISICCHIO (CD): PARLAMENTO NON PUO' PIÙ FAR FINTA NIENTE "Napolitano ha posto in modo costituzionalmente ineccepibile la questione drammatica delle carceri italiane, argomentando efficacemente intorno all'art. 27 e ai forti rilievi posti dalla Corte di Strasburgo. Ma non si e' limitato a fare il catalogo delle gravissime disfunzioni: ha anche indicato le vie per uscirne. Adesso il Parlamento non puo' piu' far finta di niente". Lo afferma il presidente del gruppo Misto alla Camera e vicepresidente di Centro democratico Pino Pisicchio. DI BATTISTA (M5S): PAROLE NAPOLITANO DA BRIVIDO, SARA' BATTAGLIA "Napolitano ci manda un messaggio sullo stato delle carceri e sulle condizionioni di vita dei detenuti. Un messaggio che puo' avere senso se non ci fosse il sospetto, o per qualcuno la certezza, che abbia a che fare con il condannato Berlusconi, principale alleato del Pd in quest'avventura dell'indecente inciucio". Lo scrive su facebook Alessandro Di Battista, deputato 5 stelle. "Le parole che ci fanno rabbrividire (ripeto, in questo momento storico) sono indulto e soprattutto amnistia- prosegue- un ricattatore professionista come B. non torna mai a mani vuote, vedremo e valuteremo nelle prossime ore la portata del messaggio del Capo dello Stato. Partira' la macchina informativa che fara' di tutto per evitare di accomunare problema carceri con sorte personale del mariuolo brianzolo. Occorrera' per vincere questa battaglia l'apporto di tutti i cittadini liberi. Si alza la posta in gioco e si alza la forza e la 'qualita'' delle azioni da parte del potere. Il M5S vuole sovvertire il potere e liberare Italia e italiani. O si vince o si perde, non si puo' pareggiare. In alto i cuori". PD: NIENTE AMNISTIA E INDULTO PER REATI COME BERLUSCONI Il Pd esclude provvedimenti di clemenza per il reato in base al quale e' stato condannato Silvio Berlusconi. "Amnistia e indulto possono arrivare solo al culmine di un percorso che prevede misure strutturali che incidano definitivamente sul problema del sovraffollamento carcerario e concretizzino la funzione rieducativa della pena", dice Danilo Leva, responsabile giustizia del Pd, interpellato alla Camera. I Democratici propongono "dopo la legge di stabilita' una sessione straordinaria" sul sovraffollamento delle carceri con provvedimenti sulla riduzione della custodia cautelare, la revisione della ex Cirielli e dei reati legati alla tossicodipendenza e alla immigrazione. "Amnistia e indulto- aggiunge Leva- possono arrivare al termine di questo percorso e in ogni caso non potrebbero riguardare reati particolarmente odiosi ne' i reati di natura economica e fiscale". CARCERI. VERINI (PD): MESSAGGIO DI GRANDE VALORE CIVILE E MORALE "Con il suo messaggio contro il drammatico sovraffollamento delle carceri, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non solo richiama Parlamento e altre istituzioni al rispetto obbligatorio di prescrizioni europee ma, ancora una volta, pronuncia parole di grande valore civile e morale che debbono essere subito ascoltate". Lo afferma il capogruppo Pd in commissione Giustizia della Camera, Walter Verini, che aggiunge: "Condivido pienamente anche l'invito del Presidente della Repubblica ad adottare provvedimenti di clemenza straordinari, come indulto e amnistia. In certi momenti coraggio, responsabilita' e principi di civilta' e umanita' debbono andare di pari passo". CARCERI. MELONI (FDI): NO AMNISTIA E INDULTO "Fratelli d'Italia sara' sempre dalla parte dei cittadini onesti e non votera' mai a favore dell'amnistia e dell'indulto, che fanno pagare agli italiani l'inadempienza dello Stato, rispetto a un sistema carcerario incapace di conciliare la certezza della pena con i diritti dei detenuti di scontare il loro debito con la giustizia in condizioni di umanita' e vivibilita'". Lo dice il presidente dei deputati di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, che aggiunge: "L'emergenza carceri e' una assoluta priorita' nazionale, ma il problema del sovraffollamento si risolve con interventi strutturali: pene alternative per i reati minori, accordi bilaterali per far scontare agli stranieri le pene nei Paesi di provenienza, risoluzione dell'annosa questione dell'abuso della carcerazione preventiva, che oggi riguarda piu' di un terzo dei detenuti. Rimettere in liberta' i condannati significa sancire il totale fallimento dello Stato e Fratelli d'Italia non si rendera' mai complice di un simile scempio". SPERANZA (PD): PDL VUOLE CLEMENZA PER CAV? SE LO TOLGA DA TESTA Il capogruppo dei Democratici Roberto Speranza esprime a nome del Pd "cauta apertura" alla possibilita' di un provvedimento di clemenza per risolvere il problema dell'emergenza carceraria. "Sono temi che toccano la coscienza delle persone rispetto ai quali c'e' bisogno di approfondire nei gruppi e nei partiti. Ma certo le parole di Napolitano non possono restare inascoltate", aggiunge, spiegando che il Pd pensa prima ad "altri provvedimenti importanti, ad esempio sulla custodia cautelare". E a chi gli chiede se siano fondati i sospetti di chi ritiene che amnistia e indulto possano riguardare Silvio Berlusconi, Speranza taglia corto: "Questa e' una lettura banale. Napolitano solleva un problema reale e drammatico, le vicende di Berlusconi non hanno a che fare con questo problema. Se qualcuno lo pensa se lo tolga dalla testa". CARCERI. MATTEOLI: PARLAMENTO RACCOLGA MONITO NAPOLITANO "Il Parlamento raccolga il monito del presidente della Repubblica e vari al piu' presto l'indulto, l'amnistia ed i provvedimenti conseguenti". Lo dichiara il senatore del Pdl Altero Matteoli, commentando il messaggio alle Camere del Capo dello Stato. Secondo Matteoli, "una grande e forte democrazia, come la nostra, dimostra di essere tale se e' capace anche di essere clemente con chi ha sbagliato, offrendogli una possibilita'. Auspico che le Commissioni competenti di Camera e Senato- conclude- comincino subito ad istruire le proposte da sottoporre all'esame ed al voto delle Assemblee legislative e che su di esse convergano le maggioranze previste dalla Costituzione".problema. Se qualcuno lo pensa se lo tolga dalla testa". CARCERI. M5S: CAIMANO SI SALVA, NAPOLITANO PEGGIOR PRESIDENTE "Ecco e' arrivato il momento di pagare i debiti. La Boldrini legge in aula il lungo discorso inviato dal capo dello stato sulla grave situazione della carceri, dopo un buon quarto d'ora arriviamo al punto. Il presidente sponsorizza l'idea di un Indulto e di un Amnistia. Cosi' ripagheranno Berlusconi per non aver fatto cadere il Governo. Il caimano sta per salvarsi ancora una volta". Lo scrive su facebook Matteo Mantero, deputato 5 stelle. "E per tutto questo dobbiamo ringraziare il partito democratico che invece di scegliere il professor Rodota' ha preferito inginocchiarsi davanti a quello che sta per passare alla storia come il peggior presidente della repubblica che l'Italia abbia mai avuto- aggiunge- ancora un volta ha vinto Berlusconi. Ancora un volta stiamo per perdere tutti noi. Vergogna". CARCERI. BALDUZZI (SC): SERVE COERENZA CON PAROLE DI NAPOLITANO "Apprezzabile il messaggio del Presidente Napolitano sulle carceri, sia per le analisi sia per il ventaglio delle soluzioni possibili e utili, a partire dalle ragionevoli considerazioni in tema di indulto. Ma non basta plaudire al Capo dello Stato, occorre prendere sul serio le sue parole ed essere coerenti. Proprio oggi, Pd e Pdl hanno respinto alcuni emendamenti di Scelta Civica al decreto sul femminicidio volti a introdurre istituti di giustizia riparativa e misure alternative alla detenzione. L'argomento portato per respingerli e' che tali innovazioni hanno un necessario carattere di generalita' e non sarebbe opportuno anticiparle con riferimento a singoli reati. Ma noi riaffermiamo con forza che proprio sulle violenze domestiche e di genere le misure alternative hanno un grande significato e possono essere apripista per modifiche piu' ampie". Lo dice Renato Balduzzi, capogruppo di Scelta Civica nella Commissione Affari costituzionali. CARCERI. SCHIFANI: BENE NAPOLITANO, SOLUZIONI DEFINITIVE "Sull'emergenza carceri e' arrivato il momento di soluzioni definitive. Bene ha fatto il presidente Napolitano a porre ancora una volta l'attenzione in maniera cosi' autorevole su un tema drammatico che riguarda la coscienza di ognuno di noi". Lo dichiara il presidente dei senatori del Pdl, Renato Schifani, che continua: "Il mio impegno parlamentare in questa battaglia di civilta' sara' totale, anche in linea con i provvedimenti di amnistia e indulto suggeriti dal Capo dello Stato. Chi, come me, ha avuto modo di visitare da presidente del Senato numerosi istituti penitenziari, ha visto con i suoi occhi le inaccettabili condizioni di degrado nelle quali versano le carceri italiane. La politica, che in quel ruolo istituzionale ho sollecitato con fermezza, deve fare ora la sua parte per voltare finalmente pagina e cancellare una realta' che non e' degna di un Paese civile, adempiendo nel termine fissato al pronunciamento della Corte Europea dei diritti dell'uomo". CARCERI. MANCONI (PD): SUBITO AMNISTIA E INDULTO "Ora c'e' solo da augurarsi che il Parlamento non sia, ancora una volta, sordo alle parole del Capo dello Stato e alle ragioni del diritto. Dopo il messaggio del Presidente della Repubblica, non c'e' altro da aggiungere e non ci sono piu' alibi dietro cui nascondere la propria codardia". Lo afferma in una nota Luigi Manconi, senatore del Partito Democratico. "Il testo del Quirinale e' perfetto: vengono individuate con la massima precisione le cause di una situazione che 'ci umilia davanti all'Europa' e vengono suggeriti i provvedimenti capaci di rimuovere quelle cause. L'amnistia e l'indulto, previsti dalla Carta Costituzionale- continua il senatore democratico- possono avere la funzione di restituire un po' di normalita' a un sistema patologicamente alterato e possono decongestionare una struttura oggi parossisticamente deforme. Solo attraverso l'introduzione di elementi di normalita' e ordinarieta', solo attraverso una rilevante deflazione del numero dei reclusi, solo attraverso il rispetto degli standard minimi di civilta' giuridica, sara' possibile realizzare quelle riforme di struttura non piu' deferibili che il sistema penitenziario pretende. Gia' all'inizio della legislatura ho presentato un disegno di legge che prevede tre anni di indulto (cinque per i malati) e l'amnistia per i reati punibili, nel massimo, con quattro anni di pena detentiva, che siano stati commessi prima del 14 Marzo 2013. Oltre che per i reati di maggiore allarme sociale- conclude Manconi- l'indulto non sarebbe applicabile nei casi che abbiano gia' beneficiato dello sconto di pena previsto dalla legge del 2006. Dunque, uno strumento per dare seguito alla autorevolissima sollecitazione del Capo dello Stato e' a disposizione del Senato che potra' calendarizzarne la discussione con l'urgenza richiamata dal Presidente Napolitano". CARCERI. POLVERINI (PDL): FAVOREVOLE A QUALSIASI PROVVEDIMENTO "Sono favorevole da sempre a qualsiasi provvedimento che possa rendere dignitosa la vita in carcere perche' non si puo' costringere donne e uomini a vivere in una situazione insostenibile". Lo afferma la deputata Renata Polverini (Pdl), che aggiunge: "Ero favorevole quando a chiedere l'amnistia fu un grande papa come Giovanni Paolo II, lo resto oggi, che finalmente lo reclama anche il capo dello Stato. A questo punto, pero', il governo non ha piu' alibi e deve impegnarsi nel mettere in campo misure decisive per superare anche strutturalmente, e quindi con una riforma della giustizia, il problema delle carceri italiane". CARCERI. DI PIETRO: INDULTO E AMNISTIA? TEMPISTICA SOSPETTA "Ci stavamo chiedendo cosa fosse stato offerto in cambio a Berlusconi per sorreggere il Governo Letta. Lo abbiamo capito quando abbiamo sentito le due paroline magiche che da giorni molti ripetono: amnistia e indulto. Silvio Berlusconi e' un cittadino come gli altri e come tale deve essere trattato: la legge e' uguale per tutti". Lo dice il presidente dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro. "Sin da quando e' nata la Repubblica- aggiunge Di Pietro- per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri si ricorre a questi escamotage, invece di accelerare la tempistica processuale e di costruire nuove strutture carcerarie. Adesso basta, non sono queste le priorita' del Paese ne' le soluzioni". CARCERI. GINEFRA (PD): PRIMA DEPENALIZZAZIONE REATI MIORI "Pur rispettando i suggerimenti del Presidente della Repubblica, per far fronte ai problema del sovraffollamento delle nostre carceri in modo strutturale, proporrei di valutare prioritariamente la depenalizzazione di alcuni reati minori con la trasformazione della sanzione prevista per gli stessi da detentiva ad amministrativa". È quanto dichiara il deputato del Pd Dario Ginefra. CARCERI. BITONCI (LN): NO A PROVVEDIMENTI DI CLEMENZA "Nessuna proposta o progetto futuro potra' farci digerire provvedimenti di clemenza. Ci opporremo con forza, cosi' come abbiamo sempre fatto, a qualsiasi ipotesi di amnistia e indulto. Noi, al contrario dell'Europa, stiamo dalla parte delle vittime. Per noi i carnefici devono restare in galera, non essere liberati. Certo, abbiamo apprezzato il passaggio della lettera del presidente Napolitano in cui si fa riferimento alla necessita' di riprendere il discorso degli accordi bilaterali per far scontare nei paesi d'origine le pene ai condannati stranieri. Era una nostra proposta. Cosi' come fa piacere che sia stato ripreso il piano dell'edilizia carceraria. Ma tutto questo non puo' trasformarsi in un voto favorevole a qualsiasi indulto o amnistia". Lo dice Massimo Bitonci,capogruppo della Lega Nord al Senato. CARCERI. ESPOSITO (PDL): FAVOREVOLE A MISURE STRAORDINARIE "Il presidente Napolitano, con il dettagliato e accorato messaggio inviato alle Camere, apre un determinante spazio di dialogo per una seria riflessione sulle disastrose condizioni delle nostre carceri. Auspico che le parole del Capo dello Stato non cadano nel vuoto e che sia valutata con rigore e senza sterili pregiudizi la sua proposta di intraprendere misure eccezionali, quali l'indulto e l'amnistia, per consentire ai detenuti di poter espiare la propria pena essendo rispettate le piu' basilari norme ed i diritti degli esseri umani. È un tema che non concerne soltanto l'idea di giustizia, ma che riveste una preponderante valenza etica. Per problematiche straordinari siano vagliate misure altrettanto straordinarie, lo sostengo da tanto tempo e porto avanti questa mia battaglia con fermezza e caparbieta'". Lo ha detto il vicepresidente dei senatori del Pdl, Giuseppe Esposito. CARCERI. UGL: NAPOLITANO CONFERMA SITUAZIONE COMPROMESSA "Il messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere rappresenta il segnale piu' chiaro di quanto la situazione dei penitenziari italiani sia compromessa". Lo dichiara il segretario nazionale dell'Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, che commenta il messaggio alle Camere sull'emergenza carceri del Presidente Napolitano, spiegando che "riteniamo fondamentale che vi siano provvedimenti risolutori, pur essendo perplessi sugli effetti in termini di sicurezza che potrebbero determinare misure quali l'indulto e l'amnistia, se non accompagnati da misure di sostegno esterno delle istituzioni territoriali, mentre plaudiamo il Presidente per le altre soluzioni presentate, tra le quali diverse da tempo tracciate dall'Ugl come, ad esempio, un minor ricorso alla carcerazione preventiva o l'espiazione della pena nei Paesi d'origine per i detenuti stranieri". Per il sindacalista "di certo l'immagine contenuta nel documento presentato alle Camere descrive una condizione che l'Ugl sta cercando di portare da lungo tempo all'attenzione di chi ha il potere di legiferare in materia, ritenendo prioritari interventi che ripristinino la dignita' e l'umanita' della pena, senza dimenticare che le disastrose condizioni strutturali delle carceri ed il grave sovraffollamento si ripercuotono sul carico di lavoro del personale di polizia penitenziaria, costretto a lavorare in luoghi insalubri e con gravi rischi per la sicurezza". "Auspichiamo- conclude- che tale forte monito permetta di individuare finalmente fondi straordinari provenienti ad esempio dai beni sequestrati alla mafia, ovvero consenta anche l'utilizzo dei fondi europei Pon per riportare l'Italia al rango europeo che la dovrebbe contraddistinguere in virtu' della propria Carta Costituzionale". CARCERI: SERENI (PD): POLEMICHE IN MALAFEDE "Il messaggio del capo dello Stato alle Camere e' un richiamo per tutti e richiede un approfondimento serio e senza rinvii nelle sedi proprie del Parlamento. Su alcune misure, come ad esempio le pene alternative e la 'messa alla prova', peraltro la Camera e' gia' intervenuta anche in questa legislatura. Soltanto chi e' in malafede puo' commentare riducendo al 'teatrino della politica' nostrana un tema doloroso come quello della drammatica condizione delle carceri e delle violazioni dei diritti umani dovuti alla lentezza della giustizia italiana". Lo dice la vice presidente della Camera Marina Sereni (Pd) dopo aver ascoltato il messaggio inviato dal presidente della Repubblica. CARCERI. CANCELLIERI: AMNISTIA PER BERLUSCONI? E' FALSA IDEA "E' una falsa idea". Cosi' il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, ai cronisti che le chiedevano se l'amnistia, provvedimento sul quale il Capo dello stato ha invitato le Camere a riflettere, potesse riguardare anche Silvio Berlusconi. "Su questi interventi- aggiunge il ministro a margine di un convegno organizzato da Uman fondation alla Luiss- decide il parlamento. E decide anche quali reati toccare e non e' mai successo toccasse reati finanziari. CARCERI. MARONI: CONTRARI A QUALSIASI FORMA INDULTO O AMNISTIA "La Lega Nord e' contraria a qualsiasi forma di indulto o amnistia. Il problema del sovraffollamento carcerario si risolve costruendo nuove carceri e non rimettendo in liberta' decine di migliaia di delinquenti". Lo afferma il segretario federale della Lega Nord, Roberto Maroni, in relazione all'odierno messaggio del Presidente della Repubblica al Parlamento. CARCERI. CANCELLIERI: ORA IMPEGNO CATEGORICO SU RIFORMA "Ora ci vuole un impegno categorico. E' il momento di fare una vera e propria riforma carceraria". Cosi' il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, commenta il messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alle Camere. "Bisogna rispondere in maniera repentina- ha aggiunto Cancellieri a margine di un convegno organizzato da Uman fondation alla Luiss- ma ci vorra' comunque del tempo per ristrutturare e costruire nuove strutture". Il ministro ha concluso sottolineando che si tratta "di una situazione drammatica: abbiamo detenuti che stanno su dei posti letto a castello addirittura su cinque livelli". CARCERI. CICCHITTO: PRENDERE IN CONSIDERAZIONE INDULTO E AMNISTIA "Il messaggio alle Camere del Presidente Napolitano prende di petto una situazione che ormai e' del tutto al di fuori non solo delle garanzie costituzionali, ma anche delle condizioni minime del vivere civile, cioe' la condizione carceraria". E' quanto dice Fabrizio Cicchitto (Pdl), aggiungendo: "Allora tutte le proposte avanzate dal Presidente della Repubblica vanno prese in seria considerazione per affrontare il fenomeno, comprese quelle straordinarie come l'indulto e l'amnistia. Infatti il degrado della condizioni carcerarie e' tale che esso deve essere affrontato con la necessaria incisivita' e urgenza e non puo' piu' essere rinviato. Esso indirettamente si collega anche alla questione giustizia che il Presidente del consiglio Enrico Letta nel suo discorso alla Camera". CARCERI. BRUNETTA: MESCHINI CONTRARI AMNISTIA SE GIOVA AL CAV "Un grazie a Napolitano per la forza e concretezza con cui questo suo messaggio riporta in primo piano il tema della giustizia. Lo fa affrontandola nel punto in cui essa si esprime nella forma disumana di carceri sovraffollate, spesso proprio a causa di un uso esagerato della custodia cautelare". Lo dice Renato Brunetta, presidente dei deputati del Pdl. "Amnistia e indulto sono da questo momento tra i primi punti all'ordine del giorno dei lavori del Parlamento. Il Popolo della Liberta' e' pronto a dare il suo contributo concreto in nome di quei valori di umanita' senza cui la civilta' muore. Il bene comune e la considerazione del valore universale che c'e' in gioco mostrano la meschinita' di quelli che per il solo miserevole sospetto che possa giovare a Berlusconi, sperano che continui la tortura del sovraffollamento per quasi 70mila persone", conclude. CARCERI. LEGA: PROPOSTA IRRICEVIBILE. AMNISTIA REGALO DELINQUENTI "Indulto e amnistia sono una resa incondizionata dello Stato di fronte alla criminalita'. Ventiquattromila detenuti in liberta' sarebbero un colpo mortale alla sicurezza dei cittadini onesti. Questa proposta e' un film che abbiamo gia' visto nel 2006 con il governo Prodi. La Lega Nord era contraria allora ed e' contraria anche oggi". Lo dichiara Nicola Molteni, capogruppo in Commissione Giustizia per la Lega Nord a Montecitorio. CARCERI. FERRANTI: FAREMO APPROFONDIMENTO SU INDULTO E AMNISTIA "Un messaggio importante, analitico e approfondito, che impone adesso una valutazione attenta di tutte le parole del capo dello Stato". E' quanto afferma Donatella Ferranti, presidente della commissione Giustizia alla Camera: "Quanto detto sulle riforme strutturali necessarie per risolvere la drammatica situazione delle carceri ci conforta particolarmente perche' giunge a conferma che in Parlamento stiamo marciando nella giusta direzione. Il presidente Giorgio Napolitano- sottolinea l'esponente del Pd- ha infatti richiamato misure come la detenzione domiciliare, misure gia' approvate qui alla Camera e per le quali auspico ora un rapido voto al Senato. E ha fatto riferimento- ricorda ancora Ferranti- al tema cruciale delle misure cautelari, tema che stiamo gia' esaminando in commissione e che avra' ora, lo spero sinceramente, uno stimolo in piu' per procedere con speditezza". Quanto all'amnistia e all'indulto, "prima di qualunque provvedimento di clemenza- conclude Ferranti- mi faro' promotrice in commissione di uno specifico approfondimento, diretto a ottenere dal ministro della Giustizia una mappatura puntuale della situazione carceraria sotto il profilo delle tipologie di reato che piu' sono causa di sovraffollamento. E comunque, ogni intervento straordinario dovra' muoversi sempre su binari di equilibrio e coerenza tra tutela della liberta' personale, certezza della pena e sicurezza dei cittadini". CARCERI. BERNINI: PDL COMPATTO AL FIANCO DI NAPOLITANO "Il Parlamento accolga senza indugio l'appello del presidente Napolitano. E accolga anche l'invito a valutare rimedi straordinari ed immediati per mettere fine alla 'condizione umiliante' in cui l'Italia si trova per le troppe violazioni al divieto di trattamenti inumani e degradanti nei confronti dei detenuti". Lo dichiara in una nota Anna Maria Bernini, Senatrice e Portavoce vicario del Pdl. "È impensabile che l'Italia continui a presentarsi in tutte le sedi internazionali col marchio della tortura verso detenuti costretti a vivere in 3 metri quadrati, e dell'ingiustizia per la lentezza dei processi. Oltretutto, pende una condanna della Corte europea dei diritti umani che fissa il termine di un anno dallo scorso maggio per riportare la situazione delle nostre carceri a un livello decente. Il Pdl e i suoi parlamentari sono compattamente al fianco del presidente Napolitano in questa elementare e urgente battaglia di civilta'", conclude. CARCERI. AGOSTINELLI (M5S): NUOVO DIKTAT POLITICO DI NAPOLITANO "Nuovo diktat politico del vero capo del governo Giorgio Napolitano che indica la via dell'amnistia e dell'indulto alle Camere! Abbiamo gia' visto come nel 2006 l'indulto sia stato fallimentare e non abbia risolto alcun problema, non e' stato mai preso in considerazione il nostro piano di ristrutturazione delle carceri ma si vuole proseguire invece con questa soluzione che non fa altro che schiaffeggiare nuovamente il principio di certezza della pena ed aprire la porta a l'ennesimo salvacondotto giudiziario al condannato Silvio Berlusconi". Lo scrive su facebook Donatella Agostinelli, deputata 5 stelle. CARCERI. NAPOLITANO: M5S SE NE FREGA DEI PROBLEMI DELLA GENTE "Coloro i quali pongono la questione in questi termini vuol dire che sanno pensare a una sola cosa, hanno un pensiero fisso e se ne fregano dei problemi della gente e del Paese. E non sanno quale tragedia sia quella delle carceri. Non ho altro da aggiungere". Lo dice il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, da Cracovia ai microfoni di SkyTg24, rispondendo a una domanda sulle critiche sollevate dal Movimento 5 Stelle sul suo messaggio alle Camere da loro collegato al caso Berlusconi. CARCERI. DI MAIO: NAPOLITANO SE NE FREGA DELLE OPPOSIZIONI "Da arbitro e' sceso in campo ed oggi ha finalmente indossato la fascia di capitano delle larghe intese. Quando mi spiegherete a cosa e' servito l'indulto di Prodi nel 2006, allora potremo parlarne. È lui che se ne frega... delle opposizioni". Lo scrive Luigi Di Maio, vice presidente della Camera del M5s, su Facebook. CARCERI. CASINI: BENE NAPOLITANO, PARLAMENTO VOLTI PAGINA "Il messaggio del presidente Napolitano alle Camere sul sovraffollamento delle carceri italiane che viola i diritti umani e umilia il nostro Paese davanti al mondo deve essere accolto e tradotto in concreto dal Parlamento senza ulteriore indugio". Lo afferma Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione Affari esteri del Senato, che aggiunge: "Lo stesso presidente Napolitano ha ricordato che dal 1953 al 1990 si sono succeduti provvedimenti di amnistia ogni tre anni circa. Poi piu' nulla, se si eccettua l'indulto del 2006: si tratta di un'ulteriore conferma del fatto che la politica negli ultimi 20 anni sull'emergenza carceri ha colpevolmente ridimensionato il proprio ruolo, preferendo inseguire facili consensi piuttosto che perseguire l'interesse generale del Paese". Quindi, conclude Casini, "se oggi si vuole davvero voltare pagina, occorre mettere da parte gli interessi contrari e contingenti e superare timori e tentazioni strumentali, di cui il fanatismo di alcune dichiarazioni di oggi e' preoccupante segno rivelatore, per rispondere ad un preciso dovere civile e morale. E per evitare, tra l'altro, ripercussioni negative sul bilancio dello Stato in seguito a nuove prevedibili condanne europee per gravi violazioni dei piu' elementari diritti umani". CARCERI. ROSSOMANDO (PD): NAPOLITANO CHIARO SU CAUSE E RIMEDI "Il messaggio del presidente Napolitano ha indicato con nettezza cause e rimedi all'intollerabile situazione delle nostre carceri, in entrambi i casi su un piano strutturale e articolato. E' stata indicata una strada in parte gia' intrapresa dal parlamento con l'approvazione dei recenti provvedimenti in tema di pene alternative e correzioni di automatismi frutto della legislazione passata". Cosi' Anna Rossomando, deputata del Pd, componente della commissione Giustizia, che aggiunge: "In questo quadro e' stata consegnata al parlamento la responsabilita' di una risposta organica complessiva che vede nel carcere una extrema ratio e nel reinserimento dei condannati attraverso strumenti innovativi e alternativi una linea guida. E' in questo tracciato che si puo' affrontare anche il ricorso a strumenti straordinari come amnistia e indulto richiamato da Napolitano che ha espressamente ricordato la responsabilita' del parlamento nell'indicare il preciso perimetro di questi provvedimenti". CARCERI. FEDELI (PD): INTERPRETAZIONI MALEVOLI IN MALAFEDE "Il messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulle carceri contiene un'analisi limpida di una situazione drammatica, inumana e purtroppo nota, e indicazioni per trovare subito soluzioni che il Parlamento e il governo dovranno tradurre in fatti". Lo dice la senatrice del Pd Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato, che aggiunge: "Tutti coloro che in queste ore stanno dando delle parole del Presidente interpretazioni malevoli sono in assoluta malafede e non esitano a strumentalizzare anche la piu' terribile delle condizioni umane per fare propaganda. Giorgio Napolitano agisce nell'esclusivo interesse dell'Italia e gli italiani lo sanno bene". Giustizia: domani la Consulta decide se il sovraffollamento può giustificare rinvio pena Ansa, 8 ottobre 2013 A meno di 24 ore di distanza dal messaggio del capo dello Stato sulle carceri, la Corte costituzionale si occuperà della questione spinosa del sovraffollamento dei nostri penitenziari per la quale l’Italia è già sorvegliata speciale in Europa, dopo la sentenza Torreggiani che ha imposto al nostro Paese di adottare rimedi concreti entro un anno. Domani in camera di consiglio la Consulta dovrà pronunciarsi sulla legittimità dell’articolo 147 del codice penale, laddove non prevede, tra le ragioni che consentono di differire l’esecuzione di una condanna in carcere, le condizioni disumane di detenzione, cioè il fatto che la pena debba essere scontata in penitenziari che scoppiano e che non garantiscono al singolo detenuto nemmeno quei tre metri quadrati a testa indicati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. A sollevare la questione i tribunali di sorveglianza di Venezia e Milano, che hanno chiesto alla Consulta una sentenza additiva: cioè di aggiungere il sovraffollamento carcerario tra le cause che permettono di far slittare l’esecuzione della pena. E se dai giudici costituzionali arrivasse un sì, si tratterebbe di una pronuncia storica, che permetterebbe a tutti i tribunali di sorveglianza di rimediare concretamente ai tanti casi in cui la detenzione, a causa del sovrappopolazione carceraria, si concretizzi in un trattamento disumano e degradante. Sono stati i giudici di Venezia a porre per primi il problema: a loro si era rivolto un detenuto del carcere di Padova, ristretto in una cella dove il suo spazio vitale era inferiore ai tre metri quadrati; con la richiesta esplicita di differire l’esecuzione della pena, visto che in queste condizioni era contraria al senso di umanità e al principio di rieducazione, oltre che lesiva della sua stessa dignità. Analoga l’istanza presentata ai magistrati di Milano da un detenuto del carcere di Monza, che aveva equiparato a tortura le modalità di detenzione subite: in tre erano ristretti in una cella talmente piccola da non poter scendere dal letto contemporaneamente; e avevano un bagno senza porta, privo anche di acqua calda. Richieste ritenute meritevoli dai giudici che però si sono ritrovati con le mani legate. Attualmente l’articolo 147 del codice penale consente infatti di spostare l’esecuzione della pena solo in casi specifici: gravidanza, puerperio, Aids conclamata o altra malattia particolarmente grave. Di qui la decisione di investire la Consulta. Giustizia: carceri da riformare, per la vita del diritto e il… diritto alla vita di Maurizio Bolognetti Notizie Radicali, 8 ottobre 2013 Come è noto, o forse sarebbe meglio dire come è ignoto, Marco Pannella e Giuseppe Rossodivita a nome del Partito Radicale hanno indirizzato un atto di significazione e diffida ai Presidenti dei Tribunali Italiani, ai Procuratori Capo di tutte le Procure Italiane, ai Presidenti degli Uffici Gip di tutti i Tribunali Italiani, ai Direttori delle Carceri italiane, e a tutti gli Uffici di Sorveglianza della Repubblica. Un atto di diffida che - come hanno spiegato i due esponenti radicali - “prende le mosse dal contenuto della nota sentenza pilota, sul caso Torreggiani ed altri, della Corte Europea dei diritti dell’Uomo”. Una sentenza quella “Torreggiani” che una volta di più ha messo a nudo la condizione di patente illegalità nella quale versa il nostro paese sul fronte di carceri assurte a luogo di tortura, ma senza torturatori. Carceri che rappresentano il putrido percolato di una amministrazione della giustizia in bancarotta permanente. Carceri in cui si perde l’eco di quell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che recita: “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”. E che le nostre carceri siano un insulto al paese che fu culla del diritto è certezza. Una certezza percepita da quei direttori del Si.Di.Pe. e da quell’Enrico Sbriglia che mesi fa scriveva: “Come Dirigenti Penitenziari, a capo degli istituti carcerari e degli uffici dell’esecuzione penale esterna, desideriamo che siano perfettamente chiariti gli ambiti delle nostre responsabilità di gestione, rispetto a quelle di quanti, facendosi schermo di noi, non ci pongono in condizione di svolgere il nostro lavoro con dignità, nell’effettivo rispetto delle leggi solennemente enunciate e quotidianamente violentate, né tanto meno favoriscono la trasparenza dell’azione amministrativa e del vivere penitenziario”. Una certezza testimoniata da quelle morti per suicidio di centinaia di detenuti e decine di Agenti di Polizia Penitenziaria che continuano ad essere ignote e ignorate, così come continua ad essere negato un dibattito sulla proposta avanzata da Marco Pannella e dai Radicali di una “amnistia per la Repubblica”. “Interrompere la flagranza di reato”, ripete instancabile Marco Pannella, che continua a dar corpo alla sua e nostra sete di legalità. Continua, il Leader radicale, ad indicare la rotta, la strada maestra per ripristinare Diritto, Giustizia, Libertà e Democrazia. Il dott. Gaetano Bonomi, già sostituto procuratore generale presso la Corte d’Appello di Potenza, che ironicamente si definisce sul suo spazio Facebook “ragioniere giudiziario”, ha voluto definire Marco Pannella “coscienza nazionale in movimento”. Speriamo davvero che questa “coscienza” monti e travolga gli argini. Non possiamo più attendere, perché ogni giorno trascorso è un giorno in più di inaccettabile violenza perpetrata da uno Stato che - ahinoi - è Stato canaglia incapace di rispettare la sua propria legalità. Il dott. Bonomi, iscritto al Partito che “proclama il diritto e la legge”, ha voluto condividere con noi le sue riflessioni. Nell’esprimergli gratitudine, gioverà segnalare ai procuratori di Potenza e Matera e ai magistrati di sorveglianza operanti in Lucania che sono tra i destinatari dell’atto di diffida. Si spera, anzi mi permetto di auspicarlo, che vorranno tenerlo nella dovuta considerazione. Giustizia: Direttiva Ue; diritto a un difensore per tutti, dall’interrogatorio alla sentenza di Patrizia Maciocchi Il Sole 24 Ore, 8 ottobre 2013 Diritto a un difensore dal momento dell’interrogatorio fino alla sentenza definitiva. I 28 ministri della giustizia dell’Unione europea hanno ieri dato il via libera alla proposta di direttiva 40/13 sul diritto di difesa per i sospettati e gli accusati in qualunque Stato dell’Unione si trovino. La nuova legge, che si applica esclusivamente alle procedure penali e al mandato d’arresto europeo, sarà pubblicata in Gazzetta tra qualche settimana. I Paesi Ue avranno 3 anni di tempo per adeguarsi a quanto previsto dai 18 articoli della norma che si inserisce in una road map che punta ad allargare le garanzie di chi è sottoposto a indagini e processi penali. L’accordo, rincorso peno anni, sulla misura legislativa comune, prevede l’assistenza del legale in tutte le fasi anche quando non ci sono provvedimenti restrittivi e la possibilità di comunicare con il proprio difensore anche in privato. Quando il sospettato si trasforma in accusato e viene arrestato scattano anche il diritto di comunicare a un terzo, amici o familiari, la notizia dell’avvenuta privazione della libertà e quello di mettersi in contatto con le l’autorità consolari del proprio Paese. Per le deroghe, che devono essere proporzionate allo scopo, è prevista una specifica disciplina. I diritti possono essere sospesi, per il tempo strettamente necessario e su autorizzazione dell’autorità: quando la lontananza geografica dell’accusato rende impossibile il contatto con il legale, se è in gioco la vita, la libertà o l’incolumità fisica di una persona e nel caso l’azione immediata degli investigatori sia indispensabile per non compromettere l’efficacia dell’iniziativa giudiziaria. La presenza dell’avvocato è prevista e deve essere verbalizzata, oltre che negli interrogatori, anche nel corso dei riconoscimenti, dei confronti e durante la ricostruzione della scena del crimine. Per quanto riguarda il mandato d’arresto europeo la direttiva impone l’accesso a un avvocato nello Stato che lo esegue e la nomina di un legale nel Paese che lo ha emesso. Ogni Stato dell’Unione dovrà individuare un giudice nazionale che sarà il destinatario dei ricorsi fatti per le violazioni delle norme europee. La nuova legge, secondo le stime della Commissione, una volta in vigore riguarderà circa otto milioni di procedimenti penali in Europa. La direttiva approvata ieri è la terza in tema di equo processo. Il termine di recepimento della prima (2010/64/Ue) sulla traduzione scade il 27 ottobre, mentre per la “Lettera dei diritti” (2012/13/Ue) sulle informazioni relative ai diritti e all’accusa, la dead line è fissata per il 2 giugno 2014. Giustizia: innocente, rinchiuso per cinque mesi in carcere, sarà risarcito con 35mila euro Ansa, 8 ottobre 2013 Era stato rinchiuso per cinque mesi in carcere con l'accusa di aver spacciato una dose di eroina che aveva provocato la morte di un tossicodipendente. Alla fine del processo, però, era stato assolto con formula piena e scarcerato, perché era emerso che lui quel giorno stava semplicemente rientrando a casa dal lavoro e che, sfortunatamente, in quel percorso il suo telefono aveva agganciato una cella "compatibile" con il luogo dello spaccio. Oggi per l'uomo, un egiziano di 30 anni, la quinta sezione penale della Corte d'Appello di Milano ha disposto un risarcimento a titolo di "ingiusta detenzione" di 35.250 euro. La "domanda di riparazione per ingiusta detenzione" era stata presentata nei giorni scorsi dall'avvocato Mauro Straini, legale dell'egiziano, assolto il 2 marzo 2010 dopo essere finito in carcere il 3 ottobre 2009 "per un totale di 150 giorni". La difesa aveva chiesto al collegio (giudice relatore Paolo Torti) un risarcimento di 500mila euro, la cifra massima che per legge si può richiedere allo Stato in questi casi. L'egiziano era stato arrestato con l'accusa di "aver venduto" a un tossicodipendente la dose di eroina "che ne cagionò la morte il 16 giugno 2009". Era stato un uomo - che quel giorno era in compagnia del tossicodipendente - "chiamato ad effettuare un riconoscimento fotografico" a indicare l'egiziano come il presunto spacciatore. Egiziano che, si legge nella domanda della difesa, "in occasione di un sinistro stradale era stato sottoposto ai rilievi foto-dattiloscopici presso quella caserma". In più, dalle indagini degli investigatori, era emerso che il suo cellulare "aveva agganciato una cella compatibile con il luogo della cessione". La difesa era riuscita a provare che la presenza del suo telefono nel luogo dello spaccio "appariva del tutto compatibile con il mero transito" verso casa. Assolto "per non aver commesso il fatto", l'imputato era stato scarcerato. Giustizia: scontata metà della pena, Totò Cuffaro chiede affidamento ai servizi sociali Agi, 8 ottobre 2013 L'ex presidente della Regione Siciliana, Totò Cuffaro, ha chiesto la scarcerazione e l'affidamento in prova ai servizi sociali: detenuto dal 22 gennaio 2011 dopo la condanna a sette anni per favoreggiamento aggravato dall'agevolazione di Cosa nostra, l'ex senatore ha scontato la metà della pena, in considerazione degli sconti che gli spettano per la buona condotta e il suo irreprensibile comportamento in carcere. Ricorrono dunque gli estremi per cui anche a un condannato per reati aggravati da fatti di mafia può chiedere l'affidamento ai servizi sociali. I difensori sostengono anche che Cuffaro è lontano da Cosa nostra e da ambienti criminali. Reggio Calabria: istanza di scarcerazione per il giornalista Gangemi, malato e invalido Quotidiano della Calabria, 8 ottobre 2013 I legali del direttore del periodico "Il dibattito" hanno presentato l'istanza di scarcerazione per il giornalista di 79 anni portato in carcere per un cumulo di pene relative al reato di diffamazione a mezzo stampa. L'ordinanza di carcerazione era stata disposta dalla Procura di Catania. Gli avvocati Lorenzo Gatto e Giuseppe Lupis, legali del direttore de "Il dibattito" Francesco Gangemi, arrestato sabato scorso, hanno presentato al Tribunale misure di sorveglianza un'istanza di scarcerazione per il loro assistito per motivi di salute. Gangemi, 79 anni, è invalido civile al 100% ed è stato malato di cancro. Il giornalista è stato arrestato su disposizione della Procura generale di Catania per scontare 2 anni per diffamazione aggravata a mezzo stampa. Il direttore è stato prima condotto alla Questura di Reggio e successivamente trasferito alla casa circondariale "San Pietro". Il giornalista deve scontare due anni di reclusione per otto sentenze definitive emesse in diverse procure calabresi e siciliane per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Tra i cumuli pene spunta anche una condanna ad un anno di reclusione per falsa testimonianza emessa dal tribunale di Reggio Calabria il primo marzo del 1997. I fatti, in questa unica circostanza, non riguardano l'attività giornalistica, ma quella politica. I fatti risalgono al 1992 quando un terremoto giudiziario investì la giunta comunale reggina guidata dal sindaco democristiano Agatino Licandro per un presunto abuso amministrativo riguardante l'arredo urbano: il processo si risolse con una generale assoluzione per gli assessori. L'allora primo cittadino (finito in manette per l'accusa di aver preso tangenti da una ditta per la fornitura di fioriere del valore di 90 milioni di vecchie lire) decise di collaborare con la giustizia e rendere delle dichiarazioni che consentirono ai magistrati di far luce su questioni importanti della vita politica e cittadina. All'epoca Gangemi era consigliere comunale e dopo le dimissioni di Licandro fu sindaco per sole tre settimane nel corso del mese di luglio del 1992. Prima della tangentopoli reggina aveva denunciato nell'aula consiliare di Palazzo San Giorgio che in qualche stanza del comune le valigette entravano piene di soldi e ne uscivano vuote. Al processo che ne scaturì, interrogato dal giudice, si rifiutò categoricamente di rivelare le fonti di quanto aveva denunciato in consiglio. Il giudice lo condannò a un anno di reclusione per falsa testimonianza. Da 35 anni Gangemi è direttore de "Il dibattito". Nel corso della sua attività ha incassato otto condanne definitive: dalla Corte d'Appello di Reggio (l'8 febbraio del 2006; il 28 novembre del 2006, il 18 febbraio del 2010; il 17 novembre del 2010); dalla Corte d'Appello di Catania (il 10 gennaio del 2011; il 10 luglio del 2013), dal Tribunale di Cosenza (il 28 settembre del 2012). Gangemi è stato rinchiuso in carcere per aver omesso "di presentare l'istanza per la concessione delle misure alternative alla detenzione nei termini prescritti". Il cumulo delle pene risulta essere pari a sei anni di reclusione a cui vanno sottratti tre anni per i benefici dell'indulto (ex legge n. 241 del 2006) e un anno dedotto per i periodi riconosciuti fungibili (aveva espiato dal 9 novembre del 2004 al 9 novembre del 2005) una condanna emessa il 3 novembre del 2004 dal Gip di Catanzaro. Alessandria: detenuto lancia appello "sono malato e devo essere operato, aiutatemi" La Stampa, 8 ottobre 2013 Il tunisino Jalel Titouhi, 47 anni, detenuto alla casa circondariale "Cantiello e Gaeta" (ex don Soria) di Alessandria, da tempo in cattive condizioni di salute e che ritiene di non essere curato a dovere, lancia un appello. "Sono affetto da gravi patologie, dolicocolon e stips ostinata - dice - certificate e dimostrabili da numerosi referti medici a disposizione per ogni eventuale chiarimento e in possesso di una fornitissima cartella clinica che nonostante numerose richieste di visione da parte degli organi competenti a tutt'oggi non è stata presa in considerazione da enti, autorità, persona alcuna. Inoltre, sottoposto di recente a visita medica, sono venuto a conoscenza che qualora mi sentissi male o venissi colpito da occlusione intestinale o ulcera perforante, non arriverei vivo all'ospedale. Alla luce di tutto ciò, ho bisogno di un intervento chirurgico alquanto complicato ed è mio desiderio e necessità, oltre che diritto umano alla vita, potermi curare in una struttura idonea dove operino persone competenti per quel che riguarda le mie patologie". Il direttore del carcere, interpellato in proposito, afferma che il detenuto non è abbandonato a se stesso e che comunque "non vorrei dire cose che non spettano a me ma ai medici". E, va detto, per quanto concerne lo stato di salute di una persona, vige la privacy. Sassari: processo per la morte di Marco Erittu, in aula torna il giallo della lettera di Nadia Cossu La Nuova Sardegna, 8 ottobre 2013 Torna ad avere un ruolo centrale nel processo in corte d'assise la famosa lettera scritta da Marco Erittu, indirizzata all'allora capo della Procura della Repubblica di Sassari Giuseppe Porqueddu e mai, però, da quest'ultimo ricevuta. E torna d'attualità perché a parlarne è il teste che ieri - nel processo per l'omicidio (presunto) del detenuto Erittu trovato morto nella sua cella di San Sebastiano il 18 novembre del 2007 - ha spiegato ai giudici come il nucleo investigativo dei carabinieri di Nuoro mentre indagava sul sequestro del farmacista di Orune Paoletto Ruiu (rapito nel 1993 e mai tornato a casa) e sui collegamenti tra questo fatto e la scomparsa di Giuseppe Sechi (il muratore di Ossi del quale nulla si sa più dal 1994) si sia imbattuto in diversi personaggi della criminalità sassarese scoprendo legami con i malavitosi del Nuorese. Tra questi anche Pino Vandi, l'uomo che il supertestimone Giuseppe Bigella indica come il mandante dell'omicidio di San Sebastiano e che attualmente è in carcere. La lettera. Ne parla a lungo il maresciallo del nucleo investigativo di Nuoro, sollecitato dalle domande del pubblico ministero Giovanni Porcheddu. "In realtà le lettere furono due. La prima fu scritta a settembre del 2007, la seconda a novembre. Della prima non trovammo traccia, della seconda sì". Il carabiniere ha ricostruito l'indagine partendo dall'agenda in cui Marco Erittu annotava i suoi pensieri e dove scrisse anche "di aver consegnato a un appuntato della polizia penitenziaria una lettera indirizzata alla Procura di Sassari, a settembre". Ma di quella i carabinieri non trovarono riferimenti, mentre indagini più approfondite vennero fatte sulla seconda "perché all'ufficio matricola del carcere fu effettiva-mente consegnatala busta che venne allegata alla richiesta di colloquio con il procuratore. Quel giorno furono spedite 45 lettere con posta ordinaria - ha spiegato il maresciallo - di cui 16 indirizzate alla Procura di Sassari. Ma tra queste non c'era quella di Erittu". Qualcuno la fece sparire? Chi? Il telegramma. Marco Erittu scrisse anche un telegramma, "lo consegnò a un appuntato e anche questo lo abbiamo trovato annotato nell'agenda", conferma il maresciallo che poi aggiunge: "L'ispettore di polizia penitenziaria quando lo lesse si allarmò, per via dei precedenti intenti suicidi manifestati dal detenuto". Il colloquio con Bigella. I carabinieri di Nuoro parlarono anche con colui che si dichiara l'esecutore materiale del delitto, Giuseppe Bigella: "Ci disse che Pino Vandi era venuto a conoscenza del contenuto della lettera scritta da Erittu e fosse uscito di testa". Perché, come sempre sostenuto dallo stesso Bigella, pare che Erittu volesse rivelare al procuratore informazioni su un (presunto) coinvolgimento di Vandi nelle scomparse di Ruiu e Sechi. L'agente Sotgiu parla del collega Sanna: lo rovino Nel processo per la morte di Erittu è seduto nel banco degli imputati anche l'agente di polizia penitenziaria Mario Sanna: secondo l'accusa fu lui ad aprire la cella al commando incaricato di uccidere il detenuto. Mentre un altro agente, Giuseppe Sotgiu, è accusato di favoreggiamento. Entrambi furono sottoposti ad accertamenti attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, come ha confermato anche ieri il maresciallo dei carabinieri di Nuoro. Quest'ultimo, in particolare, si è soffermato su una serie di telefonate di Sotgiu "in cui appariva preoccupato perché aveva ricevuto dai Carabinieri di Montresta un avviso a comparire presso i carabinieri di Nuoro". E per questo si era dato da fare per avere un incontro con Mario Sanna e potersi confrontare con lui su questa inaspettata convocazione. E per farlo era andato fino a Torralba, dove Sanna vive. Sotgiu era preoccupato e in una di queste telefonate a un certo punto si sfoga così con la mamma: "Che mi chiamino (riferendosi all'avviso ricevuto dai carabinieri ndr)", "adesso basta, se mi chiamano per questo (per la morte di Erittu ndr) io lo rovino. Io ne esco pulito ma a lui gli mettono le manette". Sotgiu probabilmente era a conoscenza di qualcosa e temeva di esser messo in mezzo a questa storia, pur essendo del tutto estraneo. Spetterà alla difesa dell'agente spiegare, a tempo dovuto, il significato di quella frase intercettata. Agrigento: Fontana (Regione) visita carcere Petrusa "situazione vicina al collasso" Giornale di Sicilia, 8 ottobre 2013 Il deputato regionale Vincenzo Fontana è stato ieri in visita al carcere Petrusa di Agrigento. "Ho incontrato il Direttore del carcere dott. Pappalardo e ho fatto una ricognizione sulla situazione generale della struttura e del personale carcerario. Posso affermare che la situazione a oggi è molto precaria, a fronte di 220 posti abbiamo una popolazione carceraria di 450 detenuti, il tutto crea una situazione di sovrappopolamento e di oggettive difficoltà. Pur essendo un carcere relativamente giovane, ho potuto constatare che i lavori del nuovo braccio sono fermi da anni a causa della carenza di fondi sullo stato avanzamento lavori che hanno fermato l’impresa aggiudicataria dell’appalto. Il personale attualmente in servizio è sottodimensionato a causa della spending review, per questo lo sblocco di nuove assunzioni sarebbe una boccata d’ossigeno per tutta la struttura. E’ chiaro che le problematiche carcerarie del penitenziario agrigentino sono in tutta Italia perché la popolazione carceraria è di circa 68 mila detenuti e i posti sono appena 50 mila, per questo solleciterò il Ministro della Giustizia ad intervenire per alleggerire questo affollamento utilizzando ove possibile pene alternative e coinvolgerò il Vicepremier Alfano profondo conoscitore della materia per trovare soluzioni praticabili per migliorare il sistema carcerario nel nostro Paese". Cagliari: da Buoncammino iniziato il trasferimento di alcuni detenuti nel carcere di Sassari Ristretti Orizzonti, 8 ottobre 2013 “È iniziato il conto alla rovescia per i detenuti di Buoncammino. In attesa dell’apertura del “Villaggio penitenziario” in fase di ultimazione nel territorio del Comune di Uta a 20 chilometri da Cagliari si sta provvedendo a ridurre il numero di cittadini privati della libertà presenti nello storico carcere cittadino. Il primo nucleo di 25 detenuti è stato, infatti, tradotto nel carcere di Sassari”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, sottolineando che “questa prima fase ha interessato soprattutto detenuti comuni”. “Nella maggior parte dei casi - evidenzia - si è trattato di cittadini immigrati che non effettuando regolari colloqui con i familiari sono ritenuti meno problematici per il trasferimento. In altri casi sono stati privilegiati alcuni detenuti del sassarese consentendo loro finalmente di stare vicino ai parenti. La fase successiva sarà più delicata e prevalentemente gestita dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria”. “Dovranno infatti essere tradotti - afferma la presidente di Sdr - i cittadini privati della libertà in regime di alta sicurezza. Si tratta di detenuti prevalentemente siciliani, calabresi e napoletani ai quali si aggiungono quelli sardi. Saranno assegnati solo negli Istituti dove sono previste le apposite sezioni attivate attualmente a Massama-Oristano e Nuchis-Tempio. In questi casi i trasferimenti saranno vissuti con particolare apprensione oltre che dai ristretti, anche dai familiari per le difficoltà di raggiungere le sedi per poter fare i colloqui. Particolarmente complessa invece la traduzione dei ricoverati nel Centro Diagnostico Terapeutico che nei casi più gravi devono essere accompagnati dai medici. Buoncammino insomma, entro l’anno, vedrà ridurre - conclude Caligaris - la presenza di detenuti di circa 150 unità raggiungendo un numero di ristretti tra 250 e 300. Ciò consentirà di gestire il trasferimento a Uta in modo meno problematico contenendo i tempi e i mezzi nell’arco nel rispetto della sicurezza. Con l’avvio dei trasferimenti è iniziata dopo due secoli la nuova era della detenzione lontano dalla città capoluogo di Provincia dando vita a un nuovo corso carico di aspettative ma anche di molte perplessità”. Napoli: nuovo carcere non sarà edificato vicino Secondigliano, area già troppo degradata www.julienews.it, 8 ottobre 2013 “Nel giorno in cui il Sindaco Luigi De Magistris si sarebbe dovuto recare a Roma per discutere delle sorti delle ex Caserme di Miano, l’unanimità delle forze politiche presenti in Consiglio Comunale di Napoli (maggioranza ed opposizione insieme) ha sottoscritto un documento, primo firmatario il capogruppo di Fli Andrea Santoro, in cui senza mezzi termini si respinge l’ipotesi di realizzare un nuovo carcere in una delle caserme in via di dismissione di Miano. Una vera e propria battuta d’arresto per la proposta che proprio il Sindaco De Magistris aveva avanzato al Ministro della giustizia nei giorni scorsi. Il documento verrà posto in votazione nella prima seduta utile”. Lo comunicano in una nota lo stesso Andrea Santoro ed il coordinatore di Fli Raffaele Ambrosino. “Il Consiglio - spiegano Santoro ed Ambrosino - ha il dovere di stoppare la fuga in avanti fatta dal Sindaco De Magistris, che ha pensato di realizzare un altro carcere a Miano, distante 300 metri da quello già esistente a Secondigliano, in una delle caserme militari in via di dismissione. Proprio quelle caserme che da decenni, in tanti, abbiamo indicato come possibile luoghi dove realizzare il nuovo stadio o la tanto desiderata cittadella dello sport così come ricordato nel testo dell’ordine del giorno. Infatti, a più riprese, nel passato anche recente, il Consiglio comunale si era espresso per la creazione nelle caserme dismesse di spazi sani di aggregazione di cui oggi l’intera area nord di Napoli è sprovvista”. “L’area Nord è un luogo socialmente e urbanisticamente martoriato; è sede di due enormi campi Rom di cui uno abusivo, un carcere, una discarica di rifiuti, l’autoparco dei mezzi Asìa, forse di un prossimo impianto per il trattamento dei rifiuti umidi da trentatremila tonnellate l’anno ed è la piazza di spaccio di stupefacenti più grande d’Europa ed ha bisogno di ben altro per uscire dalla condizione di degrado che troppi sindaci hanno contribuito ad alimentare”. Milano: dal carcere di Bollate agli scaffali, i giochi in legno dei detenuti di Roberta Rampini Il Giorno, 8 ottobre 2013 La falegnameria della Casa circondariale inaugura una collaborazione con un corso di formazione del Politecnico e la cooperativa sociale Estia. Nasce nella falegnameria della II casa di reclusione di Milano Bollate il nuovo brand dedicato all'infanzia. Solidale, ecologico e accattivante, si chiama "Viva Wood" e sarà realizzato da una decina di detenuti in collaborazione con gli studenti del corso di formazione del design del giocattolo del Politecnico. Giochi e arredi per le camerette dei bambini, esclusivamente in legno, multifunzionali e di design che rappresentano l'ennesimo tassello del processo di inclusione e restituzione sociale avviato dal carcere, come ha sottolineato il direttore Massimo Parisi in occasione della presentazione: "Questo progetto è stato possibile grazie alla cooperativa sociale Estia che da anni gestisce una falegnameria all'interno del carcere nell'ottica di un reinserimento sociale del detenuto a fine pena". Ma la nascita di Viva Wood è stata possibile grazie alla partecipazione di partner prestigiosi come Assogiocattoli, Polidesign, Adi-Associazione design industriale, Istituto italiano sicurezza dei giocattoli, Forum Design for Toys e Design Library. L'ennesima scommessa per il carcere all'avanguardia nel trattamento dei detenuti. "Nel laboratorio di falegnameria lavorano dieci detenuti che si sono qualificati con i corsi organizzati dalla Regione, alcuni di loro tra poco usciranno e per questo sarà avviato un nuovo corso di formazione per altri detenuti - spiega Michelina Capato Sartone, presidente della cooperativa Estia -. Realizziamo mobili, arredi da giardino, cassapanche, inoltre abbiamo allestito il teatro del carcere con tribune, palcoscenico e fondali. Oggi finalmente abbiamo anche un'identità, un marchio con il quale realizzeremo i giocattoli e gli arredi per l'infanzia progettati dai designer del Politecnico". I prototipi, realizzati sui progetti vincitori del primo Contest per Toy Designers, saranno presentati per la prima volta al pubblico dal 22 al 24 novembre, in occasione della Fiera "G come Giocare". I primi bambini a sperimentare i giocattoli saranno quelli dell'asilo nido che aprirà nel reparto femminile del carcere bollatese. Poi giochi e arredi saranno messi in vendita attraverso l'e-commerce e il prossimo Natale saranno anche sotto gli alberi di molti bambini. Monza: partita in carcere del Rugby Velate Old contro una rappresentativa dei detenuti di Lilli Valcepina (Ufficio Stampa Velate Rugby 81) Ristretti Orizzonti, 8 ottobre 2013 Nessun giocatore del Rugby Velate Old “Gli Sbagliati” aveva mai giocato una trasferta su un campo come quello dove ha giocato sabato 5 ottobre. La squadra è composta da giocatori dai 35 anni in su, alcuni veterani con molti anni di esperienza, altri volonterosi apprendisti stagionati, ma di certo questa esperienza è stata nuova per tutti. La partita si è svolta infatti all’interno della Casa Circondariale di Monza e ha visto il Velate Old giocare contro una rappresentativa di detenuti. Da circa un anno è partito un progetto, voluto dal direttore della Casa Circondariale, dottoressa Maria Pitaniello, in sinergia con Grande Brianza e Monza Rugby. Gli allenatori, una volta a settimana, tengono regolari allenamenti con un gruppo di detenuti che, incominciando da zero, ha appreso le regole, sviluppato la tecnica e iniziato a costruire una squadra: è stata quindi una bella occasione potersi confrontare con un’altra squadra. La partita si è svolta nel pieno rispetto dello spirito del rugby, che è uno sport di contatto, dove serve il fisico, ma soprattutto lo spirito di squadra, la lealtà, la tenacia, il rispetto delle regole, insomma tutti quei valori che ne sono l’essenza. Due squadre che non si erano mai viste prima, con esperienze diverse alle spalle ma soprattutto formate da persone che vivono vite molto diverse, hanno trovato un terreno comune, quello di uno sport , dove non si gioca contro, ma con un avversario. È stata una partita leale, con la giusta dose di agonismo: la squadra dei detenuti, una multinazionale per la provenienza degli atleti da vari paesi, aveva dalla sua la giovane età, la velocità e l’entusiasmo, quella degli Old Velate, l’esperienza. Il vero risultato dell’incontro, molto più delle mete fatte e subite che nessuno ha contato, è stato che si è giocata una partita, durante la quale non si notavano più nemmeno le mura del carcere attorno al campo. Alla fine dell’incontro, come tradizione nel rugby, si è svolto il classico terzo tempo, cui partecipano quelli che erano avversari fino a poco prima, tra strette di mano, complimenti, ma anche qualche parola sulla condizione diversa di giocatori che poi sarebbero rimasti dentro e quelli che avrebbero potuto uscire. Una bella giornata di rugby, realizzata anche grazie al fattivo impegno della polizia penitenziaria. Un’esperienza che è la dimostrazione di come questo sport possa avere valori più ampi di quelli atletici, innanzitutto la capacità di far incontrare le persone. Savona: corso di teatro-carcere, domani detenuti in scena con lo spettacolo “Franke” Asca, 8 ottobre 2013 Savona, domani 9 ottobre si terrà la prima dello spettacolo “Franke”, messo in scena dai detenuti dell’istituto di pena, al termine del corso di teatro. L’attività fa parte di un progetto denominato Oltre il Muro, proposto da Arci Solidarietà Savona e realizzato con il contributo della Fondazione Intesa San Paolo. Il laboratorio di teatro è stato realizzato durante i mesi estivi, dalla Compagnia teatrale Cattivi Maestri, che hanno posto l’accento sulla pratica teatrale piuttosto che sullo spettacolo, sull’attività laboratoriale e creativa dei detenuti, sulla funzione terapeutica e pedagogica di quest’ultima, in grado di intervenire sugli aspetti relazionali e la cura di sé. “La nostra associazione, insieme - spiega Marisa Ghersi, coordinatore del progetto - da diversi anni svolge attività presso la Casa Circondariale di Savona, iniziando con interventi a spot, per poi progressivamente strutturare un intervento sempre più complesso, come il progetto Oltre il Muro”. Le attività svolte quest’anno comprendono, oltre il corso di teatro, un corso di inglese ed un servizio di mediazione culturale delle aree albanese ed araba. Immigrazione: cancellare subito lo scandalo della legge Bossi-Fini di Stefano Rodotà La Repubblica, 8 ottobre 2013 Le terribili tragedie collettive sono ormai diventate grandi rappresentazioni pubbliche, che vedono tra i loro attori i rappresentanti delle istituzioni, ben allenati ormai nel recitare il ruolo di chi deve dare voce ai sentimenti di cordoglio, dire che il dramma non si ripeterà, promettere che "nulla sarà come prima". Il pellegrinaggio a Lampedusa era ovviamente doveroso, arriverà anche il presidente della Commissione europea Barroso, si è già fatta sentire la voce del primo ministro francese perché sia anche l'Unione europea a discutere la questione. Sembra così che sia stata soddisfatta la richiesta del governo italiano di considerare il tema in questa più larga dimensione, guardando alle coste del nostro paese come alla frontiera sud dell'Unione. Attenzione, però, a non operare una sorta di rimozione, rimettendoci alle istituzioni europee e non considerando primario l'obbligo di mettere ordine in casa nostra. Lunga, e ben nota da tempo, è la lista delle questioni da affrontare, a cominciare dalla condizione dei centri di accoglienza dove troppo spesso ai migranti viene negato il rispetto della dignità, anzi della loro stessa umanità. Ma oggi possiamo ben dire che vi è una priorità assoluta, che deve essere affrontata e che può esserlo senza che si obietti, come accade per i centri di accoglienza, che mancano le risorse necessarie. Questa priorità è la cosiddetta legge Bossi-Fini. La Bossi-Fini è quasi un compendio di inciviltà per le motivazioni profonde che l'hanno generata e per le regole che ne hanno costituito la traduzione concreta. Per questa legge l'emigrazione deve essere considerata come un problema di ordine pubblico, con conseguente ricorso massiccio alle norme penali e agli interventi di polizia. All'origine vi è il rifiuto dell'altro, del diverso, del lontano, che con il solo suo insediarsi nel nostro paese ne mette in pericolo i fondamenti culturali e religiosi. Un attentato perenne, dunque, da contrastare in ogni modo. Inutile insistere sulla radice razzista di questo atteggiamento e sul fatto che, considerando pregiudizialmente il migrante irregolare come il responsabile di un reato, viene così potentemente e pericolosamente rafforzata la propensione al rifiuto. Non dimentichiamo che a Milano si cercò di impedire l'iscrizione alle scuole per l'infanzia dei figli dei migranti irregolari, che si è cercato di escludere tutti questi migranti dall'accesso alle cure mediche, pena la denuncia penale. In questi anni sono stati soltanto i pericolosi giudici, la detestata Corte costituzionale, a cercar di porre parzialmente riparo a questa vergognosa situazione, a reagire a questa perversa "cultura". Già nel 2001 la Corte costituzionale aveva scritto che vi sono garanzie costituzionali che valgono per tutte le persone, cittadini dello Stato o stranieri, "non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani", sì che "lo straniero presente, anche irregolarmente, nello Stato ha il diritto di fruire di tutte le prestazioni che risultino indifferibili e urgenti". Un orientamento, questo, ripetutamente confermato negli anni seguenti, motivato riferendosi all'"insopprimibile tutela della persona umana". Le persone che ci spingono alla commozione, allora, non possono essere soltanto quelle chiuse in una schiera di bare destinata ad allungarsi. Sono i sopravvissuti che, con "atto dovuto" della magistratura", sono stati denunciati per il reato di immigrazione clandestina. Di essi non possiamo disinteressarci, rinviando tutto ad una auspicata strategia comune europea. I rappresentanti delle istituzioni, presenti a Lampedusa o prodighi di dichiarazioni a distanza, non possono ignorare questo problema, mille volte segnalato e mille volte eluso. Così come non possono ignorare il fatto che lo stesso soccorso "umanitario" ai migranti in pericolo di vita è istituzionalmente ostacolato da una norma che, prevedendo il reato di favoreggiamento all'immigrazione clandestina, fa sì che il soccorritore possa essere incriminato. A tutto questo si aggiunge la pratica dei respingimenti in mare, anch'essa illegittima e pericolosa per i migranti, sì che non deve sorprendere che proprio in questi giorni il Consiglio d'Europa abbia definito sbagliate e pregiudizievoli le politiche italiane nella materia dell'immigrazione. L'unica seria risposta istituzionale alla tragedia di Lampedusa è l'abrogazione della legge Bossi-Fini, sostituendola con norme rispettose dei diritti delle persone. Contro una misura così ragionevole e urgente si leveranno certamente le obiezioni e i distinguo di chi invoca la necessità di non turbare i fragili equilibri politici, di fare i conti con le varie "sensibilità" all'interno dell'attuale maggioranza. Miserie di una politica che, in tal modo, rivelerebbe una volta di più la sua incapacità di cogliere i grandi temi del nostro tempo. Siano i cittadini attivi, spesso protagonisti vincenti di un'altra politica, ad indicare imperiosamente quali siano le vie che, in nome dell'umanità e dei diritti, devono essere seguite. Immigrazione: di proibizionismo si muore di Livio Pepino Il Manifesto, 8 ottobre 2013 È stato un massacro. Prevedibile, previsto, da alcuni finanche voluto. L'intensificarsi dei flussi di eritrei, somali e siriani alla ricerca di una nuova terra era noto e comprovato dagli ultimi sbarchi. Non c'è stato bisogno delle "mitragliatrici" invocate dal razzismo leghista. È bastato il dispiegarsi del proibizionismo, ottuso e crudele, che disciplina, nel nostro paese, le migrazioni, tutte le migrazioni anche, di fatto, quelle di chi, nel paese d'origine, è privato delle libertà fondamentali e per questo dovrebbe essere tutelato (art.10, terzo comma, della Costituzione). Una conseguenza diretta, non un effetto collaterale. Di un proibizionismo risalente, formalizzato nella legge n.40 del 1998 (che reca in calce la sottoscrizione dei ministri Giorgio Napolitano e Livia Turco). E spinto fino al parossismo dalla legge Bossi-Fini e dalle sue appendici con cui - attraverso la previsione del reato di clandestinità - si è trasformato il migrante in reato. Qui sta la radice del problema. Il resto sono chiacchiere e lacrime di circostanza, inutili e ipocrite. In un libro scritto nei mesi scorsi e in uscita in questi giorni per le Edizioni Gruppo Abele (Lampedusa. Conversazioni su isole, politiche, migranti), Giusi Nicolini - sindaca, determinata e coraggiosa, dell'isola: tra i pochi a potere, oggi, gridare "vergogna!" senza arrossire - ha scritto: "Che posso dire, io, da Lampedusa? Posso dire che quantomeno salvarli è doveroso. Quando chiedo di non lasciare sola Lampedusa, chiedo in realtà di non abbandonare sole queste persone a un destino assurdo. Chiedo di cominciare a pensare a un sistema di accoglienza reale e non fittizio non solo a Lampedusa, ma in tutta Italia. Chiedo di cominciare a capire che c'è posto e spazio e che abbiamo bisogno dei migranti. Ma chiedo anche di confessare che quel che vogliamo non sono persone bensì braccia per lavorare [...]. Sono state respinte in mare persone che avevano diritto di asilo. Sono stati respinti barconi su cui c'erano donne (alcune incinte), bambini, minori non accompagnati. E un uomo delle istituzioni si è permesso di dire che i barconi devono essere affondati, anche con i cannoni (con una affermazione che dovrebbe essere prevista come reato contro l'umanità, aggravata dalla qualità di uomo politico del suo autore, perché non si può riconoscere la libertà di dissacrare la vita umana con espressioni pubbliche di quella portata). Ebbene, la grande maggioranza delle persone che passano da Lampedusa hanno poi avuto il riconoscimento dello status di rifugiato politico o una protezione umanitaria. E, allora, la domanda che pongo è: perché in un Paese come l'Italia e in Europa il diritto di asilo deve essere chiesto a nuoto? Perché bisogna lasciare che madri con i bambini in braccio si imbarchino per il Mediterraneo? Perché bisogna occuparsi solo dei sopravvissuti che arrivano qui? Non è un crimine aspettare che i migranti siano decimati dal mare? Comunque i profughi partono e arrivano, non hanno un'altra possibilità. È sbagliato parlare di quote e di flussi, che mi sembrano parole improprie". E, invece, a tre giorni dal massacro la stessa notizia sta scivolando nelle seconde file di quotidiani e telegiornali. I cadaveri - le centinaia di cadaveri - di bambini, donne, ragazzi, uomini inghiottiti dal mare o adagiati sulla spiaggia sono ormai un ricordo, che ha meritato le lacrime di un giorno, qualche invettiva contro gli scafisti (indicati, per salvarsi l'anima, come i veri colpevoli, magari da linciare sul posto), qualche recriminazione nei confronti dell'Europa, l'accusa di demagogia a chi ha chiesto la modifica della legislazione vigente. Domani è un altro giorno e tutto tornerà come prima. Come è accaduto dopo la strage di Natale del 1996, quando 283 migranti provenienti dall'India, dal Pakistan e dallo Sri Lanka morirono annegati di fronte a Portopalo (e la tragedia fu, per mesi, addirittura negata). Come è accaduto dopo i 57 albanesi morti della Kater i Rades, speronata il 28 marzo 1997 nel canale d'Otranto da una corvetta della marina militare italiana. Come è accaduto decine di altre volte. Eppure la storia del mondo è storia - non di condottieri e generali -ma di popoli che si spostano e la chiusura delle frontiere non impedisce né contiene le migrazioni ma, semplicemente, uccide e crea un surplus di sofferenza. C'è stato un tempo in cui questa semplice verità non faceva scandalo. Un tempo in cui Lampedusa era un porto franco in cui potevano approdare migranti e schiavi in fuga senza che nessuno potesse fare loro del male. Un tempo in cui la Costituzione francese dell'anno primo (1793) attribuiva i diritti di cittadino, al pari dei nati in Francia, a "ogni straniero che, domiciliato in Francia da un anno, vi viva del suo lavoro, o acquisti una proprietà, o sposi una cittadina francese, o adotti un bambino, o mantenga un vecchio o sia giudicato da Parlamento aver ben meritato nei confronti dell'umanità". Il proibizionismo non è un destino o una necessità. È una barbarie. E una scelta. Se così è, le lacrime - per non essere pura ipocrisia - devono accompagnarsi a un impegno per tutti e per ciascuno: mai più un voto, mai più un'apertura di credito, mai più un appoggio a chi - tra le forze politiche - non assume iniziative concrete e determinate per cambiare la legge sull'immigrazione (e per cambiarla non con gattopardeschi ritocchi di facciata, ma in modo radicale). Immigrazione: nessuna idea dai partiti che hanno boicottato il referendum di Marco Valerio Lo Prete Italia Oggi, 8 ottobre 2013 Dopo la tragedia di Lampedusa, rischiamo, in queste ore, di assistere alla ripetizione di uno degli schemi classici della politica italiana: parlare d'immigrazione sì, è cosa buona e giusta; ma discuterne non si fa, soprattutto a sinistra. Tra un grido di dolore (quasi sempre sentito) e una dichiarazione di principio (spesso colma di retorica), in molti sostengono di avere la soluzione in tasca. Ma sia essa l'autoflagellazione di un popolo tutto, che avrebbe di che vergognarsi o di che avere la coscienza sporca - dice curiosamente qualcuno -, sia essa l'abolizione tout court della Legge Bossi-Fini, il tratto comune agli indignati dell'ultima ora è quello di non voler nemmeno concepire un dibattito pubblico sul tema, magari basato anche su analisi e dati. Focus sulla Bossi-Fini. Prendiamo il caso della Legge Bossi-Fini e ammettiamo per un attimo, come sostiene il ministro dell'Integrazione Cécile Kyenge, che sia proprio per colpa del meccanismo stringente dei flussi annuali previsti da questa legge che gli aspiranti immigrati si imbarcano in viaggi pericolosi, qualche volta addirittura mortali. Tra i dirigenti politici della sinistra (dal Pd a Sel) questo tipo di ragionamento è diffuso. Eppure un dibattito pubblico sul punto in pochi vogliono che ci sia. Il caso dei referendum. Lo dimostra la sorte di due referendum promossi dai Radicali per modificare in senso espansivo proprio la Legge Bossi-Fini, abrogando il reato di clandestinità e slegando la possibilità di restare in Italia dalla stipula di un contratto di lavoro. Su tali proposte, negli scorsi tre mesi, uno schieramento che in queste ore appare tanto ampio e trasversale (dagli altari alle scrivanie delle redazioni, passando per le centrali sindacali) è riuscito a raccogliere a malapena 150mila firme tra decine di milioni di italiani, e non le 500mila necessarie a portare il quesito davanti agli elettori. I Radicali sono pochi, è noto, ma in calce ai quesiti sulla giustizia, negli stessi tre mesi, hanno raccolto oltre 500mila firme. Tutto merito di Silvio Berlusconi, dicono tanto i sostenitori quanto i detrattori di Marco Pannella e compagni, ed è vero: la pubblicità mediatica offerta dalla firma del Cavaliere ha coinvolto cittadini di tutti gli schieramenti che altrimenti dei referendum avrebbero saputo poco e nulla. Ipotesi sulla latitanza. Quel che risulta apparentemente inspiegabile è che personalità pur molto "interventiste " nel dibattito pubblico, dal presidente della Camera Laura Boldrini allo stesso ministro Kyenge, per non parlare dei dirigenti del Pd e della Cgil ospitati su base quotidiana in tutti i talk show televisivi, non abbiano fatto come Berlusconi, cioè non si siano esposte per promuovere concretamente quella riforma che adesso giudicano irrinunciabile. A meno di non voler addebitare tutto a un eccesso di cinismo ("ci sono i Radicali di mezzo, meglio soprassedere"), o a un'inspiegabile conversione intellettuale negli ultimi sette giorni ("ieri la Legge Bossi- Fini non era dirimente, oggi invece il suo superamento è il fulcro di tutto"), resta sul campo un'ipotesi: l'esistenza di un malcelato timore a coinvolgere direttamente l'opinione pubblica, chiedendole di votare a favore di norme più lassiste sull'immigrazione. Il dossier respingimenti. C'è un altro caso che testimonia la riluttanza, diffusa in ampia parte dello spettro politico, di confrontarsi apertamente - quando si tratta di politiche dell'immigrazione - con l'opinione pubblica e con qualche dato di realtà, ed è quello dei cosiddetti "respingimenti". Questa pratica, introdotta nel 2009, consisteva nell'intercettare in mare le imbarcazioni che tentavano di entrare illegalmente nelle acque italiane con il loro carico di donne e uomini, nel girare la prua delle stesse navi - o più spesso nel far imbarcare i passeggeri su navi della marina italiana o degli stati nordafricani -, e nel riportare alla base di partenza gli stessi migranti. "Tra il primo maggio e il 30 agosto del 2008 - dichiarò una volta l'allora ministro dell'Interno, Roberto Maroni - sono arrivati in Italia 14mila clandestini. Nello stesso periodo del 2009 ne sono arrivati 1.300. Il sistema funziona e così si evitano le tragedie". Sul funzionamento di questa politica si può discutere, anche se in Italia perfino i numeri sugli sbarchi non sono sempre pubblici e perfettamente omogenei per poterci ragionare su. Benvenuti in Italia. Si potrà dire, legittimamente, che i respingimenti non piacciono, o che violano sempre e comunque certi aspetti del diritto internazionale. Quel che si è fatto in Italia è stato però un po' diverso: durante la parentesi del governo tecnico di Mario Monti, si è deciso di sospendere quella politica, per scelta dell'esecutivo e senza una discussione o un voto parlamentare ad hoc. Così d'un tratto, in mancanza delle possibilità pratiche di gestire un'accoglienza illimitata di stranieri sul suolo italiano, si è rimasti in un limbo che le crisi mediorientali e africane rendono sempre più insostenibile. Non solo per noi cittadini o residenti italiani. Immigrazione: il Pd chiede procedura urgenza su proposta di legge per il diritto d’asilo Ansa, 8 ottobre 2013 Il Pd chiederà la procedura d’urgenza per la calendarizzazione in Aula della sua proposta di legge che attua il diritto d’asilo come previsto dall’art.10 della Costituzione. È quanto annunciato dal capogruppo alla Camera Roberto Speranza presentando la proposta che punta a “colmare un ritardò’ della legislazione italiana. La proposta di legge, primo firmatario il vicecapogruppo Pd alla Camera Antonello Giacomelli, mira ad attuare l’articolo 10 della Costituzione che stabilisce che lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione, “ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. La mancanza di una specifica legislazione in materia d’asilo ha creato confusione tra il diritto d’asilo e lo stato di rifugiato. Lo status di rifugiato è infatti definito da una norma del diritto internazionale. Il diritto d’asilo, invece, essendo previsto dalla Costituzione, necessita di una norma nazionale di attuazione. “Già nella passata legislatura - ricorda Speranza - abbiamo presentato questa proposta di legge che affronta il mutamento della tipologia dell’immigrazione con la crescita di persone in fuga dai conflitti, come la Siria, o da paesi dove non vengono garantiti i diritti, come nel Corno d’Africa”. Il Pd chiede ora una rapida approvazione della legge, raccogliendo anche la sollecitazione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano proprio sul diritto d’asilo. “Mi auguro - ha spiegato Giacomelli - che la proposta possa essere rapidamente approvata perché se c’è uno spread dei titoli di stato c’è anche uno spread di civiltà che va affrontato”. La legge - 60 articoli, suddivisi in 5 titoli - punta a fare ordine nella disciplina esistente, adottando un unico strumento normativo, una legge quadro, che disciplini e sistematizzi in maniera organica, per la prima volta, gli istituti dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto d’asilo, prevedendo che il diritto d’asilo sia riconosciuto solo come ulteriore diritto tale da essere riconosciuto solo in assenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria. “Bisogna intervenire con urgenza - ha aggiunto il deputato Khalid Chaouki - perché situazioni, come quelle di Lampedusa, sono disumane e inaccettabili nonostante l’impegno della popolazione e dell’amministrazione”. Libia: la denuncia dell'Onu; nelle carceri si muore di tortura e maltrattamenti di Rita Plantera Nena News, 8 ottobre 2013 A denunciarlo è un rapporto dell'Onu e della Missione di Supporto delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) diffuso una settimana fa. Si muore di tortura e di maltrattamenti nelle carceri libiche nominalmente sotto l'autorità del governo ma de facto sotto il controllo delle milizie armate due anni dopo il rovesciamento di Gheddafi. A denunciarlo è un rapporto dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Unhchr) e della Missione di Supporto delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) diffuso una settimana fa. Il rapporto documenta casi di arresti arbitrari, motivati da regolamenti di conti personali o tribali, di uomini prelevati forzatamente dal posto di lavoro o da casa, picchiati, violentati e lasciati senza cibo nelle prigioni in condizioni disumane. Nelle carceri controllate dal governo che il personale delle Nazioni Unite è riuscito a visitare, le condizioni e il trattamento dei detenuti sono migliori che in quelle gestite dalle milizie in cui secondo i dati del rapporto Onu la tortura è più frequente soprattutto immediatamente dopo l'arresto e durante gli interrogatori come mezzo per estorcere confessioni e informazioni, i colloqui con i legali sono negati e alle famiglie sono concesse sporadiche visite. A settembre 2013, secondo i dati del Ministero della Giustizia della Libia, degli 8.000 detenuti (senza processo) accusati di aver combattuto per Gheddafi, 4000 erano sotto la custodia della Judicial Police. I rimanenti 4.000 sotto la custodia della Military Police - che rientra sotto l'autorità del Ministero della Difesa, del SSC e del Combating Crime Department - entrambi composti principalmente da brigate armate che operano sotto l'autorità del Ministero dell'Interno - e di brigate armate che non rispondono all'autorità di alcun Ministero. Unsmil ha documentato 27 casi di morte in carcere dovuti quasi certamente a tortura da quando Gheddafi è stato catturato e ucciso nel 2011. Undici di questi solo tra gennaio e giugno 2013 e tutti nelle prigioni controllate dalle milizie. La detenzione arbitraria e la tortura erano sistematici già sotto il regime di Gheddafi nonostante un sistema normativo di tutela dei detenuti. Leggi del regime a salvaguardia dei diritti del prigioniero a cui si è aggiunta lo scorso aprile la legge Criminalising Torture, Enforced Disappearances and Discrimination adottata dal General National Congress per cui tortura, sparizioni forzate e discriminazione sono e rimangono crimini e come tali punibili. Sin dalla fine della rivolta che ha rovesciato Muammar Gheddafi, i nuovi governanti della Libia tentano a fatica di controllare una miriade di ex gruppi ribelli che rifiutano di deporre le armi e mettere da parte ogni aspirazione politica. Il loro processo di affiliazione presso i Ministeri della Giustizia, della Difesa e degli Interni fa parte di un disegno strategico di inglobamento delle milizie armate nel circuito governativo, con risultati però ad oggi sconfortanti visto che le brigate continuano a mantenere il controllo effettivo dei centri di detenzione e rivendicano prepotentemente le loro aspirazioni di esercizio del potere contribuendo in questo modo a rendere altamente precarie le condizioni di sicurezza in un Paese, la Libia, ricco non più solo di petrolio ma anche di armi. Stati Uniti: carcere Guantánamo, Obama criticato dai maggiori gruppi umanitari di Enrico Passarella www.ilreferendum.it, 8 ottobre 2013 Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha ricevuto ieri una lettera firmata da 16 tra i maggiori gruppi umanitari in cui viene accusato di non aver fatto nulla per chiudere Guantánamo, nonostante le promesse ribadite nel discorso sulla sicurezza nazionale tenuto a maggio. I detenuti di Guantánamo sono incarcerati da anni senza una prospettiva di libertà, senza processo e spesso senza un’accusa. La lettera è firmata da 16 gruppi che difendono i diritti umani e le libertà civili tra cui Amnesty International, Human Rights Watch, American Civil Liberties Union, Center for Constitutional Rights e National Religious Campaign Against Torture. La chiusura di Guantánamo era stata uno dei cavalli di battaglia della campagna di Obama. A maggio, dopo essere stato informato che i prigionieri erano in sciopero della fame da quattro mesi e che le guardie li nutrivano a forza, il Presidente aveva confermato il massimo impegno per risolvere il problema. I risultati raggiunti finora sono scarsi. Si legge nella lettera: “La popolazione di Guantánamo negli scorsi quattro mesi è stata ridotta di soli due detenuti, passando da 166 a 164. Di quelli che rimangono, 84 sono stati autorizzati al trasferimento dalle autorità che si occupano delle sicurezza nazionale più di quattro anni fa”. In maggio, il Presidente aveva promesso una moratoria per trasferire i prigionieri in Yemen e aveva annunciato che avrebbe chiesto al Dipartimento di giustizia di trovare un luogo sul suolo americano dove potevano tenersi le commissioni militari, per iniziare il processo di chiusura definitiva della prigione. I gruppi umanitari temono che l’amministrazione metta ancora da parte il progetto di chiusura di Guantánamo, visto che il numero di prigionieri in sciopero della fame è diminuito e non fa più notizia. A fine agosto, due detenuti hanno lasciato il carcere di massima sicurezza: Nabil Said Hadjarab, 34 anni, e Mutia Sadiq Ahmad Sayyab, 37, sono stati rimpatriati in Algeria dopo più di dieci anni di prigionia. La scorsa settimana il Dipartimento di giustizia ha notificato a una corte federale che non si opporrà al rilascio di Ibrahim Idris, detenuto sudanese malato mentalmente che soffre anche di diabete. Idris ha ottenuto l’autorizzazione per il trasferimento nel 2009, ma non può essere rimpatriato senza l’ordine di una corte perché il Sudan è uno Stato che supporta il terrorismo. La Casa Bianca conferma che l’impegno preso verrà rispettato. I dirigenti del Dipartimento della difesa hanno comunicato agli avvocati dei prigionieri di Guantánamo che il Periodic Review Board è in funzione, due anni dopo la sua creazione. Si tratta di una Corte che si occupa della revisione dei casi dei detenuti che sono incarcerati indefinitamente, per decidere se possano essere rilasciati. Ci si aspetta che le udienze inizino entro la fine dell’anno. Nel suo discorso, Obama aveva promesso la nomina di due incaricati da parte del Dipartimento di Stato e del Pentagono il cui unico compito sarebbe stato quello di negoziare il trasferimento dei detenuti in altri Paesi. Il posto al Pentagono è ancora vacante: “I problemi causati dalla mancanza di un incaricato nel Dipartimento della difesa sono stati aggravati dal recente addio del responsabile delle carceri e dall’assenza di un consiglio generale permanente. I posti vuoti in queste posizioni critiche hanno causato una carenza di leadership nel Dipartimento della difesa che ha ritardato le decisioni e le azioni necessarie per ridurre la popolazione di Guantánamo”. Il colonnello Todd Breasseale, portavoce del Pentagono ha dichiarato: “Il Dipartimento non ha nulla da annunciare [a proposito dell’incaricato]. Ci sono dei discorsi aperti con un certo numero di nazioni per il potenziale rimpatrio o reinsediamento dei detenuti autorizzati. Per quanto riguarda le discussioni diplomatiche, semplicemente non ne parliamo fino a che il trasferimento non è completo e solo se abbiamo il consenso per farlo. Per qualsiasi accordo che potrebbe o meno essere in vigore con altri paesi in cui i detenuti in nostra custodia potrebbero essere trasferiti, questo rientra nei compiti più delicati di cui ci occupiamo. Semplicemente non parleremo mai di materie del genere”. Il mese scorso, nel discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Obama aveva lasciato intendere di non essersi dimenticato di Guantánamo. Ma Zeke Johson, portavoce di Amnesty, dice che alla retorica del Presidente non seguono le azioni concrete: “Il ritardo vergognoso nel trasferire i detenuti autorizzati ci fa temere che le promesse di Obama su Guantánamo rimangano tali”. Obama ha dato la colpa al Congresso, affermando che le restrizioni poste al National Defense Authorization Act hanno reso impossibile per l’amministrazione il trasferimento dei detenuti. Nella lettera, però, i gruppi umanitari sostengono che le limitazioni possono essere superate in alcuni casi con delle deroghe da parte del Presidente o del Segretario alla difesa. Stati Uniti: Onu; l'isolamento da oltre 40 anni del detenuto "Angola 3" è tortura La Presse, 8 ottobre 2013 La detenzione in isolamento da 41 anni di Albert Woodfox, nel caso noto come "Angola 3", "costituisce chiaramente tortura e dovrebbe essere sospesa immediatamente". Così Juan Mendez, relatore speciale sulla tortura del Consiglio dei diritti umani dell'Onu, ha criticato il trattamento cui è sottoposto negli Usa l'ex membro 66enne delle Pantere nere condannato per l'omicidio di una guardia carceraria in Lousiana. Woodfox e Herman Wallace scontavano pene per rapine a mano armata quando nel 1972 furono incriminati e condannati per l'accoltellamento a morte di una guardia carceraria. due, che tentarono di creare un gruppo legato alle Pantere nere in carcere e lottarono per migliorare le condizioni di detenzione, furono trasferiti in isolamento nel penitenziario di Angola. Wallace è morto venerdì a 71 anni, tre giorni dopo essere scarcerato dopo oltre 40 anni in cella di isolamento, quando un giudice ha ordinato per lui un nuovo processo. Era malato di cancro ormai agli ultimi giorni di vita, mentre da anni le organizzazioni per i diritti umani tra cui Amnesty International chiedevano che il suo trattamento fosse modificato. Le campagne proseguono ora per Woodfox. Russia: 30 attivisti di Greenpeace rinchiusi da 18 giorni in carceri "disumane" di Roberto Arduini L'Unità, 8 ottobre 2013 Polli d'allevamento in una fattoria pessima. È questa la condizione dei 30 attivisti di Greenpeace, arrestati in Russia con l'accusa di pirateria. "Le loro condizioni sono disumane", ha detto nel corso di una conferenza stampa uno degli avvocati dell'organizzazione ambientalista, Sergei Golubok, descrivendo la situazione in cui sono detenuti come quella appunto di "polli da allevamento all'interno di una pessima fattoria". Rinchiusi da 18 giorni in attesa di giudizio nelle carceri di Murmansk e Apatity, i 30 attivisti, tra cui c'è anche l'italiano Cristian D'Alessandro, non hanno acqua potabile, soffrono la fame e non ricevono alcuna assistenza sanitaria. Gli attivisti facevano parte dell'equipaggio della nave rompighiaccio Arctic Sunrise che nel settembre scorso ha organizzato un'azione dimostrativa contro una piattaforma petrolifera di Gazprom. L'Olanda, Paese sotto la cui bandiera veleggiava il rompighiaccio, venerdì ha annunciato l'avvio di un processo di arbitrato contro Mosca per l'arresto dell'equipaggio. L'associazione ambientalista, intanto, presenterà una denuncia penale nei confronti della polizia russa: "Ci sono state delle serie violazioni nel momento in cui i servizi federali per la sicurezza della Federazione russa hanno trattenuto l'equipaggio e la nave - afferma Alexander Mukhortov, l'avvocato che rappresenta Peter Willcox, il capitano statunitense della nave - uomini armati e coperti in volto, sono saliti a bordo della nave senza identificarsi, puntando la pistola contro i membri dell'equipaggio. Hanno preso il controllo della nave, confiscato gli oggetti a bordo, e sottoposto tutti a fermo senza documentare queste azioni". Greenpeace ha annunciato la presentazione di denunce sulla violazione dei diritti dei 30 detenuti. "In alcune celle fa molto freddo e i detenuti sono sottoposti continuamente a riprese video. Non tutti hanno accesso ad acqua potabile o hanno la possibilità di fare esercizio fisico adeguatamente", ha detto Golubok. Gli avvocati di Greenpeace hanno presentato obiezioni sul trasporto degli attivisti nei veicoli della polizia: "Alcuni detenuti sono stati trasportati per 4-5 ore, sia all'andata che al ritorno da Murmansk per gli interrogatori, in gabbie senza cibo, riscaldamento o possibilità di andare al bagno". Le udienze d'appello cominceranno oggi con gli interrogatori di due attivisti russi e un giornalista. Per gli altri 27 le udienze si terranno domani e sabato. L'ingegnere capo dell'Arctic Sunrise, Mannes Ubels, ha potuto visitare la nave venerdì scorso e ha espresso alla polizia le sue preoccupazioni sulla sua manutenzione. Greenpeace Italia ha inviato una richiesta formale al presidente del Consiglio, Enrico Letta, e al ministro degli Esteri, Emma Bonino, affinché "l'Italia si unisca all'iniziativa olandese di arbitrato". Stati Uniti: a Phoenix il primo carcere vegetariano... questione di economia di Giancarlo Marini www.leifoodie.it, 8 ottobre 2013 La soia invece della carne permetterà un risparmio di 100mila dollari. Da reinvestire in attività per i detenuti? Non è così sicuro. Pesce, hamburger e bacon addio. Per i detenuti del carcere di Phoenix, in Arizona, il menù vira decisamente al vegetariano. Alla base della decisione però, non ci sono nobili impulsi animalistici o preoccupata attenzione per la salute dei prigionieri, ma concreti e banali problemi di bilancio. Sostituire le proteine della carne con quelle della soia, hanno calcolato i dirigenti del penitenziario, pemetterà un risparmio di circa 100mila dollari all'anno, da utilizzare, forse, in attività di assistenza e di reinserimento sociale. Forse perché dietro questa storia compare l'ombra di Joe Arpaio, lo sceriffo più feroce d'America, ostinato persecutore di immigrati, tossicodipendenti, omosessuali. Per rendere più dura la vita di chi è incarcerato, Arpaio è passato agli onori della cronaca per aver organizzato qualche anno fa la Tent City, un'enorme prigione di tende nel deserto, dove gli ospiti sono obbligati a portare magliette e mutande rosa. E nel corso di un'intervista lo sceriffo si è vantato di non spendere più di 1 dollaro al giorno a testa per il vitto dei prigionieri. Sembra scontato che il nuovo regime vegetariano non abbia entusiasmato i detenuti che l'hanno bollato, nel migliore dei casi, come slop, brodaglia, qualcosa che assomiglia alla nostra sbobba. E da un servizio trasmesso da una tv locale, emerge che qualche ragione possono anche averla: in un grande pentolone soia, fagiolini, peperoni e verdure diverse sono mescolate fino a formare un composto dal contenuto forse salutare, ma dall'aspetto certo poco invitante. Un po' di soia nel menù avrebbe permesso alla prigione polacca di Goleniów il risparmio di 3000 euro di multa affibbiatale, nel 2011, dalla Corte Europea dei diritti dell'Uomo, per non aver saputo - o voluto - fornire un'alimentazione veg a un detenuto dichiaratosi buddista. Stati Uniti: terrorista di Al Qaeda Al Libi detenuto in una nave-prigione nel Mediterraneo Corriere della Sera, 8 ottobre 2013 Il terroista Anas al Libi sarebbe detenuto sulla nave "San Antonio" Il terroista Anas al Libi sarebbe detenuto sulla nave "San Antonio". Anas al Libi, il terrorista di Al Qaeda catturato dalla Delta Force a Tripoli, è ora rinchiuso sulla nave San Antonio in missione nel Mediterraneo. A bordo dell'unità sarà interrogato da esperti dell'Fbi e della Cia, quindi lo porteranno a New York dove lo attende un processo davanti ad un tribunale civile. Il militante segue il destino di Ahmed Warsame, un somalo preso sempre dagli Usa nel 2011 e trattenuto a bordo di una nave da sbarco per almeno 2 mesi. Un periodo durante il quale non ha avuto alcuna assistenza legale. Il caso al Libi e il raid dei commandos in Somalia contengono elementi che rappresentano novità e conferme. Sotto la presidenza Obama, l'intelligence ha fatto pochi prigionieri e ha preferito affidarsi a missioni "cerca e distruggi", affidate in gran parte ai droni. Ora bisogna capire se con i due blitz, gli Usa vogliano - come suggerisce qualcuno - privilegiare la cattura dei nemici. Gli esperti, però, notano che vi sono limiti evidenti ai blitz a meno di non voler rischiare un alto numero di vittime tra i soldati e i civili. La vicenda del qaedista libico è di fatto una rendition, ossia il rapimento di un nemico in un Paese terzo. Un sistema che ha avuto il suo picco con George W. Bush e che ha interessato anche l'Italia con il sequestro di Abu Omar a Milano. La differenza è che il terrorista non sarà detenuto in luoghi segreti o paesi dove si usa la tortura, ma verrà sottoposto ad un regolare processo negli Usa. Questa è la promessa della Casa Bianca. Non mancano negli Stati Uniti polemiche sulla "pratica", così come l'accusa a Obama di aver rispolverato le rendition. La detenzione sulle navi è stata ampiamente usata dopo l'11 settembre 2001. Indagini giornalistiche hanno rivelato che il Pentagono ha messo a disposizione 17 unità, tra queste le navi da sbarco Peleliu e Bataan. Decine gli estremisti e i terroristi rinchiusi in celle speciali. Tra loro anche il talebano Johnny, il convertito americano che si era unito agli studenti-guerrieri in Afghanistan. Ora il metodo torna d'attualità. Garantisce sicurezza e evita problemi con altri paesi: una volta preso al Libi poteva finire in una base ospitata da un alleato (Sigonella, per fare un esempio). Infine alcuni dettagli sull'assalto di sabato in Somalia. Il bersaglio dell'azione era Mohamed AbdelKadir Mohamed, alias Ikrimah, un'operativo qaedista vicino agli Shebab. Secondo l'intelligence è il pianificatore di numerosi attentati sul territorio somalo e in Kenya, suo paese d'origine. Un facilitatore del più alto livello che conosce dettagli, uomini, piani. Per questo volevano prenderlo, ma la resistenza incontrata ha costretto i Navy Seals a desistere. Stati Uniti: condanna a morte per pluriomicida evaso da un carcere in Arizona La Presse, 8 ottobre 2013 È stato condannato a morte John McCluskey, che nel 2010 fuggì con altri due detenuti da un carcere dell'Arizona e uccise una coppia di pensionati in vacanza. Il verdetto è stato raggiunto dopo mesi di processo, in un caso in cui l'ultima parte della fuga, con la fidanzata che lo aiutò a evadere, è stata paragonata a quella della leggendaria coppia di fuorilegge degli anni 30 del novecento, Bonnie e Clyde. McCluskey è stato dichiarato colpevole di omicidio, furto d'auto e altre accuse. Le pene previste sono l'ergastolo e la pena di morte. Le due anziane vittime si chiamavano Gary and Linda Haas, i loro resti furono ritrovati nella carcassa incendiata del loro caravan in Nuovo Messico. Furono uccisi mentre erano in vacanza, tre giorni dopo che McCluskey era fuggito dal carcere dell'Arizona. Questi evase nel luglio 2010 mentre scontava 15 anni per tentato omicidio di secondo grado, aggressione aggravata e uso di armi da fuoco nella prigione di media sicurezza vicino Kingman, in Arizona. Fuggì con altri due detenuti, grazie all'aiuto di un cugino e della fidanzata, Casslyn Welch. Uno di loro fu catturato dopo una sparatoria in Colorado, mentre McCluskey, la fidanzata e l'altro evaso proseguirono verso il Nuovo Messico. Qui incontrarono gli Haases in vacanza, appropriandosi del loro veicolo e dando il via a una caccia all'uomo, in cui fu anche emessa un'allerta Interpol. Dopo l'omicidio della coppia di pensionati, Province proseguì da solo e fu catturato in Wyoming sette giorni dopo. McCluskey e Welch continuarono a fuggire. Quando furono catturati, i due evasi Province e Welch si dichiararono colpevoli di furto d'auto concluso con omicidio, cospirazione, uso di armi da fuoco e altre accuse. Entrambi hanno indicato McCluskey come ideatore del piano. Quando fu infine catturato in Arizona con la fidanzata, McCluskey indossava un cappellino dell'uomo che aveva ucciso pochi giorni prima. "Vi chiedo solo questo: chi indossa il cappello del morto?", ha detto in aula il procuratore Greg Fouratt, rivolgendosi alla giuria. "È una specie di trofeo? È un souvenir o una reliquia? E non vi aiuta a decidere chi, tra queste tre persone, è stato quello che ha messo fine alla vita di Gary Haas?", ha chiesto ai giurati. Birmania: liberi altri 56 prigionieri politici, l'ultimo di una serie di rilasci negli ultimi 2 anni www.tio.ch, 8 ottobre 2013 Le autorità birmane libereranno oggi oltre cinquanta prigionieri politici, l'ultimo di una serie di rilasci avvenuti negli ultimi due anni, che hanno coinvolto oltre un migliaio di detenuti di questo tipo. Lo ha annunciato Hla Maung Shwe, consigliere del presidente Thein Sein. "Oggi libereremo 56 prigionieri politici", ha precisato l'uomo. Pochi mesi fa, Thein Sein aveva dichiarato di voler arrivare entro fine anno alla liberazione di tutti i prigionieri politici, soddisfacendo così le richieste della comunità occidentale. Di fronte alle progressive aperture del governo civile in carica dal 2011, Stati Uniti e Unione europea hanno sospeso o eliminato gran parte delle sanzioni economiche che applicavano verso il Paese dagli anni Novanta. Tali misure hanno dato il via a una corsa agli investimenti in un'economia rimasta isolata per quasi mezzo secolo. Russia: 28 matrimoni in un giorno nella Colonia Penale numero 2 di Celjabinsk Tm News, 8 ottobre 2013 Noto nella regione come uno dei carceri a regime duro dove è meglio non finire, la fama della colonia penale numero 2 di Celjabinsk varca i confini degli Urali per un boom di matrimoni apparentemente del tutto casuale. Solo venerdì scorso, 28 carcerati si sono sposati e per tutta la giornata la sala pranzo della prigione è stata affollata da coppie di nubendi, come mostra un video pubblicato dal sito locale di notizie 74.ru: lei in bianco o rosa, perlopiù abiti lunghi, lui in tenuta sportiva invece della solita uniforme da carcerato. La raffica di matrimoni ha sorpreso le autorità penitenziarie, scrive il sito, tanto più che alcune coppie si sono conosciute nel giorno della cerimonia. Ma non vi sarebbe ragione evidente per la corsa al convolo dietro le sbarre. L'unico benefit che ottengono i novelli sposi è il diritto di trascorrere assieme una notte e due giorni, sempre nel carcere, poi la coppia potrà vedersi un paio di volte l'anno.