Chi ha paura dell’uomo “ombra”? di Alberto Laggia Famiglia Cristiana, 29 ottobre 2013 La rivista “Ristretti Orizzonti” chiede con una lettera aperta al ministro della Giustizia di declassificare a un livello di sicurezza più basso Carmelo Musumeci, ergastolano ostativo che da anni si batte per l’abolizione dell’ergastolo. Che cosa ci fa in “Alta Sicurezza” un detenuto come Carmelo Musumeci, che, entrato in carcere con la quinta elementare, si è laureato in Giurisprudenza, ha pubblicato quattro libri, da tanti anni si impegna con tutte le sue energie per l’abolizione dell’ergastolo, in particolare quello ostativo, quello che lui chiama “La Pena di Morte Viva”, facendosi in qualche modo carico del destino di tanti, e non solo del suo? Che da anni su questi temi collabora con la Comunità Papa Giovanni XXIII, e che chiede con testarda convinzione la sua declassificazione a un livello di sicurezza più basso? L’iniziativa della redazione appoggia quella dello stesso detenuto che ha chiesto al ministro l’abbassamento del regime di sicurezza dal livello massimo (AS1), dov’è da 17 anni, a quello di “media sicurezza”. L’appello di Musumeci termina così: “Signora Ministra, spogliarsi della subcultura di tutta una vita non è facile. Poi quando uno ci riesce rimane deluso se scopre che i “buoni” sono più cattivi di lui. E non Le nascondo che, sinceramente, stavo meglio quando pensavo che il cattivo ero io, perché migliorare una persona e continuare a tenerla all’inferno è una contraddizione che sa di punizione un po’ vendicativa. Mi sento di non appartenere più a questo mondo dei circuiti di Alta Sicurezza, a questo tipo di cultura. Per questo motivo Le chiedo di togliermi da questo circuito AS1 ed essere finalmente declassificato, oppure mi spieghi che senso hanno avuto tutti questi anni per la mia “rieducazione”. L’ergastolano, autore tra l’altro di “Gli uomini ombra e altri racconti” (Gabrielli) in cui narra le vicende di chi è condannato al “fine pena mai”, in questi anni ha vinto premi letterari, senza peraltro poter andare a ritirarli, ha ricevuto tre encomi e collabora attivamente anche con l’associazione Antigone. Dal 2012 è detenuto nel carcere di Padova, da dove lavora per il progetto “Scuola-Carcere”. “Se riteniamo che la Costituzione, la quale all’articolo 27 parla di pena cogliendone solo il valore rieducativo, e non quello di rispondere al male con altrettanto male, sia il testo in cui si parla di carcere nel modo più moderno e più ricco di umanità, allora forse dobbiamo anche cominciare a porre delle domande a chi la Costituzione dovrebbe applicarla”, dice l’appello di Ristretti Orizzonti. “Perché ci sentiamo dire da esperti, addetti ai lavori, operatori penitenziari che l’uomo non è solo il suo reato, se poi dobbiamo vedere un detenuto, che negli anni è profondamente cambiato, restare inchiodato al suo passato perfino dentro al carcere, perfino nel luogo a cui la Costituzione ha assegnato il ruolo di rieducare, prima e più che di punire?”, afferma ancora la redazione del giornale. “Possiamo sperare allora in una risposta che sia, finalmente, rispettosa della Costituzione? Possiamo aver fiducia che finalmente verrà riconosciuto il percorso di Musumeci, le energie le fatiche l’impegno che ci ha messo per diventare una persona diversa dall’uomo del reato?”. Giustizia: “impellente urgenza” delle carceri… ma qualcuno se ne ricorda ancora” di Valter Vecellio Notizie Radicali, 29 ottobre 2013 Prendete, se siete abbonati a una rassegna stampa, oppure il quotidiano che credete di ieri, e a parte gli articoli “istituzionali” dedicati al congresso dell’Associazione Nazionale dei Magistrati, vedrete che non c’è nessun articolo, analisi o commento che riguarda la questione “impellente”, come tutti riconoscono, della giustizia. E non solo ieri: anche il giorno prima, e quello prima ancora. O meglio: si giustizia si parla, ma per “ragionare” sui guai di Silvio Berlusconi e le mosse sue e dei suoi avvocati e consiglieri per uscirne. E prendete sempre gli stessi giornali, e la stessa cosa si può dire delle carceri, di come superare la situazione “intollerabile”, come riconoscono tutti, che si è creata. E non si può dire che manchino le “notizie”. L’Osservatorio permanente sulle morti in carcere ieri ha fornito dati impressionanti, sono “scivolati tra la generale indifferenza: nell’arco di tempo tra l’1 gennaio 2009 e il 17 ottobre 2013 i detenuti suicidi sono stati 306. Di questi, 103 erano stranieri e 203 italiani; 7 le donne, di cui 4 straniere. Il più giovane aveva 17 anni, si chiamava Yassine El Baghdadi ed è morto impiccato il 17 novembre 2009 nell’Ipm di Firenze. Il più anziano aveva 77 anni, si chiamava Francesco Pasquini ed è morto impiccato il 3 febbraio 2013 nel carcere di Lanciano. I detenuti suicidi sono per la maggior parte giovani: 4 avevano meno di 20 anni, 84 un’età compresa tra 21 e 30 anni, 101 un’età compresa tra i 31 e i 40 anni, 68 tra i 41 e i 50 anni, 34 tra i 51 e i 60 anni, 12 tra i 61 e i 70 anni e 3 dai 71 anni in su. L’impiccagione è risultato il “metodo” utilizzato con maggiore frequenza per togliersi la vita (222 casi), seguito dall’asfissia con il gas delle bombolette da camping in uso ai detenuti (59 casi). Più rari i casi di avvelenamento con farmaci (16), soffocamento con sacchi di plastica (cinque) e dissanguamento (quattro). Tutte e sette le donne si sono suicidate impiccandosi. Le carceri nelle quali si è registrato il maggior numero di suicidi (10) sono anche quelle che soffrono maggiormente il sovraffollamento: Sollicciano (Firenze) e Poggioreale (Napoli). Niente. Siamo “condannati” al pio-pio per quel che riguarda il Pdl-Forza Italia; al bla-bla per quel che riguarda il Pd; al bau-bau di Beppe Grillo e delle sue sempre più appannate 5 stelle. Si prendano le elezioni per le province autonome di Trento e Bolzano. Certo, vince il centro-sinistra, certo sparisce il centro-destra, crescono i secessionisti. E accade anche che in una regione da sempre ordinata, ricca, disciplinata, si registri un vistoso calo di partecipazione. In Trentino ha votato il 62,82 per cento, percentualmente un calo di oltre dieci punti rispetto alle provinciali del 2008, quando aveva votato il 73,13 per cento. In Alto Adige si registra un ulteriore calo del 2,4 per cento rispetto al 2008, i votanti sono passati dall’80,1 per cento al 77,7 per cento. A Bolzano città “solo” il 64,6 per cento. Questo in una regione che tradizionalmente non ha motivo particolare di esprimere dissenso o “confusione” rispetto al voto e alla scelta dei suoi rappresentanti nelle istituzioni. Quell’astensione qualcosa dovrebbe pur dire, e naturalmente nulla invece dirà al regime (s)partitocratico che ci tocca patire. Da qualche giorno proviamo a richiamare l’attenzione sui dati raccolti, elaborati e forniti dal Centro d’ascolto. Ne abbiamo parlato il 17 ottobre, e poi il 22 ottobre. Dunque: la giustizia e la sua pessima amministrazione, il carcere e la situazione in cui sono costretti a vivere migliaia di detenuti, la metà in attesa di giudizio, i referendum sulla giustizia giusta da difendere, dopo che la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale si sarà pronunciata; un elettorato che manda segnali come può e ogni volta che può che non vengono raccolti; informazione che è quella che è… I temi di riflessione e confronto sono questi, ridotti all’osso. È questa la scommessa da giocare, la sfida da vincere. O no, compagne e compagni? Giustizia: il carcere non deve torturare e uccidere di Pietro Di Muccio de Quattro L’Opinione, 29 ottobre 2013 Il suicidio in carcere è assimilabile alla pena di morte? Le condizioni disumane del carcerato equivalgono alla tortura? Sì e no. Risposta raggelante. Paese contorto e ambiguo, l’Italia, dove il dolce “ni” suona. La Costituzione stessa è largamente figlia di un originale anfoterismo filosofico. Il greco “anfòteros” significa “l’uno e l’altro di due”. Spesso, più è importante l’articolo, meno univoco è il significato. Quasi tutta la prima parte della Costituzione, proclamata comprensibilmente intoccabile dai sacerdoti dell’anfoterismo, possiede questa duplicità, se non addirittura doppiezza. E, le rare volte che la norma è univoca, viene disattesa in pratica. È il caso del divieto alla legge di violare la dignità umana nei trattamenti sanitari. È il caso del divieto alla legge d’istituire pene contrarie al senso d’umanità e alla rieducazione del condannato. Se diamo ad ogni detenuto una cella, diciamo, confortevole in base agli standard carcerari, a ragione il suicidio sarà considerato una triste fatalità della prigionia. Ma se il detenuto, spesso neppure condannato con sentenza definitiva, viene ristretto, in ogni senso, con altri sette in una cella costruita per due, il suicidio potrà, non a torto, essere considerato la diretta conseguenza di una galera disumana che induce il carcerato a farla finita per sempre. La procurata morte dei detenuti è ripugnante per lo Stato, sia perché essi sono inermi nelle sue mani, sia perché essi sono condannati (quando lo sono!) alla privazione della libertà, più o meno accentuata (isolamento, eccetera), non spinti a togliersi la vita. Secondo le statistiche, dietro le sbarre i suicidi sono venti volte più numerosi che fuori. Dipende, certo, dalla reclusione. Ma pure, senza dubbio, dalla sua bassezza. Un’aliquota di tale percentuale è sicuramente determinata dalla disumana vita carceraria. Rispetto ad essa può dirsi che lo Stato irroga, sebbene “sui generis”, una pena di morte. Allo stesso modo infligge una tortura. Dimentichiamo troppo spesso che tortura, all’inizio, indica l’azione del torcere le membra all’imputato per farlo confessare o al reo per punirlo; poi, qualunque forma di coercizione fisica o morale; infine, qualsiasi sevizia, crudeltà, brutalità. Dunque, tutto sta ad intendersi. Lo Stato non sloga e non frattura più gli arti, per partito preso. Ma largheggia nel ficcare in galera gli incolpati e questa pratica puzza di tortura anche se coperta sotto il dolce eufemismo di custodia cautelare. È un’atroce angheria, perpetrata e protratta, il sovraffollamento delle carceri, al quale lo Stato non vuole porre rimedio con il pretesto pidocchioso della lesina. Uno Stato dissipatore che risparmia sui detenuti è privo d’umanità e insensibile alla loro sorte. Giustizia: alla Camera prosegue l’indagine sulla emergenza carceri Asca, 29 ottobre 2013 La Commissione Giustizia, nell’ambito della relazione da illustrare all’Assemblea, ha procederà ad un ulteriore approfondimento dei problemi connessi alla emergenza carceraria messi in luce nel Messaggio inviato dal Capo dello Stato alle Camere. In merito è stata svolta la scorsa settimana un’ audizione del prefetto Angelo Sinesio, e oggi sarà svolta quella del Consigliere della Corte di Cassazione Luca Ramacci. Sarà anche ascoltato Raffaele Del Giudice, presidente dell’Azienda dei servizi di igiene ambientale di Napoli, nel quadro della indagine connessa al Ddl 857 di delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni sugli illeciti in materia ambientale. La Giustizia procederà anche alla deliberazione di un’indagine conoscitiva per l’esame delle proposte che prevedono modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza (Dpr 309 del 1990) in materia di cessione della cannabis e dei suoi derivati. In merito è previsto lo svolgimento di un’audizione di rappresentanti del Coordinamento nazionale Comunità di accoglienza - Cnca. Giustizia: Leva (Pd); Matteo forse non sa che sulle carceri c’è un ddl del Pd Corriere della Sera, 29 ottobre 2013 Danilo Leva, lei è responsabile Giustizia del Pd. Matteo Renzi è stato chiaro, l’altro giorno, parlando alla Leopolda: perché voi del Pd non vi vergognate del caso-Scaglia e dell’abuso tutto italiano della custodia cautelare? “Guardi che alla Camera è in avanzata discussione un ddl firma Pd che modifica appunto le regole sulla custodia cautelare. Lo sappiamo bene che l’eccesso di custodia cautelare è una delle anomalie italiane: nelle nostre carceri il 40% dei detenuti è in custodia cautelare quando in Inghilterra non supera il 15%. Se poi associamo questo uso troppo largo del carcere cautelare ai tempi lunghi del processo, accade quel che si sa: che in Italia la custodia cautelare finisce per essere l’unica pena che molti scontano. E questo è un meccanismo che non è degno di un Paese civile”. Come cambierete la custodia cautelare, se mai ci riuscirete? “Introduciamo un concetto che può sembrare banale, cioè che si può finire in cella solo se è “attuale” il pericolo di fuga o di reiterazione del reato. Occorrerà una valutazione caso per caso, e non più sulla base dell’astratta gravità del reato come accade oggi, per finirla con questa vergogna civile”. Renzi vi sprona riformare tutta la giustizia. “Ben vengano le sollecitazioni, ma in Parlamento stiamo lavorando quotidianamente. Cito qui solo le nostre proposte di abolizione dell’ergastolo. O la riscrittura della Fini-Giovanardi, per tornare a distinguere piccolo e grande spaccio.”. Concorderà che la giustizia è al collasso. O no? “Ne sono consapevole. E anche la sinistra deve fare autocritica per aver ceduto a certo populismo giudiziario. Da troppo tempo ci siamo allontanati dalle idee di una cultura garantista”. Giustizia: Sbrollini (Pd), no all’indulto o all’amnistia, serve una riforma carceraria Giornale di Vicenza, 29 ottobre 2013 Daniela Sbrollini, 41 anni, deputata del Partito democratico, è l’unica dei dieci parlamentari vicentini alla seconda legislatura consecutiva. Inzia da lei il viaggio del Giornale di Vicenza alla scoperta del lavoro dei rappresentanti del Vicentino a Roma. Una serie di interviste che, ogni settimana, faranno il punto sull’attività svolta. Partiamo dal presente. A che cosa sta lavorando in questi giorni? Sto elaborando una proposta di legge con esperti in materia carceraria: è necessaria una riforma, oggi più che mai, perché non possiamo trovarci ogni cinque anni in emergenza e ricorrere ad amnistia o indulto. Napolitano sembra spingere in quella direzione. E il Pd sembra orientato a un sì a quelle misure d’emergenza. Il Capo dello Stato non ha detto esattamente quello, la sua relazione è molto più complessa. Io spero che nel partito si discuta a fondo. Ma se mi trovassi in aula a dover votare sì o no a proposte di amnistia o indulto, lo dico adesso: io voterò no. Perché? Perché, da cittadina e da parlamentare, non accetto l’idea di tappare un buco, di agire sulle emergenze. Serve invece una riforma di sistema delle carceri, che rimetta al centro il recupero del detenuto, che passi dalla depenalizzazione di alcuni reati, dalle pene alternative alla detenzione. Ho preso spunto dalla legge del Brasile che prevede possibilità di lavoro per i detenuti e programmi straordinari come la lettura in carcere. Un passo indietro: in 8 mesi di legislatura, quali sono stati i principali dossier su cui ha lavorato direttamente? In carrellata: femminicidio, ludopatie, fondi per la non autosufficienza, temi che abbiamo affrontato anche in Commissione Affari Sociali di cui sono vicepresidente. Sul femminicidio è stata approvata la legge. Contenta? Non è la migliore possibile, ma è un risultato. Sono stata prima firmataria di una proposta di legge, un lavoro che avevo iniziato nella scorsa legislatura. Che cosa ha fatto, finora, per l’economia vicentina? Un risultato che abbiamo ottenuto pochi giorni fa è la cassa integrazione in deroga per la Ceccato di Alte, un centinaio di lavoratori. Abbiamo seguito il percorso con i sindacati e attivandoci con il ministero del welfare. Restando alle ultime cose, con il collega Federico Ginato abbiamo incontrato lunedì Confartigianato Vicenza: vogliamo costruire anche insieme alle categorie gli emendamenti alla Legge di stabilità. Che voto dà a quella Legge? Sufficiente: 6. Dovremo migliorarla moltissimo in Parlamento. A inizio legislatura il Pd visse la drammatica crisi sul voto per il presidente della Repubblica. Lei votò per Marini? No, e lo dissi prima: al primo scrutinio votai Rodotà, motivando. Poi Prodi: non sono tra i 101 franchi tiratori. Fu quella la peggior performance del suo partito o critica altre azioni? Il peggior errore del Pd è stato l’aver fatto prevalere finora il correntismo, anche nelle decisioni d’aula, rispetto al merito delle questioni. Lei ha mai votato contro il suo capogruppo? Sei volte: me lo ha segnalato la ricerca di Openpolis. Ma su due piedi non ricordo i casi. Voti di coscienza, comunque. E il merito maggiore del Pd? L’aver sempre lavorato per dare forza a questo governo, che non è quello che speravo, ma è oggi l’unico possibile. A maggio Giachetti, del Pd, e 100 deputati presentarono una proposta di legge per abolire il Porcellum e tornare al Mattarellum. Letta si oppose e la legge non passò. Lei come votò? Ho fatto il digiuno con Giachetti, ma ho votato con Letta. Perché? Nel momento in cui il premier ha spiegato che in pochi mesi sarebbe stata messa in piedi una proposta di riforma elettorale organica, non c’era bisogno di altri percorsi. Anche perché non credo che il Mattarellum sia l’opzione migliore. Sono per le preferenze, ma ogni territorio deve avere la sua rappresentanza. Giustizia: Niki, trovato morto in carcere. La madre “inscenato finto suicidio” di Fabio Frabetti Affari Italiani, 29 ottobre 2013 “Cinque anni. Io sono ferma al 24 giugno 2008. Ad una tragedia che ci ha travolti e che dovrebbe far indignare chiunque in una società civile. La nostra politica si chiede ancora perché non ha più credibilità? Dov’è la giustizia? Qual’è la tutela per un cittadino?”. La vita di Ornella Gemini si è fermata a cinque anni fa. Quando ha saputo che suo figlio, Niki Aprile Gatti, era morto nel luogo che per definizione avrebbe dovuto essere quello più sicuro: il carcere. Si sarebbe suicidato a soli 26 anni dopo essere stato arrestato, insieme ad altre 17 persone, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze: l’inchiesta Premium portò in carcere noti imprenditori, personaggi in odore di malavita organizzata, tecnici informatici. Fece molto clamore all’epoca per poi dissolversi come una bolla di sapone con le principali persone coinvolte rimesse in libertà. Niki era un programmatore di una delle aziende incriminate per una serie di truffe legate alle numerazioni telefoniche a valore aggiunto con triangolazioni societarie tra Italia, San Marino e Londra. Il 19 giugno del 2008 il giovane riceve la telefonata della mamma del titolare della società per cui lavora: gli comunica che il figlio è stato arrestato e che c’è la necessità di incontrarsi con l’avvocato aziendale Franco Marcolini. Dopo essersi incontrato con il legale, Niki viene arrestato per frode fiscale. Invece che essere trasferito come prevede la prassi nel carcere di Rimini viene subito portato nel carcere di massima sicurezza di Firenze Sollicciano. Nell’interrogatorio di garanzia è l’unico degli arrestati a collaborare con i magistrati. Nonostante questo viene confermata la custodia cautelare in carcere. Per chi non ha collaborato si aprono invece le porte degli arresti domiciliari. Il 24 giugno Niki viene trovato impiccato ad una corda che sarebbe stata realizzata con strisce di jeans e lacci di scarpe nel bagno della cella numero 10, nella sezione IV del carcere fiorentino. “Ma quali strisce - racconta ad Affaritaliani.it la mamma Ornella - i jeans che aveva con sé erano completamente intatti. Mio figlio è stato trovato con addosso il pigiama e si sarebbe suicidato durante l’ora d’aria? Nessuno esce in pigiama durante l’ora d’aria”. La donna non crede minimamente all’idea che il figlio si sia tolto la vita: le stranezze di questa tragica storia sono tante. A cominciare dalle comunicazioni ufficiali che arrivano alla stessa madre. In un primo momento viene detto alla donna che il figlio si trova nel carcere di Rimini, dove in realtà non ha mai messo piede. Il mistero più intricato è legato ad un telegramma che sarebbe partito dalla casa di Niki e diretto allo stesso giovane che si trovava in carcere e per giunta in isolamento: la comunicazione, datata 20 giugno 2008, invitava perentoriamente il ragazzo a cambiare avvocato, indicando un avvocato del foro di Bologna. Chi aveva spedito quell’esortazione? Recentemente si è scoperto che era partita dallo studio del presidente di una finanziaria legata in qualche modo alla società per cui lavorava Niki. Un personaggio considerato un collaboratore dei servizi segreti. Trenta giorni dopo l’arresto, il marito di Ornella trova l’appartamento di Niki a San Marino completamente svaligiato. Spariscono tutti gli effetti personali, il computer, la corrispondenza. La Procura di San Marino spiega questo singolare episodio con l’intervento dell’ex fidanzata che si sarebbe riappropriata dei suoi oggetti. La stessa sede della società in cui lavorava Gatti viene ritrovata dal commissario liquidatore privata di ogni bene. La Procura archivia anche questa seconda stranezza esibendo due fatture con cui la società avrebbe venduto tutto. In realtà quei documenti sarebbero antecedenti la morte di Niki. La dinamica con cui il ragazzo si sarebbe suicidato desta più di un dubbio. Pesava 92 chili: lacci di scarpe possono sorreggere un peso simile? Alcuni detenuti e agenti penitenziari avrebbero descritto Niki sereno e tranquillo, desideroso di collaborare con i magistrati. “Vogliono farmi credere al suicidio - racconta sgomenta Ornella - ma nemmeno per un attimo ci ho creduto. Niki era consapevole della sua genialità, del suo riuscire a districarsi in ogni occasione, non aveva mai avuto problemi con la giustizia, non era mai entrato nemmeno in visita ad un carcere. Sapeva cose che non doveva rivelare? Possedeva cose che potevano aggravare la situazione dei 17 che erano già in carcere o di chi addirittura ci poteva finire? A cinque anni di distanza il mio dolore è cresciuto in modo esponenziale. L’hanno ucciso e hanno fatto sparire tutto proprio perché io non potessi arrivare a capire, certo se avessi avuto i suoi computer sarebbe stato diverso. Arriverà il momento in cui qualcuno dovrà dare tutte le risposte, io sarò qui ogni giorno della mia vita a ricordare mio figlio e tutto quello che ci è stato fatto, sarò attenta ad ogni particolare, finché avrò vita”. Negli ultimi mesi è nata l’ associazione “Niki Aprile Gatti Onlus” con lo scopo di realizzare numerosi progetti culturali e umanitari nel ricordo del ragazzo. Tra le prime iniziative quella di istituire un premio rivolto agli studenti dell’istituto Majorana di Avezzano con cui si assegnerà un riconoscimento a chi si distinguerà per attività progettuali particolarmente creative nell’ambito delle nuove tecnologie informatiche. Toscana: Emergenza Carceri, Brogi: “Misure alternative per i tossicodipendenti” www.gonews.it, 29 ottobre 2013 “Grazie alla Fini-Giovanardi il 25% dei detenuti regionali sono stati internati per reati legati agli stupefacenti”. Un’idea che parte dalla Toscana, e potrebbe essere presa a modello da altre Regioni, per tamponare l’emergenza carceri in attesa di provvedimenti da parte del Governo e di un’urgente riforma del sistema giudiziario e penitenziario. Un progetto, con la collaborazione del Coordinamento Nazionale delle comunità di accoglienza, proposto dal presidente della Regione Enrico Rossi per trasferire 300 detenuti tossicodipendenti dalle carceri toscane ai domiciliari o all’affidamento in prova in strutture di recupero. “La direzione è quella giusta” - commenta il consigliere regionale Pd Enzo Brogi - “i detenuti tossicodipendenti devono poter accedere a misure alternative al carcere, che prevedano percorsi di recupero specifici. La proposta che il presidente Rossi lancia al ministro Cancellieri può favorire questo percorso per 300 detenuti toscani e dare una boccata d’aria alle nostre carceri sovraffollate”. “Voglio ribadire che per effetto delle norme della Fini-Giovanardi, anche in Toscana quasi un quarto dei detenuti si trova in carcere per reati legati agli stupefacenti, in molti casi reati di lieve entità e pericolosità sociale. Quindi benissimo la proposta del presidente Rossi, ma anche dalla nostra Regione deve continuare la pressione sul Governo, oltre che per un’urgente superamento della Fini-Giovanardi, anche per mettere fine all’abuso della carcerazione in attesa di giudizio, che riguarda il 40% dei detenuti italiani, per un maggiore ricorso alle pene alternative e perché all’interno delle carceri si possa lavorare e cercare il reinserimento nella società. Solo con questi elementi l’Italia potrà finalmente avere carceri degne di un civile paese europeo”. Rossi: tossicodipendenti in strutture di accoglienza Primi consensi per la proposta lanciata oggi dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi sul tema della carceri. L’idea del governatore, lanciata in una intervista su La Nazione, è quella di risolvere il problema del sovraffollamento carcerario trasferendo in breve tempo i detenuti tossicodipendenti in strutture di accoglienza più adeguate, con la collaborazione della Regione. Sostegno alla proposta arriva in primis dai Radicali. Secondo il consigliere provinciale fiorentino Massimo Lensi e il segretario dell’associazione radicale “Andrea Tamburi” Maurizio Buzzegoli “l’iniziativa del presidente Rossi ci sembra un buon primo passo per cominciare a risolvere la drammaticità delle strutture penitenziarie toscane, che risultano fra le peggiori d’Italia. Auspichiamo che questa forte presa di posizione venga seguita dagli altri presidenti delle altre regioni affinché questo messaggio di cambiamento condizioni il Parlamento italiano ad approvare un provvedimento di amnistia”. Per il consigliere regionale di Più Toscana-Fdcp Gian Luca Lazzeri “per svuotare le carceri basta trovare una sistemazione alternativa ai detenuti in attesa di giudizio. E questa struttura di “carcere attenuato” potrebbe essere per esempio la Villa dell’Ambrogiana a Montelupo Fiorentino quando non ospiterà più l’ospedale psichiatrico giudiziario”. “Se guardiamo al solo carcere di Sollicciano - prosegue Lazzeri - nonostante la capienza sia di 520 detenuti, in realtà le persone imprigionate sono quasi il doppio. E un terzo di queste è ancora in attesa di giudizio”. Di qui l’idea di realizzare “una struttura di carcere attenuato dove trasferire quei detenuti che non hanno ancora ricevuto una condanna in via definitiva e che quindi sono innocenti fino a sentenza di condanna passata in giudicato”. Quasi un terzo dei detenuti sono tossicodipendenti In Italia quasi un detenuto su tre è tossicodipendente. Secondo gli ultimi dati, siamo uno tra i paesi al mondo con la percentuale più alta di tossicodipendenti - o comunque di persone che consumano droga - in carcere: attualmente circa il 30% dei 66 mila detenuti sono consumatori di sostanze stupefacenti, percentuale che raggiunge il 50% tra i 27 mila detenuti in attesa di giudizio. Un dato che nelle ultime settimane, soprattutto dopo l’appello del capo dello Stato a risolvere il problema del sovraffollamento carcerario, sta tornando sempre più spesso alla ribalta con numerose proposte, da più parti, di cercare proprio in una diversa collocazione dei detenuti tossicodipendenti uno dei modi per “sfoltire” gli istituti di pena. Al recente congresso di Federserd, l’organizzazione che raggruppa i professionisti delle dipendenze che lavorano nel servizio pubblico, il responsabile della sanità penitenziaria di Padova, Felice Nava, aveva spiegato che portare i tossicodipendenti fuori dal carcere, cioè in comunità terapeutiche o nei Servizi per le dipendenze, oltre a contribuire a risolvere il problema del sovraffollamento carcerario potrebbe far risparmiare oltre la metà della spesa attuale. L’esperto ha citato uno studio Usa, secondo il quale ogni dollaro speso nelle strutture riabilitative esterne al carcere è capace di diminuire di 14 volte la spesa legata ai reati connessi con i problemi di alcol o tossicodipendenza. Rapportato al caso italiano, se ogni detenuto in carcere costa circa 200 euro al giorno (stime Dap), la cifra si dimezza (80-100 euro) se a ospitarlo è una comunità. Toscana: trasferire i detenuti in attesa di giudizio a Opg Moltelupo Adnkronos, 29 ottobre 2013 “Per svuotare le carceri? Basta trovare una sistemazione alternativa ai detenuti in attesa di giudizio. E questa struttura di “carcere attenuato” potrebbe essere per esempio la Villa dell’Ambrogiana a Montelupo Fiorentino quando non ospiterà più l’ospedale psichiatrico giudiziario”. E’ l’idea lanciata già da qualche settimana dal consigliere regionale di Più Toscana-Federazione dei Cristiano Popolari, Gian Luca Lazzeri. Un’idea rilanciata all’indomani della presa di posizione del presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, che punta a trasferire 300 detenuti tossicodipendenti in strutture alternative nel giro di sei mesi. “Se guardiamo al solo carcere di Sollicciano - prosegue Lazzeri -, nonostante la capienza sia di 520 detenuti, in realtà le persone imprigionate sono quasi il doppio. E un terzo di queste è ancora in attesa di giudizio”. Di qui l’idea di realizzare “una struttura di carcere attenuato dove trasferire quei detenuti che non hanno ancora ricevuto una condanna in via definitiva e che quindi sono innocenti fino a sentenza di condanna passata in giudicato”. Una struttura che potrebbe essere benissimo la Villa dell’Ambrogiana a Montelupo Fiorentino, attualmente adibita a Ospedale psichiatrico giudiziario, ma che rimarrà presto “orfana” della propria funzione. “Convertire l’Ambrogiana da opg a carcere attenuato, oltre a rappresentare una scelta di civiltà e una boccata d’ossigeno per le carceri toscane, garantirebbe anche il riassorbimento del personale in forza all’Opg. Non ci dimentichiamo che gran parte degli attuali lavoratori hanno scelto Montelupo e le zone limitrofe come casa”. La decisione sulla destinazione dell’Opg, come prevede l’attuale normativa, sarà assunta dalla Regione Toscana insieme al Ministero competente, ossia, in questo caso, quello di Grazia e Giustizia. Ma, a causa della delibera regionale 175, la Giunta, “in virtù dell’ubicazione e del carattere storico dell’edificio”, definirà la futura destinazione della Villa dell’Ambrogiana coinvolgendo anche il Comune di Montelupo. “Peccato che il sindaco montelupino, rivendicando che si tratta di un monumento di portata storica e artistica, chiede il ritorno ad un utilizzo a fini civili. Perciò - conclude Lazzeri - ho presentato una mozione in Consiglio regionale per obbligare la Giunta a rappresentare al Ministero di Grazia e Giustizia l’esigenza e l’opportunità di riconvertire l’Opg in struttura detentiva attenuata per i detenuti in attesa di giudizio”. Emilia Romagna: riabilitazione dal carcere, cinque appuntamenti teatrali di Ambra Notari Affari Italiani, 29 ottobre 2013 Cinque appuntamenti teatrali, dal 30 ottobre al 16 novembre, realizzati con i detenuti delle carceri dell’Emilia-Romagna: è il nuovo cartellone di “Teatro Carcere”. Tre spettacoli andranno in scena nelle case circondariali - Bologna, Ferrara, Reggio Emilia -, due all’esterno - al Teatro dei Segni di Modena e alla Fabbrica delle Candele di Forlì. Il progetto, realizzato dal Coordinamento Teatro Carcere Emilia Romagna con il sostegno della Regione, mette in rete, per la prima volta, le carceri di Bologna, Ferrara, Forlì e Reggio Emilia, la casa di reclusione di Castelfranco Emilia e gli istituti penitenziari di Parma, per un totale di 150-180 detenuti coinvolti con modalità differenti. “Sono orgogliosa della collaborazione - commenta Teresa Marzocchi, assessore regionale alle Politiche Sociali - a maggior ragione in considerazione del fatto che quest’anno è contestualizzato in un lavoro nelle carceri emiliane dal titolo “Per l’umanizzazione della pena” portato avanti con il provveditore generale per il riordino del circuito penitenziario”. Un modo per sottolinearne il valore riabilitativo. “L’esperienza artistica non solo può essere uno spunto per un futuro lavoro, ma anche una tecnica di ricerca in se stessi”, spiega Massimo Mezzetti, assessore regionale alla Cultura e Sport, partner del progetto. L’appuntamento è al terzo anno: per dimostrare quanto questa attività sia importante in sé, slegata dai singoli che la interpretano, i direttori delle esperienze per gli spettacoli di Bologna e Ferrara (Paolo Billi e Horacio Czertok) hanno lasciato il passo ad altri operatori per le regie: un investimento sul futuro, un percorso di formazione. “Tutto si basa sulle sinergie - racconta Cristina Valenti, consulente scientifico di “Teatro Carcere” -, a partire da quella tra i 2 assessorati fino al coinvolgimento delle 6 case circondariali: questo ci ha permesso di creare un vero e proprio cartellone, come una qualsiasi altra rassegna. L’unica differenza è che noi siamo itineranti. Quest’anno la nostra avventura torna ad aprirsi all’esterno: dentro o fuori, tra pubblico e detenuti si abbatte una soglia”. Diversi i linguaggi teatrali scelti: dal teatro di figura alla drammaturgia d’autore; da quello partecipativo a quello di forte impronta registica. Studi, prove aperte, laboratori: un approccio alla diversità anche formale. Il coordinamento promuove anche Quaderni di Teatro in Carcere, un’uscita a cadenza annuale in cui è raccolto tutto il materiale prodotto nell’anno. Impossibile non citare le 2 fortunatissime esperienze cinematografiche che hanno rianimato la discussione sul tema, “Reality” di Matteo Garrone, interpretato da Aniello Arena, attore condannato all’ergastolo, e “Cesare deve morire” dei fratelli Taviani, la narrazione della messa in scena del Giulio Cesare shakespeariano da parte dei carcerati di Rebibbia: “Sarebbe bellissimo che, dopo il grande interesse suscitato da quei film, ora potessero essere le vere esperienze teatrali a fare notizia: sarebbe un enorme traguardo”. Gli spettacoli hanno modalità d’accesso differenti: per info info@teatrocarcere-emiliaromagna.it. Ferrara: detenuto muore in carcere, era in sciopero della fame www.estense.com, 29 ottobre 2013 Detenuto 81enne muore dopo sciopero della fame. Trovato nella sua cella. Era in carcere per un reato di abuso sessuale. È morto sabato mattina nel carcere dell’Arginone di Ferrara un detenuto di 81 anni di origini calabresi. L’uomo, in prigione per espiare una condanna per abusi sessuali, era recluso nella sezione di sicurezza, separato dagli altri detenuti. È qui che è stato trovato, nella sua cella, attorno alle 7 di mattina, dagli agenti di polizia penitenziaria. Nonostante il tempestivo tentativo di rianimarlo da parte dei soccorsi, per l’uomo non c’è stato nulla da fare. L’anziano aveva iniziato una decina di giorni fa lo sciopero della fame. Lo rende noto il Sappe, che riferisce come le cause della morte sembrerebbero essere naturali. “In “Emilia-Romagna - ricorda il sindacato di polizia penitenziaria - ci sono più di 3.800 detenuti, a fronte di una capienza di 2.400 posti, e mancano oltre 600 appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria nei vari ruoli”. Cagliari: giovedì la consegna del carcere di Uta, ma la struttura non è agibile L’Unione Sarda, 29 ottobre 2013 “Il villaggio penitenziario di Uta non è ancora agibile in quanto alcune strutture non sono completate. Ciononostante è prevista per giovedì 31 ottobre la prima consegna al ministero della Giustizia dei padiglioni nell’area industriale di Cagliari-Macchiareddu”. A denunciarlo è Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”. “Da quel momento - spiega - il ministero delle Infrastrutture declinerà le responsabilità sugli edifici sui quali vigilerà la Polizia Penitenziaria. Inizierà così la nuova era della detenzione oltre le mura di Buoncammino, ma la caserma e la mensa degli agenti non sono ancora completati e saranno necessari ancora alcuni mesi di lavoro prima di poterlo considerare terminato. Non si comprende quindi perché il ministero delle Infrastrutture abbia consegnato solo una parte degli edifici peraltro privi di collaudo”. Secondo Caligaris, “nelle scorse settimane sono stati assegnati al nuovo carcere di Cagliari una quarantina di agenti per rafforzare l’organico che nel villaggio penitenziario saranno circa 350, 150 in più rispetto a quelli attualmente a Buoncammino. Il trasferimento a Uta dei cittadini privati della libertà avverrà probabilmente nella prossima primavera anche se nel frattempo dovrà essere chiarito quale sarà il destino dei detenuti dell’alta sicurezza che rischiano da un giorno all’altro di dover lasciare Buoncammino nonostante stiano seguendo terapie prenotate da molto tempo o abbiano necessità di effettuare visite per ottenere il riconoscimento della pensione di invalidità o infine stiano seguendo percorsi rieducativi importanti”. Comunicato stampa Socialismo Diritti Riforme “E’ prevista per giovedì 31 ottobre la prima consegna al Ministero della Giustizia dei padiglioni del Villaggio Penitenziario di Uta, nell’area industriale di Cagliari-Macchiareddu. Da quel momento il Ministero delle Infrastrutture declinerà le responsabilità sugli edifici sui quali vigilerà la Polizia Penitenziaria. Inizierà così la nuova era della detenzione oltre le mura di Buoncammino”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, sottolineando che “la consegna degli immobili non coincide però con la loro disponibilità”. “Il Villaggio Penitenziario non è ancora agibile - evidenzia Caligaris - in quanto diverse strutture, come la caserma e la mensa degli Agenti, non sono ancora completati e saranno necessari ancora alcuni mesi di lavoro prima di poterlo considerare terminato. Non si comprende quindi perché il Ministero delle Infrastrutture abbia consegnato solo una parte degli edifici peraltro privi di collaudo”. “E’ tuttavia ragionevole ritenere che il passaggio di consegne sia soprattutto legato - rileva la presidente di SdR - all’esigenza di garantire una costante sicurezza. Gli Agenti infatti dovranno assicurare giorno e notte il controllo effettuando i turni di guardia sulle mura di cinta. Nelle scorse settimane del resto sono stati assegnati al nuovo carcere di Cagliari una quarantina di Agenti per rafforzare l’organico che nel Villaggio Penitenziario saranno circa 350, 150 in più rispetto a quelli attualmente a Buoncammino. L’organizzazione del lavoro determinerà anche la necessità di disporre di un Comandante e di due Vice. Resterà invece immutato il numero degli educatori nonostante quello dei detenuti sia destinato ad aumentare”. “Il trasferimento nel “Villaggio Penitenziario” dei cittadini privati della libertà avverrà probabilmente nella prossima primavera anche se nel frattempo dovrà essere chiarito quale sarà il destino dei detenuti dell’alta sicurezza che rischiano da un giorno all’altro di dover lasciare Buoncammino nonostante stiano seguendo terapie prenotate da molto tempo o abbiano necessità di effettuare visite per ottenere il riconoscimento della pensione di invalidità o infine stiano seguendo percorsi rieducativi importanti. Il trasferimento metterà a dura prova anche la continuità dell’impegno dei volontari. La distanza da Cagliari comporterà un dispendio di tempo, energie e denaro che non tutti saranno in grado di sostenere annullando in molti casi la possibilità per i detenuti di effettuare colloqui o ottenere un aiuto per impellenti necessità. L’impegno dei volontari abbraccia anche i familiari in occasione dei colloqui che, per decisione del DAP, saranno quotidiani, ai quali viene fornita assistenza prima dell’ingresso al “Villaggio” ancora ubicato in una landa deserta e di non facile raggiungimento dal centro della città. Gorizia: Gratton (Sel); carcere obsoleto, cade a pezzi anche con ristrutturazione iniziata Messaggero Veneto, 29 ottobre 2013 Il consigliere regionale, Alessio Gratton (Sel), si è recato in visita al carcere di via Barzellini. “Quella che ho visitato - ha affermato - è una struttura obsoleta, che letteralmente cade a pezzi, anche se dopo anni di tribolazioni è partita la ristrutturazione ancora parziale e che vedrà la conclusione del primo lotto la prossima primavera. Ma, a mio modo di vedere, questo non può essere sufficiente. Una struttura pensata agli inizi del 900 non può ancora essere funzionale agli scopi che si prefigge di rieducazione e reinserimento nella società dei detenuti”. Continua il consigliere: “Anche dalle parole degli stessi operatori di sicurezza è emersa chiaramente una sensazione di disagio, come se quel luogo potesse limitare quella che dovrebbe essere l’attività di recupero del detenuto. Ciononostante essi svolgono egregiamente il loro lavoro pur tra mille difficoltà. La verità è che il problema sta a monte, a livello legislativo, se le carceri sono sovraffollate e non più funzionali: o si comincia a rivedere la classificazione dei reati, e quindi la depenalizzazione dei reati minori, o la situazione peggiorerà inevitabilmente”. Gratton si è soffermato su quello che la Regione può fare al momento: “Abbiamo già presentato una mozione che verrà discussa la prossima settimana in consiglio regionale, la quale chiede innanzitutto di far tornare in capo alla sanità regionale la gestione del servizio sanitario penitenziario, come hanno già peraltro fatto molte altre regioni, in modo da avere un controllo diretto. Questo passo rappresenta un primo atto di civiltà al quale ne dovranno seguire altri a livello nazionale”. Parma: 10 borse di studio da 1000 euro per i detenuti di via Burla www.parmatoday.it, 29 ottobre 2013 Un accordo tra Provincia, Comune, Università, Opera Pia Ss. Trinità, Fondazione Mario Tommasini e Caritas diocesana che permetterà a 10 detenuti del carcere di via Burla di usufruire di altrettante borse di studio annuali del valore di 1.000 euro ciascuna. Permettere anche ai detenuti di potersi laureare, in modo che possano proseguire nella propria formazione, coltivare gli interessi personali, accrescere la cultura e reinserirsi più facilmente all’interno della società civile, una volta scontata la pena. È questo l’obiettivo del protocollo siglato questa mattina nell’Ente di piazza della Pace da Provincia, Comune di Parma, Opera Pia Ss. Trinità, Fondazione Mario Tommasini e Caritas diocesana di Parma, che metteranno a disposizione ciascuno 2mila euro, e l’Università degli studi di Parma: un accordo che permetterà a 10 detenuti del carcere di via Burla di usufruire di altrettante borse di studio annuali, del valore di 1.000 euro ciascuna. “Con questa iniziativa si apre finalmente uno dei possibili dialoghi tra il territorio e il carcere, andando a sostenere quei detenuti che hanno deciso di studiare e che probabilmente hanno fatto una scelta diametralmente opposta alla loro vita precedente - ha detto l’assessore provinciale alle Politiche sociali Marcella Saccani -. Grazie alle borse di studio aiuteremo queste persone ad avere una speranza per un futuro diverso”. “Non è raro avere detenuti che frequentano i corsi universitari ma questa iniziativa aggiunge qualcosa in più: offre una cornice istituzionale a un rapporto individuale che esiste tra studente detenuto e università - ha affermato il rettore dell’Università di Parma Gino Ferretti -. Un atto concreto che istituzioni, università e associazioni danno a queste persone: un atto che speriamo rappresenti un contributo importante per la loro vita”. “I 10mila euro complessivi saranno girati all’Università, che aprirà un bando per trovare i 10 studenti più meritevoli - ha spiegato l’assessore al Welfare del Comune di Parma Laura Rossi -. I finanziamenti potranno essere utilizzati nell’anno 2013/2014 per coprire le spese di iscrizione, acquistare materiale didattico, e per ogni altro costo sostenuto dallo studente che sia inerente al percorso di studio”. Gli studenti detenuti potranno così contare su un appoggio economico importante, che si aggiunge all’aiuto prezioso di tanti volontari che fanno da tramite tra il carcere e l’Università. “Questa idea è nata dalla Rete carcere, composta da una quarantina di volontari, per cercare di aiutare una ventina di detenuti che stanno facendo un percorso di recupero attraverso lo studio”, ha sottolineato il volontario Luigi Menozzi. Diverse le facoltà dell’Università di Parma a cui sono iscritti i detenuti: da matematica a biologia, da lettere a scienze gastronomiche, da ingegneria informatica a beni artistici, da economia a veterinaria. Ciascuna realtà coinvolta ha deciso di intitolare le proprie borse di studio a persone che si siano distinte nel proprio campo in tema di educazione, legalità, giustizia sociale, tutela dei detenuti e dei più deboli. In particolare, le due borse di studio messe a disposizione dalla Provincia saranno intitolate a Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso dalla mafia che, ha osservato Saccani, “vuole essere un simbolo di un uomo che ha fatto scelte coraggiose”; quelle del Comune a Filippo Linati, il conte che nel 1800 si era impegnato ad aiutare le persone in uscita dal carcere attraverso il lavoro; quelle della Fondazione Tommasini sono invece dedicate a Mario Tommasini, come ha sottolineato il presidente della Fondazione Bruno Rossi: “Tommasini ha dedicato la sua vita ad abbattere le catene di qualsiasi genere e non poteva mancare anche l’attenzione per i carcerati: portava infatti un gruppo di detenuti a fare lavori utili per la città”. Le due borse di studio della Caritas sono intitolate a Beata Maria Adorni, come ha spiegato Maria Cecilia Scaffardi direttrice della Caritas Diocesana di Parma: “Questo progetto è avvenuto in concomitanza con la beatificazione di Maria Adorni e volevamo che questo importante avvenimento lasciasse qualcosa di tangibile nella città. Una donna carismatica che già nell’800 entrava nel carcere femminile”. Infine, le borse di studio dell’opera Pia sono intitolate a Giambattista Baiocchi, che è stato a lungo nel consiglio dell’associazione. “Abbiamo pensato di ricordarlo con questo importante progetto - ha detto il presidente dell’Opera Pia Ss. Trinità Mario Valla -. Un’iniziativa che speriamo permetta ai detenuti di avere più possibilità di reinserirsi nella vita civile”. Brescia: M5S visita carceri, raccolte richieste detenuti su assistenza sanitaria www.bsnews.it, 29 ottobre 2013 Quest’oggi le portavoce del Movimento 5 Stelle Lombardia della Commissione speciale carceri Paola Macchi e Iolanda Nanni hanno visitato per una visita ispettiva, insieme ai componenti della Commissione Carceri, la Casa Circondariale di Canton Mombello e la Casa di Reclusione di Verziano per verificare le condizioni di vita dei detenuti. “Reputiamo apprezzabile lo sforzo della Direttrice della Casa Circondariale di Canton Mombello - dichiara Paola Macchi - nel rendere dignitose le condizioni di vita dei detenuti di uno dei carceri più sovraffollati e più vecchi della Lombardia. E’ stata infatti presa la decisione di aprire le celle dalle 8,30 del mattino fino alle 17, celle che sono anguste stanze in cui vivono fino a 5 detenuti con letti a castello fino a tre piani. Ciò ha consentito ai detenuti di poter circolare nei corridoi, anche se il problema di spazi aperti adeguati permane. Certo, la soluzione è temporanea e il Ministero di Giustizia si deve attivare al più presto garantendo fondi per l’ampliamento e la riqualificazione di una struttura di un secolo fa che non ha mai ricevuto dal 1914 ad oggi interventi di ristrutturazione complessiva.” “Abbiamo recepito - dichiara Iolanda Nanni - le istanze dei detenuti e della Direttrice del carcere affinché Regione Lombardia si faccia parte attiva sia per quanto riguarda l’assistenza sanitaria sia per fornire più aiuti ai Comuni per avviare i detenuti ai lavori non remunerati, in vista di una reintegrazione sociale e lavorativa. La concezione ospedalocentrica non consente infatti una presa in carico del paziente detenuto, manca un medico che garantisca continuità terapeutica e drammatico è il caso di cui ci ha parlato la Direttrice relativo alla morte, il 25 ottobre scorso, di un detenuto extracomunitario colpito da AIDS il quale, ricoverato dal 1 settembre aveva una cartella clinica in cui si evidenziava il passaggio di mano da un medico all’altro con una discontinuità tale da non far emergere la patologia che ha causato il decesso.” Le consigliere hanno poi visitato il carcere di Verziano, uno dei così detti Carceri d’oro, costruito nel 1982 e con molti meno detenuti ma ciononostante in stato di degrado. Qui gli spazi ci sono, anche un grande campo da calcio ed una serra in disuso, ma lo stato di manutenzione della struttura lascia molto a desiderare, si osserva una scarsa pulizia negli spazi comuni ed è tato segnalato dalla Direttrice che da due anni chiede fondi per ristrutturare la cucina, che ha un unico scarico, peraltro guasto, con residui d’acqua sul pavimento che rendono urgente un intervento da parte dell’ASL che e’ già da tempo stata informata dalla stessa direttrice del carcere. Napoli: Gasparri visita Poggioreale “pensare anche alla polizia penitenziaria” Ansa, 29 ottobre 2013 Dalla drammatica situazione delle carceri al futuro del centrodestra nazionale: la giornata napoletana di Maurizio Gasparri è iniziata, questa mattina, con una ispezione nel carcere di Poggioreale, ma ha toccato anche i temi di più stringente attualità. Nella casa circondariale partenopea, il senatore del Pdl ha incontrato i rappresentanti dei sindacati della polizia penitenziaria e visitato la struttura. “Si parla spesso di sovraffollamento e di problemi dei detenuti - ha detto Gasparri - ma non si presta mai la giusta attenzione al personale che opera nelle carceri”. Gasparri si è soffermato, in particolare, sulle emergenze “in termini di impiego, di organici, di stress” della polizia penitenziaria: una situazione, secondo il parlamentare, che va “affrontata, anche in sede di legge di stabilità, affinché non venga bloccato il turn-over del personale”. “Col governo Berlusconi - ha continuato l’ex ministro delle Comunicazioni - avevamo garantito assunzioni in cambio dei pensionamenti, ma poi il Governo Monti, che ha determinato un’altra catastrofe, ha bloccato tutto determinando un impoverimento degli organici”. Nel capoluogo campano, Gasparri ha anche parlato del futuro del centrodestra. Soprattutto ora che si profila un ritorno a Forza Italia. “Vanno garantiti il rispetto del merito, la partecipazione, l’apertura alla società civile”, ha sottolineato ancora l’esponente di Palazzo Madama, per il quale non è tanto il nuovo nome del partito a dover preoccupare quanto la futura organizzazione. “Credo - ha concluso il senatore - che anche Berlusconi, la cui leadership nessuno contesta, vorrà che i tentativi di tenere unite tutte le forze del partito vadano a buon fine”. Torino: Progetto Parol, due giorni di formazione su teatro sociale e carceri di Pietro Tartamella (Direttore artistico Cascina Macondo) Immigrazione Oggi, 29 ottobre 2013 Si è conclusa a Cascina Macondo venerdì 25 ottobre 2013, alle ore 18.45, la conferenza stampa dedicata al progetto europeo Parol - scrittura e arti nelle carceri, oltre i confini, oltre le mura. Il progetto, approvato dalla Commissione europea il 28 febbraio 2013, è finalmente stato attivato agli inizi del mese di ottobre anche nelle carceri di Torino e Saluzzo. Si tratta di un innovativo progetto di cooperazione internazionale della durata di tre anni che aspira a costruire connessioni creative tra il sistema penitenziario e la società, promuovendo i valori dell’inclusione e della cittadinanza e il reinserimento dei detenuti a livello europeo. Nell’ambito del progetto, Cascina Macondo ha programmato per sabato 23 e domenica 24 novembre 2013, in collaborazione con l’Università di Torino, una formazione di due giorni aperta ai propri docenti e a tutti colori che sono interessati alle tematiche del teatro sociale e delle carceri: formatori, educatori, attori, psicologi. Un ricco e stimolante programma: Storia, tecniche, dinamiche, stili e prospettive del Teatro Sociale e di Comunità (Alessandra Rossi Ghiglione, docente di Teatro Sociale e di Comunità presso le università di Torino, Milano, Brescia, ideatrice con Alessandro Pontremoli del “Master di Teatro Sociale” presso l’università di Torino attivo dal 2001) - Esperienze di Teatro Sociale (Vito Minoia, direttore dal 1996 con Emilio Pozzi della rivista europea Catarsi-Teatri delle diversità, docente di teatro di animazione alla facoltà di scienze della formazione “Carlo Bo” di Urbino) – Corpo recluso o corpo errante, seminario teorico pratico sul fare teatro in carcere (con Grazia Isoardi, fondatrice dell’associazione Voci Erranti che da molti anni lavora nell’ambito del Teatro con i detenuti di Saluzzo) - Organizzazione del carcere, diritti e doveri dei detenuti (Davide Sannazzaro, Responsabile dell’Area Educativa della Casa di Reclusione di Saluzzo) – Esperienza didattica nel carcere di Tilburg-Olanda e nel carcere di Dendermonde-Belgio (Cascina Macondo: Annamaria Verrastro, Pietro Tartamella) – Il ruolo dell’educatore in carcere - relazioni e dinamiche “con” e “tra” i detenuti (Valentina Guastella, funzionario giuridico pedagogico nel carcere Lorusso-Cutugno di Torino). Costo del seminario formativo euro 40. Iscrizioni sino a esaurimento posti. Per chi ne fa richiesta attestato di frequenza. Per il programma dettagliato, visita il sito. Bologna: la libertà passa da una rosticceria, la scommessa di due ex detenuti di Lorenza Pleuteri La Repubblica, 29 ottobre 2013 Gianfranco Marcelli e Franco Alfonso, sostenuti dall’associazione “Chiusi fuori” si rimettono in careggiata partendo dalla gestione del locale di via Petroni. Giovedì l’inaugurazione. Manca solo l’insegna. Passa da una rosticceria affacciata su via Petroni, nel cuore del quartiere universitario, la scommessa di Gianfranco Marcelli, Franco Alfonso e di tutte le persone che li stanno sostenendo, riunite nell’associazione “Chiusi fuori”. L’espressione, nel lessico ironico della galera, indica chi è stato scarcerato e ributtato in un mondo ostile, inaccessibile. Ed è questo, leggendo la situazione in positivo, che rende speciale la sfida dei due amici. Saranno loro a gestire l’esercizio commerciale, in locali messi a disposizione dal titolare del contratto d’affitto. Un neo ristoratore sta scontando la parte finale della pena in affidamento in prova ai servizi sociali, misura alternativa che consente di costruire percorsi di reinserimento con la supervisione degli operatori pubblici. Il collega è tornato in libertà da poco, al termine di una lunga condanna. Entrambi sono decisi a mettercela tutta, per diventare un esempio trainante. “Le difficoltà economiche e burocratiche - racconta l’avvocato Chiara Rizzo, legale di uno dei due uomini e collaboratrice esterna dell’associazione - sono state parecchie. Ma la magistratura di sorveglianza si è dimostrata attenta e anche un po’ coraggiosa: di solito gli “affidati” trovano lavoro dai privati, in questo caso invece hanno dato vita a un’iniziativa autonoma. Resta da sistemare qualche dettaglio, come la collocazione della nuova insegna. E’ da definire il tipo di contratto che sarà stipulato. Ma la macchina è stata messa in moto. E giovedì, alle 18.30, ci sarà l’inaugurazione ufficiale”. Al taglio del nastro parteciperanno i soci “liberi” di Chiusi fuori. Nell’associazione, oltre a detenuti e ex detenuti, c’è una rappresentanza della società esterna solidale: un ingegnere, un bancario, due ricercatori universitari. Sassari: scoppia la rissa tra detenuti, ferito anche un agente penitenziario di Antonio Muglia www.sassarinotizie.com, 29 ottobre 2013 Una violenta rissa è scoppiata stamattina nel carcere di Bancali. Diversi detenuti sono finiti all’ospedale, così come un agente della polizia penitenziaria intervenuto per sedare la zuffa ma rimasto lui stesso vittima di un’aggressione. Secondo Domenico Nicotra, segretario generale aggiunto dell’Osapp, l’organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria, l’agente è stato colpito a ai testicoli. “Ci sono ancora criticità nel mondo penitenziario sardo e come sempre a subirne le conseguenze è il personale del corpo di polizia penitenziaria” ha detto Nicotra, che pone l’accento sulla ormai inevitabile necessità di rivedere le modalità per assicurare l’esecuzione della pena ed il ruolo della polizia penitenziaria che essendo sempre e solamente l’unica figura professionale a contatto con i detenuti è sempre l’unica a subirne le conseguenze. “Anche questa volta - dice il segretario Osapp - a seguito di una rissa sviluppatasi nei cortili passeggi del carcere di massima sicurezza di Sassari a pagarne dazio è stato il poliziotto penitenziario di servizio al controllo passeggi che è stato aggredito subendo un calcio nei genitali”. Secondo Nicotra è necessario “che venga rivisto il modo di assicurare la sicurezza penitenziaria perché continuando di questo passo si dovrà solo aspettare che avvenga il prossimo evento critico e capire che conseguenze riporterà il poliziotto di turno”. Tore Piana, del Centro democratico, riferisce che i detenuti feriti sono stati trasportati al pronto soccorso a bordo di tre differenti ambulanze. Il dirigente del partito ha criticato l’Asl di Sassari per non aver ancora attivato il Ppi, il punto di primo intervento, “obbligatorio per legge”. “La situazione nel carcere di Bancali è sempre più esplosiva a seguito della disorganizzazione sanitaria e delle inadempienze da parte dell’Asl n° 1 - ha detto Piana - il decreto legge 140/2011, modificati in Decreto del presidente della Repubblica, dà precise indicazioni alla Regione Sarda per predisporre le linee guida all’interno delle carceri dove con 200 carcerati obbliga l’Asl ad istituire un Ppi (punto di primo intervento in H24) con due infermieri per medico: ad oggi la Asl di Sassari non l’ha istituito”. Trani: lavori di manutenzione in città, la giunta approva l’impiego di detenuti www.radiobombo.com, 29 ottobre 2013 La giunta comunale ha ufficialmente approvato l’atto d’indirizzo che assegna al dirigente competente il compito firmare la convenzione e programmare, insieme con la direzione delle case circondariali di Trani, i lavori di minuto mantenimento a cura dei detenuti del carcere maschile. L’idea, che il sindaco Gigi Riserbato aveva già pubblicamente anticipato nel corso di una trasmissione radiofonica alcune settimane fa, è stata confermata e rilanciata ieri, a margine della presentazione del progetto «Ripartiamo dalla pasta», che a sua volta ha avuto luogo nel carcere femminile. Il primo cittadino, per l’occasione, ha rivelato che l’esecutivo si apprestava ad approvare, come in realtà ha fatto, il relativo provvedimento. A quanto si è appreso, al momento è già pronto un detenuto straniero che svolgerà lavoro volontario gratuito per due giorni la settimana. A questo dovrebbero, presto, aggiungersi altre unità lavorative, sempre con le stesse modalità, in grado di costituire una piccola, ma efficiente squadra di minuto mantenimento. Ovviamente, a scendere in campo saranno persone ritenute affidabili sia da punto di vista della costituzione fisica, sia, soprattutto, sotto l’aspetto comportamentale. Il progetto, già da diversi anni, trova puntualmente forma con la partecipazione di alcuni reclusi alle operazioni di pulizia delle spiagge da parte di Legambiente. Adesso, però, si andrebbe verso una squadra sempre a disposizione della collettività, «poiché il cantiere comunale è ormai totalmente sprovvisto di dipendenti - spiega il sindaco -, e dobbiamo pensare a soluzioni alternative che assicurino la continuità di queste manutenzioni». È per questo che s’è pensato che un certo gruppo di detenuti effettuino queste operazioni, rendendo davvero un fondamentale e gradito pubblico servizio. E non sarebbero soltanto questi, peraltro, i lavori in cui impegnare questa manodopera: si pensa anche a pitturazioni di panchine e strisce pedonali, colmatura di buche stradali, lavori di minuta manutenzione in genere. Bologna: Cancellieri; la Dozza buona struttura, il Pratello invece potrebbe essere trasferito Ansa, 29 ottobre 2013 Una visita inattesa quella del ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri. L’ex commissario del Comune di Bologna (ai tempi delle dimissioni di Delbono) è tornata a Palazzo d’Accursio per incontrare il sindaco Virginio Merola. Al centro del faccia a faccia la situazione delle carceri in città: quello minorile del Pratello e la Dozza, per i quali è in vista un possibile restyling. “Il Pratello è una struttura storica - ha detto la Cancellieri - Bisogna fare un calcolo di fattibilità. Il patto per la giustizia prevede che entro fine mese ci incontreremo a Roma. L’aula bunker (in attesa di restauro, ndr) della Dozza è invece un caso molto semplice. La Dozza è un buon carcere, certo è sovra-numerato ma è di buona qualità. Ho dato mandato di intesificare l’attività sportiva in carcere”, ha aggiunto Cancellieri. Tra i progetti che potrebbero essere avviati nei prossimi mesi, la costruzione di un campo da calcio, dentro la Dozza. A confermarlo è il sindaco Merola, che ha definito la visita di Cancellieri “una rimpatriata cordiale e amichevole”. Poi, sulla situazione del Pratello, il sindaco ha detto: “C’è l’idea di spostarlo altrove e di impegnarlo in un progetto di valorizzazione che ospiti una casa-famiglia. Bisogna capire se conviene ristrutturarlo oppure no”. Né il ministro né il sindaco hanno voluto commentare la situazione dell’inchiesta che riguarda i nove capigruppo in Regione. Cancellieri ha avuto parole di grande apprezzamento per Bologna: “È sempre bella è un’emozione tornarci, ho fatto un giro e ho comprato dei tortellini. È stato un piacere”. Milano: Artwo presenta “Recupero”… quando il carcere fa bene (al design) www.arte.it, 29 ottobre 2013 A Milano il Triennale DesignCafé mette in mostra le opere di Artwo, realizzate dai detenuti di Rebibbia: ecco le immagini del backstage. Un percorso sul Design delle cose, selezionatissimo ma decisamente, engagé. Oggetti concepiti come “riutilizzi” da parte dei sedici nomi del design internazionale invitati, da Mendini a Ulian, da Della Ratta a Guerriero, con idee arrivate collaborando con i detenuti della Casa Circondariale di Rebibbia. Tutto questo è Recupero, titolo scelto da Valia Barriello – sì, proprio la boss del design su Artribune – con Silvana Annicchiarico, direttrice del Triennale design Museum, per la mostra proposta a Milano dal Triennale DesignCafé. Negli spazi conviviali del museo i sedici progetti (sedute, suppellettili, vasi, centrotavola, lampade, orologi e via discorrendo) raccontano l’iter dell’associazione Artwo, fondata da Luca Modugno nel 2005, impegnata nella realizzazione di oggetti in edizione limitata. Ciascuno dei manufatti, che sia in attesa di patronage industriale o meno, è stato composto da artisti e designer contemporanei per poi essere realizzato dai detenuti della Casa Circondariale di Rebibbia – Nuovo Complesso a Roma. Qui Artwo ha organizzato un laboratorio con gli strumenti necessari alla produzione degli oggetti e ha predisposto un periodo di formazione per i detenuti che hanno avuto modo di incontrare i creativi coinvolti. In questa occasione milanese, la curatrice – con la collaborazione di Olga Bachschmidt - ha scelto di approfondire il tema del recupero funzionale di oggetti d’uso comune dismessi e di prodotti semilavorati, coinvolgendo nomi noti e nomi emergenti del design internazionale come – oltre a quelli citati – Massimiliano Adami, Riccardo Dalisi, Sara Ferrari, Yonel Hidalgo. Inaugurazione: martedì 29 ottobre 2013 – ore 19. Dal 29 ottobre al 15 dicembre 2013. Recupero - Artwo: dentro e fuori le mura. Triennale DesignCafé a cura di Valia Barriello. Libri: “Urla a bassa voce. Dal buio del 41 bis e del fine pena mai” a cura di F. De Carolis 9Colonne, 29 ottobre 2013 “Urla a bassa voce. Dal buio del 41 bis e del fine pena mai” a cura di Francesca de Carolis, edito da Stampalternativa, raccoglie le testimonianze di 37 persone condannate ad un effettivo fine pena mai, ergastolo aggravato dall’ostatività, 37 voci di ergastolani, da decenni in carcere, quasi tutti passati per il carcere duro e il 41bis, senza prospettiva di uscirne. Pongono domande sul senso della pena, spunto per dialogare - sabato, alle 14.30, al Salone dell’Editoria Sociale, a Roma - con Stefano Anastasia di Antigone, Rita Bernardini dei Radicali italiani, la curatrice del libro Francesca de Carolis, l’editore Marcello Baraghini e Nadia Bizzotto della Comunità Papa Giovanni XXIII, intorno a una questione di cruciale importanza che rischia di essere messa in ombra dall’emergenza imposta dall’affollamento delle carceri, che pure esige soluzioni immediate. È di qualche settimana fa la presentazione della proposta di legge per l’abolizione dell’ergastolo da parte di due esponenti del Pd, mentre continua la raccolta di firme per il referendum radicale perché venga superato il concetto di pena come vendetta sociale: il dettato costituzionale vuole come finalità della detenzione la rieducazione del condannato, un principio di civiltà giuridica in chiara contraddizione con il carcere a vita e il “fine pena mai”. Intanto dalle mura di una pena infinita, continuano ad arrivare testimonianze che sono anche percorsi di scrittura che Stampalternativa ha deciso di accogliere. Televisione: domani sera l’emergenza carceri a “Crash”, su Rai Storia Asca, 29 ottobre 2013 Rai Educational presenta: “Crash Contatto, impatto, convivenza”. Un programma di Valeria Coiante, Marco Malvestio, Paolo Zagari e Andrea Zanini, in onda domani, mercoledì 30 ottobre alle 21.15 su Rai Storia - ch. 54 Digitale terrestre e ch. 23 Tivù Sat e all’1.00 su Rai3. Le telecamere di Crash entrano negli Istituti di pena italiani per documentare la situazione di sovraffollamento e di condizioni degradanti in cui versa larga parte della popolazione carceraria nel nostro Paese. Un viaggio che parte dal carcere di Reggio Emilia - che comprende al suo interno anche un Ospedale Psichiatrico Giudiziario - e prosegue con Napoli, nel carcere di Poggioreale, il più sovrappopolato d’Europa. Proprio da Poggioreale il Presidente Napolitano lancia un allarme, chiedendo di intervenire a livello strutturale. Tre metri quadri di spazio a testa, questo è quanto hanno a disposizione i detenuti in molti carceri. Eppure c’è chi sperimenta con successo altre forme di detenzione, come a Bollate, dove è partito il progetto di carcere a “sorveglianza dinamica”. La puntata e relativi approfondimenti è disponibile su www.raistoria.rai.it. Gran Bretagna: necessario rinviare i piani di privatizzazione dei servizi di libertà vigilata Nova, 29 ottobre 2013 Gran Bretagna, Chris Grayling invitato a ritardare la privatizzazione dei servizi di libertà vigilata. “The Guardian” ha appreso che tre figure leader nella gestione del servizio di libertà vigilata, Robin Verso, Gillian Wilmott e Jane Wilson, hanno avvertito il ministro della Giustizia britannico, Chris Grayling, che è necessario ritardare il suo piano di privatizzazione dei servizi di libertà vigilata di almeno sei mesi o altrimenti rischierà di dover affrontare problemi inevitabili alla difesa e rischi per la sicurezza pubblica. I loro avvertimenti, contenuti in tre distinte lettere private inviate a Grayling, sono giunti al destinatario nelle ultime settimane dai presidenti delle organizzazioni che gestiscono la riabilitazione e il reinserimento di detenuti usciti dal carcere o che scontano la propria pena nelle comunità di Derbyshire, Leicestershire e Warwickshire. Secondo il calendario proposto dal ministro della Giustizia , tali cooperative in Inghilterra e Galles saranno abolite e la supervisione di 225.000 detenuti a basso e medio rischio passerà alle “società di riabilitazione in comunità”, con un regime di salario a rendimento, entro il prossimo mese di ottobre. Un servizio di libertà vigilata nazionale molto piu’ piccolo gestirà 31.000 detenuti ad alto rischio e altri casi di tutela pubblica. Grayling ha accelerato la tabella di marcia messa in atto dal suo predecessore, Kenneth Clarke, per garantire che la riforma sia attiva prima delle elezioni generali del 2015. Il ministro ombra della Giustizia, Sadiq Khan, ha dichiarato che le tre lettere in questione sarebbero la prova del fatto che coloro che realmente conoscono e gestiscono i servizi di libertà vigilata stanno lanciando un avvertimento al governo affermando che i suoi piani non solo non sarebbero ancora pronti per essere attuati, ma sarebbero stati studiati troppo frettolosamente. Il sindacato per gli operatori del servizio di libertà vigilata, Napo, ha riferito che l’80 per cento dei suoi membri ha votato a favore dello sciopero della prossima settimana che vedrà un tasso di partecipazione pari al 46 per cento, con 7.500 lavoratori interessati. Si tratterebbe solo della quarta volta in cui i membri Napo vanno in sciopero, ha informato il sindacato. Usa: quattro detenuti in Oklahoma evadono da una botola sulle docce Ansa, 29 ottobre 2013 Quattro detenuti di un carcere in Oklahoma sono evasi aprendo una botola sopra le docce. Dopo aver strisciato per alcuni metri nel vano in cui corrono le tubature, sono arrivati davanti a un muro. Sono riusciti ad aprire un varco e sono approdati in una stanza, che dava direttamente su un settore esterno al penitenziario e si sono dileguati. I quattro evasi sono Dylan Ray Three Irons, 21 anni, Prime Tounwin Brown, 23, Anthony James Mendonca, 24 e Triston Cheadle, di 32. Stanno scontando condanne per possesso di droga e rapina a mano armata.